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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2010-09-13 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

5000 Nomine da effettuare in Società ed Enti Pubblici.

2010-07-11 Spesa pensioni stabilizzata. Una stabilizzazione della spesa previdenziale che, a ben vedere, alla fine dei lavori della commissione Bilancio del Senato veste i panni di una vera e propria riforma. Al netto del "refuso" che ha costretto alla retromarcia il governo sull'abolizione del requisito dei 40 anni di contributi per lasciare il lavoro, il mix di interventi sulle pensioni è a un passo dal traguardo definitivo senza avere incontrato troppa resistenza dell'opposizione o un'alzata di scudi dei sindacati, che in altri momenti sarebbe stata automatica. Una riforma che, senza andare ad intaccare i pilastri del sistema pensionistico italiano come l'età anagrafica e quella contributiva, fa sì che il sistema ora previsto sia destinato di fatto ad allungare i tempi di uscita dal lavoro. Da una parte la manovra ha introdotto la cosiddetta finestra mobile di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e di 18 per gli autonomi. Il tutto con un risparmio nel 2013 stimato in circa 3,5 miliardi.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

2010-07-10 Dalla stretta sulle micro-invalidità alle deroghe pro-Abruzzo sul patto di stabilità: ecco le ultime novità della manovra La manovra 2011-2012 è pronta per l'aula. La commissione Bilancio del Senato ha approvato ieri il decreto con la correzione dei conti che sarà all'esame dell'assemblea a partire da martedì. Passa il rinvio per il pagamento delle multe per le quote latte e il pacchetto fiscale e di semplificazione per le imprese. Il taglio dei compensi per amministratori e revisori non si applicherà poi alle società. Mentre per le fondazioni bancarie sale da 10 al 15% la percentuale di possesso di beni immobiliari.

Gli aiuti al fotovoltaico ridotti del 18% nel 2011

Il nuovo conto energia per le centrali fotovoltaiche rimane fermo nella sospensione delle sedute della conferenza stato-regioni ma le indicazioni sulla bozza concordata sono ormai definite. L'incentivo italiano all'energia prodotta dai raggi del sole – oggi l'aiuto più appetitoso al mondo, dopo che Germania e Spagna hanno ridotto il loro sussidio all'energia fotovoltaica – scenderà l'anno prossimo del 6% ogni quattro mesi, per arrivare alla fine del 2011 a una sforbiciata complessiva del 18% rispetto a oggi.

Negli anni della crisi galoppa il microcredito

Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 17:37.

Cresce a ritmi esponenziali il microcredito in Italia. Dal 2007 al 2009 il volume dei prestiti bonsai nel nostro paese è passato da 3 milioni e 600mila a oltre 12 milioni e 700mila euro. Tra i beneficiari, il 53% sono donne, mentre il 47% sono cittadini stranieri. I dati emergono da una ricerca europea, condotta su circa 170 istituzioni finanziarie attive in 21 paesi dall'European Microfinance Network e presentata dalla Rete italiana di microfinanza (Ritmi) e dalla Fondazione Giordano dell'Amore.

Il numero dei finanziamenti concessi, proprio nel triennio segnato dalla crisi finanziaria ed economica più pesante del dopoguerra, è aumentato di cinque volte, passando nel periodo considerato da 392 a circa 1.909. Tuttavia, nonostante il trend crescente degli ultimi anni, il nostro paese occupa soltanto il nono posto in Europa per numero di microcrediti. In testa c'è la Francia con 28.863 prestiti a fine 2009, seguita dalla Polonia (17.760) e dalla Romania (11.265). In totale nel Vecchio Continente il numero dei microfinanziamenti lo scorso anno è stato pari a 84.533, il 20% in meno rispetto al 2007, per un valore economico di 828 milioni, inferiore del 6% a quello registrato nel 2007.

2010-05-17 SARKOZY: "VOLONTA' CONDIVISA DEI 27 PER QUESTE DUE PROPOSTE"

Consiglio Ue, tassa su banche e finanza Merkel: chi ha provocato la crisi paghi

Trovato l'accordo tra i governi dell'Unione: si fa strada un'imposta mondiale sulle transazioni finanziarie

BRUXELLES - Una tassa sulle transazioni finanziarie. E una sulle banche. L'Europa reagisce così in modo comune all'attacco della speculazione e alla crisi finanziaria. Una risposta attesa e già indicata nelle anticipazioni dei giorni scorsi. Ma che oggi diventa ufficiale, con l'annuncio dell'accordo al vertice Ue a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo. I 27 hanno deciso di introdurre una tassa sulle banche nei propri Paesi e di promuovere l’idea di una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie, durante il prossimo vertice del G20 a Toronto, in Canada2010-06-16 Bersani: liberalizzazioni sposterebbero 10 miliardi di euro dalle rendite e dalle posizioni dominanti alle imprese e ai cittadini

Manovra, sei proposte dai democratici saranno trasformate in altrettanti emendamenti

La prima proposta riguarda la benzina. Prevede che il gestore della pompa non sia più vincolato a comprare il cento per cento della benzina del suo marchio, bensì solo il cinquanta per cento, con la possibilità di rivolgersi al libero mercato per il restante.

FARMACIE - Il Pd chiede di dare la facoltà alle parafarmacie e ai corner dei supermercati di vendere anche i farmaci di fascia C, e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Sistema sanitario nazionale. In questo modo, oltretutto, si favorirebbe il lavoro di giovani laureati.

ORDINI PROFESSIONALI - Modernizzare il ruolo degli ordini professionali. Inoltre il Pd cerca di garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento fra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e di dodici mesi al massimo) e accesso all'esercizio effettivo della professione. Il Pd chiede di riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.

MASSIMO SCOPERTO - La quarta proposta prevede la nullità della clausola di massimo scoperto, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, e affida alla Banca d'Italia il controllo sul rispetto delle nuove norme.

AUTOCERTIFICAZIONE - L'emendamento consente all'imprenditore, attraverso la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all'avvio dell'attività o dei lavori di realizzazione degli impianti. Al Comune spetta poi l'onere di provare la sussistenza dei requisiti attraverso controlli ex post.

RETE GAS - La sesta e ultima proposta chiede la separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, fissata dall'emendamento al 31 marzo 2011.

Il mio pensiero: 100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

2010-06-01 "confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

2010-05-30 Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali"

Manovra, Pdl diviso sui tagli L'ira di Bondi: "Esautorato"

Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

Il Papa: governi deboli contro le speculazioni

"L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza".

Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice.

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto,

pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

Per la S. MESSA REGISTRATA QUOTIDIANA VAI AL SITO INTERNET http://www.cristo-re.eu

Per conoscer le mie idee Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF

Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

Leggi la risposta del Presidente Fini al mio appello.

Il Mio secondo Pensiero 2010-06-18

Agg. Il Vangelo di oggi contro i Ricchi - CLASS-ACTION contro la Finanziaria Rapina da 100Mld a Futuri Pensionati INPS, senza alcuno Sviluppo

c.a.

Presidente della Repubblica NAPOLITANO,

Pres. Camera dei Depuitati On.le Fini

c.a. Presidenti e Segretari Partiti

c.a PARLAMENTARI Nazionali e Regionali in indirizzo

c.a. DIRETTORI e REDAZIONI STAMPA, TV

Ill.mi

Innanzi tutto è giusto dire esattamente agli ITALIANI quale è il reale Costo della MANOVRA, pena la legittima invalidazione per omessa verità dei conti e destinazione delle spese.

Dai dati dell'INPS risulta che nel 2006 sono andati in pensione 1.163.493 .

Se si fa slittare di 9 mesi la finestra ai prossimi pensionamenti, così come indicato dai giornali, si ottiene che se costoro mediamente prendono 1500,00 Euro lordi mensili, subiranno un danno economico di 13500,00 euro, per un importo complessivo pari a 15,707Mld di Euro.

Alla luce di quanto sopra detto risulta che nella attuale finanziaria il danno solamente per i lavoratori prossimi al pensionamento è di 15,707Mld su 25,000Mld , che rappresenta il 62,8% dell'intera manovra.

Se il conto si riporta per ulteriori 5 anni, non essendo stabilito in alcun modo il termine di suddetto slittamento delle finestre pensionistiche, si hanno ulteriori 78,536Mld di Euro.

Nei futuri 5 anni quindi il governo gestirà altri 78,536Mld di Euro senza alcun impegno di spesa!

E' Aberrante.

Inoltre i carichi sociali sono solo e sempre imputati all'INPS, mentre, essendo nei fatti una tassa, i costi andrebbero estesi con equità a tutte le Previdenze, Pubbliche e Private, perché è incostituzionale tassare solo la Previdenza INPS.

Pertanto va intrapresa una Class-Action.

Forse è ancora una coincidenza, ma il Vangelo di oggi è proprio contro chi difende le proprie ricchezze, a danno dei poveri:

Mt 6,19-23

Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

"Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!".

Parola del Signore

Oggi io compio 64 anni, ma, pur avendo 33 anni di contributi da dipendente e oltre 15 da libero professionista non riesco ad andare in pensione, inoltre sono in mobilità del 9 ottobre 2009, dopo aver inoltre 1 anno precedente di cassa integrazione.

Fra l'altro sono al top professionale, con 33 anni di dipendente ddi aziende private ( di 7° Livello del CCNL Metalmeccanici Aziende Private, il massimo livello ), 10 anni da Imprenditore di una soc. di Ingegneria che ha avuto al top 22 tecnici nel 1992, Libero Professionista per oltre 30 anni, dal 19679, Abilitato alla Prevenzione Incendi dal 1986, Coordinatore della Commissione Elettrotecnica del Collegio dei Periti Industriali di Taranto dal 2008, curo gratuitamente e sono il relatore della Formazione Continua da 3 anni 2008-2009-2010, attualmente frequento un corso di aggiornamento professionale di 300 ore per Consulente Ambientale (negli ultimi 5 anni ho lavorato nel settore ingegneria degli impianti di Depurazione Acque ed Ambientale), ecc. per ulteriori informazioni vedi mio curriculum scaticabile dal mio sito internet http://www.engineering-online.eu , ma pur essendo capace di trovare lavoro come libero professionista ho paura di farlo per non perdere la mobilità, che mi consente di andare in pensione fra 1 anno.

Però il Governo mi premia con lo slittamento di altri 9 mesi della finestra di pensionamento per il prossimo anno:

Tutto ciò è una beffa, ed è un incentivo al lavoro nero, che non voglio fare per principio fin tanto che posso resistere consumando tutta la liquidazione avuta, ma non mi basterà che per alcuni altri mesi.

Altro che sacrifici equi per tutti, tutto ciò è fatto in pieno dispregio alla Costituzione, perché il governo si appropria indebitamente delle pensioni di chi ha lavorato per oltre 40 anni, versando ininterrottamente i contributi, fra l'altro anche per 4 anni fino al massimo consentito.

Poi invece si millanta alla libertà della Privacy (ignorando il diritto al lavoro, alla pensione, alla vita dignitosa ed onesta), ma la privacy da salvaguardare non degli onesti, che non hanno alcuna paura di essere intercettati, ma si cerca di salvagardare chi delinque:

- Giustamente ieri il Pres. Montezemolo ha detto che lui non si sente affatto spiato, nonostante l'attuale legislazione.

Colgo l'occasione per fare inoltre altre osservazioni:

  • Il concetto di Privacy è come quello della Libertà, che non può essere inteso come legittimazione dell'anarchia, perché la Libertà ha le sue regole e leggi, e la privacy non può essere intesa come libertà di commettere delitti senza il rischio di essere intercettati, perché i delinquenti non sono scemi, e non cercano di farsi scoprire facilmente, pertanto le intercettazioni sono indispensabili, eventualmente basta non utilizzare quelle di innocenti non correi con i delinquenti che commettono delitti contro le persona e le cose.

- I voti non espressi dagli astensionisti alle elezioni non possono essere appannaggio dei votanti e dei loro partiti, vanno eletti solo quelli che raggiungono i quorum con i propri voti, senza ridistribuire i seggi relativi anche ai voti non espressi o nulli per favorire quelli del proprio partito. Così facendo si risparmierebbe oltre il 45% del costo del sistema politico, compreso il sostegno ai partiti, per un importo complessivo di almeno 450Mln di euro. Inoltre si responsabilizzerebbe realmente gli elettori, che in questo modo si rendono conto di non avere rappresentanti in parlamento, mentre gli altri fanno i propri interessi e di quelli che li hanno eletti regolarmente, e pertanto nella successiva tornata elettorale ci penseranno di più se convenga non avere propri rappresentati.

  • L' 8 per mille alla Chiesa ed Onlus va dato solo in base alla reale espressione di volontà, non in proporzione al totale generale (attalmente si ripartisce anche comprendendo la quota di chi non esprime volontà di delegare ad alcuno). Se si cambia si risparmierebbe oltre 3-5 Mld
  • Il 2-4% del contributo integrativo dei liberi professionisti deve essere computato ai fini della pensione e non a beneficio degli ordini, così facendo si accrescerebbero i contributi previdenziali di oltre il 3-5% senza gravare di ulteriori costi il sistema
  • Va realizzato il tempo pieno negli ITIS con docenti provenienti dall'Ingegneria e mondo dell'industria, professionisti con oltre 30 anni di back-ground, per trasferire know-how ai giovani, dando agli studenti per questo impegno la valenza di stage in conto praticantato. Utilizzando personale in mobilità o cassa integrazione il costo di tale formazione altamente professionalizzata e reale sarebbe di 10,00 euro ora anziché gli oltre 100 della formazione ufficiale, consentendo inoltre ai cassintegrati ed al personale in mobilità di raggiungere un reddito dignitoso per vivere
  • Gli ordini professionali devono garantire direttamente la Formazione online a costi bassissimi (i costi della formazione attuale privata si potrebbe ridurre del 70-90% di quelli in essere con la gestione online nazionale, diretta, da parte degli Ordini Professionali , garantendo la qualità e la professionalità dei professionisti al top, nonchè consentendo l'autofinanziando degli Ordini dai sudetti ricavi, da allargare fornendo la Formazione anche ai non iscritti ( comunque Periti Industriali, Geometri, Ingegneri, ecc.) , dipendenti da industrie o aziende Pubbliche o Private.
  • L'Ente Acquedotto Pugliese, AQP, deve diventare, in consorzio con pari Enti di altre regioni, Società di Sviluppo nel Settore Acqua, Depurazione, Energie Alternative, Rifiuti, Trasporti, proponendosi a livello internazionale come Ente Ingegneria e Costruzione all'avanguardia internazionale, avendo a disposizione un grandissimo bacino naturale di utenza, collaudata da rapporti e scambi commerciali e culturaLI millenari di storia risalente all'Impero Romano, quale sono i paesi del Mediterraneo, dell'Africa, del Medio Oriente, dei Paesi Arabi e Paesi in Via di Sviluppo
  • Sviluppare metropolitane di superficie a costo zero con incremento di fatturato (p.e. Bari-Martina-Taranto, ecc. ) dimezzando le fermate, alternandole nelle corse, incrementando le corse (perchè chi va a Bari per lavoro o studio, se vede dimezzati i suoi tempi, preferirebbe per comodità e costo il treno all'auto
  • Gli Studenti degli ITIS devono realizzare Centri Servizi per la Gestione ed il controllo online degli ENTI e degli Appalti ( nel solo ITIS di Martina F. ci sono oltre 400 giovani di informatica che rivoluzionerebbero il mondo con le loro energie e voglia di fare se lo si consentisse )
  • Risparmiamo nella Sanità, no a 250Mld alla Sanità Privata a Taranto, raddoppiamo e ristrutturiamo invece il Sant..ma Annunziata con soli 50 Mln , ampliandolo con l'ex P.zza Marconi e terreni limitrofi, ed altrettanto facciamo con l'Ospedale Nord, mentre investiamo gli altri 150 nella prevenzione, disinquinamento di Taranto. Così facendo evitiamo disagi alla cittadinanza, che ha un ospedale centralissimo e ne avrebbe un'altro all'avanguardia efficientissimo, risparmiamo in manutenzioni, viabilità e servizi che andrebbero invece fatti per un altro ospedale decentrato, e soprattutto per le eventuali spese per le strutture esistenti da demolire in caso di abbandono verso la nuova cattedrale nel deserto
  • Si alla tassa di chi inquina, da spendere immediatamente e personalmente dalla cittadinanza che è rimasta succube per decenni, cominciando ad operare per disinquinare immediatamente sotto il medesimo controllo diretto della comunità
  • No agli 800 Mln da sperperare per l'interramento dei Binari a Bari, ma da destinare invece al collegamento di Bari, dell'intera Puglia e della Basilicata all'alta Velocità, da cui oggi è escluusa con gravissimo danno economico
  • Si agli investimenti nell'Eolico e nelle Energie Alternative, principalmente nel settore pubblico, no al nucleare, si alla ricerca, ecc…

Il mio pensiero e la mia professionalità la trovate sui miei siti internet

http://www.cristo-re.eu ( S. Messa Quotidiana, Rassegna Stampa, ecc.)

http://www.engineering-online.eu (Ingegneria e Convegni)

http://www.consulenteambientale.eu di prossima apertura

Distinti Saluti

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

Il Mio primo Pensiero 2010-06-01

100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

c.a. Presidenti, Parlamentari in indirizzo

c.a. Direzioni, Radazioni di Stampa, Giornali, TV

c.a. Rappresentanti Sindacali

c.a. Religiosi

Gent.mi

Svegliate il Paese dal torpore delle falsità ovattate e non distoglietelo con altre roboanti notizie, anche se degne di tutto rispetto.

E' IN GIOCO IL FUTURO DELL'ITALIA, GIOVANI, LAVORATORI, FAMIGLIE, PENSIONATI, AZIENDE !

Alro che 25 Mld, la Finanziaria costa 100 Miliardi di Euro solamente rubando denaro dalle prossime Pensioni di lavoratori onesti, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.

A casa Governo Incapace e Mentitore che non hai il coraggio di dire che hai fallito negando per mesi una crisi, continuando a vantarti di non aumentare le tasse !

Le mie tasse, e quelle di altre centinaia di migliaia di persone umili, aumenteranno in un anno di oltre il 150% , e per altri 40 milioni di persone aumenteranno mediamente di 475 euro a testa.

 

 

Questo è il vero costo di una politica incapace, di falsi benefattori, del governo dell'amore per il denaro dei Poveri da trasferire a Corruttori, Corrotti, Finanziarie e speculatori), del Falso Buon Padre di Famiglia, del falso Cattolico. Perché Voi che dite di essere credenti non fate come Zaccheo (Vangelo Luca 19.1 :

Ma Zaccheo, alzatosi, disse al SIGNORE: << Ecco, SIGNORE, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto >> .

Io dovrei andar in pensione a giugno del 2010, ma come mi spiega il Sole 24 Ore di ieri, il mio pensionamento slitterà di 9 Mesi come dipendente, e 12 mesi come libero professionista, perché io sono stato sia l'uno che l'altro.

Oggi, nel corso del 41° anno di lavoro, di contributi versati sistematicamente per 40 anni, 41 anni di lavoro ininterrotto e di esperienza al top professionale, sono in mobilità con un netto di circa 880,00 euro mensili, mentre il mio stipendio prima era di oltre 1900,00 euro.

Ancora oggi a 64 anni non posso andare in pensione nonostante 33 anni + 35 settimane di contributi versati da Dipendente, ed oltre 13 anni da Libero Professionista.

Mi viene imposto di rinunciare ad andare in pensione anche a giugno del 2011 , facendo slittare le mie due pensioni :

  • di 9 mesi quella di dipendente da circa 1650,00 euro lordi mensili
  • di 12 mesi quella di Lavoratore autonomo da 150,00 lordi mensili

Il danno per me sarà pertanto di oltre 7200,00 euro, non percependo per 9 mesi la pensione da dipendente di 5400,00 euro ( differenza di 600,00 euro fra circa 1480,00 nette di pensione e 880,00 euro di mobilità), e di 1800,00 euro da libero professionista ( 150,00 euro per 12 mesi) .

Per 1 milione di lavoratori nelle mie condizioni, che perderà come me 7200,00 euro, lo stato incasserà circa 7,2 Miliardi ( pertanto la manovra per gli altri interventi recupererà circa 17,7 miliardi di euro).

Per circa 5 milioni di lavoratori dipendenti che andranno in pensione successivamente, e che non godranno della mobilità, il danno sarà mediamente di circa 15300,00 euro ciascuno (1700,00 euro mensili per 9 mesi) per un importo pari a 76,5 Miliardi di euro.

Pertanto il contributo chiesto ai lavoratori prossimi alla pensione è di circa (7,2+76,5) 82,2 Miliardi di euro, oltre il resto.

Pertanto la manovra al minimo costa in sacrifici oltre 101,2 miliardi, a parte le ulteriori tasse delle regioni: mediamente 1686,67 Euro a cittadino.

Pertanto l'importo della manovra è superiore a 100 Mld. di euro se si considera tutto il resto che non è visibile platealmente.

Tutto ciò si fa in assenza di qualsiasi tentativo di rilancio dell'Economia.

Si nasconde la richiesta di innalzare l'età per andare in pensione, e non si attua alcuna riforma.

Questo governo è incapace, abbia il buon senso di dimettersi e rimandi il paese alle urne !!!

Io posso anche accettare a ritardare di andare in pensione se mi si consente di continuare a lavorare invece di prendere la mobilità senza fare nulla, magari trasferendo la mia ricca esperienza professionale di 41 anni al top dell'Ingegneria alle giovani leve degli ITIS Istituti Tecnici Industriali :

  • Con il tempo pieno pomeridiano nelle scuole si farebbe vera formazione utilizzando gli anziani esperti del mercarto del lavoro, trasferendo vera professionalità a costo ridotto ( da 10,00 euro ora, tenendo conto del costo della mobilità o cassa integrazione anziché gli oltre 100,00 euro ora di una falsa formazione ) legando la scuola al mondo del Lavoro, alle Aziende Sane, al Territorio, alle Istituzioni
  • Ci sarebbe un ritorno immediato di energie giovanili immense, capaci di trasformare il mondo con la freschezza, volontà, forza, e gioventù, soprattutto utilizzandole per mettere "tutto online" a costo zero, con un ritorno immenso per la collettività, scoffiggendo la mafia dagli appalti, la corruzione, controllando le spese degli enti, della sanità, facendo funzionare la giustizia, rilanciando l'onestà, facendo rivivere le città ai pensionati giovani, indifesi, riscoprendo la Costituzione, la Democrazia, la Partecipazione, la Giustizia, la Fiducia nelle Istituzioni, nell'ITALIA UNITA, nate dal sacrificio di Milioni di persone, dei ns. padri nonni dei giovani, ai quali dare il futuro che habbiamo costruito insieme in 60 anni post guerra, in 150 dall'UNITA' d'ITALIA, in oltre due Millenni di Storia del Popolo Italiano.

Viva IL 2 Giugno.

Se il Governo non opera, lo facciano le regioni operando per:

  • Unità delle Istituzioni, Aiutando la Giustizia e le forze dell'ordine con personale a tempo parziale (30000 lavoratori almeno)
  • Utilizzando il Demanio a favore del territorio ma non disperdendolo con cessioni alle singole regioni essendo patrimonio dell'Intera Italia
  • Operando nella ricerca, innovazione, energie alternative, recupero energetico, trasporto collettivo, convertendo a costo zero in metropolitane di superfice le ferrovie ( p.e. Sud-Est Bari-Martina), evitando sprechi (Interramento Binari Bari 750 Mnl ) a favore del collegamento con l'alta velocità
  • Controllando la Sanità pubblica (evitare spertperi di ospedali doppioni inutili (p.e. Taranto 250 Mln di Euro), adottando i prezzi std. Regionali senza fare il tremendo spreco del federalismo fiscale
  • Facciamo in modo che Enti come l'Aqcedotto Pugliese diventino trainanti nello sviluppo anche nell'energia, consorziandosi con altri enti regionali, proiettandosi anche a livello internazionale nel Mediterraneo, in Africa, Medio Oriente, Pesei Arabi, Est, ecc.
  • Dimezzando i Parlamentare, semplicemente dichiarando eletti solo quelli che hanno il vero suffragio degli elettori e non appropriandosi dei voti degli astenuti ( 50% di votanti, 50% di parlamentari in tutti gli enti), riducendo realmente i costi alla normalità degli stipendi dei cittadini che lavorano onestamente
  • Chiamando i cittadini al referendum contro il Nucleare, la Privatizzazione dell'Acqua, la legge contro le intercettazioni (gli onesti non temono le intercettazioni, al limite si limiti la diffusione di notizie riguardante la sfera familiare e gli amori personali, salvo corruzione o comportamenti immorali con il divere di amministratori del bene Pubblico )
  • Ridiamo spazio a tutti i cittadini eleggendo rappresentati di studenti, lavoratori, casalinghe, pensionati in programmi che dichiarano già le basi delle Leggi da approvare in prima seduta, salvo poi adottare i decreti attuativi
  • Ecc.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

http://www.cristo-re.eu

http://www.engineering-online.eu

 

dal Sito Internet

http://www.massimodonadi.it/blog/la-contromanovra-degli-italiani-onesti

LA CONTROMANOVRA DEGLI ITALIANI ONESTI

Tag: Cnel , contromanovra Idv , Lotta all’evasione fiscale , manovra , taglio costi della politica , Tremonti

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro

Risanamento, equità, crescita. Parte da qui la contromanovra dell’Italia dei Valori che abbiamo presentato oggi alla stampa. E’ la contromanovra degli italiani onesti, per un valore complessivo di 65 miliardi di euro in due anni, per metà indirizzati alla riduzione del deficit e per l’altra metà allo sviluppo. Il nostro obiettivo è esattamente l’opposto di quello del governo. Vogliamo rimettere i soldi nelle tasche degli italiani onesti e toglierli da quelle degli italiani disonesti, speculatori ed evasori fiscali. Lotta all’evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica: 65 miliardi in due anni, di cui 33 dedicati alla riduzione del deficit e 32 allo sviluppo. Come? Una seria lotta all'evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica. Italia dei Valori propone una tassa addizionale del 7,5% sui capitali regolarizzati con lo scudo fiscale e l'aumento delle tassazione sulle speculazioni finanziarie dal 12,5 al 20%. L'eliminazione del vitalizio di parlamentari e consiglieri regionali, il blocco immediato delle auto blu, la soppressione del ponte di Messina e l'inizio della riduzione delle spese militari. Vogliamo anche la reintroduzione dell'Ici sulle case di lusso. Nel capitolo dei risparmi dell'amministrazione Italia dei Valori prevede anche la soppressione parziale delle province. Vogliamo l'abolizione di tutte le province, tranne quelle dei capoluoghi di regione, ma per farlo serve una legge costituzionale, quindi iniziamo con legge ordinaria a cancellarne alcune. Poi, l'abolizione del Cnel che costa 20 milioni l'anno, una vecchia camera dei fasci e delle corporazioni che fa parte di quel Ventennio che vorremmo dimenticare. Oggi, con tutti i centri studi e le associazioni di categoria che ci sono non ha più senso di esistere. La nostra contromanovra sarà depositata un attimo dopo quella dell’Esecutivo. Ci confronteremo e dialogheremo con tutti, sindacati ed associazioni di categoria. Ci auguriamo che questa proposta diventi il punto di riferimento per il governo che vorremmo e che gli italiani possono sperare. Il nostro obiettivo, in Parlamento, sarà quella di rivoltare come un calzino la manovra del Governo. Ora si toglie alle persone oneste per dare ai disonesti. E’ ora di fare l’esatto contrario.

 

DAL Sito Internet di Repubblica

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.repubblica.it/static/popup/2010/affitti/1.html

2010-08-03 CEDOLARE SECCA

DAL Sito Internet de il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com/

2010-05-16

Le misure allo studio

Misure di austerity in Europa a confronto

 

 

 

 

 

 

 

 

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2010-08-29

AVVENIRE

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.avvenire.it/

2010-08-31

30 Agosto 2010

CRISI

Obama prepara nuove misure

di stimolo alla crescita economica

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto di aver disucsso con i suoi consiglieri economici di ulteriori misure per promuovere la crescita economica. Nel corso di una dichiarazione rilasciata alla Casa Bianca, Obama ha detto di puntare a estendere gli sgravi fiscali per la classe media e per le imprese, di voler ricostruire le infrastrutture e di investire in ricerca e sviluppo di energia pulita.

"La mia squadra economica sta lavorando duramente per identificare misure aggiuntive che possano fare la differenza nel promuovere la crescita economica, le assunzioni nel breve termine e aumentare la competitività dell'economia nel lungo termine", ha detto.

Obama ha anche lanciato un appello ai senatori repubblicani che stanno facendo ostruzionismo nei confronti di una legge sull'occupazione nelle piccole imprese, aggiungendo che in questo modo è tenuta in ostaggio.

Wall Street accelera le perdite, seppure di poco, toccando i minimi di sessione, dopo il discorso del presidente Usa Barack Obama che ha annunciato di aver discusso coi suoi consiglieri economici di nuove misure per promuovere la crescita eocnomica. La sessione è stata fino all'intervento di Obama impostata alla cautela, con gli investitori in attesa di una serie di dati macro previsti in settimana, a partire da manifattura e servizi, oltre agli occupati non agricoli di agosto.

Poco hanno influito l'aumento della spesa e reddito dei consumatori, che non sono riusciti a dare fiducia sulla possibilità di una ripresa dell'economia, nonostante la spesa sia aumentata al tasso più elevato degli ultimi quattro mesi, sostenuta da una leggera crescita dei redditi. "I mercati azionari saranno un pò sulla difensiva questa settimana con i dati economici che mostreranno un ulteriore rallentamento dell'economia", ha detto John Braddy, vice presidente senior per Mf Global a Chicago.

Alle 19,40 italiane il Dow Jones perde lo 0,76%, lo Standard & Poor 500 lo 0,81%, il Nasdaq lo 0,77%.

 

 

 

2010-08-28

28 agosto 2010

SPESA SOCIALE

Welfare, spese per la famiglia

l'Italia è ultima in Europa

Italia cenerentola d'Europa: nel nostro Paese la famiglia e la maternità non sono le voci del bilancio che impegnano maggiormente la spesa pubblica. Anzi, nella Ue a 15 l'Italia risulta, insieme con la Spagna e il Portogallo, fanalino di coda per la spesa in rapporto al prodotto interno lordo. Per la famiglia e la maternità l'Italia spende infatti solo l'1,2% del Pil, quando in Europa si spende decisamente di più (2,1% nella Ue a 15 e 2,0% nella Ue a 27). A fotografare la situazione della spesa per la famiglia in Italia e negli altri Paesi europei è il ministero dell'Economia nell'ultima "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese 2009".

Il dato comparato tra i vari Paesi più aggiornato risale al 2007, anche se la Relazione offre "un aggiornamento al 2009 dei soli dati relativi all'Italia" dai quali emerge che lo scorso anno la spesa per la famiglia è salita all'1,4%. Non disponendo dei dati comparati non si sa se con quello 0,2% in più l'Italia abbia scalato qualche posto della classifica, dalla posizione di coda, ma è evidente che questo risultato resta ancora lontano dal 3,7% di spesa sul Pil registrato in Danimarca o dal 3% in Svezia. In ogni modo, pur escludendo i Paesi scandinavi che hanno una tradizione di welfare di un certo peso, l'1,2-1,4% dell'Italia resta lontano anche dal 2,5% della Francia, per fare un esempio, o del 2,8% della Germania, dove in ogni caso si spende il doppio per la famiglia rispetto al nostro Paese.

Per quanto riguarda invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese, infatti, la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7% (in Polonia il 4,5%). Mentre la media complessiva dei Paesi europei è dell'8%.

Se poi si guarda alle voci del Bilancio dello Stato, e in particolare a quelle delle prestazioni di protezione sociale, emerge che nel 2009 la spesa pubblica per assegni familiari è scesa a 6,390 miliardi di euro dai 6,675 del 2008 (-4,3%). In calo anche la spesa per l'indennità di maternità, che è in

un'unica voce di bilancio assieme all'indennità di malattia e per infortuni: la riduzione delle uscite è stata nel 2009 del 2,5% rispetto al 2008.

 

 

 

27 agosto 2010

FEDERAL RESERVE

L'economia Usa frena

Fed: aiuteremo la ripresa

L’economia americana sta crescendo "troppo poco" e continuerà a farlo per il resto dell’anno. Per questo la Federal Reserve è pronta a intervenire ancora, anche con strumenti non convenzionali.

Le parole del presidente della Fed Ben Bernanke prima gelano, poi rassicurano i mercati. In fondo non era necessaria la sua analisi per confermare la realtà di una ripresa al rallentatore, che non riesce a mantenere il passo dei primi mesi del 2010. La lettura del Prodotto interno lordo americano pubblicata ieri dal governo Usa ha fotografato una crescita per il secondo trimestre dell’1,6%, al ribasso rispetto alle previsioni di un’espansione del 2,4%. Poteva andare peggio, ricordano gli analisti, ma rappresenta ugualmente una brusca frenata rispetto al passo del 3,7% con cui il Pil era salito nei primi tre mesi del 2010.

I colpevoli principali sono due: le importazioni, che da aprile a giugno hanno registrato il maggior aumento degli ultimi 26 anni, e le persistenti difficoltà del settore immobiliare. Meglio del previsto la crescita della spesa dei consumatori, rivista al rialzo al 2% contro il precedente 1,6%, battendo l’1,9 del primo trimestre. Ma restano pur sempre numeri modesti, che rivelano come i consumatori Usa, da sempre il motore dell’economia nazionale, rimangano prudenti a causa dell’incertezza generale e dell’alto tasso di disoccupazione.

Solo gli investimenti industriali hanno compensato in parte l’effetto negativo delle importazioni.

In questo contesto le parole del numero uno della Banca centrale Usa hanno fornito un piccolo sollievo: la Fed non starà a guardare se l’economia rischia di cadere di nuovo nella recessione o scivola in un ciclo deflazionario. "Le prospettive di ripresa per il 2011 restano confermate", ha detto ieri Bernanke nel suo intervento al vertice annuale dei banchieri centrali. Ma se così non fosse, la Federal Reserve "farà tutto il possibile per sostenere la ripresa, anche con misure non convenzionali, se necessario, se lo scenario dovesse peggiorare". Nella sua dettagliata analisi dell’economia, Bernanke ha parlato di una crescita finora troppo lenta con un tasso di disoccupazione ancora troppo alto, che porteranno "la spesa delle famiglie a crescere a un tasso relativamente basso nel breve termine".

Per il 2011, tuttavia, le precondizioni per una crescita più forte sembrano "giuste". Inoltre "sembra basso il rischio di un aumento indesiderato dell’inflazione o della disinflazione". In ogni caso, ha ricordato Bernanke, la deflazione non è un grande rischio per Stati Uniti, ma la Fed resisterà alle pressioni al ribasso sulla stabilità dei prezzi".

La Fed si pone così in rotta di collisione con la Banca centrale europea, che ha dato chiari segnali di voler allentare la sua presa sull’economia, implementando una exit strategy dei massicci interventi statali resi necessari dalla recessione e concentrandosi sulla riduzione dei deficit nazionali. Resta poi la domanda, ricorrente, su cosa possa fare ancora la Fed per fornire ulteriori stimoli all’economia, quando i tassi d’interesse negli Usa sono già praticamente a zero.

"Il problema ora non è se abbiamo o meno gli strumenti per aiutare la ripresa e combattere contro la disinflazione: li abbiamo – ha risposto Bernanke –. Il problema è valutare se i benefici di ogni strumento, in termini di stimoli ulteriori, superano i costi e i rischi di utilizzare tali strumenti". Fra i possibili interventi in suo potere ha poi citato l’acquisto di nuovi titoli a lunga scadenza.

Elena Molinari

 

 

28 Agosto 2010

ECONOMIA

Barroso: Italia meglio di altri

La ripresa "resta volatile", ma l’Europa naviga lungo la giusta rotta. E se l’Italia presenta "le consuete criticità su deficit e debito pubblico", in compenso può fare affidamento su "un sistema bancario più solido e un debito privato più basso della media Ue". José Manuel Durao Barroso arriva al Meeting dell’amicizia tra i popoli come un marinaio di vedetta che dall’alto dell’albero maestro vede per primo l’approssimarsi di acque più sicure.

"La situazione continua a rimanere difficile – osserva il presidente della Commissione europea –, ma penso di poter dire che stiamo andando nella direzione giusta e le misure prese dagli stati membri sono corrette". La diagnosi del "sistema Italia" è meno peggio di quanto ci si aspettasse. "Sappiamo quali sono i problemi. In alcuni settori va meglio che nel resto dell’Europa". Croce e delizia dei risparmiatori, "il sistema bancario – assicura il presidente della Commissione Ue – è solido, il debito privato è basso e la disoccupazione è sotto controllo". Debito pubblico e deficit di bilancio meritano più impegno: "Ci sarà da lavorare per ripristinare la fiducia".

Prima di salire sul palco, il politico portoghese si era imbattuto nella mostra dedicata proprio agli effetti del ciclone finanziario. "Ogni crisi può essere anche una benedizione – dice citando lo scienziato Albert Einstein -. Dietro ogni crisi si nasconde l’opportunità di risolvere vecchi problemi con nuove soluzioni". In Europa "questo è possibile se c’è il coraggio di imparare la lezione". Primo: "Consolidamento dei conti pubblici e migliore governance economica nell’Unione Europea". Secondo: "Investire in una maggiore concorrenza e in una crescita che sia inclusiva e sostenibile". Poi secondo il presidente della Commissione occorre "costruire mercati finanziari responsabili", e per farlo bisogna varare "regole più rigorose entro il 2011". Dalla crisi, se non altro, bisogna apprendere "condotte più etiche e nuove normative per evitare altre bolle".

L’impegno dei Paesi Ue non basterà da solo ad evitare nuove catastrofi finanziarie. "Bisogna spingere per impegni forti e chiari nell’ambito del G8 e del G20". Per i governanti il tempo dello spendi oggi e paga chissà quando è un ricordo. In gran parte, vedi Grecia, un ricordo amaro. "Non ci può essere una crescita sostenibile senza finanze stabili". Insomma, "non possiamo spendere soldi che non abbiamo". Ai detrattori delle politiche di risanamento basate sull’irrigidimento dei sistemi finanziari e l’introduzione di strumenti di maggior controllo, Barroso risponde che "non c’è contraddizione tra consolidamento e crescita, se il consolidamento è sostenuto da riforme il cui obiettivo è proprio la crescita".

Il rilancio è anche questione di equità. "È ora – insiste il capo dei commissari Ue – che anche gli istituti finanziari paghino la loro parte". L’Europa da tempo è orientata a introdurre una tassazione sugli istituti di credito. Un’idea che incontra parecchi ostacoli tra i partner del G20, con l’opposizione esplicita di economie emergenti come Cina, India e Brasile. "Non è una vendetta contro le banche – taglia corto Barroso –. Abbiamo bisogno di mercati finanziari forti e sani". E stavolta, "che siano al servizio dell’economia reale e dei cittadini".

Nello Scavo

 

 

 

 

28 agosto 2010

LA PROPOSTA DI MARCHIONNE

"Il patto sociale? Subito

Ma con fisco e riforme"

Pronti per il nuovo Patto sociale proposto da Sergio Marchionne?

La Cisl è nata pronta. Lo chiediamo da tempo: un nuovo patto si deve fare. È interesse dei lavoratori, è una necessità per il Paese. Il discorso, però, va allargato ben oltre il tema delle nuove relazioni industriali". Il leader della Cisl Raffaele Bonanni non solo accetta la sfida lanciata ieri dall’amministratore delegato della Fiat, ma rilancia alzando la posta in gioco.

Segretario, il nuovo patto sociale è solo uno scambio tra certezza dell’occupazione e maggiore flessibilità o c’è dell’altro?

Dobbiamo partire dalla necessità di superare la cultura del conflitto e dell’antagonismo nel lavoro per rafforzare il nostro sistema produttivo, far crescere le aziende e i salari. La globalizzazione ha cambiato profondamente il sistema economico e non possiamo far finta di nulla. Il benessere complessivo del Paese è sfidato: non c’è redistribuzione senza produzione della ricchezza, non c’è solidarietà senza capacità di far fruttare i talenti. E non ci sono diritti scolpiti nella pietra, immutabili, che possono garantire le persone, se si manca di essere produttivi e competitivi. Proprio per questo, però, si possono e si devono cambiare i rapporti tra capitale e lavoro nelle imprese. Il nostro orizzonte ideale rimane quello, storico, di un sistema pienamente partecipativo. Intanto, però, registro con estrema soddisfazione che concetti come la bilateralità e il collegamento dei salari agli utili d’impresa siano ormai entrati nella riflessione comune e addirittura "sponsorizzati" da parte del governo.

Quale ruolo possono giocare il governo e le forze politiche?

Anzitutto l’esecutivo deve governare. E poi, maggioranza e opposizione, sono chiamati a fornire indirizzi chiari di contrasto alla crisi. Occorre incidere su quei fattori di sistema che frenano la nostra competitività, sono piombo nelle ali dell’impresa e nei portafogli dei lavoratori. Penso ad esempio al peso dell’apparato amministrativo, pletorico, che non si è avuto il coraggio di intaccare, come dimostra la questione della mancata abolizione delle Province. E, ancora, alla necessità di privatizzare le municipalizzate, liberalizzare i servizi, abolendo i monopoli di fatto, investire nelle infrastrutture necessarie. Ma soprattutto c’è da affrontare il nodo decisivo del fisco.

I tempi sono incerti, che cosa chiedete?

Occorre accelerare per ridurre le imposte su lavoratori e pensionati, sulle famiglie, ma anche sulle imprese. Perché, dobbiamo riconoscerlo, non è possibile che le aziende italiane paghino il doppio delle tasse rispetto ai loro concorrenti in Europa, non nei Paesi in via di sviluppo. Vanno premiati i comportamenti virtuosi, come quelli delle imprese che investono soldi veri nella ricerca e nello sviluppo delle attività. Poi dobbiamo riequilibrare il prelievo, spostandolo dai redditi dei lavoratori ai consumi: chi ha di più, consuma di più e deve pagare più imposte. L’intera operazione si finanzia con una lotta senza quartiere all’evasione fiscale. Grazie alle pressioni esercitate da Cisl, Uil e imprese, sono state introdotte le norme sulle tracciabilità dei pagamenti e il nuovo redditometro. E a settembre proporremo una nuova iniziativa unitaria tra sindacato e imprese.

Si riparla di una legge sulla rappresentanza sindacale: la Cisl è d’accordo?

Abbiamo già dato la nostra disponibilità a stringere un accordo con le altre parti sociali per regolare definitivamente questa materia. Poi se ritiene il Parlamento potrà recepire quell’intesa come un avviso comune e trasformarla in legge. La Cgil, però, non deve farsi condizionare dalla Fiom, tentando di invertire questo percorso.

C’è chi paventa che la Fiat alla fine esca dal contratto nazionale dei metalmeccanici, mirando a cancellarlo.

Non sarà questo l’epilogo. Le esigenze delle Fiat, e delle altre imprese, possono essere affrontate e risolte gestendo in maniera flessibile i contratti e se necessario concordando deroghe. Ma la cornice di garanzia del contratto nazionale resterà valida. E questa è la linea sulla quale ci stiamo confrontando con Confindustria.

Francesco Riccardi

 

 

 

 

2010-08-24

24 agosto 2010

LOTTA ALL'EVASIONE

Fiamme gialle, da inizio anno

scoperta evasione da un miliardo

Dall'inizio dell'anno la Guardia di Finanza ha scoperto un'evasione per circa 1 miliardo di euro nell'ambito di indagini sui rapporti tra operatori nazionali e della Repubblica di San Marino. Lo riferiscono in una nota le stesse Fiamme gialle. "Dal mese di gennaio sono state concluse 330 verifiche, con la scoperta di redditi sottratti a tassazione per oltre 850 milioni di euro e un'Iva evasa per circa 240 milioni", dicono le Fiamme gialle nella nota, precisando che sono attualmente in corso altre 800 verifiche.

Il piano d'azione delle Fiamme gialle interessa in particolare "due tipologie di fenomeni: casi di proventi derivanti da evasione fiscale realizzata da imprese nazionali... che avrebbero veicolato "capitali sporchi" verso società finanziarie di San Marino per poi farli rientrare "puliti" nel territorio nazionale sotto forma di finanziamenti e aperture di credito in favore di imprese affiliate; frodi Iva 'carosellò attuate tramite società "cartiere" fittiziamente interposte negli scambi commerciali fra imprese italiane e sammarinesi operanti principalmente nei settori dell'elettronica, telefonia mobile, elettrodomestici, abbigliamento, calzature, cartoleria e prodotti detersivi".

Nell'ambito delle indagini sui rapporti tra operatori nazionali e sanmarinesi rientra anche un'operazione di cui oggi hanno dato notizia le Fiamme gialle di Pesaro, conclusasi con la denuncia di un imprenditore marchigiano autore di una frode fiscale che coinvolgeva due aziende di San Marino. In questo caso la Guardia di Finanza ha recuperato a tassazione un imponibile di circa 14 milioni di euro e Iva per circa 1,5 milioni.

 

 

 

2010-08-21

12 agosto 2010

NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI

Cgia, in Italia più tasse e meno welfare

Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo, fatto di sole tasse, imposte e tributi, pari 7.359 euro, mentre in Germania la quota pro capite tocca i 6.919 euro. Tra i principali Paesi dell'area euro, solo la Francia sta peggio di noi. Ma si tratta di una situazione relativa, perchè i transalpini versano una media di 7.438 euro di tasse allo Stato ma vengono "ricompensati" con una spesa sociale pro capite pari a 10.776 euro. È quanto sostiene il Centro studi della Cgia di Mestre, sulla base delle tasse pagate nel 2009.

Sempre in termini di spesa sociale i tedeschi ricevono, invece, 9.171 euro pro capite l'anno, mentre agli italiani tra spese per la sanità, l'istruzione e la protezione sociale vanno appena 8.023 euro: vale a dire 2.753 euro in meno della Francia e 1.148 euro in meno della Germania. Se si analizza invece il saldo, vale a dire la differenza pro capite tra quanto ricevuto in termini di spesa e quanto versato in termini di tasse, quello francese è positivo e pari a 3.339 euro. Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo, pari a 2.251 euro. In Italia, invece, si segna un saldo di 664 euro pro capite.

"La situazione è fortemente sconfortante - commenta il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - perchè dimostra ancora una volta come, pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e chi vive ai margini della società. È evidente a tutti - prosegue - che le tasse così elevate nel

nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva".

A chi poi sostiene che probabilmente le tasse sono alte per colpa degli evasori fiscali, la risposta di Bortolussi è secca: "È innegabile che il problema dell'evasione fiscale pesi sull'Italia. Ma allora sarebbe anche opportuno studiare una strategia efficace - propone - affinchè venga fatta emergere

l'economica sommersa e si faccia pagare chi è completamente sconosciuto al fisco". Dagli Artigiani di Mestre arriva infine la sollecitazione "ad abbassare le imposte, combattere l'evasione fiscale e tagliare le intollerabili inefficienze presenti nella Pubblica amministrazione così come stanno facendo in tutti gli altri Paesi europei".

 

 

 

 

 

2010-08-18

18 Agosto 2010

I CONTI DEL PAESE

Federalismo: per le Regioni

una miscela di Iva e di Irap

Compleanno con federalismo. È quello che si celebrerà oggi a Lorenzago di Cadore dove, come negli ultimi anni, Giulio Tremonti festeggerà il compleanno (sono 63) assieme al tandem leghista formato da Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Già ieri sera il leader lumbard si è trasferito dalla "sua" Ponte di Legno. Brindisi e torta per il ministro dell’Economia sono d’obbligo. Ma le pratiche di governo incombono. Fra le montagne del Cadore potrebbe decidersi come saranno finanziate le Regioni nell’era post-federalista: l’ipotesi che filtra è che sia loro destinato un mix di Iva e Irap (quest’ultima, che già oggi va alle Regioni, "cambierà, ma non dico come", ha detto ieri Calderoli a Calalzo), più incerto è invece se destinare una quota di Irpef.

Già il giorno di Ferragosto il ministro della Semplificazione ha portato a Bossi gli ultimi due decreti attuativi della delega sul federalismo, quelli che riguardano appunto le Regioni e le Province. Noncuranti delle avvisaglie di crisi che offuscano il futuro della maggioranza, dunque, i leghisti e il loro "tutore" Tremonti procedono come niente fosse sulla strada della riforma federalista. È un ottimismo contagiato, dalla Sardegna, dal premier Berlusconi che confida ai suoi di ritenere possibile, dopo gli ultimi dati, che la crescita dell’economia possa anche arrivare quest’anno "fino all’1,2-1,5%", contro quell’1,1% indicato nelle ultime stime governative.

Alla vigilia dell’incontro odierno, è stato Calderoli a fare il punto della situazione, in attesa della ripresa parlamentare di metà settembre. "I Comuni hanno capito – ha spiegato – che dall’emersione degli "immobili-fantasma" e dalla cedolare secca sugli affitti trarranno lo strumento per superare quello che perdono con la manovra". Adesso bisogna completare quel progetto: "Abbiamo cercato di accelerare il cammino dei decreti legislativi e abbiamo rispettato i tempi per i Comuni – ha proseguito il ministro –, ora dobbiamo rispettarli anche per le Province e per le Regioni anche perché rappresentano uno strumento rispetto alle situazioni di difficoltà che vengono dalla crisi".

Per i principali tributi si attende pertanto un sostanziale ridisegno. Calderoli ha osservato al riguardo che l’Iva "è una tassa "fredda", oggi stabilita dall’Istat, in futuro potrebbero incassarla direttamente i territori". Mentre l’Irap "è l’odioso balzello inventato dai comunisti" e che "continua a essere odioso e comunista". Infine una rassicurazione per chi continua ad accusare la Lega di nutrire propositi divisori del Paese: "Abbiamo scelto il federalismo anziché la secessione", ha chiuso Calderoli.

A "guastare" la festa di compleanno del ministro Tremonti interviene però, a nome del Pd, il responsabile economico Stefano Fassina. "Sarebbe utile – ha dichiarato – che Bossi e il ministro dell’Economia si decidessero a inquadrare gli interventi per l’autonomia fiscale degli enti territoriale in un disegno coerente di riforma fiscale generale, per ridurre le tasse sui lavoratori e le piccole imprese. Altrimenti, per le Regioni si ripeterà lo sgangherato e penalizzante intervento realizzato per i Comuni".

Eugenio Fatigante

 

 

 

2010-08-17

 

17 agosto 2010

Corre la spesa pensionistica:

più 4,3% nel 2009

Corre ancora la spesa pensionistica. Non è bastato l'inasprimento dei requisiti d'accesso al pensionamento: nel 2009 la spesa è infatti aumentata del 4,3%, quando nell'anno precedente era aumentata del 3,9%. Sale l'esborso dello Stato, un punto percentuale in rapporto al prodotto interno lordo, ma gli assegni restano "mini". Un pensionato su due in Italia porta a casa, infatti, meno di mille euro al mese. A fotografare la situazione del sistema previdenziale è il ministero dell'Economia nella consueta "Relazione generale sulla situazione economica del Paese" diffusa nelle scorse settimane e aggiornata al 2009.

Nel 2009 la spesa per pensioni e rendite è risultata dunque pari a 234.025 milioni di euro, mantenendosi costante come quota del complesso delle erogazioni per prestazioni sociali a carico delle amministrazioni pubbliche (58,2%) e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). Rispetto al 2008 la spesa è cresciuta del 4,3%, mentre l'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%.

"La dinamica della spesa per pensioni è spiegata - rileva il Tesoro nel documento - in parte dall'adeguamento dei trattamenti in essere ai prezzi, pari per il 2009 al 3,4% (1,6% nel 2008), di cui 0,1% come conguaglio per lo scostamento tra valore accertato e valore erogato per il 2007. Continua, inoltre, ad essere operativa la disposizione che stabilisce, per il triennio 2008-2010, l'applicazione della rivalutazione nella misura del 100% (e non del 75%) alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo".

Per quanto riguarda l'importo degli assegni, il 21,4% risulta inferiore ai 500 euro, il 27,7% tra i 500 e i 999,99 euro, il 23,5% tra i 1.000 e i 1.499,99 euro, il 13,7% tra i 1.500 e i 1.999,99 euro. I trattamenti pensionistici con importi più cospicui costituiscono solo il 13,7% del totale (il 7,7% se si considerano le sole pensionate donne) ma in crescita rispetto al 12,4% dell'anno precedente.

Per quanto riguarda gli importi dei redditi pensionistici per ripartizione geografica, si conferma, anche per la previdenza, un'Italia a due velocità: considerato 100 per la media nazionale, al Nord i redditi pensionistici sono infatti pari al 105%, al Centro al 106,6% mentre al Sud valgono l'88,1%.

Infine, per quanto riguarda la suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

 

 

 

 

 

2010-08-06

6 agosto 2010

FINANZA PUBBLICA

Corte dei Conti: Comuni in rosso

Debiti per 62 miliardi di euro

Il debito dei Comuni ha superato nel 2009 i 62 miliardi di euro e la sua sostenibilità risulta critica, dice la Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali. "Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 milardi", dice la Corte dei Conti.

"La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi che quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria", aggiungono i magistrati contabili.

La Corte dei Conti accende un faro inoltre sui debiti fuori bilancio, che rischiano di diventare "un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei Conti".

"Per gli enti locali, pur rilevandosi taluni andamenti non conformi al quadro programmatico, si evidenzia una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere. Resta sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento", sintetizza la Corte dei Conti.

Notizie tutto sommato positive, invece, sul fronte delle Regioni. "Dal conto consolidato delle pubbliche amministrazioni il risultato delle amministrazioni regionali con riferimento all'indebitamento netto rispetto al Pil è risultato positivo, infatti tale indicatore scende dallo 0,3% del 2008 allo 0,15% del 2009".

Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008). "Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi", dice la Corte dei Conti.

Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (sempre al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008.

La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. "La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%)", dice la relazione.

 

 

 

 

 

2010-08-05

5 agosto 2010

FISCO E COMUNI

Cedolare secca, scende al 20%

Effetto a sorpresa finale per la cedolare secca sugli affitti, introdotta del decreto attuativo del federalismo fiscale municipale. Dopo un’altalena tra il 22% ed il 20% delle prime dichiarazioni al termine del Consiglio dei ministri, Roberto Calderoli parla di una limatura finale dell’aliquota al 20%, mentre in partenza era del 25. Ma in serata arriva la precisazione che, nonostante a Palazzo Chigi si sia deciso di abbassare l’aliquota rispetto al livello iniziale, al ministero dell’Economia si stava ancora conteggiando il livello possibile. Conclusione: oggi Giulio Tremonti, in conferenza stampa, comunicherà la decisione finale.

È l’ultimo ritocco al provvedimento varato ieri dal Consiglio dei ministri, che contiene anche l’imposta unica sugli immobili (Imu). Mentre la cedolare secca partirà dall’inizio del prossimo anno, per l’Imu bisognerà attendere il 2014.

Optare per la cedolare sarà una scelta del locatore dell’appartamento, che nel caso sarà esentato dal riportare l’affitto nell’Irpef e dal conseguente effetto sull’imposta (variabile in relazione alle sue aliquote). Gli saranno risparmiate anche imposta di registro e di bollo. Dure sanzioni sono previste per gli evasori e per chi dichiara importi inferiori.

Di Imu, poi, ve ne saranno due: la "propria" e la "secondaria" che è facoltativa. La prima si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso. L’aliquota verrà fissata da un decreto del presidente del Consiglio, su indicazioni del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. Saranno poi i comuni ad aumentare o diminuire il prelievo dello 0,3%. L’Imu sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l’imposta comunale sugli immobili. Sarà versata in quattro rate di pari importo con scadenze al 31 marzo, al 16 giugno, al 30 settembre e al 16 dicembre. Il contribuente potrà anche decidere di versarla in un’unica soluzione annuale da corrispondere entro il 16 giugno.

L’Imu facoltativa non riguarderà gli immobili a uso abitativo. Sarà decisa sulla base di un referendum e potrà sostituire la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari, l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

L’aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell’8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. Il provvedimento approvato ieri a Palazzo Chigi passerà adesso in Conferenza Stato-regioni e in Parlamento per ottenere, poi, l’ok definitivo dal Consiglio dei ministri.

Moltiplici e variegati i commenti dei sindaci, ma in una nota l’Anci, "senza dare troppa enfasi", sottolinea che il provvedimento rimette i municipi "in carreggiata". Tuttavia, si osserva, "non siamo ancora nel federalismo, perché la legge Calderoli ha ancora tanti pezzi che devono essere incastrati". "Si pianta l’albero storto dell’autonomia finanziaria dei comuni", lamenta però Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd, per il quale le soluzioni individuate "in particolare la super-patrimoniale per imprese e famiglie, sono inaffidabili, inique e molto poco autonomiste".

Pier Luigi Fornari

 

 

 

 

5 agosto 2010

POLITICA E CORRUZIONE

Roma, aperto un fascicolo

sulla casa di An a Montecarlo

La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulla cessione da parte di An di un appartamento a Montecarlo in cui abiterebbe il cognato del presidente della Camera Gianfranco Fini. Lo riferiscono fonti giudiziarie.

Nei giorni scorsi alcuni giornali, tra cui "Il Giornale" - di proprietà della famiglia Berlusconi - hanno pubblicato la notizia che l'immobile sarebbe stato ceduto da An a Fini per un prezzo molto inferiore a quello di mercato, e che nella casa abita attualmente il fratello della compagna dell'esponente politico.

Fini ha smentito le notizie di stampa e ha annunciato di voler querelare "Il Giornale". L'apertura del fascicolo, anticipata da "Il Giornale" e da "Libero", fa seguito alla denuncia presentata nei giorni scorsi dai due esponenti locali de "La Destra".

 

 

 

 

5 agosto 2010

ERARIO

Fisco: +9% incassi da lotta all'evasione

La guerra agli evasori fiscali ha portato al recupero, nei primi sette mesi del 2010, di 4,9 miliardi di euro. Un nuovo traguardo che fa registrare, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, un aumento degli incassi del 9%. I dati sono stati presentati dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, nel corso di una conferenza stampa.

Il direttore ha quindi ricordato l'obiettivo fissato per l'anno in corso e sottolineato l'intenzione di superarlo: "L'obiettivo è di fare almeno otto miliardi, contiamo ovviamente di superarlo". Le entrate complessive, erariali e non erariali, arrivano dai ruoli e dai versamenti diretti. In particolare gli incassi da ruoli si confermano a 1,8 miliardi di euro. Un dato, spiega Befera, non aggiornato a causa dei tempi tecnici di trasmissione dei dati da parte di Equitalia, ma che in pratica ha già superato i due miliardi di euro.

Mentre è la voce versamenti diretti che fa registrare il boom di incassi con un gettito di 3,1 miliardi in aumento del 15% rispetto al 2009. Il direttore dell'accertamento, Luigi Magistro, ricorda che, rispetto allo scorso anno, sono venute meno le entrate legate al recupero degli aiuti di Stato.

 

 

 

 

 

2010-08-04

4 agosto 2010

RIFORMA FEDERALE

Affitti, arriva la cedolare secca al 25%

In arrivo nel Consiglio dei ministri di oggi una cedolare secca sugli affitti del 25% all’interno del quarto decreto attuativo del federalismo fiscale relativo ai comuni. L’imposta, che assorbirà anche quelle di bollo e di registro, scatterà dal primo gennaio dal 2011, e sarà su base volontaria, nel senso che il proprietario avrà la scelta di puntare sulla cedolare o di mantenere la vecchia tassazione Irpef. Per i contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa il prelievo sarà del 20%.

Nel 2014, poi, scatterà la nuova imposta municipale unica (Imu), che sarà pagata sul possesso degli immobili (si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso) e l’aliquota sarà decisa con un decreto dal presidente del Consiglio, su indicazione del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. I comuni avranno la possibilità di aumentare o diminuire il prelievo di 0,3 punti percentuali (in pratica fino al 3 per mille). Oltre al prelievo sul possesso i comuni incasseranno anche un tributo sulle compravendite che sarà del 3% sulle prime case e del 7% sulle seconde. I municipi, secondo l’ultima bozza del federalismo comunale, che oggi sarà all’esame del Consiglio dei ministri, potranno modificare le aliquote dal 2017. A ciò si aggiungerà un tributo municipale facoltativo, deciso cioè per via referendaria, ad esempio sull’occupazione di aree pubbliche o le affissioni.

L’arrivo delle nuove imposte sugli affitti dovrebbe essere accompagnato da un inasprimento delle sanzioni nei casi di omessa dichiarazione, che potrebbero aggirasi fino ad un massimo di 2mila euro e al 400% dell’incremento dell’imposta, quando gli affitti sono dichiarati in misura inferiore. Tutto il maggior gettito incassato per l’iscrizione al catasto degli "immobili fantasma" andrà ai Comuni, mentre sale dal 33 al 50% la percentuale di "compartecipazione" sugli incassi della lotta all’evasione.

Il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, ha spiegato che il provvedimento rientra nell’accordo definito con i comuni recentemente, e segue il federalismo demaniale e quello sui fabbisogni standard dei comuni, anticipando "la definizione dei costi standard sulla sanità e la definizione del rapporto con le regioni", che avverrà a settembre. Dunque si tratta di "un’architrave importante", "un avanzamento" nel processo di attuazione del federalismo. "Con questo decreto diamo una forte autonomia in questo ambito ai comuni – ha aggiunto –. Abbiamo lavorato insieme ai comuni e con l’Anci e quindi il testo del decreto dovrebbe essere sostanzialmente condiviso. Rispetto a questa riforma è preoccupato solo chi non vuole essere responsabilizzato. Bisogna sapere che questa riforma punta a responsabilizzare i pubblici amministratori".

È critico, invece, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, per il quale, se le anticipazioni si mostreranno fondate, "è in arrivo una mega-patrimoniale sugli investimenti immobiliari".

Pier Luigi Fornari

 

 

 

 

4 Agosto 2010

LAVORO

Telecom, 3900 esuberi:

accordo per mobilità volontaria

Fumata bianca alla Telecom: il negoziato, partito a metà luglio, è stato molto serrato all'indomani dell'annuncio dell'azienda di 6.800 licenziamenti nei prossimi due anni (3.700 dei quali entro giugno 2011). E stanotte, dopo 24 ore di confronto al ministero dello Sviluppo Economico, è stata trovata l'intesa: tra le novità la formazione e la mobilità volontaria. Per 3.900 dipendenti si prevede l'attivazione di una mobilità ordinaria su base volontaria nel biennio 2010-2012. Per altri 2.220 invece si ricorrerà a percorsi di formazione con contratti di solidarietà per consentire il reinserimento in settori strategici dell'azienda, in particolare la rete. Si tratta di 1.300 dipendenti non coperti da tutela e saranno reinseriti in Telecom, di 470 dipendenti del '1254' e 450 di SSC.

Per i lavoratori già posti in mobilità, che si sono visti slittare in avanti la data utile a percepire la pensione a seguito delle modifiche normative sopraggiunte, si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. L'attivazione di mobilità ordinaria su base volontaria per circa 3.900 lavoratori sarà volta, principalmente, a coloro che così potranno raggiungere i requisiti pensionistici previsti dalla legge. I lavoratori del '1254' avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda.

Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service. Soddisfatte le parti. L'ad di Telecom, Franco Bernabè, ha sottolineato come l'intesa garantisca "il rispetto e la tutela dei lavoratori". Per il Governo l'accordo è un "segnale di maturità da parte di tutti, del sindacato, dell'azienda e per certi versi anche del Governo", afferma il vice ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani. "Certamente la notizia è buona, fino a poche settimane fa il quadro era diverso con licenziamenti unilaterali", dice invece il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Anche i sindacati mostrano apprezzamento: per Enrico Miceli della Slc Cgil l'accordo è un modello possibile.

2010-07-30

2 agosto 2010

MERCATO AUTO

Federauto, flop immatricolazioni

A luglio calo del 26%

Ancora un flop del mercato dell'auto che a luglio "consuntiverà un altro -26%". Lo anticipa Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto, alla vigilia dei dati ufficiali che saranno resi noti oggi. Per il presidente Filippo Pavan Bernacchi, che chiede un intervento del governo, si tratta di "un vero disastro per tutti. Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè - dice - sembra che i principali costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle kilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del Governo".

Negli Usa - commenta ancora Federauto - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione "che ha salvato almeno 100mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica. In Italia è il contrario".

Per Pavan Bernacchi "servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione". Come? "Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a Gpl e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti".

Federauto chiede allo Stato "di prendere subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero a costo zero, perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'Abs, l'Esp e gli airbag".

Quanto alla questione della produzione delle auto in Italia, per Federauto "è importante che Fiat resti a produrre nella Penisola. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa".

 

 

 

 

 

2010-07-29

29 luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, dalla Camera

arriva il sì definitivo

Via libera definitivo della Camera alla manovra correttiva dei conti pubblici da 25 miliardi per il biennio 2011-2012. I voti a favore sono stati 321, quelli contrari 270, le astensioni quattro. Il provvedimento è quindi legge. La manovra, secondo le intenzioni del governo, consentirà di riportare il deficit sotto il 3% alla fine del 2012, esattamente al 2,7%, mentre oggi marcia al 5%.

Della manovra ha parlato, durante la cerimonia del Ventaglio, anche il presidente del Senato Renato Schifani: "La manovra - ha detto - è dolorosa ma evita il default come è successo per la Grecia. L'entità della manovra ci mette al riparo da speculazioni finanziarie". "C'è un clima di difficoltà economica - ha aggiunto il presidente del Senato - che nasce da Oltreoceano e per sopperire all'esigenza della riduzione del debito si è fatta una manovra in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani. L'esigenza primaria è la tenuta dei conti".

 

 

 

 

29 luglio 2010

MANOVRA

Quote latte la Ue richiama l'Italia

La Commissione europea è "insoddisfatta" dell'emendamento sulle quote latte contenuto nella manovra approvata oggi dal Parlamento. Come ricorda il commissario per l'Agricoltura Dacian Ciolos, "l'Italia ha

votato una misura che va contro le regole Ue sul pagamento delle sanzioni per aver superato i limiti delle quote latte". La Commissione ribadisce che "come indicato in precedenza, esaminerà il testo che è stato votato e non esiterà a procedere contro l'Italia con l'azione necessaria se le misure sono contro le norme Ue".

 

 

 

 

2010-07-27

27 luglio 2010

I COSTI DELLA POLITICA

Manovra, il governo pone la fiducia

Il governo, tramite l'intervento nell'Aula di Montecitorio del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha posto la questione di fiducia sulla manovra economica, la cui discussione era iniziata questa mattina. "Il governo attribuisce particolare importanza per il Paese alla definitiva approvazione di questo provvedimento che è in scadenza", ha spiegato Vito. La questione di fiducia è stata posta sul testo uscito dalla commissione che è identico a quello già approvato dal Senato.

Il Pd aveva tentato di far slittare il momento della fiducia tentando di far valere il regolamento della Camera in base al quale, nelle 24 successive alla richiesta, non si possono svolgere attività d'aula. Secondo Roberto Giachetti, non si sarebbe potuto riunire il parlamento in seduta comune per l'elezione dei membri laici del Csm.

Il presidente Gianfranco Fini è però intervenuto per chiarire che "il parlamento in seduta comune è un organo diverso rispetto alla Camera dei deputati; si applica il regolamento della Camera, ma è organo di altra natura". È la 36ma volta che il governo ricorre alla fiducia.

DEPUTATI, TAGLIO AGLI STIPENDI

Si annuncia il taglio di mille euro agli stipendi dei parlamentari e, contemporaneamente si approntano meccanismi che sembrano aprire la strada alla mitigazione del rigore invocato dai presidenti Fini e Schifani, sulle buste paga di deputati e senatori. È in arrivo insomma il "taglio con il gettone": accanto alla riduzione di 500 euro netta stabilita per la diaria di soggiorno, si preparano i meccanismi per introdurre un meccanismo di "gettoni di presenza" per la partecipazione ai lavori di commissione.

È quanto emerge dal comunicato ufficiale della Camera al termine dell'ufficio di presidenza che ha varato i tagli. La "riduzione di 500 euro della diaria di soggiorno" per il triennio 2011-2013 è decisa "nella prospettiva di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione, secondo quanto preannunciato nella riunione dell'Ufficio di Presidenza dell'8 giugno scorso".

L'ipotesi sul tappeto da tempo, quello che bisogna mettere a punto ora sono i meccanismi tecnici dell'operazione: alcune commissioni ad esempio si riuniscono più assiduamente di altre (la Bilancio molto più spesso della Politiche Ue) e impongono una "perequazione" per poter assicurare potenzialmente lo stesso beneficio a fine mese a tutti i parlamentari. La formula del rimborso spese aggira l'ostacolo posto dal fatto che la retribuzione dei parlamentari per legge è "omnicomprensiva".

Per quanto riguarda i deputati il taglio andrà a colpire "gli emolumenti strumentalmente connessi" all'esercizio del mandato e non lo "stipendio". Saranno infatti ridotte di 500 euro la diaria di soggiorno e di altri 500 euro "le spese per il rapporto eletto/elettori", quelle solitamente previste per i portaborse.

Tagli sono previsti anche per i dipendenti: ci saranno riduzioni del 5% per i redditi sopra i 90.000 euro e del 10% per quelli sopra i 150.000 euro, sempre nel triennio 2011-2013. Nel complesso la Camera conta di risparmiare, tra queste e altre misure, 60 milioni di euro nel triennio, come dice il comunicato. Anche il Senato dovrebbe muoversi sulla falsariga di Montecitorio, come ha spiegato l'ufficio stampa di Palazzo Madama.

NAPOLITANO, NO A TAGLI INDIFFERENZIATI

"È un imperativo cui nessuno può sfuggire quello del contenimento e di una sostanziale riduzione del nostro debito pubblico". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo alla settima Conferenza degli ambasciatori alla Farnesina.

Il rigore necessario per abbattere il debito pubblico "comporterà inevitabili sacrifici diffusi" ma "non può vedere penalizzati in modo indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato", ha aggiunto Napolitano e soprattutto "non deve mortificare funzioni e strutture portanti dello Stato nazionale", tra le quali la politica estera e la diplomazia.

La manovra "rischia di minare l'efficacia della nostra azione", ha aggiunto il decano degli ambasciatori, l'ambasciatore Vittorio Claudio Surdo, sulla preoccupazione dei diplomatici italiani per gli effetti di alcune misure previste dalla manovra economica. "C'è profonda preoccupazione per alcuni dei provvedimenti previsti" spiega, sottolineando che ci sono dei punti come quello delle diarie che "ledono in modo sistematico la nostra professione, mortificandola".

 

 

 

 

 

2010-07-26

26 luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra in discussione alla Camera

Buttute finali per la manovra correttiva. Stamani in Aula alla Camera è iniziata la discussione generale sul provvedimento. Il voto sulle tre pregiudiziali di costituzionalità, presentate dal Pd, dall'Idv e dall'Udc, è previsto per domani alle 10,30. Subito dopo, a quanto riferiscono fonti parlamentari, è probabile che il governo chieda di mettere ai voti la richiesta di sospensione della discussione generale per poter poi annunciare il ricorso alla fiducia sullo stesso testo licenziato dal Senato.

La votazione per chiamata nominale si terrà mercoledì (i tempi nel dettaglio saranno decisi dalla conferenza dei capigruppo). Seguirà l'esame degli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento che dovrebbe tenersi giovedì. Ma la maggioranza è intenzionata a stringere i tempi ed è anche possibile il voto finale nella serata di mercoledì.

L'opposizione non demorde. Nonostante il governo abbia preannunciato la fiducia sulla manovra anche alla Camera, Pd e Idv hanno deciso di tentare comunque di rallentare il passaggio del decreto in aula. Gli iscritti a parlare nella discussione generale sul testo sono 243, praticamente tutti i deputati del Pd e dell'Idv più sette dell'Udc, quattro del Pdl, uno della Lega e due del gruppo misto.

È probabile che domani sarà decisa l'interruzione della discussione. Sempre domani, alle 13.30, è in programma la conferenza dei capigruppo che deciderà il calendario degli ultimi giorni di attività prima della pausa estiva. Oltre al via libera alla manovra pende l'esame del disegno di legge sulle intercettazioni. Il ddl sarà in aula il 29 luglio, ma non è detto che riesca a uscire da Montecitorio prima della chiusura.

 

 

 

 

 

26 luglio 2010

FEDERALISMO

Irpef e Iva ai Comuni

La Lega smentisce

"La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai Comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle Regioni".

Così il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli ha commentato le notizie di stampa sulla posizione della Lega e del suo leader Bossi in tema di federalismo fiscale. "I tributi destinati ai Comuni - ha aggiunto il ministro Calderoli - saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

QUOTE LATTE E COBAS

"Sto dalla vostra parte, chiederò a Zaia di scendere in campo. L'ho detto anche a Berlusconi: non puoi far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe". Alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona) Umberto Bossi ieri sera si è rivolto così ai Cobas sulla vicenda delle quote latte. "Vi ricordate quando coi trattori volevate entrare a Milano e io vi dissi che il sindaco, che era leghista, avrebbe dovuto per forza far intervenire la polizia? - ha proseguito Bossi - Vi dissi: facciamo un patto, voi non marciate su Milano e io risolvo il problema: avete fatto bene a fidarvi allora e adesso. Galan, io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. È uno che fa, non come Galan che parla e basta". E al vice presidente della Regione Lombardia, il leghista Andrea Gibelli, ha detto: "Devi dire al tuo capo Formigoni che non può manifestare con gli allevatori che non stanno dalla nostra parte: patti chiari e amicizia lunga".

 

 

 

 

2010-07-22

22 Luglio 2010

POLITICA & INFORMAZIONE

Berlusconi: contro di me campagna mediatica

Il Tg1 anticipa il messaggio, è polemica

"In questi giorni sono riprese contro il governo e contro il Popolo della libertà furibonde campagne mediatiche". Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lancia "l'operazione memoria" con un messaggio inviato a tutto il popolo del Pdl e ai simpatizzanti, invitandoli alla mobilitazione. Un messaggio parzialmente anticipato dal sito del Tg1. Quanto basta a scatenare una polemica interna all'opposizione, l'Idv in primis che annuncia iniziative a San Macuto e "in ogni sede competente" contro le scelte del direttore del Tg1 Augusto Minzolini: il messaggio infatti è stato annunciato e in parte anticipato in apertura della homepage.

Il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, dal canto suo, osserva che "è quanto meno singolare che il sito internet del principale tg del servizio pubblico dia spazio in apertura ad una lettera di propaganda, pubblicitaria, di partito del presidente del Consiglio".

Immediata la replica del tg della rete ammiraglia di Viale Mazzini proprio dal sito: "A chi ha criticato la tempestività con cui abbiamo dato la notizia del messaggio di Berlusconi, rispondiamo che il nostro sito è abituato a dare le notizie. Possibilmente prima degli altri. Cosa che succede spesso. Oggi – prosegue il Tg1 – è capitato con un messaggio di Berlusconi. Che, per inciso, subito dopo è diventato l'apertura dei maggiori siti d'informazione italiani. Domani speriamo che capiti con un messaggio o una qualunque altra iniziativa di Pier Luigi Bersani o Antonio Di Pietro. Questo è quello che dovrebbe fare ogni organo di informazione, cominciando da quello che è investito del compito di fare servizio pubblico. Tutto qui".

 

 

 

 

22 luglio 2010

RIFORME

Manovra, le Regioni dicono no

Tremonti: "Tratteranno"

"Sono i numeri stessi della manovra del ministro Tremonti a dimostrare quanto essa pesi in modo oggettivamente sproporzionato sulle Regioni rispetto, in particolare, ai Ministeri, con un taglio strutturale superiore del 57% a quello delle Amministrazioni centrali". Lo ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani. La proposta delle Regioni al governo è quella di "riequilibrare i pesi della manovra. Ciascun livello tagli in proporzione a quanto spende", conclude il presidente Errani.

"Nonostante l'opposizione alla manovra, le Regioni alla fine si siederanno al tavolo del governo per trattare sul federalismo fiscale", ne è convinto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dopo che oggi la conferenza delle Regioni ha ribadito il parere negativo sulla manovra correttiva, che "considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". Il ministro non intende però cedere e dice: "Alla fine scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo".

"Anche il sindaco di Torino (e presidente dell'Anci) Sergio Chiamparino ha detto che la manovra era negativa, ma poi si è seduto al tavolo per discutere. Mica possiamo pensare che il giudizio diventi positivo. Il parere delle Regioni resterà negativo, ma poi pensiamo che verranno al tavolo e parleremo", ha detto Tremonti in conferenza stampa a Palazzo Chigi.

Le Regioni contestano la manovra perché viene finanziata con forti tagli agli enti locali. In totale i minori trasferimenti pesano per 6,3 miliardi nel 2011, 8,5 nel 2012 e 8,5 nel 2013. Il grosso dei tagli viene dalle Regioni, che dovranno sostenere minori risorse per quattro miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. Il governo vuole compensare i tagli in manovra con la maggiore autonomia impositiva che il federalismo porta alle Regioni. Il percorso però è ancora lungo, come riconosce lo stesso Tremonti. "La questione delle province è di risoluzione abbastanza semplice. Sulle Regioni invece ci sarà da discutere per non fare sbagli", spiega il ministro.

VIA A SECONDO DECRETO SU FEDERALISMO FISCALE

Come previsto, oggi il Consiglio dei ministri ha varato in via preliminare il secondo decreto sul Federalismo fiscale. Il decreto, che ora andrà all'esame delle Camere prima di tornare in Consiglio dei ministri per il varo definitivo, indica il percorso per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province sulla base di spesa storica, abitanti e un insieme di variabili territoriali. Saranno la Sose (Società per gli studi di settore) e l'Ifel (l'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'Anci) a fissare i livelli di spesa efficiente.

"Entro l'estate ci saranno anche i costi standard per la sanità, che rappresentano il motivo di maggior preoccupazione", assicura il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli aggiungendo che "è impensabile che ci sia il 50% delle Regioni sotto osservazione, e molte commissariate. L'intervento sulla sanità è urgente e necessario".

DECRETO SU FEDERALISMO MUNICIPALE ENTRO FINE MESE

Per i comuni, il governo vuole presentare il decreto attuativo entro fine mese e comunque prima della pausa estiva. L'idea, ha ribadito Tremonti, consiste nel devolvere i gettiti provenienti "dai tributi che insistono sugli immobili ubicati nell'area di competenza, come le tasse di registro, le tasse ipotecarie, catastali e l'Irpef".

"Lo schema del federalismo municipale lo abbiamo scritto nella relazione presentata dal governo al Parlamento. In quello schema ci sono due ipotesi. La fase uno prevede la devoluzione ai comuni del gettito che insiste sugli immobili. Poi, c'è anche la fase due, che pensiamo di articolare nel tempo e che prevede di semplificare e unificare tutti i tributi o in un solo tributo o in pochi tributi", ha ribadito Tremonti. Con il federalismo municipale potrebbe vedere la luce anche la cedolare secca sugli affitti, che secondo Tremonti può "dare un grande recupero di gettito ai comuni".

 

 

 

2010-07-20

20 luglio 2010

DELITTO MEDIATICO

Aumenti delle tariffe,

il Palazzo fa una mossa

Anche parte del mondo politico, da destra a sinistra, non ci sta a veder boccheggiare quelle testate radicate nei territori, ma anche aperte al mondo, come i settimanali cattolici – la maggior parte dei quali diocesani –, i periodici dell’associazionismo laicale, la stampa missionaria oppure quella che fa riferimento a ordini religiosi, santuari celebri, sigle varie, anche non legate al mondo ecclesiale. Un settore editoriale minore nelle proporzioni, non nella passione informativa.

Messo a forte rischio – come Avvenire ha sottolineato domenica – dai tagli scattati il 1° aprile alle agevolazioni previste per le spedizioni postali. Ossigeno che è stato improvvisamente troncato, costringendo a forti ridimensionamenti in corso d’opera, visti gli aggravi fino al 120% delle spese per far arrivare il giornale agli abbonati.

È categorico Roberto Rao, capogruppo Udc in Commissione vigilanza Rai: "Sulla vicenda registriamo da parte del governo solo annunci di "buona volontà", ma nessuna azione concreta riparatrice dell’errore commesso". Per Rao più che usare l’accetta dei tagli, che "lasciano indenni le testate fantasma", occorrerebbe individuare – nel confronto con Poste italiane – criteri selettivi che evitino sprechi e creino i risparmi necessari a sostenere "un settore importante che conta nel nostro Paese una presenza significativa nella piccola editoria, cattolica e laica, nelle case editrici minori e in quelle indipendenti". Chiede un "dietrofront su questa scelta, sbagliata e gravissima" anche la senatrice Pd Emanuela Baio Dossi. In aprile aveva presentato, con colleghi del suo partito e dell’Udc, un’interrogazione urgente. "A tutt’oggi non abbiamo avuto risposta, la solleciterò nuovamente". Più che un paragone con le intercettazioni ("un problema di libertà in termini generali") la senatrice ne azzarda uno con i tagli – poi rientrati – sull’invalidità. "In tutti e due i casi si tocca un principio fondamentale della nostra civiltà. Colpire l’informazione associativa, che arriva a tante persone semplici e rappresenta la parte più sana e vitale della nostra società, qualsiasi governo che si dica liberale non può permetterselo". La senatrice ricorda, infine, che le risorse in ballo non sono ingenti e si possono reperire in tanti modi. Una proposta la formula Giuseppe Fioroni, anche lui Pd. "Se i canali del digitale terrestre inutilizzati venissero rapidamente messi all’asta produrrebbero quei cinque-sei miliardi di euro che sono molto più dei risparmi che si ottengono dall’eliminazione delle tariffe postali agevolate". La cosa "si può fare per semplice atto amministrativo, senza modifiche di legge: basterebbe la volontà politica, accompagnata da norme amministrative che destinino le agevolazioni solo a chi fa veramente informazione locale". La preoccupazione di Fioroni è che diversamente tali testate, diocesane e non solo, rischino la chiusura o la messa in vendita.

Anche nelle file del centrodestra c’è consapevolezza della perdita che ciò costituirebbe per il Paese. "Si tratta di portare a un esito positivo il negoziato con le Poste per avere tariffe agevolate che, anche se non più al livello di quelle precedenti, possano venire incontro ad attività editoriali che, non avendo scopo di lucro ma grande rilevanza morale e sociale, hanno diritto a un trattamento di riguardo", incalza dalla file della maggioranza il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Anche in questo caso, come per i tagli – evitati – ai disabili, Gasparri promette impegno diretto e personale. "Un appello specifico andrebbe rivolto al ministro dell’Economia, azionista di Poste, affinché coniughi gli aspetti di economicità con un valore sociale. Come vanno combattuti i falsi invalidi, così occorre smascherare i furbi che usano le tariffe agevolate per operazioni commerciali". Sul versante dello stimolo al governo anche il Carroccio intende muoversi. Il deputato leghista Massimo Polledri annuncia infatti che oggi, nella sua dichiarazione di voto, porterà la questione in aula alla Camera in occasione del passaggio del ddl di assestamento di bilancio. "Ricorderemo al governo la necessità di distinguere tra le tariffe postali dei grandi giornali e le riviste diocesane, che non possono essere messe sullo stesso piano, anche dal punto di vista delle finalità sociali"..

Gianni Santamaria

 

 

 

 

2010-07-17

 

17 luglio 2010

INTERVISTA

"Appalti, centrale unica per bloccare le mafie"

"In questo nostro Paese, purtroppo, dove ci sono i soldi, ci sono le mafie. È necessario prenderne atto. Non importa più che sia in Calabria, in Sicilia, a Milano o a Pordenone. Dove ci sono i soldi, ci sono le imprese che le mafie negli ultimi due decenni hanno messo in piedi. Abbiamo scoperto tardi il contrasto patrimoniale delle cosche: i risultati sono buoni, ma sono ancora insufficienti…". Il magistrato calabrese Alberto Cisterna si è occupato di ’ndrangheta sin dai primi anni novanta, in una squadra di pm che a Reggio Calabria coordinò fior di inchieste e catture di pericolosi latitanti. Oggi è sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia e, insieme ad altri colleghi, è stato incaricato di vigilare sul rischio di infiltrazioni criminali nella ricostruzione post - terremoto in Abruzzo. Perché laddove ci sono denari pubblici in ballo, ripete Cisterna, le mafie arrivano subito.

E la maxi-operazione anti ’ndrangheta tra Lombardia e Calabria, coi suoi 300 arresti (ieri è stato confermato il carcere per il presunto super capo, Oppedisano), ne è solo l’ennesima conferma.

"Bisogna intendersi su una cosa – spiega Cisterna –. La mafia al nord si rende invisibile, non percepibile. Se vogliamo guardare agli omicidi, alle estorsioni, qualcuno potrebbe anche dire che lì se ne registra un numero minore. Ma c’è un aspetto della ’ndrangheta e delle mafie in generale, quello delle infiltrazioni nell’economia, che pochi sembrano vedere. O, peggio, che molti non vogliono vedere…".

Perché, dottor Cisterna?

Perché i soldi non puzzano. Di questi tempi il denaro necessita alle imprese in crisi. E, perfino se arriva fuori dai circuiti bancari, è bene accetto. Ai soggetti che formalmente si presentano come investitori non si domanda dove abbiano preso i milioni di euro. Si accettano bonifici o finanziamenti estero su estero, si accetta tutto. È un problema grave, che dovrebbe pesare sulla coscienza del sistema bancario e finanziario del nostro paese, che non concedendo fidi o prestiti ragionevoli, lascia le imprese in balia dei riciclatori mafiosi.

Di solito le inchieste arrivano dopo, quando gli appalti sono stati assegnati e i soldi sporchi ripuliti. Cosa si può fare per arrivare prima?

I magistrati hanno ovviamente l’esigenza che i reati siano commessi, non possono perseguire solo la mera intenzione di compierli. Il fatto è che l’esigenza di prevenire, che dovrebbe appartenere ad altre amministrazioni, ancora oggi fa i conti con difficoltà organizzative e norme inadeguate.

Può fare un esempio?

Uno per tutti è la certificazione antimafia richiesta alle imprese. Uno sbarramento aggirabile e per questo ormai palesemente inefficace. Bisogna rimodularlo per renderlo più ostico, più aggressivo nei confronti delle imprese in odore di mafia. Oppure buttarlo a mare.

Ci sono altri strumenti pratici che possono essere adottati?

Guardi, in Italia ci sono 80 miliardi di euro in opere pubbliche aggiudicate ogni anno, tra forniture, servizi e appalti veri e propri. È il settore principale da monitorare, con soluzioni che già ci sono. Ad esempio, la stazione unica appaltante creata in Calabria è uno strumento che, attraverso il nuovo piano straordinario antimafia, il governo intende estendere all’intero Paese. Non è però l’unico strumento. La verità è che il settore degli appalti è un settore delicatissimo, nel quale quotidianamente molti operatori segnalano anomalie di tutti i generi. Perciò, bisogna fare uno sforzo in più

Vincenzo R. Spagnolo

 

 

 

16 luglio 2010

SPORT INQUINATO

Le mani della mafia sul calcio

Sono più di 30 i club coinvolti

Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve".

In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c'è da stupirsi".

È la denuncia dell'associazione Libera, che ha presentato il dossier "Le mafie nel pallone - Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo. Potenza Calcio: il caso limite", un'anticipazione del libro "Le mafie nelPallone", di Daniele Poto, in uscita a settembre.

Già tre anni fa Libera aveva denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell'occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano "nel pallone"". I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali".

Il caso di Giorgio Chinaglia, tutt'ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la 'ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre, ne cita altri.

 

 

 

2010-07-16

16 luglio 2010

Limita i danni della crisi, patiti dai giovani, ma rischia di logorarsi

Urgente rafforzare la famiglia ammortizzatore essenziale

Già prima della crisi economica le nuove generazioni non se la passavano molto bene in questo Paese. Bassi tassi di attività e lunga permanenza entro le protettive e rassicuranti mura della famiglia di origine, sono da molti anni un tratto caratterizzante dei giovani italiani rispetto ai coetanei del resto d’Europa.

Alla base ci sono anche motivi culturali, legati all’importanza della famiglia e alla forza delle relazioni affettive e di disponibilità al reciproco sostegno tra genitori e figli. Quella che, però, era una scelta è diventata nel tempo sempre più una necessità. Tanto che, come documenta l’Istat, tra i motivi della non uscita dalla casa paterna sono cresciuti negli ultimi anni soprattutto quelli riconducibili a difficoltà oggettive. Aumenta, dicono le varie ricerche, la voglia di autonomia dei giovani, ma non cresce la loro capacità di liberarsi dalla dipendenza dei genitori. I problemi maggiori arrivano soprattutto dal lavoro, che non c’è o, quando c’è, prevede spesso remunerazioni basse e discontinue.

Negli altri Paesi i giovani con contratto a termine sono pagati di più e aiutati maggiormente con politiche attive, che coprono il passaggio da un’occupazione all’altra. In Italia, come ben noto, la riforma del mercato del lavoro non è stata accompagnata da una concomitante ristrutturazione del sistema di welfare pubblico in grado di fornire strumenti di protezione verso i nuovi rischi. Così la flessibilità è scivolata verso la precarietà, quasi completamente addossata sui giovani, ovvero sui nuovi entranti. A loro volta le nuove generazioni hanno risposto appoggiandosi ancora di più sulla famiglia di origine, il loro unico vero ammortizzatore sociale. Ma così abbiamo creato un sistema che incentiva la dipendenza anziché promuovere l’autonomia e le scelte di responsabilità adulta, quali formare una propria famiglia.

A preoccupare è soprattutto l’incapacità di valorizzare il capitale umano delle nuove generazioni mettendolo al servizio della crescita del benessere comune. Siamo, nel complesso, uno dei Paesi più lontani da quella promozione di una piena partecipazione dei giovani nella società e nel mondo del lavoro auspicata dalla Commissione Europea.

La crisi ha accentuato, evidentemente, ancor più questo stato di cose. Il ricorso alla cassa integrazione riguarda maggiormente i lavoratori maturi, le mancate assunzioni e il mancato rinnovo di contratti a tempo determinato colpisce invece maggiormente le nuove generazioni. Ed infatti l’80% della riduzione dell’occupazione riguarda i giovani. A mitigare gli effetti di un impatto così rilevante e potenzialmente drammatico è stata ancora una volta la famiglia di origine. Ma ciò solleva varie questioni preoccupanti. L’assenza di un welfare pubblico adeguato rende essenziale il ruolo dei genitori, ma crea forti disuguaglianze. Reggerà meglio chi ha alle spalle genitori benestanti, indipendentemente dal suo valore e dalle proprie capacità. Ma più in generale, ci si può chiedere fino a che punto le famiglia media riuscirà a tenere.

Quella che è stata finora la risorsa più importante per la crescita e il benessere sociale, potrebbe uscire dalla crisi molto provata e impoverita, rischiando di compromettere le possibilità di ripresa e rilancio. Abbandonare i giovani e le famiglie a se stesse può consentire di limitare i costi della crisi nel breve termine, ma provocare conseguenze negative durature nel tempo.

Alessandro Rosina

 

 

 

 

2010-07-15

15 luglio 2010

IL VOTO

Manovra, il Senato

vota la fiducia

Sì dal Senato alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passa ora all'esame della Camera. Il maxiemendamento del governo recepisce tutte le modifiche della Commissione bilancio: dilazionamento delle tasse per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, novità sulle pensioni per le donne del pubblico impiego, riduzione degli stipendi dei manager e dei budget a disposizione dei ministeri, taglio dei costi della politica. Entrano in vigore anche le nuove norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per le case non accatastate. Tra i tagli, spiccano quelli per Regioni, Province e Comuni.

LE REAZIONI

I governatori, in particolare, minacciano - con l'eccezione dei presidenti leghisti di Veneto e Piemonte - di restituire al governo le loro deleghe in materia di servizi e incentivi economici. Torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare la situazione. Per ora hanno deciso di accantonare la riconsegna delle deleghe, iniziativa annunciata nelle scorse settimane come protesta ai tagli da 13 miliardi tra 2011 e 2013. "Al fine di confermare l'unità piena della conferenza la decisione della riconsegna delle deleghe viene accantonata fiduciosi che il percorso di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo", dice il documento approvato al termine della conferenza odierna. Le Regioni ribadiscono in ogni caso "che alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse".

La manovra colpisce le Regioni con tagli per 4 miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. La decisione di oggi segue lo sfilarsi dal fronte di protesta contro il governo di Lazio, Molise, Abruzzo, Campania e Calabria.

Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, è tornato ieri a difendere la manovra nel corso dell'assemblea di Confcooperative: "Siamo a un tornante della storia. Non solo per noi ma per tutti i paesi. Non so se sia una ideologia. L'austerità certamente è una necessità che significa solidarietà e responsabilità".

 

 

 

15 luglio 2010

MANOVRA AL VOTO

Oggi la fiducia. E Tremonti

predica austerità

La manovra va oggi al giro di boa, con il voto di fiducia in Senato (alle 11,30), e Giulio Tremonti torna a predicare austerità e rigore. "Non so se sia un’ideologia, ma oggi l’austerità è certamente una necessità e una responsabilità", ha dichiarato il ministro dell’Economia all’assemblea di Confcooperative. Quasi in simultanea il governo "blindava" il decreto a Palazzo Madama, sul testo di un maxi-emendamento che conferma i tagli alle Regioni, la proroga per le multe sulle "quote-latte" che "sconcerta" il ministro dell’Agricoltura Galan e l’uso del 30% dei risparmi nella scuola per pagare gli scatti d’anzianità agli insegnanti.

Poche le novità, rispetto a quanto già circolato: si rafforza la stangata sulle assicurazioni (30 milioni in più, da 234 a 264) e - con un nuovo contrordine - rimane il limite dei 20 alunni nelle classi con disabili. Cambiano i tagli ai patronati: sono diluiti in 3 anni, ma salgono a 90 milioni. Hanno trovato spazio poi 61,3 milioni, in 4 anni, per le assunzioni di giovani magistrati. E sono saltate le norme, introdotte in commissione, che prolungavano il periodo in servizio per i docenti delle università private e limitavano (era una proposta leghista) a mille euro, dagli attuali 2mila, i trasferimenti di denaro contante tramite i money transfer.

Già da domani il testo sarà alla Camera, dove è atteso da un’altra fiducia. Per il governo è già ora di voltare pagina, come ha testimoniato Silvio Berlusconi nell’ormai consueto comunicato di giornata: "Non possiamo limitarci a piangere sui danni causati dalla crisi, dobbiamo invece ricercare tutte le strade possibili per consolidare la ripresa e il governo sta facendo proprio questo", scrive il premier (che fa poi un preciso riferimento alle esigenze dei costruttori, che hanno tenuto ieri la loro assemblea).

Da parte sua Tremonti ha elogiato "quanti, nel disegno della manovra, hanno condiviso il senso e la logica di quel cambiamento": è grazie a loro, ha rimarcato, che non c’è stata "rottura della coesione sociale" e "il Paese ha tenuto, tiene e terrà". Ma un nome su tutti ha voluto farlo, dando un pubblico riconoscimento a Raffaele Bonanni, il leader della Cisl seduto in prima fila davanti a lui nell’auditorium Conciliazione: "In questi mesi ho visto un uomo di Stato, che ha un senso profondo di responsabilità politica".

Accanto a questo, restano anche gli strappi operati dalla manovra. A partire da quello con le Regioni che però hanno aggiornato a oggi la loro Conferenza, messa in crisi dal dissenso ormai pubblico dei governatori leghisti Cota e Zaia, che "non hanno alcuna intenzione" di riconsegnare le deleghe sui servizi gravati dai tagli. Restano anche i "no" del Pd, che annuncia una mobilitazione nazionale venerdì e sabato, e della Cgil: per il segretario Guglielmo Epifani il "maxi-emendamento" "conferma le ragioni dello sciopero" fatto dalla Cgil, la manovra "è iniqua e pagano solo i lavoratori".

E una polemica "interna" si è materializzata pure in Senato, nell’intervento di Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze e senatore finiano, il quale ha ricordato che la sua proposta, già a dicembre scorso, di una manovra da 35 miliardi "fu considerata cervellotica, fui chiamato "dottor Stranamore""; con il risultato invece che da allora "ne abbiamo fatta una da 43 miliardi" tra Finanziaria 2010, "mille-proroghe" più l’attuale intervento. Per Baldassarri il problema è che "tutte le manovre tagliano la spesa tendenziale degli anni futuri" più che quella in corso d’anno, che continua a salire.

Eugenio Fatigante

 

 

 

 

 

14 luglio 2010

MANOVRA FINANZIARIA

Manovra, il governo

pone la fiducia al Senato

Il governo ha posto la questione di fiducia in Senato sul maxiemendamento alla manovra correttiva. Lo ha comunicato in aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. Il Senato voterà la fiducia al più tardi giovedì, poi la manovra passerà alla Camera per la seconda lettura. L'approdo in aula a Montecitorio è previsto al momento il 26 luglio, il via libera entro il 29. Il decreto legge decade il 30 luglio, è difficile quindi che la Camera possa introdurre modifiche e rendere necessario un terzo passaggio in Senato.

LE NOVITA'

Stop ai rinnovi contrattuali e agli stipendi degli statali, tagli ai costi della politica ma anche alle Regioni, nuove norme sulle pensioni e novità per i cittadini abruzzesi colpiti dal terremoto: ecco le misure principali contenute nella manovra correttiva aggiornata con il maxiemendamento presentato mercoledì dal governo in Senato e sul quale domani sarà votata la fiducia.

STOP CONTRATTI E BLOCCO STIPENDI P.A.

Stop al rinnovo dei contratti, agli aumenti degli stipendi degli statali e al turn-over. Limitazioni per i contratti a termine. Fanno eccezione poliziotti, vigili del fuoco e enti di ricerca.

PROFESSORI E MAGISTRATI - Bloccati gli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato, tra cui i professori universitari. Per i diplomatici proroga dei trattamenti in servizio. Per le toghe il taglio tocca le indennità. Sì a 61,3 milioni per assunzioni di giovani magistrati.

MINI-AUMENTI BALZELLI PROCESSI - Arrivano una serie di mini-aumenti delle tasse processuali.

TAGLI AI MINISTERI E AUTO BLU - La sforbiciata è del 10%. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu.

COSTI POLITICA - Riduzioni di spesa per Palazzo Chigi. Taglio del 10% alle buste paghe dei ministri e sottosegretari che non siano membri del Parlamento. Sforbiciata anche per la politica locale e economie in vista per gli organi costituzionali.

TAGLI A PARTITI - Si riducono i rimborsi elettorali.

MANAGER P.A.- La quota di stipendio che supera i 90.000 è

ridotta del 5%, quella che supera i 150mila il 10%.

PENSIONI - Donne della p.a. in pensione a 65 anni dal 2012. Dal 2015 età anagrafica collegata all'aspettativa di vita. Previste le cosiddette "finestre mobili", che ritardano la possibilità di lasciare il lavoro.

PIÙ CONTROLLI SU INVALIDI - Torna al 74% la soglia per gli assegni di invalidità. Salgono a 250 mila le verifiche Inps.

TAGLI FAI-DA-TE REGIONI - La sforbiciata resta di 8,5 miliardi ma sarà la Conferenza Stato-regioni a decidere come ripartirli seguendo criteri di 'virtuosità. Tagli anche a Comuni (4 miliardi) e Province (800 milioni).

COMUNI E LOTTA EVASIONE - I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

ROMA CAPITALE - Oltre ai 300 mln del Tesoro, 200 mln arrivano tramite un aumento delle tasse di imbarco e un incremento dell'addizionale comunale all'Irpef. A queste risorse si sommano 50 mln per i comuni commissariati. Roma ha maggiore flessibilità sul patto di stabilità interno e può introdurre

una tassa di soggiorno per i turisti.

TASSE ABRUZZO - Proroga della sospensione delle tasse per le imprese fino al 20 dicembre. I cittadini avranno 10 anni per la restituzione dei tributi. Il pagamento scatterà dal 2011.

CASE FANTASMA - Entro il 31 dicembre 2010 chi ha un fabbricato non censito dovrà denunciarlo e farlo accatastare.

CATASTO - Accesso dei comuni alle banche dati del Territorio. Nelle compravendite immobiliari per assicurare la conformità delle planimetrie basta un attestato di un tecnico.

SILENZIO-ASSENSO ANCHE SU PAESAGGIO - Esteso all'autorizzazione paesaggistico-territoriale il silenzio-assenso della conferenza dei servizi.

REDDITOMETRO - Entrano nuovi indicatori per risalire dal tenore di vita al reddito guadagnato.

TRACCIABILITÀ - Tetto a 5.000 euro per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

LIBERTÀ IMPRESA - D'ora in poi basterà una segnalazione per avviare un'attività. I controlli solo ex-post. Dalle nuove regole sono esclusi i documenti relativi all'immigrazione e al patrimonio culturale e paesaggistico .

FISCO E IMPRESE - L'accertamento fiscale sarà esecutivo nei due mesi successivi all'atto della notifica. Possibile compensare i crediti nei confronti della p.a. con debiti verso il fisco. Stretta sulle imprese "apri e chiudi". L'azzera-compensi non si applica alle società.

IRPEF - Slitta il versamento dell'acconto dell'imposta per il 2011 e per il 2012. Previste minori entrate per 2,9 miliardi.

STANGATA ASSICURAZIONI - Resta la tassa sulle assicurazioni. Il governo attende un incremento di gettito di 264 milioni l'anno.

FORZE DELL'ORDINE, FONDI E FESTE "SALVE" - Arrivano 160 milioni in due anni. Salve dai tagli le feste nazionali.

MINI-NAJA - Stage di tre settimane per giovani volontari nelle forze armate. La divisa si paga.

SCUOLA - Il 30% dei risparmi potranno essere destinati anche agli scatti di anzianità e di carriera dei professpri. Resta il tetto dei 20 alunni previsto per le classi con alunni disabili.

FARMACI - I tagli saranno spalmati su tutta la filiera. Dal 2011 il prezzo degli equivalenti è adeguato alla media Ue.

QUOTE LATTE - Proroga al 31 dicembre il pagamento della rata delle multe "latte".

FONDAZIONI BANCARIE - Non dovranno effettuare svalutazioni dei titoli tossici.

FONDI IMMOBILIARI CHIUSI - Chi non si adegua alla nuove misure avrà cinque anni per chiudere la liquidazione.

CERTIFICATI VERDI - Il Gse dovrà riacquistare quelli in scadenza, ma la spesa andrà ridotta del 30%.

AUTOTRASPORTO - Salta il pacchetto di misure per il settore.

PEDAGGI - Già scattati i pedaggi su alcune tratte Anas.

TAGLIA-ENTI - Soppressi tra gli altri l'Ente teatrale italiano e quello per la Montagna, l'Isae.

 

 

 

 

 

14 Luglio 2010

LOTTA ALL'EVASIONE

Sommerso, l'Inps recupera

2,6 miliardi di euro in sei mesi

Continua con successo la lotta all'evasione contributiva da parte dell'Inps. Nei primi sei mesi dell'anno sono stati recuperati 2,6 miliardi di euro. Il dato si riferisce al periodo gennaio-giugno e mostra una performance assai positiva: +13,5% rispetto al risultato pur eccezionale (+66% sul 2008) dello stesso periodo del 2009. "È una conferma del grande lavoro di recupero crediti che l'Inps ha messo in atto in questi mesi - commenta il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua - per contrastare il fenomeno dell'evasione contributiva. Con questo trend l'ambizioso obiettivo di arrivare a sei miliardi di euro entro la fine dell'anno diventa realisticamente raggiungibile. Un altro segnale di efficienza nel recupero di risorse indebitamente sottratte alla collettività".

La performance segnalata per il recupero crediti, si unisce a un andamento positivo nella riscossione ordinaria: nei primi sei mesi, al netto della lotta all'evasione, sono stati riscossi 58,5 miliardi di euro di contributi: oltre un punto percentuale in più (+1,2%) rispetto al preventivo e anche leggermente superiore allo stesso periodo dello scorso anno (+0,3%).

"La lotta all'evasione contributiva si associa all'azione di vigilanza che l'Inps continua a svolgere con efficacia sul mercato del lavoro - conclude Mastrapasqua - nei primi sei mesi dell'anno, nel corso di 44mila ispezioni, sono stati denunciati 34mila rapporti di lavoro in nero, oltre il 15% in più rispetto al piano preventivo della vigilanza definito per quest'anno".

 

 

 

14 Luglio 2010

CAPO DELLO STATO

Napolitano: Costituzione

testo lungimirante

Giorgio Napolitano, rivolgendosi al sindaco di Udine, Furio Honsell, e ai consiglieri comunali di Udine,

ha riaffermato la "lungimiranza" della Costituzione vigente, approvata a dicembre del 1947, sul tema delle autonomie. "Sono saldate nello stesso articolo la inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie". Due principi, ha detto il presidente della Repubblica a Udine, profondamente attuali sviluppati con le Regioni a Statuto speciale, nate con la stessa Costituzione, e le Regioni a statuto ordinario del 1970.

Oggi, ha aggiunto Napolitano, si deve proseguire sulla strada tracciata perchè "una Italia unita senza la coesione nazionale si perderebbe nel grande e tumultuoso fiume della globalizzazione. L'unità nazionale si può promuovere facendo conoscere la Costituzione e promuovendo le autonomie. Io sono profondamente impegnato nella difesa dei valori costituzionali. Ma piuttosto che usare l'espressione "difendere la Costituzione" amo dire che è necessario far vivere e attuare la Costituzione, attuare anche il nuovo Titolo V che ha segnato la strada per uno sviluppo anche in senso federalistico del principio autonomistico che trovò già forma felice nella prima formulazione della Costituzione".

"Si riveda ciò che è necessario, si garantisca il massimo di semplificazione nell'articolazione del nostro Stato", ha detto Napolitano raccomandando di salvare i vari livelli di autonomia regionale e locale e di riconoscere "l'importanza decisiva dei Comuni che sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ai loro bisogni".

A proposito della crisi economica, il capo dello Stato ha affermato che "nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle".

 

 

 

 

2010-07-12

12 Luglio 2010

UNIONE EUROPEA

Quote latte, Galan: si dimetta

chi causa sanzioni

Per la soluzione "europea" del problema degli allevatori italiani che chiedono l'ulteriore proroga del pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote latte, supportati dalla Lega Nord, il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha "massima fiducia in Tremonti". Infatti, come ha spiegato a Bruxelles, in occasione della sua partecipazione al Consiglio Agricoltura, Galan non crede che il collega dell'Economia, che oggi è a Bruxelles per l'Eurogruppo, "voglia giocarsi la reputazione" su questa vicenda.

Diversamente da quanto anticipato prima del voto parlamentare sull'emendamento che consentiva la proroga per quegli allevatori, Galan non si dimetterà: "Prima di tutto per non dare soddisfazione a chi lo vorrebbe - ha spiegato - poi perchè nel ministero ci sono ancora tante cose da rimettere a posto, e la questione delle quote latte è una di queste: vorrei almeno provarci".

Infine, Galan sarebbe "andato a casa se Berlusconi mi avesse chiesto di lasciare perdere, di pensare agli equilibri e alle alleanze. Non me l'ha detto", anzi, ha aggiunto "mi ha detto di fare quello che ho fatto e ci ho rivisto il Berlusconi del 1994, quello che ha cambiato la vita di molti di noi e ha incarnato i sogni di tanti italiani".

Galan ha sottolineato che l'Italia ha già pagato, sottoforma di mancati contributi Ue, 1,708 miliardi fra il 1995/96 e il 2001/02 per il mancato rispetto delle quote latte da parte degli allevatori italiani: "Dobbiamo ancora commettere infrazioni sapendo di commetterle? Per difendere chi?", si è chiesto ancora il ministro. Anche sui costi di un'eventuale procedura di infrazione, Galan non è d'accordo con le stime dei sostenitori della proroga: "Se anche fosse vero che ci costerebbe solo fra i 5 e i 7 milioni, ovvero il costo della proroga di sei mesi, ma i miei calcoli sono molto diversi, perchè dovremmo farlo? Non è un atteggiamento da paese civile, e oltretutto ci troviamo in un periodo in cui si chiedono sacrifici e rigore a tutt". E poi, ha aggiunto, "il 95% dei 40mila allevatori italiani", ovvero tutti quelli che sono in regola con le quote latte oppure hanno pagato le sanzioni per averle superate, "un pò di rispetto lo meritano".

Secondo Galan, "è stupefacente" la battaglia della Lega a difesa "dei 67 che hanno aderito alla legge Zaia", ma c'è anche una parte degli allevatori, "fra i quali un parlamentare della Repubblica, l'onorevole Rainieri, che non solo superano le quote ma le mettono sul mercato".

"In un momento in cui pretendono sacrifici dagli italiani - ha concluso Galan - ci sono cose che non si possono chiedere".

 

 

 

 

12 luglio 2010

FORUM EURO MEDITERRANEO

Berlusconi: nel Mediterraneo,

grande potenziale

Il rapporto tra i Paesi del Mediterraneo "può avere ancora una volta, un ruolo centrale per il futuro" e "in questo incontro fra il Nord e il Sud del Mediterraneo, Milano fa da perno sia geograficamente che economicamente". Lo ha detto Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano, aprendo i lavori del Forum Euromed. Sul Mediterraneo, ha detto Sangalli, "si affacciano da una parte un esperimento unico al mondo, l'Unione economica europea, e dall'altra, i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo che per risorse demografiche, minerarie, energetiche, naturali, hanno le potenzialità di diventare i nuovi Bric (Brasile, Russia, India e Cina, ndr). Una combinazione che è davvero la scommessa sul futuro".

Basti pensare che siamo di fronte a un mercato potenziale di 600 milioni di consumatori ed un interscambio che ha raggiunto, nel 2009, quota 250 miliardi di euro e che Milano "ha prodotto un volume d'affari con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo pari a 3 miliardi di euro, cioé un terzo del volume d'affari italiano in quest'area".

E se i dati dello scorso anno "ci fanno davvero preoccupare", ha aggiunto Sangalli, i numeri del primo trimestre 2010 sono incoraggianti. "L'interscambio commerciale - ha proseguito - rispetto al primo trimestre 2009 verso i Paesi mediterranei è per l'Italia cresciuto del 25%. Per Milano e Provincia è cresciuto più del 34%".

Anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha sottolineato che "Milano ha la vocazione di essere il ponte economico e culturale tra l'area del Mediterraneo e l'Europa continentale". Per il primo cittadino, il capoluogo lombardo non solo rappresenta "la provincia più mediterranea" di tutto il continente europeo, grazie al 2% dell'interscambio commerciale con la sponda meridionale del Mediterraneo, ma è anche un "hub naturale" per tutto il bacino euromediterraneo.

Tra la sponda Sud e la sponda Nord del Mediterraneo c'è "la possibilità di realizzare relazioni straordinarie". È quanto ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un passaggio del suo intervento al Forum sul Mediterraneo di Milano. Secondo la percezione del capo del governo, dal convegno di Milano emergono "buone prospettive" e una "volontà coerente di procedere".

Berlusconi ha ricordato che l'Italia ha sempre lavorato per un forte dialogo euro-mediterraneo e, rivolgendosi agli imprenditori presenti in sala, ha affermato che il governo "è direttamente a disposizione per risolvere i problemi di ogni singolo imprenditore" che volesse investire nell'area euromediterranea, che vogliono crescere ed espandersi su nuovi mercati.

Sottolineando di parlare con "anche l'interim per il ministero dello Sviluppo Economico", il premier ha così spiegato che "tutti quelli che hanno un problema sanno di avere il governo disponibile ad aiutarli".

"Ho un rapporto di amicizia personale molto profonda con tutti i leader dei Paesi del Mediterraneo - ha aggiunto Berlusconi -. È un fatto importante perchè permette di risolvere tutti i problemi con una telefonata, come del resto è avvenuto di recente. Naturalmente continueremo in questa direzione perchè serve a superare i problemi politici e le barriere burocratiche".

LA POLITICA DEL "CUCU"

Dalla "politica del cucù" all'autodefinizione di "playold" più che di "playboy". Un Silvio Berlusconi autoironico alterna accenti faceti a quelli più seri del sostegno alle imprese, nel corso del suo intervento al Forum Mediterraneo.

Il presidente del Consiglio prende spunto dalle parole di Emma Marcegaglia circa il dialogo con i Paesi a Sud e a Est del Mediterraneo e osserva che "ho inaugurato una famosa politica, la politica del cucù... Una politica molto particolare". Un riferimento all'ormai famosa gag con Angela Merkel, a Trieste, che Berlusconi completa spiegando l'importanza del metodo di governo "basato sull'essere aperti agli interessi degli altri e all'amicizia".

Decisamente più leggera la chiusa, rivolta ai rappresentanti diplomatici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: "Qualche volta portatevi anche qualche bella ragazza, signori ambasciatori, perchè so che anche questo è un merito che tutti quanti siete molto orgogliosi di portare. E noi lo apprezzeremmo molto, perchè siamo latini...".

A questo proposito, Berlusconi aggiunge un altrettanto scherzoso inciso personale: "Io non sono più un playboy, ma, come si dice... un "playold" ma ci teniamo ad avere la possibilità di manifestare il nostro senso estetico".

 

 

 

 

 

2010-07-10

10 Luglio 2010

MESSAGGIO

Berlusconi: "La ripresa

è già una realtà"

Il governo "ha fatto molte cose positive per fare uscire l'Italia dalla crisi economica senza lasciare indietro nessuno e con i conti pubblici in regola che era la premessa indispensabile per avere una ripresa vera, solida e duratura". Lo ha detto in un messaggio ai Promotori della Libertà il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "La ripresa economica è una realtà confermata da tutte le rivelazioni statistiche", ha continuato Berlusconi, invitando a diffondere "nei gazebo un messaggio di fiducia e ottimismo". Il premier ha fatto presente come i dati economici indichino che "le cose stanno cominciando a funzionare" citando "l'aumento della produzione industriale, la crescita delle esportazioni e l'aumento del Pil dello 0,5% che è il più elevato rispetto agli altri Paesi europei".

La manovra economica "è necessaria" e coniuga "il rigore dei conti alla crescita". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi,in un messaggio audio ai promotori della Libertà chiedendo loro di informare la gente di questo. La manovra, ha quindi continuato, "è in linea con quanto chiesto dell'Ue in merito alla riduzione della spesa pubblica che ormai da anni supera il nostro prodotto interno nazionale".

Berlusconi torna all'attacco anche sulle intercettazioni all'indomani dello sciopero dei giornalisti contro il ddl. "Dovete togliere il bavaglio alla verità - dice in un messaggio ai Promotori della libertà - quel bavaglio imposto dalla stampa schierata con la sinistra, pregiudizialmente ostile al governo, che disinforma, distorce la realtà e calpesta in modo sistematico il diritto sacrosanto della privacy dei cittadini".

Secondo il premier la libertà di stampa, come tutte le libertà costituzionali, incontra il limite di altri diritti meritevoli di tutela, come quello alla privacy.

 

 

 

 

10 luglio 2010

TAGLI ALLA SPESA

Manovra, si intensifica

il pressing delle Regioni

Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese.

E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio.

I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere.

Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente

Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota.

Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina.

Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.

 

 

10 luglio 2010

TAGLI ALLA SPESA

Manovra, si intensifica

il pressing delle Regioni

Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese.

E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio.

I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere.

Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente

Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota.

Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina.

Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.

 

 

 

10 luglio 2010

MANOVRA

Le Regioni a muso duro:

"Manovra inaccettabile"

Nessuno spazio a modifiche sui tagli nella manovra, aveva detto Berlusconi accettando l’incontro. Ed è stato di parola. Malgrado ciò, la torrida mattinata di ieri a Palazzo Chigi ha avuto un esito double face, col governo che spacca così il fronte delle autonomie locali: "molto negativo" per le Regioni, che ora intendono restituire davvero le deleghe su una serie di servizi e avvisano che riferiranno al capo dello Stato, Giorgio Napolitano; "collaborativo" invece per Comuni e Province che, pur mantenendo il giudizio negativo sul maxi-decreto, hanno portato a casa l’impegno del governo a mandare in Parlamento entro il 31 luglio il decreto delegato sul federalismo municipale, che dovrà fissare l’autonomia loro concessa in tema di imposte (il decreto per le Province arriverà invece a settembre).

Sono sembrati due film totalmente diversi quelli "girati" ieri nella sala stampa di Palazzo Chigi. Per primi sono scesi i rappresentanti delle Regioni, quasi al gran completo (mancavano però i leghisti Cota e Zaia, pur presenti all’incontro, mentre c’erano quelli del Pdl). I volti tirati, hanno riferito dell’impatto con un "muro", quello rappresentato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, vero protagonista della riunione.

Più di Silvio Berlusconi, che ha provato a fare una concessione temporale, di "3-4 giorni", per cercare una soluzione alternativa; ma è stato stoppato dal custode dei conti pubblici, il quale ha fatto notare che dare ai mercati "l’impressione che si riaprisse la manovra avrebbe potuto dare spazio da lunedì alla speculazione finanziaria", a danno dell’Italia. Discorso chiuso, quindi. L’unica concessione passata è l’assenso del governo (c’era pure Gianni Letta) a mettere in piedi in tempi rapidi una commissione mista "a costo zero" con le varie autonomie locali, per studiare insieme la spesa della pubblica amministrazione e dove si annidano i maggiori sprechi.

No a raffica sono venuti invece sulla proposta di riequilibrare i tagli fra Stato centrale ed amministrazioni locali. Le Regioni sostengono che, anche sommando i tagli disposti dalla Finanziaria triennale del 2009, la bilancia è "totalmente squilibrata", come certificato anche da "Istat e Corte dei Conti". "Ci sembra che ci sia un’impuntatura che non fa bene al Paese – ha detto Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni –. La scelta del conflitto istituzionale non è nostra. Siamo molto preoccupati: non si può parlare ogni giorno di federalismo, prendendo poi la strada opposta del pieno centralismo".

Il fronte è compatto nell’affermare che ora, in Conferenza unificata, chiederà al governo di rimettere le deleghe: un passaggio per cui serve una legge, ma che secondo i governatori si può attuare anche con un emendamento alla manovra da martedì in aula, al Senato. Il governatore lombardo, Roberto Formigoni, ha sottolineato che "non è una ripicca, ma una presa d’atto". E per Nichi Vendola (Puglia) "a questo punto faranno il federalismo con il morto". Una minaccia che non spaventa Tremonti: "Vedrete che, a manovra chiusa, anche le Regioni torneranno al tavolo con noi".

Anche perché, ha fatto notare Tremonti che si è presentato invece (e con lui Calderoli) al fianco di Sergio Chiamparino e Giuseppe Castiglione nella successiva conferenza stampa di Anci e Upi, sono le Regioni che "hanno preferito una discussione diversa", rispetto a quel "metodo di lavoro comune" accettato invece da Comuni e Province. Nel documento da essi sottoscritto ci sono pure, ha spiegato Chiamparino, "il pieno trasferimento ai Comuni delle funzioni del Catasto, l’attivazione di un tavolo per valutare entro ottobre il possibile sblocco dei residui passivi e per rimodulare il Patto di stabilità assorbendo i tagli ai trasferimenti".

Eugenio Fatigante

 

 

10 luglio 2010

MANOVRA

Contro i tagli scioperano anche i diplomatici

Il 26 luglio prossimo, per protestare contro la manovra finanziaria, anche i diplomatici incrociano le braccia. Ad annunciarlo in una nota è il Sindacato nazionale dipendenti del ministero degli Esteri (Sndmae) che rappresenta gran parte delle feluche. "I diplomatici italiani non possono accettare quei tagli, alle risorse e al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina", si legge nel comunicato.

Il Sndmae ha sottolineato che tante commesse all'estero e accordi internazionali come quelli che ultimamente ha firmato in America latina il premier Silvio Berlusconi (il quale ha parlato di un guadagno per il Paese pari a un punto di Pil) non sarebbero stati mai raccolti "senza il lavoro assiduo, determinato, spesso testardo, senza il lavoro da professionisti dei nostri diplomatici".

"I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse", ha spiegato il Sndmae. "Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali", ha ricordato il sindacato.

Il ministero degli Esteri, ha assicurato il Sndmae, "produce molto più di quanto costi al Paese. Ha ragione il presidente Berlusconi quando ricorda che il bene comune non è fatto dalla somma dei pur legittimi interessi particolari e i diplomatici italiani chiedono di continuare a esistere come carriera di una Farnesina vitale, proprio per poter continuare a servire il bene comune", ha concluso la nota.

2010-07-08

8 Luglio 2010

DISAGI

Da stasera stop ai treni

Domani fermi bus, metro e tram

Scatta da stasera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario, ma il giorno nero sarà domani, quando a incrociare le braccia saranno anche i lavoratori del trasporto pubblico locale: a fermarsi bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità.

È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione.

STOP TRENI DALLE 21 DI OGGI

Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di domani. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

VENERDÌ NERO: FERMI TRENI MA ANCHE BUS E METRO

Domani non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.

 

 

8 Luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, slitta la discussione:

dal 23 al 26 luglio

La discussione generale sulla manovra economica alla Camera slitta dal 23 luglio al 26 luglio. È quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. A riferirlo è il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, al termine della riunione. L'esponente democratico ha inoltre ribadito le critiche alla decisione del governo di annunciare la fiducia al provvedimento: "L'annuncio da parte di Tremonti e Berlusconi quando la manovra non è ancora all'esame dell'aula del Senato è un fatto grave, irrituale e che non ha precedenti e svuota ancora di più il ruolo del Parlamento".

Slitta tutto di una settimana, di fatto, il calendario dei lavori dell'Aula della Camera. In sostanza la manovra che arriverà dal Senato il 15 luglio (l'approvazione a Palazzo Madama è programmata per il 14), dopo l'esame in commissione approderà in Aula alla Camera il 26 luglio con la discussione generale.

Calcolando che il provvedimento decade il 30 luglio, i tempi si fanno quindi molto stretti. Di qui il ricorso alla fiducia che porterebbe ad una approvazione sul filo di lana il 29 con eventuale immediato ritorno al Senato in terza lettura. Il tutto senza contare una richiesta di iscrizioni in massa delle opposizioni nella discussione generale, cosa che complicherebbe ancor più la ristrettezza dei tempi.

Per quanto riguarda il ddl intercettazioni, la conferenza dei capigruppo si è limitata a stabilire che andrà "a seguire" l'esame e l'approvazione della manovra. Inizialmente il ddl intercettazioni era previsto in aula per il 29 luglio. Ecco quindi lo slittamento della settimana che porta il ddl intercettazioni alla prima di agosto e il suo sempre più probabile salto a settembre.

Un iter che comunque si gioca tutto sulla duplice fiducia che il governo porrà sulla manovra al Senato e poi alla Camera.

 

 

 

7 Luglio 2010

MANIFESTAZIONE

La protesta dei terremotati

Il governo: tasse in 120 rate

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, d'intesa con il Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in serata ha annunciato che il recupero dei tributi e dei contributi non versati per effetto della sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell'Aquila nell'aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011. A tal fine, il governo presenterà in aula al Senato un apposito emendamento al decreto legge sulla manovra, per ripartire il pagamento su 10 anni anziché su 5, come attualmente dispone la norma approvata in Commissione.

CINQUEMILA A ROMA

Si è conclusa così una giornata convulsa, iniziata con l'arrivo a Roma di 5000 terremotati con i pullman e le auto private. La maggior parte esibiva bandiere nere e verdi, nero per il lutto, verde per la speranza. È la bandiera de L'Aquila. Il senso della protesta a Roma lo ha spiegato il sindaco del capoluogo abruzzese colpito dal terremoto il 6 aprile 2009. "Dal primo luglio – ha detto – stiamo ripagando le tasse. Quelle che ci erano state sospese lo scorso anno le dobbiamo pagare in 60 mesi, questo vuol dire che gli abitanti del "cratere" pagheranno allo Stato italiano 250 milioni di tasse. È un omicidio premeditato e per questo siamo venuti a protestare. Inoltre la ricostruzione è bloccata perché i soldi non ci sono".

I manifestanti hanno esibito inoltre cartelli contro il Governo e i suoi principali esponenti. "Onna distrutta e tassata", si leggeva su uno striscione, "Chiodi, non pazzia", si leggeva su un altro. Ma fin dall'inizio la tensione era percepibile. Infatti pochi minuti dopo l'arrivo del grosso della manifestazione, un gruppo di manifestanti ha tentato di sfondare il posto di blocco delle forze di polizia tra piazza Venezia e via del Corso. Qui un ragazzo è rimasto ferito da una manganellata. Il lungo "muso a muso" tra manifestanti e polizia è proseguito poi all'incrocio tra via del Corso e via di Pietra, dove le forze dell'ordine hanno allestito un altro blocco. In tarda mattinata, finalmente, anche questo posto di blocco è stato rimosso e i manifestanti sono arrivati davanti a palazzo Chigi.

IL SINDACO: BILANCIO AMARO

Bilancio amaro per il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente. "Di botte – ha detto Cialente in piazza Navona dove si è conclusa la manifestazione – ce ne sono state abbastanza. Risultati concreti pochi. Ho parlato poco fa con il sottosegretario Letta e mi ha detto che Berlusconi è possibilista sulla possibilità che gli aquilani inizino a pagare le tasse dal primo gennaio 2011, restituendo quello che non hanno pagato solo per il 40% e in dieci anni. Ora la parola spetta a Tremonti. Se ci sarà un suo via libera questa ipotesi diventerà realtà".

POLEMICHE PER GLI SCONTRI, IL VIMINALE "VERIFICA"

"Sto andando al ministero per fare una riunione su quanto accaduto". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, rispondendo a una domanda sugli scontri che in giornata hanno coinvolto i manifestanti aquilani e le forze dell'ordine a Roma. Per ora, ha spiegato il ministro, "ho solo notizie frammentarie, al ministero mi farò raccontare come sono andati i fatti. Io verifico i fatti non le opinioni riportate da qualcuno". Maroni ha quindi riferito di "essere favorevole alle manifestazioni quando si svolgono pacificamente, senza violenze e voglio capire perché questa non si è svolta in questo modo, voglio capire se ci sono responsabilità e da che parte".

 

 

 

2010-07-04

3 Luglio 2010

MANOVRA ECONOMICA

Tredicesime, Berlusconi:

"Non ci saranno tagli"

"Ho letto che nella manovra sarà prevista una riduzione della tredicesima per le forze dell'ordine. Smentisco questa notizia nella maniera più assoluta. Nella manovra non ci sarà alcuna riduzione della tredicesima per nessuno". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervistato dal Tg4, a proposito dell'emendamento del relatore alla manovra che taglia le tredicesime ad alcune categorie.

In giornata c'erano state anche le rassicurazioni del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Pure dal Viminale si fa sapere che non ci sarà alcun taglio delle tredicesime del comparto Sicurezza. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si è sentito telefonicamente con il collega La Russa e la linea di entrambi - si sottolinea in ambienti del Viminale - è che la tredicesima degli uomini delle forze dell'ordine non si tocca.

Intorno a mezzogiorno, il ministro La Russa aveva precisato: "Il punto di cui si discute con Tremonti è il blocco degli aumenti in caso di promozione che per il comparto sicurezza è assai più pesante e punitivo rispetto altri comparti perchè da noi le promozioni sono più frequenti". Nell'ambito di questa discussione, ha aggiunto La Russa, il ministero dell'Economia "ha proposto di dare la facoltà, ma non l'obbligo, a ogni comparto di optare per un taglio generalizzato fra il 10 e il 20% della tredicesima al posto del taglio sulle promozioni".

Una possibilità che però né il ministro della Difesa, né il ministro dell'Interno, Roberto Maroni hanno preso in considerazione. "L'abbiamo notificato pubblicamente - conclude La Russa - e io ho appena finito di parlare con Tremonti che ne ha preso atto. In parole povere, sia da me che da Maroni è stato specificato che anche ove la norma che dà la facoltà di optare per il taglio delle tredicesime venisse inserita, noi fin da ora dichiariamo che non intendiamo avvalercene in nessun caso".

"LE TREDICESIME POSSONO ESSERE RIDOTTE"

di Gianni Santamaria

Ma mentre quello in materia pensionistica è una riformulazione di quello contestato l’altroieri (il "refuso", che per la Cgil è diventato una "retromarcia"), a spuntare dal cilindro è il taglio alla mensilità aggiuntiva. "Le tredicesime possono essere ridotte" al fine di assicurare "un risparmio di spesa". L’entità dei tagli verrà definita con appositi decreti del presidente del Consiglio. Per i magistrati il decreto sarà emanato "su conforme delibera degli organi di autogoverno". Potranno essere emanati distinti decreti per tutte le altre categorie. La misura va a copertura di una nuova norma che prevede di escludere promozioni, straordinari e arretrati dai tagli della pubblica amministrazione. Ma si scontra con il no del Pd: "Ci opporremo con tutta la nostra forza istituzionale a questo ennesimo atto di arroganza della maggioranza", annuncia Emanuele Fiano, responsabile del forum sicurezza. Parla di iniziativa "sconcertante" il leader Udc Pier Ferdinando Casini. E ironizza: "Spero sia solo un nuovo clamoroso refuso".

La novità della proposta di modifica in materia di pensioni, invece, è che il secondo adeguamento dei requisiti alla speranza di vita (previsto ogni tre anni) scatterà dal 1° gennaio 2016, cioè solo un anno dopo rispetto al primo gennaio del 2015. È stato invece tolto lo stop al requisito dei 40 anni di contributi, che aveva sollevato un vespaio di polemiche. "Il testo è stato ripulito. Non c’è problema, è tutto risolto", ha tranquillizzato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

Per effetto delle numerose questioni aperte, il via libera alla manovra della Commissione Bilancio del Senato è, dunque, slittato a lunedì. Il provvedimento potrebbe essere approvato in quella stessa data con una seduta no-stop, ha riferito Maurizio Saia (Pdl). Potrebbero entrare nella manovra anche la cosiddetta mini-naja. Infatti, è possibile che in un emendamento venga inserito quanto già previsto in un ddl governativo attualmente in discussione in Senato, che prevede per i ragazzi e le ragazze tra 18 e 30 anni, la possibilità di partecipare volontariamente a corsi di formazione teorico-pratici, non superiori a tre settimane nelle Forze armate. Pronto anche il testo che sarà presentato lunedì e prevede possibili tagli all’intero settore farmaceutico, comprese quindi le aziende, così come chiedevano i titolari di farmacie. "In attesa dell’adozione di una nuova metodologia di remunerazione delle farmacie per i farmaci erogati in regime di Ssn", le quote di spettanza a grossisti e farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali di fascia A vengono rideterminate nella misura del 3% per i primi (era il 6,65%) e del 30,35% per i secondi (era il 26,7%) "come quota minima spettante".

Infine, il 30% dei risparmi previsti dal settore scuola e reinvestiti nel comparto verranno accantonati - nonostante il congelamento triennale 2011-2013 - e potranno in seguito essere destinati a scatti di anzianità e progressioni del corpo docente.

 

 

 

 

2 Luglio 2010

IL PALAZZO E IL PAESE

Il ritorno di Berlusconi

"Da lunedì ci penso io"

La politica italiana "è in ebollizione? Ghe pensi mi". Il premier, sbarcato in Italia da una lunga trasferta internazionale, si concede a raffica a tv e radio quasi unificate per avvisare tutti che la festa è finita. "Da lunedì", promette Silvio Berlusconi, "mi metterò al lavoro", "prenderò in mano la situazione" – definita "non tranquilla" e "in ebollizione" – e "mi occuperò di con grande determinazione e con risultati concreti" di "manovra, intercettazioni e giustizia".

Un’agenda, quella spiegata in tv, che non comprende altri temi, dei quali però si è parlato lungamente in un vertice con i fedelissimi, convocato a Palazzo Grazioli nel pomeriggio di ieri. E potrebbe comprendere la soluzione traumatica del caso Brancher, ovvero le dimissioni del neo ministro (il quale però assicura di non saperne nulla) prima della mozione di sfiducia alle Camere. Un gesto che, nelle intenzioni del Cavaliere, dovrebbe servire a riprendere i nodi del rapporto con il capo dello Stato, sfilacciatosi notevolmente dopo la vicenda Brancher e quella delle intercettazioni. Ed evitare una conta in Parlamento che, con l’annunciata convergenza di Pd, Idv, Udc e finiani, potrebbe di questi tempi riservare sgraditissime sorprese.

Il pendolo, all’interno dello Stato maggiore del Pdl, oscilla notevolmente tra lo scontro frontale e la mediazione. C’è chi come Ghedini, avvocato del premier e consigliere privilegiato in materia di giustizia, propende per lo show down con il Quirinale. E ieri mattina, con una intervista al "Corsera", ha dato fuoco alle polveri, facendo una (in apparenza cortese) lezione di diritto costituzionale a Napolitano, ma ricordandogli nella sostanza che qualora non firmasse la legge sulle intercettazioni, il Parlamento (ovvero la maggioranza) potrebbe rimandargliela così com’è, costringendolo alla firma. Una vera e propria sfida, stigmatizzata duramente dalle opposizioni. Difficile pensare che Ghedini abbia potuto fare un attacco così mirato al capo dello Stato, senza prima essersi consultato con il suo capo. Ma è anche vero che nel gioco della comunicazione politica di cui il Pdl è maestro, spesso si fanno lanciare da altri attacchi duri, per poi presentarsi come i pacificatori.

Da quello che raccontano i partecipanti al vertice, la guerra a Napolitano (i cui interventi non sono piaciuti al premier) sarebbe, in questo momento, l’ultimo dei pensieri di Berlusconi. Preoccupato della situazione interna al Pdl – il Cavaliere detesta che si litighi in pubblico, come hanno fatto l’altro giorno Fini e Bondi – ma anche da un certo movimentismo della Lega, che nei giorni scorsi si è esposta fin troppo nel rivendicare il suo ruolo di mediazione politica: con il Quirinale, nella vicenda Brancher; con Fini e lo stesso capo dello Stato per la questione della legge sulle intercettazioni; con le Regione per i tagli contenuti nella manovra. Movimentismo che, in certi passaggi, ha rischiato di appannare l’immagine del premier. Il presidente sono io, è stato dunque il messaggio che Berlusconi ha voluto dare agli elettori del centrodestra un po’ frastornati. Ma anche ai suoi alleati-competitori, ai quali il Cavaliere fa sapere che non accetta di essere scavalcato. E, da quello che è emerso dal vertice, il Pdl tenderà una mano sulle intercettazioni ("Non impicchiamoci a questo testo, che non è nemmeno quello che volevo", avrebbe sostenuto il presidente del Consiglio) accettando anche il rinvio a settembre. Piuttosto, meglio lavorare sulla costituzionalizzazione del Lodo Alfano, per il quale però il consenso dell’opposizione se non obbligatorio è consigliabile, per evitare il ricorso al referendum. Ma probabilmente si arriverà al più presto (o si tenterà di farlo) alla resa dei conti con il presidente della Camera, che è ormai accusato di "tradimento". "O dentro alle nostre condizioni o fuori", ammoniva ancora ieri Fabrizio Cicchitto.

Giovanni Grasso

 

 

 

 

3 Luglio 2010

CONTI PUBBLICI

Tremonti attacca le Regioni

"Cialtroneria sui fondi Ue"

Nuova puntata dell’ormai difficile rapporto fra il governo, nella persona di Giulio Tremonti, e le Regioni. Il ministro dell’Economia attacca pubblicamente le amministrazioni regionali del Sud, colpevoli di lamentarsi tanto ma di saper utilizzare finora solo una minima parte dei quasi 44 miliardi di euro di fondi europei (per il periodo 2007/13). E chiede di smetterla con la "cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende".

Parole pronunciate da un Tremonti in camicia davanti alla foltissima assemblea della Coldiretti e che provocano la replica "in diretta" di Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni, che esorta allora il ministro a "fare una commissione a costo zero sugli sprechi della pubblica amministrazione, che guardi voce per voce". La nuova polemica alimenta un clima reso già incandescente, oltre che dalla manovra, dalla conferma (arrivata dall’Agenzia delle Entrate) che l’Irap sarà più salata dello 0,15% per le aziende già dall’acconto di novembre prossimo, mentre la mini-stangata dell’Irpef, legata all’aumento dell’addizionale nelle 4 regioni in deficit sanitario (Lazio, Calabria, Campania e Molise), scatterà solo a partire dal 2011, con un anticipo al 2010 solo per i dipendenti che finiscono di lavorare. Un conto che solo per l’Irpef, che riguarda tutti i contribuenti, varrà in media 60-70 euro a testa. L’aggravio di tasse innesca la reazione di Confindustria, che in una nota parla di "una fiscalità di svantaggio" per il Sud e annuncia che "non intende tollerare più a lungo comportamenti irresponsabili da parte delle Regioni".

La nuova polemica tremontiana sortisce però il suo effetto. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, la definisce un "intollerabile diversivo" per "non dare risposte". Replica per le rime il governatore pugliese Nichi Vendola, che accusa il ministro di voler "avvelenare i rapporti fra governo e Regioni". Per di più proprio nel momento in cui una delegazione di governatori, in attesa dell’incontro promesso da Berlusconi, aveva trovato udienza ieri dal presidente del Senato, Renato Schifani, il quale ha detto che farà arrivare "le loro preoccupazioni" a Palazzo Chigi. Sono timori palesati dalle parole di Roberto Formigoni, governatore lombardo: "Siamo pronti a farci carico di spiegare alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliar loro la testa". Proprio per l’impegno a Palazzo Madama, Errani e Polverini sono arrivati in lieve ritardo all’assemblea Coldiretti. In tempo, però, per sentire Tremonti scagliarsi contro lo "scandaloso percorso" nella gestione delle risorse Ue al Sud: "Dei fondi sul programma 2007/13 – ha spiegato – questi signori hanno speso solo 3,6 miliardi. Mentre cresceva la protesta contro i tagli, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile". E lo sarà ancor di più valutando che "siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni, non si può continuare con questa gente che sa solo protestare e non sa dare servizi". Sul tema è intervenuto anche il ministro per i Rapporti regionali, Raffaele Fitto, che propone una "nuova agenda per il Sud" sostenendo che Tremonti "mette a nudo una dura realtà". Controversa però, a sentire Vendola, per il quale "è evidente che la "cialtroneria" delle Regioni meridionali ha prodotto comunque performance migliori, come capacità di spesa, rispetto ai responsabili delle misure gestite direttamente dai ministeri". E anche Raffaele Lombardo, presidente della Sicilia, ha risposto, piccato, che "i cialtroni vanno cercati altrove". Ed Errani ha ricordato il "necessario rispetto fra le istituzioni".

Eugenio Fatigante

 

 

2010-07-02

2 Luglio 2010

POLITICA ECONOMICA

Fondi Ue al Sud, Tremonti:

"Basta cialtronerie"

Dura requisitoria del ministro dell'Economia Giulio Temonti contro la classe politica delle Regioni meridionali che non sa spendere i soldi messi a disposizione dall'Unione europea. "Ieri ho incontrato il commissario europeo per i Fondi regionali - ha raccontato Tremonti all'assemblea della Coldiretti - È uno scandalo pauroso quello prodotto dalle Regioni meridionali. Lo stanziamento sul programma comunitario 2007-2013 era di 44 miliardi di euro. Questi signori ne hanno speso solo 3,6, solo 1/12".

"E mentre cresceva la protesta per i tagli subiti aumentava l'accumulazione dei capitale non usati e questa è una cosa di una gravità inacettabile. La colpa non è dell'Europa non è dei governi nazionali di destra o di sinistra, ma della cialtronaggine di chi ha i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Mezzogiorno saranno di più e non di meno nei prossimi anni non si può continuare con questa gente che sa protestrare, ma non sa fare il servizio pubblico per i cittadini".

Anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenendo dopo il ministro dell'Economia, ha puntato il dito sulla scarsa trasparenza nel Mezzogiorno: nel Sud, "in agricoltura, l'occupazione cresceva malgrado la crisi. È un segnale di qualche cosa che non va", ha detto Sacconi sollecitando le associazioni del settore ad aiutare il governo "a portare maggiore trasparenza".

Non è tardata la risposta di del presidente delle Regioni Vasco Errani che ha sottolineato come se si "guarda alle Regioni che non stanno spendendo bene, bisogna anche guardare il perché. Hanno responsabilità loro così come hanno responsabilità serie gli enti dello Stato pagatori dei progetti delle regioni meridionali".

Dopo il botta e risposta tra il ministro Tremonti e il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani durante l'assemblea nazionale della Coldiretti, anche il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan è intervenuto sui fondi europei stanziati per il Sud Italia. "Quando si parla di agricoltura italiana - ha spiegato - va detto che ci sono 1.114 milioni di euro che mancano all'appello e che rischiano di essere restituiti all'Unione europea". E rivolgendosi a Vasco Errani: "Questo non va bene, si può giustificare tutto, ma non l'incapacità, l'incompetenza, l'impreparazione di chi non è in grado di spendere i soldi e li restituisce a Bruxelles". Secondo Galan, chi non ha saputo utilizzare i fondi europei "ha fatto un triplice misfatto: buttare via dei soldi, azzerare la credibilità dell'Italia in caso di richiesta di fondi all'Ue e, qualcosa di ancora peggio, perchè nei nuovi criteri della Pac c'è la capacità della spesa storica e come posso andare a chiedere dei soldi se non ho speso quelli che già mi sono stati dati?".

Tremonti nelle ultime settimane ha avuto forti polemiche con le Regioni italiane soprattutto a causa dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra 2011-12. Dopo gli attacchi del presidente e del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, i governatori di cinque Regioni del Centro-Sud amministrate dal centrodestra hanno scritto una lettera a Tremonti per chiedere una trattativa sulla revisione dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra.

LA NOTA CONGIUNTA DEI VICEPRESIDENTI UDC

"I toni usati dal ministro Tremonti contro le classi dirigenti del sud appaiono eccessivi e fuori luogo, specialmente in un momento in cui le nuove Giunte regionali del centro-sud muovono i primi passi. Non è con le polemiche e con gli insulti che si risolverà un problema, quello del corretto utilizzo dei fondi Ue, che va invece trattato con la massima serietà e coesione nazionale". È quanto affermano, in una nota congiunta, i vicepresidenti Udc delle Regioni Lazio, Campania, Basilicata, Luciano Ciocchetti, Giuseppe De Mita, Agatino Mancusi e il presidente del Consiglio regionale Calabria, Francesco Talarico. "È indubbio infatti - aggiungono i quattro vicepresidenti centristi- che sia i fondi gestiti al centro che quelli in periferia siano spesso amministrati male o non diretti affatto, e che la loro gestione venga comunque portata avanti in accordo tra i ministeri e le Regioni: si tratta quindi di un problema nazionale e non certo riconducibile al nord, al centro o al sud".

"L'Udc - si legge nella nota- vuole dare il suo contributo nelle amministrazioni regionali per eliminare sprechi e disservizi e per sfruttare a pieno le grandi opportunità che concede l'Europa. Le generalizzazioni del ministro Tremonti - concludono - non solo non servono a nulla, ma alimentano solo sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di una classe politica che è stata eletta per riscattare il centro-sud da anni di amministrazioni disastrose".

 

 

 

 

2 Luglio 2010

TAGLI

Manovra, Regioni preoccupate

"ma disponibili al confronto"

Si è svolto questa mattina l'incontro tra il presidente del Senato, Renato Schifani, e una delegazione dei presidenti delle Regioni, guidata dal presidente della Conferenza Vasco Errani accompagnato dai presidenti della Lombardia, Roberto Formigoni, e del Lazio, Renata Polverini. I governatori hanno rappresentato al presidente del Senato le loro preoccupazioni insieme "alla loro disponibilità al confronto sulla riduzione della spesa a condizione che essa sia proporzionale alla riduzione della spesa statale".

"Trasmetterò alla presidenza del Consiglio queste preoccupazioni. Ma non rientra nel mio ruolo una valutazione politica di merito - ha detto Schifani -. Garantirò ampio dibattito in commissione e in aula perchè ci siano tempi e spazi per gli approfondimenti opportuni".

"Abbiamo espresso al presidente Schifani una fortissima preoccupazione e allarme - ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani -. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. Riteniamo la manovra necessaria ma nel rispetto dei saldi riteniamo che sia bene che ciascun livello istituzionale faccia la sua parte mentre ora la manovra è squilibrata verso gli enti locali di cui si taglia l'80% dei servizi".

"Siamo pronti a farci carico di spiegare la necessità di alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliare la testa ai cittadini" perchè se la manovra resta invariata "potremmo essere costretti a tagliare alcuni servizi essenziali come il trasporto pubblico o l'assistenza alle famiglie". Lo ha detto il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, al termine dell'incontro con il presidente del Senato, Schifani.

Parlando del federalismo fiscale, il presidente della Regione Lombardia ha aggiunto che "noi governatori ci siamo sempre battuti per il federalismo fiscale che riteniamo essenziale" ma "crediamo vada realizzato seguendo la legge 42 (la legge delega sul federalismo fiscale ndr) altrimenti temo non si vada sulla strada giusta".

Della delegazione faceva parte anche la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Abbiamo rappresentato al presidente Schifani una posizione condivisa da tutti i governatori" sulla manovra "a cui io ho voluto aggiungere altre osservazioni in particolare sulla relazione del Tesoro sul federalismo fiscale, sulla questione dei piani di rientro e del patto di stabilità", ha detto Polverini. Questi elementi che, ha sottolineato la Polverini, "rischiano di mettere in ginocchio le regioni", per questo "serve un colloquio istituzionale per permettere alle regioni di compiere il loro ruolo".

 

 

 

 

1 Luglio 2010

PREVIDENZA

Pensioni, riforma-choc

Poi il governo corregge

Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. Ma sulla questione il governo ha subito corretto il tiro. "E' stato solo un refuso, lo cancelleremo", ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Saconi. La novità era una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento".

Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, sia la Cgil con Vera Lamonica segreterio confederale sia la Cisl con il leader Raffaele Bonanni avevano espresso un giudizio "molto negativo". IL governo ha però poi smentito l'intenzione di modificare il requisito dei 40 anni, promettendo di correggere l'emendamento.

 

 

 

 

2010-07-01

1 Luglio 2010

PREVIDENZA

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. La novità è una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento".

Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, Vera Lamonica segreterio confederale della Cgil esprime un giudizio "molto negativo"; in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. "L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perchè un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Nel mentre dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla".

 

 

 

 

2010-06-23

23 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, il ministro Tremonti

apre a modifica Patto di stabilità

Disponibilità a rivedere i criteri del Patto di stabilità, possibilità di una maggiore liquidità sui residui passivi per il 2010, nonchè di rivedere la distribuzione dei tagli previsti sulla manovra. E poi la service tax, o Imu, una tassa unica sugli immobili che non dovrebbe riguardare le prime case e potrebbe scattare nel 2012.

La manifestazione di protesta degli amministratori locali (sindaci in prima linea, ma anche le Province e le Comunità montane) in piazza Navona a Roma, gli incontri con il ministro Maroni prima, poi con il presidente del Senato Schifani e infine - quello decisivo - con il ministro Tremonti hanno prodotto i primi effetti facendo intravvedere la possibilità di un alleggerimento della manovra tanto contrastata dagli enti locali ai quali verrebbero chiesti sacrifici insostenibili.

"Con la giornata di oggi - afferma Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci (l'Associazione dei Comuni italiani) - possiamo dire di aver smosso le acque". Sul federalismo, innanzitutto, i cui decreti attuativi sarebbero in dirittura d'arrivo. "Aspettiamo di essere convocati entro breve per conoscere il testo del decreto che dovrebbe restituire autonomia impositiva ai Comuni".

Proprio facendo camminare insieme manovra e federalismo fiscale, spiega Chiamparino, "potrebbe essere possibile ottenere un alleggerimento della manovra per i Comuni". C'è disponibilità, anche a tentare una via per sbloccare dopo l'estate il 4% dei residui passivi che i Comuni hanno in cassa". Sulla manovra in sè, avverte però Chiamparino, "siamo ancora su posizioni interlocutorie: abbiamo cercato di impostare un percorso che porti ad una redistribuzione del peso dei sacrifici".

C'è poi l'Imu o service tax, proposta a suo tempo proprio dall'Anci, allo studio del governo: "Credo di poter dire che si tratti di quello che avevamo proposto. L'obiettivo - ha precisato - è di farla entrare in vigore realisticamente entro il 2012. C'é una disponibilità a lavorare in pochissimi giorni al decreto legislativo". L'ipotesi fin qui emersa sarebbe quella di accorpare molte altre tassazioni nazionali che vengono pagate intorno agli immobili e fare un'unica imposta locale le cui aliquote dovrebbero essere determinate dai Comuni "con la possibilità di aggregare anche altre imposte locali - ha concluso Chiamparino - per semplificare la vita ai cittadini".

Prime "importanti aperture" anche alle richieste delle Province: "Il ministro Tremonti - ha detto il presidente dell'Upi (Unione Province d'Italia) Giuseppe Castiglione - ci ha assicurato che saranno riviste le modalità del taglio dei trasferimenti. Inoltre ha accolto la richiesta di modificare il Patto di stabilità, introducendo meccanismi di premio per le amministrazioni che si sono dimostrate virtuose rispetto alla riduzione dell'indebitamento o all'incidenza delle spese di personale.Il ministro ha accettato poi di rivedere, in autunno, i vincoli del Patto di stabilità, per liberare parte di quei 2,6 miliardi di residui passivi che oggi sono bloccati nelle casse e che invece devono essere destinati agli investimenti. Il ministro Calderoli - ha concluso Castiglione - ci ha assicurato che il decreti attuativi del federalismo fiscale, in particolare quello che assegna autonomia tributaria a Province e Comuni, sono in dirittura d'arrivo".

 

 

2010-06-22

22 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Tassa sugli introiti bancari

Germania, Gran Bretagna e Francia introducono insieme una tassa sugli introiti delle banche, sia per fare fronte ai loro problemi di bilancio, che per meglio affrontare eventuali future nuove crisi del sistema finanziario, e sollecitano gli altri Paesi del G20 a fare altrettanto. "I governi di Francia, Gran Bretagna e Germania propongono di introdurre tasse bancarie basate sui bilanci delle banche", si legge in un comunicato congiunto.

Tasse che "avranno lo scopo di assicurare che le banche contribuiscano in modo onesto in funzione del rischio che pongono al sistema finanziario e all'economia più ampia, e per incoraggiare le banche ad aggiustare i loro bilanci in modo da ridurre tale rischio", si legge inoltre.

Il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, ha annunciato l'introduzione di tali imposte a partire dal primo gennaio del 2011. La Francia introdurrà una misura simile nel suo prossimo bilancio il prossimo autunno, la stessa cosa la Germania, quest'estate.

 

 

 

 

21 GIUGNO

MANOVRA

Condoni, il Pdl ci prova

ma il governo stoppa

Durano il tempo d’un temporale estivo i tentativi di riaprire i termini per il condono edilizio e per quello fiscale e tombale. Ma torna anche, sotto forma di emendamento, il decreto del governo che propone di sospendere la demolizione di edifici abusivi in Campania stoppato alla Camera due settimane fa.

In proclami e voci i condoni su casa e tasse entrano ed escono a ripetizione dall’impianto della manovra correttiva. Ma nella pioggia di emendamenti ne spunta uno del Pdl che, nero su bianco, addirittura prevede l’estensione della sanatoria alle aree protette da vincoli paesaggistici. Fino al 31 marzo 2010. Anche in presenza di un "no" delle amministrazioni a precedenti richieste.

Alzano un muro le opposizioni. Ma anche dalla maggioranza arriva più di un mugugno, con il finiano Fabio Granata. Il governo è costretto a smentire categoricamente. Dribbla i giornalisti il ministro dell’economia Giulio Tremonti, che si trincera dietro la posizione espressa dal suo sottosegretario Luigi Casero. Il quale nega un’approvazione delle iniziative su entrambi i fronti. Soprattutto sul tema degli abusi edilizi interviene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Il portavoce di Silvio Berlusconi parla di "trovata propagandistica" dell’opposizione, che fa passare per legge un semplice emendamento. Del quale il gruppo al Senato chiede subito il ritiro. "Non vi saranno condoni di alcun genere", assicurano i vertici pidiellini a Palazzo Madama.

A combinare il patatrac su ambedue i fronti i senatori Paolo Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin. Il primo fa mea culpa. E ammette di aver firmato molti emendamenti in gran fretta. Uno, ad esempio, stabilisce che in caso di confisca di edifici abusivi, il responsabile possa avere diritto di prelazione nelle aste. Proposte che è stato possibile presentare, spiega Gaetano Quagliariello vicecapogruppo, perché lo screening è stato rimandato a una seconda fase, con un’apposita commissione. Ne resterà in piedi un "numero estremamente limitato". E "nessun condono fiscale e edilizio resisterà al controllo", promette.

Durissime le opposizioni. Ermete Realacci (Pd) parla di "attrazione fatale del Pdl per l’abusivismo e l’illegalità". Un condono "non manca mai", aggiungono i colleghi di partito Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Stesse parole usate da Felice Belisario (Idv). "Atto criminale", attacca il verde Angelo Bonelli. "Morirebbe sul nascere la nostra disponibilità" a sostenere la manovra, minacciano i rutelliani. "I cittadini non potrebbero tollerare una nuova sanatoria a favore dei disonesti", osserva Pier Ferdinando Casini leader dell’Udc.

"I condoni edilizi non servono", sottolinea Emma Marcegeglia, presidente di Confindustria. Sul piede di guerra, infine, le associazioni ambientaliste. "La banda del mattone selvaggio colpisce ancora", il commento di Legambiente. Di "vera scelleratezza" parlano Wwf e Fai.

Gianni Santamaria

 

 

 

2010-06-18

18 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Draghi: "Troppe regole

un ostacolo per le imprese"

Le regolamentazioni eccessive costituiscono un ostacolo per le imprese, per la concorrenza e per la crescita. Lo ha spiegato il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nella lectio magistralis pronunciata al Cuoa per il conferimento di un master honoris causa in Business Administration. "Una regolamentazione eccessiva o di cattiva qualità per le imprese costituisce un fattore di ostacolo alla concorrenza e alla crescita economica", ha spiegato.

La maggior parte degli indicatori diffusi dall'indagine Doing Business della Banca Mondiale sul peso degli oneri burocratici per le imprese, ha aggiunto Draghi, "mostra come non sia facile fare impresa in Italia", perchè emerge "un quadro di debolezza rispetto alle città straniere" frutto di una regolamentazione nazionale inefficiente e costosa.

Sulla redditività delle imprese italiane pesa un carico fiscale più elevato di quello internazionale, e questa situazione è aggravata dal peso dell'economia sommersa rispetto al Pil, ha detto ancora Draghi. "Pesa sulla redditività delle imprese italiane e quindi anche su quelle del Nord Est un carico fiscale elevato nel confronto internazionale - ha spiegato Draghi -. Nel 2008 per le imprese dell'industria manifatturiera del Nord Est l'incidenza del prelievo sugli utili lordi si collocava attorno al 43%, livello superiore di circa 15 punti rispetto a quelli di regioni come la Catalogna, il Rodano-Alpi e le Fiandre", ovvero di quelle regioni d'eccellenza a livello europeo con cui, secondo il Governatore, il Nord Est si deve confrontare.

Questa situazione, ha aggiunto l'inquilino di Palazzo Koch, è aggravata dalla "diffusione dell'economia sommersa", che rende più pesante "il fardello della fiscalità per i contribuenti onesti". "Nel Nord Est il peso dell'economia sommersa in rapporto al Pil, pur più contenuto rispetto alla media nazionale, è superiore a quelli di Francia, Germania e Regno Unito", ha illustrato Draghi.

 

 

 

18 Giugno 2010

FIAT

Marchionne: piano Pomigliano

senza uguali in Europa

Nelle trattative sindacali occorre un interlocutore unico e non una decina come accade in Italia, dove la Fiat è impegnata in una trattativa con le associazioni dei lavoratori "sballata", fuori dal tempo e dalla realtà.

Lo ha detto l'ad di Fiat Sergio Marchionne a margine di un evento organizzato dal Cuoa, a pochi giorni dal referendum del 22 giugno dello stabilimento di Pomigliano dove la casa automobilistica vorrebbe trasferire la produzione della nuova Panda a patto però che le organizzazioni sindacali e i lavoratori accettino pienamente l'accordo.

"Noi abbiamo bisogno come in America di un solo interlocutore con cui parlare e non di 12. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare (con tutti), dà fastidio e non è la cosa più efficiente", ha detto il manager italo-canadese. "Non si può andare avanti così, se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone. È una cosa incredibile, mai vista", ha detto Marchionne.

Il manager ha voluto mettere in evidenza la decisione di Fiat, fatto unico nel panorama europeo, di riportare la produzione dai Paesi dell'Est al proprio. "Il problema è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia dell'Europa: non conosco nessuna azienda in Europa che è stata disposta e capace e ha avuto il coraggio di spostare la produzione da un Paese dell'Est di nuovo in Italia", ha aggiunto, evidenziando il rischio che l'industria manifatturiera italiana scompaia.

"Se la vogliamo ammazzare me lo dite. Lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. Stiamo facendo discussioni sui giornali, televisioni eccetera, su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storia vecchia di 30, 40, 50 anni fa. Parliamo del padrone contro il lavoratore, cose che non esistono più! Non mi riconosco come industriale nei discorsi fatti dalla Fiom: questa non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste. Parliamo di mondi diversi. È proprio un discorso completamente sballato".

"Se la Fiat non avesse voluto bene a questo Paese non avrebbe mai fatto una mossa simile, 20 miliardi di investimento, un raddoppio della produzione in Italia, stiamo discutendo un discorso teorico su un affronto alla Costituzione italiana, stiamo scherzando".

A chi chiedeva del rischio cassa integrazione a luglio, Marchionne ha risposto: "Non lo so, stiamo valutando, tutto dipende dal mercato. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, ma il mercato è quello che è".

 

 

 

18 Giugno 2010

ECONOMIA E POLITICA

Manovra, sindaci sul piede di guerra

Il 23 giugno protesta davanti al Senato

Potrebbe essere Gianni Alemanno a guidare la "marcia su Roma" dei sindaci italiani. Il primo cittadino della Capitale è tra gli oltre ottomila scontenti pronti a mobilitarsi il 23 giugno davanti al Senato, in coincidenza con la Conferenza Stato-città che deve discutere delle proposte di emendamenti avanzate dall’Anci. Ieri una rappresentanza è salita al Colle per spiegare al presidente della Repubblica gli effetti della manovra sugli enti locali e le conseguenze per i cittadini. La richiesta al governo è di una nuova convocazione per riaprire il confronto.

Giornata intensa, dunque, quella di ieri, iniziata con un direttivo dell’Anci sulla manovra e chiusa dall’incontro con Napolitano, che – racconta il presidente dell’Associazione Sergio Chiamparino – "si è dimostrato estremamente attento e particolarmente sensibile alle esigenze dei Comuni. Mi pare di potere dire che le nostre richieste siano state recepite dal presidente". Una speranza in cui confida l’Anci, visto che, ricorda lo stesso sindaco di Torino, il capo dello Stato "ha nella sua normale attività colloqui con il governo e le rappresentanze politiche". E tra le parole di conforto già spese dall’inquilino del Quirinale, racconta Chiamparino, "il presidente ci ha rafforzato nella nostra convinzione che i Comuni sono l’anello indispensabile alla catena che collega rappresentanze della politica, istituzioni e cittadini e ci ha sollecitato a spiegare bene al governo quali potrebbero essere le conseguenze della manovra sui Comuni".

I sindaci non si faranno pregare. Piuttosto chiamano in supporto anche Regioni e Province nonché tutte le associazioni, categorie sociali ed economiche ed altre istituzioni che "nei territori hanno avvertito e avvertono ogni giorno le conseguenze di un ruolo dei comuni sempre più mortificato e penalizzato dalle decisioni del governo". Con la manovra – è in sintesi l’allarme dell’Anci – c’è il pericolo di produrre "un effetto depressivo sul sistema economico e sociale, con riduzione degli stessi livelli occupazionali".

Anche i comuni sono disposti a rivedere i punti che li riguardano tenendo fermo il saldo fissato da Tremonti. Le ipotesi fatte dai sindaci sono un riequilibrio dei tagli di spesa fra i livelli di governo, con una maggiore riduzione delle spese di funzionamento dei ministeri. Una significativa riduzione del peso finanziario a carico della manovra a partire dal 2010. L’attribuzione di una quota certa delle risorse che saranno recuperate dal contrasto dell’evasione fiscale.

Quello che è certo, concordano Alemanno e Chiamparino, è che tra tutte le realtà locali i Comuni sono i più colpiti. Per contro, secondo il sindaco di Torno, a fronte del peggioramento della spesa pubblica, negli ultimi cinque anni "i Comuni hanno portato un miglioramento dei saldi di 2,5 miliardi di euro". Complessivamente, comunque, è del 90 per cento il peso calcolato dall’Anci sugli enti locali, con tanto di rischio per il decantato federalismo.

E tagliare proprio questo capitolo, significa, per Alemanno, andare a toccare una realtà già fortemente penalizzata, finendo per cumulare i tagli "con altri già operati".

Roberta D'Angelo

 

 

2010-06-17

17 Giugno 2010

CRISI

Ue: tassare le banche

e nuovi tagli se necessario

Tutti gli Stati dell'Unione Europea sono pronti, se necessario, a prendere misure aggiuntive per accelerare il risanamento di bilancio. È quanto si legge nel progetto di conclusioni del Consiglio Ue, discusso oggi dai capi di Stato e Governo dei 27. I Paesi dell'Unione, inoltre, dovrebbero introdurre un prelievo sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Essi dovranno disporre di regole di bilancio e quadri di bilancio a medio termine in linea con il Patto di stabilità. Attenzione alla sostenibilità del debito, una delle raccomandazioni. E il taglio dei bilanci, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, non deve soffocare la crescita. Merkel, tassare chi ha messo a rischio mercato

Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

Nell'ambito delle procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di tenere conto, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo del debito pubblico, ma anche di quello privato e in ogni caso di un dato aggregato che tenga conto di entrambi i fattori.

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE BARROSO

"Il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita": lo ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, sottolineando come "la crescita deve essere la nostra principale preoccupazione e la nostra priorità". Barroso - parlando al termine dell'incontro avuto col premier britannico, David Cameron prima dell'inizio del Consiglio Ue - ha quindi sottolineato gli sforzi compiuti dal Regno Unito per consolidare le proprie finanze pubbliche: "Credo che Londra - ha detto - stia prendendo la giusta medicina per l'attuale situazione".

IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRATTINI

"Sarebbe un buon segnale" quello di "introdurre una tassazione sulle transazioni finanziarie" perché sono state spesso "veicolo di speculazioni". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso di una replica durante un'audizione parlamentare in vista del Consiglio europeo che si terrà oggi a Bruxelles. Oltre al prelievo sulle banche, quindi, "sarebbe bene pensare a breve alle transazioni finanziarie", ha aggiunto Frattini.

LA CANCELLIERA MERKEL

"La Germania e anche la Francia sono molto favorevoli a tassare quelli che hanno provocato la crisi". Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel giungendo al palazzo Justus Lipsius a Bruxelles dove si svolge il summit Ue. Secondo la leader tedesca, si dovranno mettere tasse "sulle banche e sulle transazioni finanziarie", perché, ha spiegato, "bisogna rendere i mercati finanziariamente più responsabili".

 

 

 

Home Page Avvenire > Economia > Bce: riforme strutturali cruciali per crescita e occupazione

Economia

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17 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA EUROPEA

Bce: riforme strutturali cruciali

per crescita e occupazione

La Bce invita ancora i governi a procedere nelle riforme strutturali per garantire una ripresa della crescita e dell'occupazione. La Banca centrale europea nel suo bollettino mensile avverte inoltre che "i Paesi che presentano problemi di competitività nonchè squilibri interni devono intervenire con urgenza". A tal fine, osserva l'Eurotower, le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo.

Tra le riforme strutturali invocate dalla Bce per la ripresa della crescita e dell'occupazione l'istituto di Francoforte reputa "importante l'adeguata ristrutturazione del settore bancario". Situazioni patrimoniali

sane, un'efficace gestione del rischio, prosegue la Banca centrale, "e l'adozione di modelli imprenditoriali solidi e trasparenti sono indispensabili per potenziare la capacità di tenuta delle banche agli shock e assicurare un adeguato accesso ai finanziamenti, gettando le basi per la crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e la stabilità finanziaria".

La Bce afferma poi che "non si possono escludere ulteriori aggiustamenti" nei bilanci delle banche e che queste "devono dimostrarsi capaci di incrementare la disponibilità di credito al settore non finanziario quando aumenterà la domanda. Per raccogliere tale sfida - suggerisce la Bce - le banche dovrebbero rafforzare ulteriormente la propria componente patrimoniale e ove necessario dovrebbero sfruttare appieno le misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

 

 

 

 

 

17 giugno 2010

MANOVRA

Regioni, Berlusconi "doma" la protesta

Silvio Berlusconi si fa carico della patata bollente delle Regioni in rivolta per i tagli. Sono le 10 e 30 quando squilla il cellulare di Roberto Formigoni. Dall’altro capo del telefono il presidente del Consiglio (al quale Formigoni aveva fatto arrivare l’altra sera un appunto riservato): governatori convocati per un vertice, nel pomeriggio, a Palazzo Grazioli. Era stato, d’altronde, proprio il governatore della Lombardia il più duro, sull’incostituzionalità della manovra, sul federalismo messo a rischio. E Umberto Bossi quest’attivismo deve averlo subìto come un’invasione di campo: "Formigoni non deve esagerare, il federalismo fiscale non viene toccato", lo stoppava il senatur, da Torino.

Le parti sembrano invertite, sul federalismo. Il Pdl lancia l’allarme, mentre la Lega confida nello stellone dell’amico Giulio. "Fortunatamente – dice Bossi rivolto a Cota – lui conosce i giri romani e molto bene Tremonti, può benissimo andare a parlargli", lo incoraggia. Allo studio, da parte della Lega, ci sarebbe l’idea di un anticipo dell’introduzione dei costi standard previsti dal federalismo, a tutela delle regioni meno sprecone del Nord.

I governatori del Pdl si rivolgono invece, e con ben altra determinazione, a Berlusconi. Il Cavaliere, nel pomeriggio, ascolta con attenzione le argomentazioni di Formigoni e poi anche della Polverini, prendendo appunti per tutto il tempo, voce per voce: "Così saltano i servizi essenziali, i trasporti, i fondi per le politiche familiari, gli incentivi alle imprese, l’agricoltura", dice Formigoni. "Non possiamo pagare noi per i buchi lasciati dai precedecessori della sinistra", si inserisce la presidente del Lazio. "Terremo conto delle vostre ragioni", assicura alla fine Berlusconi. "Certo – aggiunge – vi rendete conto anche voi che il saldo finale della manovra non può essere toccato, perché abbiamo preso degli impegni con l’Europa, e in caso contrario l’Italia rischia il declassamento. Ma, qui ci sono i responsabili del partito e i capigruppo – conclude il premier –, e dò la mia parola che si farà in modo che il peso che grava sulle Regioni sia proporzionato allo sforzo di tutti gli altri. Vi farò sapere già dalla prossima settimana", promette il premier, mentre con un gesto significativo piega e infila in tasca il foglietto sul quale ha preso buona nota di tutte le voci a rischio: 674 milioni per gli incentivi alle imprese, 130 milioni del fondo per le politiche per la famiglia, 249 per l’agricoltura, solo per citare alcuni punti.

Conti senza l’oste, però, in assenza di Giulio Tremonti. Sarà anche per questo che il presidente della Lombardia, dopo la soddisfazione manifestata a Roma a conclusione di una due-giorni campale, al suo rientro a Milano avverte: "Attendiamo che il ministero dell’Economia riconvochi il Tavolo delle Regioni perché è lì che si devono verificare le correzioni alla ripartizione dei sacrifici, che così come sono rimangono del tutto squilibrati". "Serve un tavolo per chiarirci sui numeri", gli fa eco Renata Polverini. Ma intanto, trapela, già da stamattina al ministero dell’Economia sarà al lavoro un tavolo tecnico allargato ai tecnici delle Regioni per individuare soluzioni alternative.

"Questa manovra fa del male e non cura gli sprechi in sanità", si inseriscono nella protesta i senatori del Pd Emanuela Baio e Daniele Bosone: "Si tagliano 600 milioni sul personale sanitario, 600 milioni per il settore farmaceutico e 4,5 miliardi per le Regioni, così si mettono a rischio i livelli essenziali di assistenza". "Non si capisce questo accanimento verso le Regioni", insiste Anna Finocchiaro. "Ma si fa strada una riconsiderazione delle nostre ragioni", diceva più fiducioso, a nome delle Regioni, Errani, dopo un incontro, in mattinata, con i gruppi del Senato dove la manovra da 25 miliardi è attesa dal primo, difficile, scoglio.

Angelo Picariello

 

 

 

 

2010-06-16

16 Giugno 2010

ECONOMIA E LAVORO

Intesa a Pomigliano

Parola ai lavoratori

Tutto secondo copione. La retromarcia della Fiom non c’è stata e su Pomigliano si è arrivati all’accordo separato. Al progetto presentato da Fiat per trasferire dalla Polonia allo stabilimento campano la produzione della Panda dal prossimo anno, hanno detto "sì" – come anticipato già da giorni – la Fim Cisl, la Uilm, la Fismic e l’Ugl, annunciando un referendum per il 22 giugno fra i lavoratori. L’ultima parola toccherà infatti ai veri protagonisti della vertenza. Decideranno loro se dare, come concordato fra sindacati e azienda, il via libera al piano di investimento messo in campo dall’Ad del Lingotto, Sergio Marchionne, per 700 milioni di euro. Un piano che assicurerà un futuro solido allo stabilimento e ai suoi lavoratori. Almeno questo credono i segretari generali di Fim, Uilm e Fismic, rispettivamente Giuseppe Farina, Rocco Palombella e Roberto Di Maulo e il vicesegretario nazionale dei metalmeccanici dell’Ugl, Antonio D’Anolfo, firmando l’accordo davanti al responsabile delle relazioni industriali di Fiat, Paolo Rebaudengo. "Abbiamo assicurato il lavoro a Pomigliano d’Arco e messo in sicurezza il progetto della Fiat per l’aumento della produzione di auto in Italia", ha detto il leader della Fim, Farina. Con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che evidenzia soddisfatto: quello dell’azienda torinese sarà "il primo grande investimento in Italia in tempo di crisi".

La Fiat ha accettato – così come richiesto dai sindacati nell’incontro di venerdì scorso – l’inserimento di un punto, il 16esimo, relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni. Una concessione che non è bastata alla Fiom, arrivata all’incontro con le idee chiare – che non si discostano di un millimetro da quelle dei giorni scorsi nonostante il pressing interno della segreteria nazionale della Cgil: "Se la Fiat si decide a cambiare quei punti che noi riteniamo illegittimi (quelli relativi soprattutto all’assenteismo e al diritto di sciopero, ndr), questa trattativa possiamo farla riaprire e chiudere molto rapidamente. Se questo non avverrà, vedremo come si muoverà la Fiat e come le altre organizzazioni sindacali", ha affermato il responsabile del settore Auto di Fiom, Enzo Masini, prima di entrare in Viale dell’Astronomia. La Fiom si è detta contraria anche alla consultazione fra i lavoratori. Il segretario nazionale, Giorgio Cremaschi, ha ribadito: "Il referendum va adottato sui diritti disponibili, ma se chiede di rinunciare al diritto di sciopero, diciamo no. Quelle rinunce non sono a disposizione di un referendum di una singola fabbrica".

Non la pensano così evidentemente le altre sigle, che dopo aver confermato il proprio "sì", hanno lanciato il referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì. "La Fiat ci ha detto – ha affermato Palombella della Uilm – che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta e che l’accordo di oggi non sblocca gli investimenti che sono legati al sì dei lavoratori". Le sensazioni dei delegati sindacali e di chi conosce lo stabilimento è che questo accordo gli operai lo vogliano. Eccome. Dopo due anni di Cassa integrazione a 730 euro al mese, i cinquemila lavoratori vogliono tornare alla "normalità". Così dal referendum potrebbe arrivare una risposta plebiscitaria che isolerebbe fortemente la Fiom. Ma darebbe il pieno e definito via libera all’investimento di rilancio di Fiat. Con buona pace di tutto il territorio campano. E non solo.

Giuseppe Matarazzo

 

 

 

15 Giugno 2010

ECONOMIA

Antitrust: ok a modifiche

Costituzione per libertà d'impresa

Parere positivo dell'Antitrust alla modifica dell'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore liberta' economica. Nella relazione annuale al Parlamento il Garante della concorrenza ha espresso il ''favore'' dell'Autorita' ''per le recenti dichiarazioni del governo sulla volonta' di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano - ha detto - le riforme costituzionali utili a tal fine''. La strada per le riforme puo' essere intrapresa, secondo Antonio Catricala', partendo da una legge ordinaria, cosi' come indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ''Condividiamo la necessita' di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici''. Per il Garante ''c'e' anche l'urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle gia' esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell'iniziativa economica. Lo strumento c'e', - ha detto parlando della necessaria legge sulla concorrenza - le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti''.

URGENTE INIEZIONE CONCORRENZA, SUBITO LEGGE - L'Antitrust reclama ''l'iniezione di dosi massicce di concorrenza'' come antidoto alla crisi perche' il Paese non puo' piu' ''pagare il prezzo di politiche anticompetitive''. Per questo e' urgente l'approvazione ''in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria'' della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole ''a fatti concreti'', ha affermato il Garante indicando come ''prioritari'' interventi nei settori della poste, dei trasporti, dell'energia e della finanza. ''Il termine di legge previsto per l'approvazione del progetto in Consiglio dei ministri - ha osservato - e' scaduto, ma il disegno governativo non e' stato ancora presentato''.Catricala' ha quindi evidenziato il conto dei ritardi italiani. Nel nostro Paese ''i costi degli input produttivi sono piu' alti della media europea: 28% in piu' per l'energia elettrica, 6% in piu' per i fidi, 100% per la responsabilita' civile automobilistica''. L'adeguamento dei costi a quelli dei nostri vicini ''dara' respiro alla grande industria e ai distretti; consentira' prezzi piu' bassi; rendera' probabile l'aumento dei consumi delle famiglie''. Ma perche' cio' accada ''e' necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza'', ha ribadito passando in rassegna lo stato della concorrenza nei singoli mercati.

ENERGIA: necessario il potenziamento delle interconnessioni di rete. ''Nonostante sia avanzato il grado di liberalizzazione dei mercati elettrici, - ha detto Catricala' - vi sono zone del Paese (come la Sicilia, ndr) sostanzialmente isolate nelle quali si formano artificiose posizioni dominanti''. Nel gas ''occorre aumentare la capacita' di stoccaggio'' e favorire l'attivazione di nuovi rigassificatori ''affinche' la materia prima abbia accesso alla rete nazionale senza l'intermediazione dell'incumbent''. Lo schema di decreto sugli stoccaggi ''si muove verso questo obiettivo, a condizione che si adottino cautele per limitare l'azione dell'impresa dominante nella gestione delle nuove quantita'''.

TLC: va recuperato il ritardo nello sviluppo della rete di nuova generazione per la banda larga. L'Autorita' ''non e' pregiudizialmente contraria a ipotesi di cooperazione tra imprese rivali, purche' siano garantite l'assenza di pratiche nocive per la concorrenza e la neutralita' nella gestione della rete. Le regole di governance dovranno a tal fine essere valutate dall'Antitrust''. SERVIZI PUBBLICI LOCALI: secondo Catricala', ''rimangono saldamente in mano alle imprese ex municipalizzate e i meccanismi della competizione per il mercato stentano ad affermarsi''. La recente riforma ''ha due punti di forza: impone l'obbligo generalizzato della gara e definisce direttamente a livello legislativo una precisa cronologia. Il punto di debolezza si nasconde pero' dietro l'angolo ed e' la facilita' con cui possono insinuarsi proroghe''.

CREDITO: di fronte alla crisi ''le banche italiane si sono dimostrate piu' solide di quelle di altri Paesi. Tuttavia, all'indubbia qualita' si associa una perdurante debolezza degli stimoli competitivi''. In particolare, ''l'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti frena le spinte concorrenziali''.

RC AUTO: ''nonostante le recenti riforme, i premi continuano a salire secondo dinamiche non chiare''. Per questo l'Autorita' ha da poco aperto un'indagine conoscitiva.

TRASPORTO FERROVIARIO: il settore ''e' chiuso agli stimoli competitivi''. E' necessario ''istituire un sistema di regolazione tecnicamente adeguato e indipendente, senza il quale i vantaggi della liberalizzazione stenteranno ad affermarsi''.

AUTOSTRADE E AEROPORTI: ''concessioni a scadenza lontana, associate alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano la concorrenza''. Sorte analoga stanno subendo le gestioni aeroportuali, anch'esse monopoli naturali. Secondo il Garante, ''sarebbe stata buona regola individuare il soggetto gestore attraverso procedure selettive per periodi adeguati al livello degli investimenti, non piu' lunghi''.

POSTE: il diritto comunitario, ha ricordato Catricala', impone, a partire da fine 2010, l'eliminazione della riserva come strumento di finanziamento del servizio universale. ''Occorre pertanto definire la cornice normativa all'interno della quale potrebbero svilupparsi innovative esperienze imprenditoriali''.

SERVIZI PRIVATI: Il decreto attuativo della direttiva comunitaria sui servizi nel mercato interno ''rappresenta un miglioramento dello status quo ma appare nel complesso timido, espressione in fondo di una cultura burocratica sospettosa nei confronti dell'iniziativa economica privata. Le prestazioni professionali rappresentano una parte importante dei servizi forniti a consumatori e imprese e, in termini di costi, una voce particolarmente incisiva, da non aggravare con riforme anacronistiche''.

INCROCI AZIONARI-PERSONALI STOP CONCORRENZA BANCHE - ''L'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti costituisce una peculiarita' nazionale che frena le spinte concorrenziali, riduce la contendibilita' del controllo e attenua il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilita''' nel settore bancario. E' la denuncia del presidente dell'Antitrust, secondo il quale ''nel settore finanziario sono ancora troppo frequenti le ipotesi di controllo di fatto, dissimulato da partecipazioni di minoranza. E cio' - ha affermato nella relazione annuale al Parlamento - consente gestioni imprenditoriali per le quali risulta indebolita la disciplina del mercato'. ''La domanda, d'altro lato, e' caratterizzata da scarsa mobilita' della clientela e da intollerabili squilibri, accentuati dall'asimmetria informativa, nei rapporti contrattuali con i consumatori e con le piccole imprese'', ha proseguito Catricala' sottolineando che ''i nostri ripetuti appelli a una legislazione di principi sulla governance bancaria sono rimasti inascoltati''.

DA INIZIO 2009 EROGATE SANZIONI PER 90 MILIONI - Dall'inizio del 2009 al primo trimestre 2010 l'Antitrust ha erogato sanzioni per complessivi 90 milioni di euro: 50 milioni in materia di tutela della concorrenza e 40 milioni per la protezione dei consumatori. In materia di concorrenza, ''dall'inizio del 2009 - ha evidenziato il presidente Antonio Catricala' - l'Autorita' ha concluso 12 procedimenti istruttori per intese illecite. In 6 casi ha accertato l'esistenza di infrazioni, irrogando sanzioni per quasi 50 milioni di euro; in altri 5 ha accettato gli impegni presentati dalle parti; in un caso, infine, l'istruttoria ha dato esito favorevole alle imprese inquisite''. I procedimenti di tutela dei consumatori conclusi nel periodo di riferimento sono stati invece 355, ''di cui 315 con accertamento di violazioni. - ha precisato Catricala' - Le sanzioni sono superiori a 40 milioni di euro. Si sono conclusi a seguito di moral suasion altri 92 procedimenti''.

AD AUTORITA' TUTELA PMI CONTRO PA E GRANDI AZIENDE - Ampliare il raggio di intervento dell'Antitrust in favore delle piccole e medie imprese, ''esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori''. E' la richiesta avanzata dal Garante per la concorrenza, Antonio Catricala', nella relazione annuale in cui si sottolinea che le pmi sono spesso ''costrette a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche amministrazioni, come la mora nei pagamenti''. Secondo Catricala', infatti, ''i tempi della giustizia civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema non e' di stabilire scadenze certe, gia' previste dall'ordinamento, ma di farle rispettare con efficacia. L'Autorita' e' in grado di dare tutela tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia''. La sede opportuna per legittimarla, ha proseguito, potrebbe essere ''lo statuto delle imprese, gia' in discussione in Parlamento e al quale il Governo ha promesso un forte sostegno, anche in considerazione della rilevanza del fenomeno qui denunciato''.

SANITA' NON SIA ALBERO CUCCAGNA FORNITORI PRIVATI - ''La sanita' non puo' essere considerata l'albero della cuccagna'' da parte delle imprese private fornitrici di beni e servizi, spesso erogati ''in contesti collusivi, causa di oneri impropri a carico della collettivita''', ha sottolineato Catricala', nella relazione annuale al Parlamento secondo il quale ''e' opportuna la generalizzazione degli acquisti centralizzati per uniformare e razionalizzare la spesa in prodotti sanitari''. ''D'altra parte - ha aggiunto - i ritardi delle amministrazioni nei pagamenti minacciano il buon funzionamento delle societa' fornitrici e rischiano di riflettersi in negativo sulla tutela della salute''.

 

 

 

2010-06-15

15 Giugno 2010

CONFERENZA DELLE REGIONI

Errani: manovra irricevibile

Formigoni: è incostituzionale

Con la manovra varata dal governo "si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale sia nel percorso istituzionale previsto sia nei fatti con tagli lineari senza nessun concetto di premialità per i comportamenti virtuosi". È la posizione delle Regioni, contenuta in un documento approvato all'unanimità dai presidenti delle Regioni, dopo la riunione di questa mattina sulla manovra.

I tagli contenuti nella manovra correttiva "non cadono sulle Regioni come enti, ma sui cittadini e sulle imprese. Su 4,9 miliardi relativi a trasferimenti di competenza sul trasporto pubblico locale, sul fondo per le attività produttive, sull'ambiente e sui servizi, ne vengono tagliati 4,3 miliardi". Lo ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che ha ricordato che le Regioni "vogliono partecipare a pieno titolo e vogliono fare fino in fondo la propria parte con grande senso di responsabilità". Ma quella messa a punto dal governo "è una manovra irricevibile e insostenibile perchè pesa con oltre il 50% sulle Regioni".

Errani ha anche spiegato che quella delle Regioni "non è una posizione corporativa o di schieramento partitico, ma è la sintesi unanime che i governatori hanno trovato. Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte, ma la manovra economica non è "equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese".

Sulla questione dei falsi invalidi, il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani, ha spiegato che "è vero che c'è stato un aumento delle invalidità ma le Regioni hanno dovuto affrontare un contenzioso gigantesco", contenzioso che nel 64,7% dei casi si è risolto a favore di chi aveva promosso il ricorso. Inoltre, Errani ha ricordato che questa competenza, delle Regioni dal 2003, è stata esercitata, fino al 2007, anche da una commissione del ministero dell'Economia che ha vagliato l'assegnazione delle invalidità e che questo compito è passato da allora all'Inps.

FORMIGONI E IL RISCHIO INCOSTITUZIONALITA'

"C'è un rischio incostituzionalità perchè la Corte Costituzionale ha detto che ci deve essere un collegamento tra le funzioni esercitate e le risorse". Lo ha affermato il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. I fondi per il trasporto pubblico locale, ha spiegato Formigoni, vengono ridotti "di circa 1/3. Noi abbiamo dei contratti con Trenitalia che, sapendo di questi tagli, probabilmente taglierà 1/3 dei treni e magari licenzierà 1/3 del personale". Il rischio è poi che faccia anche "causa alle Regioni e magari la vince perchè noi con Trenitalia abbiamo dei contratti di servizio". A questi tagli si aggiungono i fondi per la famiglia, ha sottolineato Formigoni, "che vengono spazzati via". "Ci vengono tolti i finanziamenti per esercitare le funzioni, ma non ci vengono tolte le competenze", ha concluso.

 

 

 

 

15 Giugno 2010

FIAT

Pomigliano, accordo separato

La Fiom conferma il no

È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto a quello presentato in precedenza dall'azienda.

Il 16esimo punto prevede infatti l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi.

Intanto è prevista la cassa integrazione a luglio alle Presse e alle Carrozzerie dello stabilimento di Mirafiori. Secondo quanto riferiscono i sindacati l'azienda ha annunciato, oggi, la cassa integrazione alle Presse, nei giorni del 16,23,29 e 30 luglio. Il provvedimento interesserà 757 operai e 101 impiegati. Per quanto riguarda le Carrozzerie, la cig interesserà gli addetti della linea della Multipla dal 12 al 30 luglio a cui si aggiungeranno dal 22 al 30 luglio quelli delle linee Idea, Musa e Punto e i lavoratori della MiTo dal 29 e 30 luglio, con la fermata produttiva complessiva gli ultimi due giorni del mese.

IL NO DELLA FIOM

Il no ufficiale della Fiom è arrivato alle 18 e 30. Condito con un rilancio sullo sciopero del 25 giugno, che i metalmeccanici della Cgil faranno di 8 ore (4 in più di quelle previste), e una proposta alla Fiat di tornare ad applicare a Pomigliano d’Arco il contratto nazionale, che già consente di fare 18 turni settimanali e 40 ore di straordinari in più, garantendo una produzione annua superiore alle 270mila Panda indicate come obiettivo dall’azienda. Senza quelle aggiunte, chieste invece da Marchionne nel testo dell’intesa siglata venerdì scorso con le altre sigle, in presenza delle quali l’organizzazione delle "tute blu" cigielline ritiene che "non sia possibile firmare quel testo" che "contiene profili d’illegittimità giuridica", ha detto il segretario generale Maurizio Landini al termine del comitato centrale riunitosi ieri pomeriggio.

A nulla è valsa la (molto) cauta apertura della "casa-madre" di Corso d’Italia che poco prima, riunendo la segreteria, aveva prodotto un comunicato in cui si dice "sì alla difesa dell’occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", ma si ipotizza che alcune richieste della Fiat "possano violare leggi e Costituzione". Un’apertura testimoniata da quanto detto domenica alla festa della Cisl di Levico da Guglielmo Epifani, il segretario generale della Cgil (che ieri, prima delle rispettive riunioni, ha ricevuto Landini), e in qualche modo confermata dai toni concilianti usati ieri sera dal ministro del Lavoro: Maurizio Sacconi ha fatto "appello ai vertici confederali" della Cgil "affinché una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare l’intesa, pur con le riserve manifestate".

La posizione della Fiom appare granitica, però. Il testo finale è stato votato all’unanimità. E già a riunione ancora in corso Fausto Durante, il leader della "mozione Epifani" all’interno della Fiom, aveva anticipato che "non è oggi il giorno in cui la Fiom si spacca". Ora i riflettori si spostano sulla sede della Confindustria dove (a rimarcare la rinnovata vicinanza fra l’associazione e il gruppo torinese presieduto da John Elkann) per oggi alle 14 la Fiat ha convocato i sindacati firmatari dell’intesa dell’11: Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. La convocazione, comunque, è stata inviata per conoscenza anche alla Fiom. Il tempo incalza: fra giovedì e venerdì si vorrebbe tenere il referendum fra i 5mila lavoratori dello stabilimento in cui l’azienda punta a investire 700 milioni per costruire, dal 2012, 270mila autovetture Panda, spostandone la produzione dalla Polonia.

Il maggior punto d’attrito è sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per chi li dovesse attuare. La stessa Cgil annota al riguardo che questa clausola è "illegittima" perché "pretende di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio individuale di sciopero". Lo scontro con gli altri sindacati è anche sul referendum: per la Fiom "è impossibile sottoporre a voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Un rilievo cui ha prontamente risposto, per la Cisl, Luigi Sbarra: il diritto di sciopero "non è leso", quanti pensano il contrario "offendono il ruolo della contrattazione sindacale centrata sul principio di responsabilità per il lavoro e lo sviluppo". L’altro aspetto contestato dalla Fiom riguarda non tanto gli orari, con la turnazione prevista su 3 al giorno di 8 ore (punto su cui la Cgil sarebbe pronta a chiudere un occhio), quanto le misure anti-assenteismo. "Non comprendiamo – ha spiegato Landini – che Fiat, per fare investimenti, voglia far passare l’idea che bisogna cancellare i contratti e le leggi". Tanto più, si rimarca, che per centrare gli obiettivi indicati basterebbe applicare il contratto nazionale. Infine Fiom ricorda alla Fiat che "bisogna trovare una soluzione" anche per Termini Imerese.

Eugenio Fatigante

 

 

 

15 giugno 2010

La sfida del "saper fare". Insieme

Ma all'accordo non esiste alternativa

Che cosa potrà fare la Fiom-Cgil se la Fiat decidesse davvero di non investire più a Pomigliano d’Arco: sventolerà il contratto nazionale di fronte agli operai in mobilità, paga d’aver salvato uno storico vessillo, a costo del sacrificio di 5mila posti di lavoro diretti e 10mila d’indotto? O è convinta di avere la ragione e la forza necessarie per poter vincere? E come pensa di poter difendere i lavoratori un’organizzazione che rifiuta sistematicamente qualsiasi innovazione, non firma gli accordi (compreso l’ultimo rinnovo di quel contratto nazionale che ora difende)? Le domande si affollano in attesa di capire quale sarà oggi l’atteggiamento della Fiat di fronte all’ennesimo "no" dei metalmeccanici Cgil, se esistono ancora margini di trattativa, se il gruppo automobilistico deciderà di far affidamento sulla responsabilità di Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl e dar corso comunque all’investimento da 700 milioni di euro.

In realtà, in molte altre aziende, specie nei periodi di crisi, i sindacati hanno firmato accordi con piccole e grandi deroghe al contratto nazionale. Ma la portata di questo passaggio, per la sua valenza simbolica e le grandezze coinvolte segnerà di fatto un punto di non ritorno. La posizione di chi – come la Fiom – difende strenuamente funzioni e prerogative del contratto nazionale è legittima e comprensibile, perché i rischi di un indebolimento delle tutele dei lavoratori nell’immediato possono apparire reali. Ma non sembra fare i conti né con il mutare del quadro economico né con il diverso ruolo che il sindacato può – anzi deve – giocare in uno scenario così mutato. In un mondo globalizzato, nel quale le fabbriche sono "portatili" e le produzioni manifatturiere possono essere svolte quasi indifferentemente in Europa, in Sudamerica o in Asia, pensare di essere protetti dai codicilli di un contratto nazionale è illusorio. Se si guarda al rapporto di forza tra impresa e dipendenti in termini di conflitto tradizionale, non c’è (quasi) speranza. Ci sarà sempre un altro Paese nel quale sarà più conveniente produrre, ci saranno sempre persone – all’estero e addirittura nel nostro Paese – disposte a fare il nostro stesso lavoro per meno, anche molto meno. E così o si lotta opponendo una serie di no – col rischio concreto però di perdere a pezzo a pezzo aziende e occupazione – oppure si tenta la sfida, anche culturale, di cambiare completamente prospettiva, di coinvolgersi fino in fondo. L’impresa con una maggiore responsabilità sociale, il sindacato con un modello partecipativo.

Il vantaggio competitivo che oggi può essere ancora sfruttato dai lavoratori italiani è il "saper fare", la qualità di alcune nostre lavorazioni . Ma più ancora il "farlo insieme". Non c’è contratto nazionale né legge ordinaria e neppure Statuto dei lavoratori che possa assicurare la garanzia del posto e un livello salariale dignitoso, con la stessa efficacia di un rapporto collaborativo azienda-lavoratori. Attraverso una contrattazione locale, flessibile e continua, tagliata "su misura". Una contrattazione aziendale capace di rispondere in tempo reale alle mutate esigenze dell’impresa, in grado di tutelare i lavoratori rendendoli protagonisti del processo produttivo e non passive comparse. È solo la corresponsabilità imprenditoriale dei lavoratori e dei loro rappresentanti che può garantire un futuro al nostro tessuto industriale e quindi agli stessi operai.

Anche quest’ultima vertenza lo dimostra. Lo spazio per salvare e rilanciare Pomigliano sta tutto lì, nella capacità di affrontare insieme, in maniera condivisa attraverso commissioni paritetiche e altri strumenti partecipativi, i problemi (reali) posti dall’azienda. Senza rigidità eccessive e blocchi ideologici da ambo le parti.

Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo: per il Sud e per il Paese non c’è alternativa accettabile all’accordo. Il resto è masochismo.

Francesco Riccardi

 

 

 

2010-06-10

10 giugno 2010

CAMERA

Sanità, governo sotto 2 volte

Governo battuto, per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della governance della sanità. L'assemblea di Montecitorio ha, infatti, approvato due emendamenti di cui è prima firmataria Livia Turco. E dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi.

Gli emendamenti sono riferiti al primo articolo del testo, e sono l'1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e l' 1.34 (251 sì e 245 no). In base a questi testi i comuni saranno coinvolti, nell'ambito delle regioni, nelle

funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie. Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. La seduta è ora sospesa per mezz'ora.

La riforma della governance della sanità torna in commissione: lo ha comunicato all'Assemblea di

Montecitorio il vicepresidente Antonio Leone.

 

 

 

 

 

10 giugno 2010

L'attacco

"È un inferno governare con questa Costituzione"

Governare in Italia "è un inferno: è l’architettura costituzionale che rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete". A nemmeno ventiquattr’ore dallo sfogo davanti alla platea di Federalberghi, Silvio Berlusconi si presenta a un’altra assemblea, quella di Confartigianato, e attacca una volta di più il sistema di pesi e di garanzie che è alla base della nostra Carta fondamentale. Il pretesto è fornito dall’iniziativa già annunciata, assieme a Tremonti, per rivedere l’articolo 41 in modo da favorire la libertà d’impresa, superando una Costituzione che è "molto datata" e influenzata dalla "cultura comunista che dagli anni ’70 è stata dominante e che guarda con sospetto gli imprenditori".

Una citazione, questa, che scatena le critiche dell’opposizione e, in particolare, di Pier Luigi Bersani che risponde: "A Berlusconi dico: tu hai giurato sulla Costituzione, se non ti piace vai a casa". A sostegno del Cavaliere c’è invece Umberto Bossi: il leader leghista ricorda che la Costituzione "la stiamo cambiando proprio perché è datata".

Sono sempre più dei veri show quelli fatti dal presidente del Consiglio in occasione delle assemblee delle varie realtà produttive. Stavolta la platea, quella degli artigiani cosiddetti "bianchi", non gli crea gli "attriti" avuti di recente all’assise di Confindustria. Appena arriva all’Auditorium della Musica il premier si abbraccia con Emma Marcegaglia, il presidente degli imprenditori, a rimuovere appunto quella "ruggine".

E poi replica con il "numero uno" di Confartigianato, Giorgio Guerrini, lo sketch: "Se non avessi già avuto un no da Emma, farei anche a te la proposta di fare il ministro". Al di là delle battute, però, gli preme di esternare "qualcosa". E mira soprattutto al nodo centrale, quello di una Costituzione vecchia, in cui "si parla molto di lavoratori e quasi mai d’impresa e di mercato". Nello schema da essa delineato, poi, "fare le leggi è un inferno". Berlusconi si spiega meglio: "Non è che manchino le intenzioni o buoni progetti", ma "è l’architettura istituzionale" che non va.

Torna a citare il suo "Piano casa": "Avevo pensato che fosse stata una genialata vera", ma a un anno di distanza "non mi risulta che ci sia un solo cantiere aperto". Ogni proposito viene frenato da questo o quel vincolo, insomma. Ecco perché, aggiunge, bisogna modificare l’articolo 41, per dare il via a una "stagione di liberalizzazione" in cui non servano più "permessi, autorizzazioni o licenze", tipici a suo dire di uno "Stato totalitario". Un "impegno a una semplificazione molto forte" che viene subito apprezzato dalla Marcegaglia. Il percorso indicato dal governo sarà comunque a lungo termine: una prima novità verrà già oggi, quando il Consiglio dei ministri approverà "i regolamenti per un nuovo sportello unico delle attività produttive"; "entro l’autunno", poi, sarà legge la proposta di statuto per le Pmi (che tra l’altro prevede un "limite alla tassazione complessiva"); infine, entro il 2013, si punta a un codice unico fiscale.

Mentre Berlusconi parla, Bersani è in onda a Repubblica Tv. Da lì, allora, arriva subito la replica al premier che "quando non regge il tema sociale, come adesso sulla manovra, la spara grossa sul tema democratico" e che, comunque, deve "smetterla di attaccare la Costituzione". Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, evoca il fascismo: "Solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento". Entra nel merito del lavoro svolto dal governo Enrico Letta, "numero due" del Pd, per ricordare al Cavaliere che "quando ha voluto per interessi suoi approvare delle leggi è riuscito a farlo fare al Parlamento in tempi rapidissimi". Le ragioni addotte da Berlusconi sono invece valide per il ministro degli Esteri, Franco Frattini: "Sono preoccupazioni fondate e serie, alcuni principi costituzionali risentono del peso degli anni".

Eugenio Fatigante

 

 

 

10 giugno 2010

LA CARTA DELLE AUTONOMIE

Salta di nuovo il taglio

delle mini-province

Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversiesponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

 

 

 

10 giugno 2010

CDM

Le statali in pensione

a 65 anni dal 2012

Via libera del Consiglio dei ministri all'innalzamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego da 61 a 65 anni, come chiesto dall'Ue. "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Guglielmo Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini", rileva.

"L'emendamento non riguarda in alcun modo il settore privato. Non è neanche la premessa". Lo specifica il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, spiegando in conferenza stampa l'emendamento sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne della P.A. a 65 anni a partire dal 2012, appena approvato in Consiglio dei ministri."La sentenza della Corte europea - spiega Sacconi - contesta solo la discriminazione salariale tra uomini e donne nella pubblica amministrazione".

I risparmi che si produrranno dall'innalzamento a 65 anni per la pensione di vecchiaia delle dipendenti pubbliche "saranno utilizzate per misure di ordine sociale". Lo ha affermato il ministro della P.a.,

Renato Brunetta. In particolare, il ministro ha indicato "asili nido, il settore della non autosufficienza, le politiche di conciliazione".

 

 

 

 

2010-06-05

5 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, allarme oncologi:

a rischio cura dei tumori

La manovra finanziaria abbasserà la qualità di cura per i malati di tumore nel nostro Paese. Non

solo: le strutture già pesantemente in sofferenza, soprattutto al Sud, correranno il rischio di chiudere e cresceranno i "viaggi della speranza". È l'allarme che l'Associazione italiana di oncologia

medica (Aiom) lanciata dal Congresso Asco di Chicago, il più importante congresso mondiale di oncologia.

"Il nostro ruolo è offrire soluzioni - ha detto il prof. Carmelo Iacono, presidente Aiom - e la risposta è creare un sistema di rete, in modo che un centro possa supplire alle eventuali carenze dell'altro. Il vero risparmio in oncologia si ottiene lavorando sull'organizzazione: riducendo la sola migrazione

sanitaria, otterremo un risparmio minimo del 10%. Una quota che potrebbe essere reinvestita sul territorio".

Gli oncologi individuano alcune grandi criticità nella manovra. La prima è il taglio trasversale del personale. "Dai dati del nostro libro bianco sappiamo - ha detto ancora Iacono- che oggi la media dei reparti è di circa sei medici oncologi strutturati e 13 infermieri professionali. Ma esistono situazioni ben peggiori, dove un'ulteriore riduzione si tradurrebbe inevitabilmente in un blocco delle attività. Questo mette a rischio anche l'importante investimento compiuto negli anni scorsi nel parco tecnologico nazionale: risonanza magnetica, tomografia e scintigrafia sono rispettivamente presenti nel 90%, 32% e 61% delle strutture di oncologia medica italiane. È illogico acquisire ulteriori nuovi macchinari in carenza di organici ma serve, quanto meno, far funzionare al massimo quelli che già abbiamo".

LA REPLICA DEL MINISTRO FAZIO

"La manovra non implica alcuna riduzione né nel numero né nella tipologia né nella qualità delle prestazioni in ambito oncologico e inoltre è allo studio un piano teso a consolidare anzi a potenziare il

ruolo del nostro Paese per la diagnosi e la cura delle patologie oncologiche". Lo sottolinea in una nota il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, dopo le denunce fatte da alcuni esponenti dell'Aiom. "La lotta ai tumori - aggiunge il ministro - è una delle priorità del Governo come già anche ricordato dal presidente del Consiglio. L'Italia è leader in questo settore ed ha intenzione di mantenere il primato".

 

 

 

 

2010-06-04

3 giugno 2010

L'ULTIMATUM

Ue: "Equiparare subito età

pensionabile delle donne"

Ultimatum della Commissione Ue all'Italia: se non equiparerà immediatamente l'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L'avvertimento - secondo fonti vicine al dossier - è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 intimava all'Italia di innalzare l'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.

Nella missiva - sempre secondo quanto si apprende - si chiedono spiegazioni sui ritardi e si sottolinea come la questione sia rimasta irrisolta dopo i tanti richiami succedutisi negli anni; e nonostante nel giugno 2009 Bruxelles abbia aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese proprio per la mancata attuazione della sentenza della Corte.

 

 

 

 

2010-06-03

3 Giugno 2010

PROTESTA

Manovra, i magistrati

proclamano lo sciopero

La Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati, assieme alle altre magistrature, ha deciso di proclamare uno sciopero "contro gli effetti della manovra economica varata dal Governo". I vertici dell'Anm, durante la riunione di oggi, hanno inoltre deliberato l'organizzazione di giornate di mobilitazione e di protesta "con sospensione delle attività di supplenza, con le modalità e i tempi" che verranno proposti al Comitato direttivo centrale convocato per sabato prossimo.

 

 

 

2010-06-02

 

2 giugno 2010

MANOVRA

Manovra, nuovo allarme

per la scuola paritaria

Nuovo allarme per i fondi destinati alla scuola paritaria non statale. A lanciarlo un’interrogazione parlamentare urgente al governo presentata dal senatore Antonio Rusconi, capogruppo del Pd nella commissione Istruzione di Palazzo Madama, e sottoscritta dai suoi colleghi senatori Garavaglia, Ceruti, Galperti e Pertoldi. Ma anche le associazioni della scuola non statale cattolica da qualche settimana seguono con apprensione i passi della manovra economica elaborata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. È vero che scuola e sanità sono settori che non dovrebbero essere toccati dalla manovra, ma i protagonisti non vivono giorni tranquilli.

Anche per il fatto che "non sono ancora stati stanziati i 130 milioni promessi con lo scudo fiscale", fanno sapere le associazioni della scuola paritaria. E proprio questo è il primo dei due elementi che destano maggiore preoccupazione.

Nella Finanziaria 2010 era previsto il taglio di 134 milioni su uno stanziamento complessivo di 534 che da un decennio rappresenta la cifra stanziata dallo Stato per contribuire alla scuola non statale. Quattro milioni vennero reintegrati subito, mentre gli altri 130 milioni sarebbero stati recuperati appunto con i proventi dello scudo fiscale. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che, ribadisce Luigi Morgano segretario nazionale della Federazione scuole materne di ispirazione cristiana (Fism), "al momento non abbiamo avuto alcuna certezza sul loro stanziamento immediato e siamo ormai a metà anno solare".

E dalle Direzioni scolastiche regionali i mandati di pagamento, al momento, tengono conto del taglio dei 130 milioni, erogando agli istituti paritari cifre decisamente inferiori rispetto al previsto. Preoccupato anche Vincenzo Silvano, presidente della Federazione opere educative (Foe), che esprime comunque "fiducia nel mantenimento degli impegni da parte del governo". Del resto i 130 milioni sarebbero già previsti dal decreto sull’assegnazione dei fondi ricavati dallo scudo fiscale, ma "il ministro Tremonti non ha ancora apposto la sua firma" sottolinea, però, Silvano. "È solo questione di tempo" rassicura Gabriele Toccafondi, deputato del Pdl e componente della commissione Bilancio di Montecitorio, che ha seguito l’iter per il recupero dei 130 milioni di euro: "Sono nel decreto e nessuno li ha toccati, neppure dopo l’accogliemento di alcuni rilievi della Corte dei conti sul capitolo relativo alla Protezione civile".

Dunque "130 milioni al sicuro", ma ancora bloccati sul tavolo di Tremonti, e la manovra correttiva non dovrebbe toccarli, anche se, aggiunge il presidente della Foe (realtà educativa legata alla Compagnia delle Opere), "aspettiamo il governo alla prova dei fatti". Del resto, se ci fossero amare sorprese, come il rinvio di questi fondi, "il danno per le nostre scuole sarebbe grandissimo" avvertono all’unisono le associazioni degli istituti paritari. Verrebbero di fatto meno la certezza dei fondi e la possibilità di elaborare bilanci sicuri. Senza dimenticare che il peso di un minor gettito statale cadrebbe "sulle famiglie, che già pagano una retta" ricorda ancora Morgano. E in alcune realtà lo spettro della chiusura potrebbe diventare ancora più concreto.

Il secondo motivo di preoccupazione riguarda la Finanziaria 2011, che, grazie al piano triennale varato dal ministro Tremonti nel 2008, vedrà calare i fondi per la scuola paritaria di ben 228 milioni. "Sarebbe una tragedia" si commenta dal fronte delle paritarie. Da tempo le associazioni di questo segmento del sistema scolastico nazionale chiedono al governo di intervenire per bloccare da subito i tagli previsti nel triennio, visto che negli ultimi due anni si è solo proceduto a reintegro dei tagli e non a una cancellazione di quelli comunque previsti dal piano triennale.

Di certo con l’autunno si preannuncia una nuova battaglia parlamentare. Del resto il taglio si preannuncia pesantissimo: quasi il 43% dello stanziamento iniziale di 534. "Dovremo ricordare al ministro Tremonti – dicono le associazioni – che sarà un danno anche per lo Stato, che con la nostra presenza continua a risparmiare ben 6 miliardi di euro l’anno. E se chiudiamo noi invece di risparmiare 228 milioni, dovrà pagarne molti di più".

Enrico Lenzi

 

 

 

 

 

2010-06-01

1 GIGNO 2010

LA CRISI

Napolitano: "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici"

"Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto Giorgio Napolitano nel

messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, sollecitando un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.

Il confronto tra le opposte parti politiche non deve "produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sè stesso", ma deve portare a decisioni segnate da "un forte senso delle responsabilità cui fare fronte. Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito, nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società, tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere" ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno.

 

 

 

 

1 Giugno 2010

POLITICA ECONOMICA

Draghi: "L'evasione

è macelleria sociale"

Dito puntato contro gli evasori fiscali: "Sono tra i responsabili della macelleria sociale in Italia, espressione rozza ma efficace". Mario Draghi abbandona per una volta la tradizionale austerità del linguaggio della Banca d’Italia e fa un’aggiunta a braccio per indicare senza remore il "male dei mali" per l’Italia. Un problema da affrontare una volta per tutte ora che si profila un’"ardua sfida collettiva", quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Sì, perché nelle sue "Considerazioni finali", pur rimandando a un secondo tempo il giudizio di merito sulle varie misure, il governatore di Via Nazionale condivide la filosofia dei tagli contenuta nella manovra del governo Berlusconi ("Era inevitabile agire"), ma si affianca a Confindustria nel sottolineare che servono anche "riforme strutturali" perché "la correzione dei conti va accompagnata con il rilancio della crescita". Tanto più che la manovra avrà un suo effetto recessivo già da quest’anno.

Della quinta relazione da governatore di Draghi (la più breve di sempre, 15 pagine), si appropria subito Silvio Berlusconi: "Ho apprezzato – dice il premier – il riconoscimento che ha dato all’azione di governo" ed "è dall’inizio della legislatura che il governo ha fatto propria la sfida lanciata" da Draghi. A dire il vero, la sua analisi è più equidistante. Molto va addebitato alla crisi (la cui "radice", ricorda senza mezzi termini il "numero uno" di Bankitalia, sta negli Usa), ma in Italia ci abbiamo messo del nostro: la spesa primaria corrente - la cui crescita ora si vuol ridurre sotto l’1% annuo - è stata lasciata correre "in media del 4,6% l’anno negli ultimi 10 anni" e il rapporto debito pubblico/Pil, che era sceso "del 18% tra il 1994 e il 2007", in un biennio è salito del 12%. Sono tendenze che ora bisogna invertire.

È qui che, dati alla mano, Draghi si scaglia contro l’evasione, che "è un freno alla crescita perché richiede tasse più alte per chi le paga", e contro la corruzione. Solo per l’Iva, "si può valutare che fra 2005 e 2008 sia stato evaso il 30%, oltre 30 miliardi l’anno": se fosse stata pagata, rimarca, il nostro debito pubblico "sarebbe tra i più bassi dell’Ue". Idem per la corruzione: nelle 3 regioni del Sud "in cui si concentra il 75% del crimine organizzato", il valore aggiunto pro capite del privato è meno della metà del Centro-Nord. Per dar corpo all’azione di contrasto il governatore lancia poi una proposta: "Il nesso fra riduzione dell’evasione e quella delle aliquote va reso visibile ai contribuenti".

Ma la crisi europea è soprattutto - anche nel caso Grecia - una "crisi di competitività", che ha falcidiato le imprese (9.400 fallite nel 2009) risparmiando però quelle che hanno investito in ricerca e sviluppo (sopra i 50 addetti, è previsto un aumento del fatturato di più del 6%). Il governatore elenca allora una serie di paletti (vedi sotto) pure per le riforme del federalismo e per quelle che restano da fare nel mercato del lavoro. Draghi non dimentica però la sua visione internazionale.

Così, agli impegni sul piano nazionale, affianca le sue ipotesi sul Patto europeo: in primo luogo, un suo "rafforzamento", introducendo per chi non lo rispetta "sanzioni anche politiche", fino alla privazione del diritto di voto in sede Ue; inoltre "impegni cogenti" e sanzioni vanno previsti per gli obiettivi "strutturali" del cosiddetto Patto di Lisbona. Il capitolo banche, infine.

Draghi definisce "incoraggianti" i progressi fatti nel rafforzare il patrimonio, avvisando che "devono continuare". Avvisa che in futuro "fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso" e chiede più poteri per "rimuovere i responsabili di gestioni scorrette" prima di arrivare al commissariamento.

Eugenio Fatigante

 

 

 

 

31 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, Napolitano firma decreto

Attesa pubblicazione in "Gazzetta"

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato oggi il decreto legge recante "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica". Lo annuncia una nota del Quirinale spiegando che si tratta del testo definitivo trasmesso ieri sera dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Ora è attesa la pubblicazione in Gazzetta ufficiale che determina l'effettiva entrata in vigore del decreto. Il testo andrà poi all'esame del Parlamento che ha 60 giorni per convertirlo in legge.

Sarebbe stata stralciata la lista dei 232 enti, fondazioni e istituti culturali da tagliare. Nel provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per il settore affidata però alla valutazione del Ministro dei Beni culturali. Intanto il presidente dell'Anm, Luca Palamara, ha annunciato che i magistrati sono "pronti allo sciopero", dopo la conferma dei tagli inseriti nella manovra.

UNA PRASSI INEDITA

Con una inedita prassi, il premier Silvio Berlusconi ha atteso tutta la giornata di ieri che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esaminasse il testo della manovra economica e avanzasse le sue osservazioni che sono poi sono state accettate integralmente dal governo. Dopo il colloquio di sabato scorso tra Berlusconi e Napolitano al Qurinale, è toccato al sottosegretario Gianni Letta svolgere il ruolo di "mediatore" tra Palazzo Chigi e la presidenza della Repubblica per l'intera giornata di ieri.

Il testo della manovra sarà quindi pronto oggi per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Secondo le indiscrezioni, il capo dello Stato avrebbe sollevato il problema del taglio dei fondi agli enti culturali e ai comitati preposti a indire le celebrazioni dell'anno prossimo che ricorderanno i 150 anni dell'unità d'Italia.

Il presidente Napolitano, pur ricordando che spetta solo all'esecutivo decidere contenuto e indirizzi della manovra, avrebbe anche sollevato questioni di carattere giuridico. Dopo il confronto tra Palazzo Chigi e Quirinale, la firma di Napolitano per l'emanazione del decreto non è solo un atto formale. Il presidente del Consiglio ha infatti ricercato la massima collaborazione con il presidente della Repubblica, anche se sono passati alcuni giorni dalle decisioni assunte nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri che aveva licenziato il testo della manovra.

Berlusconi, per evitare che tutto il peso della manovra gravi sulle proprie spalle e su quelle dell'esecutivo, vorrebbe che lo stesso dialogo avuto con Napolitano si ripetesse in Parlamento con l'allargamento dei confini della propria maggioranza almeno all'Udc. Il premier è infatti preoccupato per l'andamento dei sondaggi che vedrebbero calare il consenso nei confronti di governo e presidente del Consiglio.

Bisognerà attendere il testo definitivo della manovra per capire su quali punti ha pesato l'opinione del capo dello Stato. Nel fine settimana si è vociferato sulla possibilità che il tema del taglio delle Province potesse essere collocato in un disegno di legge apposito e fosse rivisto il meccanismo di rateizzazione delle buonuscite dei lavoratori pubblici.

È probabile che il presidente della Repubblica abbia posto anche la questione del taglio ai salari dei

giudici, dopo aver ricevuto una lettera dall'Associazione nazionale magistrati nella quale si afferma di essere disposti a sacrifici "purchè nel quadro di una manovra che sia rispettosa dei principi di equità e proporzionalità".

Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, si lamenta intanto per non essere stato coinvolto nella decisione dei criteri inerenti al taglio dei fondi per gli enti culturali (sarebbero 232 tra fondazioni e associazioni): "Il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano e il Vittoriale non possono in nessun modo essere considerati lussi".

Il finiano Italo Bocchino sottolinea che qualcosa non funziona nei meccanismi di decisione nel Pdl: "Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

A difendere l'insieme della manovra ci pensa invece il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che

definisce "non congiunturali" le scelte operate dal governo.

Resta critica la posizione del Pd. Il segretario Pierluigi Bersani dichiara: "È l'impianto della manovra che non va, che bombarda i redditi medio-bassi e gli investimenti ma non risolve il problema dei conti pubblici. Il Pd lavorerà in Parlamento, se non mettono la fiducia, per evitare i guai maggiori".

Maurizio Zipponi, responsabile dei problemi del lavoro dell'Idv, annuncia: "Il 12 giugno parteciperemo con grande convinzione alla mobilitazione indetta dalla Cgil e saremo anche a quelle successive. L'Idv si augura che tutta l'opposizione, a partire dal Pd, sia a fianco dei lavoratori che si mobilitano".

L'Udc attende di conoscere il contenuto ufficiale della manovra prima di esprimere un giudizio definitivo. Pier Ferdinando Casini, nei giorni scorsi, aveva dichiarato: "Se la manovra non contiene elementi innovativi, non possiamo avallarla in Parlamento".

 

 

 

2010-05-31

31 Maggio 2010

BANCA D'ITALIA

Draghi: bene la manovra

Ma il nodo è l'evasione fiscale

La crisi della Grecia rischia di cambiare il quadro di una pur modesta ripresa in Italia ed è stato inevitabile per il governo anticipare la manovra di correzione del disavanzo da quasi 25 miliardi. Mario Draghi, governatore di Bankitalia, non può ancora dare una valutazione dettagliata della manovra varata martedì scorso dal governo e firmata oggi dal Capo dello Stato, ma nelle sue considerazioni finali all'assemblea annuale, mostra di apprezzarne il tempismo e almeno due capitoli fondamentali: quello delle misure di lotta agli evasori - ai quali attribuisce la vera responsabilità della "macelleria sociale" - che nel medio termine deve servire ad abbassare le aliquote fiscali e quello delle pensioni - con l'annunciato arrivo del regolamento di attuazione della legge che nel 2009 ha ancorato l'età minima della pensione alla speranza di vita.

Ora, dice il governatore, "è necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi". L'Italia, rileva Draghi, "presenta molti punti di forza", ricordando la ricchezza delle famiglie e il basso debito privato. Ma dopo il calo di 18 punti del debito in rapporto al Pil tra il 1994 e il 2007, "in questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8%. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana".

Draghi non manca di rilevare che finora la politica economica ha limitato i danni della crisi economica in Italia per due punti di Pil e di questi uno è merito della politica monetaria, mezzo degli stabilizzatori automatici e l'altro mezzo punto "alle misure di ricomposizione di entrate e spese decide dal governo". Rinnovato, e modulato sempre sulla necessità di recuperare competitività, l'annuale appello a fare le riforme struttuali: "La crisi le rende più urgenti", dice Draghi. "Il governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione fiscale. L'obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva per lo sviluppo, deve consentire quella delle aliquote", ha detto Draghi.

"L'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Qui, interrompendo la lettura delle sue Considerazioni finali davanti all'assemblea dei partecipanti, ha usato i toni più duri contro gli evasori: "Macelleria sociale è un'espressione rozza ma efficace. Ecco, io credo che siano gli evasori i primi responsabili di quella che viene definita macelleria sociale" ha detto il governatore.

Draghi cita alcuni dati che mostrano la differente e più elevata pressione fiscale in Italia rispetto alla media europea: "Il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri Paesi dell'area dell'euro; il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l'Irap, sono più elevati di 6 punti. Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16% del Pil".

"Confrontando i dati della contabilità nazionale con le dichiarazioni dei contribuenti, si può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell'Iva sia stato evaso: in termini di gettito, sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil", ha detto Draghi.

Riforma pensioni. A proposito della riforma delle pensioni, il governatore di Bankitalia dice che "occorre prolungare la vita lavorativa anche per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I Paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile". Qui Draghi dà atto al governo di andare nella direzione giusta: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita; il regolamento in via di definizione dà concreta attuazione al provvedimento". "Nella stessa direzione muovono gli interventi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego", aggiunge il governatore che torna a chiedere riforme strutturali. Analogamente a quanto fatto lo scorso anno sul tema del Mezzogiorno, la Banca d'Italia prima della fine dell'anno organizzerà un convegno su tali riforme.

Riforme strutturali. Tra le riforme che servono a recuperare efficienza e competitività Draghi cita gli interventi recenti del governo sul pubblico impiego: "La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono fornire l'occasione per ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni". Anche il federalismo fiscale "deve aumentare l'efficienza nell'uso delle risorse" e per gli enti che non rispettano le regole, "è opportuno rafforzare il sisteme di vincoli e disincentivi", nella linea tracciata per le Regioni con disavanzi sanitari.

Infine Draghi parla del mercato del lavoro, in particolare per l'occupazione giovanile: "I salari di ingresso in termini reali ristagnano da quindici anni. Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente", osserva il governatore che esorta a completare la riforma del mercato del lavoro "superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione".

 

 

 

 

2010-05-30

29 Maggio 2010

QUIRINALE

Manovra, Berlusconi firma

Napolitano esamina il decreto

La manovra economica è stata firmata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ora è all'attenzione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che la deve valutare. Lo rende noto un comunicato di Palazzo Chigi. "Il testo della manovra economica, già firmato dal presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato", si legge nella nota.

"Lunedì mattina il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione nazionale magistrati", conclude il comunicato.

L'Anm si è riunita questa mattina per discutere eventuali reazioni delle toghe alle misure di contenimento della spesa pubblica nel settore della giustizia. Per ora niente sciopero dei magistrati, misura alla quale tuttavia l'Associazione nazionale magistrati non esclude di ricorrere, nel caso in cui il testo finale della manovra dovesse contenere "misure inique e irragionevoli".

Berlusconi - rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse già firmato il provvedimento - aveva detto che "la manovra è all'attenzione del capo dello Stato, viene firmata quando il Colle darà la sua valutazione".

Venerdì pomeriggio, Napolitano ha ricevuto al Quirinale Berlusconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.

Nei giorni scorsi, il governo aveva detto di attendere il ritorno in Italia dagli Usa del capo dello Stato per sottoporgli il decreto legge sulla manovra 2011-2012, approvato dal Consiglio dei ministri martedì scorso, ma che non è ancora stato emanato.

Bersani. La manovra correttiva "è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata": lo ha affermato il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. "È uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" ed è una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale".

 

 

 

28 maggio 2010

ASSEMBLEA CEI

Bagnasco: "Intervenire

a sostegno delle famiglie"

"Sono disponibile ad ascoltare le vittime di abusi sessuali giorno e notte, e come me lo devono essere tutti i vescovi italiani". lo ha detto, al termine dei lavori della 61ª assemblea generale della CEI, il presidente card. Angelo Bagnasco rispondendo alle domande dei giornalisti. Quando una persona si rivolge al proprio vescovo per denunciare di aver subito degli abusi sessuali da parte di un prete, "la si riceve immediatamente, di giorno o di notte", ha detto. A chi ipotizzava difficoltà per una persona comune nel mettersi in contatto con il responsabile della diocesi, Bagnasco ha risposto: "Non credo che un vescovo sia inaccessibile. Io ricevo lettere personali e riservate, scritte anche a stampatello su una pagina di quaderno su varie questioni delicate. Molti prendono, scrivono e presentano un problema".

Nel caso di denunce d'abuso sessuale, ha proseguito, si tratta di "situazioni così gravi che richiedono una risposta immediata". Dopo di che "la procedura sarà quella che sarà; ci vogliono i tempi necessari, i più brevi possibili".

Federalismo. Il cardinale Bagnasco ha anche parlato di federalismo. "Il federalismo fiscale - ha detto - deve salvaguardare due beni fondamentali: il primo è l’unità del Paese come valore profondo e acquisito per tutti, sul quale non si può retrocedere per nessun motivo; il secondo valore è rappresentato dalla crescita solidale di tutte le parti del Paese, in un vincolo di solidarietà". "Un federalismo che non raggiungesse congiuntamente questi due obiettivi, l’unità e la crescita solidale di tutte le regioni, non avrebbe conseguito i traguardi voluti".

Intercettazioni. Alla domanda sul dibattito in corso circa la legge sulle intercettazioni, il presidente della Cei ha risposto che "anche in questo caso vanno salvaguardati congiuntamente due valori: quello dell’informazione e quello della riservatezza personale. Si tratta di due valori compatibili che vanno rispettati". Circa la norma che prevede la segnalazione alla Santa Sede dell'apertura di un procedimento giudiziario nei confronti di un vescovo, il cardinale ha affermato che "si tratta di una forma di rispetto tra le Istituzioni e verso la Chiesa, che non va a inficiare le procedure previste dalla leggi".

La manovra. "Una valutazione della manovra economica mi porta a chiedermi se essa contemperi adeguatamente due aspetti: il primo è quello della reale tutela della famiglia, il secondo il sostegno alle imprese artigiane e alle piccole e medie industrie". Circa il primo aspetto ha affermato che "girando nelle parrocchie si avvertono le difficoltà e i lamenti che vengono dalle famiglie. È un affanno reale e proprio in un momento in cui la situazione economica è così seria, è più necessario intervenire a sostegno delle famiglie. In questo senso – ha aggiunto – nella prolusione ho parlato di rischio di "suicidio demografico" del nostro Paese. Circa le piccole imprese – ha quindi proseguito – esse costituiscono una rete molto forte fatta di proprietari che mettono molto e, a volte, tutto quello che hanno per sostenerle e farle funzionare. Con la crisi a volte non ci riescono. Quindi sarebbe opportuno trovare forme di sostegno adeguate a questa realtà così importante per l’Italia".

 

 

 

 

29 Maggio 2010

MANOVRA

Ecco l'elenco degli istituti "tagliati"

La manovra finanziaria prevede il taglio dei fondi statali a 232 istituti ed enti culturali. Infatti l'art. 7 comma 22 del "Decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", spiega che a decreto approvato "lo Stato cessa di concorrere al finanziamento degli enti, istituti, fondazioni e altri organismi", indicati nell'elenco allegato: si tratta di 232 organismi. L'articolo però contiene anche la realizzazione di un fondo destinato all'eventuale erogazione di contributi agli enti che ne facciano "documentata e motivata richiesta".

Questo l'elenco completo, così come risulta all'agenzia Ansa:

1.Fondazione Alcide de Gasperi

2.CIME Consiglio Italiano per il Movimento Europeo

3.Centro Studi Americani

4.Associazione giovanile musicale AGIMUS 5.Ente Nazionale

5.Assistenza Magistrale - E.N.A.M.

6.Fondazione "Guido d'Arezzo"

7.Fondazione italiana per la musica antica

8.Centro italiano di ricerche aerospaziali - CIRA SpA

9. Istituto italiano di studi germanici 10.

10.Ente geopantologico di Pietraroia

11.Parco geominerario

12.Riserva naturale dello stato Isola di Vivara

13.Associazione italiana combattenti e reduci

14.Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna

15.Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini

16.Federazione italiana volontari della libertà

17.Associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta

18.Associazione nazionale "Nastro Verde"

19.Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania

20.Comitato Nazionale per il centenario della nascita di Cesare Pavese

21.Comitato Nazionale un secolo di Fumetto Italiano

22.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Guglielmo Massaja

23.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bimillenario della nascita di Vespasiano

24.Comitato Nazionale per le celebrazioni del millenario della Basilica di Torcello

25.Comitato Nazionale "I Trattati di Roma"

26.Comitato Nazionale per le celebrazioni del quarto centenario della morte di Alberico Gentili

27.Comitato Nazionale per le celebrazioni del 550 anniversario della nascita di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio

28.Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Mario Soldati

29.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario di Casa Ricordi

30.Comitato Nazionale le "Autonomie Locali"

31.Allegorein

32.Accademia Medica di Roma

33.Accademia Angelica Costantiniana

34.Accademia Nazionale di Agricoltura

35.Accademia Filarmonica di Bologna

36.Associazione Naz. Funzionari Direttivi

37.Associazione per la Riforma dello Stato

38.Associazione Romana Amici della Musica - ARAM

39.Associazione Fondo Alberto Moravia

40.Associazione Liberi Scrittori Italiani

41.Associazione Don Giuseppe De Luca - Roma

42.Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta

43.Centro Italiano di Ricerche e Informazione, ecc. - CIRIEC

44.Centro per la Cultura d'Impresa

45.Centro di Iniziativa e Ricerca sul sistema - CIRSES

46.Fondazione Bettino Craxi

47.Fondazione Guido D'Arezzo - Arezzo

48.Fondazione Maria e Goffredo Bellonci - Roma

49.Fondazione Nazionale Carlo Collodi - Pescia

50.Fondazione Ugo Spirito - Roma

51.Istituto Accademico di Roma

52.Istituto di Studi Filosofici

53.Istituto Naz. Tostiano

54.Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale - Bibl. GM Longhi

55.Istituto Domus Mazziniana - Pisa

56.Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini - Prato

57.Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea - Roma

58.Istituto Domus Galilaeana - Pisa

59.Società Tarquiniense di Arte e Storia

60.Società Storia Patria Puglie

61.Società Reggiana Studi Storici

62.Società Dalmata Storia Patria

63.Società nazionale di scienze e lettere ed arti - Napoli

64.Unione Giuristi Cattolici Italiani

65.Unione internazionale degli Istituti di archeologia, Storia e Storia dell'Arte in Roma

66. Accademia degli Incamminati - Modigliana

67. Accademia dei Concordi - Rovigo

69.Accademia dei Fisiocritici - Siena

70.Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna - Bologna

71.Accademia delle Scienze di Ferrara - Ferrara

72.Accademia delle Scienze di Torino - Torino

73.Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria - Roma

74.Accademia di Studi Italo - Tedeschi - Merano

75.Accademia Etrusca di Cortona

76.Accademia delle Arti e del Disegno - Firenze.

77.Accademia Galilaeana di Scienze Lettere ed Arti in Padova - Padova

78.Accademia Italiana della Cucina - Milano

79.Accademia Italiana di Scienze Forestali - Firenze

80.Accademia Lancisiana - Roma

81.Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Genova

82.Accademia Lucchese di Scienze lettere Arti - Lucca

83.Accademia Marchigiana di Scienze Lettere e Arti - Ancona

84.Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL - Roma

85.Accademia Nazionale di San Luca - Roma

86.Accademia Nazionale di Scienze lettere e Arti di Modena - Modena

87.Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo - Palermo

88.Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti - Mantova

89.Accademia Olimpica - Vicenza

90.Accademia Properziana del Subasio - Assisi

91.Accademia Pugliese delle Scienze - Bari

92.Accademia Raffaello - Urbino

93.Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze - Arezzo

94.Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria" - Firenze

95.Associazione Centro Studi Feliciano Rossitto - Ragusa

96.Associazione "Roma nel Rinascimento" - Roma

97.Associazione Malacologica Internazionale - A.M.I. - Roma

98.Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno D'Italia - Roma

99.Associazione per l'Economia della Cultura - Roma

100.Ateneo di Brescia Accademia di Scienze Lettere ed Arti - ONLUS - Brescia

101.Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo - Bergamo

102.Ateneo Veneto - Venezia

103.Biblia - ONLUS - Settimello

104.Centro "Pio Rajana" Centro di Studi per la Ricerca Letteraria Linguistica e Filologica - Roma

105.Centro Camuno di Studi Preistorici - Capo di Ponte

106.Centro di Cultura di Storia Amalfitana - Amalfi

107.Centro di Iniziativa Giuridica "Piero Calamandrei" - Roma

108.Centro di Studi sulla Cultura e l'immagine di Roma - Roma

109.Centro Internazionale di Etnostoria - Palermo

110.Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo - Accademia Tudertina - Todi

111.Centro Studi sul Classicismo - San Gimignano

112.Centro Internazionale di Studi Rosminiani - Stresa

113.Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi - Napoli

114.Centro Nazionale di Studi Leopardiani - Recanati

115.Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per i Medio Oriente e l'Asia - Torino

116.Centro Studi Piero Gobetti - Torino

117.Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali ONLUS - Ravello

118.Ente Nazionale Giovanni Boccaccio - Firenze

119.Essmoi - Fondazione Giuseppe Emanuele e Vera Modigliani (Ente per la Storia del Socialismo e del Movimento Operaio Italiano) - Roma

120.Fondazione Domus Galilaeana - Pisa

121.Fondazione "Casa di Oriani" - Ravenna

122.Fondazione Casa Buonarroti - Firenze

123.Fondazione "Biblioteca Benedetto Croce" - Napoli

124.Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio" - Vicenza

125.Fondazione "Centro Studi Filosofici di Gallarate" - Padova

126.Fondazione "Remo Orseri per la Collaborazione Culturale fra i Popoli" - Roma

127.Fondazione Accademia Musicale Chigiana - Siena

128.Fondazione Adriano Olivetti - Roma

129.Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico - Roma

130.Fondazione Arena di Verona

131.Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori - Milano

132.Fondazione Artistica Poldi Pezzoli - ONLUS - Milano

133.Fondazione Biblioteca Archivio Luigi Micheletti - Brescia

134.Fondazione Carlo Donat - Cattin - Torino

135.Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - C.D.E.C. - ONLUS - Milano

136.Fondazione Centro Nazionale di Studi Manzoniani - Milano

137.Fondazione "Centro Sperimentale di Cinematografia" (così modificata la denominazione della Fondazione Scuola nazionale di cinema con D.Lgs.22-1-2004, n.32)

138.Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo - San Miniato

139.Fondazione Civico Museo Biblioteca Attore Teatro Stabile di Genova - Genova

140.Fondazione Claudio Monteverdi - Cremona

141.Fondazione di Ricerca Istituto Carlo Cattaneo - Bologna

142.Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi - Firenze

143.Fondazione Ezio Franceschini - ONLUS - Firenze

144.Fondazione "Festival dei Due Mondi di Spoleto".

145.Fondazione Giacomo Brodolini - Roma

146.Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano

147.Fondazione Gioacchino Rossini - Pesaro

148.Fondazione Giorgio Cini - Venezia

149.Fondazione Giulio Pastore - Roma

150.Fondazione "Il Vittoriale degli Italiani" - Gardone Riviera

151.Fondazione Ing. Carlo Maurilio Lerici - Roma

152.Fondazione Istituto Gramsci - ONLUS - Roma

153.Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico - Roma

154.Fondazione Istituto Nazionale Studi sul Rinascimento - Firenze

155.Fondazione Istituto Nazionale di Studi Verdiani - Parma

156.Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci - Torino

157.Fondazione Istituto Storico "Giuseppe Siotto" - Cagliari

158.Fondazione Istituto Italiano Storia della Musica - Roma

159.Fondazione "La Triennale di Milano" - Milano

160.Fondazione "La Quadriennale di Roma" - Roma

161.Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco - Roma

162.Fondazione "Liberal" - Roma

163.Fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari (costituita con L.11-11-2003, n. 310)

164.Fondazione Luigi Einaudi - Torino

165.Fondazione Luigi Einaudi per Studi di Politica ed Economia - Roma

166.Fondazione Museo Stibbert - ONLUS - Firenze

167.Fondazione Napoli Novantanove - ONLUS - Napoli

168.Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII - Bologna

169.Fondazione Palazzo Coronini Cronberg - Gorizia

170.Fondazione Pietro Nenni - Roma

171.Fondazione Rosselli - Torino

172.Fondazione Scientifica Querini Stampalia - ONLUS - Venezia

173.Fondazione Spadolini Nuova Antologia - Firenze

174.Fondazione Stauros Italiana - San Gabriele -Isola Abruzzo del Gran Sasso

175.Fondazione Studi Storici Filippo Turati - ONLUS - Firenze

176.Fondazione Ugo da Como - Lonato

177.Fondazione Ugo e Olga Levi Centro di Cultura Musicale Superiore ONLUS - Venezia

178.Fondazione Università Internazionale dell'Arte - U.I.A. - Firenze

179.Fondazione Valentino Bucchi - Roma

180.Fondazione Verga - Catania

181.Gabinetto Scientifico Letterario "G.P. Vieusseux" - Firenze

182.Giunta Centrale per gli Studi Storici - Roma

183.Istituto Abbatia Sancte Marie de Morimundo

184.Istituto Alcide Cervi - Reggio Emilia

185.Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo - Roma

186.Istituto di Studi Storici Postali - Prato

187.Istituto e Museo di Storia della Scienza - Firenze

188.Istituto Internazionale di Studi Liguri - Bordighera

189.Istituto Internazionale Jacques Maritain - Roma

190.Istituto Italiano di Numismatica - Roma

191.Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Firenze

192.Istituto Italiano di Studi Storici - Napoli

193.Istituto Italiano per la Storia Antica - Roma

194.Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Milano

195.Istituto Luigi Sturzo - Roma

196.Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte - Roma

197.Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici - Firenze

198.Istituto Nazionale di Studi Romani - ONLUS - Roma

199.Istituto Nazionale di Urbanistica - Roma

200.Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia - Milano

201.Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica - I.S.A.P. - Milano

202.Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Roma

203.Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda - ONLUS - Milano

204.Istituto per la Storia dell'Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia "Paolo VI" - Roma

205.Istituto per la Storia e l'Archeologia della Magna Grecia - Taranto

206.Istituto per le Ricerche di Storia Sociale e Religiosa - ONLUS - Vicenza

207.Istituto Storico Italiano per il Medioevo - Roma

208.Istituto Storico Lucchese - Lucca

209.Istituto Veneto Accademia di Scienze Lettere ed Arti - Venezia

210.Opera di Dante - Ravenna

211.Osservatorio Parlamentare - Roma

212.Pro Civitate Christiana - Assisi

213.Scuola Archeologica Italiana di Atene - Roma

214.Società chimica Italiana - Roma

215.Società Dantesca Italiana - Firenze

216.Società di Studi Valdesi - Torre Pellice

217.Società Entomologica Italiana - Genova

218.Società Europea di Cultura - S.E.C.I. - Venezia

219.Società Filologica Friulana - Udine

220.Società Geografica Italiana - Roma

221.Società Internazionale di Studi Francescani - Assisi

222.Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (S.I.S.M.E.L.) - ONLUS - Impruneta

223.Società Italiana di Statistica - Roma

224.Società Italiana per il Progresso delle Scienze - Roma

225.Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente - Milano

226.Unione Accademica Nazionale - Roma

227.Opera nazionale "Montessori" - Roma

228.Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo

229.Casa Militare Umberto I

230.Fondazione museo internazionale delle ceramiche di Faenza - MIC

231.Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "L. da Vinci"

232.Centro internazionale di radiocomunicazioni mediche (CIRM), istituito con decreto ministeriale 16 febbraio 1935, n. 16.

 

 

 

 

 

29 Maggio 2010

IL PALAZZO E IL PAESE

Federalismo, alta tensione

sui tagli agli enti locali

"Proporrò a Tremonti di portare già entro giugno, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, anche quello su costi e fabbisogni standard". Tocca a Roberto Calderoli, per ordine di Bossi, interrompere la corsa a chi è più federalista della Lega innescata dai tagli drastici agli enti locali della Manovra. Un segnale all’opposizione che ironizza, e agli stessi governatori del Pdl che, con Roberto Formigoni, avevano di nuovo parlato di federalismo a rischio.

Ma, per non sapere né leggere né scrivere, diventava un messaggio anche per Silvio Berlusconi che, in mattinata, pur ribadendo che "i decreti attuativi saranno fatti nei tempi", poi aveva ribadito l’impegno "di varare una commissione all’interno del Pdl, che concluderà il suo esame entro l’estate". Si tratta, come si ricorderà, di una delle poche concessioni a Gianfranco Fini, durante lo scontro nella direzione del Pdl. Vuoi vedere, avranno pensato quelli della Lega, che Fini e Berlusconi si mettono d’accordo proprio sulla pelle nostra? Ed ecco Calderoli assumere quest’impegno "davanti a Comuni, Province e Regioni", un po’ promette, e un po’ minaccia.

La Lega, insomma, gioca la sua partita. Assumendo il comando delle operazioni non appena entrano in azione sistemi di frenatura. Lo stesso Calderoli non esitò, d’altronde, a portare lui stesso la prima bozza di riforma al Quirinale, innescando l’escalation polemica di Fini, nel Pdl, e il disappunto dello stesso premier. "La Lega – si riprende la scena, Calderoli – non avrebbe mai votato una manovra che mettesse a rischio il federalismo . E infatti il decreto legge non solo non lo tocca, ma anzi ne crea i presupposti", assicura. Una risposta secca al coro che invitava la Lega a fare il suo mestiere. Il più esplicito era stato proprio Formigoni, chiedendo "gli amici ministri della Lega e tutto il governo di voler salvare il federalismo fiscale, modificando la manovra". In serata la contro-replica del governatore lombardo: "Calderoli condivide la convinzione che, così come è, la manovra mette a repentaglio il federalismo. Le sue intenzioni sono giuste – concede – ma per fare il federalismo occorrono i numeri e finora nella manovra mancano".

Così i dubbi sui conti e quelli sui tempi s’intrecciano. Entro fine giugno, che è poi la scadenza cui fa riferimento Calderoli, la legge sul federalismo impone solo un passaggio in Parlamento per metterlo a conoscenza della relazione sui costi e sulle simulazioni attuative del federalismo, cui sta lavorando senza sosta (ma per concludere mancherebbero ancora una ventina di giorni) la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale presieduta da Luca Antonini. E, stando così le cose, i tempi stretti ipotizzati da Calderoli, vista anche la zeppa messa da Berlusconi con la costituenda commissione del Pdl, non sembrano perseguibili.

L’opposizione invita il governo a uscire allo scoperto. Opposizione che mantiene, fra l’altro, il controllo di Anci (con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino) e presidenza Regioni (col riconfermato Vasco Errani, a dispetto dei numeri che ora sarebbero a vantaggio del centrodestra). "Il federalismo è morto, Bossi lo sa ma tace", dice, per il Pd, l’ex sottosegretario Ettore Rosato. E, dopo l’uscita di Calderoli, Massimo D’Alema rincara la dose, parlando di "colpo durissimo al federalismo". Lo vede "a rischio", ora, anche Massimo Donadi, per l’Idv, reduce dall’idillio con la Lega sul federalismo demaniale. "Per crederci alla Lega resta solo il training autogeno", scherza Maurizio Ronconi, per l’Udc, che così rafforza la sua scelta di tenersene distante. "Le rassicurazioni della Lega? Solo propaganda", taglia corto Chiamparino.

Angelo Picariello

 

 

 

 

29 Maggio 2010

L'INTERVISTA

Ricolfi: il sogno della Lega

è già svanito

"Se il buongiorno si vede dal mattino, il federalismo di Calderoli è già stato colpito e affondato". La battuta del sociologo Luca Ricolfi esprime bene un’opinione diffusa, soprattutto in chi da tempo ha responsabilità di governo in Regioni e Comuni: con i sacrifici imposti dall’esecutivo (su richiesta dell’Europa) la grande riforma dello Stato dovrà attendere. "La verità è che questa è una manovra antifederalista" osserva Ricolfi.

Perché?

Perché allarga, in modo iniquo, le differenze territoriali già presenti nel nostro Paese. Il punto non è soltanto che mancano le risorse, ma che con questa manovra le risorse vengono chieste nella stessa misura ai soggetti virtuosi e a quelli meno virtuosi. Che fine hanno fatto i meccanismi premiali? Perché Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che sono regioni efficienti, vengono trattate come Umbria, Lazio e Liguria che non lo sono?

In tempi di sacrifici, come ha peraltro riconosciuto Berlusconi, non trova giusto che tutti partecipino allo stesso modo alla messa in sicurezza delle finanze pubbliche?

No. Se i tagli vanno a tutti in modo indiscriminato, vuol dire che il principio di equità non vale per nessuno. Peccato, perché molti amministratori pubblici stanno bussando alla porta della Fondazione David Hume, di cui sono presidente, proprio per chiederci analisi dettagliate sugli sprechi e per costruire insieme a noi nuovi indici di virtuosità. Ma il risveglio che registriamo nei territori non è stato recepito nella manovra.

Si riferisce al taglio delle Province, prima annunciato e poi ritirato?

Non sono del tutto convinto che l’abolizione delle Province sia un provvedimento così necessario. Rispetto a Comuni e Regioni, sono enti che costano meno e che hanno compiti tutt’altro che irrilevanti, dalla manutenzione delle strade all’edilizia scolastica. Ridurre di poco le spese della politica a questo livello, alla fine, può rivelarsi controproducente se, per ridefinire le competenze che vengono tolte, la riorganizzazione presenta costi aggiuntivi.

Cosa c’è di apprezzabile nel provvedimento del governo?

Senza dubbio, c’è la presa d’atto che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono cresciuti a ritmo quasi doppio rispetto a quelli dei dipendenti privati. È giusto che, nel caso della pubblica amministrazione, avvenga un congelamento delle retribuzioni. Per questo, trovo corporativa e ridicola la protesta dei magistrati e dei professori universitari. Era necessario intervenire anche sulle pensioni dei falsi invalidi, colpendo però quelle zone del Centro-Sud in cui il fenomeno è maggiormente diffuso.

La manovra sta provocando malumori tra i governatori del centrodestra e solo la Lega sembra difenderla a spada tratta. Perché?

I leghisti mi fanno tanta tenerezza. Chi tra di loro sta in periferia, alla guida dei Comuni, si rende conto che i soldi sono sempre di meno e che non c’è una redistribuzione virtuosa. Chi sta al governo, invece, è tutto proteso a garantire la tenuta dell’esecutivo e la realizzazione del federalismo. C’è una grossa spaccatura in atto. Mi sembra come quando il Pci diceva agli operai: adesso fate i sacrifici, poi faremo il comunismo. Ecco, i leghisti stanno diventando un po’ come i comunisti. Il loro sol dell’avvenire è il federalismo, un sogno che ormai è già svanito.

Diego MOtta

 

 

 

 

 

 

2010-05-27

27 maggio 2010

FINANZIARIA

Marcegaglia: "Sì alla manovra

ma non è strutturale"

"Gli interventi della finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione", dice Emma Marcegaglia. Che chiede riforme strutturali e non dettate dall'emergenza. Sottolinea quindi che la maggiore disciplina "non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati".

Serve ora un impegno bipartisan sul percorso parlamentare della manovra: "In Parlamento maggioranza e opposizione hanno ora la possibilità di voler far propria quella disciplina". Arginando "favoritismi e clientelismi" che porterebbero "sprechi e corruzione". Per la leader degli industriali, poi, "mettere in ordine i conti pubblici non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali. Riforme che modificano l'operare dello stato, il perimetro della sua azione, la stessa concezione della sua funzione".

Le riforme sono oggi "più che mai urgenti". Al contrario, "il passo delle riforme è stato troppo lento e uno scontro politico e sociale sulla finanziaria potrebbe bloccarle del tutto. Sarebbe esiziale. Invece, bisogna accelerarle".

Rimarcando come "l'ultimo anno e mezzo è stato durissimo", Marcegaglia sottolinea che ora "è

in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo". Ma, avverte il numero uno di Viale dell'Astronomia, "su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque - dice - non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo".

Marcegaglia parla di "uno scenario davvero poco incoraggiante" e si sofferma anche sul confronto con gli altri Paesi europei, a partire dalla Germania. "Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve stupire se l'Italia cresce poco", afferma ancora il presidente di

Confindustria evidenziando il "cattivo andamento della produttività".

Per l'Italia il bilancio della crisi "è pesantissimo, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, - ha detto - abbiamo perso quasi 7 punti di Pil e oltre 700.000 posti di lavoro. Il ricorso all Cig è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati"

 

 

 

 

27 maggio 2010

ECONOMIA E POLITICA

Manovra, lodi e proteste

Una manovra necessaria, "non il trazionale aggiustamento dei conti pubblici", originata dalla "crisi speculativa sull’euro". Imposta dall’Europa, anzi dalla linea che l’Unione si è data proprio sulla spinta, decisiva, dell’Italia. "Se non c’erano questi due signori qui quel drammatico fine settimana, la crisi sarebbe stata ben più grave", rivendica Silvio Berlusconi per sé e per il "signore" che gli è a fianco, Giulio Tremonti, ricordando il vertice dell’8 e 9 maggio, convocato sull’onda della crisi greca. Per correggere i conti di un continente "che vive al di sopra delle sue possibilità".

Davanti ai giornalisti assiepati nella saletta di Palazzo Chigi, il premier si presenta con un insolito discorso scritto di sette cartelle per non lasciare neanche una parola al caso, e con al fianco il ministro dell’Economia. Smentisce che ci siano state divergenze fra loro. "Abbiamo lavorato gomito a gomito con Gianni Letta, e non c’è mai stato un momento in cui la dialettica sia salita", assicura. E quando sottolinea un passaggio di chiaro stampo tremontiano (su lord Beveridge e "lo Stato che accompagnava dalla culla fino alla tomba...") voltandosi alla sua destra verso il ministro dell’Economia, questi gli dà un cenno d’intesa con l’occhiolino.

Perché lo Stato, ora, attacca Berlusconi, deve sopperire ai guasti dei "governi consociativi della prima Repubblica", e alla riforma "dissennata" attuata dal "governo della sinistra , che con soli quattro voti di scarto dieci anni fa, ha attribuito alle Regioni un potere di spesa sulla sanità sganciato da ogni responsabilità".

Conferma l’entità della manovra in 24 miliardi sui due anni (24,9 per la precisione dirà poi Tremonti) ma rivendica: "Non abbiamo aumentato le tasse". Cita, al confronto, i 30 miliardi della Grecia, i 50 della Spagna già decisi, i 100 e i 60 in arrivo rispettivamente per Francia e Germania.

E il taglio delle tasse? Berlusconi e Tremonti ricordano che nel programma di governo c’era la clausola di salvaguardia dei conti pubblici in caso di crisi. "E di crisi ce ne sono state due", ricordano, quella americana della bolla immobiliare, e ora quella dell’euro. "Ma speriamo di poterci arrivare. In tal caso – promette – inizieremo dalle famiglie numerose, col quoziente familiare, e dal taglio dell’Irap alle imprese".

Il premier conferma i tagli agli sprechi, su cui poi si soffermerà Tremonti. Tagli "lineari" del 10 per cento ai ministeri, spiega che gli statali dovranno dare il buon esempio "stando fermi un giro", rinunciando ad aumenti per tre anni, e ricorda le ricette lacrime e e sangue degli altri, Spagna in primis. Promette una lotta senza quartiere all’evasione. Difende come una "giusta via di mezzo" la tracciabilità fissata alla fine a 5mila euro per i pagamenti in contanti. Cita poi i dati "inaccettabili" del sommerso di Calabria (85 per cento) Sicilia (63), Campania (55), per complessivi "mancati introiti di 120 miliardi". Sono gli "impegni presi con l’Europa, di cui siamo i fondatori e che è la nostra casa, e lo sarà sempre di più", sottolinea Berlusconi. Ringrazia il presidente Napolitano e dà la disponibilità all’opposizione ad accettare correttivi, con una mezza promessa sul mancato ricorso alla fiducia.

Un testo ponderoso, i cui capitoli passano a 54 dai 22 annunciati, e par di capire che il testo definitivo sarà quello che nei prossimi giorni, al sua rientro dagli Usa, sarà consegnata al presidente della Repubblica. L’ultimo giallo l’abolizione delle Province, di cui Tremonti non parla per niente. Una manovra, spiega, che "modifica profondamente lo stato sociale, al fine di salvarlo". Sugli enti locali il ministro conferma che il taglio maggiore è per le Regioni, pur nel rispetto dovuto all’autonomia tutti gli organi di rilevanza costituzionale. Ma, assicura, "la sanità è l’unica cosa che non abbiamo toccato". Nel ponderoso volume che questa manovra è diventata anche molte misure per lo sviluppo, fra cui una fiscalità di vantaggio per il Sud sempre bocciata dall’Europa. Ma con la formula dell’abolizione dell’Irap per chi investe, stavolta – è convinto Tremonti – l’Ue dirà di sì.

Angelo Picariello

 

 

 

 

 

27 maggio 2010

La stretta e il progetto

Ciò che non sembra mai opportuno e invece è necessario

Non vi sono dubbi sulla necessità di un intervento economico che metta in sicurezza i conti pubblici di fronte alle tentazioni speculative sull’Europa e sul debito pubblico italiano: il maggior costo in più per il collocamento dei titoli di Stato italiano rispetto a quelli tedeschi è l’imposta principale pagata con questa manovra. Il rischio di una nuova crisi finanziaria ci ricorda come gli standard globali per la finanza, su cui si è dibattuto nell’anno passato, rimangano ancora colpevolmente nel cassetto. L’esperienza degli ultimi vent’anni con un debito pubblico elevato è quella di un succedersi di manovre di emergenza, alle quali è sempre seguita una decelerazione della crescita economica, al punto che la bassa crescita è diventata uno dei dati costanti della nostra economia.

L’emergenza, però, è spesso anche l’occasione per interventi strutturali, difficili in tempi normali ma che diventano possibili in momenti di crisi, quando l’incalzare degli eventi consente di abbattere il muro degli interessi particolari, altrimenti invalicabile.

È questo il caso dell’evasione fiscale, un problema particolarmente acuto in Italia, che nei giorni passati sembrava essere al centro della manovra, ma che poi è parso evaporare nell’elenco dei provvedimenti. Ma vi è soprattutto una categoria di provvedimenti per i quali il momento economico non è mai giudicato opportuno – da almeno vent’anni – anche se rappresentano il cuore pulsante di una genuina ripresa economica e sociale: si tratta della questione della famiglia e dei figli, di cui non vi è traccia nella manovra. Il rischio associato a un elevato debito pubblico, per il quale è sempre invocata la nostra responsabilità rispetto al futuro dei nostri figli, potrebbe paradossalmente ridimensionarsi perché di nuovi nati ve ne sono sempre meno.

L’economia italiana – con un analogo paradosso – sembra sfidare i pochi giovani in circolazione, i quali anziché essere più ricercati, perché pochi, faticano invece a trovar lavoro e a costituire una nuova famiglia, e potrebbero perciò essere seriamente tentati di andarsene in numero sempre maggiore all’estero. Magari in Francia dove famiglia e figli sono trattati molto meglio di quanto avvenga in Italia. O magari a Berlino dove possono affittare o acquistare una casa alla metà dei prezzi italiani. Abbiamo perciò bisogno, come in Francia e in Germania, non solo di una politica di risanamento della finanza pubblica, ma anche e contemporaneamente di un risanamento dei bilanci familiari, anche come premessa per una ripresa del mondo delle piccole e medie imprese che in gran parte si sostiene sulla domanda interna. Il declino demografico italiano è tanto più preoccupante perché neanche i flussi migratori, ormai necessari, sono sufficienti per rispondere ai problemi sociali ed economici di una società sempre più anziana, nella quale un numero crescente di donne sole ha bisogno di nipoti e non solo di pensioni.

I figli sono la molla potente che spinge a guardare al futuro lontano, a lavorare e a impegnarsi per cercare di offrire loro un futuro migliore, così com’è avvenuto negli anni del miracolo economico. Così come avviene oggi nei Paesi che stanno uscendo più rapidamente e con maggior vitalità dalla crisi e che, non casualmente, sono nazioni "giovani" come gli Stati Uniti, la Cina, l’India o il Brasile, mentre Francia e Germania si preoccupano non solo del debito pubblico ma anche della ripresa.

Se vogliamo davvero guardare al futuro è sufficiente preoccuparsi delle enormi difficoltà economiche dell’avere figli in Italia: è solo per loro che si possono chiedere sacrifici al Paese.

Luigi Campiglio

 

 

 

 

2010-05-26

25 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Il ministro Tremonti:

ridurre il debito pubblico

Primum vivere. È il motto con il quale Giulio Tremonti sta tentando di far bere l'amaro calice a enti locali e sindacati presentando loro la manovra da 24 miliardi per il 2011 e il 2012 che il governo varerà stasera. Ammonta infatti a oltre 13 miliardi il taglio previsto nel biennio sui fondi a Regioni, Province e Comuni. Sforbiciata in vista anche per pensioni e salari del pubblico impiego. Tanto che Cisl e Uil sospendono in giudizio in attesa del testo definitivo, mentre la Cgil - che ha preferito non prendere la parola durante la riunione - definisce la manovra "iniqua" e chiede modifiche in Parlamento.

Per le Regioni si parla di un intervento di massima di 5 miliardi per anno anche se il governo non ha fornito cifre dettagliate durante l'incontro. Duro il commento del presidente uscente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, secondo il quale la manovra "è insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva".

Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha spiegato che i tagli per Comuni e Province ammonteranno a 1,1 miliardi nel 2011 (800 milioni a carico dei Comuni e 300 milioni per le Province) e a 2,1 miliardi nel 2012 (1,5 miliardi per i comuni e 600 milioni per le Province). Chiamparino ha confermato che la manovra contiene l'atteso concordato fiscale per l'emersione delle case "fantasma". In base allo schema emerso ieri, chi non ha comunicato l'aggiornamento catastale degli immobili potrà mettersi in regola con sanzioni ridotte a un terzo. In caso contrario si vedrà attribuire una rendita presuntiva sull'immobile.

SINDACATI SOSPENDONO GIUDIZIO, PROTESTANO DIPENDENTI CHIGI

Tempi duri anche per i dipendenti pubblici per i quali è previsto un blocco triennale degli stipendi. "Il cedolino degli stipendi pubblici resterà quello di prima. Non un euro di più", ha detto chiaramente Tremonti ai sindacati che lo stanno incontrando a Palazzo Chigi.

Reazione tiepida da parte di Luigi Angeletti, leader della Uil: "Non siamo entusiasti, ma sappiamo che dobbiamo tagliare la spesa". Angeletti ha aggiunto che il mancato rinnovo dei contratti al pubblico impiego sarebbe "un sacrificio accettabile" se la manovra confermasse la riduzione delle retribuzioni per i dirigenti pubblici.

Tremonti, aprendo la riunione alla quale non ha partecipato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha ricordato l'importanza dei vincoli europei spiegando che la manovra è finalizzata al calo del debito pubblico attraverso tagli di spesa e contrasto all'evasione fiscale.

"L'obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico. La riduzione della spesa pubblica è un percorso obbligato. Primum vivere deinde philosophari. In manovra c'è il maxi contrasto all'evasione fiscale", ha detto Tremonti secondo quanto riferito da una fonte presente all'incontro.

Oltre ai 100 mila controlli l'anno che l'Inps dovrà fare per snidare i falsi invalidi, la manovra riduce a 5 mila euro dagli attuali 12.500 euro il tetto per l'uso dei contanti, misura che pone le basi per un rafforzamento degli accertamenti fiscali. Il ministro ha confermato che la manovra punta ad una correzione dei conti pubblici di 0,8 punti nel 2011 e 0,8 nel 2012.

Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha detto che se la manovra conterrà, oltre a tagli alla spesa anche rilancio della produttività, lotta all'evasione e tagli ai costi della politica, il giudizio degli imprenditori sarà positivo.

Nella manovra, secondo Tremonti, sarà presente anche un sostegno al nuovo modello contrattuale decentrato. In sostanza il governo dovrebbe riproporre anche nel 2011 gli incentivi alla parte di salario legata alla produttività.

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha confermato che non ci saranno interventi strutturali sulle pensioni "ma soltanto uno spostamento della erogazione della pensione".

La manovra dovrebbe prevedere uno slittamento di sei mesi per il pensionamento dal 2011, fatti salvi i diritti acquisiti da chi ha 40 anni di contributi. Tremonti non ha fornito dettagli. Le misure lasciano scontenti anche i dipendenti di Palazzo Chigi. Alcune decine di persone hanno infatti accolto Tremonti all'uscita con fischi e 'booh'.

 

 

 

 

2010-05-25

 

24 Maggio 2010

POLITICA ECONOMICA

Manovra, ecco il piano

Si cerca intesa tra le parti

Sprint finale per la manovra 2011-2012 che approderà domani pomeriggio in Consiglio dei ministri. Sono ore di consultazioni frenetiche per la messa a punto del menù delle misure che confluirà in un decreto legge. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrerà la manovra stasera alla Consulta economica del Pdl e domani mattina vedrà, insieme con il premier Silvio Berlusconi, gli enti locali e le parti sociali prima del Cdm in programma alle 18.

La bozza prende intanto forma: tra le modifiche dell'ultima ora scompare il condono edilizio, che avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato circa sei miliardi, ma resta la regolarizzazione degli oltre due milioni di immobili fantasma. "Non ci sarà nessun condono edilizio", ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti confermando che l'entità della manovra sarà di 24 miliardi. "Bisogna mettere a catasto circa due milioni di unità immobiliari e questo sarà fatto", ha aggiunto Bonaiuti, che ha anche assicurato che "l'entità delle pensioni non si tocca, ma ci potrà essere un aggiustamento sulle finestre".

Sembra esclusa, ma non è ancora certo, l'introduzione del ticket sanitario da 7,5 euro sulle visite specialistiche, ipotesi circolata nei giorni scorsi. Confermata la stretta sulle pensioni di invalidità anche se dovrebbe saltare il tetto di reddito per gli assegni di accompagnamento.

Si rafforza il pacchetto anti-evasione con l'introduzione del nuovo redditometro, la stretta sulle compensazioni Iva e i limiti al pagamento in contanti. È previsto anche un giro di vite sui giochi clandestini. Sul capitolo pensioni la riduzione delle finestre di vecchiaia e anzianità a una unica potrebbe lasciare spazio a una diversa rimodulazione delle uscite.

Sul fronte del pubblico impiego sembra confermato il blocco dei contratti per il triennio 2010-2012 (la misura colpirebbe anche il personale non contrattualizzato come magistrati, forze dell'ordine, militari e professori universitari) e quello del turnover.

Più incerta la sforbiciata per gli stipendi dei dirigenti pubblici con un contributo di solidarietà del 10% sulle buste paga superiori agli 80-100mila euro. Si va verso una razionalizzazione degli enti di previdenza con la creazione di tre grandi poli. L'Inps, in cui dovrebbe confluire tutta la previdenza del settore privato, potrebbe assorbire l'Ipost (l'ente di assistenza dei lavoratori delle poste) e l'Enasarco (ente pensione di agenti di commercio e promotori finanziari). Più incerto il futuro dell'Enpals (lavoratori dello spettacolo).

Nell'Inail, a cui farebbero capo assicurazioni e infortuni sul lavoro - potrebbero invece confluire l'Ipsema (l'ente di previdenza del settore marittimo) e l'Ispels (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro). Per la previdenza del pubblico impiego resterebbe l'Inpdap.

 

 

 

 

24 Maggio 2010

CRISI

Germania, drastico piano

di austerity in vista

La Germania sta preparando un drastico piano di austerity per i prossimi anni che prevede tagli per dieci miliardi di euro all'anno fino al 2016. Lo scrive il Financial Times che cita fonti vicine al governo

tedesco, sottolineando che il piano di Berlino "è d'esempio all'Eurozona" e che le misure rappresentano uno shock per gli altri Paesi membri dell'area.

Il programma di tagli dovrebbe basarsi su un aumento della pressione fiscale oltre che sulla riduzione della

spesa, nonostante la precedente promessa fatta dalla coalizione di governo di ridurre le tasse.

 

 

 

2010-05-22

22 Maggio 2010

FINANZIARIA

Mini rinvio per la manovra?

Spunta il condono edilizio

Sulla manovra biennale che marcia ormai verso i 27 miliardi si profila un mini-rinvio. Ma per chiuderla torna in campo l’idea di un mega-condono edilizio, che, da solo, varrebbe quasi un quarto del provvedimento, cioè circa 6 miliardi. Silvio Berlusconi vuole prendere tempo e per chiudere il cerchio in serata torna a confrontarsi col ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. La manovra lascerà in ogni caso il segno, ha spiegato il premier dopo l’incontro avuto a Roma con il presidente della Commissione Ue, Barroso, perché nei governi europei "c’è la piena consapevolezza di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità".

Restano ancora da fissare molti contenuti. Fra le novità di giornata entrano una cura da almeno 2,5 miliardi (nel biennio) sulla sanità, una stretta fiscale sui fondi immobiliari, il parziale ritorno della tracciabilità dei pagamenti sopra una certa cifra, un incremento della fascia di reddito (da 3.500 a 5mila euro) per le pensioni "d’oro" che saranno sottoposte all’extra-prelievo del 10%, mentre per il taglio agli stipendi la soglia potrebbe essere abbassata da 100 a 80mila euro (sulle somme superiori scatterebbe la decurtazione). Un terzo della manovra (circa 9,2 miliardi) potrebbe venire poi dal nuovo sforzo chiesto a Regioni (4 miliardi nel biennio), Comuni (altri 4) e Province (1,2). Si torna poi a parlare, nella previdenza, di accorpamenti di enti per aggregarli solo attorno a Inps, Inpdap e Inail mentre, accanto alla caccia agli enti inutili, nel mirino potrebbero finire anche Isae, Isfol e Ice che potrebbero essere assorbiti dai ministeri di riferimento.

Avanza, poi, più di un dubbio sulla realizzabilità del taglio del 10% ai maxi-stipendi pubblici (sopra 80mila euro). La misura richiede una riflessione perché, si fa notare, intervenire sulle retribuzioni di personale contrattualizzato potrebbe offrire profili d’incostituzionalità. Meno problemi creerebbe il taglio per magistrati, diplomatici e prefetti, che hanno stipendi agganciati a ministri e parlamentari, per i quali una riduzione è confermata e potrebbe anzi salire al 15% per seguire l’esempio spagnolo. Sul tavolo c’è anche un possibile taglio del Fua, fondo destinato a pagare i premi di merito nel pubblico impiego: ipotesi che sembra sfumare perché il ministro Renato Brunetta si è impuntato, osservando che si minerebbe "l’unica riforma targata Pdl" varata finora, quella della Pubblica amministrazione, visto che le altre sono di matrice Lega.

Il quadro è ancora ingarbugliato, dunque. E il tempo stringe. Anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ha parlato di "ore frenetiche". È soprattutto Tremonti a volerli accelerare, per mettersi al riparo dalle pressioni dei mercati. Berlusconi è invece per qualche giorno in più, anche perché vorrebbe riunire prima la Consulta economica del Pdl per non lasciare la "regia" solo a Tremonti e cercare la maggior collegialità possibile. La mediazione passerebbe anche per lo spacchettamento della manovra in 2: alcune misure subito per decreto, le altre in un ddl. Il nuovo redditometro, a esempio, scatterebbe solo da gennaio 2011, così come richiederà tempi lunghi il concordato in 3 tappe per regolarizzare le "case-fantasma" che non risultano al Catasto (pare siano quasi 2 milioni, con possibili entrate per 1-1,5 miliardi).

Eugenio Fatigante

 

 

 

22 maggio 2010

FINANZIARIA

Berlusconi: "Dalla manovra

nessuna macelleria sociale"

"Di fronte allo tsunami che sta mettendo a dura prova tutti i Paesi europei il solito partito dei pessimisti è tornato a farsi sentire e a diffondere le solite menzogne e veleni, attribuendo al nostro governo il proposito di varare a breve provvedimenti punitivi che sono per l'ennesima volta totalmente inventati". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà.

Chiedo il vostro impegno: dovete sapere far sapere che non uno di questi fantasiosi provvedimenti di macelleria sociale di cui si legge su certa stampa in questi giorni risponde al vero. Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali. È assolutamente falso che sia alle viste un aumento delle imposte". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà.

"Non verranno toccate - precisa Berlusconi - nè la sanità nè le pensioni, nè la scuola nè l'Università. È sicuro invece che il governo continuerà a mantenere i conti pubblici in ordine con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e il sostegno alo sviluppo. E ripeto: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani".

 

 

 

Il Papa: governi deboli

contro le speculazioni

"L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza". Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice.

"La crisi e le difficoltà di cui al presente soffrono le relazioni internazionali, gli Stati, la società e l'economia, infatti – ha aggiunto il pontefice – sono in larga misura dovute alla carenza di fiducia e di un'adeguata ispirazione solidaristica creativa e dinamica orientata al bene comune, che porti a rapporti autenticamente umani di amicizia, di solidarietà e di reciprocità anche dentro l'attività economica". Senza questo, l'economia si ridurrebbe alla produzione di beni materiali, alimentando "consumismo, spreco, povertà e squilibri".

"Come rilevavo nell'enciclica Caritas in veritate, uno dei maggiori rischi nel mondo attuale – ha citato Papa Ratzinger – è quello che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umanò. Una tale interazione, ad esempio, appare essere troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza. La politica – ha ammonito – deve avere il primato sulla finanza e l'etica deve orientare ogni attività

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2010-09-07

CONTRO LA CRISI

Obama annuncia 150 miliardi di dollari d'investimenti per grandi opere e ricerca

50 mld per strade e treni. Sconti fiscali per 100 miliardi di dollari in 10 anni alle aziende che investono

CONTRO LA CRISI

Obama annuncia 150 miliardi di dollari d'investimenti per grandi opere e ricerca

50 mld per strade e treni. Sconti fiscali per 100 miliardi di dollari in 10 anni alle aziende che investono

Barack Obama (Ap)

Barack Obama (Ap)

WASHINGTON - Barack Obama torna in clima pre-elettorale. Parlando in maniche di camicia a una festa del sindacato di Milwaukee, in Wisconsin, a 58 giorni dalle elezioni di midterm, accusa i repubblicani "di saper dire solo no" e non fare nulla "per aiutare i lavoratori". "Anche quando sono d'accordo - attacca Obama - dicono sempre di no. Preferiscono guadagnare qualche punto prima delle elezioni, invece di risolvere i problemi. Noi diciamo, si possiamo, loro no, mai". Quindi, in occasione del "Labor Day", dopo aver annunciato un piano ambizioso di opere pubbliche, Obama rivendica il suo impegno quotidiano per ricostruire l'economia americana ancora in forte crisi. E per farlo, chiarisce Obama, bisogna sostenere la classe media, così come accadeva in passato, ai temi dei suoi nonni. "L'America non può avere una forte economia senza una forte 'middle class', senza assicurare opportunità di successo a chi - sottolinea il presidente - anche se di umili origini, vuole lavorare duro per garantire un futuro ai propri figli. È stato così ai temi dei miei nonni, tornerà ad esserlo anche in futuro".

IL PIANO - Cinquanta miliardi di dollari in sei anni per le infrastrutture e cento miliardi in dieci per le imprese che fanno innovazione e ricerca. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncia un piano straordinario contro la crisi. Come se non bastasse sono previsti sconti fiscali per 100 miliardi di dollari in 10 anni alle aziende che investono in ricerca. Ma da subito un grande piano d'infrastrutture, per 50 miliardi di dollari in sei anni, allo scopo di rilanciare il settore del trasporto su terra, in particolare l'alta velocità. Una pioggia di dollari pubblici per spronare l'economia statunitense ancora in crisi e soprattutto creare immediatamente nuovi posti di lavoro. È la ricetta del presidente Barack Obama che, a sole otto settimane dal voto di medio termine, si gioca tutte le sue carte per dare vigore a una crescita ancora debole. Sa bene che la sfida alle prossime elezioni di novembre si giocherà tutta sui temi economici e da oggi cercherà con tutte le sue forze di recuperare lo scarto, almeno 7 punti, che ancora divide i democratici dai repubblicani. Pagare i conti, mantenere il posto di lavoro, o trovarne uno nuovo per chi l'ha perso, sono queste le vere priorità degli americani. Il piano per essere attuato avrà bisogno del via libera del Congresso. Prevede la costruzione o il rinnovamento di oltre 240mila chilometri di strade, 200 chilometri di piste aeroportuali e circa 6mila chilometri di ferrovia per le nuove linee ad alta velocità. Uno sforzo che non rimarrà isolato. Il presidente dedicherà tutta la settimana a illustrare le sue proposte cercando di smuovere i sondaggi di popolarità che lo vedono ancora al 42%, il minimo storico da quando è stato eletto.

IL PROGRAMMA - Dopo Milwaukee, il presidente sarà mercoledì a Cleveland, Ohio, e venerdì prossimo terrà una conferenza stampa tutta centrata su questi temi. La sua priorità assoluta è cercare di ridurre entro il 2 novembre quel 9,6%, che è il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti, anche correndo il rischio di aumentare il deficit pubblico.

Redazione online

06 settembre 2010

 

 

 

2010-09-31

"L'euro è un successo straordinario, lo si è visto con la crisi economica".

"Troppi Paesi individualisti e miopi

Così il progetto europeo si ferma"

Barroso: "Se le cose vanno bene è merito dei governi, altrimenti si accusa Bruxelles"

"L'euro è un successo straordinario, lo si è visto con la crisi economica".

"Troppi Paesi individualisti e miopi

Così il progetto europeo si ferma"

Barroso: "Se le cose vanno bene è merito dei governi, altrimenti si accusa Bruxelles"

Emanuel Barroso (Ansa)

Emanuel Barroso (Ansa)

E' sicuro che insieme al presidente Usa Obama entro novembre riuscirà a varare nuove misure per regolare i mercati finanziari. E in Europa presto arriverà una governance economica in grado di controllare i budget e "introdurre sanzioni e incentivi per raggiungere stabilità e crescita". José Manuel Durão Barroso, l'unico presidente della Commissione europea dopo Delors al secondo mandato, è ottimista sul futuro del Vecchio Continente ma chiede ai governi comportamenti più convergenti e meno egoismi. Lunedì a Bruxelles è convinto che sull'immigrazione, alias caso-Rom, vincerà il buon senso per difendere libera circolazione e diritto alla sicurezza dei cittadini.

Europa alla ricerca della sua identità. Mission impossible?

 

"Bisogna abituarsi alla doppia identità. Sulla prima pagina del "Corriere della Sera", faccio un piccolo esempio, c'è il simbolo dell'Europa ma è un giornale italiano. Non possiamo più pensare a una identità esclusiva, dobbiamo abituarci al concetto di identità multipla. Sommare due parti che devono diventare complementari: la diversity e l'unità".

L'euro doveva creare questa identità. Non pensa che alla fine abbia creato dei problemi?

"No. L'euro è un successo straordinario, ormai è la seconda valuta del mondo dopo il dollaro. E l'identità europea è cresciuta. Certo ci sono problemi con i deficit pubblici ma non oscurano i vantaggi che l'euro ha portato. Oggi l'Europa è uno dei mercati meglio integrati del mondo. Pensi cosa sarebbe successo se i Paesi europei avessero dovuto affrontare la crisi finanziaria ognuno con la sua moneta. Ognuno avrebbe fatto svalutazioni competitive. Per le piccole e medie aziende sarebbe stato un disastro. Senza euro e senza mercato unico alcuni Paesi non sarebbero riusciti a superare la crisi. Con opportuni aggiustamenti sulla stabilità interna tutti i governi ora devono difendere l'euro".

Anche Obama ha chiesto un'Europa più forte.

"E' molto importante che questa richiesta venga anche dall'esterno, dai nostri partner più importanti. Immaginatevi in un mondo globalizzato come oggi se la Francia, la Germania o l'Italia si dovessero muovere da sole. Non sarebbero in grado di proteggere i loro interessi. Ai 27 diversi governi nazionali oggi conviene trovare una visione comune".

Con il presidente Usa lei si vedrà per un summit il 20 novembre a Lisbona. Può anticipare la sua agenda?

"A dire la verità non c'è ancora una agenda definita. Sicuramente affronteremo i temi legati alla crescita e alla occupazione su entrambi i fronti atlantici. Così come discuteremo di politica estera a partire dall'Iran al Pakistan e il Medio Oriente. Il contributo comune sarà determinante".

La scorsa settimana l'eurobarometro ha segnato un'altra flessione del 6% sulla fiducia nei confronti delle istituzioni europee. Non è un bel segnale.

"Lo stesso eurobarometro chiede però una governance economica europea più forte. In ogni caso è normale che durante una crisi la fiducia dei cittadini scenda. Così quando l'economia cresce, aumenta anche la fiducia. Riconosco che occorre fare di più insieme per dare sicurezza ai consumatori e ai cittadini. Mi lasci però dire la verità: i problemi non si risolveranno fino a che ogni nazione non vede il progetto europeo come il suo progetto. Questo è il fatto. Bisogna difendere gli interessi dell'Europa rispettando la sussidiarietà. E invece non è così: quando le cose vanno bene è merito loro quando vanno male la colpa è di Bruxelles".

 

Lei continua a invocare una maggiore governance economica. Ma concretamente cosa bisognerebbe fare?

"Prima di tutto le scelte di politica economica di ogni Paese devono essere coordinate insieme agli altri. Una strategia che alla fine è stata accettata. Non c'è altra strada credibile: andare avanti con la concertazione pur accettando le prerogative dei parlamenti nazionali. Così come bisogna coordinarsi per anticipare comportamenti virtuosi verso benchmark di eccellenza. I budget vanno messi sotto controllo e occorre introdurre sanzioni e incentivi più forti per raggiungere stabilità e crescita. Il rischio è di mettere in discussione l'assetto del welfare europeo. Naturalmente non si può più rimandare l'approvazione di una rigida agenda per regolare il settore finanziario. Stiamo lavorando per creare una architettura istituzionale che garantisca una maggiore supervisione. E' stata concordata nuova strategia Europa 20-20 per il rilancio di una crescita intelligente, innovativa e inclusiva".

Dal rapporto Monti lei crede verranno approvate novità?

"Penso di sì. Stiamo già lavorando per rimuovere una serie di ostacoli in grado di aumentare l'integrazione tra le varie economie. Entro settembre prenderemo delle decisioni".

Però l'asse franco-tedesco è sempre più forte. E' inevitabile questa asimmetria?

"Il problema è molto semplice. Noi non siamo gli Stati Uniti, la Cina o il Brasile. In Europa ci sono 27 nazioni ognuna con le sue differenze. La lezione fondamentale che ci ha fornito l'ultima crisi è che dobbiamo convergere di più verso l'equilibrio dei conti pubblici. Purtroppo non stiamo andando verso l'uniformazione dei bilanci".

 

Mettiamola così: la debolezza di Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, i cosiddetti Pigs, può mettere in forse il futuro dell'euro o no?

"Queste nazioni sono in reale difficoltà. Però la Grecia, per esempio, ha preso decisioni molto determinate e le altre sono pronte a seguire l'esempio. Non sono d'accordo con quella definizione sprezzante. Sono Paesi che stanno cambiando molto velocemente. E' una parola negativa che contiene molti pregiudizi".

Dall'apice della crisi sono passati quasi due anni. Molti i progetti per riscrivere le regole finanziarie internazionali. Si è parlato addirittura di una nuova Bretton Wood. Ma non è successo niente. Perché?

"Su questo fronte c'è troppa paura. Alcune promesse e impegni non sono state prese. Non per colpa dell'Europa che nel G20 ha combattuto per introdurre nuove e più ambiziose regole. A Toronto, per esempio, ci siamo spesi per cambiare le normative sulle transazioni internazionali. Ma alcuni Paesi si sono opposti. E' un errore pensare che nulla stia accadendo. Nel G20 sono stati fatti passi avanti per superare il protezionismo e promuovere la crescita. Cina e Usa compresi. Al vertice di novembre sono certo che a qualche conclusione arriveremo. Nonostante le difficoltà tecniche siamo molto vicini a costruire una nuova architettura finanziaria per regolare private equità, hedge fund, derivati. Forse non è abbastanza. Le divisioni comunque non sono solo in Europa ma in tutto il mondo".

 

Lunedì prossimo a Bruxelles affronterete il problema dell'immigrazione. Potrebbe trasformarsi, sotto la spinta della Francia e dell'Italia, in un vertice contro i rom?

"Sono convinto di no. La nostra preoccupazione principale è di garantire la libera circolazione senza discriminazione. Non è una questione ideologica. Sia la destra che la sinistra sono impegnati a rispettarla. Naturalmente la libera circolazione non è incondizionata. Vanno rispettati anche i cittadini e il loro diritto alla sicurezza sviluppando contemporaneamente la promozione dell'integrazione. Con questo approccio equilibrato verrà rispettata la legge europea. Prevarrà il buon senso".

Roberto Bagnoli

31 agosto 2010

 

 

Flessione dovuta soprattutto al ribasso dei prodotti energetici

Inflazione in calo ad agosto

Disoccupati stabili, inattivi record

Istat: prezzi al consumo su base annua in crescita dell'1,6%, contro l'1,7% di luglio

Flessione dovuta soprattutto al ribasso dei prodotti energetici

Inflazione in calo ad agosto

Disoccupati stabili, inattivi record

Istat: prezzi al consumo su base annua in crescita dell'1,6%, contro l'1,7% di luglio

MILANO - Inflazione in lieve calo ad agosto. Nel mese i prezzi al consumo in Italia sono aumentati dello 0,2% rispetto a luglio e dell'1,6% rispetto agosto 2009. Lo comunica l'Istat nella stima preliminare, ricordando che l'inflazione è in calo rispetto all'1,7% su base annua, registrato a luglio, soprattutto grazie al calo dei prodotti energetici e al generale rallentamento nel settore dei servizi.

L'ANDAMENTO DELL'INFLAZIONE - "Sulla base dei dati finora pervenuti, continua l'Istat nella nota, gli aumenti congiunturali più significativi dell'indice per l'intera collettività si sono verificati per i capitoli comunicazioni (+1,2%), trasporti (+1%) e bevande alcoliche e tabacchi (+0,3 %). Variazioni nulle si sono registrate nei capitoli abitazione, acqua, elettricità e combustibili, Mobili, articoli e servizi per la casa, servizi sanitari e spese per la salute e istruzione. Variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli prodotti alimentari e bevande analcoliche, abbigliamento e calzature e servizi ricettivi e di ristorazione (per tutti e tre meno 0,1 per cento). Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli trasporti (+3,8%), Altri beni e servizi (+3,3%), istruzione (+2,5%), bevande alcoliche e tabacchi e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (per entrambi + 2,4%). Una variazione nulla si è verificata nel capitolo ricreazione, spettacoli e cultura".

DISOCCUPAZIONE ALL'8,4% - Il tasso di disoccupazione resta invece sostanzialmente stabile a luglio. Nel mese, sottolinea l'Istat, il tasso dei senza lavoro si fissa all'8,4%, in calo apparente rispetto all'8,5% di giugno, solo grazie agli arrotondamenti. Era infatti a 8,471% a giugno e a 8,422% a luglio, portando i senza lavoro a 2.105.000. Vola invece il numero degli inattivi a 14.948.000 con un aumento di 76 mila persona (+0,5%) rispetto a giugno 2010. Il livello degli inattivi - rileva l'Istat - raggiunto nel mese anche grazie all'effetto scoraggiamento, ovvero al fatto che le persone rinunciano a cercare un lavoro, è il più alto dall'inizio delle serie storiche (2004).

Redazione online

31 agosto 2010

 

 

 

 

"Siamo ancora in fase di crescita, ma non al ritmo di cui ci sarebbe bisogno"

Obama: "In economia

non ho la bacchetta magica"

Il presidente Usa esorta il Congresso ad approvare leggi essenziali, come quella sui prestiti alle piccole imprese

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non ho la bacchetta magica"

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Barack Obama (Epa)

Barack Obama (Epa)

WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha affermato di non avere la "bacchetta magica" per risolvere i problemi dell'economia americana, per la quale si sono riaffacciati di recente segnali negativi. Nello stesso tempo Obama, in un'intervista alla Nbc, ha esortato il Congresso americano ad approvare provvedimenti a suo avviso essenziali, come quello sui prestiti alle piccole imprese, la cui approvazione continua a essere ritardata per l'ostruzionismo repubblicano. "L'economia è ancora in fase di crescita, ma non al ritmo di cui ci sarebbe bisogno", ha detto il capo della Casa Bianca. "C'è una moltitudine di misure che possiamo adottare. Nessun singolo elemento di questi è una panacea".

MENO TASSE ALLE IMPRESE E ALLA CLASSE MEDIA - Barack Obama, aggiungendo che insieme al suo team di consiglieri economici sta valutando le misure da adottare per assicurare una crescita sia nel breve che nel lungo periodo, ha detto che "è necessario tagliare le tasse alle imprese e alla classe media". "Troppe imprese stanno ancora lottando, troppi americani sono ancora alla ricerca di un lavoro". Quando il Congresso riprenderà i lavori dopo la pausa estiva, ha aggiunto Obama rivolto ai giornalisti nel giardino delle Rose alla Casa Bianca, sará necessario varare nuove leggi in favore delle piccole imprese. "Sappiamo che negli ultimi mesi dell'anno scorso -ha detto il presidente Usa- il 60% delle perdite di posti lavoro era legato alle piccole imprese. Per questo -ha aggiunto- abbiamo approvato 8 differenti sgravi fiscali per le piccole imprese e abbiamo lavorato per l'estensione del credito nei loro confronti. Ma dobbiamo fare di più", ha concluso Obama.

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

2010-08-28

la spesa per invalidità, vecchiaia e pensioni ai superstiti è invece la più alta nell'ue

Italia all'ultimo posto in Europa

per le spese per la famiglia e la maternità

Dati del ministero dell'Economia: impieghiamo l'1,4% del Pil, contro il 2,5% della Francia il 2,8% della Germania

la spesa per invalidità, vecchiaia e pensioni ai superstiti è invece la più alta nell'ue

Italia all'ultimo posto in Europa

per le spese per la famiglia e la maternità

Dati del ministero dell'Economia: impieghiamo l'1,4% del Pil, contro il 2,5% della Francia il 2,8% della Germania

(Emblema)

(Emblema)

MILANO - In Italia si spende per famiglia e maternità l'1,4% del Pil (dati 2009), uno dei livelli più bassi in Europa anche se rispetto al 2007 (1,2%) il trend è leggermente in ascesa: è quanto si evince dalla Relazione sulla situazione economica del Paese, pubblicata dal ministero dell'Economia. Il dato comparato tra i vari Paesi più aggiornato risale al 2007, anche se, come detto, la Relazione offre "un aggiornamento al 2009 dei soli dati relativi all'Italia" dai quali emerge che lo scorso anno la spesa per la famiglia è salita all'1,4%. Non disponendo dei dati comparati per il 2009 non si sa se con quello 0,2% in più l'Italia ha scalato qualche posto della classifica, dalla posizione di coda, ma è evidente che questo risultato resta ancora lontano dal 3,7% di spesa sul Pil registrato in Danimarca o dal 3% in Svezia. In ogni modo, pur escludendo i Paesi scandinavi che hanno una tradizione di welfare di un certo peso, l'1,2-1,4% dell'Italia resta lontano anche dal 2,5% della Francia, per fare un esempio, o del 2,8% della Germania, dove in ogni caso si spende il doppio per la famiglia rispetto al nostro Paese. Per quanto riguarda invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese, infatti, la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7% (in Polonia il 4,5%). Mentre la media complessiva dei Paesi europei è dell'8%.

LA SUDDIVISIONE DELLA SPESA PER IL WELFARE - La spesa per invalidità, vecchiaia e pensioni ai superstiti è invece più elevata (17,1%) che negli altri Paesi: la media dei 15 è pari infatti al 14% e quella dei 27 è del 13,7%. Non solo, ma la quota di spesa per queste voci è pari nel nostro Paese al 67,1% del totale prestazioni, contro il 54% della media dei 15 Paesi. Con riguardo alla malattia, l'Italia si colloca su un livello di spesa in rapporto al Pil (6,7%) inferiore alla media dei 15 (7,6%) e dei 27 (7,4%). Per le altre spese sociali, invece, il nostro Paese presenta percentuali meno elevate o in alcuni casi simili agli altri, tranne Malta e Polonia per famiglia e maternità, e Bulgaria, Polonia e Romania, nonché i tre Paesi baltici per disoccupazione (0,5% del Pil). Per quanto riguarda infatti la disoccupazione, la spesa dell'Italia è inferiore alla media dei 27 di 0,8 punti di Pil, così come quella per famiglia e maternità.

Redazione online

28 agosto 2010

 

 

 

trichet: "affrontare il problema del debito"

Bernanke: "Crescita lenta nel 2010, ma la Fed farà di tutto per assicurare la ripresa"

Il presidente Fed: "L'economia Usa ha rallentato più del previsto e il suo rilancio è lungi dall'essere raggiunto"

trichet: "affrontare il problema del debito"

Bernanke: "Crescita lenta nel 2010, ma la Fed farà di tutto per assicurare la ripresa"

Il presidente Fed: "L'economia Usa ha rallentato più del previsto e il suo rilancio è lungi dall'essere raggiunto"

Ben Bernanke (Ap)

Ben Bernanke (Ap)

MILANO - La Fed farà tutto il possibile per assicurare la ripresa economica: il Fomc (la sigla sta per il Federal Open Market Committee, il comitato federale del mercato aperto e indica il comitato che regola la politica monetaria della Fed) è pronto a fare di più se sarà necessario. Lo afferma il presidente della Fed Ben Bernanke.

RIPRESA MENO VIGOROSA DEL PREVISTO - Bernanke ha spiegato che la ripresa negli Usa di recente è stata "meno vigorosa di quanto ci aspettassimo" ma ci sono le "precondizioni" per un'accelerazione nel 2011 anche se nel secondo semestre dell'anno è possibile un rallentamento rispetto al primo. La Fed ha comunque gli strumenti necessari per sostenere la crescita e combattere la disinflazione - ha aggiunto Bernanke - che al momento come al momento ci sono bassi rischi per "un'indesiderabile inflazione o disinflazione". L'economia statunitense ha rallentato più del previsto e il suo rilancio è "lungi dall'essere raggiunto" ha spiegato ancora il presidente della Federal Reserve al convegno annuale della Banca centrale Usa che si sta tenendo a Jackson Hole, nel Wyoming.

Il mercato del lavoro Usa è più debole rispetto alle attese ha detto ancora Bernanke. La maggiore preoccupazione - ha spiegato il presidente della Fed- è l'elevato tasso di disoccupazione e questo perchè "un'alta disoccupazione non solo ha costi pesanti per chi non ha lavoro e per le loro famiglie, ma pone anche rischi alla sostenibilità della ripresa con i suoi effetti sui redditi delle famiglie e sulla fiducia".

LA REAZIONE DELLE BORSE - L'intervento di Bernanke, non faceva bene alle Borse europee che, in linea con Wall Street, passavano in terreno negativo. L'indice Stxe 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, cedeva, dopo le sue parole di oltre mezzo punto percentuale, con Milano e Madrid facevano registrare la corrente di vendite più consistente. Successivamente però le borse europee tornavano in territorio positivo trainate proprio da Wall Street. Di seguito, la chiusura degli indici dei titoli guida delle principali piazze del Vecchio Continente: Londra +0,89% - Parigi +0,93% - Francoforte +0,65% - Madrid +1,44% - Milano +0,42% - Amsterdam +0,90% - Stoccolma +1,27% - Zurigo +0,84%.

Bene anche Wall Street: alla fine il Dow Jones sale dell'1,66% a 10.151,71 punti, il Nasdaq avanza dell'1,65% a 2.153,63 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dell'1,66% a 1.064,60 punti.

TRICHET - Dopo Bernanke interveniva il presidente della Bce Jean-Claude Trichet . Per il capo del board di Francoforte le maggiori economie industrializzate devono affrontare subito il problema della riduzione del debito, o rischiano un "decennio perduto" senza crescita come accaduto in Giappone. "Qualcuno ha suggerito - ha spiegato Trichet sempre a Jackson Hole - di ignorare gli attuali squilibri finanziari e concentrarci solo sul breve termine. Piuttosto che sulla riduzione del debito - è stato detto - si potrebbe incoraggiare la spesa per sostenere la crescita". "Io - ha spiegato Trichet di fronte alla platea di banchieri centrali ed economisti fra cui il presidente della Fed - credo che seguire questa strada sarebbe molto pericoloso per le nostre economie. C'è un esempio molto chiaro delle conseguenze della scelta di convivere con il debito: è il Giappone degli anni Novanta", il "decennio perduto" risultato della scelta di mantenere per anni un sistema bancario "molto fragile".

Redazione online

27 agosto 2010(ultima modifica: 28 agosto 2010)

 

 

 

L’inflazione prossima ventura

L’inflazione prossima ventura

Il martello e il trapano li ha già usati quando ha inondato il mercato di liquidità, ha acquistato titoli "tossici" dalle banche e ha ridotto quasi a zero il costo del denaro. Ora, continuando a rovistare nella cassetta degli attrezzi della politica monetaria alla ricerca di qualcosa che possa aiutare un’economia Usa sempre debolissima, Ben Bernanke ha tirato fuori qualche altro cacciavite, delle pinze, una chiave inglese: le misure aggiuntive predisposte dalla Federal Reserve indicano la sua volontà di non tirarsi indietro davanti a una ricaduta che potrebbe essere molto pericolosa, ma non basterà certo l’annunciato acquisto di titoli del Tesoro a lungo termine a mettere il turbo all’economia.

Il capo della Fed si dice convinto che il Paese non cadrà nella deflazione e scommette che, dopo il rallentamento di questi mesi, il 2011 sarà un anno di ripresa, anche se anemica. Ma poi fa capire che, se l’America si troverà sull’orlo di una nuova recessione, la Banca centrale si esporrà molto di più: "Useremo strumenti non convenzionali ". Accantonata la vecchia cassetta degli attrezzi, potrebbe arrivare il momento del martello pneumatico del quantitative easing (un ricorso ancora più audace all’acquisto di obbligazioni immobiliari di dubbio valore per ridare fiato al mercato della casa) e, forse, anche quello della sega circolare dell’inflazione.

Per ora Bernanke, stando alla descrizione di uno che lo conosce bene come l’ex "numero due" della Fed, Alan Blinder, ha le mani parzialmente legate da altri governatori del "board" della Banca centrale Usa che, nelle condizioni attuali, non vogliono aumentare ulteriormente l’esposizione di un Istituto che negli ultimi due anni si è assunto rischi da hedge fund. Ma l’ex professore di Princeton sa che, costretto a navigare senza mappe in un mare sconosciuto, deve essere pronto a osare.

Anche perché l’enorme mole di stimoli messi in campo dal governo ha probabilmente evitato il peggio, ma ha molto appesantito i conti del Tesoro senza riattivare quel meccanismo della crescita necessario per assorbire l’elevata disoccupazione ma anche per diluire il debito pubblico nel rapporto col volume di ricchezza prodotta dal Paese. Il dato del secondo trimestre comunicato ieri (crescita ridotta ad un deludente 1,6%) indica che c’è ancora da stringere i denti: e la buona reazione di Wall Street e delle altre Borse indica che gli analisti si aspettavano anche di peggio.

In queste condizioni e con quegli squilibri commerciali con l’Asia che non accennano ad essere riassorbiti nemmeno in una fase di drastico contenimento dei consumi Usa, l’obiettivo immediato rimane quello di arrestare la caduta del mercato immobiliare, il fattore numero uno dell’impoverimento della società americana e della perdita di dinamismo della sua economia.

Ma cresce anche l’allarme per la stabilità finanziaria di un governo federale gravato da un debito pubblico ormai imponente e assai difficile da contenere con tagli di spesa e aumenti delle tasse contro i quali i repubblicani stanno già alzando barricate. Bernanke ieri ha detto che fissare un obiettivo di inflazione superiore a quello ritenuto compatibile con la stabilità dei prezzi sarebbe "inappropriato nelle attuali circostanze". Se il cappio del debito pubblico diventerà soffocante, allentarlo con la tassa dell’inflazione, certamente iniqua ma in buona parte "invisibile " e in larga misura pagata dai detentori stranieri di dollari, potrebbe essere la via d’uscita meno cruenta per l’America.

Massimo Gaggi

28 agosto 2010

 

 

 

"ma per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi"

Barroso: "Crisi, l'Italia ha grosse

difficoltà su debito pubblico e deficit"

Il presidente della Commissione Ue: "Credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia"

"ma per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi"

Barroso: "Crisi, l'Italia ha grosse

difficoltà su debito pubblico e deficit"

Il presidente della Commissione Ue: "Credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia"

Josè Manuel Durao Barroso (Reuters)

Josè Manuel Durao Barroso (Reuters)

MILANO - Un chiaro avvertimento che arriva dal presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso. L'Italia, sul fronte della crisi, "per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi: ha un sistema bancario solido, non ha problemi di debito privato, un livello di concorrenza forte in diversi settori, un livello di disoccupazione stabile".

L'AVVERTIMENTO - Ma, avverte il presidente della Commissione Europea, l'Italia ha "grosse difficoltà sul debito pubblico e sul deficit di bilancio, e credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia".

L'EUROPA E LA CRISI - Barroso mostra in ogni caso prudenza sull'esito della crisi in Europa. "La situazione rimane volatile - ha detto interpellato sugli ultimi dati Usa sul Pil e sugli effetti della crisi in Europa e Italia - ma penso che stiamo andando in una direzione migliore. Alcune misure prese dagli Stati membri vanno nella giusta direzione. Possiamo guardare al futuro con fiducia, senza riposare sugli allori".

Redazione online

27 agosto 2010

 

 

 

matteoli: "l'apertura dell'Italia alla concorrenza è inevitabile"

Esplode la guerra dei treni tra Ntv e Fs

Moretti: "Concorrenti avvantaggiati". La società di Montezemolo: "E' lui che ritarda lo sviluppo del Paese"

matteoli: "l'apertura dell'Italia alla concorrenza è inevitabile"

Esplode la guerra dei treni tra Ntv e Fs

Moretti: "Concorrenti avvantaggiati". La società di Montezemolo: "E' lui che ritarda lo sviluppo del Paese"

L'ad delle Fs Mauro Moretti (Imagoeconomica)

L'ad delle Fs Mauro Moretti (Imagoeconomica)

MILANO - Il confronto sul campo avverrà solo tra un anno. Ma, la guerra, almeno a parole, è già scoppiata. Ntv non ci sta e replica con una dura nota alle affermazioni di martedì a Rimini dell'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. Che aveva dichiarato: "In nessun altro Paese al mondo ci sarebbe stata la possibilità di avere certificati di sicurezza e licenze come è accaduto in Italia. I nostri concorrenti sono stati avvantaggiati". Moretti si lamentava della disparità di trattamento tra l'Italia e la Francia che ancora impedisce l'ingresso della concorrente, la "sua" Trenitalia, sul suolo francese. La risposta di Ntv però non si è fatta attendere. In una nota la società che ha tra i suoi azionisti Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle sottolinea: "Il progetto di Ntv procede nel totale rispetto delle direttive, delle leggi e delle norme stabilite in sede europea e nazionale, con buona pace dell'ingegner Moretti". Per Ntv le dichiarazioni di Moretti "hanno superato ogni limite e ci impongono quindi di precisare, con la massima fermezza che il progetto di Ntv procede nel totale rispetto delle regole. E' l'ingegner Moretti che ritarda lo sviluppo del Paese. La nostra società - si legge nella nota - ha sempre evitato ogni polemica con il gruppo Fs, nella convinzione che le stesse non siano mai d'aiuto alla realizzazione dei nuovi progetti".

LA POSIZIONE DEL GOVERNO - A dire il vero fin dalla giornata di martedì il governo si era smarcato dalle affermazioni di Moretti e per bocca del ministro dei Trasporti Altiero Matteoli aveva spiegato: "l'apertura dell'Italia alla concorrenza è inevitabile, che piaccia o meno a un ministro, all'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, che piaccia a chiunque, è un obbligo". Una presa di posizione molto apprezzata da Ntv che nella nota a firma dell'amministratore delegato Giuseppe Sciarrone conclude: "La società ha molto apprezzato le dichiarazioni del ministro Matteoli che ha ribadito l'impegno suo e del Governo all'avvio in Italia di una sana concorrenza nel settore dei servizi ferroviari".

Redazione online

25 agosto 2010(ultima modifica: 26 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-25

Debiti, i Comuni superano lo Stato

Conti in rosso da Torino a Catania

I dati dei magistrati contabili. Nel 2008 disavanzo

per 220 amministrazioni locali

Debiti, i Comuni superano lo Stato

Conti in rosso da Torino a Catania

I dati dei magistrati contabili. Nel 2008 disavanzo

per 220 amministrazioni locali

ROMA - Si fa presto a dire debito pubblico. Perché nell'Italia dove gli enti locali aspirano a conquistare sempre maggiore autonomia, c'è debito e debito. Innanzitutto quello statale, che quest'anno raggiungerà il 118,4% del Prodotto interno lordo. Enorme: ricevuto in eredità certamente da decenni di finanza allegra, anche se chi l'ha ereditato ci ha poi messo del suo. Ma avreste mai detto che i Comuni sono ancora più indebitati dello Stato? Eppure, se sono veri i dati recentemente pubblicati dalla Corte dei conti, le cose stanno proprio così.

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Cavicchi)

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Cavicchi)

Secondo i magistrati contabili, nel 2008 i debiti municipali ammontavano a 62 miliardi di euro, senza però considerare il Campidoglio. L'esposizione del Comune di Roma era talmente elevata che il governo aveva deciso di separare la situazione pregressa dalla gestione ordinaria, con il risultato di assimilarlo agli "enti di nuova costituzione". Calcolando anche l'indebitamento della capitale l'ammontare dei debiti "propri" dei Comuni italiani avrebbero superato di slancio i 70 miliardi di euro, cioè il 120% delle entrate correnti, un dato che in qualche modo si può assimilare al "fatturato comunale". Si tratta di oltre 1.100 euro per ogni cittadino italiano.

Abbastanza per far sorgere seri dubbi sulla sua sostenibilità. Anche perché, sono sempre calcoli della magistratura contabile presieduta da Luigi Giampaolino, se si considera un Comune alla stessa stregua di un'impresa e si paragona il suo bilancio ai conti aziendali, si scopre che il costo di questo debito è ben superiore al risultato economico: è pari, esattamente, al 108% dell'avanzo delle amministrazioni, cioè degli "utili" al netto degli interessi. Questo significa che molti enti locali devono fare letteralmente i salti mortali per far fronte agli impegni finanziari. E non tutti ci riescono. Nel 2008 i Comuni che si sono trovati tecnicamente in disavanzo per questo motivo sono stati ben 220.

Nell'elenco degli enti che si sono trovati in una situazione di "squilibrio" più o meno

La Reggia di Caserta (Ansa/Fusco)

La Reggia di Caserta (Ansa/Fusco)

pesante, anche nomi blasonati. C'è per esempio il Comune di Alessandria, 149 milioni di debiti. Come pure quello di Cesenatico. Poi Pistoia, Viareggio, Orvieto. Per non parlare di alcune città meridionali, come Caserta che con un indebitamento di 129 milioni ha archiviato il 2008 con uno squilibrio di bilancio di quasi 22 milioni di euro, o Foggia, che ha chiuso in passivo per 19 milioni avendo accumulato 128 milioni di debiti. E Aprilia, che se nel 2008 ha registrato un "disavanzo" di 7,7 milioni di euro, si trovava in una situazione di squilibrio ininterrottamente dal 2004. Non un record, certamente, se si considera che il Comune di Giarre, nella Provincia di Catania, era "squilibrato" senza soluzione di continuità addirittura dal 2001.

Questa situazione è senza dubbio la conseguenza della facoltà di ricorso al mercato da diversi anni ormai concessa agli enti locali i quali rivendicavano sempre maggiore autonomia finanziaria. Con la conseguenza negativa, in molti casi, di trovarsi imprevedibilmente ad aver fatto il passo più lungo della gamba: per ingenuità, faciloneria, o semplicemente perché i soldi servivano e lo Stato aveva tagliato le risorse. Esito frequente, quello di dover mettere una toppa talvolta peggiore del buco, magari ricorrendo ai famigerati derivati.

Tutto questo, però, con il rischio di andare incontro alla bancarotta soltanto a parole. Nel 2008 il governo è intervenuto per "salvare", questo fu il termine utilizzato nell'occasione, i Comuni di Roma e Catania. Il primo era stato guidato da un'amministrazione di centrosinistra fin dal 1993, sindaci due candidati premier ulivisti come Francesco Rutelli e Walter Veltroni e aveva accumulato debiti per oltre 8 miliardi di euro (che sarebbero stati successivamente certificati dalla giunta di centrodestra in quasi 10 miliardi) prevalentemente per ripianare i deficit delle aziende di trasporto locale. Il secondo era stato invece da lungo tempo amministrato dal centrodestra: sindaco il medico di fiducia di Silvio Berlusconi, Umberto Scapagnini. Il suo successore Raffaele Stancanelli, dello stesso partito, ha denunciato al suo arrivo una situazione letteralmente catastrofica, con un deficit spaventoso e un debito che veleggiava verso il miliardo di euro: 3 mila euro e oltre per ogni abitante. Scrisse una lettera drammatica a Berlusconi e venne accontentato con un provvedimento che stanziava 140 milioni di euro per la sua città: nella stessa legge era previsto anche un finanziamento di 500 milioni per Roma. Da sottolineare che non soltanto il Comune di Catania ha evitato la bancarotta, ma pure che l'ex sindaco Scapagnini, il quale aveva lasciato al suo compagno di partito Stancanelli una città in quelle condizioni, ha avuto in premio un seggio al Senato.

Una veduta di Torino (Ap)

Una veduta di Torino (Ap)

Situazioni limite, come del resto quella di Taranto. Ma che la dicono lunga sul rischio che possono correre anche le casse dello Stato a causa dei debiti comunali. Ma quali sono gli enti locali più esposti? Va da sé che ha poco senso il valore assoluto. Il debito va visto in rapporto agli abitanti: diversamente il Comune di Roma sarebbe di gran lunga in cima alla graduatoria. Invece, secondo la Fondazione Civicum, il Comune più indebitato in relazione al numero dei residenti sarebbe Torino. Nel 2008 ogni torinese avrebbe avuto sulle spalle una esposizione di 5.564 euro, con una lieve diminuzione rispetto ai 5.771 di un anno prima. Un livello giustificato dai grandi investimenti che la città ha dovuto sostenere per l'organizzazione di grandi eventi come le Olimpiadi invernali del 2006, ma che comunque lo stesso Comune ha rettificato, rigettando la tesi secondo cui sotto la Mole avrebbero più debiti rispetto a Roma e Milano. Secondo una analisi compiuta nel 2006, quindi prima che scoppiasse il "caso" dell'indebitamento della capitale, l'agenzia di rating Standard&Poor's aveva analizzato i conti delle principali città italiane arrivando alla conclusione che Milano aveva un debito pro capite di 2.782 euro, superiore a quello di 2.426 euro dei romani. Secondo Civicum, che ha esaminato i dati del 2008 (con esclusione però di quelli di Roma) l'esposizione dei milanesi avrebbe raggiunto due anni dopo ben 4.012 euro. E il capoluogo lombardo sarebbe secondo soltanto a Torino, precedendo Potenza (2.774), Napoli (2.739), Genova (2.735) e Ancona (2.085): tutti Comuni attestati al di sopra della media. Fra le principali città italiane, quella più virtuosa risultava, per Civicum, Modena: appena 357 euro per abitante. Un terzo dei debiti che aveva il Comune immediatamente precedente, La Spezia (1.156 euro).

Sergio Rizzo

25 agosto 2010

 

 

 

 

I compensi delle star | La polemica di Verro (Pdl) e Rizzo Nervo (Pd)

"Troppi soldi alla Clerici"

Proteste dai consiglieri Rai

Alla conduttrice 1,8 milioni all'anno.

Tra pochi giorni la firma

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"Troppi soldi alla Clerici"

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MILANO - Di tutta la tornata dei rinnovi dei contratti in Rai è stato senza dubbio il più tormentato. Ma anche ora che mancano pochi giorni alla sigla definitiva dell'accordo che legherà per due anni Antonella Clerici alla tv pubblica, i malumori nei corridoi di Viale Mazzini non si soffocano. A ridosso di Ferragosto, dopo una estenuante trattativa durata più di due mesi, si è arrivati a stabilire per la conduttrice un compenso di 1,8 milioni di euro l'anno, a fronte di una richiesta di 2 milioni.

Antonella Clerici (Ansa)

Antonella Clerici (Ansa)

"La Clerici è stata irriconoscente verso la Rai", ha sentenziato ieri, senza giri di parole, il consigliere Antonio Verro (Pdl), motivando: "Non ho gradito il tira e molla. L'azienda è stata molto aperta e ha spalancato le porte a "La prova del cuoco". Dalla Clerici mi sarei aspettato maggiore riconoscenza e senso di responsabilità tenendo conto della difficile situazione economica che sta attraversando il servizio pubblico". L'amarezza nel cda è bipartisan. Anche Nino Rizzo Nervo (Pd) non ha apprezzato la richiesta della conduttrice di aumentare il suo cachet (quello in scadenza era di circa 1 milione e mezzo e comprendeva anche la conduzione del Festival di Sanremo), "deluso dal fatto che un'artista cresciuta e maturata in Rai non si sia resa conto del momento che sta attraversando l'azienda. Mi sarei aspettato maggior collaborazione: il suo contratto è stato quello che ha creato le maggiori difficoltà. A un certo punto della trattativa mi sono anche domandato: ma se noi non lo rinnoviamo, la Clerici cosa fa la prossima stagione televisiva?". Intende dire che non è indispensabile per la Rai? "Il ragionamento vale per lei come per chiunque altro. Non dimentichiamo che con la Isoardi "La prova del cuoco" non ha diminuito ascolti o ricavi pubblicitari. La forza è del format e del marchio". Se questa è la logica perché avete accettato l'accordo? "Perché si gioca sempre sulla difensiva per non perdere un'artista. Ma dobbiamo renderci conto che le aziende che fanno tv sono poche e hanno loro la maggior forza contrattuale. Dovremmo calmierare i cachet degli artisti che con le loro richieste non considerano il mercato". Come mai esiste questa distorsione? "Perché non si rischia, appunto. Nemmeno sui nuovi volti, non si fa vivaio. Ma non dimentichiamo che uno come Bonolis è partito dalla tv dei ragazzi. Io avrei adottato la linea del contenimento dei costi complessivi, riconfermando tutti vecchi contratti ma decurtati del 15%. Anche a costo di perdere qualcuno". Nonostante le stoccate, la linea ufficiale espressa della direzione generale sul contratto Clerici è quella del "lieto fine": "L'intesa ha rispettato pienamente il mandato affidato al dg Mauro Masi dal cda Rai ed è stata raggiunta con soddisfazione di entrambe le parti". Ma basta davvero poco per capire che è più che altro una facciata.

Chiara Maffioletti

25 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-23

Le nuove regole

Cedolare secca. E l'inquilino

diventa un controllore fiscale

In caso di evasione del proprietario, la denuncia può portare a sconti sul canone. La mappa delle riduzioni

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Cedolare secca. E l'inquilino

diventa un controllore fiscale

In caso di evasione del proprietario, la denuncia può portare a sconti sul canone. La mappa delle riduzioni

MILANO - Con l'introduzione delle nuove norme fiscali sulla cedolare secca, l'inquilino ha tutto l'interesse di verificare se il suo contratto di locazione è registrato e che lo sia per la cifra realmente pagata. La norma infatti introduce un'inedita forma di conflitto di interessi tra chi possiede la casa e chi la occupa: lo schema di decreto legislativo prevede che se il Fisco viene a scoprire la mancata o l'incompleta registrazione di un contratto di locazione applicherà, oltre a una sanzione tributaria che può arrivare al 400% della cedolare secca, anche l'adeguamento automatico del contratto, che si presumerà iniziato alla data dell'accertamento tributario e avrà la durata normale di quattro anni automaticamente rinnovati di altri quattro alla prima scadenza. Il canone sarà pari a tre volte la rendita e con adeguamento annuo all'indice Istat ridotto al 75%.

 

LE CONSEGUENZE CONCRETE - In concreto ciò significa per l'inquilino, che per salvaguardare i suoi diritti si trasformi in informatore, poter pagare dalla metà a un quinto rispetto ai canoni di mercato. Se proprio vogliamo dare una media, partendo dal presupposto del Fisco, secondo il quale la media dei canoni di mercato si aggira attorno a 8 volte la rendita catastale, significa pagare quasi due terzi in meno.

Abbiamo effettuato un computo su due case reali a Milano: il primo è un bilocale di circa 50 metri in zona residenziale servita dalla metropolitana: si affitta a 800 euro al mese e ha un valore catastale di 780 euro: con la riduzione automatica il canone mensile scenderebbe a 195 euro. Un trilocale in centro da 90 metri paga 2000 euro al mese e vale per il fisco 2100 euro; con la mannaia sul contratto il canone scenderebbe a 525 euro...

In realtà il Fisco ha molti modi per venire a conoscere se una casa è affittata senza registrazione: ad esempio controllando l'intestazione delle utenze, ma si tratta di procedure lunghe e che avvengono solo a campione: la "perfidia" della norma sta nel fatto che l'inquilino potrà effettuare una segnalazione alla Guardia di finanza o all'Agenzia delle entrate. Il cittadino lo può già fare oggi ad esempio quando non riceve uno scontrino da un negoziante, ma qui sono in ballo interessi molto più concreti. Nella realtà del mercato bisognerà poi verificare quanto gli inquilini saranno informati dei loro diritti e quanto saranno disposti a rinunciarvi per quieto vivere.

 

SERVE O NON SERVE? - Nelle locazioni residenziali urbane almeno nelle grandi città il fenomeno dell'evasione totale dell'Irpef derivante dagli affitti è un fenomeno abbastanza raro, o meglio è raro il caso in cui si provi a non registrare del tutto il contratto (anche perché l'inquilino a quel punto potrebbe anche smettere di pagare); il caso più diffuso è quello di accordi che mascherino la reale entità del contratto, con pagamenti parzialmente in nero o altri escamotage di dubbia legittimità come finte vendite di mobili: anche in questi casi l'inquilino intraprendente ha con le nuove norme un'arma per farsi abbassare il canone. Il provvedimento invece rischia di servire a ben poco per le locazioni di breve durata (come quelle turistiche o a studenti) dove l'evasione è un fenomeno massiccio: se l'inquilino non ha interesse a restare per anni nella casa non ha nei fatti nessun guadagno nel fornire informazioni alle autorità sul proprietario: se infatti il contratto venisse ricondotto alle condizioni standard delle locazioni residenziali, il canone si ridurrebbe ma ci si assumerebbe anche l'obbligo di riconoscere sei mesi di preavviso al proprietario qualora si voglia lasciare la casa prima di quattro anni.

Gino Pagliuca

22 agosto 2010(ultima modifica: 23 agosto 2010)

 

 

 

IL CASO

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Vito Mancuso, 47 anni,docente di Teologia alla facoltà di Filosofia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano

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MILANO - Le parole della Mondadori non sono bastate a Vito Mancuso per dissipare il "caso di coscienza" che lo arrovella da quando ha saputo i dettagli di quella che è stata ormai definita la "legge ad aziendam", la norma (di cui tutte le aziende nelle stesse condizioni possono beneficiare) che ha permesso al colosso di Segrate di sanare una controversia con il fisco lunga vent'anni pagando non i 350 milioni di euro reclamati, ma soltanto 8,6.

Ieri, la casa editrice ha risposto con una lettera in cui viene contestata la ricostruzione fatta dal vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini, all'origine del "manifesto" di Mancuso pubblicato sabato. "Una risposta che non mi convince affatto - dice Mancuso al Corriere -. Lasciamo perdere la questione formale per cui si rivolge a me con "Caro Mancuso" e poi la firma è genericamente Arnoldo Mondadori Editore. Nel merito la lettera ribadisce che la Mondadori ha vinto due gradi di giudizio ma poi in sostanza si dice che la strada maestra è stata quella di ricercare il male minore e quindi chiudere il contenzioso. A me sembra che la strada maestra, per tutelare l'onorabilità dell'azienda ed essere al di sopra di ogni sospetto, cosa fondamentale per chi ha una missione civica e culturale come quella editoriale, fosse aspettare che quelle sentenze di assoluzione venissero confermate in Cassazione. Insomma: 8,6 milioni di euro sono molto meno di 350, ma comunque sono troppi per un innocente".

Mancuso sembrerebbe a un passo dal lasciare la Mondadori, avendo, tra l'altro, già un incarico come direttore di collana per Fazi. "Quello non ha niente a che vedere con la questione. Come consulente il mio rapporto con la Mondadori era già chiuso da tempo. Ciò che mi preme ora è il mio rapporto con loro come autore. È su questo che sto decidendo".

Anche perché il nuovo libro è pronto: "Ne ho parlato davanti al pubblico di Anteprima, il festival di Pietrasanta organizzato dal gruppo, l'ho presentato ai venditori, c'è la copertina. Però a questo punto non so che cosa farò. C'è un contratto, è vero. So anche cosa c'è in gioco: da un parte un rapporto professionale con persone competenti a cui voglio bene, la più importante casa editrice italiana, in cui sono entrato con fatica e che mi onora mettendomi nel suo catalogo. Dall'altro però c'è un problema etico, civile che non posso ignorare".

Mancuso spera che lo aiuti il confronto con gli altri autori che ha direttamente chiamato in causa nel suo manifesto, firme come Augias, Prosperi, Saviano, Zagrebelski, Citati, Fusini, "autori che hanno questa doppia appartenenza, da una parte il rapporto con Repubblica, dall'altra quello con Mondadori che, a questo punto, a me pare difficile da conciliare. Per ora l'unica che ha ribadito in modo netto di non voler mettere in discussione il suo rapporto con Mondadori è stata Michela Marzano. Mi interessa molto anche sapere che cosa scriverà Eugenio Scalfari. Io non prevedo nè auspico nulla. Non mi aspetto un esodo, faccio soltanto un discorso pubblico e aspetto le reazioni".

Corrado Augias, che del suo rapporto con Mondadori vuole parlare con il pubblico di Mantova, dove presenterà il suo nuovo libro I segreti del Vaticano, ha dei dubbi anche sull'efficacia di una fuga di massa da Mondadori: "Certo, l'uscita di dieci autori porterebbe un danno economico all'azienda, ma credo che non sposterebbe molto dal punto di vista della democrazia. Il vero problema è il conflitto di interessi, anche perché ancora oggi molte persone non sanno esattamente di che cosa stiamo parlando". E sulla legge ad personam come "clamorosa epifania del conflitto di interessi" sono intervenuti ieri il senatore del Pd Vincenzo Vita, Giuseppe Giulietti del Gruppo misto, il portavoce dell'Italia dei Valori Leoluca Orlando.

Cristina Taglietti

23 agosto 2010

2010-08-21

In quattro anni è aumentata del 21,7%

Vola la spesa per le pensioni di invalidità

Al Sud il 58,5% di invalidi in più rispetto al Nord. Peso tributario annuo: 7.359 euro a persona e meno servizi

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(Epa)

(Epa)

MILANO - Vola la spesa per le pensioni di invalidità: nel 2009 risulta nel bilancio dello Stato un esborso di 15,504 miliardi di euro, il 18,7% in più rispetto ai 13,054 miliardi del 2008. In quattro anni, dal 2005 al 2009, la spesa per le pensioni di invalidità è aumentata del 21,7%. Dopo la piccola battuta d'arresto del 2006, nei tre anni successivi la spesa è sempre risultata in aumento. È quanto risulta dall'ultima Relazione generale sulla situazione economica del Paese messa a punto dal ministero dell'Economia.

INVALIDITÀ - Sui 2,6 milioni di trattamenti complessivi, poco meno della metà (1,1 milioni) viene erogata al Sud e alle Isole. Su ogni cento abitanti al Sud ci sono 5,5 pensionati di invalidità, che nella maggior parte dei casi percepiscono anche altri assegni, contro i 3,47 del Nord. Al Sud risultano il 58,5% in più di pensionati di invalidità rispetto al Nord. Per le sole pensioni, escluse cioè le indennità di accompagnamento, in testa alla classifica c'è la Campania con 124.354 assegni.

PESO TRIBUTARIO - Intanto la Cgia (Confartigianato) di Mestre stima in 7.359 euro il peso tributario annuo di ciascun italiano, considerando solo tasse, imposte e tributi. Tra i principali Paesi dell`area euro solo la Francia ha un peso tributario maggiore (10.776 euro). I tedeschi versano invece 6.919 euro a persona, ma ricevono 9.171 euro pro capite l`anno in termini di spesa sociale, mentre gli italiani tra sanità, istruzione e protezione sociale ricevono solo 8.023 euro, vale a dire 2.753 euro in meno della Francia e 1.148 euro in meno della Germania. "Non c'è giustizia ed equità nel continuare a pagare più degli altri avendo in cambio servizi più scadenti in qualità e quantità", commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre.

Redazione online

21 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-18

il caso

"Poveracci" sui mega-yacht,

indagini su cento imbarcazioni

Disoccupati scoperti sulle barche. Finanza in azione da Positano a Sapri:controlli per scoprire i veri padroni

SALERNO— Nullatenenti e disoccupati. Con l’unico torto di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco chi c’era sui potenti yacht e mega-yacht controllati dai militari della sezione operativa navale della Guardia di Finanza di Salerno agli ordini del capitano Alessandro Furnò nella fascia costiera che si estende da Positano a Sapri.

Mica vip danarosi come il cantante Vasco Rossi e l’attore Massimo Boldi, finiti anche loro nei giorni scorsi nell’analoga azione di accertamento anti-evasione. O l’ex manager della Renault di Formula Uno, Flavio Briatore, Solo poveracci, dalle dichiarazioni dei redditi irrisorie, presumibilmente prestanome di imprenditori e professionisti che in questo modo eludono il fisco o, peggio ancora, fanno affari d’oro con la malavita organizzata. Il blitz, che si inserisce in uno specifico piano straordinario nazionale d’intesa con l’Agenzia delle Entrate finalizzato alla determinazione del reddito delle persone fisiche, è scattato tra i porti di Amalfi, Maiori, Agropoli, Acciaroli, Palinuro, Scario, Camerota e Policastro e ha coinvolto circa cento persone e altrettante imbarcazioni riconducibili molto probabilmente a società di charter fittiziamente costituite all’unico scopo di nascondere il vero utilizzatore. Ma c’è anche il sospetto che dietro la titolarità di società di charter che offrono servizi di noleggio di imbarcazioni di lusso ci sia invece l’uso esclusivamente privato per eludere in parte le tasse dovute.

I finanzieri sono intervenuti con veri e propri posti di blocco mentre le barche di lusso erano in acqua e non ormeggiate in rada. In questo modo è stato più semplice poter individuare le persone a bordo con relativo equipaggio. Nè è stato possibile sottrarsi ai controlli come può accadere quando gli yacht sono ancorati e a bordo non c’è nessuno. "La cosa che ci ha maggiormente colpito - spiega il colonnello Alberto Catone, comandante regionale del reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza - è che su panfili e motoscafi anche di venticinque metri abbiamo trovato persone che non avevano reddito o con reddito bassissimo". Ora tutto sta a capire chi c’è dietro questi improbabili armatori. Tutti i dati raccolti saranno ora trasmessi ai reparti territorialmente competenti per gli ulteriori sviluppi di natura fiscale che consentiranno di individuare e circoscrivere nuovi fenomeni di evasione ed elusione fiscale.

Secondo Contribuenti.it il 64% degli yacht che circolano in Italia, sono intestati a nullatenenti, o ad arzilli prestanomi ultraottantenni o a società di comodo, italiane o estere per evadere le tasse. "Finalmente dopo le nostre numerose denunce anche l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a verificare le numerose società di noleggio nautico – afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it – speriamo che estenda il raggio di azione anche alle società estere, in particolar modo a quelle residenti in paradisi fiscali".

Gabriele Bojano

18 agosto 2010

 

 

 

La storia La Cina alza la posta: se volete le risorse, producete da noi

Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech

Il rapporto dell'agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple

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MILANO - Se qualcuno vuole sapere dove va il mondo, può prendere nota di un indizio: i tank della Us Army sono "made in China". Non solo i carri armati, lo sono anche i missili intelligenti che inseguono il bersaglio. E con quelli anche alcuni dei radar militari più sofisticati o i motori ibridi degli incrociatori della Marina.

Ovviamente non tutto di questi armamenti prodotti da grandi gruppi Usa come Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dynamics è "made in China". Vengono da lì solo quelle piccole, invisibili componenti magnetiche che consentono a queste tecnologie di funzionare. Si tratta di 17 elementi della tavola periodica dai curiosi nomi come lutezio, ittrio, scandio, europio o neodimio. Sono le materie prime del futuro, quelle alla base di gran parte delle tecnologie più promettenti del ventunesimo secolo: dalle auto ibride, alle pale eoliche, agli smartphone.

 

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Una loro qualità minerale è che esercitano un magnetismo resistente ad altissime temperature. Ma la particolarità strategica più vistosa è che il 97% della produzione globale di questi materiali viene dalla Cina. Sia per uso commerciale, che per le tecnologie militari. E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall'Occidente verso la Repubblica Popolare.

I rapporti di forza in questo campo sono tutti a favore della Cina, nota un rapporto dell'aprile scorso del Government Accountability Office (Gao) dell'amministrazione Usa. Senza questi 17 elementi rari della terra, non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà speranza all'industria più avanzata. Il neodimio per esempio è l'elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l'hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con l'ossido neodimio sono composti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l'europio e l'ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine "verdi", lo scandio è la materia prima dell'illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medicali di ultima generazione. Da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon: nessuna grande multinazionale delle democrazie industriali può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi in Cina di questi 17 materiali rari.

Senza, la vita sarebbe diversa. Il problema è che la Cina non vende, o vende sempre meno e a condizioni sempre più difficili: anziché esportare gli elementi, vuole che far produrre in Cina le tecnologie estere che li integrano. Secondo quanto riferisce il rapporto del Gao al Senato Usa, il monopolio di Pechino in questo campo in realtà è frutto della lungimiranza del governo più che della dotazione di materie prime. In Cina si trova il 37% delle riserve conosciute di questi 17 elementi, nell'ex Urss il 18%, negli Stati Uniti il 12%. Ma la Russia non ha i mezzi per l'estrazione e l'America negli ultimi 12 anni l'ha bloccata (a Mountain Pass, in California) in nome della tutela ambientale. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell'area circostante: in una democrazia nessuno le vuole avere vicino a casa propria. Servono tecnologie di tutela dei minatori, investimenti elevati, complesse autorizzazioni, tutto ciò di cui la Cina non si interessa. Anche se volesse, l'America avrebbe bisogno di altri 15 anni per rilanciare l'estrazione (e a costi ben più alti che in Cina).

 

Da qui il potere di Pechino sulle materie prime del futuro, che il governo ora usa come una leva sul resto del mondo. In primavera ha alzato i dazi all'export al 25%, a luglio ha tagliato le quote delle vendite all'estero del 72% per il 2010. L'anno prossimo esporterà solo il 60% del fabbisogno globale e, per il resto, propone alle multinazionali di venire a produrre dove si trova la materia prima. Per capire perché lo faccia, basta seguire le proteste di Siemens, Basf, General Electric: accusano il governo di Wen Jiabao di rubare metodicamente il know-how dei suoi "ospiti".

Federico Fubini

18 agosto 2010

 

 

 

2010-08-17

n particolare versati rimborsi iva per 4 miliardi

Fisco: rimborsi per 6 miliardi di euro

E' questo l'ammontare delle somme restituite a cittadini e imprese fino al 31 luglio scorso

in particolare versati rimborsi iva per 4 miliardi

Fisco: rimborsi per 6 miliardi di euro

E' questo l'ammontare delle somme restituite a cittadini e imprese fino al 31 luglio scorso

MILANO - Ha toccato quota 6 miliardi di euro l'ammontare delle somme restituite quest'anno dall'Agenzia delle Entrate ai contribuenti fino al 31 luglio 2010. A beneficiare dei rimborsi di imposte e bonus sono stati circa un milione tra lavoratori dipendenti e pensionati, professionisti e imprese. Da un punto di vista numerico, il dato più rilevante riguarda le imposte dirette con oltre 783 mila rimborsi eseguiti dall'Agenzia delle entrate principalmente a favore delle persone fisiche. Per ciò che riguarda gli importi, invece, la parte del leone la fa l'Iva con ben 4 miliardi di euro riconosciuti a lavoratori autonomi e aziende.

IMPOSTE DIRETTE - I rimborsi relativi a imposte dirette e bonus, destinati a cittadini e imprese, nei primi sette mesi del 2010 hanno fatto registrare l’erogazione di oltre 1,7 miliardi di euro, contribuendo di riflesso a incrementare la liquidità disponibile a famiglie e aziende. Nel dettaglio, si tratta di rimborsi richiesti con le dichiarazioni presentate fino al 2008 e riferibili, quindi, in parte all’anno d’imposta 2007 e in parte agli anni precedenti. "Nuova liquidità - prosegue la nota dell'amministrazione fiscale - è stata assicurata anche alle aziende, ditte individuali incluse, in riferimento ai rimborsi Iva richiesti. In totale, infatti, questi rimborsi hanno consentito l'immissione di liquidità a favore delle imprese per oltre 4 miliardi di euro". Infine, a favore dei contribuenti non residenti, sempre restando in materia di imposta sul valore aggiunto, sono stati effettuati oltre 32mila rimborsi, per una cifra totale che supera i 138 milioni di euro.

Redazione online

16 agosto 2010(ultima modifica: 17 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-12

LA COMPAGNIA TRAVOLTA DA 480 MILIONI DI DEBITI

Tirrenia: il tribunale fallimentare

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Un traghetto della Tirrenia (Ansa)

Un traghetto della Tirrenia (Ansa)

ROMA - Il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza per Tirrenia. Si apre quindi per la società la strada della procedura di amministrazione straordinaria nel solco della legge Marzano. Tocca ora al commissario straordinario, Giancarlo D’Andrea, traghettare la compagnia verso la privatizzazione, anche attraverso la cessione di singoli asset aziendali. Un'eventualità osteggiata dai sindacati che si oppongono ad ogni ipotesi di "spezzatino". La compagnia sembra davvero in tempesta e sulle migliaia di turisti che quest'estate hanno prenotato i passaggi sulle sue navi soffia il vento della protesta: la Uiltrasporti ha già proclamato uno sciopero il 30 e il 31 agosto, proprio nei giorni di rientro dei vacanzieri dalle isole. La Filt-Cgil ha ribadito la necessità di un incontro "urgente" con il governo e affermato che in assenza di un confronto verrà proclamato lo "sciopero".

I SINDACATI: "TENIAMO UNITA LA FLOTTA" - La legge Marzano, mette in guardia la Filt-Cgil, non può essere "un alibi per disgregare la flotta in quanto fornisce tutti gli strumenti ed i tempi necessari affinché sia assicurata la continuità e la salvaguardia del valore produttivo di Tirrenia". No dunque allo "smembramento" di navi e linee. Mentre la Uiltrasporti si riserva di presentare ricorso in Appello contro la decisione del tribunale di Roma sullo stato di insolvenza. Una convocazione da parte di Palazzo Chigi ancora non c’è ma l’incontro potrebbe tenersi, secondo quanto si apprende, nell’ultima settimana del mese, a partire dal 23 agosto.

L'annuncio sul sito web della Tirrenia

L'annuncio sul sito web della Tirrenia

CAOS COLLEGAMENTI - Da Civitavecchia a Cagliari, da Arbatax a Genova, da Napoli a Palermo, nei porti potrebbe essere il caos. Basti pensare all'emergenza provocato in soli due giorni nel porto di Civitavecchia dal guasto ai motori della nave "Clodia", lo scorso 6 e 7 agosto. Ma sul suo sito internet, la Tirrenia assicura: "Saranno effettuati con regolarità tutti i collegamenti programmati e pubblicati sugli orari stampati e sul sito". Anche se si premunisce: "In caso di imprevedibili eventi di natura tecnica..." sarà cura della società "informare tempestivamente gli utenti".

I lavoratori temono che la società non possa pagare i salari. Gravata da 480 milioni di euro di debiti, con 44 navi nella flotta, ha 4 mila marittimi in organico. E intanto l'Adoc, l'associazione dei consumatori, è pronta ad assistere i passeggeri Tirrenia, anche legalmente, qualora si presentassero problemi di trasporto, di ritardo, o di inadempienze rispetto agli obblighi che derivano per coloro che hanno acquistato biglietti della Tirrenia e delle società collegate.

GLI IMPRENDITORI INTERESSATI ALL'ACQUISTO - Proseguono intanto le manifestazioni di interesse degli armatori. L’ex presidente di Confitarma, Nicola Coccia, ha invitato i big dell’armamento italiano come "Moby, Grandi Navi Veloci, Grimaldi, Snav", a formare una cordata mirata al salvataggio di Tirrenia. Coccia è anche azionista di Mediterranea Holding, la società che stava per acquisire la compagnia poco prima che il governo chiudesse senza esito la gara di privatizzazione mettendola, almeno per il momento, fuori gioco. Mediterranea, di cui la Regione Siciliana è socio di maggioranza, sarebbe già al lavoro per una nuova offerta. In campo anche il patron di Moby, Vincenzo Onorato, che ha già dichiarato il suo interesse per Tirrenia, ma non per Siremar. I tempi sono stretti: il 30 settembre è la data fissata dall’Ue per la privatizzazione.

AGITAZIONI SINDACALI -Un presidio spontaneo dei lavoratori Tirrenia è in corso dal primo pomeriggio di giovedì al terminal Traghetti del Porto di Genova. Per venerdì, sono previste assemblee sindacali a partire dalle ore 9 indette con i lavoratori amministrativi di Tirrenia che potranno eventualmente decidere ulteriori iniziative per il pomeriggio. Il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso afferma: "Dando di fatto piena applicazione alla legge Marzano che regolamenta le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, per Tirrenia si apre una nuova fase che non può essere condotta in modo sciagurato e non trasparente come fino ad ora ha fatto il Governo". "Sono indispensabili - chiede il numero uno della Filt - da parte della Presidenza del Consiglio e del commissario straordinario immediati impegni e programmi precisi a tutela dell'occupazione di tutti i lavoratori".

Redazione online

12 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-06

IL PATTO DI STABILITÀ mette in ginocchio le amministrazioni locali

Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

IL PATTO DI STABILITÀ mette in ginocchio le amministrazioni locali

Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

MILANO - Gli enti pubblici hanno risentito della politica finanziaria di rigore volta al risanamento finanziario. Cresce il debito dei Comuni e raggiunge la cifra di 62 miliardi di euro. Cresce ancor di più, rispetto all’esercizio precedente, il debito delle Province attestandosi ad 11,5 milairdi di euro. A lanciare l'allarme è la Corte dei Conti in una relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali nel biennio 2008-2009. "Il debito finanziario dei Comuni - si legge nella relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali relativa agli esercizi 2008-2009 e di recente trasmessa al Parlamento- supera i 62 milardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 miliardi. La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi sia quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria". Cresce pure il numero degli enti locali in disavanzo: nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20%. "La situazione - si legge nella nota dei giudici contabili - non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti". L'obiettivo del patto di stabilità è stato "sostanzialmente conseguito" nel corso del 2009, ma a risentirne maggiormente è stata la spesa d'investimento. Gli enti di autonomia territoriale, osserva la Corte dei Conti, "sono stati coinvolti nella politica di rigore volta al risanamento finanziario dei conti pubblici".

OBIETTIVI RAGGIUNTI - Per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, la principale linea direttrice è stata costituita dal rispetto del "patto di stabilità interno" che agli enti locali assegnava principalmente il compito di controllare la crescita della spesa corrente e di quella in conto capitale. L'obiettivo è stato "sostanzialmente conseguito nel complesso del comparto delle autonomie locali, anche se ne ha risentito maggiormente la spesa d'investimento". La situazione complessiva è quindi "peggiore di quella del 2008 e molti comuni delle classi di popolazione meno numerose risultano inadempienti". Si sono dispiegati solo "parzialmente" gli effetti della riforma del titolo V della Costituzione, mentre "stenta ad avviarsi il "federalismo fiscale" dal quale potrebbe derivare una maggiore responsabilità di entrata e di spesa". Per gli enti locali si evidenzia quindi "una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere". Resta infine "sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma - rileva l'indagine - l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento".

Redazione Online

06 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-04

dopo l'estate, passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento

Federalismo fiscale, primo via libera

La cedolare secca sugli affitti al 20%

Sì del Cdm al provvedimento, che prevede anche la tassa unica per i Comuni. Il Pd: avvantaggia solo redditi alti

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(Milestone Media)

(Milestone Media)

MILANO - Primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto attuativo del federalismo fiscale riguardante il fisco municipale. Dopo la pausa estiva, il testo approvato dal governo passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento per poi tornare al Consiglio dei ministri per l'ok definitivo. Il provvedimento prevede la tassa unica per i Comuni e una cedolare secca sugli affitti al 20 per cento.

IL CHIARIMENTO DI CALDEROLI - Al termine del Cdm, l'entità della cedolare secca è stata al centro di un piccolo giallo. Nella bozza arrivata sul tavolo dei ministri l'aliquota era stata fissata al 25%. Al temine dei lavori, invece, il ministro per le Politiche Agricole Giancarlo Galan ha parlato del 22 per cento mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha dichiarato: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Alla fine è stato il ministro leghista Roberto Calderoli a fare chiarezza. La cedolare secca sugli affitti è stata fissata al 20% a decorrere dal primo gennaio 2011, ha specificato. L'aliquota - ha aggiunto - riguarderà le normali locazioni e non quelle agevolate. L'esponente del Carroccio ha anche reso noto che l'aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell'8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. L'Imu scatterà dal 2014.

CRITICHE DAL PD - Il Pd critica comunque il provvedimento, sostenendo che la cedolare secca sugli affitti "avvantaggia soprattutto i redditi più alti, mentre per quelli più bassi l'effetto paradossale è di determinare un aumento della tassazione rispetto alla norma attuale, che prevede abbattimenti fino al 30 per cento dei redditi imponibili per i canoni calmierati".

PRIMA FASE - Il provvedimento approvato in Consiglio dei ministri a fase di avvio (triennale) del federalismo municipale prevede che i Comuni ricevano il gettito dei tributi immobiliari, che manterranno fino ad allora l'assetto attuale. Dal 2014, invece, saranno introdotte nell'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi propri: un'imposta municipale propria e un'imposta municipale secondaria facoltativa. Il testo, si legge nella nota di Palazzo Chigi, devolve ai Comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito derivante da alcune imposte tra cui l'imposta di registro, ipotecaria e catastale, l'Irpef relativa ai redditi fondiari (escluso il reddito agrario), l'imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili, i tributi speciali catastali, le tasse ipotecarie, la nuova cedolare secca sugli affitti. Vengono stabilite misure finalizzate a rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e ad incentivare la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario. Il decreto istituisce inoltre l'imposta cosiddetta "cedolare secca sugli affitti", un regime fiscale che il proprietario di immobili locati avrà facoltà di scegliere in alternativa a quello attuale. A decorrere dall'anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti stipulati per immobili ad uso abitativo, e relative pertinenze affittate congiuntamente all'abitazione, potrà essere assoggettato, se il locatore così deciderà, a questa nuova imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali, nonchè dell'imposta di registro e dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. La cedolare secca potrà essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione.

SECONDA FASE - Nella seconda fase dell'attuazione del federalismo fiscale municipale - si legge ancora nella nota - a partire dal 2014, per il finanziamento dei Comuni ed in sostituzione delle attuali, saranno introdotte nell'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi propri: un'imposta municipale propria ed un'imposta municipale secondaria facoltativa. La prima sostituirà, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali per i redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili; essa non si applicherà al possesso dell'abitazione principale. L'imposta municipale secondaria facoltativa, invece, potrà essere introdotta, anch'essa dall'anno 2014 e con esclusione degli immobili ad uso abitativo, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

CONSOB - Slitta ancora, nel frattempo, la nomina del presidente della Consob. Secondo quanto si apprende, il tema non è stato affrontato in Cdm che, per le votazioni in aula alla Camera, aveva tempi stretti. La nomina del presidente della Consob è fatta dal presidente del Consiglio su proposta del ministro dell'Economia e, dopo essere stata vagliata dall'esecutivo, passa all'esame delle commissioni parlamentari competenti che esprimono un parere.

Redazione online

04 agosto 2010

 

 

 

 

Cedolare affitti, inquilini e proprietari

ecco i consigli per risparmiare

La doppia strategia: punizioni più severe a chi evade, possibili sgravi a chi è in regola

Vademecum

Cedolare affitti, inquilini e proprietari

ecco i consigli per risparmiare

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Arriva da subito la cedolare secca sugli affitti. Si applicherà dal 2011, sarà su base volontaria, e avrà un'aliquota del 25%. Per i contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa il prelievo sarà al 20%. È quanto prevede l'ultima bozza del decreto sul federalismo fiscale comunale che domani approva al Consiglio dei Ministri. Il nuovo tributo scatterà praticamente da subito assorbendo anche le imposte di bollo e registro, ma il proprietario potrà decidere di mantenere la vecchia modalità di tassazione Irpef.

MILANO—La classica tecnica del bastone e della carota: la vuole usare il Fisco con i proprietari di case renitenti a dichiarare gli introiti percepiti da abitazioni in affitto, con le novità legislative previste dal quarto decreto attuativo del federalismo fiscale. Sul bastone è presto detto: saranno inasprite le sanzioni per i proprietari che evadono le imposte, con penali fino a duemila euro per le somme non dichiarate e fino al 400% sulle imposte evase.

Quanto alla carota: i proprietari che affittano a canone libero dal prossimo anno potranno optare tra la tassazione attuale e una cedolare secca del 25%, che andrebbe a sostituire l’Irpef (comprese le addizionali regionale e comunale), l’imposta di registro e i bolli. Con le regole attuali l’imposizione fiscale sulle locazioni prevede l’imponibilità ai fini Irpef dell’85% del canone annuo percepito, cui si aggiunge il 2% a titolo di imposta di registro (la metà è carico dell’inquilino). Ipotizziamo un contribuente con un’aliquota marginale Irpef, comprese le addizionali, del 42%, e che affitti una casa a 700 euro al mese: oggi paga 3.330 euro di imposte oltre all’Ici; con le nuove regole il suo esborso scenderebbe a 2.100 euro, cui comunque andrebbe aggiunta l’Ici. Il risparmio sarebbe di 1200 euro all’anno. Con aliquote marginali più basse e su canoni ridotti rispetto a quelli dell’esempio il risparmio si ridurrebbe ma rimarrebbe interessante, anche se il sospetto è che molti proprietari continuerebbero a preferire ancora l’esborso zero.

La legge sulle locazioni prevede un trattamento fiscale di favore per i contratti concordati: si tratta di locazioni effettuate, nelle grandi città, a canoni calcolati sulla base di parametri individuati di comune accordo tra le associazioni dei proprietari e i sindacati inquilini. Il proprietario di casa che concede la sua abitazione seguendo questo percorso normativo ottiene con le regole attuali un ulteriore sconto del 30% sull’imponibile Irpef, che quindi viene pagata sul 59,5% (ovvero l’85% standard meno un ulteriore 30%). Con le nuove norme il proprietario che invece optasse per la cedolare secca si vedrebbe applicata un’aliquota del 20%. Per restare al nostro esempio precedente, su un affitto da 700 euro al mese l’imposizione annua complessiva calcolata è di 2.230 euro mentre con la cedolare il carico scenderà a 1680 euro, con un vantaggio di 450 euro. Nei fatti quindi si ridurrà il vantaggio fiscale dei contratti concordati, perché se con le norme attuali a parità di canone si ottenevano, per restare sempre al nostro esempio, risparmi di 1.100 euro (2.230 euro contro 3.330), con la cedolare il gap scenderà a 420 euro. Siccome i canoni concordati sono di norma molto più bassi di quelli liberi, la diminuzione dell’appeal fiscale porterà i proprietari a snobbarli.

E per gli inquilini? Un vantaggio teorico c’è: se le case a canone libero avranno un carico fiscale minore, i proprietari potrebbero ridurre leggermente le pretese mantenendo invariato il guadagno. Nella pratica forse potrà succedere che, spinti dalla minore fiscalità, qualche proprietario che tiene la casa vuota la metta sul mercato. Solo se il fenomeno avrà dimensioni massicce i canoni scenderanno.

Gino Pagliuca

04 agosto 2010

 

 

al tavolo governo-azienda-sindacati

Telecom, firmato l'accordo dopo 20 ore

In mobilità volontaria 3.900 lavoratori

L'intesa prevede anche riconversione professionale e contratti di solidarietà per oltre duemila dipendenti

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L'intesa prevede anche riconversione professionale e contratti di solidarietà per oltre duemila dipendenti

ROMA - È stato firmato l'accordo sugli esuberi Telecom al tavolo governo-azienda-sindacati. L'intesa, raggiunta dopo 20 ore di negoziato ininterrotto, prevede 3.900 uscite in mobilità volontaria nel triennio. Lo ha annunciato il segretario generale della Fistel Cisl, Vito Vitale.

LE CIFRE - Degli esuberi previsti dal piano di Telecom: 3.900 (3.700 sono nuove e 200 sono rimanenze del precedente accordo del 2008) verranno collocati in mobilità volontaria e l'azienda fornirà un'integrazione per l'indennità fino a circa il 90%. Per altri 1.550 lavoratori (1.100 senza requisiti previdenziali e 450 della controllata Share service center) si utilizzeranno contratti di solidarietà e formazione per il ricollocamento in azienda. Per i 470 lavoratori che restano, impiegati nel numero 1254 per le informazioni telefoniche, è stato concordato un prolungamento del contratto di solidarietà firmato nel 2009.

ALTRI PUNTI - Azienda e sindacati hanno trovato anche un'intesa per risolvere il problema dei 3.400 dipendenti già in mobilità che rischiano di rimanere scoperti per la mancanza di finestre per accedere alla pensione, dopo l'introduzione in manovra della finestra mobile. Per loro si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. I lavoratori del "1254" avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo che al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda. Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service.

Redazione online

04 agosto 2010

 

 

 

 

i tagli nel 2011-2013

Unicredit, previsti 4700 esuberi

L'annuncio durante l'incontro tra l'ad Profumo

e i sindacati sul piano di riorganizzazione

i tagli nel 2011-2013

Unicredit, previsti 4700 esuberi

L'annuncio durante l'incontro tra l'ad Profumo

e i sindacati sul piano di riorganizzazione

MILANO - Unicredit prevede di tagliare 4.700 posti di lavoro nel 2011-2013. Lo comunica il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, dopo l'incontro tra l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, e i sindacati, in cui si è iniziato il confronto per definire il percorso teso a raggiungere l'obiettivo di tagli del personale previsto nel piano di riorganizzazione noto come Banca Unica.

"EFFETTO MARCHIONNE" - Per Sileoni Unicredit è stata "contagiata" dall'"effetto Marchionne". Secondo il sindacalista, "il Gruppo Unicredit che dà un'informativa di 4.700 esuberi da realizzare nel triennio 2011-2013, di nuovi assetti inquadramentali, di nuova mobilità territoriale e professionale, di nuove flessibilità di ingresso sul lavoro, si pone politicamente e contrattualmente fuori da quella concertazione recentemente rivendicata dal nuovo presidente dell'Abi".

04 agosto 2010

 

 

 

 

 

2010-08-02

MANOVRA

Pedaggi autostradali, stop al governo

Gli aumenti devono essere sospesi

Il Consiglio di Stato conferma la decisione del Tar che aveva bocciato i rincari dopo il ricorso della Provincia di Roma e di Rieti. Zingaretti: "Vittoria dei cittadini"

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Un casello autostradale (foto Eidon /Vincenzo Tersigni)

Un casello autostradale (foto Eidon /Vincenzo Tersigni)

ROMA - I pedaggi autostradali aumentati dal decreto del governo devono essere abbassati secondo quanto disposto giovedì scorso dal Tar del Lazio. Il Consiglio di Stato ha infatti oggi rigettato la richiesta di sospensiva dell’ordinanza del Tribunale amministrativo avanzata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Anas, che aveva presentato un ricorso urgente contro il Tar. Il Consiglio, si legge nell’ordinanza, ha fissato la discussione nel merito al 31 agosto.

STOP AI RINCARI - Resta perciò in vigore lo stop agli aumenti dei pedaggi autostradali, deciso dalla sentenza del Tar nella scorsa settimana contro le disposizioni contenute nella Manovra. Secondo il Consiglio di Stato "la situazione controversa" relativa all’aumento dei pedaggi autostradali "va conservata immutata in tutti i suoi aspetti sino alla decisione cautelare da parte del Collegio". Infatti, specifica il decreto, "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare connotata dalla estrema urgenza", come invece teorizzato nel ricorso della presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Consiglio ha così respinto "l’istanza di misure cautelari provvisorie" e ha stabilito che l’appello del governo contro l’ordinanza del Tar "potrà essere esaminato nel rispetto del contraddittorio tra le parti nella camera di consiglio fissata per il 31 agosto".

(foto Eidon)

(foto Eidon)

ZINGARETTI : "VITTORIA DEI CITTADINI" - "Esprimo grande soddisfazione per la decisione del Consiglio di Stato, che proprio oggi ha rigettato il ricorso d'urgenza presentato da Anas e Governo contro la sentenza del Tar inerente gli aumenti ai caselli. Si tratta di un'altra vittoria per tutti i cittadini". Lo afferma in un comunicato Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, che aveva presentato il ricorso al Tar seguito ad molti comuni della provincia."Adesso, al più presto, l'Anas si adegui alla decisione presa dal Tar e confermata dal Consiglio di Stato di diminuire i pedaggi - conclude Zingaretti - perché chi amministra la cosa pubblica deve rispettare la legge senza atteggiamenti servili con i potenti e lassisti con le persone normali". Dal Pd arriva la richiesta di ripristinare le tariffe in vigore prima degli aumenti nei 27 caselli interessati. E il Codacons rilancia. "Gli aumenti dei pedaggi introdotti dal Governo sono illegittimi: se non verranno ripristinate le vecchie tariffe potrebbero configurarsi addirittura dei reati a danno degli utenti, quali appropriazione indebita e truffa aggravata". La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, esprime soddisfazione e fa notare come "la Regione abbia fortemente sostenuto la Provincia di Roma contro un aumento ingiusto dei pedaggi, soprattutto per i tanti pendolari del Lazio. Ora spetta all'Anas adeguarsi ai pronunciamenti della magistratura amministrativa".

Redazione online

03 agosto 2010

 

 

 

2010-08-02

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

MILANO - Il mercato dell'auto a luglio si rivelerà un "vero disastro", con un crollo delle immatricolazioni del 26%. Lo afferma, alla vigilia dei dati ufficiali che verranno pubblicati lunedì, Federauto, che chiede al governo di intervenire. "Negli Usa - spiega Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione: "Che ha salvato almeno 100 mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica". In Italia è il contrario". Il numero uno dei concessionari italiani continua: "Secondo le nostre stime, oramai molto precise, luglio consuntiva un altro -26%. Un vero disastro per tutti! Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè sembra che i principali Costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle chilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del governo".

"IL PREMIER PRENDA IN MANO LA SITUAZIONE" - Bavan Bernacchi precisa: "Servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione. Un altro: "Ghe pensi mi". Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a GPL e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti". Oramai, prosegue Federauto, "il trend post-incentivi è confermato: lo Stato introiterà circa 2 miliardi di imposte a vario titolo in meno, i concessionari devono agire sui costi del personale sopprimendo circa 15.000 posti di lavoro, cui se ne aggiungeranno almeno 30.000 dell'indotto. Un vero effetto domino di cui nessuno conosce le esatte dimensioni". Il presidente di Federauto continua: "Allo Stato italiano chiediamo che prenda subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero "a costo zero", perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe, come dice Obama, incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'ABS, l'ESP e gli Airbag." C'è poi tutta la questione della Fiat e della produzione delle auto in Italia. Pavan Bernacchi: "È importante che Fiat resti a produrre in Italia. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Vogliamo rendercene conto e tornare a competere sul mercato del lavoro internazionale? Continuando così avremmo dei bei contratti ma, purtroppo, pochissimi ne potranno godere perchè disoccupati. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa. È il momento". (Fonte Agi)

 

01 agosto 2010(ultima modifica: 02 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-01

Fondo per l'ambiente: regalo da 51 milioni Destinati a rugby, strade e cani randagi

Grazie alla "legge mancia" bipartisan distribuiti finanziamenti per 514 interventi

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Fondo per l'ambiente: regalo da 51 milioni Destinati a rugby, strade e cani randagi

Grazie alla "legge mancia" bipartisan distribuiti finanziamenti per 514 interventi

ROMA - C'entra qualcosa con la tutela dell'ambiente l'adeguamento dello stadio comunale di Belluno? E la ristrutturazione della caserma dei carabinieri di Macerata? Il "recupero di alimenti eccedenti da mense"? Il restauro della parrocchia Madonna delle Grazie di Messina? Poco importa. Saranno tutti finanziati con "il fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio". Ovvero, il nuovo serbatoio finanziario di quella che una volta si chiamava la "legge mancia", il sistema con il quale i singoli gruppi parlamentari distribuivano soldi a pioggia ai collegi elettorali. Una brutta abitudine della quale era stata decretata la fine nel 2007, con la giustificazione delle difficoltà dei conti pubblici. Salvo vederla risorgere un anno dopo sotto mentite spoglie: quella, appunto, di un fantomatico fondo ambientale. Per il quale, quest'anno, i vari gruppi parlamentari della Camera hanno avuto a disposizione una bella somma: 51 milioni 575 mila euro. E venerdì scorso, fulmineamente, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la mozione che ripartisce quel pacco di soldi a ben 514 interventi. Tutti, ovviamente, d'accordo. Con l'unica eccezione dell'Italia dei Valori, che avrebbe rinunciato a distribuire un milione 300 mila euro chiedendo esplicitamente di destinarli al fondo per l'ammortamento titoli di Stato. Il colmo è che questa pioggerellina dorata, dal vago sapore clientelare, arriva a poche ore di distanza dall'approvazione di una manovra finanziaria ancora una volta durissima con gli enti locali. Il che rende il tutto ancora più smaccato. Ce n'è, ovviamente, per chiunque. Ci sono 30 mila euro per la manutenzione ordinaria delle sedi delle associazioni sportive dilettantistiche di Torino. Altri 30 mila per i lavori alla Curia arcivescovile di Bologna. E poi 20 mila euro all'Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d'Italia, presieduta da Gerardo Bianco: soldi che serviranno alla "realizzazione di laboratori scientifici in Calabria" (con soli 20 mila euro?).

Quindi 10 mila euro per l'Associazione valsugana rugby. Ma anche 220 mila euro alla Croce Rossa Italiana fra Bolzano e Città di Castello. Per non dire del diluvio di "mance" alle varie parrocchie: 130 mila euro a quella di San Sebastiano martire di San Sebastiano al Vesuvio, 100 mila a quella di Maria Santissima Annunziata di Naro, in provincia di Agrigento, 80 mila a quella di San Nicola a Lizzano (Taranto), 50 mila alla parrocchia Stella Maris di Porto Cervo, in Sardegna, e chi più ne ha, più ne metta. Tanto per fare un altro esempio, ci saranno pure 100 mila euro per la ristrutturazione degli spogliatori e il rifacimento del manto di erba (sintetica!) del campo sportivo della parrocchia Nostra Signora di Fatima di Talsano, nel tarantino. Non che i Comuni, usciti dalla manovra con le ossa rotte, non abbiano portato a casa qualcosina. Interventi per la viabilità. Soldi per restaurare le facciate dei municipi. Quattrini per sistemare un pochino la viabilità. Il Comune di Agerola, nella provincia di Napoli, ha avuto 300 mila euro per "la realizzazione di infrastruttura turistico-sportiva". Quello di Agrigento, 250 mila per "manutenzione straordinaria della viabilità comunale". Il Comune di Bicinicco intascherà 80 mila euro per fare un impianto fotovoltaico. Quello di Brescia, guidato dal deputato leghista Adriano Paroli, ben 500 mila per la ristrutturazione della platea del Teatro Santa Chiara. Quello di Campodarsego 45 mila per le tribune del campo sportivo. Quello di Catania, amministrato dal sindaco senatore Raffaele Stancanelli, ha ottenuto 250 mila euro per il verde pubblico.

A Mortara, con 100 mila euro faranno un parcheggio. A Oulx, in provincia di Torino, sistemeranno la chiesa parrocchiale con 380 mila euro. A Ripa Teatina, in provincia di Chieti, le fogne e la rete del gas (150 mila euro). A Santa Marinella, in provincia di Roma, salveranno le palme storiche (75 mila euro). Il Comune di Terlizzi, nel barese, spenderà invece 50 mila euro per una scultura in ricordo dei martiri terlizzesi alle Fosse Ardeatine. Quello di Castiglione della Pescaia, nel grossetano, 50 mila per un progetto di recupero di ciclomotori usati. Soldi saranno destinati anche alla Fondazione Emilia Vergani di Carate Brianza, per la manutenzione degli immobili (50 mila euro), alla Fondazione Madonna dello Scoglio per "sistemazione piazzale sagrato" (200 mila), al Giardino di Jacopo, una onlus del veronese, per il contenimento del randagismo (20 mila euro), all'istituto Immacolata di Lourdes a Sciacca per "restauro croce dipinta" (20 mila) e alla Congregazione missionari della Sacra Famiglia a Castione di Loria (Treviso) per recuperare un fondo agricolo con "specie vegetali autoctone arcaiche": 50 mila euro. Potevano poi mancare le Province? Macché. Ecco allora 110 mila euro alla Provincia di Biella per la tangenziale di Mongrando. Ben 650 mila a quella di Asti per la manutenzione delle strade. E addirittura 900 mila alla Provincia di Pescara per fare un impianto di pattinaggio artistico. Unica consolazione, per la verità piuttosto magra, i due milioni di euro che saranno utilizzati per la riqualificazione di piazza d'Armi, all'Aquila, luogo dove erano state piazzate le tende dei terremotati.

Sergio Rizzo

01 agosto 2010

 

 

 

 

2010-07-29

IL DECRETO e' LEGGE

Manovra, sì definitivo della Camera

Schifani: "E' dolorosa ma ci ripara dalle speculazioni"

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Quote latte, la Ue "bacchetta" l'Italia ("9 luglio 2010)

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MILANO - L'Aula della Camera ha definitivamente approvato la manovra economica da 24 miliardi di euro per il 2011-2012. I Il testo, su cui ieri il governo aveva incassato la fiducia, è passato a Montecitorio con 321 sì, 270 no e 4 astenuti. Della manovra ha parlato, durante la cerimonia del Ventaglio, anche il presidente del Senato Renato Schifani: "La manovra - ha detto - è dolorosa ma evita il default come è successo per la Grecia. L'entità della manovra ci mette al riparo da speculazioni finanziarie". "C'è un clima di difficoltà economica - ha aggiunto il presidente del Senato - che nasce da Oltreoceano e per sopperire all'esigenza della riduzione del debito si è fatta una manovra in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani. L'esigenza primaria è la tenuta dei conti".

29 luglio 2010

 

 

 

2010-07-28

iL SEGRETARIO DEMOCRATICO

Bersani: Berlusconi alle Colonne d'Ercole

Il Pd pronto a una fase di transizione

Invito alla maggioranza ad essere "responsabile"

iL SEGRETARIO DEMOCRATICO

Bersani: Berlusconi alle Colonne d'Ercole

Il Pd pronto a una fase di transizione

Invito alla maggioranza ad essere "responsabile"

Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (Eidon)

Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (Eidon)

MILANO - Siamo "alla Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana" e per uscire dalla situazione di impasse politica, occorre "una fase di transizione, alla quale il Pd è disponibile a impegnarsi". Lo ha detto Pier Luigi Bersani, durante le dichiarazioni di voto alla Camera sulla manovra.

LE PAROLE DEL SEGRETARIO - "Il Parlamento discuta e si chieda - ha detto il segretario Pd -. A che punto siamo? Per noi siamo alle Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana, ora si procede con navigazione a vista mentre il Paese chiede altro: vuole riforme e invece è inchiodata sulle intercettazioni. Non si parla mai di lavoro". Quindi l'invito alla maggioranza ad essere "responsabile": "Prendete atto della situazione, fate un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo disposti a una fase di transizione che consenta una corretta democrazia, a partire dalla legge elettorale". "Chi vince non ha un diritto divino - ha concluso - ma una maggiore responsabilità".

SULLA MANOVRA - Duro il giudizio di Bersani sulla finanziaria e sul meccanismo della fiuducia: "Un Parlamento zittito significa un opposizione zittita, ma anche una maggioranza e un Consiglio dei ministri zittiti". Poi tocca a Tremonti: "Ho sentito anche dichiarazioni oniriche - ha detto - come quelle del ministro che dice "pagano i papaveri". Ma quali papaveri ci stiamo fumando? Gli insegnanti, i poliziotti, i vigili del fuoco e gli agricoltori che stanno fuori a protestare contro gli evasori delle quote latte".

INCHIESTA "P3" - Bersani si è espresso anche sulla cosiddetta P3: "All'ombra del capo si è creato un meccanismo parallelo di cricche che sono intervenute con tutta evidenza nella pubblica amministrazione con forti sospetti di corruzione". Quanto alla difesa del coordinatore Pdl Denis Verdini e alla sua determinazione a restare al suo posto, Bersani spiega: "Non è un ministro, può fare quello che vuole, poi gli elettori valuteranno". Invoca invece le dimissioni per Caliendo: "Noi ci occupiamo di persone che hanno un rilievo pubblico. Per questo chiediamo che il sottosegretario si dimetta".

LE REAZIONI - "Governo di transizione verso il nulla: questo è l'obiettivo dichiarato da Bersani, quando invoca, sbagliando, un nuovo esecutivo" ribatte di Margherita Boniver, deputato del Pdl. Reazioni controverse, però, anche il Pd. Come quella di Arturo Parisi: "Governo di transizione? Penso che Bersani volesse semplicemente dire che il tempo di Berlusconi si avvia alla fine e che il Pd è pronto. Pronto comunque. Pronto a che cosa, è un altro paio di maniche. E’ evidente che nel partito le idee al riguardo sono ancora troppe.". Alla fine del discorso, mentre i Democratici applaudivano il segretario, da un microfono di un deputato rimasto acceso, si è sentito qualcuno gridare: "Viva Vendola".

28 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-27

A MONTECITORIO

Manovra, sì della Camera alla fiducia

I voti favorevoli al provvedimento sono stati 329,

i contrari 275. Giovedì il voto finale

A MONTECITORIO

Manovra, sì della Camera alla fiducia

I voti favorevoli al provvedimento sono stati 329,

i contrari 275. Giovedì il voto finale

Giulio Tremonti

Giulio Tremonti

ROMA - Con 329 sì e 275 no, l'aula della Camera ha approvato la fiducia al governo sulla manovra di correzione dei conti per il 2011 e il 2012. Sul decreto da circa 25 miliardi di euro l'esecutivo ha già incassato la fiducia di palazzo Madama. Il via libera definitivo di Montecitorio è atteso per giovedì dopo l'esame degli ordini del giorno.

LE NOVITA' - Tra le principali novità del provvedimento, identico a quello approvato dal Senato, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di "case-fantasma"’.

28 luglio 2010

 

 

 

 

 

Casini:"Si chiedono i sacrifici e si trovano i soldi per i truffatori"

Quote latte: Ue avverte l'Italia, "Modifica pagamento multe è aiuto di Stato"

Il consiglio regionale lombardo approva proposta Pd per fare pressioni sul governo per cancellazione proroga

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Allevatori contro le proroghe davanti alla sede della Regione Lombardia (Carino)

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BRUXELLES - Nuovo avvertimento dell'Unione europea all'Italia sulle quote latte. Ogni modifica alle regole fissate nel 2003 sulla rateizzazione del pagamento delle multe per le quote latte, potrebbe violare le norme Ue sugli aiuti di Stato. Lo indica la Direzione generale dell'agricoltura della Commissione europea in una lettera indirizzata al governo italiano alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra che prevede anche la proroga al 31 dicembre del pagamento delle multe per le quote latte. L'articolo 40bis del maxiemendamento riguarda 109 produttori su oltre 40 mila in regola con la normativa comunitaria.

CONSIGLIO LOMBARDO CHIEDE CANCELLAZIONE NORMA - Con 39 voti a favore e 25 contrari il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato l'ordine del giorno del Partito democratico che chiede al presidente Roberto Formigoni di fare il possibile per cancellare dal maxiemendamento del governo la proroga per il pagamento delle multe per le quote latte. "È insostenibile la posizione della Lega per preservare un piccolo gruppo di allevatori che lavora al di fuori delle regole", ha commentato Fabrizio Santantonio, consigliere regionale del Pd.

SCONTRO GALAN-LEGA - Il ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, aveva chiesto il rispetto degli accordi presi con l'Ue così come il presidente della Lombardia Formigoni, ma domenica scorsa il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, aveva dato assicurazioni ai Cobas del latte: "Galan non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo. E Formigoni non può stare con gli allevatori che non sono con noi". "Non so nulla di quanto ha dichiarato Bossi", ha replicato il presidente della Regione Veneto ed ex ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia.

CASINI: "SOLDI AI TRUFFATORI" - "In una manovra in cui si chiedono sacrifici alle forze dell'ordine ridotte in condizioni difficili, si trovano i soldi per i truffatori delle quote latte, e per chi non ha pagato le multe". Lo ha detto Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc.

Redazione online

27 luglio 2010

 

 

Soddisfatto Calderoli: "Evviva". Giovedì anche il Senato si esprimerà sulle riduzioni

Taglio di mille euro agli stipendi degli on

La decurtazione è effetto della manovra correttiva. Inciderà sulla diaria e sulla quota per i portaborse

Soddisfatto Calderoli: "Evviva". Giovedì anche il Senato si esprimerà sulle riduzioni

Taglio di mille euro agli stipendi degli on

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ROMA - Sarà di mille euro netti al mese il taglio sulla retribuzione dei deputati deciso dall'ufficio di presidenza della Camera sulla base delle indicazioni della manovra economica. Il taglio inciderà per 500 euro sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e per i restanti 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati anche ai "portaborse".

GLI ALTRI TAGLI ALLA CAMERA - La Camera dei deputati, inoltre, taglierà complessivamente nei prossimi tre anni (tra il 2011 e il 2013), 60 milioni di euro, sul complesso di tutte le spese. La somma, si sottolinea, andrà ad aggiungersi ai risparmi, stimabili in 300 milioni di euro, conseguiti dalla Camera, in termini di riduzione della dinamica di crescita della dotazione, tra il 2006 e il 2010.

CALDEROLI SODDISFATTO - "Evviva! - ha commentato entusiasta il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli -. Sono particolarmente lieto della decisione assunta dall'ufficio presidenza della Camera, che ha recepito in toto il contenuto del mio emendamento alla manovra approvato in Consiglio dei ministri". Quell'emendamento "è stato lo stimolo affinchè la Camera, nella sua autonomia, assumesse poi quelle decisioni che tutto il Paese attendeva". Il ministro, che a marzo aveva proposto riduzioni negli emolumenti anche per i senatori e i membri del governo, attende ora che anche gli altri organi istituzionali facciano la loro parte. L'ufficio di presidenza di Palazzo Madama si riunirà giovedì mattina per affrontare la questione: anche i membri del Senato dovrebbero decidere di rinunciare alla stessa somma stabilita dai colleghi della Camera.

Redazione online

27 luglio 2010

 

 

 

EDERALISMO

Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto

Lo Stato cede il tesoro del Demanio

L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti

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L'elenco sul sito dell'Agenzia del Demanio

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Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher

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ROMA - Arriva sul sito online dell'Agenzia del Demanio l'elenco dei beni che potranno essere trasferiti agli enti locali in base al federalismo demaniale. Sono dodicimila "luoghi": caserme, ex poligoni di tiro, strade, scuole, magazzini, abitazioni agricole, fabbricati industriali, edifici parrocchiali, canali, terreni... Un valore globale che sale a 3,6 miliardi, 600 milioni in più rispetto al valore dell'elenco provvisorio diffuso a fine giugno. Un valore destinato a crescere perché sono per ora esclusi dall'elenco i beni di Roma, che saranno oggetto del decreto attuativo del federalismo su Roma Capitale, e sono per ora esclusi i beni delle Regioni a statuto speciale. Quindi, non entrano al momento nel meccanismo del federalismo demaniale beni come il cinema "Nuovo Sacher", da molti anni gestito nella capitale dal regista Nanni Moretti, o il Museo di Villa Giulia, ma anche gli isolotti prossimi alla Maddalena, presenti nella lista provvisoria divulgata il mese scorso.

Non sono contenuti nell'elenco neanche i beni storici-artistici che, in base alla riforma, andranno valorizzati con il coinvolgimento del ministero dei Beni culturali e sono esclusi anche i Parchi sui quali c'è la competenza del ministero per l'Ambiente.

L'elenco, nonostante le assenze, resta ricco: tra i beni trasferibili ci sono Palazzo Archinto a Milano, alcune zone del Colle di Superga a Torino e poi le Dolomiti, delle quali potranno essere ceduti vasti appezzamenti, dalle Tofane al Monte Cristallo alla Croda Rossa. Gli enti locali potranno ottenere anche i fari, come lo "Spignon" di Venezia o quello di Mattinata sul Gargano.

Con la pubblicazione gli enti locali inizieranno a farsi un'idea del patrimonio del quale potranno entrare in possesso e che potranno vendere per migliorare i loro conti. I dodicimila beni sono sul sito web dell'Agenzia del Demanio, diretta da Maurizio Prato, provincia per provincia, divisi per categorie. L'Agenzia continuerà il suo lavoro di aggiornamento e limatura dell'elenco con nuove liste ogni quindici giorni. La lista definitiva entrerà invece nei decreti della presidenza del Consiglio, emanati a fine anno. Da quel momento Comuni, Province e Regioni avranno 60 giorni di tempo per fare richiesta di un bene con l'obiettivo della sua "valorizzazione" ed eventuale vendita.

Paolo Franco, il senatore della Lega Nord che, assieme a tutto il gruppo del Carroccio in Senato, sollecitò l'Agenzia a pubblicare sul sito l'elenco dei beni, ha detto: "Finalmente gli enti locali potranno visionare il patrimonio immobiliare che poi passerà sotto la loro competenza".

In base all'elenco pubblicato ieri è la Lombardia la Regione più dotata di beni trasferibili agli enti locali. La regione governata da Roberto Formigoni può contare su un portafoglio di circa mille beni per un valore di quasi settecento milioni. Ultime in classifica le Marche, con trecento beni per un valore complessivo di sessanta milioni. Il Lazio, esclusa Roma, può contare su quasi mille e cinquecento beni per un valore di oltre trecentotrenta milioni. Per alcune regioni il valore e il numero dei beni è accorpato: Abruzzo-Molise e Toscana-Umbria. Si tratta, in ogni caso, di un valore "inventariale", che non è sempre aggiornato agli attuali valori di mercato, perché questa operazione sarà effettuata nel momento in cui il bene viene richiesto.

A. Gar.

27 luglio 2010

 

 

 

"Trattativa in corso per gli sviluppi che potrà avere la presenza della Rai sul sito"

"Expo, Tremonti è con Milano"

Vertice di due ore tra il ministro, il sindaco e l'ad della società Sala. "Clima positivo"

"Trattativa in corso per gli sviluppi che potrà avere la presenza della Rai sul sito"

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Vertice di due ore tra il ministro, il sindaco e l'ad della società Sala. "Clima positivo"

MILANO - "Il ministro Tremonti lavora per noi". L'amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala, esce soddisfatto dal vertice con il ministro dell'Economia e delle Finanze, che ieri pomeriggio ha ricevuto nei suoi uffici milanesi lo stesso Sala insieme al sindaco Letizia Moratti. Soddisfatto perché "Tremonti si è dimostrato molto disponibile e ci sta dando una mano a inquadrare diverse questioni". Nessuna parola, stando a Sala, sulla vicenda che è ancora all'ordine del giorno e che sta dividendo i soci pubblici di Expo: la disponibilità dei terreni che ospiteranno il sito. "È una questione che non mi riguarda direttamente, ma è chiaro che auspichiamo una soluzione in tempi brevi".

Probabile però che la Moratti, durante una chiacchierata a quattr'occhi, abbia chiesto indicazioni al ministro sullo spinoso tema. Come noto, il sindaco-commissario e il presidente della Provincia sono contrari alla tesi dell'acquisto, proposta invece dalla Regione che giusto oggi farà approvare in consiglio comunale la nascita della newco, una società-veicolo che si farà carico di comprare i terreni "ad un prezzo congruo". La soluzione approvata dall'assemblea dei soci è invece quella definita con i proprietari (Fondazione Fiera e gruppo Cabassi), che cederanno gratuitamente i terreni pagando 200 milioni di euro in parte cash e in parte contribuendo alle spese di infrastrutturazione. In cambio, dopo il 2015 resteranno loro i diritti edificatori attraverso i quali, teme la Regione, i privati potrebbero trarre un eccessivo vantaggio.

A questo proposito, ieri è intervenuto il presidente della Provincia di Como, Leonardo Carioni, consigliere di Expo per il Tesoro: "Condivido la verifica legale chiesta dalla Regione, perché la legalità del percorso deve essere per tutti un passaggio doveroso per sbloccare la vicenda delle aree". Il sindaco ha poi in effetti annunciato che, come concordato dal consiglio di amministrazione, questa proposta sarà sottoposta ad un advisor per essere certi della validità dello "scambio" in termini giuridici ed economici. Non solo: il sindaco aveva poi dato a Formigoni tempo fino a domani per presentare la sua offerta di acquisto dei terreni, con tanto di cifra "congrua" messa nero su bianco.

In attesa di sviluppi, Sala preferisce preoccuparsi di "dare contenuti al tema Expo". Di qui, la soddisfazione per la chiacchierata con Tremonti. "Ci sta dando una mano per avere collaborazioni con le grandi corporate che potranno diventare partner del progetto". Seconda questione, è quella della Rai: "Abbiamo una trattativa in corso per capire quali sviluppi potrà avere la presenza della Rai sul sito espositivo". Era stato infatti annunciato che la tivù di Stato ai avrebbe trasferito in questa area i propri uffici e gli studi milanesi, in modo da realizzare una sorta di Saxa Rubra del Nord. Sala precisa che "ci siamo dati dicembre come termine per risolvere la questione". Quanto ai contenuti che potrebbero legare la Rai ed Expo, "siamo tornati a discutere dell'ipotesi annunciata dal sindaco, di lanciare un canale Rai dedicato all'Expo".

Rinviato intanto a venerdì il cda cominciato ieri pomeriggio, ma interrotto proprio per l'incontro di Sala con Tremonti. Oltre al già annunciato via libera alle prime gare per il sito, si è affrontata la questione delle deleghe che Sala potrà avere e che, in questo momento, risultano molto limitate dall'articolo 54 della Finanziaria nel quale si precisa che ogni decisione deve passare dal vaglio del cda e deve essere comunicata con report trimestrali al Tesoro. "Ho esposto al consiglio - riassume Sala - le problematiche che ci deriveranno da questa norma, anche in relazione ad eventuali tagli o assunzioni di personale". Nel consiglio di venerdì, infine, si discuterà dello stipendio di Sala che, al momento della sua nomina, aveva annunciato: "Guadagnerò meno del mio predecessore, Lucio Stanca".

Elisabetta Soglio

27 luglio 2010

2010-07-26

Federalismo fiscale

Bossi: "L'Irpef e l'Iva ai Comuni"

Poi arriva la frenata leghista

Pd e Idv contro la proposta del ministro. Calderoli:

"Una sciocchezza, io e Umberto ne abbiamo riso"

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Pd e Idv contro la proposta del ministro. Calderoli:

"Una sciocchezza, io e Umberto ne abbiamo riso"

Bossi durante la festa leghista a Soncino

Bossi durante la festa leghista a Soncino

CREMONA - Umberto Bossi rilancia sul federalismo fiscale. Domenica sera, durante la festa della Lega Nord di Soncino (Cremona), il ministro per le Riforme ha spiegato che il Carroccio "ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ora bisogna trovare l'accordo con Tremonti. Vedrete che ce la farò". "Questo - ha aggiunto Bossi - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale. Non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può". A far discutere, però, è soprattutto la proposta di Bossi di "destinare Irpef e Iva ai Comuni". Un'idea che provoca le dure reazioni di Pd e Idv, tanto che nel tardo pomeriggio arriva il chiarimento di Calderoli: "Solo una sciocchezza riportata da un quotidiano locale e rilanciata dalle agenzie".

Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord Bossi alla festa della Lega Nord

LE REAZIONI - Intanto, però, le frasi di Bossi su Irpef e Iva hanno già suscitato numerosi commenti da parte di esponenti della maggioranza e dell'opposizione. "Quando un alleato importante come Bossi fa una proposta - dichiara Ignazio La Russa, ministro della Difesa e coordinatore nazionale del Pdl - non si può certo fare spallucce, anche se si tratta di una proposta che può destare qualche perplessità, come nel mio caso, ma che può avere per alcuni una sua ragionevolezza. Lo ripeto, non possiamo fare spallucce, ma ora non stiamo parlando di questo tema". La proposta di Bossi non è invece piaciuta ad Anna Finocchiaro. "Di fronte a questa sparata su Iva e Irpef - dichiara la presidente dei senatori Pd - viene da chiedersi, come fanno a Roma, 'Ma Bossi c'è o ci fa?'. Non è possibile che un leader politico come Bossi non sappia che la sua proposta è impraticabile e che le scelte del governo, di cui Bossi fa parte, vanno in tutt'altra direzione da quella da lui indicata. Le affermazioni del capo della Lega sembrano già propaganda da campagna elettorale più che responsabili dichiarazioni di un ministro e questa irresponsabilità conferma che il nostro Paese è senza governo". Critico anche Antonio Di Pietro. "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai comuni - chiede il leader Idv - quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica". Poco più tardi arriva però la precisazione di Roberto Calderoli: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai Comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle Regioni. I tributi destinati ai Comuni - chiarisce il ministro per la Semplificazione Normativa e Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord - saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

QUOTE LATTE - L'opposizione critica anche le frasi di Bossi sulle quote latte. "Sto dalla vostra parte - ha dichiarato il Senatùr, rivolgendosi ai Cobas - chiederò a Zaia di scendere in campo. L'ho detto anche a Berlusconi: non puoi far chiudere le fattorie del nord, la gente non capirebbe". Vi ricordate quando coi trattori volevate entrare a Milano e io vi dissi che il sindaco, che era leghista, avrebbe dovuto per forza far intervenire la polizia? - ha proseguito Bossi - Vi dissi: facciamo un patto, voi non marciate su Milano e io risolvo il problema: avete fatto bene a fidarvi allora e adesso. Galan, io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. È uno che fa, non come Galan che parla e basta". E al vice presidente della Regione Lombardia, il leghista Andrea Gibelli, ha detto: "Devi dire al tuo capo Formigoni che non può manifestare con gli allevatori che non stanno dalla nostra parte: patti chiari e amicizia lunga". "Finalmente Bossi ha gettato la maschera - attacca il capogruppo dell'Udc in commissione Ambiente alla Camera, Mauro Libè - ammettendo che difende gli allevatori che non hanno rispettato le quote latte perché con loro ha stipulato un patto segreto e immorale. I trattori delle proteste di qualche anno fa non sono entrati a Milano, per non costringere il sindaco leghista a sgombrarli, in cambio delle promessa di aiuto. A costo di violare leggi, norme comunitarie e regole morali. Davvero un bel comportamento per un politico che è per giunta ministro". "Ma la Lega non era il partito degli onesti? Non era il partito che agitava il cappio in Parlamento? Non era il partito che organizzava le ronde per far rispettare la legge? - chiede Ernesto Carbone, coordinatore del Forum Agricoltura del Pd. - Le dichiarazioni di Bossi ai Cobas del latte sono l'ennesima dimostrazione di come l'illegalità sia l'essenza stessa di questo governo: un ministro della Repubblica che dichiara di stare al fianco di pochi truffatori, che se ne infischia delle regole, e spudoratamente utilizza messaggi chiaramente minacciosi verso i suoi colleghi di governo".

Redazione online

26 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

2010-07-25

e sulle regioni ribadisce: "arriveranno al tavolo della discussione"

Manovra, Tremonti sul federalismo

"Ci riallinea all'Ue e responsabilizza"

Il ministro: "Quello fiscale darà servizi più vicini e meno costosi. Stop alla droga del debito pubblico"

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Manovra, Tremonti sul federalismo

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Il ministro dell'Economia Giulio Termonti (Ansa)

Il ministro dell'Economia Giulio Termonti (Ansa)

MILANO - Il federalismo "ci riallinea all'Europa" e "crea responsabilità" perché "non è possibile continuare con la droga del debito pubblico". Ne è convinto Giulio Tremonti. "Se hai tutte le responsabilità al centro - ha spiegato il ministro dell'Economia - , non esiste governo centrale che regga a tutte le pressioni, a tutte le domande. Tutte le tasse stavano al centro e tutti i doveri di finanziamento erano al centro e questa è la ragione per cui l'Italia ha cominciato a fabbricare debito pubblico". Parlando ancora del federalismo, Tremonti ha poi rilevato che l'Italia sta uscendo da "un sistema folle, quello dei costi storici, per il quale più spendi, peggio spendi, più hai" ha detto il ministro.

REGIONI - Tornano al tema del confronto con le Regioni, Tremonti ha poi ribadito di confidare nel fatto che il dibattito possa ripartire. "Anche loro arriveranno al tavolo della discussione e troveremo qualche allineamento" ha detto Tremonti. Secondo il ministro andrà trovato un collegamento tra le tasse e la spesa. "L'Iva - ha rilevato - è usata come Bancomat. Bisogna trovare un collegamento altrimenti non c'è trasparenza. Non è che quando compri una bibita pensi che paghi l'Iva che va alle Regioni che pagano le sanità". Poi Tremonti ha detto di vedere "quasi un eccesso di fiducia nel federalismo fiscale. Darà servizi più vicini e meno costosi, un maggiore grado di trasparenza nell'azione pubblica, un riallineamento dell'Italia sui modelli europei. Sarà tornare come eravamo prima". (Fonte Ansa)

 

23 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-22

Formigoni: "Scenderemo dai grattacieli e andremo nei palazzi romani simbolo di sprechi"

Manovra, no degli enti locali

Tremonti: scenderanno dai grattacieli

Regioni, Comuni e province compatti nel parere negativo. Il ministro: i governatori torneranno a trattare

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I governatori contestano i tagli previsti dalla manovra

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ROMA - Regioni, Comuni e province hanno espresso, come si sapeva, parere negativo alla manovra. Lo ha detto il ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, al termine della Conferenza unificata che si è svolta giovedì pomeriggio nella sede del ministero. Il presidente dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, aveva annunciato "parere negativo all'unanimità" sulla manovra alla Conferenza unificata delle autonomie locali. "Abbiamo discusso e abbiamo confermato il parere negativo, all'unanimità, sulla manovra", ha riferito Errani al termine della Conferenza delle Regioni.

CHIAMPARINO - "Abbiamo espresso parere negativo alla manovra e abbiamo consegnato al governo il documento nel quale si boccia la manovra". Lo ha detto il presidente dell'Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani), Sergio Chiamparino. Commentando la dichiarazione di Tremonti nel quale il ministro si dice convinto che alla fine le regioni scenderanno dai grattacieli, Chiamparino ha replicato: "Più che scendere dai grattacieli, io avrei bisogno di salirci. Se concordiamo sul testo, si può slittare anche di una settimana. L'importante è rispettare gli accordi".

"SCENDERANNO DAI GRATTACIELI" - Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva infatti detto che le Regioni "scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo" delle trattative. "La realtà è un po' diversa da quella che si è voluta forzare. Noi con la "municipale" - ha aggiunto riferendosi alla futura imposta unica - stiamo con i campanili. Le Regioni sono un po' più lontane". Parlando invece del federalismo, Tremonti ha detto: "Sulle Regioni è molto complicato perché essenzialmente fanno la sanità ed è strano finanziare la sanità con l'Iva o con l'Irap perché non c'entra un tubo. Stiamo ragionando sul federalismo fiscale, anche le Regioni avranno una sede per discutere".

"NOI COI PIEDI PER TERRA" - Un botta e risposta a distanza quello tra Tremonti e Errani. Il governatore dell'Emilia Romagna ha infatti immediatamente commentato le parole del ministro sui grattacieli. "Noi siamo con i piedi ben piantati per terra e chiediamo tempo di fare una trattativa vera e non a parole, considerando che, come è ormai evidente a tutti, i tagli della manovra sono insostenibili. "Scenderemo dai nostri grattacieli, simbolo di efficienza e di virtù, e andremo in quei palazzi romani che per i nostri popoli sono simbolo degli sprechi e del centralismo" ha voluto replicare da parte sua Roberto Formigoni, punto sul vivo per gli accenni ai "grattacieli", come quello di Milano appena costruito, nuova sede della Lombardia. "Una volta approvata la manovra e mandato un segnale ai mercati, Regione e governo scrivano un nuovo patto tra loro per gestire al meglio le ricadute dei tagli sui servizi essenziali al cittadino", ha concluso Formigoni.

TAGLI INSOSTENIBILI - Già in precedenza il leader della Conferenza delle Regioni aveva parlato di tagli "insostenibili". Tornando anche a chiedere al premier Silvio Berlusconi l'istituzione della commissione sui costi di funzionamento delle istituzioni. Nel corso della Conferenza dei governatori, infatti, si è deciso di ribadire la necessità di creare al più presto la commissione sugli sprechi. Le Regioni invieranno "una lettera al premier per sollecitare l'istituzione della commissione", ha riferito Errani ricordando che il premier si era detto disponibile alla creazione di questo organismo.

Redazione online

22 luglio 2010

 

 

 

L'IMPOSTA MUNICIPALE PREVEDREBBE ANCHE Un'ADDIZIONALE PER RECUPERARE l'ICI

Il premier frena, in bilico

la tassa unica dei Comuni

Si allontana l'"Imu", avrebbe sostituito almeno tre tributi

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Il premier Berlusconi e il ministro Tremonti

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Imposta municipale unica: Imu. Era il coniglio che il "geniale" Giulio Tremonti, come l’ha definito un giorno Silvio Berlusconi, si stava apprestando a cavare dal cappello per restituire ai Comuni italiani un pezzo di autonomia fiscale in vista del federalismo. Peccato soltanto che la parola "tasse" nel vocabolario del premier non esista. E che la semplice prospettiva di tenere a battesimo una nuova imposta sia considerata negli ambienti a lui più vicini una ipotesi sciagurata.

Anche se questa tassa ne sostituirebbe almeno tre. Ecco spiegato come ancora prima di nascere l’Imu rischi di incamminarsi sul viale del tramonto. L’articolato del disegno di legge che "istituisce" l’imposta è pronto: messo a punto da Tremonti con i suoi più stretti collaboratori. L’Imu assorbirebbe il gettito Irpef sugli immobili, l’imposta di registro sulle transazioni immobiliari e la tassa ipotecaria catastale dovuta sui mutui, che contestualmente verrebbero abolite. In tutto una quindicina di miliardi: somma pressoché identica a quella dei trasferimenti statali diretti ai municipi. Soldi che però, a differenza dei fondi statali, verrebbero a regime gestiti, dopo una fase transitoria, interamente dai sindaci. Ai quali, secondo il disegno di legge di Tremonti, sarebbe consentito anche di recuperare con uno stratagemma il gettito dell’Imposta comunale sugli immobili abolita dal governo Berlusconi. In che modo? Grazie alla possibilità, prevista dal disegno di legge, di introdurre un’"addizionale Imu" che sostituisca una lunga serie di balzelli comunali: Tarsu, Tosap, Cosap e imposta sulle insegne e la pubblicità. Modulandone il livello i Comuni potrebbero agevolmente riappropriarsi di quei 3,4 miliardi che il colpo di spugna sull’Ici per la prima casa ha tolto ai loro bilanci. E che i sindaci non hanno mai digerito. Al punto da aver provato diverse volte a riprendersi quella piccola leva fiscale. Per esempio proponendo la cosiddetta "service tax": una imposta sul valore patrimoniale degli immobili, ma corretta in base al reddito dei proprietari. Proposta già avanzata quando alla guida dell’Anci c’era l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, ma che non aveva mai fatto breccia per la stessa ragione che adesso sembra frenare l’Imposta municipale unica.

Non che l’applicazione dell’Imu non comporterebbe qualche problemino di carattere tecnico. E pure piuttosto serio. Per dirne una, la frequenza delle transazioni immobiliari è notoriamente molto diversa da città a città: il gettito dell’imposta di registro e della tassa catastale è perciò territorialmente assai disomogeneo. Per questo era prevista la costituzione di un fondo perequativo nel quale sarebbe confluito il gettito delle tre tasse per essere poi redistribuito. I sindaci avrebbero poi progressivamente preso in mano le redini della nuova imposta. In ogni caso i vantaggi, in termini di semplificazione, compenserebbero ampiamente le difficoltà di applicazione. Ma se risolvere i problemi tecnici è sempre possibile, per quelli politici è decisamente più complicato. I Comuni insistono perché venga loro restituita l’autonomia impositiva: e questo, sostengono, non può che avvenire se non attribuendo loro il potere di tassare gli immobili. E per corroborare questa tesi portano i risultati di uno studio internazionale dell’Ifel secondo cui otto Paesi su dieci applicano un simile sistema. Nella maggioranza di governo questa linea ha l’appoggio della Lega Nord. Non a caso il disegno di legge delega sul federalismo dice chiaramente che per i Comuni si deve privilegiare la fiscalità connessa agli immobili. E lo stesso Tremonti, in una relazione al Parlamento, ha aperto qualche importante spiraglio.

Il fatto è che grazie alla promessa dell’abolizione dell’Ici fatta in campagna elettorale Berlusconi ha vinto le ultime elezioni politiche, e chiaramente non è disposto a rimangiarsela. Nemmeno indirettamente. Tanto più in un momento complicato come questo, con i sondaggi che indicano un preoccupante calo di popolarità. Una situazione di cui Tremonti è ben consapevole, se un giorno, mentre presentava ai sindaci la sua riforma fiscale per i Comuni, qualcuno lo avrebbe sentito far riferimento alla necessità di persuadere il presidente del Consiglio. Missione evidentemente non proprio agevole. Così per il momento l’"istituzione" dell’Imu prevista dall’articolato di Tremonti è sospesa: se ne parla soltanto come ipotesi "facoltativa". Di conseguenza, è sospeso anche il capitolo del fondo perequativo. E per ora si resta ai trasferimenti puri e semplici dello Stato centrale. Il federalismo fiscale può ancora attendere un po’...

Sergio Rizzo

22 luglio 2010

 

2010-07-20

Il CASO FINMECCANICA. Il ministro: "Non sono lo sponsor di Cattaneo"

La Russa: "Guarguaglini? Lavora bene"

Ma la Difesa taglia 25 Eurofighter

Ridotti anche gli ordini dei caccia intercettori: "Il risparmio sarà di circa 2 miliardi"

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Ma la Difesa taglia 25 Eurofighter

Ridotti anche gli ordini dei caccia intercettori: "Il risparmio sarà di circa 2 miliardi"

(Ap)

(Ap)

FARANBOURGK (INGHILTERRA) - I tagli della Difesa colpiscono anche il programma del caccia intercettore Eurofighter. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, parlando nel corso di una conferenza stampa al Salone internazionale di Farnborough. "Per quanto riguarda gli intercettori Eurofighter - ha detto - di intesa con i vertici delle Forze armate abbiamo deciso una diminuzione di 25 velivoli mantenendo lo stesso livello di efficienza. Il risparmio sarà di circa 2 miliardi". Questi 25 aerei fanno parte della terza tranche della fornitura di Eurofighter alle Forze armate italiane che anziché 121 saranno quindi dotate di 96 velivoli. L’Italia partecipa attraverso Finmeccanica nel consorzio con Germania, Spagna e Inghilterra che realizza l’aereo. La quota italiana è del 21% del consorzio, mentre il valore delle partecipazioni della aziende arriva al 36%.

LA RUSSA: "NON SONO SPONSOR DI CATTANEO" - Ignazio La Russa, parlando sempre di Finmeccanica, ha poi negato di essere "lo sponsor" di Flavio Cattaneo, Ad di Terna, per sostituire Piefrancesco Guarguaglini alla guida della società: "Flavio è un mio amico ed capacità tali da poter ambire a qualsiasi posto ma non credo di essere suo sponsor, nè credo che ci siano manovre in questo senso", ha dichiarato il ministro della Difesa al salone aerospaziale di Farnborough. La Russa, ospite del megastand di Finmeccanica, ha poi ribadito "la piena fiducia" del governo italiano in Guarguaglini, come aveva fatto poco prima la titolare dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini: è la stessa "solidarietà che io (gli) esprimo quotidianamanete non solo per i ritorni economici ma per il lustro che Finmeccanica da all'immagine dell'Italia. Questo significa che chi la guida, lo fa bene".

20 luglio 2010

 

 

 

 

Roma capitale, nessun taglio

Modificato all'unanimità il testo del governo: assessori da 12 a 15, i consiglieri restano 60 (invece di 48)

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Il commento di Corrado Ruggeri

CAMPIDOGLIO

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Berlusconi e Alemanno alla conferenza stampa di presentazione di Roma Capitale il 7 maggio 2009 (Lapresse)

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ROMA - Non è ancora il testo definitivo, ma è comunque un segnale: al Campidoglio, sulla riforma di Roma Capitale, la "casta comunale" non si rassegna. E, anzi, nel giorno in cui Alemanno annuncia "la proposta per il 20 settembre, quando verrà da noi in visita ufficiale, della cittadinanza onoraria al presidente Napolitano, come primo cittadino di Roma Capitale", all’unanimità (56-0, il voto...) rilancia. Il governo, nelle settimane scorse, aveva varato la prima bozza del primo decreto attuativo per la riforma dello status del Comune che, tra le altre cose, andava nella direzione di ridurre i costi della politica: meno consiglieri, meno assessori, meno municipi, meno soldi di indennità ai vari rappresentanti.

Una bozza che doveva passare al vaglio del Comune, che avrebbe potuto apportare le sue proposte di modifica, che a loro volta dovranno poi essere vagliate di nuovo dalla commissione parlamentare bicamerale. Bene, le "correzioni" dei consiglieri comunali, tutti d’accordo, nessuno escluso, ribaltano completamente la faccenda. I consiglieri dovevano scendere a 48? Macché, secondo "il nuovo" articolo 3 "L’Assemblea capitolina, che rappresenta una popolazione superiore ad un milione di abitanti, è composta dal sindaco di Roma Capitale e da sessanta consiglieri". Sessanta, esattamente come ora. E poi? Gli assessori, secondo il governo, dovevano essere "un quarto dei consiglieri dell’assemblea", quindi 12. E invece no: per centrodestra e centrosinistra, " la giunta è composta da un numero massimo di 15 assessori", che sarebbero tre in più di quelli attuali. Un modo, per Alemanno, per allargare la sua maggioranza senza scontentare nessuno.

Anche i Municipi, secondo il testo governativo, avrebbero subito un "taglio": da 20, dovevano passare a 12. Anche qui, indietro tutta: "Il numero, comunque inferiore a quello attuale, viene individuato dallo statuto di Roma Capitale in modo da garantire l’efficace ed efficiente espletamento delle funzioni di loro competenza, nonché una conseguente riduzione dei costi".

Basta? Non basta. Tra gli amministratori di Roma Capitale, secondo le modifiche proposte, sarebbero annoverati anche i "consiglieri municipali" e poi "sindaco, presidente dell’Assemblea, assessori e presidenti dei Municipi hanno diritto ad una indennità di funzione determinata con decreto del Ministro dell’Interno, su proposta dell’Assemblea". E i famosi gettoni di presenza per consiglieri comunali e municipali? Per i primi, le modifiche del Campidoglio parlano di "una indennità di funzione che tiene conto della complessità e specificità delle funzioni conferite a Roma Capitale, determinata dal Ministro dell’Interno su proposta dell’Assemblea". I consiglieri municipali, invece, "hanno diritto a percepire un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni consiliari". E anche in questo, l’importo— non più di un quarto di quello del minisindaco — è determinato con decreto del Viminale sempre su proposta dell’Assemblea. Per gli amministratori sono previsti anche dei paracadute: l’aspettativa non retribuita per i dipendenti pubblici; il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali, assicurativi e figurativi.

L’unico taglio è sui rimborsi per i permessi retribuiti che spettano ai consiglieri: non potranno superare, annualmente, l’importo previsto dalla somma dei gettoni di presenza percepiti in 12 mesi. Tutti felici, naturalmente. Maggioranza e opposizione. Così, nella conferenza stampa congiunta, Alemanno, Marco Pomarici (presidente del consiglio comunale), il vicesindaco Mauro Cutrufo da una parte, e Francesco Smedile (Pd, presidente della commissione Roma Capitale) dall’altra, hanno sottolineato "il clima di grande collaborazione che si è creato", con una serie di complimenti a vicenda tra maggioranza e opposizione. Ora, però la palla ripassa prima a Regione e Provincia, poi alla Commissione unificata delle regioni, infine alla commissione bicamerale sul Federalismo fiscale. Per ora, però, il risultato è chiaro: "Casta comunale"-governo 56 a zero.

Ernesto Menicucci

"Corriere della sera", edizione roma, pagina 1

20 luglio 2010

 

2010-07-17

Forte dei Marmi, il comune "ricco

e virtuoso" contro il governo

Non può spendere il tesoretto di 24 milioni a causa del patto di stabilità. Il sindaco pd promette battaglia.

IL CASO

Forte dei Marmi, il comune "ricco

e virtuoso" contro il governo

Non può spendere il tesoretto di 24 milioni a causa del patto di stabilità. Il sindaco pd promette battaglia.

Forte dei Marmi

Forte dei Marmi

MILANO – L’ultima arrabbiatura Umberto Buratti, sindaco pd di Forte dei Marmi, se l’è presa nel leggere i dati dell’ultimo esercizio finanziario: sei milioni di euro. Che non erano debiti, badate bene, ma soldi accumulati dall’amministrazione, in assoluto avanzo, insomma risparmiati. Che, aggiunti ai fondi non spesi negli anni passati dal comune più vip della Toscana, portano a quasi 24 milioni di euro il "tesoretto" accumulato. E allora perché Buratti si è arrabbiato? Colpa del solleone? "Macché solleone. Mi arrabbio perché questi soldi, che potrebbero essere investiti in servizi per i residenti e per i turisti o per creare posti di lavoro – sottolinea il sindaco – non possono essere spesi. Il motivo? Le regole troppo rigide del patto di stabilità tra enti locali e governo che penalizzano i comuni piccoli ma ricchi e virtuosi".

CASE AI NATIVI - Così Buratti, già alla ribalta della cronaca per aver destinato case ai "nativi" contro l’invasione di russi "mangia-case", ha deciso di mettersi alla guida di un’altra battaglia. E di guidare la "rivolta" dei comuni "ricchi e virtuosi", ad alta concentrazione turistica, per chiedere al governo una deroga sulle regole del patto di stabilità e poter spendere i soldi risparmiati in sviluppo, lavoro e servizi. "Anche perché Forte dei Marmi, come tante altre località, ha limiti di spesa legati al numero dei residenti – spiega il sindaco – senza considerare l’afflusso degli ospiti. In inverno, per esempio, al Forte vivono meno di 8 mila persone, in estate salgono a 35 mila. E allora è chiaro che, in assenza di deficit, è necessario investire di più".

QUARTIERE BLASONATO E SENZA RETE FOGNARIA - In Versilia è molto forte la richiesta di turisti e cittadini di un radicale miglioramento del traffico e di una maggiore attenzione ai problemi della sicurezza. Nel quartiere di Roma Imperiale, dove si trovano le ville più lussuose e soggiornano attori, cantanti, calciatori e imprenditori di fama internazionale, mancano dissuasori anti-traffico, dossi, semafori intelligenti, vigili urbani, telecamere. E addirittura una parte del blasonatissimo quartiere non è collegata alla rete fognaria con il conseguente obbligo di usare la fossa biologica e chiamare periodicamente le autobotti per svuotarla. "Il Comune ci ha promesso interventi immediati – denuncia Marco Rosi, patron di Parmacotto – ma poi ha fatto poco o niente. Il risultato è desolante, soprattutto di sera, bolidi e suv sfrecciano ad alte velocità, c’è rumore e soprattutto pericolo per i pedoni e i ciclisti. Avevamo suggerito al sindaco tutta una serie di accorgimenti tra i quali dossi artificiali. Ne è stato installato uno soltanto che serve a poco o a niente". Il sindaco scuote la testa e dà ragione ai villeggianti. "Hanno ragione, ma io ho le mani legate – dice – ed è proprio per questo che voglio cercare di cambiare le cose e poter spendere i soldi risparmiati. Che adesso stanno in banca e non servono a niente. La prossima settimana cercherò di organizzare un incontro con i sindaci di altri comuni nelle nostre stesse condizioni. Poi ci muoveremo con Roma. Il salvadanaio deve essere rotto una volta per tutte".

Marco Gasperetti mgasperetti@corriere.it

17 luglio 2010

 

 

 

2010-07-16

Il GOVERNO INCASSA 35esima FIDUCIA A palazzo Madama

Senato, sì alla manovra. Ora alla Camera

Regioni e Comuni sul piede di guerra

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api. Gli enti locali contestano i tagli

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Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api. Gli enti locali contestano i tagli

ROMA - Il governo ha incassato a Palazzo Madama la 35ma fiducia posta sulla manovra correttiva con 170 sì, 136 no e nessun astenuto. A favore hanno votato Pdl, Lega ed Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Alleanza per l'Italia. Il decreto ora passa all'esame della Camera dove dovrà essere convertito in legge entro il 30 luglio. Il governo ha già annunciato che anche a Montecitorio sarà posta la questione di fiducia.

IL NO DI REGIONI E COMUNI - Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l’Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso. In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all’ambiente. E ora anche i Comuni hanno annunciato che alla Conferenza Unificata esprimeranno il proprio parere negativo.

IL FRONTE DEI DELUSI - Giovedì i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra. Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccata miglior sorte: dai disabili che chiedevano modifiche alla soglia di invalidità, ai farmacisti che volevano una più equa distribuzione dei sacrifici, dai magistrati fino a Province e Comuni e sono state accontentante con la promessa di maggiori spazi per l’autonomia impositiva con il federalismo fiscale. I Comuni esprimeranno in Conferenza Unificata parere negativo sulla manovra. Lo ha detto Il presidente dell'Anci, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, al termine del Consiglio nazionale dell'Associazione dei Comuni anticipando quanto è scritto in un ordine del giorno che è stato approvato dall'assemblea dei sindaci con l'astensione di sei amministratori (Udc e Rifondazione comunista) ha detto che dalla Conferenza Unificata dei Comuni arriverà un parere negativo formale. Dunque anche sul fronte dei sindaci, dopo quello dei presidenti di Regione, il governo potrebbe ricevere un'opposizione trasversale. "Con le Regioni abbiamo governato insieme una fase, ci sono state differenze in particolare sul federalismo - ha detto ancora Chiamparino -, ma le discussioni parallele di oggi e le decisioni assunte creano tutte le condizioni per ricostruire un lavoro unitario". Chiamparino ha anche anticipato che i sindaci cercheranno di verificare se entro ottobre la manovra possa essere modificata.

IL VOTO AL SENATO - Numerosi anche gli incidenti di percorso durante l’iter a palazzo Madama. Per citare i più celebri, si può ricordare il dietrofont del governo sullo stop al requisito di 40 anni di contributi, bollato dal ministro Maurizio Sacconi come un ’refuso’, ma poi smentito dal collega Giulio Tremonti. E ancora, l’annosa vicenda delle ’quote latte’ che ha scatenato polemiche dopo l’annuncio di Bruxelles di una possibile procedura di infrazione a carico dell’Italia per la proroga della sospensione del pagamento delle multe. Marcia indietro dell’esecutivo anche sul taglio delle tredicesime per poliziotti, magistrati e altri comparti. Dal Senato, tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Tremonti, la manovra esce migliorata e con i saldi invariati. Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo che consentirà all’Italia di ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2011. Tra le norme di maggior peso, c’è il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre 2 milioni di "case-fantasma". Il testo passa adesso "blindato" a Montecitorio per il via libera definitivo, senza modifiche, e con un nuovo voto di fiducia entro fine mese.

Redazione online

15 luglio 2010(ultima modifica: 16 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-15

Il GOVERNO INCASSA 35esima FIDUCIA A palazzo Madama

Senato, approvata la manovra finanziaria

Ora passa all'esame della Camera

Con 170 sì da Pdl, Lega ed Mpa e 136 i no da Pd, Idv, Udc ed Api

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ROMA - Il governo ha incassato a Palazzo Madama la 35ma fiducia posta sulla manovra correttiva con 170 sì, 136 no e nessun astenuto. A favore hanno votato Pdl, Lega ed Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Alleanza per l'Italia. Il decreto ora passa all'esame della Camera dove dovrà essere convertito in legge entro il 30 luglio. Il governo ha già annunciato che anche a Montecitorio sarà posta la questione di fiducia.

25 MILIARDI - Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l’Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso. In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all’ambiente. La partita, tuttavia, non è ancora chiusa. Giovedì i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra. Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccata miglior sorte: dai disabili che chiedevano modifiche alla soglia di invalidità, ai farmacisti che volevano una più equa distribuzione dei sacrifici, dai magistrati fino a Province e Comuni e sono state accontentante con la promessa di maggiori spazi per l’autonomia impositiva con il federalismo fiscale. Numerosi anche gli incidenti di percorso durante l’iter a palazzo Madama. Per citare i più celebri, si può ricordare il dietrofont del governo sullo stop al requisito di 40 anni di contributi, bollato dal ministro Maurizio Sacconi come un ’refuso’, ma poi smentito dal collega Giulio Tremonti. E ancora, l’annosa vicenda delle ’quote latte’ che ha scatenato polemiche dopo l’annuncio di Bruxelles di una possibile procedura di infrazione a carico dell’Italia per la proroga della sospensione del pagamento delle multe. Marcia indietro dell’esecutivo anche sul taglio delle tredicesime per poliziotti, magistrati e altri comparti. Dal Senato, tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Tremonti, la manovra esce migliorata e con i saldi invariati. Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo che consentirà all’Italia di ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2011. Tra le norme di maggior peso, c’è il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre 2 milioni di "case-fantasma". Il testo passa adesso "blindato" a Montecitorio per il via libera definitivo, senza modifiche, e con un nuovo voto di fiducia entro fine mese.

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

 

E sulla situazione economica: "Incerte prospettive sul lavoro, bisogna puntare a crescita"

Draghi: "Accelerare su equilibrio conti"

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Draghi: "Accelerare su equilibrio conti"

Il governatore di Bankitalia: le banche sostengano di più le piccole e medie imprese che stanno uscendo dalla crisi

ROMA - La manovra economica? "Era inevitabile agire al più presto". Ne è convinto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha preso la parola all'assemblea dell'Abi, l'Associazione che riunisce le banche italiane. "Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto - ha sottolineato - potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio". Draghi ha in ogni caso sottolineato che "un'accelerazione del rientro dagli squilibri nei conti pubblici è indispensabile" e ha rilevato come fosse necessaria "una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio". Ma ha rilevato che "la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze".

Per il governatore "l'effetto sulla ripresa sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani". Quanto alle prospettive economiche, Draghi ha spiegato che "non c'è alternativa alla ripresa della crescita" che in Italia deve essere spinta "dalle riforme". E in questo, ha detto ai suoi interlocutori, "le banche hanno un posto speciale nel sostegno alla crescita" e, se forti, "sono e saranno il suo pilastro". Draghi ha poi esortato le banche a essere più vicine, nell'erogazione di credito, alle piccole e medie imprese che stanno uscendo dalla crisi e riprendono a esportare. "La domanda di credito delle imprese aumenta ma si ha la sensazione che molte piccole imprese dicano che la loro domanda non viene soddisfatta - ha detto Draghi -. Occorre che le banche stiano vicine alle piccole e medie imprese", ha detto Draghi, sottolineando come le imprese che lamentano un certo razionamento del credito "sono spesso quelle che operano nella parte più produttiva del Paese" .Quanto alla situazione attuale dell'Italia, ha annotato il governatore, "consumi e investimenti restano deboli, perchè i redditi reali ristagnano, le prospettive di occupazione sono incerte".

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

Quote latte, una vicenda

che paghiamo tutti

Un conto già versato di 4 miliardi, ai quali se ne aggiungerà un altro

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Quote latte, Galan sfida la Lega. E il Carroccio: è fuori dal governo (13 luglio 2010)

Il commento

Quote latte, una vicenda

che paghiamo tutti

Un conto già versato di 4 miliardi, ai quali se ne aggiungerà un altro

La protesta degli allevatori davanti al palazzo della regione Lombardia a Milano (Newpress)

La protesta degli allevatori davanti al palazzo della regione Lombardia a Milano (Newpress)

La vicenda delle quote latte dimostra, anche a coloro che sono meno attenti alla microfisica degli equilibri politici, come la Lega possieda saldamente la golden share della politica italiana. Nessuno gliel’ha regalata ma il partito capeggiato da Umberto Bossi se l’è conquistata nella competizione elettorale e, successivamente, l’ha legittimata grazie a una condotta in cui ha saputo fondere in maniera originale unità di indirizzo, capacità tattica e retroterra valoriale. Stavolta però il Carroccio sta usando male il potere di veto che si è assicurato e ha ragione invece il ministro Giancarlo Galan che da giorni si sbraccia quasi in perfetta solitudine per richiamare alla coerenza una coalizione di governo che fa finta di non vedere. Forse proprio per evitare di contraddire i proprietari dell’azione d’oro.

La Lega in realtà sta rischiando di far pagare al Paese una scelta miope, quella di difendere sempre e comunque l’interesse immediato di piccole porzioni del proprio elettorato. I Cobas del latte sono costati già all’Italia all’incirca quattro miliardi di euro ai quali andrà aggiunto l’ammontare della maxi-multa (i pessimisti la stimano in un miliardo) che ci comminerà Bruxelles dopo l’apertura di una procedura di infrazione. Eppure Bossi insiste ed è disposto anche a far votare dalla maggioranza un atto di governo che serve nella buona sostanza a coprire l’impunità degli allevatori. E così facendo dimostra che pur possedendo la golden share gli manca una "leganomics ", un orientamento di politica economica credibile che metta al riparo il suo stesso partito dalle pressioni delle micro- lobby.

La verità è che il sindacalismo di territorio sta mostrando la corda, si dimostra un alfabeto politico- culturale insufficiente di fronte alle sfide che il dopo-recessione impone. Prendiamo il delicato tema del rapporto tra banche e territorio. In Veneto i leghisti chiedono ai grandi istituti di credito presenti in regione di sfornare una tabellina, il rendiconto ragionieristico tra raccolta e impieghi su base micro-territoriale. In questo modo si dimostrerebbe o meno il supporto all’economia locale. Ma se le banche, parafrasando il famoso esempio di Lord Keynes, spendessero i soldi per far scavar buche, riceverebbero comunque l’applauso leghista? Purché tutto avvenga nel giardino di casa, non rimangono obiezioni di merito da avanzare? Viene da dire che forse ha più senso incalzare il sistema creditizio perché aiuti i distretti a uscire dall’afasia, favorisca le reti di impresa e accompagni gli imprenditori ad essere protagonisti sull’arena internazionale. Del resto senza avere un’idea delle trasformazioni in atto anche l’ansia di conquistare poltrone nelle fondazioni bancarie appare come la stanca ripetizione di vecchi moduli. L’economia locale c’entra poco.

Suona anche singolare come i leghisti non riescano nemmeno a pronunciare la parola "terziario ". Eppure le speranze delle piccole e medie imprese di sopravvivere alla gelata dipendono dalla capacità di produrre innovazione, di dialogare con il mondo delle professioni, di acquisire maggiori capacità nella gestione della finanza, di fare marketing. In assenza di una "leganomics " il Carroccio non riesce a fare i conti con tutto ciò e i suoi esponenti sembrano vagheggiare la costruzione di tanti Musei dell’Agricoltura e della Manifattura. Se dovesse andar così i Piccoli a quel punto sarebbero solo dei reperti archeologici.

Dario Di Vico

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

Tremonti: "L'austerità è una necessità"

Berlusconi: "Basta piangersi addosso"

Il premier: "Ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa"

LA CRISI

Tremonti: "L'austerità è una necessità"

Berlusconi: "Basta piangersi addosso"

Il premier: "Ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa"

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Ansa)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Ansa)

MILANO - "Non possiamo limitarci a piangere sui danni causati dalla crisi economica, dobbiamo invece ricercare tutte le strade possibili per accelerare e consolidare la ripresa. Il governo sta facendo proprio questo". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una nota diffusa da Palazzo Chigi, ha cercato con queste parole di incoraggiare gli italiani a rimboccarsi le maniche e a far ripartire la macchina dell'economia. "Dobbiamo passare dalle lamentele sul passato alle proposte concrete e costruttive per il futuro. È quello che il governo sta facendo, convinti come siamo - ha aggiunto Berlusconi rispondendo alle sollecitazioni arrivate dall'assemblea dell'Ance, l'organizzazione dei costruttori edili - che il settore dell'edilizia e delle costruzioni sarà ancora una volta il volano decisivo affinché le imprese italiane tornino a produrre ricchezza e benessere per tutti".

TREMONTI - Sobrietà e austerità, ma non solo. C'è anche il federalismo nella ricetta del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per rimettere a posto la dissestata economia pubblica. "Non so se sia una ideologia ma l'austerità certamente è una necessità e una responsabilità" ha detto Tremonti, all'assemblea di Confcooperative. "Siamo ad un tornante della storia, non solo per noi ma per tutti i paesi. L'austerità è una necessità che significa solidarietà e responsabilità" ha poi aggiunto il ministro dell'Economia.

FEDERALISMO - "Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della nostra finanza allineando un po' la cosa amministrata e la cosa tassata. Se i municipi amministrano il territorio è giusto che ai municipi vadano le tasse e a salire. Non è una scoperta politica o scientifica ma è la scoperta dell'acqua calda" ha poi sottolineato Tremonti.

CRISI - Il ministro dell'Economia ha poi lanciato l'allarme sullo stato attuale della finanza mondiale: "La massa dei derivati è tornata ai livelli precedenti la crisi. Per quanto riguarda l'economia reale - ha proseguito - le cose non vanno così male ma bisogna fare attenzione perchè nel mondo globalizzato l'economia reale è legata alla finanza". Il ministro ha poi sottolineato che tra le caratteristiche della crisi c'è stato l'impatto mediatico: "è stata la prima volta che è andata in onda in tempo reale sui media producendo effetti negativi in particolare sulla fiducia dei cittadini".

MANOVRA - Intanto, come previsto, il governo ha posto la fiducia al Senato sulla manovra. La fiducia è stata posta su un maxiemendamento interamente sostitutivo del decreto legge. Il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito ha affermato che il governo attribuisce "straordinaria importanza" all'approvazione di questo testo. L'aula del Senato voterà la fiducia sulla manovra economica giovedì mattina. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo. Le dichiarazioni di voto cominceranno alle 9.30.

Redazione online

14 luglio 2010

 

 

 

Il presidente della Repubblica a Udine: "Senza coesione, il Paese si perde"

Napolitano: Costituzione, "Si può modificare, ma resta lungimirante"

"Uno stesso articolo salda in modo inscindibile l’unità della nazione e la promozione delle autonomie"

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Giorgio Napolitano (Epa)

Giorgio Napolitano (Epa)

UDINE - La Costituzione si può modificare, ma resta sempre un testo "altamente lungimirante". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso della sua visita a Udine. "Vogliamo un’Italia unita, senza coesione nazionale il nostro Paese si perderebbe nel fiume della globalizzazione", ha aggiunto Napolitano che ha sottolineato che nella Costituzione uno stesso articolo "salda in modo inscindibile" l’unità della nazione italiana e "la promozione delle autonomie". Quindi unità e federalismo, come altre volte ha osservato il presidente, non sono e non devono diventare due cose contrastanti.

COSTITUZIONE - Partendo dal principio che la Costituzione resta un testo tuttora valido, si possono fare modifiche: "Si riveda ciò che è necessario rivedere, si garantisca il massimo di snellezza e semplificazione nell’articolazione del nostro Stato", ma per il presidente risulta chiaro che l’impianto fondamentale della Carta non può essere toccato.

RIDURRE DEBITO - Il capo dello Stato ha poi voluto ribadire un concetto al quale è particolarmente legato: la riduzione del debito pubblico è un dovere di tutti i soggetti politici: "Nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle", ha detto Napolitano salutando il sindaco e i consiglieri comunali di Udine.

Redazione online

14 luglio 2010

 

 

 

In totale sono 90 mila in tutta italia. Il 75% del costo è per il personale

Auto blu: ci costano 4 miliardi all'anno

Il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta: "Si può spendere la metà facendo le stesse cose"

In totale sono 90 mila in tutta italia. Il 75% del costo è per il personale

Auto blu: ci costano 4 miliardi all'anno

Il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta: "Si può spendere la metà facendo le stesse cose"

ROMA - In tutta Italia le cosiddette "auto blu" sono 90 mila e per mantenerle si spendono 4 miliardi di euro all'anno. È stato il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, a rendere note le cifre aggiornate al 2010. "Penso che si possa spendere la metà facendo le stesse cose", ha commentato Brunetta. Le auto dei politici costano 150 mila l'una: sono 18-20 mila e hanno almeno due autisti. "È una cifra enorme, con 4 miliardi si rinnova un contratto del pubblico impiego", ha chiarito il ministro.

AUTISTI - Ma il costo principale non sono le auto in sé, ma gli autisti. Il costo del personale incide infatti per il 75%. Si spende infatti un miliardo di euro per consumi, manutenzioni e assicurazioni. Tre miliardi di euro costa invece il personale addetto (40 mila autisti in senso proprio, più 20 mila addetti amministrativi e generici). "Sessantamila autisti su 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici sono troppi", ha affermato il ministro. "In molti casi si tratta di personale assunto con altre mansioni che io vorrei si dedicasse a produrre beni e servizi. Anche perché un'auto a noleggio costerebbe 95 mila euro, con un risparmio di 55 mila euro. La strada da seguire è questa".

14 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-12

"in Italia i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee"

Quote latte, Galan : "Bisogna tenere duro, Parlamento abbia un minimo di dignità"

Il ministro replica alla Lega: "Si difendono un manipolo di trasgressori, si dimettano loro"

"in Italia i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee"

Quote latte, Galan : "Bisogna tenere duro, Parlamento abbia un minimo di dignità"

Il ministro replica alla Lega: "Si difendono un manipolo di trasgressori, si dimettano loro"

Giancarlo Galan (Ansa)

Giancarlo Galan (Ansa)

MILANO - E' ancora scontro all'interno della maggioranza tra la Lega e il ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan sulla questione delle multe per lo sforamento delle quote latte, multe che un emendamento alla manovra prevede di sospendere. "Bisogna tenere duro" sulla vicenda delle quote latte, "e spero che il Parlamento italiano abbia un minimo di dignità": ha detto Galan, al suo arrivo a Bruxelles. Galan si è poi chiesto: "Con quale credibilità un ministro può affrontare una battaglia come questa per la politica agricola comune. Con quale faccia si presenta in un consesso europeo quando in Italia deliberatamente i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee?". "Oggi sono qui a Bruxelles" alla sessione ministeriale ha proseguito Galan, "per dare una sensazione di serietà alla presenza italiana a Bruxelles; mentre là difendono un piccolo manipolo di trasgressori". "Il guaio ora è - ha concluso Galan - che tutti in Europa vedono quel che facciamo noi e questo ci deve preoccupare". Galan ha poi replicato alla Lega spiegando che non si dimetterà sulla vicenda delle quote latte: "si dimetterà chi causa multe e sanzioni europee all'Italia"

MANIFESTAZIONE A BRUXELLES - Intanto dopo sei mesi di tregua, i produttori del latte manifestano davanti alla sede della Commissione Ue dove è previsto l'arrivo di migliaia di agricoltori con i loro trattori. Da stamane la sede del Consiglio Ue, dove si tiene la riunione dei ministri agricoli dei 27, e il palazzo Berlaymont, sede dell'esecutivo europeo, sono circondati da cavalli di frisia per tenere a distanza i manifestanti e molti sono i poliziotti mobilitati. Alla manifestazione - indetta dall'European Milk Board (Emb) - saranno presenti anche oltre un centinaio di produttori italiani, partiti ieri sera da Brescia in due pullman. Li guiderà Roberto Cavaliere, rappresentante nazionale del Copagri e membro dell'Emb.

Redazione online

12 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-11

i goVERNATORI LEGHISTI COTA E ZAIA FRENANO LA PROTESTA

Errani: "Regioni compatte"

Nuovo appello al premier

"Il governo ascolti le nostre ragioni". E Formigoni: "Riduzione dei tagli di un miliardo? Se è così, firmiamo"

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Vasco Errani (Inside)

Vasco Errani (Inside)

MILANO - Tra le Regioni non vi è nessuna rottura. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, prova così a ricompattare il fronte anti-manovra che nelle ultime ore ha mostrato qualche crepa. I governatori leghisti Roberto Cota e Luca Zaia hanno confermato infatti il loro no alla restituzione delle deleghe allo Stato, accentuando così la distanza dalla battaglia degli altri governatori contro Giulio Tremonti. "La posizione sulla manovra è compatta - fa però sapere da parte sua Errani -: così com’è è insostenibile e quindi lancio ancora un appello al premier e al governo perché cambino i pesi della manovra sulle Regioni" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni intervistato da Sky Tg 24. "Si ascoltino le nostre buone ragioni e si evitino conflitti istituzionali di cui il paese non ha alcun bisogno in un momento decisivo per i conti pubblici e per il federalismo fiscale" ha aggiunto.

FORMIGONI - "Leggo sui giornali - ha poi specificato Errani - di ipotesi di riduzioni dei tagli alle Regioni di cui parlano alcuni ministri: se c'è sostanza divengano proposte concrete e le valuteremo come sempre con grande attenzione". Una posizione sostanzialmente in linea con quella espressa da Roberto Formigoni. "Nessuno ha mai proposto alle Regioni la riduzione di un miliardo di euro dei tagli contenuti nella manovra finanziaria" ha detto il governatore lombardo replicando al leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che sabato sera in un comizio aveva spiegato di aver raggiunto con il ministro Giulio Tremonti un accordo in questo senso. "Comunque - ha aggiunto Formigoni - se questa proposta è valida, siamo pronti a venire a Roma domani per firmarla".

Redazione online

11 luglio 2010

 

 

 

2010-07-10

Conti pubblici Enti locali

Per Comuni e Province

arriva l’autonomia fiscale

Decreto entro luglio. Regioni, il governo va avanti

Conti pubblici Enti locali

Per Comuni e Province

arriva l’autonomia fiscale

Decreto entro luglio. Regioni, il governo va avanti

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti al tavolo con le Regioni (Fotogramma)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti al tavolo con le Regioni (Fotogramma)

ROMA—Si consolida l’asse governo-Comuni che incassano l’autonomia impositiva mentre con le Regioni si è consumata, almeno per ora, una rottura ampiamente annunciata. "Bisogna dare atto a Comuni e Province di essere lungimiranti " ha commentato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, "ma sono convinto che una volta votata la manovra ci ritroveremo attorno a un tavolo anche con le Regioni". Dal governatore dei governatori Vasco Errani l’annuncio: "Per noi è stato un incontro molto negativo, il taglio di 10 miliardi ci mette nelle condizioni di non governare, restituiremo le deleghe".

L’intesa con l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) guidata dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino prevede che entro il 31 luglio venga portato in Parlamento il decreto attuativo sul trasferimento delle imposte relative a comuni e province. In pratica il primo atto concreto del federalismo fiscale. Il ministro leghista della Semplificazione Roberto Calderoli ha voluto sottolineare, nella conferenza stampa finale, che i conti dei tagli agli enti locali "sono stati fatti senza calcolare gli introiti da cedolare secca e da regolarizzazione degli immobili fantasma, destinati a cambiare gli incassi dei Comuni". Quindi in futuro c’è ampio margine di manovra. L’altro punto di convergenza col governo illustrato da Chiamparino riguarda l’impegno a realizzare entro ottobre un monitoraggio per calcolare e smaltire i residui passivi e rimodulare così il patto di stabilità interno.

Una intesa generale, che comprende anche le Regioni, è stata tuttavia raggiunta: si tratta della soluzione suggerita giorni fa dal governatore della Lombardia Roberto Formigoni di istituire una commissione mista per individuare gli sprechi. Per il resto il gelo tra Regioni e governo è stato tangibile anche se al punto stampa si è notata l’assenza dei due governatori leghisti Luca Zaia (Veneto) e Roberto Cota (Piemonte). Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante l’incontro a Palazzo Chigi (c’erano anche, oltre a Tremonti, Letta e Bonaiuti iministri Fitto, Brunetta, Fazio, Bossi, Calderoli) ha spiegato in tutti i modi che non ci sono risorse economiche e, attingendo anche al dialetto milanese —"zero carbonella, ghe n’è no di danè"—ha chiuso ogni possibilità di trattativa con le Regioni ricordando che se la manovra fosse stata addolcita "da lunedì i mercati ci avrebbero punito aggravando il costo degli interessi sul debito pubblico ".

Errani ha difeso la linea delle Regioni—"al di là dello schieramento politico"—e si è detto pronto a verificare i "numeri col ministero e la Corte dei Conti per dimostrare in modo equivocabile che le spese delle amministrazioni centrali sono cresciute più di quelle locali". Tremonti poco dopo ha fatto distribuire— fonte la Ragioneria generale dello Stato—due grafici che la raccontano in modo un po’ diverso: nell’ultimo decennio la spesa sia delle Regioni che degli enti sanitari locali è stata in percentuale sempre superiore a quella della pubblica amministrazione. Nichi Vendola, governatore della Puglia, ha criticato la rigidità del governo: "A questo punto faranno il federalismo col morto, la vera crisi arriverà quando non potremo garantire i servizi ai cittadini, Tremonti dovrà far camminare da solo i treni". Ma il ministro dell’Economia rassicura che "I pendolari non staranno per strada" e alle critiche risponde: "Come si fa a dire che il federalismo è morto e poi chiedere i decreti attuativi del federalismo?". Ora resta aperto il capitolo delle deleghe, delle quali ieri — dopo aver minacciato il gesto per dieci giorni — ne è stata annunciata la consegna al governo. Per farlo giuridicamente, hanno spiegato sia Errani che Formigoni, occorre un emendamento. Tremonti chiosa. "Vediamo, intanto spero che le Regioni ci ridiano anche la delega per i controlli sulle pensioni di invalidità, su quella siamo assolutamente d’accordo ".

Roberto Bagnoli

10 luglio 2010

 

 

 

Retroscena Berlusconi: qualche burocrate meriterebbe due calci nel sedere

E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può"

Il premier tenta l’ultima mediazione, poi la linea del rigore

Retroscena Berlusconi: qualche burocrate meriterebbe due calci nel sedere

E Tremonti disse: "Manovra chiusa, questo non si può"

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Il ministro Giulio Tremonti (Eidon)

Il ministro Giulio Tremonti (Eidon)

ROMA — "No, questo non si può. La manovra è chiusa, sta già uscendo dalla Commissione, abbiamo preannunciato la fiducia" ha detto a un certo punto, perentoriamente, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E non si rivolgeva ai presidenti delle Regioni, raccontano gli stessi, ma al premier, Silvio Berlusconi. Frenato senza troppe esitazioni dal ministro nell’ultimo, spontaneo, e per lui naturale tentativo di aprire uno spiraglio alle richieste dei governatori. "Magari nei prossimi due o tre giorni —stava dicendo il presidente del Consiglio — potremmo incontrarci e approfondire con Errani...".

Niente da fare. I tagli ai bilanci delle Regioni restano quelli scritti nella manovra antideficit. Il rigore è necessario, anche se ha un costo politico, e da quella linea Tremonti non si è spostato di un millimetro. Dopo aver attaccato a testa bassa i governatori sugli sprechi, era chiaro fin dalla vigilia che il ministro non avrebbe ceduto. Lo sapevano le Regioni, nonostante l’insistenza per l’incontro, ed era chiaro anche a Silvio Berlusconi, che solo due giorni fa, accogliendo la richiesta dei governatori di essere ricevuti a Palazzo Chigi, lo stesso Berlusconi aveva firmato con Tremonti una lunga nota per dire che, comunque, nulla sarebbe cambiato.

Neanche Gianni Letta, il mediatore, nutriva speranza. E non a caso ieri a Palazzo Chigi il sottosegretario alla Presidenza non ha aperto bocca, rinunciando anche alla consueta cerimonia di introduzione del confronto. Con il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, schierato apertamente con Tremonti, i governatori non hanno trovato il minimo appiglio. Solo quel tentativo in extremis del presidente del Consiglio, condotto senza neanche troppa convinzione.

"Oggi abbiamo un Tremonti più cattivo del solito" ha detto Berlusconi poco dopo, quando al tavolo della sala verde, usciti i governatori, si sono seduti i sindaci e i presidenti di Provincia. Spiegando che la manovra era necessaria per rassicurare i mercati e perché era stata chiesta dall’Europa. "Lo so, ci sarebbe da dare due calci nel sedere a qualcuno" ha detto Berlusconi a un certo punto e Tremonti, fin lì assorto, ha alzato lo sguardo, incrociando gli occhi di tutti i presenti in sala. "No, no Giulio" si è affrettato a chiarire il premier, ridendo. "Non ce l’ho mica con te, stavo parlando dei burocrati, della Ue, dei mercati... ".

Anche per i Comuni e le Province i tagli sono confermati. Ma Tremonti a loro qualcosa concede: la promessa, seppur vaga, di aggiustare il Patto di Stabilità a ottobre e soprattutto, con il federalismo, lo spazio di manovra su tasse proprie entro l’anno. I tagli restano, ma dell’autonomia impositiva delle Regioni, nel frattempo, s’è persa traccia. I governatori, ora, vogliono restituire le funzioni delegate dallo Stato e il governo minaccia di non fare le leggi per riprendersele, vendicandosi del Piano casa fatto fallire dalle lungaggini delle leggi attuative regionali. Il braccio di ferro continua. Mentre la devolution assomiglia sempre più ad un federalismo dei municipi.

Mario Sensini

10 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-08

disagi in vista per chi si muove con i MEZZI PUBBLICI

Sciopero treni, lo stop scatta alle 21

E venerdì si fermano bus e metro

La mobilitazione indetta dai sindacati per il nuovo contratto unico della mobilità

disagi in vista per chi si muove con i MEZZI PUBBLICI

Sciopero treni, lo stop scatta alle 21

E venerdì si fermano bus e metro

La mobilitazione indetta dai sindacati per il nuovo contratto unico della mobilità

MILANO - Sarà un venerdì difficile per chi si muove con i mezzi pubblici. E i disagi, per quelli che viaggiano in treno, inizieranno anche prima. Scatta infatti da giovedì sera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario. Venerdì a incrociare le braccia saranno poi i lavoratori del trasporto pubblico locale: si fermeranno bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità. È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione.

STOP TRENI - Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di venerdì. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

VENERDÌ NERO - Venerdì non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.

 

08 luglio 2010

 

 

 

 

 

La Commissione Bilancio del Senato ha licenziato un nuovo testo

Disabili e Manovra: un sospiro di sollievo

L’assetto è più rassicurante, ma contiene anche altre novità oltre a quelle attese

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Il canale "disabilità" di Corriere.it

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(Corbis)MILANO- La Commissione Bilancio del Senato ha, dunque, emendato l’articolo della Manovra relativo alle invalidità civili. L’articolo in questione è il decimo, il Decreto Legge è il 78/2010 che ora passa all’Aula per la discussione e l’approvazione. L’articolo 10 è molto più rassicurante - per gli invalidi civili, almeno – rispetto al testo in discussione e ai successivi emendamenti presentati dalla Maggioranza su indicazione del Ministro dell’economia.

INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO - L’elemento che raccoglie maggiore soddisfazioni presso le Federazioni delle persone con disabilità che hanno manifestato ieri davanti a Montecitorio, è stato la cancellazione dell’emendamento che prevedeva nuovi requisiti medico-legali per la concessione dell’indennità di accompagnamento. La più stringente definizione medico-legale aveva l’intento chiarissimo di restringere notevolmente il novero dei possibili titolari di indennità di accompagnamento solo a casi di gravissima e totale compromissione dell’autonomia nel suo senso più restrittivo del termine. I criteri medicolegali rimangono, quindi, immutati.

INVALIDI PARZIALI - È stato abrogato il primo comma, quello che prevedeva l’innalzamento all’85% della percentuale di invalidità necessaria per ottenere l’assegno mensile di assistenza riservato agli invalidi civili parziali. La percentuale minima ritorna ad essere quella di prima: il 74% come fortemente richiesto dalle associazioni delle persone con disabilità. Scompare, conseguentemente, anche l’emendamento di Maggioranza che prevedeva correttivi, di dubbia costituzionalità. Erano previste, infatti, eccezioni al limite dell’85% per le patologie singole a cui fosse riconosciuta, in forza delle tabelle di valutazione, una percentuale di invaldità pari o superiore al 75%.

PIANO STRAORDINARIO DI VERIFICA - Rispetto al testo precedente viene innalzato il numero di verifiche previste dal piano straordinario di controllo sulle invalidità. Si passa da 200 mila a 250 mila controlli per gli anni 2011 e 2012. Sommate a quelle previste per il 2010, il totale delle verifiche sarà di 600 mla. Nei controlli, che come noto spettano ad Inps, potranno essere coinvolte anche le Commissioni delle Aziende Usl – da gennaio 2010 integrate con un medico Inps - dietro intese con le rispettive Regioni. È da temere un sovraccarico che può ritardare ulteriormente le normali visite di accertamento per l’invalidità ed handicap.

TEMPI DI ACCERTAMENTO - Purtroppo assieme ai commi più negativi, scompare l’emendamento che interveniva anche sui tempi di accertamento degli stati invalidanti, correggendo il "vecchio" regolamento del 1994 (DPR 698/1994). Il regolamento prevede solo che la data di accertamento venga fissata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, disposizione – come sappiamo – largamente elusa dalle Aziende USL. L’emendamento avrebbe introdotto un iter accelerato: nel caso in cui le Commissioni delle Aziende USL non rispettassero quel termine, l’accertamento sarebbe stato effettuato dall’INPS con le sue Commissioni entro i 15 giorni successivi. Procedura simile era prevista nel caso delle patologie oncologiche, per le quali la Legge 80/2006 prevede che la visita di accertamento venga effettuata entro 15 giorni dalla presentazione della domanda. Ma questo emendamento – presentato dal relatore di Maggioranza – non compare nella versione licenziata dalla Commissione Bilancio del Senato. Ora il testo passa all’esame dell’aula del Senato.

Carlo Giacobini

(Direttore di HandyLex.org)

08 luglio 2010

 

 

 

 

La replica dell'azienda: "Sdegno e stupore"

Il Pd contro la norma "anti-Mesiano"

"Sospende il processo Fininvest-Cir"

Ferranti: "Presentato un emendamento che potrebbe fermare il procedimento per nove mesi"

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Donatella Ferranti

Donatella Ferranti

ROMA - Una norma che potrebbe di fatto sospendere il processo Fininvest-Cir per nove mesi. A confermare il contenuto dell'emendamento presentato dal governo alla manovra è il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. La norma, che introduce la figura dell'ausiliario del giudice, è contenuta nel comma 18 dell'emendamento 48.0.1000 presentato dal ministro Alfano.

L'EMENDAMENTO - Nell'emendamento si legge che "nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi al tribunale, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione". Le istanze previste dal comma "devono essere proposte, a pena di decadenza, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge".

"ANTI-MESIANO" - La Ferranti ribattezza la misura come "anti-Mesiano", dal nome del giudice "duramente attaccato dalle reti tv della famiglia Berlusconi per aver firmato la sentenza che obbliga la Fininvest a risarcire la Cir di 750 milioni per l'affare Mondadori". Lo scorso 3 ottobre il Tribunale di Milano ha condannato la società della famiglia Berlusconi, in primo grado, a un maxi-risarcimento per 750 milioni circa per corruzione giudiziaria legata all'acquisto della Mondadori.

LA REPLICA - Non si fa attendere la replica della Fininvest, che esprime "tutto il suo stupore e il suo sdegno di fronte all'insinuazione secondo cui sarebbe interessata ad un rallentamento del processo d'appello per la vicenda lodo Mondadori". "Appare risibile il solo pensarlo - spiega la Fininvest - basta conoscere i fatti per sapere che è vero esattamente il contrario. La Fininvest infatti è pienamente convinta che le proprie buone ragioni verranno riconosciute, e ha rilasciato a favore di Cir una fideiussione pari a 806 milioni di euro: pertanto ha interesse, onde evitare anche ulteriori costi ed appesantimenti finanziari, che la trattazione nel merito rispetti un iter il più spedito possibile. Per tali motivi la Fininvest seguirà con assoluta coerenza questa impostazione".

Redazione online

08 luglio 2010

 

 

 

 

Il premier isola Fini e mette il governo al riparo da sorprese

Nota congiunta con Tremonti per dire no alle Regioni e imporre la fiducia

Passo dopo passo, la marcia di allontanamento fra il Pdl e Gianfranco Fini continua: senza che però si intraveda ancora il momento in cui si consumerà la rottura formale. "Fini non esiste più", ha liquidato la questione Silvio Berlusconi negli incontri avuti ieri con i vertici del centrodestra. Ma l’esigenza di non acuire le tensioni col Quirinale ritarda una resa dei conti. La tabella di marcia di Palazzo Chigi per le prossime settimane è obbligata e non prevede distrazioni. Il premier deve fare approvare una manovra economica cercando di attenuarne gli aspetti più impopolari. E, nonostante la legge contro le intercettazioni sia quasi certamente destinata a slittare all’autunno, insegue un "sì" entro l’inizio di agosto. In realtà, la probabilità che passi diminuisce ogni giorno di più: anche perché ormai si parla apertamente di correzioni a un testo contestatissimo.

La giornata di ieri è emblematica, da questo punto di vista. I tafferugli fra i terremotati abruzzesi e la polizia a Roma, e una rissa alla Camera dei deputati; il pellegrinaggio di fatto inutile a Palazzo Grazioli, i presidenti delle Regioni di centrodestra, infuriati con Giulio Tremonti; la nota congiunta con la quale Berlusconi e il ministro dell’Economia annunciano la fiducia sulla manovra sia alla Camera che al Senato; e infine il nuovo attacco del presidente della Camera proprio a Tremonti: sono tutti fotogrammi di una coalizione della quale il capo del governo sembra non più il padrone assoluto, ma quasi un ostaggio costretto a tamponare le spinte centrifughe. Con esiti almeno controversi.

La trattativa con le Regioni ha partorito un incontro a Palazzo Chigi che dovrebbe tenersi domani: un modo per accontentare governatori che appartengono alla maggioranza di centrodestra ma contestano le riduzioni di spesa proposte da Tremonti. Le concessioni che Berlusconi può garantire, però, appaiono quasi azzerate dal comunicato diramato ieri insieme al suo ministro. Quasi a chiarire in modo preventivo che il premier ha le mani legate, vi si legge che la manovra è "un provvedimento fondamentale per la stabilità finanziaria ". E dunque, se non intangibile comunque non si può cambiare. Tremonti lo ha ripetuto ai quattro presidenti di Regione incontrati nella residenza di Berlusconi.

"La nostra strada è obbligata", ha detto il titolare dell’Economia. "Non c’è spazio per cambiamenti", anche perché il debito nel settore sanitario accumulato in Campania, Lazio, Calabria e Molise è impressionante. Si tratta di una durezza che a Berlusconi probabilmente non piace, ma che non può non sottoscrivere. È improbabile, infatti, che all’incontro di domani il presidente del Consiglio possa aggirare i paletti conficcati da Tremonti. L’ennesimo attacco di Fini al titolare dell’Economia e alla Lega per paradosso rafforza entrambi, vista l’insofferenza verso il presidente della Camera. "Non si può vivere di sola finanza", ha detto Fini, "e men che meno può vivere di sola contabilità l’economia". Ma di fronte alla decisione di ricorrere alla fiducia in entrambi i rami del Parlamento, le critiche finiane non hanno uno sbocco.

Il silenzio del presidente della Camera di fronte alla nota congiunta di Berlusconi e di Tremonti tradisce l’irritazione; e la consapevolezza che la richiesta di fiducia fatta anche all’assemblea di Montecitorio rappresenta una sfida proprio a lui. Il governo lo mette di fronte alla contraddizione che gli ha rimproverato nelle ultime settimane: quella di essere insieme capo della minoranza interna del Pdl e terza carica istituzionale; e dunque di dover scegliere. Come minimo, l’iniziativa tende a farlo apparire isolato e irrilevante. Gli spazi in Parlamento sono azzerati, e infatti il centrosinistra protesta per lo svuotamento della discussione. Il voto di fiducia è previsto nella giornata di giovedì 15 al Senato. Poi toccherà all’aula di Montecitorio. E in quell’occasione sarà possibile misurare per intero le distanze che separano il presidente della Camera da quella che sente sempre meno come la sua maggioranza: ricambiato gelidamente dal Pdl.

Massimo Franco

08 luglio 2010

 

 

 

2010-07-04

Errani: "il gap che divide il sud dal nord non si affronta con accuse ingenerose"

"Cambiare la manovra è una necessità"

Le Regioni:"Per noi e gli enti locali è insostenibile e finirebbe per penalizzare i cittadini"

Errani: "il gap che divide il sud dal nord non si affronta con accuse ingenerose"

"Cambiare la manovra è una necessità"

Le Regioni:"Per noi e gli enti locali è insostenibile e finirebbe per penalizzare i cittadini"

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Vasco Errani (Eidon)

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Vasco Errani (Eidon)

MILANO - Le regioni passano nuovamente all'attacco. Obiettivo, come sempre, modificare la manovra. "La cortina fumogena alzata in queste ore serve a coprire una manovra che per le Regioni e gli enti locali è insostenibile e che finirebbe per penalizzare i cittadini": afferma il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani.

"FEDERALISMO FISCALE A RISCHIO" - Errani poi ribadisce: "La manovra varata rischia di tagliare le gambe al federalismo fiscale, è squilibrata perchè pesa per l'80% su regioni ed enti locali e finirà per ricadere su servizi pubblici essenziali per i cittadini". "Per questo - aggiunge Errani - Regioni ed enti locali hanno chiesto un incontro urgente al Presidente del Consiglio, al quale torno a sottolineare che cambiare la manovra è per le Regioni e gli enti locali una necessità".

"La Conferenza delle Regioni - prosegue Errani - è impegnata in modo unitario per tenere il confronto su un binario istituzionale, nonostante sia in atto un tentativo di delegittimazione delle autonomie e delle Regioni. Non si affronta, ad esempio, il gap che ancora oggi separa il Mezzogiorno dal resto del Paese con accuse ingenerose e superficiali alle amministrazioni del Sud". "Respingiamo al mittente gli attacchi strumentali - conclude Errani - e continuiamo a ricercare il dialogo, pronti ad assumerci in modo equo e proporzionale le nostre responsabilità nell'azione per il controllo della spesa pubblica. Ma dobbiamo reagire per senso delle istituzioni alla campagna di delegittimazione in corso che costituisce nei fatti un grave danno per la Repubblica".

Redazione online

04 luglio 2010

 

 

 

"si rischiano forti contenziosi di carattere costituzionale"

Appello delle imprese al premier: rivedere le norme fiscali della manovra

Nota di Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e artigiani: preoccupazione per misure relative a riscossione e compensazione dei debiti e dei crediti

"si rischiano forti contenziosi di carattere costituzionale"

Appello delle imprese al premier: rivedere le norme fiscali della manovra

Nota di Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e artigiani: preoccupazione per misure relative a riscossione e compensazione dei debiti e dei crediti

La leader di Confindustria Emma Marcegaglia (Fotogramma)

La leader di Confindustria Emma Marcegaglia (Fotogramma)

MILANO - Nuovo attacco alla manovra da parte delle forze sociali. Questa volta a lamentarsi è il mondo dell'imprenditoria. Confindustria e Rete Imprese Italia, che riunisce Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti, lanciano infatti un allarme congiunto su alcune norme fiscali della manovra economica (su compensazione debiti-crediti e su limiti a rimborsi fiscali) che - spiegano in una nota unitaria - rischiano di creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere "conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese".

LA NOTA - "Le imprese - sottolinea la nota - fanno appello al Parlamento e al Governo, al Presidente Berlusconi e al Ministro Tremonti affinchè vengano modificate queste norme, che, nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all'evasione". Confindustria e Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti) - è scritto nella nota congiunta - "ribadiscono le preoccupazioni già espresse nei giorni scorsi, in merito alle misure contenute nella manovra finanziaria relative alla riscossione (art. 38) e alla compensazione dei debiti e crediti fiscali (art.31)". Le norme sono altamente tecniche e sono state introdotte indicandole come misure anti-evasione. Ma le imprese ritengono che siano troppo decise e mettano in difficoltà soprattutto le Pmi. Inoltre, le soluzioni finora indicate non sarebbero sufficienti ad evitare problemi per le imprese. "La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione - è scritto nella nota - non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni. Se passasse questa norma, il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate". Per le imprese italiane "ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese. Per rimediare al problema - indicano - occorre che la sospensiva duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado". L'altra misura "che desta allarme - spiegano Confindustria e Rete Imprese - riguarda il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 euro)". "Come si è già fatto osservare - è scritto nella nota - il divieto di compensazione può essere imposto, ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo. A riguardo si fa notare che il titolo della rubrica (riportato anche nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica) recita: "Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi". Nel testo dell'articolo 31 si fa invece riferimento a debiti "iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori" e si omette la qualificazione "definitivo"". "Stupisce ed allarma - dicono ancora le confederazioni industriali e imprenditoriali - il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti. Si ribadisce infine che le sanzioni previste nel caso di violazione del divieto di compensazione (il 50% dell'importo indebitamente compensato) sono del tutto sproporzionate".

Redazione online

04 luglio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

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ROMA — Articolo 12-ter. La nuova gamba spuntata alla manovra per la correzione del deficit sta lì dentro. In quell’emendamento presentato dal relatore del decreto, Antonio Azzollini, dopo averlo concordato con il ministero dell’Economia. L’adeguamento automatico dell’età di pensione alle speranze di vita. Fatto per legge e non più affidato ad un semplice Regolamento, che pure il governo si era premurato di approvare il giorno dopo il varo della manovra per dare ancor più sostanza agli impegni del governo sul risanamento. Meglio andare sul sicuro, deve aver pensato Giulio Tremonti. Un Regolamento, benché attuativo di una legge precedente, si può sempre cancellare, sostituire, modificare, contestare. Il Consiglio di Stato, ad esempio, lo stava soppesando da qualche giorno. Così, per non correre il minimo rischio, è arrivato il blitz.

Mentre tutti si scagliavano sull’articolo 12-bis contenuto nello stesso emendamento, secondo il quale dal 2016 non sarebbero stati più sufficienti i 40 anni di contributi per la pensione, poi declassato a "refuso " e ritirato dal relatore, l’articolo 12-ter è sfilato via senza problemi e clamori. Una volta che il decreto sarà approvato dal Senato, e subito dopo dalla Camera, l’adeguamento dell’età di pensione alle speranze di vita, da verificare ogni tre anni, sarà scritto nero su bianco in una legge. Per la felicità dell’Unione Europea, dei mercati, e forse anche dei politici che verranno dopo, perché secondo il ministro dell’Economia, già convinto che l’Italia avesse la miglior legge d’Europa sulle pensioni, il sistema previdenziale è blindato a vita. Oltre ai tagli alla spesa degli enti locali e a quelli della pubblica amministrazione con il blocco del rinovo contrattuale del pubblico impiego, si aggiunge un altro puntello alla manovra anti-crisi, che il ministro dell’Economia è convinto di portare a casa intatta.

Dei 2.500 emendamenti presentati dalla maggioranza e dall’opposizione, finora, in Commissione, non ne è passato neanche uno. Il margine per le modifiche, ha ripetuto il ministro dell’Economia nei due incontri avuti con la maggioranza in Senato, è ridotto al minimo. Per essere sicuro di incassare il risultato, a Tremonti servono però ancora un paio di verifiche. Con la maggioranza di centro-destra e soprattutto con il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha annunciato che da domani prenderà lui in mano la situazione, anche la manovra per la correzione dei conti. Il ministro dell’Economia sembra tranquillo. Finora, nelle occasioni pubbliche, il premier ha difeso senza troppe esitazioni la sua linea. Tuttavia il clima, durante l’assenza di Berlusconi, si è scaldato. I governatori delle Regioni continuano a protestare per i tagli, e Tremonti li attacca a testa bassa sugli sprechi. Loro lamentano il taglio dei trasferimenti che cancellano il federalismo fiscale e lui, con un altro emendamento passato sotto silenzio, sposta i tagli dai "trasferimenti" alle "risorse a qualunque titolo spettanti alle Regioni". Che ora meditano di rivolgersi a Gianfranco Fini, l’ultima porta rimasta a cui bussare. Una partita durissima, senza esclusione di colpi. Da domani nelle mani di Silvio Berlusconi.

M. Sen.

04 luglio 2010

 

 

 

 

 

Duello con Tremonti.

Malumori tra i ministri

Sondaggi positivi, il Cavaliere non esclude la rottura con Fini e pensa a un "predellino due"

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Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier Silvio Berlusconi (Emblema)

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ROMA — A dispetto della calma apparente di un afoso pomeriggio romano, la tensione ieri a palazzo Grazioli ha invece raggiunto livelli altissimi. Raccontano infatti di un Silvio Berlusconi arrivato al limite ultimo della sopportazione, alle prese con una situazione incandescente che praticamente rende problematici, in qualche caso quasi insolubili, tutti i temi che ha deciso di affrontare in prima persona e a muso duro in questi giorni, e che dovrebbe portare a decisioni importanti entro la metà della prossima settimana.

Il primo motivo di scontento ieri è stato sicuramente quello di una manovra economica che il ministro Tremonti gli ha "buttato tra i piedi" con una sorta di prendere o lasciare, e che viene gestita secondo il premier in maniera troppo brusca. Raccontano allora di un colloquio burrascoso ieri tra il premier e Tremonti, durante il quale il ministro è arrivato a minacciare le dimissioni come risposta alle critiche di un premier al quale risulta un Paese preoccupato (come gli rivelano i sondaggi) dalle misure draconiane che spuntano e spariscono ogni giorno, che vede le Regioni del Sud, suo serbatoio abbondante di voti, sul piede di guerra contro il ministro dell’Economia che le ha fustigate, tempestato di proteste di ministri irritati per i tagli e il trattamento (da Galan a Brunetta, dalla Prestigiacomo a Matteoli, tanto che qualcuno sente "un’aria da 2004", quando cioè Tremonti fu costretto alle dimissioni), con il caso Formigoni ancora aperto.

Paolo Bonaiuti smussa: "Quando mai prima di una Finanziaria non ci sono state fibrillazioni? I saldi della manovra non si toccano, e Berlusconi l’ha detto e ripetuto: serve un provvedimento di rigore, non ci sono divisioni nel governo". Ma ci sono altri problemi aperti. Con il Quirinale, è noto, dopo la grandissima tensione di questi giorni (secondo alcuni colleghi del Pdl, causata in gran parte "dalla pazzia di Ghedini, che ha fatto infuriare Berlusconi") il premier ha intenzione di riprendere i rapporti su un piano di collaborazione, ben sapendo quanto sia importante — in un momento così delicato — non avere alcuna ostilità da parte del capo dello Stato. Per questo è ormai disposto a mediare sul ddl intercettazioni, e a detta di molti perfino a farlo slittare a dopo l’estate per evitare ulteriori irrigidimenti o incidenti di percorso. In ogni caso, un incontro con il presidente sarebbe già previsto, un faccia a faccia chiarificatore che dovrebbe tenersi mercoledì prossimo.

Con Fini invece parlare di rapporti ridotti a zero è limitativo, tanto che forte di sondaggi che darebbero il suo gradimento personale al 63%, il premier sarebbe davvero tentato dalla rottura. Come? Qualcuno parla di un "predellino due", un nuovo corso nel partito che potrebbe anche tradursi nell’ordine di sciogliere tutte le correnti e le componenti organizzate. Altrimenti, potrebbe essere la mossa per cacciare Fini e i suoi, "ci si mette automaticamente fuori dal partito". D’altra parte, a rendere ancora più esplosiva la situazione, ieri ci si è messo anche l’annuncio di Franceschini che il Pd avrebbe sostenuto gli emendamenti dei finiani al ddl intercettazioni, e le repliche per niente sdegnate degli uomini del presidente della Camera hanno gettato altro acido sulle ferite.

È arrivato dunque il momento della verità: o dentro, ma senza più ostacolare la sua azione, la sua leadership, le sue scelte, o fuori. E il chiarimento ultimo potrebbe anche venire attraverso un rapporto diretto tra i due cofondatori, perché ormai non è più tempo di pontieri. Un incontro non risulta segnato in agenda, ma per come si sono messe le cose nessuno se la sente nemmeno di escluderlo: "È vero che i due ormai non si sopportano più, ma in certi momenti la politica impone dei passi", dice uno degli uomini vicini al premier.

Paola Di Caro

04 luglio 2010

 

 

 

 

"Nessun taglio alle tredicesime dei dipendenti pubblici". "In Italia la ripresa c'è"

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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa)

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ROMA - Venerdì aveva tirato fuori quel "ghe pensi mi" con cui prometteva un intervento in prima persona per rimettere ordine allo scompiglio che si è manifestato all'interno del Pdl, in particolare nei giorni in cui lui era impegnato nella trasferta in Canada e Centroamerica. A distanza di 24 ore, Berlusconi partito all'attacco. Ma non ha affrontato il tema della divisione interna al Pdl. Al contrario ha puntato il dito contro l'opposizione ("La sinistra sa solo insultare, calunniare e diffamare e non ha idee. La realtà è che a me non mi demoralizza nessuno) e quella che ha definito la "lobby giornalisti-toghe" che si oppone al ddl sulle intercettazioni. Secondo il leader del Pdl, "siamo tutti spiati, non è tollerabile" e ad opporsi a una regolamentazione delle intercettazioni ci sarebbe appunto "solo la lobby di giudici e giornalisti".

MANOVRA E TREDICESIME - Il presidente del Consiglio, intervistato dal Tg4, ha parlato anche della situazione economica, precisando che non ci saranno tagli alle tredicesime dei pubblici dipendenti e delle forze dell'ordine, come era stato prospettato in un emendamento firmato dal deputato del Pdl Azzolini, e spiegando che "la ripresa sarà tanto più salda quanto più sarà legata a una politica di rigore". "Tutti gli organismi internazionali - ha detto il premier - hanno apprezzato i risultati del governo, e gli ultimi dati economici li confermano: la produzione industriale è salito, è aumentata la velocità della ripresa". E poi, ha aggiunto, "l' Italia sta meglio di altri Paesi perchè ha adottata la politica di non mettere le mani nelle tasche degli italiani".

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

E sulle divisioni interne al Pdl: "Se la maggioranza non ce la fa, pensare ad altre ipotesi"

Bersani: "Da quando "ghe pensa lu"

le cose vanno di male in peggio"

Il segretario del Pd attacca Berlusconi e provoca la Lega: "Ha smesso di prendere sul serio il federalismo?"

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Pier Luigi Bersani alla convention di Milano (Fotogramma)

Pier Luigi Bersani alla convention di Milano (Fotogramma)

MILANO - Il "ghe pensi mi" del Cavaliere "non è la medicina, è la malattia. Berlusconi lo dice da 7 anni, da 7 anni "ghe pensa lu" e andiamo di male in peggio. Un governo conservatore in Inghilterra attacca la rendita finanziaria, in Italia si attaccano le tredicesime di poliziotti e insegnanti". Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, va all'attacco del capo del governo e da Milano, alla convention regionale dei quadri del suo partito, lancia un monito: "Se la maggioranza non ce la fa bisogna pensare a qualche altra ipotesi". Una frase che viene interpretata come un'apertura alla Lega e ai finiani, dopo che in giornata anche il capogruppo dei democratici alla Camera, Franceschini, aveva detto di essere pronto a votare assieme ai ribelli del Pdl eventuali emendamenti migliorativi del ddl sulle intercettazioni. E che subito scatena le reazioni del centrodestra che fa notare come l'attuale maggioranza "è il risultato di un voto libero e democratico ed ha una rotta precisa, indicata dal programma condiviso dagli elettori" (Bonaiuti) e che qualunque altra ipotesi potrebbe essere vista come "golpe" o "inciucio" (Calderoli).

IL NODO DEL FEDERALISMO - Bersani ha parlato anche delle riforme e in particolare del federalismo su cui si regge l'intesa Pdl-Lega: "Eravamo al federalismo delle chiacchiere ho impressione che siamo arrivati al federalismo truffa". "Se togliamo 14-15 miliardi dai finanziamenti di comuni e regioni il famoso federalismo vuol dire o 14 miliardi di servizi in meno o 14 miliardi di tasse in più - ha spiegato il segretario -. Insomma eravamo al federalismo delle chiacchiere ora siamo a quello truffa: la Lega deve dirci cosa ne pensa perchè noi il federalismo lo abbiamo preso sul serio. Loro non lo so". Poi, rivolgendosi direttamente al Carroccio: "Non vorrei che tradiscono il federalismo per reggere il "miliardario". Quello che è sotto gli occhi di tutti è che il governo sta tradendo l'Italia al nord. È una cosa evidente alla luce di quello che è successo con il sistema dei tagli lineari che colpiscono comuni e regioni".

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

Lotte intestine

Lotte intestine

Il "ci penso io" sorridente e rassicurante di appena qualche ora fa adesso trasmette allarme e ansia. La sensazione è che il ritorno in Italia dagli incontri internazionali abbiamostrato a Silvio Berlusconi una situazione più grave del previsto. Più che essere in ebollizione, il suo centrodestra rischia di evaporare per i contrasti che lo stanno lacerando; e ai quali il presidente del Consiglio non sembra in grado di porre rimedio: non almeno come in passato.

Aveva detto che si sarebbe occupato di tutto a partire da domani: come se i problemi non fossero così urgenti da compromettere il fine settimana. La durezza con la quale il capo del governo è dovuto intervenire anche ieri racconta invece una verità meno rosea: una storia non solo di confusione, ma di incertezza crescente della coalizione berlusconiana. Con un incubo che comincia a preoccupare: l’impopolarità. Le regioni meridionali in rivolta contro il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sono il secondo avvertimento dopo il trasversale degli enti locali ai tagli di spesa contenuti nella manovra.

Riflessi corporativi, probabilmente; ma così potenti da spaventare la maggioranza. E la fretta e la nettezza con le quali Berlusconi smentisce una riduzione della tredicesima per le forze dell’ordine serve a tamponare affannosamente una notizia dal sapore, appunto, impopolare. Ma la conseguenza non voluta è di confermare misure economiche minacciate da "refusi " che riflettono una sgrammaticatura strategica. Le critiche a un’opposizione che, se al potere, avrebbe portato l'Italia alla "sindrome greca ", sono comprensibili: come lo sono gli attacchi a magistratura e giornali che boicotterebbero la legge contro le intercettazioni.

Si tratta di messaggi in bottiglia che il presidente del Consiglio vuole fare arrivare al proprio elettorato per additare i "nemici". Eppure, risulta sempre più evidente che si assiste a un conflitto soprattutto nel centrodestra: i "nemici" in questa fase sono lì. Lo conferma l’insistenza con la quale il Pdl avverte Gianfranco Fini con ultimatum sempre più ravvicinati di non fare giochi di sponda con l’opposizione sulle intercettazioni. E lo lascia intuire la resistenza di Umberto Bossi ad assecondare strappi fra Palazzo Chigi e Quirinale.

Ma confondere la severità di Giorgio Napolitano con manovre e giochi che altri probabilmente stanno accarezzando può essere un abbaglio pericoloso. Davanti a Berlusconi si intravede un sentiero stretto. Rimane da capire se accetterà di percorrerlo con pazienza e sofferenza, o se preferirà lo scarto: sebbene si renda conto che le incognite sono aumentate perfino per lui, il futuro del centrodestra dipende più che mai dalle sue scelte.

Massimo Franco

04 luglio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

Conti pubblici - Le misure

Pensioni e federalismo, il Tesoro blinda la manovra

Diventerà legge l’adeguamento automatico dell’età pensionabile. Il contropiede sui governatori

ROMA — Articolo 12-ter. La nuova gamba spuntata alla manovra per la correzione del deficit sta lì dentro. In quell’emendamento presentato dal relatore del decreto, Antonio Azzollini, dopo averlo concordato con il ministero dell’Economia. L’adeguamento automatico dell’età di pensione alle speranze di vita. Fatto per legge e non più affidato ad un semplice Regolamento, che pure il governo si era premurato di approvare il giorno dopo il varo della manovra per dare ancor più sostanza agli impegni del governo sul risanamento. Meglio andare sul sicuro, deve aver pensato Giulio Tremonti. Un Regolamento, benché attuativo di una legge precedente, si può sempre cancellare, sostituire, modificare, contestare. Il Consiglio di Stato, ad esempio, lo stava soppesando da qualche giorno. Così, per non correre il minimo rischio, è arrivato il blitz.

Mentre tutti si scagliavano sull’articolo 12-bis contenuto nello stesso emendamento, secondo il quale dal 2016 non sarebbero stati più sufficienti i 40 anni di contributi per la pensione, poi declassato a "refuso " e ritirato dal relatore, l’articolo 12-ter è sfilato via senza problemi e clamori. Una volta che il decreto sarà approvato dal Senato, e subito dopo dalla Camera, l’adeguamento dell’età di pensione alle speranze di vita, da verificare ogni tre anni, sarà scritto nero su bianco in una legge. Per la felicità dell’Unione Europea, dei mercati, e forse anche dei politici che verranno dopo, perché secondo il ministro dell’Economia, già convinto che l’Italia avesse la miglior legge d’Europa sulle pensioni, il sistema previdenziale è blindato a vita. Oltre ai tagli alla spesa degli enti locali e a quelli della pubblica amministrazione con il blocco del rinovo contrattuale del pubblico impiego, si aggiunge un altro puntello alla manovra anti-crisi, che il ministro dell’Economia è convinto di portare a casa intatta.

Dei 2.500 emendamenti presentati dalla maggioranza e dall’opposizione, finora, in Commissione, non ne è passato neanche uno. Il margine per le modifiche, ha ripetuto il ministro dell’Economia nei due incontri avuti con la maggioranza in Senato, è ridotto al minimo. Per essere sicuro di incassare il risultato, a Tremonti servono però ancora un paio di verifiche. Con la maggioranza di centro-destra e soprattutto con il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha annunciato che da domani prenderà lui in mano la situazione, anche la manovra per la correzione dei conti. Il ministro dell’Economia sembra tranquillo. Finora, nelle occasioni pubbliche, il premier ha difeso senza troppe esitazioni la sua linea. Tuttavia il clima, durante l’assenza di Berlusconi, si è scaldato. I governatori delle Regioni continuano a protestare per i tagli, e Tremonti li attacca a testa bassa sugli sprechi. Loro lamentano il taglio dei trasferimenti che cancellano il federalismo fiscale e lui, con un altro emendamento passato sotto silenzio, sposta i tagli dai "trasferimenti" alle "risorse a qualunque titolo spettanti alle Regioni". Che ora meditano di rivolgersi a Gianfranco Fini, l’ultima porta rimasta a cui bussare. Una partita durissima, senza esclusione di colpi. Da domani nelle mani di Silvio Berlusconi.

M. Sen.

04 luglio 2010

 

 

 

il ministro della difesa: "me lo ha preannunciato il ministro Tremonti"

Tredicesime, il governo fa dietrofront

La Russa: "Nessun taglio possibile per il personale della pubblica sicurezza". Concorde anche il Viminale

il ministro della difesa: "me lo ha preannunciato il ministro Tremonti"

Tredicesime, il governo fa dietrofront

La Russa: "Nessun taglio possibile per il personale della pubblica sicurezza". Concorde anche il Viminale

Ignazio La Russa (Fotogramma)

Ignazio La Russa (Fotogramma)

MILANO - Nuovo dietrofront del governo sulla manovra. "Non vi è nessuna ipotesi che preveda la possibilità di un taglio della tredicesima per il personale del comparto sicurezza". Lo assicura il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che, al telefono, riferisce di aver parlato con il responsabile del ministero dell'Economia: "Per evitare ogni confusione - spiega - il ministro Tremonti mi ha preannunciato che con ogni probabilità eliminerà anche la semplice possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito di promozioni".

MARONI E IL VIMINALE - Concorde con il ministro della Difesa anche quello dell'Interno Roberto Maroni. Negli ambienti del Viminale, infatti, si conferma che Maroni e La Russa si sono sentiti telefonicamente e che concordemente hanno deciso non vi sarà alcun ipotesi di taglio della tredicesima per le forze dell'ordine. Attraverso la portavoce Isabella Votino, Maroni fa poi sapere che "i tagli previsti dalla manovra non incideranno sulla sicurezza" e parte di questi "saranno compensati dalle risorse che ogni giorno vengono sottratte alla criminalità organizzata". Il ministro si dice, inoltre, "sorpreso e amareggiato" dall'attacco mosso dai sindacati delle forze di polizia e dei prefetti che hanno chiesto un intervento dal Capo dello Stato del Presidente del Consiglio contro i tagli. "Chi al Viminale ha seguito l'iter della manovra - afferma la portavoce - sa bene come il ministro Maroni si sia impegnato, senza fare dichiarazioni pubbliche, incontrando il ministro Tremonti e ottenendo anche alcuni risultati".

LA TELEFONATA DI SCHIFANI - Successivamente anche il presidente del Senato, Renato Schifani ha telefonato al presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzollini, per invitarlo a riflettere attentamente sull'opportunità di ritirare al più presto l'emendamento, a sua firma, sulla riduzione della tredicesima nel comparto forze armate e sicurezza.

LA LEGA SI SMARCA - La precisazione di La Russa arriva dopo che da parte dei sindacati delle forze dell'ordine si era manifestata una forte indignazione a causa dell'emendamento proposto dal relatore Azzolini (Pdl) aveva provocato lo smarcamento da parte della Lega Nord, oltre che la dura protesta delle forze d'opposizione.

Redazione online

03 luglio 2010

 

 

 

La convergenza con i deputati ribelli del Pdl potrebbe esserci già in Commissione

Franceschini: pronti a votare con i finiani

Il capogruppo del Pd: il ddl Intercettazioni è sbagliato, faremo di tutto per ostacolarlo e limitare i danni

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Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini (Fotogramma)

Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini (Fotogramma)

ROMA - Pur di fermare o quanto meno di attenuare gli effetti del ddl sulle intercettazioni il Partito democratico è disposto anche a votare a favore di emendamenti presentati da deputati finiani che andassero nella direzione di un miglioramento della legge. Lo ha fatto sapere il capogruppo del Pd, Dario Franceschini, che ha confermato che il suo gruppo "è pronto ad una dura battaglia parlamentare per impedire l'approvazione di una legge che limita la libertà di stampa e pregiudica la possibilità di contrastare con efficacia i reati della criminalità organizzata".

"LIMITARE I DANNI" - Ed è proprio per questo motivo che i democratici presenteranno "emendamenti in grado di eliminare le parti più pericolose del provvedimento". "Ma lavoreremo, come è nostro dovere - ha aggiunto Franceschini -, per limitare i danni prodotti dalle norme introdotte. Anche per questo, sin dai lavori della Commissione, potremo votare a favore di quegli emendamenti presentati dai deputati finiani che tendono a migliore il testo o contenerne i danni".

 

03 luglio 2010(ultima modifica: 04 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-02

l primo scatto si avrà non 3 anni dopo ma nel 2016 per poi tornare alla cadenza triennale

Pensioni: nuovo emendamento, più rapido adeguamento ad aspettative di vita

Modificato dal relatore della manovra l'emendamento contestato: dal 2015 scatta il nuovo sistema di calcolo

l primo scatto si avrà non 3 anni dopo ma nel 2016 per poi tornare alla cadenza triennale

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Modificato dal relatore della manovra l'emendamento contestato: dal 2015 scatta il nuovo sistema di calcolo

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (Ansa)

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (Ansa)

MILANO - E' sempre più caos pensioni. Scacciato lo spettro dell'aumento di fatto del limite contributivo per la pensione di vecchiaia (attualmente fissato a 40 anni di contributi) la maggioranza pensa ora di intervenire sul fronte dell'aspettativa di vita.

NUOVO EMENDAMENTO - Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non 3 anni dopo, come previsto originariamente. È stato invece tolto lo stop al requisito dei 40 anni di contributi per l'accesso senza condizioni aggiuntive alla pensione, che giovedì aveva sollevato un vespaio di polemiche.

Nella relazione tecnica all'emendamento si precisa che "al fine di uniformare la periodicità temporale dell'adeguamento dei requisiti a quella prevista" dalla legge Dini (335/1995), "il secondo adeguamento è effettuato, derogando alla periodicità triennale, con decorrenza primo gennaio 2016 e a tal fine l'Istat rende disponibile entro il 30 giugno dell'anno 2014 il dato relativo alla variazione nell'anno precedente della speranza di vita all'età corrispondente a 65 anni in riferimento alla media della popolazione residente in Italia". L'adeguamento era infatti stato previsto alla legge Dini ma poi non era stato attivato. L'aumento dei requisiti dal primo gennaio 2015, si legge ancora nella relazione, "è stimato pari a 3 mesi" e per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 la stima è pari a 4 mesi per gli adeguamenti fino a circa il 2030, con successivi adeguamenti inferiori e attorno ai 3 mesi fino al 2050 circa. Ciò comporta un adeguamento cumulato , ad esempio nel 2050, pari a circa 3,5 anni". Naturalmente si precisa che gli adeguamenti effettivamente applicati risulteranno quelli accreditati dall'Istat a consuntivo".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

 

Pedaggi ai caselli sulle bretelle Anas

Le province di Roma e Rieti vanno al Tar

Annunciato il ricorso contro la "tassa" imposta a chi transita alle barriere autostradali da e per la Capitale

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Pedaggio al casello di Roma-Nord (Ansa)

Pedaggio al casello di Roma-Nord (Ansa)

ROMA - Nella vicenda dei contestati pedaggi su raccordi e bretelle gestite dall'Anas, scattati con aumenti delle tariffe ai caselli autostradali il primo luglio, si profila un fronte delle province contro l'Anas. I presidenti della provincia di Roma e della provincia di Rieti hanno annunciato che faranno ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro l'esazione di un pedaggio che va dai 20 centesimi a un euro per le auto (fino a 2 euro per i camion), imposto a chi transita in entrata o in uscita ai 9 caselli autostradali intorno alla Capitale.

Traffico sul Gra di Roma: escluso il pedaggio sul raccordo anulare

Traffico sul Gra di Roma: escluso il pedaggio sul raccordo anulare

TARRIFA-TASSA - "Con il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, abbiamo deciso di fare ricorso al Tar contro una tariffa che è stata trasformata in tassa", annuncia il presidente della Provincia di Rieti Fabio Melilli nel corso di una iniziativa contro l'aumento dei pedaggi autostradali organizzata dal Pd del consiglio regionale al casello di Fiano Romano.

Sul piede di guerra anche il Codacons che - nel sottolineare la contrarietà di milioni di automobilisti ogni giorno in transito da e per Roma verso le autostrade - parla di "balzelli forfettari: una stangata che potrà raggiungere i 300 euro all'anno". L'associazione in difesa dei consumatori lancia uno spazio sul blog www.carlorienzi.it , "dove gli utenti possono non solo denunciare i rincari registrati in questi giorni, ma anche segnalare i disservizi presenti sulle varie tratte oggetto d'aumento".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

 

"Certi signori non sanno fare gli interessi dei cittadini ma protestano per i tagli"

Tremonti: basta cialtroneria al Sud

Il ministro dell'Economia attacca le istituzioni che hanno diritto ai fondi Ue ma poi non li spendono

"Certi signori non sanno fare gli interessi dei cittadini ma protestano per i tagli"

Tremonti: basta cialtroneria al Sud

Il ministro dell'Economia attacca le istituzioni che hanno diritto ai fondi Ue ma poi non li spendono

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa)

ROMA - Basta con la "cialtroneria" di chi protesta solamente. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, intervenendo all’assemblea della Coldiretti si scaglia contro chi, al Sud, non fa gli interessi dei cittadini e non spende i fondi messi a disposizione dall’Ue.

I FONDI MAI UTILIZZATI - "L’agricoltura italiana - ha detto - ha tenuto nella crisi, anche nel Sud. Anche se i problemi ci sono". Il ministro ha ricordato che ieri ha incontrato il commissario Ue ai fondi europei con il quale si è sottolineato il fatto che per il Sud c’è stato uno stanziamento nell’ambito del programma comunitario 2007-2013 pari a 44 miliardi di euro dei quali ne sono stati usati solo 3,5. Uno "scandaloso percorso" secondo il titolare del dicastero di via XX Settembre. "Mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati - ha evidenziato il ministro -. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile". E la colpa - ha aggiunto - "non è dell’Europa, dei governi di destra o di sinistra, ma è colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini".

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

2010-07-01

scatterà l'adeguamento triennale dei requisiti all'aumento dell'aspettativa di vita

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

La novità a partire dal 2016. Lo prevede l'emendamento del relatore alla manovra

scatterà l'adeguamento triennale dei requisiti all'aumento dell'aspettativa di vita

Pensioni: non basteranno

più 40 anni di contributi

La novità a partire dal 2016. Lo prevede l'emendamento del relatore alla manovra

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (La Presse)

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (La Presse)

MILANO -Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini (Pdl), che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle statali. Slitta quindi di un anno, dal primo gennaio 2015 al primo gennaio 2016, l'adeguamento triennale dei requisiti anagrafici per l'accesso al pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita, previsto dalla manovra estiva del 2009. In pratica, a partire dal 2016, tutti i requisiti di pensionamento saranno aggiornati ogni tre anni in base alla variazione della speranza di vita calcolata dall'Istat. Ma la norma riguarderà, oltre all'età di pensionamento, anche il requisito dei 40 anni di contribuzione per poter andare in pensione a prescindere dall'età. Non solo: l'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. Anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

CGIL - La novità non piace alla Cgil: Vera Lamonica, della segreteria confederale, esprime un giudizio "molto negativo" sull'emendamento del relatore Azzollini e in particolare proprio sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. "L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita".

ADEGUAMENTO PERIODICO - L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto numero 78 del 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti è di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Questo comporta un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, quindi, rispetto ad oggi nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo

I RISPARMI - Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge nella relazione tecnica dell'emendamento -deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre 'mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050. Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa 1,4 miliardi.

 

01 luglio 2010

 

 

 

polemica sul dazio per la siena-firenze: venerdì presidio

Pedaggi, Roma-Salerno 2,70 euro in più

Scattano gli aumenti destinati all'Anas. Andare dalla capitale a Milano in autostrada costa 1,56 euro in più

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Traffico sull'A1 (Ansa)

Traffico sull'A1 (Ansa)

MILANO - Da oggi andare da Roma a Milano in autostrada costa 1,56 euro in più, da Roma a Salerno fino a 2,70 euro in più ma per le tratte brevi e da Fiano Romano a Roma l'aumento non potrà superare il 25% dell'attuale pedaggio, quindi l'incremento sarà nell'ordine di centesimi. E il Codacons annuncia un ricorso al Tar del Lazio. Tocca dunque agli automobilisti pagare di più per consentire allo Stato di risparmiare sui contributi dovuti all'Anas (il cui unico azionista è il ministero dell'Economia) per la gestione e la manutenzione della rete stradale e per i nuovi investimenti: lo stabilisce il decreto del Consiglio dei ministri numero 78 del 31 maggio 2010, ovvero la manovra economica. Nei prossimi sei mesi, si stima che nelle casse dell'Anas finiranno 83 milioni. Perché se nel 2009 lo Stato ha dato un contributo di un miliardo di euro all'Anas, la Finanziaria 2010 non stanzia nuove risorse.

AUMENTI - Gli aumenti "non sono una stangata", afferma Pietro Ciucci, presidente dell'Anas, che cerca di smorzare le polemiche sui provvedimenti di maggiorazione tariffaria su tutta la rete autostradale a pedaggio (1 millesimo di euro a chilometro per auto, moto, veicoli a 2 assi e 3 millesimi per i veicoli pesanti) e forfettaria di 1 o 2 euro ai caselli delle autostrade che si connettono con le autostrade e i raccordi autostradali gestiti dall'Anas. E anche se gli aumenti saranno pagati in 26 caselli autostradali, le concessionarie non avranno alcun beneficio, ha tenuto a precisare l'Aiscat (l'associazione che raggruppa le società concessionarie autostrade e trafori) perché saranno appunto girati all'Anas. "L'obiettivo fondamentale è il raggiungimento dell'autonomia finanziaria - ripete Ciucci - attraverso l'incremento dei ricavi propri legati alla logica di mercato, per uscire dal comparto della pubblica amministrazione e non incidere più sui conti pubblici". Quest'anno, per la prima volta, l'Anas darà al Tesoro un dividendo di 5 milioni di euro.

CONTRARI - Per la senatrice del Pd Teresa Armato "applicare il pedaggio alle tratte autostradali disagiate, o in fase di ammodernamento e messa in sicurezza, è iniquo". Insieme ad altri parlamentari del Pd ha presentato un emendamento alla manovra che è stato però respinto in commissione Bilancio a Palazzo Madama. L'indice è puntato in particolare sul caso dell'A3 Salerno-Reggio Calabria: "Come è possibile - dichiarano i parlamentari del Pd - pretendere che i cittadini italiani, e in particolare quelli del Sud debbano pagare un pedaggio senza poter usufruire di una rete adeguata e funzionale di viabilità? Tanto più che l'autostrada A3 è ancora in via di completamento e i tempi stimati per la conclusione dei lavori di ammodernamento sono previsti non prima del 2013". Il responsabile trasporti di Legambiente Dario Balotta sottolinea che i nuovi pedaggi sono una "tassa sull'inefficienza del sistema dei trasporti nazionale. Saranno sempre gli automobilisti e i camionisti, forzati dell'automobile e dei Tir, date le gravi carenze del trasporto ferroviario per pendolari e merci, che dovranno sobbarcarsi i nuovi pedaggi previsti dalla manovra economica". Ecco i tratti dove si dovrà pagare il transito.

GRA - I romani che percorrono il grande raccordo anulare rimanendo in città o nell'hinterland al momento non pagano nulla. Chi invece percorre l'anello che circonda Roma per entrare in una delle autostrade attorno alla capitale o uscire da una di esse pagherà al casello un euro in più. Ma se il tratto autostradale è breve, di pochi chilometri (per esempio da Fiano a Roma) l'automobilista dovrà pagare un aumento contenuto entro il 25% del pedaggio. La misura varrà sino a fine 2011. Poi anche il solo transito sul Gra potrà subire un pedaggio. Improbabile metterci dei caselli, è allo studio l'ipotesi di varchi con i telepass.

ROMA-MILANO - Un euro per uscire dalla capitale, più il pedaggio di 33,10 euro per poco più di 560 chilometri, aumentati di 50 centesimi - ha spiegato Ciucci - per l'incremento sulle autostrade di un millesimo di euro per chilometro per auto e moto (3 millesimi per veicoli pesanti).

SALERNO-REGGIO CALABRIA - Tra Roma e Salerno la distanza è di 237 chilometri e il pedaggio sale da 13,50 a 16,20 euro. In uscita da Roma per entrare sull'A1 è previsto un euro per aver percorso il Gra. Se da Salerno si vuole proseguire verso Reggio Calabria non si pagherà nulla. Ma si pagherà il pedaggio più un 25% se si entra sull'A3 da Nocera inferiore o da Cava dei Tirreni (perché la tratta è breve).

FIRENZE-SIENA - C'è una polemica sull'introduzione del pedaggio al casello di Firenze Certosa. "È una vera beffa, i cittadini si ritrovano a pagare una sorta di gabella per una strada che versa in pessime condizioni - spiega il presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci -. Il governo non solo non fissa un piano di interventi che sarebbe necessario e urgente, ma addirittura introduce una spesa aggiuntiva per gli automobilisti che viaggiano sulla direttrice Firenze-Siena o che comunque utilizzano il casello autostradale di Firenze Certosa". Dal 1° luglio per percorrere la strada extraurbana Firenze-Siena (raccordo che collega Siena all'autostrada A1) le auto pagano un euro e i mezzi pesanti due. Il fronte contrario alla nuova gabella vede schierati i sindaci di Barberino Val d'Elsa, Impruneta, San Casciano Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa, che hanno deciso di organizzare un presidio al casello, il 2 luglio alle 16.30.

Redazione online

01 luglio 2010

 

 

 

 

Previdenza. Quando si potrà incassare l’assegno dopo le riforme Sacconi e Tremonti

Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento

dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

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Giovanni ha 30 anni, è nato il 1˚ giugno del 1980, è laureato in statistica. E’ fortunato perché ha trovato lavoro subito dopo gli studi, nel 2005. Per lui la pensione, in base all’ultima riforma Prodi, quella che ha introdotto le quote, era lontanissima: primo gennaio 2042. Invece dovrà pazientare quattro anni e tre mesi in più rispetto alle regole attuali. La pensione non arriverà prima dell’aprile 2046, dopo 40 anni, si spera ininterrotti, di attività. Anna ha 40 anni — è nata anche lei il primo giugno e sempre il primo giugno ha iniziato a lavorare. Gestisce un negozio e ha già 15 anni di contribuzione. L’anno scorso ha fatto due conti e ha visto che avrebbe tagliato il traguardo delle pensione nel luglio del 2030 a 60 anni di età. Ma la rendita sarebbe arrivata solo dal gennaio 2031 per via delle finestre. Invece dovrà alzare la saracinesca del negozio per qualche altro anno. Maturerà i requisiti solo nell’ottobre del 2032 e l’assegno Inps arriverà sul conto corrente non prima dell’aprile 2034, tre anni e tre mesi dopo. Luigi, autonomo, ha 50 anni e 25 di contribuzione. Pensava di poter incassare la pensione nel luglio 2023 e invece la potrà percepire solo a Natale 2024, quasi un anno e mezzo dopo.

Le regole

Tre casi, tre generazioni di lavoratori dipendenti o autonomi. Ma lo stesso risultato: rispetto ad oggi la pensione arriverà in ritardo. Colpa delle ultime due riforme. Una in discussione in questi giorni (quella che ha modificato il meccanismo delle finestre), l’altra, più sostanziosa, approvata l’anno scorso (età di pensionamento rivista in base a dati statistici) e passata quasi in silenzio. Due provvedimenti che blindano, quasi definitivamente, i conti pubblici, ma che costringono tutti i lavoratori a rifare i calcoli. Come risulta evidente dalle due tabelle pubblicate qui a fianco dove per i dipendenti privati, uomini e donne, nati dal 1948 al 1980 viene indicato a che età percepiranno la pensione. Ogni casella ha un colore profetico: verde se c’è un peggioramento fino a un anno rispetto ad oggi, giallo se i tempi di attesa aumentano da uno a tre anni, rosso oltre i tre anni. Le due schede sono state elaborate da Progetica, società indipendente di analisi e consulenza . Il primo aggiornamento sulla tabella di marcia delle pensioni, deriva dalla revisione delle finestre, decisa con l’ultima manovra. Con il nuovo meccanismo una volta maturati i requisiti i dipendenti dovranno aspettare 12 mesi per incassare il primo assegno e gli autonomi addirittura dovranno attenderne 18. Già questo fa innalzare l’età effettiva di pensionamento di quasi un anno.

Le conseguenze

Ma il vero giro di vite scatterà dal 2015 quando entrerà in vigore la riforma Sacconi, quella che aggancia l’età pensionabile alle speranze di vita. Proprio in questi giorni sono state delineate le modalità operative con le quali si procederà al calcolo. Si può stimare che in 40 anni la vita media si allungherà di 6. Con conseguente aumento dell’età pensionabile. A farne le spese saranno soprattutto i laureati che sono nati dal 1970 in poi: per loro la pensione non arriverà prima dei 65/66 anni, con un ritardo di circa 3/4 anni rispetto ad oggi. Colpito anche chi ha iniziato a lavorare tardi (rischia di sfiorare i 70 anni). Per molti lavoratori la rendita arriverà solo dopo 40 anni di attività. Il peggioramento più evidente è per le donne: il baluardo dei 60 anni non resisterà a lungo. Oltre ad arrivare più tardi, le pensioni saranno più magre perché contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionabile saranno ridotti anche i coefficienti di calcolo contributivi. E non si tratta di un gioco a somma zero. "Le ultime riforme — spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica — introducono una sorta di "disintermediazione" delle scelte sul futuro, che passano dalla politica alla statistica. In sostanza gli elementi di calcolo che definiscono il "quando" e il "quanto" della pensione vengono definiti con meccanismi automatici di adeguamento in base all’allungamento della vita media. Riforme generate dalla crisi globale e dalla necessità di rimettere in ordine i conti di una previdenza sempre più a rischio a causa dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità di risorse pubbliche da investire nel welfare". Insomma potrebbe non essere finita.

Massimo Fracaro

08 giugno 2010

 

 

 

 

 

2010-06-30

IL PAGAMENTO PER ENTRARE E USCIRE DA ROMA DA GIOVEDì PRIMO LUGLIO

"Se mettono il casello sul Gra,

prendo l'auto e sfondo tutto"

Il sindaco Alemanno boccia il pedaggio sul Grande Raccordo di Roma: è impossibile. Polverini: inaccettabile balzello. Zingaretti: "Ombra leghista sulla Capitale"

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Pedaggio sul Gra per entrare e uscire da Roma Foschi (30 giu'10)

Code sul Gra

Code sul Gra

ROMA - Pagare il pedaggio sul Grande Raccordo Anulare di Roma? Non se ne parla proprio. anzi, dice il sindaco Alemanno, "se qualcuno mette qualcosa io vado con la macchina e sfondo tutto". È la promessa del primo cittadino di Roma assolutamente contrario a far pagare il passaggio sul grande anello che gira intorno alla Capitale e che ogni giorno è frequentato (loro malgrado) da milioni di romani.

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

"NESSUN PEDAGGIO" - "Non c'è alcun pedaggio sul Gra - ha detto Alemanno -. È una cosa impossibile. Se qualcuno mette qualcosa sul raccordo per far pagare il pedaggio, vado io con la macchina e la sfondo". Questa, ha aggiunto "è una decisione ministeriale che non riguarda solo i caselli alle porte di Roma. Quel che è stato garantito dal Governo, però, è che non c'è pedaggio sul Gra per i cittadini che si spostano da una parte all'altra della città".

LA RISPOSTA DELLA LEGA - Arriva la replica della Lega alla battuta del sindaco con le parole del senatore Cesarino Monti: "Alemanno faccia quel che vuole, l'importante è che i danni al casello li paghi lui e che l'automobile non sia un'auto blu che paghiamo noi".

DAL PRIMO LUGLIO - Partirà infatti da giovedì primo luglio l'aumento dei pedaggi sui tratti autostradali che portano dentro e fuori Roma: fino ad un euro per le macchine, due per i camion. Ma a pagare sarà chi arriva in città da fuori Roma e chi esce dalla Capitale e percorre quei tratti autostradali che conducono al Grande Raccordo Anulare o attraverso il grande anello portano alle autostrade. Si pagherà di più quindi ai caselli di: Roma Nord e Fiano Romano sull'A1; a Roma Est, Lunghezza, Settecamini e Ponte di Nona sull'asse della Roma-L'Aquila; Roma Sud sull'A1; Roma Ovest e Maccarese-Fregene sulla Roma Fiumicino.

NON SI PAGA - Per girare sul Gra non si paga. Chi ci transita cioè senza arrivare (o senza essere diretto) dalle autostrade, ma semplicemente ci passa per raggiungere la città o le strade consolari intorno al Gra non deve pagare nulla. Come avviene già ora.

Una veduta aerea del Gra all'altezza dello Svincolo Laurentina (Eidon)

Una veduta aerea del Gra all'altezza dello Svincolo Laurentina (Eidon)

"BALZELLO" - "Il pedaggio sul Gra sarebbe un inaccettabile balzello a carico dei cittadini, un'eventualità sulla quale non possiamo che dirci contrari". Contraria, molto, e quindi sulla stessa linea di Alemanno, anche il governatore del Lazio Renata Polverini: "Ho già espresso la mia contrarietà al pedaggio sul Gra. Per i cittadini del Lazio il Raccordo è una strada da percorrere per andare al lavoro o a scuola. Non è immaginabile un pedaggio". L'aumento del pedaggio autostradale in entrata ed uscita è penalizzante per le imprese? "Questo riguarda tutto il Paese e non solo il Lazio, l'importante è evitare che tutto ciò si scarichi su Gra".

"OMBRA LEGHISTA" - "A questo punto comincio a vedere un'ombra leghista che pesa su Roma perché è evidente che anche in questo atto su 26 caselli su cui viene proposto l'aumento del pedaggio, 9 sono su Roma. Il bilancio di quello che sta facendo questo governo per Roma e la sua area metropolitana è: più tasse e meno servizi e non è una cosa accettabile". Questo il commentao anche del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. "Stiamo facendo i conti - ha aggiunto - ma visto il volume di traffico la gran parte di questo prelievo fiscale da parte dello Stato nazionale sarà contro i romani e i pendolari, cioè contro coloro che sono costretti a prendere la macchina perché i treni non funzionano o sono stracolmi. Chi prenderà la macchina avrà un balzello in più. Le associazioni di consumatori parlano di un esborso di circa 300 euro l'anno che forse a qualche miliardario faranno ridere, ma che per una famiglia normale è un vero e proprio salasso". Zingaretti ha poi annunciato che sta "sentendo gli amministratori del territorio e spero che tutti si uniscano per ribadire l'iniquità di questi provvedimenti".

Redazione online

30 giugno 2010

 

 

 

2010-06-28

IN MATTINATA AVEVA DETTO: BASTA SPRECHI

Berlusconi ora apre alle Regioni

"Pronto a incontrare i governatori"

Da Toronto il Cavaliere aveva gelato ogni possibilità di riaprire il confronto sui tagli. Il dietrofront a San Paolo

IN MATTINATA AVEVA DETTO: BASTA SPRECHI

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Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti a Toronto (Ansa)

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MILANO - Silvio Berlusconi è pronto a incontrare i governatori per dialogare sulla manovra, ma non a rivederne il testo. Lo ha spiegato Paolo Bonaiuti da San Paolo del Brasile, dove il premier è in visita. La precisazione del portavoce del presidente del Consiglio è arrivata per correggere la sua prima battuta all'arrivo in Brasile: "Rivedremo la manovra". Una frase che appariva una svolta, dopo la chiusura netta mostrata nelle dichiarazioni di poche ore prima in Canada. Ecco allora Bonaiuti spiegare cosa volesse dire veramente il premier con quella battuta. Che è intenzionato a incontrare ancora le Regioni. Ma non per questo è disposto a toccare le cifre della manovra: "Il Presidente del Consiglio Berlusconi - dice il comunicato - ha risposto con un sì alla domanda se intende incontrare le Regioni, ma quel sì non si riferiva certo alla possibilità di rivedere neanche su quel punto una manovra già delineata. Le riprese televisive posso confermare quanto stiamo asserendo" ha chiarito Bonaiuti.

IPOTESI - Il messaggio di Berlusconi è comunque un'apertura rispetto a quello che il presidente del Consiglio aveva fatto pervenire in mattinata ai governatori dal G20 di Toronto. Ma appare più un'apertura diplomatica alla richiesta della Polverini e di altri 4 governatori di riaprire un dialogo, piuttosto che un'ipotesi di rivedere le cifre e il "carico" della manovra sulle Regioni. Al suo arrivo a San Paolo, il Cavaliere ha dedicato poche ma decisive battute alla questione sollevata ancora una volta con forza da Roberto Formigoni. "Abbiamo messo gli occhi dentro l'amministrazione dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni e ci si è accapponata la pelle - aveva detto il presidente del Consiglio al termine del summit del G20 a Toronto -: è chiaro che chi ha la responsabilità di governare le Regioni difende lo statu quo, perché molto spesso si tratta di abolire enti. Il che vuol dire persone che si devono cercare un altro lavoro. È sempre difficile e doloroso ma non si può andare avanti così a sprecare i soldi dei cittadini".

"INCONCEPIBILE DISINFORMAZIONE" - Da San Paolo il premier ha anche attaccato i giornali. "Bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani per insegnare ai giornali a non prendere in giro i loro lettori", ha detto Berlusconi, arrivando all'albergo brasiliano che lo ospita. "In particolare - ha spiegato il presidente del Consiglio - ho letto dei resoconti sul G20 che sono l'esatto contrario della riunione: veramente una presa in giro dei lettori". Ma, a livello più generale, ha aggiunto il premier, "da molti mesi a questa parte c'è una disinformazione che vedo fare che è inconcepibile".

Redazione online

28 giugno 2010

 

 

 

I Grandi e l’aiuto alla ripresa:

deficit dimezzati entro il 2013

Obama: gli Usa la guida sulla via della crescita. Tasse banche, niente vincoli

Per il governatore Draghi le nuove regole non freneranno lo sviluppo

I Grandi e l’aiuto alla ripresa:

deficit dimezzati entro il 2013

Obama: gli Usa la guida sulla via della crescita. Tasse banche, niente vincoli

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Afp)

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Afp)

TORONTO (CANADA) — La principale priorità "è salvaguardare e rafforzare la ripresa" , gettando "le fondamenta per una crescita forte, sostenibile ed equilibrata". Ed è "cruciale" farlo perché la ripresa "è diseguale e fragile" e l'occupazione "in molti paesi resta ancora a livelli inaccettabili". I Grandi della Terra guardano allo sviluppo ma credono anche che per raggiungere tale obiettivo le finanze pubbliche "vadano rafforzate" e i sistemi finanziari vadano resi "più forti e trasparenti". Nel comunicato finale del G20, che si è chiuso ieri a Toronto, nella cornice di due giorni di scontri fra manifestanti anti-summit e la polizia risolti con più di 500 arresti, emerge un accordo-non accordo che evita di scegliere tra le differenti esigenze dei paesi partecipanti, divisi tra seguire la via espansiva dell'economia oppure quella del rigore nei conti pubblici. E emerge la convinzione che occorra "fare di più".

"Ci impegniamo ad intraprendere azioni concertate per sostenere la ripresa, creare nuovi posti di lavoro e pervenire a una crescita più vigorosa" aggiungono i leader di Stato e di governo dei venti paesi più ricchi del mondo lasciando però alle "peculiarità nazionali" il ruolo guida delle misure da adottare. Come dire, l'azione deve essere coordinata ma poi ognuno fa per se. Su tutto quindi spicca la decisione, con tanto di scadenza, di "dimezzare i deficit" di bilancio entro il 2013 e di ridurre, ma senza specificare una percentuale, il rapporto debito-Pil entro il 2016. L'impegno sul deficit, proposto dai padroni di casa del Canada, ha subito suscitato la soddisfazione della cancelliera tedesca Angela Merkel, la principale paladina della linea del rigore.

"Francamente, è più di quanto non mi aspettassi; si tratta di un obiettivo molto ambizioso, e il fatto che tutti i paesi industrializzati lo abbiano fatto proprio è di per se un successo" ha osservato la cancelliera la quale ieri ha avuto anche la soddisfazione della vittoria della squadra di calcio della Germania ma ha dovuto incassare il no sulla tassa sulle transazioni finanziarie (di cui non si fa neanche parola nel comunicato) e il mancato accordo sulla tassa globale sulle banche per cui i paesi del G20 si muoveranno in ordine sparso. "Il G20 ha riconosciuto che tassare le banche è legittimo" ha osservato comunque il presidente francese Nicolas Sarkozy. Quanto all'impegno a dimezzare i deficit, comunque l'Europa ha già messo in conto sforzi superiori mentre l'amministrazione Usa ha già inserito l'obiettivo nei suoi programmi di bilancio. "Gli Stati Uniti, con l'esempio, sono alla guida sulla strada della crescita" ha detto il presidente Usa Barak Obama, citando le "azioni audaci" fatte "con successo" nel campo delle riforme economiche alle quali il prossimo anno, ha annunciato, si aggiungerà quella "sul bilancio".

Sul fronte finanziario "stiamo costruendo - dice il comunicato finale - un sistema più resistente in grado di rispondere ai bisogni delle nostre economie, ridurre il danno morale, limitare l'insorgere del rischio sistemico e sostenere una crescita economica forte e stabile". Rispetto a tale generica affermazione risulta significativo l'impegno ad attuare i nuovi parametri su capitale e liquidità delle banche, il cosiddetto Basilea3: "Siamo a favore della conclusione di un accordo" al vertice di Seoul. Tutti i paesi adotteranno i nuovi standard" con l'obiettivo di attuare il nuovo quadro normativo "entro la fine del 2012", rispettando "il criterio della gradualità". E' un "messaggio forte" ha detto Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board, apprezzando anche "l' appoggio" dei grandi alla questione del too big to fail. "Ci assicureremo che le nuove regole non creino scompiglio sui mercati e non rallentino la ripresa" ha poi osservato Draghi, che ieri ha partecipato alla riunione dei leader del G20. I quali nel comunicato hanno in sostanza accolto il programma di riforme su quattro pilastri proposto dal Fsb illustrato nella lettera inviata dal governatore ai capi di Stato e di governo. "Le regole devono essere chiare" e "i controlli forti" ha commentato Obama.

Stefania Tamburello

28 giugno 2010

 

 

 

2010-06-23

Martedì Cdm su federalismo fiscale. Effetto manovra sul Pil, il Tesoro: - 0,5% in 3 anni

Tremonti gela le Regioni

"Tagli e saldi non si toccano"

Il ministro vede i governatori: "Manovra necessaria, altrimenti è il collasso". Errani: incontro molto negativo

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

MILANO - "Questa manovra è necessaria, senza si ha il collasso, il crollo". Non c'è nessuna alternativa dunque, secondo Giulio Tremonti, al provvedimento economico varato dal governo e che il Senato sta esaminando. Non solo. Al termine dell'incontro con le Regioni, il ministro dell'Economia ha spiegato che non ci sono alternative nemmeno sui saldi, sulle riasorse e sulla distribuzione dei tagli. Per il titolare di via XX settembre, infatti, la riduzione della spesa dello Stato fatta negli anni scorsi non consente di ipotizzare una diversa redistribuzione dei sacrifici che chieda di più all’amministrazione centrale alleggerendo la manovra sulle Regioni e gli enti locali. "La manovra - ha ribadito Tremonti - resta ferma negli importi, nella composizione e nella distribuzione". Ciò di cui si può discutere, ha aggiunto il ministro, è la possibilità di "mettere insieme anche le Regioni a statuto speciale che sono più ricche" e considerare come un unico comparto tutte le Regioni "in modo che il concorso sia proporzionale alla disponibilità delle Regioni". Il ministro, al contrario delle aperture manifestate ai sindaci, gela dunque i governatori. Che danno conferma, a stretto giro, del cattivo esito del confronto con Tremonti. "L'incontro con il governo è stato molto negativo: non abbiamo trovato, dal governo, nessuna sostanziale apertura" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. "Questa manovra - ha proseguito - di fatto mette il federalismo fiscale in una condizione di non praticabilità". Secondo Errani, inoltre, la manovra "è ipercentralista: taglia l'1.22% alle amministrazioni centrali e il 14% alle Regioni". Il presidente della Conferenza delle Regioni ha annunciato che il confronto con Tremonti continuerà ma ha anche sottolineato che il governo "deve fare proposte serie".

"LOGICA EVANGELICA" - Per Tremonti è arrivato il momento di "applicare la logica evangelica: chi più ha, può dare di più". "Pensiamo che le Regioni - ha spiegato il ministro - possano essere considerate come un comparto complessivo; tra le speciali ce ne sono alcune che hanno moltissimo, alcune sono nel nord e penso per esempio al Trentino. Presumo che possano concorrere un po' di più". Il ministro ha spiegato poi che il governo sta lavorando intensamente alla relazione sul federalismo fiscale: "Dovremmo portarla al consiglio dei ministri martedì prossimo", ha annunciato.

IMPATTO SUL PIL - Prima dell'incontro con le Regioni, il Tesoro ha diffuso le stime degli effetti della manovra sulla crescita del Paese. Una tabella consegnata in commissione Bilancio al Senato, aggiornata al giugno 2010, valuta l'impatto macroeconomico delle misure per il 2011-2013 rispetto alle stime della Ruef, la Relazione unificata sul'economia e la finanza pubblica. L'economia italiana secondo le stime del Tesoro, subirà un'ulteriore flessione a causa della manovra, che secondo il Tesoro, disinnescherà in parte gli effetti delle ripresa. L'impatto della manovra sul Pil è negativo: nel triennio 2010-2012 la riduzione è pari allo 0,5%. Di conseguenza per il 2010 la crescita del Pil cala dall'1% previsto dalla Ruef allo 0,9%. Sempre secondo la tabella, il Pil nel 2011 e nel 2012 cala rispettivamente per ciascun anno dello 0,2%, mentre nel 2013 l'effetto è pari a zero. Secondo quanto riferiscono fonti tecniche comunque tali effetti negativi sulla crescita saranno compensati da migliori evoluzioni delle variabili macroeconomiche e dunque l'effetto depressivo sarà compensato.

EFFETTI SU OCCUPAZIONE E SALARI - Stando alla tabella che aggiorna i dati della Ruef e che il Tesoro ha presentato dal governo in commissione Bilancio al Senato l'impatto della manovra sull'occupazione, rispetto alle stime della Relazione unificata presentata dal governo qualche settimana fa, sarà nullo nel 2010 mentre determinerà una riduzione nel 2011 pari allo 0,1% e dello 0,2% nel 2012 e nel 2013. Situazione simile anche per i dati sulla disoccupazione: il calo, sempre nullo nel 2010, sarà pari a -0,1% nel 2011, -0,3% nel 2012 e -0,5% nel 2013. Le riduzioni percentuali per quanto riguarda i salari totali e dei redditi totali sono dello 0,5% nel 2011, dello 0,6% nel 2012 e nel 2013. L'impatto poi sugli investimenti, secondo la tabella, è pari a zero per quest'anno, a -1,1% nel 2011, a -1,3% nel 2012, a -0,5% nel 2013. Infine i consumi: sul fronte di quelli classificati come privati si registra una riduzione dello 0,2% per il 2010, dello 0,1% nel 2011 e nel 2012, mentre sul fronte di quelli collettivi si registra un miglioramento di 0,1% nel 2010. Un dato che negli anni successivi è negativo: nel 2011 la riduzione percentuale è dello 0,4%, nel 2012 dello 0,2% e nel 2013 0,1%.

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

 

sindaci in piazza al senato. poi una delegazione anci incontra il ministro

I Comuni e la manovra, Chiamparino:

"Sì di Tremonti a rivedere il Patto"

"Qualche apertura sui tagli da parte del titolare di via XX Settembre c’è stata, ma a saldi invariati"

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Sindaci in piazza col cappio al collo durante la manifestazione davanti al Senato (eidon)

Sindaci in piazza col cappio al collo durante la manifestazione davanti al Senato (eidon)

MILANO - Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si è detto disponibile a modificare la parte della manovra relativa ai tagli per i comuni, ma mantenendo invariati i saldi, e rivedere il patto di stabilità interno. Lo ha spiegato Srgio Chiamparino, al termine dell'incontro tra una delegazione dell’Anci da lui guidata e i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti, e della Semplificazione, Roberto Calderoli che si è svolto al Tesoro. "L’incontro è stato interlocutorio - ha riferito Chiamparino - ma qualche apertura sui tagli da parte del ministro c’è stata, ma a saldi invariati". Dal titolare di via XX Settembre è arrivata anche "la disponibilità a discutere la revisione del Patto di stabilità".

LA MANIFESTAZIONE - Tremonti ha convocato una delegazione dell'Anci al termine della manifestazione dei sindaci contro i tagli previsti nella manovra. I sindaci sono scesi in piazza in mattinata e hanno manifestato davanti al Senato: alcuni hanno indossato fasce tricolore listate a lutto per testimoniare il rischio di sopravvivenza che correrebbero i Comuni se non venisse modificata la manovra. Altri hanno addirittura indossato un cappio al collo, esponendo cartelli con su scritto "Comuni con il cappio al collo". Gli oltre 8mila Comuni italiani chiedono che i tagli vengano più equamente redistribuiti e hanno lanciato l’allarme: sono a rischio gli asili nido, i trasporti pubblici locali, l’assistenza, la scuola, l’ambiente e le infrastrutture per la mobilità. Alla manifestazione dell’Anci hanno aderito, tra l’altro, l’Unione delle Province italiane, le comunità montane, la Legautonomie e la Cgil, con una delegazione guidata dalla vice segretaria generale Susanna Camusso.

IMU E SERVICE TAX - Nell'incontro con il ministro Tremonti ed i rappresentanti degli enti locali sulla manovra si è parlato anche dell'Imu. La nuova tassa, imposta municipale unica sugli immobili, dovrebbe essere inserita nel decreto attuativo sul federalismo fiscale e accorperebbe imposte legate ai servizi facendo tornare il potere fiscale ai Comuni. Incontrando il titolare del Tesoro, Chiamparino ha spiegato che l'Imu potrebbe di fatto avvicinarsi alla "service tax" proposta dai Comuni. "Sottolineo che potrebbe avvicinarsi - ha detto Chiamparino - perché ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio". Secondo il presidente dell'Anci potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale si potrebbero aggregare anche altre imposte locali.

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

 

La Regione Marche ha 9 presenze all’estero, di cui ben quattro in Cina

Le Regioni e la "diplomazia fai-da-te" Spese pazze per 178 sedi nel mondo

Veneto, Lombardia e Piemonte sono al top della classifica.

E nessuno vuole rinunciare all'ufficio di Bruxelles

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ROMA - Seguendo le orme di Marco Polo anche i moderni Dogi del Veneto hanno fatto rotta a Oriente: puntando dritti alla Città Proibita. Magari, esagerando un tantino. Il leghista Luca Zaia si è quindi ritrovato a governare una Regione che ha 10 (dieci) uffici in Cina. Avete letto bene: dieci. Ma la moltiplicazione dei "baili", come si chiamavano anticamente gli ambasciatori della Serenissima, non si è certamente fermata lì. Poteva forse il Veneto rinunciare ad aprire un ufficetto in Bielorussia? O un appartamento in Bosnia? Un paio di punti d’appoggio in Canada? Tre in Romania? Quattro negli Stati Uniti e altrettanti in Bulgaria (sì, la Bulgaria)? Un pied à terre in Vietnam? Un appartamento in Uzbekistan? Una tenda negli Emirati arabi uniti? Un bungalow a Porto Rico? E un consolato in Turchia, alla memoria dell’ambasciata veneziana alla Sublime Porta, quello forse no?

Si arriva così a 60 sedi in 31 Paesi: alla quale si deve aggiungere, ovviamente, quella di Bruxelles. E si sale a 61. Irraggiungibile, il Veneto: a elencarle tutte, sarebbe già finito l’articolo e non ci sarebbe spazio per raccontare quello che combinano invece le altre Regioni italiane. Perché scorrendo i dati che sono in un dossier del Tesoro su questo incredibile fenomeno della diplomazia regionale "fai da te", il Veneto è soltanto in cima a una piramide molto più grossa. Le Regioni italiane hanno all’estero qualcosa come 157 uffici, ai quali si devono aggiungere i 21 di Bruxelles. Per un totale di 178. Già: a un’antenna nel quartier generale dell’Unione europea non ha voluto rinunciare proprio nessuna. "D’altra parte", ha spiegato il governatore lombardo Roberto Formigoni, "è importante avere un presidio a Roma e Bruxelles. Non è affatto un lavoro inutile quello che i nostri funzionari svolgono organizzando a esempio numerosissimi incontri istituzionali per aziende, centri culturali, organizzazioni non governative e così via, che vengono supportati nel dialogo con le autorità nazionali ed europee". La Lombardia, che ha quasi 10 milioni di abitanti: ma il Molise? Che senso ha per una Regione con 320 mila abitanti come quella di Michele Iorio mantenere un ufficio a Bruxelles, peraltro pagato un milione 600 mila euro, oltre ai due di Roma?

Per non parlare dei valdostani, che sono 124 mila. Peccato però che la Lombardia non abbia solo un presidio Roma e uno a Bruxelles. Bensì, secondo il Tesoro, altri 27 sparsi in giro per il mondo. Ce n’è uno in Argentina, un paio in Brasile e Cina, quattro in Russia (esattamente come la Regione Veneto), e poi uno in Giappone, Lituania, Israele, Moldova, Polonia, Perù, Uruguay, Kazakistan... E il Piemonte? Che dire del Piemonte? La Regione appena conquistata da un altro leghista, Roberto Cota, presidia 23 Paesi esteri. Con la bellezza di 33 basi. Frutto di scelte apparentemente sorprendenti. Per esempio, ce ne sono due in Corea del Sud. Altrettanti in Costa Rica (perché il Costa Rica?). Altri due in Lettonia (perché la Lettonia?). Roba da far impallidire i siciliani, che avevano riempito mezzo mondo di "Case Sicilia": dalla pampa argentina a Boulevard Haussmann, Parigi. Poi la Tunisia, e New York, Empire state building. Ma volete mettere il fascino della Grande Mela? Dove gli uomini dell’ex governatore Salvatore Totò Cuffaro si ritrovarono in ottima compagnia. Quella dei dipendenti della Regione Campania, allora governata da Antonio Bassolino, che aveva preso in affitto un appartamento giusto sopra il negozio del celebre sarto napoletano Ciro Paone. Nientemeno.

Costo: un milione 140 mila euro l’anno. A quale scopo, se lo chiese nell’autunno del 2005 Sandra Lonardo Mastella, in quel momento presidente del Consiglio regionale, visitando una struttura il cui responsabile, parole della signora, "viene solo alcuni giorni ogni mese ". Struttura per la quale venivano pagati tre addetti il cui compito consisteva nell’organizzare, per promuovere l’immagine regionale, eventi ai quali non soltanto non partecipava "alcun esponente americano ", ma nessuno "che parlasse inglese". Quello che colpisce, però, sono sempre i luoghi. La Regione Marche, tanto per dirne una, ha nove basi all’estero. Di queste, ben quattro nella Cina. Il Paese decisamente più gettonato: alla Corte di Hu Jintao ci sono ben sette enti locali italiani, con addirittura ventitrè uffici. Il doppio che nella federazione russa. Quattro, in Cina, ne ha pure il Piemonte. Regione che si distingue da tutte le altre per avere attivato anche una sede a Cuba. Oltre a due in India, dove hanno un punto d’appoggio pure le Marche. Ma non l’Emilia-Romagna, che paradossalmente ha meno presidi esteri della piccola Regione confinante: cinque anziché nove, numeri a cui bisogna sempre aggiungere quello di Bruxelles. Quasi tenerezza fanno gli ultimi in classifica. Il Friuli-Venezia Giulia, che si "accontenta" (si fa per dire) di tre "consolati" oltre a quello europeo: in Slovacchia, Moldova e Federazione russa.

La Basilicata, andata in soccorso ai lucani dell’Uruguay e dell’Argentina. La Valle D’Aosta, che non sazia della sede di Bruxelles ne ha pure una in Francia. Ma dove, altrimenti? Infine la Puglia: come avrebbe fatto senza un comodo rifugio dai dirimpettai albanesi? Quello che non dice, il dossier del Tesoro, è quanto paghiamo per tale gigantesca e incomprensibile Farnesina in salsa regionale. Per saperlo bisognerebbe spulciare uno a uno i bilanci degli enti locali. Dove intanto non è sempre facile trovare i numeri "veri". E soprattutto non è spiegato a che cosa serva tutto questo Ambaradam. A favorire gli affari delle imprese di quelle Regioni? Al prestigio dei governatori presenti o passati? A mantenere qualche stipendiato illustre? Il sospetto, diciamolo chiaramente, è che nella maggior parte dei casi l’utilità di tutte queste feluche di periferia sia perlomeno discutibile. Come quel Federico Badoere, nel 1557 ambasciatore veneziano a Madrid presso la corte di Filippo II, autore di una strepitosa relazione spedita al Senato della Serenissima nella quale liquidava come una trascurabile quisquilia ciò che stava succedendo dopo la scoperta dell’America, evento che un suo predecessore si era addirittura "dimenticato" di riferire a Venezia: "Sopra le cose delle Indie non mi pare di dovermi allargare, stimando più a proposito compatire il tempo che mi avanza a narrare le cose degli altri stati di Sua Maestà".

Sergio Rizzo

23 giugno 2010

 

 

 

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Tagli, la Lega apre a Formigoni. Il Pd: ingiustificato passo indietro

Formigoni mostra il grafico delle spese pro capite 2008: in rosso lo Stato, in blu le altre Regioni, in verde la Lombardia (Fotogramma)

Formigoni mostra il grafico delle spese pro capite 2008: in rosso lo Stato, in blu le altre Regioni, in verde la Lombardia (Fotogramma)

MILANO - Lo Stato prenda esempio dalla Lombardia: è l'invito avanzato dal presidente della Regione Roberto Formigoni che, nel giorno della riunione convocata dal Governo con le Regioni, ha presentato alcune proposte per modificare la manovra. Manovra che giudica "difficilmente emendabile". "Medice cura te ipsum" (medico, cura te stesso), ha detto Formigoni, citando il motto latino. "Il medico che vuole curare i cittadini e spingere al risparmio gli Enti locali dovrebbe dirigere a se stesso le cure". E la cura a cui lo Stato dovrebbe sottoporsi, secondo Formigoni, potrebbe essere tutta lombarda: "A questo medico - ha continuato Formigoni - noi indichiamo il nostro modello. Regione Lombardia funziona con un quarto delle spese". Secondo i dati diffusi dal governatore lombardo, relativi alla spesa pro capite per funzionamento dei vari livello di governo, nel 2008 la Lombardia è costata 43,97 euro a ciascun cittadino, le altre regioni 91,47 euro, mentre lo Stato ha pesato sulle tasche dei contribuenti per 164,73 euro.

"TAGLI ANCHE PER LO STATO" - Formigoni ha anche precisato che "se lo Stato funzionasse con lo stesso modello di virtuosità della Regione Lombardia, risparmierebbe 7,1 miliardi di euro all'anno". Lo Stato quindi "può migliorare se stesso proponendosi come modello di virtuosità Regione Lombardia". Tra le proposte avanzate da Formigoni su come modificare la manovra c'è anche la richiesta di una "redistribuzione equa dei sacrifici". "L'eguaglianza è ancora una virtù - ha aggiunto il presidente - e serve una manovra che costringa tutti a fare sacrifici". Ricordando che i comparti della Repubblica sono quattro, Formigoni ha invitato tutti "a farsi carico dei risparmi distribuendoli in maniera equa. Contribuisca allo stesso modo lo Stato, così come le regioni, le province e i comuni". Sulla base di questa convinzione, secondo Formigoni, "lo Stato dovrebbe aumentare la quota a proprio carico rispetto alla proposta che ha fatto". In particolare Formigoni chiede "un taglio uguale per tutti del 3,2% nel 2011 e del 4,17% nel 2012".

INCENTIVO SULLE CARTE DI CREDITO - Il Pirellone sta studiando anche altre iniziative, fra cui "una proposta per combattere l'evasione fiscale", da sottoporre al governo: "Basterebbe dare un piccolo incentivo ai cittadini per spingerli a usare la carta di credito". L'incentivo, secondo quanto spiegato dal governatore lombardo, si tradurrebbe in "una deduzione dal reddito delle persone fisiche dell'ammontare degli acquisti effettuati con carta di credito". "Si tratta - ha aggiunto Formigoni - di una propostina di sicuro effetto. Un incentivo che potrebbe essere pagato anche dalle banche o dalle case che emettono carte di credito". Com'è noto, gli acquisti con carta di credito sono tracciabili dal fisco, e quindi sarebbe più facile aver prova delle transazioni avvenute.

LA MANOVRA - A poche ore dall'incontro Stato-Regioni, Formigoni ha avuto parole dure sulla manovra: "Chiederemo al governo di presentarsi con cambiamenti seri, non bastano piccoli ritocchi, questa è una manovra difficilmente emendabile, ne occorre un'altra che rispetti i 25 miliardi totali e che distribuisca equamente i tagli previsti". A margine di una conferenza stampa al Pirellone, Formigoni ha poi aggiunto: "Non mi scandalizzerei se non si arrivasse immediatamente a una conclusione".

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

2010-06-22

il governo tedesco: "scelta votata all'unanimità dai capi di stato e di governo europei"

Il premier: "Tassa su transazioni ridicola" La Germania: "L'ha approvata anche lui"

Berlusconi annuncia di aver messo il veto sulla tassazione delle transazioni finanziarie decisa dalla Ue

il governo tedesco: "scelta votata all'unanimità dai capi di stato e di governo europei"

Il premier: "Tassa su transazioni ridicola" La Germania: "L'ha approvata anche lui"

Berlusconi annuncia di aver messo il veto sulla tassazione delle transazioni finanziarie decisa dalla Ue

Silvio Berlusconi (Ansa)

Silvio Berlusconi (Ansa)

MILANO - Botta e risposta tra il governo tedesco e il premier italiano Silvio Berlusconi. Oggetto del contendere la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie fatta propria dal Consiglio europeo. "Credo di aver reso un buon servizio al mio Paese e anche all'Europa con il veto sulla tassa sulle transazioni finanziarie", una proposta che il presidente del Consiglio nel corso di una telefonata durante il convegno dell’associazione del Pdl "Liberamente", ha definito "ridicola". A giudizio del premier questa imposizione "se fosse stata approntata solo dall'Unione Europea e non dagli altri grandi Paesi avrebbe spostato negli Usa e in altri Paesi" la mole delle transazioni finanziarie internazionali.

LA REPLICA TEDESCA - Tutti i paesi Ue hanno convenuto sulle conclusioni del Consiglio europeo di giovedì scorso, incluse quelle relative alla proposta di una tassa europea sulle transazioni finanziarie: così ha replicato un portavoce del governo tedesco commentando le dichiarazioni del presidente del Consiglio. "Le conclusioni sono state approvate da tutti i capi di Stato e di governo del Consiglio europeo", ha detto all'Ansa il portavoce. Da parte sua, il portavoce ha fatto riferimento in particolare al punto 16 delle conclusioni del vertice di Bruxelles sulla proposta della tassa Ue sulle transazioni finanziarie. Secondo quanto si legge in questo paragrafo, il "Consiglio europeo conviene sulla necessità che gli Stati membri introducano sistemi di prelievi e tasse a carico degli istituti finanziari per assicurare un'equa ripartizione degli oneri e stabilire incentivi volti a contenere il rischio sistemico". L'unico paese che "si riserva il diritto di non introdurre" queste misure è la Repubblica ceca, come riportano le conclusioni del Consiglio europeo e fanno notare fonti del governo tedesco. Il portavoce del governo tedesco ha inoltre fatto riferimento al punto 17 delle conclusioni del Consiglio europeo, relativo alla proposta di tassare le operazioni finanziarie. In particolare, l'articolo 17 sottolinea la necessità di "esplorare e sviluppare ulteriormente" l'eventuale introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie su scala mondiale. "La risposta dell'Unione alla crisi deve continuare ad essere coordinata a livello globale per assicurare la coerenza delle misure sul piano internazionale. Le iniziative attualmente adottate dall'Unione per rilanciare la competitività, risanare i conti pubblici e riformare il settore finanziario le consentiranno di prendere posizione con forza a favore di azioni analoghe a livello internazionale al prossimo vertice G20", recita l'articolo 17. L'Ue "dovrebbe guidare gli sforzi volti a stabilire un approccio globale all'introduzione di un sistema di prelievi e tasse a carico degli istituti finanziari nella prospettiva di mantenere una parità di condizioni su scala mondiale e difenderà con vigore questa posizione di fronte ai suoi partner del G20", prosegue. "In tale contesto si dovrebbe esplorare e sviluppare ulteriormente l'opportunità di introdurre un prelievo sulle operazioni finanziarie a livello mondiale", termina così l'articolo delle conclusioni del Consiglio europeo.

LA PRECISAZIONE DI PALAZZO CHIGI - Nonostante però la replica tedesca a Palazzo Chigi si ribadisce che il presidente Silvio Berlusconi nel vertice di Bruxelles di giovedì scorso ha posto il veto dell'Italia alla proposta di una tassa europea sulle transazioni finanziarie. Tanto è vero che il vertice ha previsto la possibilità di una imposizione sulle banche e non sulle operazioni finanziarie.

Redazione online

20 giugno 2010(ultima modifica: 21 giugno 2010)

 

 

 

 

"Spesa pubblica, finita la ricreazione"

Tremonti: deve finire l'illusione che le risorse siano illimitate. E sull'economia grava il rischio derivati

LA MANOVRA

"Spesa pubblica, finita la ricreazione"

Tremonti: deve finire l'illusione che le risorse siano illimitate. E sull'economia grava il rischio derivati

Giulio Tremonti

Giulio Tremonti

"In generale in Europa e in Italia, la ricreazione è finita. Non può continuare, deve finire, l'illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal Pil". Non usa mezzi termini, Giulio Tremonti, nell'attaccare la finanza pubblica "allegra" che appesantisce i conti degli Stati. Ma la stessa durezza è stata riservata anche alla finanza "privata", quella dei mercati: "In quest'anno - ha detto il ministro dell'Economia parlando in occasione della Festa annuale della Guardia di Finanza - l'economia ha lentamente ripreso la sua corsa, ma sull'economia ancora e di nuovo incombe il rischio di un drammatico e devastante nuovo fuorigioco della finanza". "Si possono fare tutte le regole, sulla dimensione delle banche, sul capitale delle banche, sulle tasse per alimentare fondi contro i rischi di collasso delle banche - ha aggiunto - E anche per limitare la leva finanziaria o centralizzare o regolare il mercato dei derivati. È tutto necessario, ma non è ancora sufficiente, se permane la libertà, anzi l'anarchia, sui contratti derivati". "Per tornare ad essere sicuri - ha insistito - si deve fare una regola contabile che impedisca prima di creare, e poi di mettere in circolo una ricchezza 'futurà che non c'è, se non per chi specula".

MENO SPESE E MENO ABUSI - Tornando ai bilanci pubblici, in particolare a quelli italiani, a manovra ora in discussione in Parlamento, ha aggiunto il ministro, "non è solo una manovra per stabilizzare i nostri conti. È qualcosa di più, la correzione di una tendenza storica: meno spesa pubblica; meno enti inutili; meno spese inutili; meno abuso dei soldi pubblici; meno evasione fiscale". E, su questo campo, avverte rivolgendosi alle Fiamme Gialle, "è stata ed è fondamentale la vostra azione. Un'azione che è attesa ancora più forte anche per effetto delle nuove norme di contrasto all'evasione fiscale. Per la ricerca e per l'università, se configurate come reale investimento sul futuro, può essere fatta una politica diversa. L'illusione per cui ogni anno si può continuare a spendere più di quello che si produce nell'anno stesso o più di quello che si è prodotto negli anni precedenti, tanto qualcuno pagherà". "Questa volta - dice il ministro - non ci saranno altri a pagare per noi, saremo noi a dover pagare per noi e con gli interessi. Per decenni, in Europa, in Italia, drogati dal debito pubblico si è pensato che la politica fosse indipendente dai numeri, che la politica venisse prima dei numeri. E questi poi - i numeri - più o meno taroccati, ma ora è l'opposto: i numeri vengono prima della politica ed è la politica che deve adattarsi ai numeri".

Redazione online

22 giugno 2010

 

 

 

il ministro dell'economia francese lagarde: "frutterà un miliardo di euro"

Gran Bretagna, Francia e Germania: pronti a introdurre una tassa sulle banche

Comunicato congiunto: via libera a imposta basata sul fatturato degli stessi istituti di credito

il ministro dell'economia francese lagarde: "frutterà un miliardo di euro"

Gran Bretagna, Francia e Germania: pronti a introdurre una tassa sulle banche

Comunicato congiunto: via libera a imposta basata sul fatturato degli stessi istituti di credito

MILANO - I principali Paesi dell'Unione europea, dopo l'approvazione della misura nell'ambito del Consiglio europeo, fanno fronte comune per introdurre una forma di tassazione specifica sugli istituti di credito che venga adottata anche dal G-20 che si terrà a fine settimana in Canada.

DOCUMENTO COMUNE - Gran Bretagna, Francia e Germania hanno reso noto un documento comune con cui annunciano la prossima entrata in vigore nei loro Paesi di una nuova tassa sulle banche. "I governi di Francia, Gran Bretagna e Germania - si legge in un comunicato congiunto - propongono l'introduzione di una tassa sulle banche basata sui bilanci degli stessi istituti". In precedenza il ministro delle Finanze britannico, George Osborne, aveva annunciato l'introduzione di una simile tassa nel Regno Unito a partire dall'anno prossimo.

IN FINANZIARIA - Parigi ha inoltre fatto sapere che inserirà la tassa sulle banche "nella sua prossima legge finanziaria" per il 2011, che sarà presentata a fine settembre. E il ministro dell'Economia Christine Lagarde ha annunciato in un'intervista al Wall Street Journal che la tassa frutterà un miliardo di euro al bilancio dello Stato.

Redazione online

22 giugno 2010

 

 

 

 

PROPOSTA DELLA LEGA: "SCUDO" PER EMERSIONE DEI FALSI INVALIDI

Emendamento del Pdl alla manovra

Condono edilizio anche in aree protette

In caso di confisca il responsabile dell'abuso avrà diritto di prelazione all'asta. E si fermano le ruspe in Campania

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Valanga di emendamenti. Più di 1.200 sono della maggioranza (18 giugno 2010)

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ROMA - Il Pdl ha presentato alla commissione Bilancio del Senato un emendamento alla manovra che chiede la riapertura del condono edilizio che era stato varato nel 2003 (legge 269) per gli abusi realizzati entro il 30 marzo 2010. La sanatoria viene estesa anche alle costruzione realizzate "in aree sottoposte alla disciplina di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio". Primo firmatario è Paolo Tancredi.

SANZIONI SOSPESE - La proposta, che porta la firma di tre senatori Pdl (oltre a Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin), non usa giri di parole e porta il titolo esplicito: "Emendamento condono edilizio". La domanda deve essere fatta entro il 31 dicembre, "anche qualora l'amministrazione abbia adottato il provvedimento di diniego". Sono dunque sanabili anche gli abusi sui quali i Comuni non avevano espresso il parere favorevole nel precedente condono. "A tal fine - indica l'emendamento del Pdl - sono sospesi tutti i procedimenti sanzionatori di natura penale e amministrativa, già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato".

DIRITTO PRELAZIONE - Tancredi ha firmato anche un altro emendamento alla manovra correttiva: stabilisce che nel caso di confisca di edifici abusivi da parte del Comune c'è un "diritto di prelazione", nell'acquisto all'asta indetta dall'ente locale, per il "responsabile dell'abuso". Torna anche la sospensione delle ruspe in Campania dopo che, un paio di settimane fa, l'Aula della Camera aveva affossato il decreto legge sulla sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria nella Regione. A firmare l'emendamento che recupera quel decreto legge sono Carlo Sarro e Gennaro Coronella del Pdl.

FALSI INVALIDI - La Lega ha presentato un altro emendamento alla manovra (a firma dei senatori Massimo Garavaglia e Gianvittore Vaccari) che propone di incentivare l'emersione dei falsi invalidi con uno "scudo", un meccanismo simile a quello utilizzato per il rimpatrio dei capitali. I medici che hanno fatto false attestazioni e i soggetti "che abbiano percepito indebitamente benefici a titolo di trattamenti economici di invalidità civile possono - si legge nell'emendamento -, entro 180 giorni dall'entrata in vigore delle legge di conversione del presente decreto, denunciare l'illecito all'ufficio competente territorialmente dell'Inps". La denuncia "comporta l'estinzione dei reati e dei relativi illeciti amministrativi, nonché l'immediata decadenza del beneficio". Tali proposte di modifica fanno parte delle 2.550 depositate entro venerdì scorso, la metà da parte della maggioranza, che saranno esaminate con l'articolato della manovra da martedì dalla commissione Bilancio del Senato.

Redazione online

21 giugno 2010

 

 

2010-06-19

oi boccia la manovra: "2.380 commi senza uno straccio di idea"

Bersani: "Se al premier la nostra Costituzione non piace se ne vada a casa"

Il leader del Pd: "Limiti a potere del governo sono magistratura indipendente e libera informazione"

poi boccia la manovra: "2.380 commi senza uno straccio di idea"

Bersani: "Se al premier la nostra Costituzione non piace se ne vada a casa"

Il leader del Pd: "Limiti a potere del governo sono magistratura indipendente e libera informazione"

Pierluigi Bersani (Ansa)

Pierluigi Bersani (Ansa)

MILANO - L'articolo uno della Costituzione sancisce che la sovranità appartiene al popolo, ma secondo il leader del Pd Pierluigi Bersani il premier Silvio Berlusconi non se lo ricorda. "Si vede chiaro dai suoi messaggi che la sua memoria, che pure è vivida, non arriva al secondo comma", ha detto il segretario del Pd nel suo intervento alla manifestazione del Pd a Roma contro la manovra, "Allora glielo ricordiamo noi: quelle forme e quei limiti sono una magistratura indipendente, una libera informazione, e che tutti sono uguali di fronte alla legge". Ma, ha aggiunto, "tutto questo non si può cambiare e se non gli piace va a casa".

"MANOVRA: 2380 COMMI SENZA UNO STRACCIO DI IDEA" - L'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi "è una macchina tarata per accumulare consenso, non per fare governo" ha aggiunto Bersani che ha poi attaccato anche la manovra: "Non abbiamo mai avuto una discussione sul che fare per la crisi, abbiamo avuto dieci mini manovre, dieci decreti, pilloline. Per chi passava il suo tempo a misurare le pagine del programma di Prodi, il record di Prodi lo ha battuto: 2.380 commi senza uno straccio di idee, senza direzione di marcia". "Con questa manovra - ha aggiunto Bersani - viene data una pistola agli enti locali perchè sparino al popolo. Perchè sparino al popolo non alle quaglie. Saremo punto e da capo tra qualche mese e avremo dato una botta ai redditi medio bassi. La manovra è depressiva. Riduce i consumi, lo dice anche la Banca d'Italia. In questa manovra pagano gli insegnanti, i bidelli i poliziotti ma quelli con il reddito di Berlusconi non pagano zero".

INTERCETTAZIONI - Il leader del Pd ha poi affrontato il tema del ddl sulle intercettazioni: "Dicono che stanno riflettendo, bene. Vuol dire che hanno capito che vanno sul duro ma attenti, loro fanno così: fanno alt, non trovano la quadra e si rimettono l'elmetto e via con i voti di fiducia...". "Finora - ha osservato Bersani - hanno messo oltre 30 voti di fiducia e 50 decreti. Siamo a circa un voto di fiducia alla settimana di lavoro in Parlamento. Ma il Parlamento è il luogo della libertà di tutti e se si zittisce quel luogo non c'è più libertà per nessuno".

"Mi chiedo quale sia la ragione di questa ossessione del premier sulla legge sulle intercettazioni. Ma il presidente del consiglio Berlusconi non ne ha altri pensieri?" aveva detto in precedenza anche la capogruppo dei senatori del Pd Anna Finocchiaro.

ANTIPOLITICA - Per Bersani inoltre bisogna lottare "contro gli effetti collaterali del berlusconismo, che creano antipolitica e il diffondersi della sfiducia". Effetti che "sono coltivati da Berlusconi per sguazzarci dentro. Sembrava che questo governo doveva cambiare tutto e invece non ha fatto niente. Nascondono i problemi col frastuono. È un meccanismo che rischia di fare diventare gli italiani frustrati e impotenti, ed ecco invece il nostro compito, il compito del Pd, difficile ma ineludibile - ha aggiunto -: trasformare la rabbia dei cittadini in energia fiduciosa per il cambiamento e per farlo mi rivolgo a tutte le forze di opposizione. Siamo un bel partito, una delle più grandi forze riformiste europee, dobbiamo solo essere più forti delle nostre debolezze".

LEGA - Poi Bersani attacca anche la Lega: "Vorrei mandare un messaggio a Bossi, un messaggio a Pontida per dirgli: guarda Umberto che con il "Va pensiero" o tifando Paraguay non si mangia mica nè si fa il federalismo. Questa Lega qua è dura sugli inni e sulla Nazionale di calcio ma con i miliardari è mollacciona".

RAI - Bersani ha successivamente affrontato anche il tema della Rai: "La Rai è pagata per lavorare contro se stessa. Dà fastidio che lo dico? Ma lo faccio carte alla mano - continuato Bersani - e con sullo sfondo il caso Santoro. Berlusconi, il governo, Tremonti vogliono la libertà di impresa? E allora Tremonti liberi la Rai, che è una azienda del Tesoro".

Redazione online

19 giugno 2010

 

 

 

2010-06-18

Nessun emendamento presentato dal relatore azzolini né dal governo

Manovra, valanga di emendamenti

Più di 1.200 sono della maggioranza

Presentate 2.250 proposte di modifica al testo in commissione Bilancio, 1.116 sono del Pdl (90 dei finiani)

Nessun emendamento presentato dal relatore azzolini né dal governo

Manovra, valanga di emendamenti

Più di 1.200 sono della maggioranza

Presentate 2.250 proposte di modifica al testo in commissione Bilancio, 1.116 sono del Pdl (90 dei finiani)

MILANO - Sono 2.550 gli emendamenti presentati dai vari gruppi parlamentari alla manovra in discussione in commissione Bilancio al Senato. Quasi la metà (1.205) sono della maggioranza. Il gruppo del Pdl è in testa quanto a proposte di modifica con 1.116 emendamenti. Dalla Lega sono arrivate 89 proposte di modifica, dal Pd 823. L'Italia dei Valori ha presentato 149 emendamenti, 293 l'Udc e 80 dal gruppo misto. Gli ordini del giorno sono in totale 43. Al momento non sono state presentate proposte di modifica dal relatore Antonio Azzollini e dal governo. La commissione Bilancio inizierà l'esame delle proposte di modifica martedì prossimo, 22 giugno, con due sedute (ore 15 e 20.30). Mercoledì e giovedì fissate 3 sedute, alle 9, 14.30 e 20.30, mentre venerdì l'appuntamento è per le 9 del mattino. Il decreto sulla manovra è stato calendarizzato per l'aula giovedì 1 luglio alle 10.30 (il 30 giugno alle ore 17 scade il termine per la presentazione degli emendamenti) e dovrà essere licenziato entro il 9 luglio (scade il 30 luglio) per poi passare a Montecitorio.

IL PACCHETTO DEI FINIANI - Degli oltre mille emendamenti depositati dal Pdl in commissione Bilancio allo scadere del termine, un gruppo di una novantina sono, a quanto si apprende, di provenienza dell'area vicina al presidente della Camera rappresentata in commissione Bilancio a Palazzo Madama dai senatori Maurizio Saia, Maria Ida Germontani e Candido De Angelis. Una parte di questi emendamenti, si spiega da fonti di maggioranza, fanno parte della "contro-manovra" Baldassarri che trova copertura nei finanziamenti europei a fondo perduto rimasti inutilizzati e insistono su argomenti come la cedolare secca sugli affitti, la ricerca, l'università e taglio dell'Irap. Un altro gruppo di emendamenti finiani riguarda il "blocco sicurezza", contro i tagli alle forze dell'ordine. Altre proposte di modifica sono raggruppate in un corposo emendamento coperto in parte con l'aumento delle accise sui tabacchi e in parte con minori detrazioni per le società petrolifere. Si tratta di fondi per l'università e la sicurezza, di 300 milioni in favore di Roma con l'obiettivo, si sottolinea, di evitare la tassa di soggiorno, ma anche di fondi per i mutui per le giovani coppie. In arrivo proposte di modifica anche sul controllo da parte del Parlamento delle fondazioni bancarie, un nodo sul quale ha insistito recentemente anche il presidente della Camera Fini. Non entra nel pacchetto dei finiani il taglio delle province, perché, si spiega, necessiterebbe di una modifica costituzionale e le ipotesi di semplice accorpamento non porterebbero risparmi significativi. Tra gli emendamenti finiani c'è anche l'accorpamento di Simest, Sace e Ice in un unico ente per il commercio con l'estero per produrre risparmi.

LE PROPOSTE DEL PD - Sostegno alle famiglie, allo sviluppo, alle piccole e medie imprese e una boccata d'ossigeno per gli enti locali. Sono questi i punti sui quali incidono le circa ottocento proposte di modifica del Pd alla manovra, alle quali si aggiungono 18 ordini del giorno. "La logica dei nostri emendamenti - sottolinea il senatore Paolo Giaretta - è quella di dire che almeno una parte dell'esito della lotta all'evasione fiscale vada restituita ai contribuenti onesti". "Per le imprese - dice ancora Giaretta - proponiamo l'innalzamento delle aliquote di esenzione Irap e il rafforzamento del 'forfettonè. Sul fisco: una sovratassa (di due punti percentuali) sui capitali che rientrano con lo scudo fiscale per finanziare un allentamento del patto di stabilità per i comuni che investono. La manovra va resa più equilibrata tra lo Stato periferico". C'è poi un pacchetto di liberalizzazioni a favore del consumatore nei settori di "carburanti, banche, assicurazioni e farmacie". Infine sul fronte dello sviluppo "un forte incentivo al lavoro femminile, incentivi automatici per le aziende che fanno ricerca, sostegno alla green economy; riproposizione bonus 55% per case ecologiche, eliminazione della norma sui certificati verdi". (Fonte Ansa)

18 giugno 2010

 

 

 

 

sullo stallo in corso sull'accordo per L'IMPIANTO NEL NAPOLETANO

Fiat, l'allarme di Marchionne: "Senza accordo non esisterà più industria"

La denuncia Fiom: "Fiaccolata sabato sera a Pomigliano. L'azienda vuole replicare la marcia dei 40mila"

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Sergio Marchionne (Eidon)

Sergio Marchionne (Eidon)

MILANO - Da una parte l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che lancia un avvertimento chiaro: "Senza accordo non esisterà più industria". Dall'altra la denuncia dei segretari generali della Fiom: "L'azienda sta organizzando una fiaccolata per domani sera "precettando" i lavoratori alla partecipazione". Le posizioni di azienda e metalmeccanici su Pomigliano d'Arco restano distanti. Marchionne è caustico sullo scontro sindacale e le polemiche suscitate dopo l’accordo separato per il rilancio dello stabilimento nel Napoletano. Se si continua così, sostiene l'ad del Lingotto, "l’Italia non avrà un futuro a livello manifatturiero, l’industria non esisterà più: se la vogliamo ammazzare me lo dite. Lo facciamo - aggiunge con sarcasmo - sono disposto a fare quello che vogliono gli altri". "Il problema - ha detto il numero uno del Lingotto al termine della lectio magistralis di Mario Draghi per il master honoris causa conferitogli dalla fondazione Cuoa - è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia dell’Europa. Non conosco nemmeno un’azienda in Europa che è stata disposta, capace, e ha avuto il coraggio di spostare la produzione da un paese dell’Est di nuovo in Italia". "Stiamo facendo discussioni su tv e giornali - ha concluso Marchionne - su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storie vecchie di 30-40-50 anni fa: parliamo ancora di padrone contro il lavoratore, cose che non esistono più". Poi ha aggiunto: "Non mi riconosco, come industriale, nei discorsi che vengono fatti dalla Fiom. Questa non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste, parliamo di mondi diversi: è un proprio un discorso completamente sballato". "Noi abbiamo bisogno come in America di un solo interlocutore con cui parlare e non di dodici. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare dà fastidio e non è la cosa più efficiente", ha detto il manager italo-canadese. "Non si può andare avanti così se per portare una macchina in italia bisogna parlare con 10 persone. È una cosa incredibile, mai vista", ha aggiunto Marchionne. Poi ha concluso: "Cerchiamo di smetterla di prenderci per i fondelli" riferendosi in particolare allo sciopero di lunedì scorso a Termini Imerese indetto perché "l'unica ragione è che stava giocando la nazionale italiana". Alla fine risponde con una battuta ad una domanda dei cronisti su una recente dichiarazione dell'ex leader della Cgil, Sergio Cofferati che ha affermato che Marchionne è peggio di Cesare Romiti. "Non conoscevo Romiti, può darsi che aveva ragione: non lo so".

"LAVORATORI PRECETTATI" - I dirigenti Fiom, dal canto loro denunciano che l'azienda sta organizzando per sabato sera una fiaccolata per "precettare" i lavoratori di Pomigliano d’Arco alla partecipazione. Dicono Maurizio Mascoli e di Napoli, Massimo Brancato: "Ci giunge notizia che l’azienda, attraverso i suoi "capi", stia organizzando una marcia a favore dell’intesa separata sottoscritta il 15 giugno, a cui tutti i lavoratori sono "invitati" a partecipare. Emergono - sottolineano in una nota - le peggiori tradizioni della Fiat, che ripropone a distanza di trent’anni una marcia dei 40mila in sedicesimo". Secondo quanto denunciato dalla Fiom, inoltre, "viene impedito l’accesso allo stabilimento per i soli delegati Fiom della linea 147 (che in questi giorni non lavora), mentre non avviene altrettanto per i delegati delle altri organizzazioni sindacali". Per lunedì, inoltre, l’azienda starebbe "invitando volontariamente" i lavoratori a presentarsi in stabilimento affinché possa provvedere" a illustrare i contenuti dell’accordo sottoscritto dalle altre organizzazioni sindacali.

FIOM - Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini invita l'azienda a riflettere "sull'opportunità di imporre a Pomigliano un referendum sotto ricatto, il cui esito è già scritto". "Quando le lavoratrici ed i lavoratori della Fiat si possono liberamente esprimere, lo fanno per contrastare l'accordo separato di Pomigliano". "Mirafiori - dice Landini - si ferma, a Melfi la Fiom torna ad essere il primo sindacato nelle elezioni delle Rsu, alla Sevel i lavoratori scioperano e firmano l'appello rivolto a Marchionne, appello che stanno firmando anche a Cassino. L'assemblea degli iscritti Fiom di Pomigliano e i Comitati direttivi dei metalmeccanici Cgil di Napoli e della Campania hanno condiviso all'unanimità il giudizio espresso dal Comitato Centrale della Fiom, quindi l'impossibilità di firmare il testo imposto dalla Fiat e l'illegittimità di un referendum che avviene sotto il ricatto dei licenziamenti e viola norme della Costituzione". "Per far funzionare meglio le imprese - sottolinea il numero uno della Fiom - sono decisivi il consenso delle lavoratrici e dei lavoratori e il confronto negoziale fondato sulla pari dignità delle parti. La decisione della Fiat di cancellare i diritti fondamentali e di costruire rapporti fondati sul ricatto, anzichè sul consenso, costruisce solo conflitto e malcontento. La Fiat ascolti la voce libera dei suoi dipendenti che, in questi giorni, si stanno esprimendo e vogliono lavoro e diritti".

TERMINI IMERESE - In precedenza il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone aveva lanciato il suo j'accuse ai vertici della fabbrica torinese e non solo: "Per salvare lo stabilimento di Pomigliano la Fiat ha sacrificato 2.200 lavoratori di Termini Imerese. È bene dirlo a quanti in queste ore stanno enfatizzando l'accordo per Pomigliano, penso al ministro Sacconi, al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, al Pd, al segretario della Cisl Raffaele Bonanni, alla Fim e alla Uilm. Alcuni di questi sanno benissimo cosa c'è dietro la vicenda". Per Mastrosimone "la scelta di chiudere Termini Imerese rientra in una precisa strategia messa a punto dalla Fiat sotto le pressioni della politica e delle lobbies preoccupate per il futuro dei 15 mila lavoratori di Pomigliano, che è ovvio che andavano tutelati ma non sacrificando altri operai". "La Fiat aveva firmato un accordo con il sindacato che prevedeva la produzione a Termini Imerese della nuova Lancia Ypsilon - dice Mastrosimone, ex delegato Fiat nella fabbrica - L'investimento programmato era di 550 milioni di euro, 100 milioni furono spesi per l'acquisto di un capannone e per la formazione degli operai. All'improvviso l'ad Sergio Marchionne cambia rotta, non rispetta gli impegni. Il motivo è che per trasferire dalla Polonia a Pomigliano la Panda era necessario assegnare un'altra vettura allo stabilimento di Tichy. Quale? La Fiat ha scelto la Lancia, scrivendo la parola fine sulla storia della fabbrica di Termini Imerese". "Sacconi, Marcegaglia, Bersani lo sanno questo? - conclude -. Cosa dicono alle 2.200 famiglie di altrettanti operai che a fine 2011 non saranno più dipendenti della Fiat? Oppure vogliono continuare a raccontare la storiella che nella loro fabbrica si gireranno film per il cinema o si costruiranno le auto elettriche?".

Redazione online

18 giugno 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

2010-06-17

SARKOZY: "VOLONTA' CONDIVISA DEI 27 PER QUESTE DUE PROPOSTE"

Consiglio Ue, tassa su banche e finanza

Merkel: chi ha provocato la crisi paghi

Trovato l'accordo tra i governi dell'Unione: si fa strada un'imposta mondiale sulle transazioni finanziarie

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BRUXELLES - Una tassa sulle transazioni finanziarie. E una sulle banche. L'Europa reagisce così in modo comune all'attacco della speculazione e alla crisi finanziaria. Una risposta attesa e già indicata nelle anticipazioni dei giorni scorsi. Ma che oggi diventa ufficiale, con l'annuncio dell'accordo al vertice Ue a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo. I 27 hanno deciso di introdurre una tassa sulle banche nei propri Paesi e di promuovere l’idea di una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie, durante il prossimo vertice del G20 a Toronto, in Canada

"TASSARE CHI HA PROVOCATO CRISI" - Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, durante la conferenza stampa a margine del consiglio europeo, ha confermato che "la volontà del Consiglio è portare avanti queste due proposte". Ancora più esplicita Angela Merkel, Cancelliere tedesco: "Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato" Per la Merkel - che ha parlato arrivando al vertice di Bruxelles - "i mercati finanziari devono essere resi più responsabili".

CONSIGLIO EUROPEO - Nella bozza discussa dal Consiglio europeo si leggeva che i Paesi dell'Unione Europea dovrebbero introdurre un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Il prelievo sulle banche, si sottolinea nella bozza di conclusioni, dovrebbe comunque essere parte di un quadro "credibile". Per i 27 occorre quindi portare avanti con "urgenza" la valutazione sulle caratteristiche del prelievo e le questioni relative a "condizioni di parità" nella sua applicazione. Il vertice chiede quindi a Consiglio e Commissione di portare avanti i necessari approfondimenti e riferire nuovamente in materia al vertice che si terrà il prossimo ottobre.

DEBITI STATALI - Sul versante dei conti pubblici, resta tuttavia per tutti la preoccupazione (e l'impegno) di rientrare dall'esposizione che mina la credibilità dei bond degli Stati europei. "Tutti gli Stati membri - - si legge nella bozza d'accordo- sono pronti, se necessario, a prendere misure aggiuntive per accelerare il risanamento di bilancio" si legge ancora nel progetto di conclusioni del Consiglio Ue, nel quale si ricorda come "vari Stati membri hanno di recente rafforzato e concentrato nella parte iniziale il risanamento dei conti pubblici". Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

BCE - E le decisioni che si appresta a varare il Consiglio europeo trovano concorde anche la Bce. La Bce "condivide appieno il punto di vista dei ministri finanziari dell'Eurozona riguardo alla priorità di arrestare e invertire l'incremento del rapporto debito-pil e accoglie con soddisfazione l'impegno di intraprendere un'azione immediata a tal fine" scrive la banca centrale nel bollettino mensile di giugno.

RIFORME STRUTTURALI - La Bce invita ancora i governi a procedere nelle riforme strutturali per garantire una ripresa della crescita e dell'occupazione. La banca centrale europea avverte inoltre che "i paesi che presentano problemi di competitività nonchè squilibri interni devono intervenire con urgenza".

Redazione online

17 giugno 2010

 

 

 

vertice ue

"Debito, un successo per l'Italia"

Tremonti: ora l'Unione europea prende in considerazione i conti pubblici tenendo conto di dinamica e sostenibilità

BRUXELLES - Al Consiglio Europeo di Bruxelles il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha ottenuto uno "straordinario successo" nella nuova considerazione comunitaria del debito pubblico che avverrà tenendo conto della sua dinamica e della sua sostenibilità complessive.

Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti a margine di un convegno all'Accademia dei Lincei. "Berlusconi ha ottenuto un successo straordinario, ora l'Unione europea considera il debito pubblico nella sua dinamica e nella sua stabilità complessiva", ha detto Tremonti.

Secondo una fonte della delegazione italiana al vertice Ue, nelle conclusioni della riunione, nel capitolo dedicato al rafforzamento del patto di stabilità, che considera solo il debito pubblico, c'è scritto che bisogna dare più attenzione "ai livelli di debito, all'evoluzione del debito e alla sostenibilità complessiva". La stessa fonte ha detto che l'Italia sarebbe poi contraria a introdurre in Europa una tassa sulle banche per finanziare un fondo di emergenza se questa ipotesi non ricevesse il pieno supporto del G20. (fonte Reuters)

17 giugno 2010

 

 

Bossi difende le regioni: "Bisognerà trovare la via per aiutare le più virtuose"

Manovra, Sacconi: "L'intesa si troverà"

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Maurizio Sacconi (LaPresse)

Maurizio Sacconi (LaPresse)

MILANO - Dopo le Regioni, tocca ai Comuni puntare i piedi contro i tagli contenuti nella manovra economica varata dal governo. In un documento, votato all’unanimità dal direttivo dell’Anci, si legge che "la manovra, se non sarà profondamente corretta, risulterà del tutto insostenibile, iniqua e produrrà pesanti effetti sulla vita dei cittadini, anche perché obbliga i Comuni a tagliare i servizi essenziali per le famiglie". I sindaci hanno deciso dunque di scendere in piazza, il 23 giugno, per manifestare davanti al Senato, la loro contrarietà al provvedimento. Il governo deve "riconvocarci subito per un confronto urgente", ha affermato il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino. Una delegazione dell'Anci ha incontrato nel pomeriggio al Quirinale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Il presidente si è dimostrato estremamente attento e particolarmente sensibile alle nostre proposte e alle esigenze dei Comuni" ha detto Chiamparino.

LA PROTESTA DEI SINDACI- Quello che chiedono i sindaci "è un riequilibrio radicale" dei tagli previsti che al momento, spiegano "pesano per il 90% sull'insieme delle autonomie locali mentre il centro ed in particolar modo i ministeri vengono toccati in minima parte. Questa disparità va assolutamente corretta altrimenti questa manovra è iniqua e quindi inaccettabile". Chiamparino ha ribadito che i comuni non cederanno su una dimensione di tagli "che mette in ginocchio i sindaci senza alcuna considerazione della loro ragione principale che è quella di erogare servizi ai cittadini; in questo modo viene meno - ha concluso - il nostro ruolo di soggetti istituzionali della Repubblica".

SACCONI E BOSSI MEDIATORI - Maurizio Sacconi e Umberto Bossi intanto provano a mediare. "Credo che alla fine si riuscirà a trovare un'intesa, quello che conta è che le regioni, come lo Stato, riflettano su se stesse" ha detto il ministro del Lavoro commentando la protesta degli enti locali contro i tagli previsti nella manovra. "Non hanno davvero nessun ente da sciogliere, nessuna agenzia tra le tante prodotte in questi anni? - si è chiesto Sacconi a margine della relazione annuale della commissione di garanzia sugli scioperi - nessuna azione di dimagrimento da fare? Sono davvero esenti dalle esigenze che lo Stato avverte e ci hanno portato allo scioglimento di 15 enti in questa manovra? Questa credo sia la riflessione che anche le regioni devono fare". Sacconi ha quindi invitato anche a tenere conto del fatto che "tutta questa discussione avviene al fondo del netto sanitario che è garantito". D'altra, il leader della Lega Umberto Bossi fa sapere di condividere l'allarme delle Regioni sulla manovra. "È un bel problema, la manovra non tocca il federalismo ma le Regioni si sentono nude, di avere troppo poco. Bisognerà trovare la via per aiutare le Regioni più virtuose". E proprio su questi temi è previsto un incontro in serata Tra il numero uno del Carroccio e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

MAGISTRATI - Decisamente scontenti del testo della manovra anche i magistrati che per bocca del presidente dell'Anm Luca Palamara dichiarano: "Sulla manovra economica "non arretreremo di un solo millimetro, per la tutela e la difesa del settore giustizia". "Soprattutto - ha aggiunto Palamara - non arretreremo sulla iniquità della manovra e sugli aspetti di irragionevolezza, compresi quelli relativi alle retribuzioni".

ASSOCIAZIONE DI GESTIONE DI TEATRI - Proteste anche da parte del mondo della cultura. Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa, e presidente di Platea, l'associazione che riunisce i teatri stabili italiani attacca il provvedimento: "È un paradosso", ha spiegato, in una nota, "di fronte a una congiuntura economica che richiede sacrifici per tutti si punisce la buona amministrazione. Non si ha il coraggio di scelte responsabili che si oppongano al lassismo amministrativo. Colpire i teatri che hanno dato risultati eccellenti in termini di gestione, qualità e quantità nei servizi nonchè di autofinanziamento avrà effetti devastanti: è ingiusto e, soprattutto, li mette in condizione di non poter affrontare i tagli perchè non hanno margini di spreco". "Se poi, guarda caso, i teatri più virtuosi hanno sede nelle regioni più virtuose, la beffa è doppia - ha concluso - I ministri Tremonti e Bondi ci pensino bene".

DI PIETRO - Molte anche le critiche politiche al provvedimento che è in discussione in Parlamento. "Questo è un governo criminale sul piano economico e su quello della giustizia. Come tale, prima va a casa e meglio è per tutti. Infatti, chi ha provocato la crisi che sta attraversando il Paese non può pensare di risanare i danni, penalizzando i cittadini onesti, i precari, i giovani, i cassintegrati e tutte le categorie deboli. Riteniamo che il costo di questa manovra economica lo debbano pagare gli evasori, gli speculatori e i furbetti della cricca. L'Italia dei Valori ha già presentato una contromanovra in tal senso, che prevede delle disposizioni drastiche per gli evasori e permette un rilancio dell'economia attraverso misure strutturali adeguate" sostiene il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.

SCHIFANI - Sulla necessità di contemperare risparmi ed equità nella manovra è intervenuto invece il presidente del Senato Schifani per il quale "La riduzione strutturale della spesa pubblica non è rinviabile, nè sono più accettabili sprechi e privilegi. Tuttavia i sacrifici pur necessari non possono intaccare le tutele fondamentali come quella della salute, che rappresentano sul piano della giustizia e dell'equità la difesa dei più deboli ed emarginati".

MONTEZEMOLO - "La manovra nella sua entità, non nei suoi elementi, è fondamentale, uso un termine eccessivo, per la salvezza dell'Italia in funzione dei mercati" ha sottolineato invece il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo condividendo in sostanza il giudizio di quanti nel governo pensano che la manovra può anche variare nei suoi elementi ma i saldi devono restare invariati. "È chiaro che molti si aspettano una manovra strutturale - ha detto ancora Montezemolo - si tratta soprattutto di capire esattamente i contenuti di questa manovra, cosa che oggi non è possibile. Onestamente è difficile - ha concluso Montezemolo - fare una valutazione completa perchè le novità si susseguono ogni giorno e quindi è una materia in continuo divenire".

Redazione online

17 giugno 2010

 

 

 

LA CRISI

Di Pietro ai lavoratori dell'Eutelia

"Vien voglia di far saltare il palazzo..."

"Governo non vi riceve? Interesserò Fini, deve far qualcosa"

ROMA - Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio di Pietro non va per il sottile e, incontrando questa mattina i lavoratori dell’Eutelia che chiedono un incontro al governo che, spiegano in piazza Montecitorio, "non ci prende neppure in considerazione", raccolglie il loro sfogo.

ATTEGGIAMENTO CRIMINALE - Poi rilancia: "Il governo - dice - ha un atteggiamento criminale. Ignorano i lavoratori e invece ricevono quelli della cricca. E poi si lamentano perché a uno viene voglia di far saltare il palazzo...". Il leader Idv, poi, assicura i lavoratori che interesserà della vertenza Eutelia il presidente della Camera. "È la terza carica dello Stato, deve fare qualcosa...". (fonte Apcom)

17 giugno 2010

 

 

2010-06-16

saranno trasformate in altrettanti emendamenti

Manovra, sei proposte dai democratici

Bersani: liberalizzazioni sposterebbero 10 miliardi di euro dalle rendite e dalle posizioni dominanti alle imprese e ai cittadini

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ROMA - Sei proposte con altrettante liberalizzazioni in diversi settori dell'economia che "sposterebbero dieci miliardi di euro dalla rendita e dalle posizioni dominanti a favore delle imprese e dei cittadini". Sono le idee presentate dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani in una conferenza stampa con i capigruppo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.

BENZINA - Le sei proposte saranno trasformate in altrettanti emendamenti alla manovra che il Pd chiede al centrodestra di approvare, visto che non hanno oneri finanziari per lo Stato. La prima proposta riguarda la benzina, ha spiegato Bersani, e tenta di intaccare la cosiddetta "integrazione verticale" della filiera, che porta ad avere in Italia prezzi più alti che nel resto d'Europa. Prevede che il gestore della pompa non sia più vincolato a comprare il cento per cento della benzina del suo marchio, bensì solo il cinquanta per cento, con la possibilità di rivolgersi al libero mercato per il restante. Per permettere l'avvio del mercato libero, il Pd propone di assegnare in via straordinaria e temporanea a una società pubblica, il ruolo di acquirente unico, come attualmente nel mercato elettrico. "È una proposta radicale - ha detto Bersani - ma se portasse a una diminuzione del costo della benzina di quattro centesimi al litro, porterebbe un risparmio alla collettività di due miliardi nel triennio".

FARMACIE - Il secondo emendamento riprende la liberalizzazione delle farmacie contenuta nella prima "lenzuolata" del 2007; il Pd chiede di dare la facoltà alle parafarmacie e ai corner dei supermercati di vendere anche i farmaci di fascia C, e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Sistema sanitario nazionale. In questo modo, oltretutto, si favorirebbe il lavoro di giovani laureati.

ORDINI PROFESSIONALI - La terza proposta punta a portare a compimento la riforma organica del sistema delle professioni. Le disposizioni contenute nell'emendamento mirano a modernizzare il ruolo degli ordini professionali, favorendo gli obblighi di una informazione trasparente agli utenti, e la concorrenza. Inoltre il Pd cerca di garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento fra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e di dodici mesi al massimo) e accesso all'esercizio effettivo della professione. Infine il Pd chiede di riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.

MASSIMO SCOPERTO - La quarta proposta prevede la nullità della clausola di massimo scoperto, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, e affida alla Banca d'Italia il controllo sul rispetto delle nuove norme.

AUTOCERTIFICAZIONE - La quinta proposta riprende una norma presente nella terza "lenzuolata" proposta dall'allora ministro Bersani, e non convertita in legge per la fine anticipata della legislatura. L'emendamento consente all'imprenditore, attraverso la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all'avvio dell'attività o dei lavori di realizzazione degli impianti. Al Comune spetta poi l'onere di provare la sussistenza dei requisiti attraverso controlli ex post.

RETE GAS - La sesta e ultima proposta chiede la separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, fissata dall'emendamento al 31 marzo 2011. "La separazione della rete e dello stoccaggio - ha detto Bersani - è un elemento cruciale per la possibilità di fare affluire questa risorsa in modo concorrenziale".

CRESCITA - "Sfidiamo il governo - conclude Bersani - a dirci se vuole continuare nelle chiacchiere o vuole fare cose concrete per le liberalizzazioni. Chiediamo inoltre attenzione alle nostre proposte da parte dei soggetti sociali. Mentre strizziamo i redditi con una manovra depressiva dobbiamo mettere qualcosa nel motore della crescita. I nostri emendamenti smuovono svariati miliardi e raggiungono questo obiettivo".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

 

il senatur: "roberto non esagerare". Il governatore: "sacrifici proporzionati per tutti"

Manovra, prime aperture verso le Regioni

Botta e risposta Bossi-Formigoni

Errani incontra i parlamentari: "Si sta facendo strada la consapevolezza vera delle nostre buone ragioni"

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Vasco Errani (Ansa)

Vasco Errani (Ansa)

MILANO - Le Regioni puntano a una revisione della manovra. E sembrano aprirsi i primi spiragli da parte della maggioranza di governo. "Mi sembra che si stia facendo strada la consapevolezza vera delle buone ragioni che le Regioni stanno proponendo, sia nelle forze sociali, sia in quelle parlamentari". Così il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, parlando a nome dei governatori, a conclusione dell'incontro con i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione sulla manovra finanziaria. "Noi - ha aggiunto - stiamo ponendo un problema che non attiene alla lotta agli sprechi, una questione che ciascuna Regione deve interpretare fino in fondo. Per questo io parlo sempre di auto riforma delle Regioni. Qui - ha continuato - stiamo parlando di tagli a monte, sul trasporto pubblico, sull'industria, sulle politiche sociali, sui cittadini. Bisogna riequilibrare questa manovra". "Da una parte - ha concluso - chiediamo ai gruppi parlamentari di fare un'azione per riequilibrare tra i diversi comparti questa manovra e dall'altro, chiediamo alle forze economiche e sociali di lavorare insieme per costruire un'iniziativa che dia maggiore equità alla manovra in riferimento ai cittadini e alle imprese".

GASPARRI - La strada per venire incontro alle Regioni passa per l'approvazione di emendamenti mirati al decreto legge e al ddl collegato. Emendamenti che però devono avere l'approvazione da parte del governo. "Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nell'incontro che abbiamo avuto martedì, è stato prudente ma attento all'ascolto e ci ha dato appuntamento per proseguire il confronto quando e come vorremo" ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, subito dopo aver incontrato Errani. "Lavoreremo agli emendamenti - ha proseguito Gasparri - che è un modo per segnalare i problemi. Entro venerdì ne spunteranno tanti ma questo ovviamente non vuol dire mettere in discussione la manovra. Dovremo selezionare alcuni punti, tra cui questa discussione tra Governo e Regioni. Affronteremo tutto in commissione bilancio la prossima settimana, in vista dell'approdo in una la settimana successiva. È un passaggio impegnativo ed infatti siamo impegnati". Gasparri ha ricordato che "l'Italia arriva a questo appuntamento in modo migliore rispetto ad altri Paesi, compresa la Germania, anche grazie alle manovre fatte nel corso dei questa legislatura".

BOTTA E RISPOSTA BOSSI-FORMIGONI - Ma c'è anche chi nella maggioranza punta invece a stoppare il malcontento dei governatori di centrodestra, primo fra tutti quello della Lombardia. "Formigoni non deve esagerare" ha detto il ministro e leader della lega Umberto Bossi a proposito delle critiche alla manovra da parte del governatore della Lombardia.

"Caro Umberto, non esagererò, a patto che il governo decida di ripartire i sacrifici in maniera proporzionale tra le regioni, le province e i ministeri" ha replicato il governatore della Lombardia, al termine dell'incontro tra i governatori Pdl e il premier che si è svolto a Palazzo Grazioli.

INCONTRO GOVERNATORI PDL-PREMIER - "Berlusconi è pronto a rivedere i tagli che la manovra impone alle Regioni, fermi restando i saldi di bilancio del decreto" ha detto poi Formigoni. "Berlusconi ci ha ascoltato attentamente, ha preso nota dei numeri che gli abbiamo spiegato e ci ha confermato la sua impostazione: non può cambiare il totale della manovra, perchè è stato concordato con la Ue, ma possono cambiare il riparto delle voci e il riparto dei sacrifici. Questo era ciò che chiedevamo - dice Formigoni - e siamo contenti di averlo ottenuto".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

Gasparri: "lavoreremo ad emendamenti. tremonti è prudente, ma attento all'ascolto"

Manovra, prime aperture verso le Regioni

Errani incontra i parlamentari: "Si sta facendo strada la consapevolezza vera delle nostre buone ragioni"

MILANO - Le Regioni puntano ad una revisione della manovra. E sembrano aprirsi i primi spiragli da parte della maggioranza di governo. "Mi sembra che si stia facendo strada la consapevolezza vera delle buone ragioni che le Regioni stanno proponendo, sia nelle forze sociali, sia in quelle parlamentari". Così il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, parlando a nome dei governatori, a conclusione dell'incontro con i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione sulla manovra finanziaria. "Noi - ha aggiunto - stiamo ponendo un problema che non attiene alla lotta agli sprechi, una questione che ciascuna Regione deve interpretare fino in fondo. Per questo io parlo sempre di auto riforma delle Regioni. Qui - ha continuato - stiamo parlando di tagli a monte, sul trasporto pubblico, sull'industria, sulle politiche sociali, sui cittadini. Bisogna riequilibrare questa manovra". "Da una parte - ha concluso - chiediamo ai gruppi parlamentari di fare un'azione per riequilibrare tra i diversi comparti questa manovra e dall'altro, chiediamo alle forze economiche e sociali di lavorare insieme per costruire un'iniziativa che dia maggiore equità alla manovra in riferimento ai cittadini e alle imprese".

GASPARRI - La strada per venire incontro alle Regioni passa per l'approvazione di emendamenti mirati al decreto legge e al ddl collegato. Emendamenti che però devono avere l'approvazione da parte del governo. "Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nell'incontro che abbiamo avuto martedì, è stato prudente ma attento all'ascolto e ci ha dato appuntamento per proseguire il confronto quando e come vorremo" ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, subito dopo aver incontrato Errani. "Lavoreremo agli emendamenti - ha proseguito Gasparri - che è un modo per segnalare i problemi. Entro venerdì ne spunteranno tanti ma questo ovviamente non vuol dire mettere in discussione la manovra. Dovremo selezionare alcuni punti, tra cui questa discussione tra Governo e Regioni. Affronteremo tutto in commissione bilancio la prossima settimana, in vista dell'approdo in una la settimana successiva. È un passaggio impegnativo ed infatti siamo impegnati". Gasparri ha ricordato che "l'Italia arriva a questo appuntamento in modo migliore rispetto ad altri Paesi, compresa la Germania, anche grazie alle manovre fatte nel corso dei questa legislatura".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

il governatore della lombardia: "vengono tolti i soldi ma non le funzioni"

Manovra , la rivolta delle Regioni

Formigoni: norma incostituzionale

La conferenza dei governatori: "Testo del governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio"

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La Commissione Ue promuove la manovra (15 giugno 2010)

MILANO - Le Regioni non ci stanno. E bocciano i tagli della manovra ai loro bilanci. "La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto": è quanto si legge in un documento approvato all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. I governatori sottolineano anche come "sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale" e questo, scrivono, "è un problema gravissimo".

ERRANI - Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte ma la manovra economica varata dal governo è "irricevibile e non sostenibile" perchè carica il peso dei tagli sulle Regioni per oltre il 50%. Non è equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese". Il Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani lo sottolinea durante la conferenza stampa seguita alla riunione del parlamentino dei governatori, che ha varato all'unanimità un documento critico sul provvedimento economico del governo. "La nostra posizione - ha sottolineato Errani - è costituzionale. Non segnata da ragioni di schieramento politico. Non è corporativa. Non sta tutelando le risorse delle Regioni ma spiegando che i tagli avranno ricadute pesanti sul sistema territoriale". "Le Regioni vogliono partecipare e dare il loro contributo alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, all'interno di una manovra che si inquadra in un contesto europeo", ha detto Errani che ha aggiunto: "tuttavia riteniamo irricevibile e non sostenibile la manovra". Le Regioni, ha sottolineato ancora, "hanno ridotto il contributo al debito pubblico del 6%. Lo Stato centrale ha invece incrementato il suo di oltre il 10%". Le Regioni "sono pronte a fare la lotta agli sprechi e ai costi del funzionamento dell'amministrazione. È un dovere anche perchè c'è la crisi. Ma i tagli parlano di altro". A partire dal 2011 verranno tagliati 4,3 miliardi, ha sottolineato Errani, mettendo l'accento sulle "ricadute oggettive che riguardano le competenze fondamentali per i cittadini e le imprese", ma anche per l'applicazione del federalismo fiscale. "Con questa manovra - ha detto - sostanzialmente si riducono i margini per l'applicazione del federalismo fiscale". Mentre la Conferenza delle Regioni chiede "all'unanimità che ci siano tutte le garanzie perchè la legge 42 che introduce il federalismo possa essere applicata dal 2011 in tutte le sue parti".

FORMIGONI - Durissimo anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni (Pdl), che, parlando nel corso della conferenza stampa ha spiegato che alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni: questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale. C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio". Per Formigoni è necessario "mantenere fermi i capisaldi" della manovra ma occorre "distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale, come nelle famiglie un buon padre distribuisce il carico dei sacrifici su tutti i figli. Qui invece si carica su un figlio tutto il carico e il padre fa spallucce. Anzi, di più, siamo di fronte ad un padre sciamannato che ha aumentato il debito pubblico". Mentre le Regioni sono "figli virtuosi. Così non è sostenibile né equa e va cambiata", ha aggiunto Formigoni.

COTA - Il capolavoro di equilibrismo politico lo compiva però il neogovernatore del Piemonte Roberto Cota (Lega) , che prima firmava il documento della Conferenza delle regioni e poi si dissociava. "Io condivido l'impostazione della manovra - ha detto Cota - è necessario che venga fatta". Nel documento approvato all'unanimità dalle Regioni - ha quindi proseguito - "viene confermato da parte nostra un atteggiamento costruttivo". Per Cota, infatti, non è a rischio il federalismo fiscale, "anzi, la manovra evidenzia che esso e necessario e indifferibile". Una posizione che non è piaciuta ad Errani che ha sottolineato: "Il documento che definisce irricevibile la manovra economica e nel quale si sostiene che questa mette a rischio il federalismo fiscale l’ha firmato anche lui".

Redazione online

15 giugno 2010(ultima modifica: 16 giugno 2010)

 

 

 

Sì a una legge ordinaria"

Libertà d'impresa, l'Antitrust apre

"Sì alle modifiche della Costituzione"

Il Garante Catricalà favorevole alla riforma degli articoli 41 e 118. "Ma è urgente una legge sulla concorrenza"

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MILANO - L'Antitrust appoggia la volontà del governo di mettere mano all'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore libertà d'impresa. Nella relazione annuale al Parlamento il Garante della concorrenza ha espresso infatti il "favore" dell'Autorità "per le recenti dichiarazioni del governo sulla volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano - ha detto - le riforme costituzionali utili a tal fine". Allo stesso modo l'Antitrust reclama "l'iniezione di dosi massicce di concorrenza" come antidoto alla crisi perché il Paese non può più "pagare il prezzo di politiche anticompetitive". Per questo, secondo il Garante, è urgente l'approvazione "in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria" della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole "a fatti concreti". Per Catricalà sono "prioritari" interventi nei settori della poste, dei trasporti, dell'energia e della finanza. "Il termine di legge previsto per l'approvazione del progetto in Consiglio dei ministri - ha osservato - è scaduto, ma il disegno governativo non è stato ancora presentato".

LEGGE PER LA LIBERTÀ D'IMPRESA - La strada per le riforme può essere intrapresa, secondo Catricalà, partendo da una legge ordinaria, così come indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: "Condividiamo la necessità di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici". Per il Garante "c'è anche l'urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle già esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell'iniziativa economica. Lo strumento c'è, - ha detto parlando della necessaria legge sulla concorrenza - le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti". (Fonte Ansa)

 

15 giugno 2010(ultima modifica: 16 giugno 2010)

 

 

 

 

 

2010-06-15

il governatore della lombardia: "vengono tolti i soldi ma non le funzioni"

Manovra , la rivolta delle Regioni

Formigoni: norma incostituzionale

La conferenza dei governatori: "Testo del governo senza condivisione nè sulle misure nè sull'entità del taglio"

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ERRANI - Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte ma la manovra economica varata dal governo è "irricevibile e non sostenibile" perchè carica il peso dei tagli sulle Regioni per oltre il 50%. Non è equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese". Il Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani lo sottolinea durante la conferenza stampa seguita alla riunione del parlamentino dei governatori, che ha varato all'unanimità un documento critico sul provvedimento economico del governo. "La nostra posizione - ha sottolineato Errani - è costituzionale. Non segnata da ragioni di schieramento politico. Non è corporativa. Non sta tutelando le risorse delle Regioni ma spiegando che i tagli avranno ricadute pesanti sul sistema territoriale". "Le Regioni vogliono partecipare e dare il loro contributo alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, all'interno di una manovra che si inquadra in un contesto europeo", ha detto Errani che ha aggiunto: "tuttavia riteniamo irricevibile e non sostenibile la manovra". Le Regioni, ha sottolineato ancora, "hanno ridotto il contributo al debito pubblico del 6%. Lo Stato centrale ha invece incrementato il suo di oltre il 10%". Le Regioni "sono pronte a fare la lotta agli sprechi e ai costi del funzionamento dell'amministrazione. È un dovere anche perchè c'è la crisi. Ma i tagli parlano di altro". A partire dal 2011 verranno tagliati 4,3 miliardi, ha sottolineato Errani, mettendo l'accento sulle "ricadute oggettive che riguardano le competenze fondamentali per i cittadini e le imprese", ma anche per l'applicazione del federalismo fiscale. "Con questa manovra - ha detto - sostanzialmente si riducono i margini per l'applicazione del federalismo fiscale". Mentre la Conferenza delle Regioni chiede "all'unanimità che ci siano tutte le garanzie perchè la legge 42 che introduce il federalismo possa essere applicata dal 2011 in tutte le sue parti".

FORMIGONI - Durissimo anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni (Pdl), che, parlando nel corso della conferenza stampa ha spiegato che alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni: questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale. C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio". Per Formigoni è necessario "mantenere fermi i capisaldi" della manovra ma occorre "distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale, come nelle famiglie un buon padre distribuisce il carico dei sacrifici su tutti i figli. Qui invece si carica su un figlio tutto il carico e il padre fa spallucce. Anzi, di più, siamo di fronte ad un padre sciamannato che ha aumentato il debito pubblico". Mentre le Regioni sono "figli virtuosi. Così non è sostenibile né equa e va cambiata", ha aggiunto Formigoni.

COTA - Il capolavoro di equilibrismo politico lo compiva però il neogovernatore del Piemonte Roberto Cota (Lega) , che prima firmava il documento della Conferenza delle regioni e poi si dissociava. "Io condivido l'impostazione della manovra - ha detto Cota - è necessario che venga fatta". Nel documento approvato all'unanimità dalle Regioni - ha quindi proseguito - "viene confermato da parte nostra un atteggiamento costruttivo". Per Cota, infatti, non è a rischio il federalismo fiscale, "anzi, la manovra evidenzia che esso e necessario e indifferibile". Una posizione che non è piaciuta ad Errani che ha sottolineato: "Il documento che definisce irricevibile la manovra economica e nel quale si sostiene che questa mette a rischio il federalismo fiscale l’ha firmato anche lui".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

misure "sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivi per il 2011 e 2012"

Commissione Ue promuove la manovra

Bruxelles: documento taglia la spesa corrente e permette di raggiungere gli obiettivi in materia di deficit

MILANO - Via libera da parte della Commissione Ue alla manovra. La Commissione Ue - nell'ambito della valutazione sulle misure prese da dodici Paesi della zona euro in deficit eccessivo - promuove infatti la manovra di bilancio dell'Italia, sottolineando come le norme del decreto legge varato dal governo nel maggio scorso "sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivi per il 2011 e 2012, che colpiscono soprattutto la spesa corrente".

LA NOTA - "Le autorità italiane - scrive ancora la Commissione Ue - stanno attuando le misure di consolidamento prese nell'estate del 2008 nel contesto del pacchetto per il periodo 2009-2011, come raccomandato dal Consiglio Ue, riducendo dunque il deficit 2010 dello 0,5% previsto". Per i servizi del commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, poi, "anche l'obiettivo del 5% di deficit per il 2010 è stato confermato". "Inoltre - sottolinea l'esecutivo europeo - il 25 maggio scorso il governo ha adottato un decreto legge specificando le misure che sostengono gli sforzi di consolidamento aggiuntivo per il 2011-2012, che tagliano principalmente la spesa corrente".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

Il caso

Villette, piscine e terrazze

I furbi del condono a Roma

Abusi realizzati dopo la domanda:

la prova nelle immagini dall’alto

ROMA — "Il condono edilizio? Sarà leggero" minimizzava il 18 settembre 2003 Gianni Alemanno, allora responsabile dell’Agricoltura in un governo che si apprestava ad approvare la terza sanatoria delle costruzioni abusive. Una battuta infelice e azzardata, come l’ex ministro ha avuto modo di sperimentare personalmente una volta diventato sindaco di Roma. Eccoli gli effetti del condono light: un assaggio è nelle fotografie aeree pubblicate qui sotto. Sono la dimostrazione che la sanatoria voluta dal governo di Silvio Berlusconi nel 2003 potrebbe essere stata utilizzata in molti casi anche a regolarizzare preventivamente immobili che non esistevano.

I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono I furbi del condono

CASI DA MANUALE - Osservatele bene, e fate attenzione alle date. Perché quelle potrebbero incastrare proprietari che hanno fatto domanda di condono prima ancora di tirare su i muri, mettere le tegole sul tetto, scavare il buco per la piscina. Parliamo di tre casi da manuale. Il primo, una costruzione in cima a uno stabile di via di San Vincenzo, a Roma, accanto alla Fontana di Trevi: dove nel 2004, come dimostrano gli scatti dall’alto, non c’era nulla. Valore economico di quegli 80 metri quadrati terrazzatissimi nel cuore della Capitale? Come almeno dieci appartamenti in periferia. Il secondo è stato scovato dall’obiettivo indiscreto fuori del Raccordo anulare, al Nord della città. Quattro costruzioni, come testimoniano le foto, apparse dal nulla nel 2005. Dal valore, pure qui, niente affatto trascurabile. Il terzo è anch’esso fuori del Raccordo, ma a Sud, in un’altra zona sulla quale sussistono vincoli di un piano territoriale paesistico: lì, su un’area che nel 2004 era libera da costruzioni, adesso c’è quella che sembra una villa con piscina. Inutile dire che in tutte le tre circostanze è stata presentata domanda di sanatoria come se l’abuso fosse stato commesso entro il termine previsto dalla legge per ottenere il beneficio: 31 marzo 2003.

CASI NON ISOLATI - Ma chi pensa si tratti di episodi isolati, si sbaglia di grosso. Sapete quante situazioni simili hanno scoperto i tecnici di Gemma, la società privata che gestisce dietro corrispettivo le pratiche del condono edilizio del Comune di Roma? Ben 3.713. Tremilasettecentotredici su 28.072, ovvero il numero di domande di condono edilizio esaminate nei primi quattro mesi di quest’anno. È il 13,2% del totale. E non è tutto. Perché alle 3.713 costruzioni tirate su dopo che la sanatoria era stata già approvato, bisognerebbe aggiungere le 6.503 realizzate, sì, entro il 31 marzo 2003, ma in aree soggette a vincoli di qualche genere. Oltre alle 2.099 spuntate come funghi addirittura nei parchi. Per un totale di 12.315 abusi, secondo Gemma, non sanabili. Vi chiederete: e lo scoprono adesso, dopo tutto questo tempo? Domanda più che legittima. Dall’inizio la situazione dei condoni edilizi a Roma è stata caratterizzata da storture e disfunzioni. C’è chi per esempio ha sempre criticato la scelta (fatta dalle giunte di centrosinistra) di affidare a un privato un compito così delicato: tanto più che in altre grandi città, come Milano, ci pensano gli uffici comunali. C’è chi invece l’ha sempre difesa, sottolineando l’abnorme numero di domande. Fino a un epilogo sconcertante. Alla fine di maggio il presidente e azionista di Gemma, Renzo Rubeo, ha deciso infatti di risolvere il contratto con il Campidoglio per inadempienza della controparte, rivendicando arretrati per svariati milioni di euro. Una iniziativa giunta al culmine di un rapporto che va avanti da dieci anni, fra molti attriti che l’hanno logorato. E in un contesto nel quale non sono mancati i risvolti giudiziari. Senza entrare nel merito di una vicenda con molti aspetti da chiarire (a cominciare dalla gestione del sistema informativo assegnato da anni sempre alla stessa ditta, un’altra, con proroghe continue senza gare) meglio far parlare i numeri. Decisamente allucinanti.

ILLEGALITÀ - Le domande di condono edilizio presentate nel solo Comune di Roma sono circa 597 mila. Per avere un’idea del tasso di illegalità, è come se un cittadino romano su 4,2 residenti avesse chiesto di sanare un abuso. Ben 417 mila domande riguardano la prima sanatoria, quella del 1985, 94.688 la seconda (del 1994) e oltre 85 mila la terza (del 2003). Ebbene, di tutte queste pratiche ne restano ancora da smaltire 210 mila. Ben 130 mila sono arretrati del condono 1985, circa 25 mila di quello 1994 e il resto riguarda l’ultimo: forse il più devastante dei tre. Perché se il primo "perdono" edilizio voluto dal governo di Bettino Craxi è arrivato in una situazione nella quale molti Comuni erano ancora senza piano regolatore e ha sanato in larga misura piccoli interventi, e se il secondo (governo Berlusconi) ha salvato prevalentemente villette e seconde case, il terzo (ancora Berlusconi) potrebbe aver consentito di regolarizzare abusi ancora prima che venissero commessi, magari in zone protette. Insomma, una specie di licenza di costruire in deroga a tutte le norme urbanistiche.

DALL'ALTO - Peccato soltanto che nel 2003 esistessero già i sistemi di rilevazione aerea che avrebbero consentito agevolmente di scoprire le carognate. Bastava volerlo. Qualche mese dopo l’approvazione della legge il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli ammonì: "Al ministero abbiamo delle cartografie dove è fotografata tutta l’Italia e possiamo vedere anche la più piccola costruzione che c’era prima del 31 marzo 2003. Se uno richiede un condono e c’è un’amministrazione attenta può non concederlo". Come e se siano state usate quelle foto, però non si sa. Di certo non è successo a Roma. Gemma ha utilizzato le rilevazioni di uno "scatto" aereo del 2003 comprato sul mercato e ha successivamente integrato la sua attività con una società specializzata comprata dal gruppo Iri, la Italeco. Ma anche il Comune di Fano, prima che il governo approvasse la sanatoria, fece fotografare da un aereo tutto il proprio territorio, alla scopo di prevenire eventuali furbetti. Non si sarebbe potuta fare ovunque la stessa cosa? Per evitare almeno che il condono edilizio, già indecente, diventasse ripugnante.

Sergio Rizzo

15 giugno 2010

 

 

 

 

Tremonti: "L'accordo è la rivincita dei riformisti"

Pomigliano, referendum il 22 giugno

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento del Lingotto. La Fiom conferma il suo no: "Testo irricevibile"

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I sindacati riuniti per la firma dell'accordo su Pomigliano (Lapresse)

I sindacati riuniti per la firma dell'accordo su Pomigliano (Lapresse)

POMIGLIANO D'ARCO - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il documento, integrato, presentato dal Lingotto (LEGGI). La Fiom ha confermato il suo no. Al documento la Fiat ha stato aggiunto un sedicesimo punto, relativo all'istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come richiesto dalle organizzazioni sindacali che venerdì avevano già dato un primo via libera al testo. È stata inoltre stabilita la data del referendum tra i lavoratori: martedì 22 giugno. "Mi auguro che la Fiom e la Cgil non vogliano ostacolare questo percorso" ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Per il collega dell'Economia Tremonti "l'accordo su Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri".

LA FIOM - "È un testo irricevibile, che va oltre le questioni relative allo stabilimento, che pone problemi seri di contrasto alla Carta costituzionale per quanto riguarda il diritto di sciopero e deroga alle leggi e al contratto nazionale - spiega il responsabile del settore auto della Fiom, Enzo Masini -. I lavoratori sono messi in condizione di ricatto. E anche un referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura di uno stabilimento. Questo è un referendum anomalo, nel senso che viene fatto: "Vuoi lavorare o vuoi essere licenziato?"". Al momento della firma Masini si è alzato ed ha lasciato il tavolo. Del referendum "discuteremo mercoledì - ha aggiunto -, abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

REAZIONI - Con la Fiom si schiera l'Italia dei Valori, secondo cui è stata firmata "un'intesa che riduce drasticamente i diritti individuali e collettivi previsti dalla Costituzione e dalle leggi e mettono sotto ricatto i lavoratori di Pomigliano". Secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani "si poteva arrivare, con la buona volontà di tutti, a un accordo sull'assenteismo e sulla flessibilità senza sfiorare delicate questioni giuridiche. A questo punto bisogna valutare l'esito del referendum tra i lavoratori e bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità". Il sindaco di Pomigliano d'Arco, Lello Russo, pensa al 22 giugno: "Dai risultati del referendum emergerà la stragrande maggioranza della classe operaia è sana, non è fatta di scioperanti a oltranza, di assenteisti, di fannulloni, ma di persone serie, lavoratori che vogliono dimostrare ai colleghi del nord che qui da noi ci sono eccellenza e produttività".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

E IL LINGOTTO CONVOCA I SINDACATI DEI METALMECCANICI MARTEDì ALLE 14

Pomigliano, Fiom: "Firma impossibile"

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Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

MILANO - Ore decisive per il futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. La Fiat ha convocato infatti per martedì alle 14 a Roma i sindacati dei metalmeccanici sulla questione dell'impianto nel Napoletano., ma La Fiom-Cgil ritiene però che "non sia possibile che quel testo venga firmato". Lo ha detto il segretario generale, Maurizio Landini, riferendosi all'accordo già siglato da altri sindacati su Pomigliano d'Arco. La Fiom ritiene infatti impossibile firmarlo perché "contiene profili di illegittimità". Su una convocazione del referendum, Landini dice che per la Fiom "è impossibile sottoporre al voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Se la Fiat dovesse proseguire sulla propria strada confermando l'ipotesi di accordo presentata ai sindacati con le deroghe al contratto nazionale, la Fiom indirà otto ore di sciopero per il settore metalmeccanico il 25 giugno.

INCOSTITUZIONALE - Secondo la Fiom, la clausola sui provvedimenti disciplinari e i licenziamenti "è la più spregiudicata di tutto il documento Fiat", viene spiegato in un volantino consegnato ai rappresentanti del comitato centrale. "Il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall'articolo 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento", osserva la Fiom. Il riferimento è a quella parte del documento Fiat denominate "clausole integrative del contratto individuale di lavoro". Nella proposta di accordo la Fiat prevede che "la violazione, da parte del singolo lavoratore, di una delle condizioni contenute nell'accordo costituisce infrazione disciplinare da sanzionare, secondo gradualità, in base agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari e ai licenziamenti per mancanze". Anche sulla clausola di responsabilità, che nella proposta Fiat libera l'azienda da obblighi contrattuali in caso di mancato rispetto degli impegni assunti con l'accordo, secondo la Fiom "alla Fiat viene data totale discrezionalità per valutare se una qualsiasi iniziativa - dalla protesta allo sciopero - in contrasto con uno dei qualsiasi punti dell'accordo (carichi di lavoro, straordinari, gestione della forza lavoro) costituisce violazione dell'accordo stesso". Secondo la Fiom, per raggiungere gli obiettivi del piano di rilancio di Pomigliano alla Fiat basterebbe applicare il contratto nazionale senza deroghe. Lo afferma all’unanimità il comitato centrale della Fiom-Cgil, proponendo al Lingotto di "applicare il contratto di lavoro che permette all’azienda di produrre le 280 mila auto all’anno e le 1.045 al giorno che sono gli obiettivi del piano che Marchionne vuole fare". Se l’azienda applicherà semplicemente il contratto nazionale, ha detto Landini, "la Fiom non metterà in campo nessuna opposizione".

FINI ALLA FIOM: "NON SI TOCCANO VOSTRI DIRITTI" - Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, si è rivolto alla Cgil e alla Fiom affinché firmino l’accordo: "Se fosse stato detto "rinunciate ai propri diritti", io avrei detto no. Ma non è stato così: i diritti acquisiti non vengono toccati".

NORME - L’incontro di martedì, spiegano fonti sindacali, dovrebbe servire per fare il punto sul tema della Commissione paritetica contenuto nella "clausola di raffreddamento" prevista nell’accordo separato condiviso venerdì scorso tra l’azienda e Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. Nel frattempo la segreteria della Cgil fa sapere che "il lavoro e l'occupazione sono il primo punto di responsabilità" per un giudizio sul futuro di Pomigliano. Per questo il sindacato conferma il "sì alla difesa dell'occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", sottolineando tuttavia il rischio che "la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione". "Le norme proposte dall'azienda aprono profili di illegittimità in materia di malattia e diritto di sciopero. La Cgil chiede alla Fiat di riflettere come una proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione" si legge in una nota. Per la Cgil, comunque, "tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti".

SCONTRO - "Pomigliano non ha alternative. Napoli non ha alternative sul suo territorio", aveva detto domenica Guglielmo Epifani. La soluzione scelta per Pomigliano è "la via giusta", aveva invece assicurato dal canto suo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il "no" della Fiom su un'intesa per Pomigliano "non è accettabile, spero che cambi idea", aveva detto la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'assemblea dell'Assolombarda. "Auspichiamo che la Fiom rifletta sulla sua decisione e cambi idea: come si fa a bloccare un investimento da 750 milioni perché si vogliono tutelare gli assenteisti e i falsi ammalati? Bisogna guardare avanti, c'è un'azienda che prende gli investimenti dall'estero e li sposta in Italia, non è accettabile che si dica di no che ci si nasconda e non si guardi la situazione. Auspico prevalga un senso di responsabilità e si dia speranza al Paese", aveva concluso la leader degli industriali. "Vedo un atteggiamento responsabile da parte di Epifani", aveva aggiunto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ribadendo di essere "ottimista" su un'adesione anche da parte dei metalmeccanici della Cgil all'intesa con Fiat. Accordo che comunque, ha precisato il ministro, dopo il sì delle altre sigle sindacali, "è già passato".

Redazione online

14 giugno 2010

 

2010-06-10

All'assemblea di Confartigianato: "difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete"

Berlusconi: "Governare con le regole

della Costituzione è un inferno"

Replica Bersani: "Ha giurato sulla Carta: se non gli piace, può anche andare a casa"

 

- Governare con le regole che impone la Costituzione è un inferno. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo all'assemblea della Confartigianato. "Visto da dentro è un inferno: non è che manchino le intenzioni o i buoni progetti, ma l'architettura costituzionale rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete", ha affermato il premier. "Poi ci sono i tempi della burocrazia, della giustizia civile e penale: lo Stato si è sviluppato in maniera eccessiva e prende a noi cittadini il 50% di ciò che produciamo e dà molto di meno in termini di servizi".

ART. 41 "DATATO" - Inoltre secondo Berlusconi l'articolo 41 della Costituzione "è datato". "La Costituzione è molto datata, si parla molto di lavoro e quasi mai di impresa, che è citata solo nell’articolo 41. Non è mai citata la parola mercato. Pensiamo a una legge ordinaria, ma serve anche riscrivere l’articolo 41 della Costituzione". Berlusconi si è poi chiesto "fino a quando un’impresa" può continuare ad agire in una cornice di regole che risente di una Costituzione a "matrice cattocomunista".

REPLICHE SULLA COSTITUZIONE - Sulla Costituzione "infernale" ha prontamente replicato Pier Luigi Bersani: "Berlusconi deve smetterla di attaccare la Costituzione", ha detto il segretario del Partito democratico. "Hai giurato sulla Costituzione: se non ti piace, vai a casa". Per il leader dell'Idv Antonio Di Pietro, "solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento". "L'inferno vero è il suo governo autoritario. Un personaggio che usa un simile linguaggio non è degno di ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio", ha affermato Pino Sgobio, dell'ufficio politico del Pdci-Federazione della sinistra. "Berlusconi è divorato dall'odio per la democrazia e sta minacciando la nostra libertà", ha replicato Gennaro Migliore, della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà.

IMPRESE - Entro l'autunno lo Statuto delle piccole e medie imprese sarà legge, ha promesso il premier. "Ci impegneremo a fare diventare legge lo Statuto delle imprese entro l'autunno, perché quello che va bene alle imprese va bene all'Italia. Vogliamo arrivare a un nuovo sistema in cui non si debbano chiedere più permessi, autorizzazioni, concessioni o licenze: che sono per me un linguaggio e una pratica da Stato totalitario, da Stato padrone che percepisce i cittadini come sudditi".

FISCO E TRACCIABILITÀ - "Il nostro scopo è arrivare a diminuire la pressione fiscale, arrivando a un unico codice di norme fiscali entro la legislatura", ha spiegato il capo del governo. Secondo Berlusconi la soglia per la tracciabilità dei pagamenti fissata dalla manovra a 5 mila euro "è giusta. Non sono i 100 euro che avrebbe messo la sinistra se fosse stata al governo: quello sarebbe uno Stato di polizia tributaria". Secondo il premier la "diffidenza" dei confronti degli imprenditori "viene dalla cultura comunista degli anni Settanta" che ha sempre considerato l'imprenditore "un truffatore e un evasore".

INVESTITE IN CINA - Berlusconi ha poi invitato gli artigiani a investire in Cina, "un Paese straordinario che si sta sviluppando in modo incredibile. Cercate uno sfogo dei vostri prodotti nel vastissimo mercato dei consumatori cinesi. Mia figlia", ha illustrato il premier, "si è laureata con il massimo dei voti in un'università americana di economia e mi ha chiesto come regalo di essere mandata un mese in Cina. È tornata impressionata e mi ha detto: "Meno male che c'è stato il comunismo in Cina altrimenti sarebbero già i padroni del mondo"".

OFFERTA DALLA POLTRONA DI MINISTRO - Berlusconi appena arrivato aveva salutato con un caloroso abbraccio Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria. Dopo aver proposto Marcegaglia come ministro dello Sviluppo economico al posto dell'interim che lo stesso Berlusconi ha assunto dopo le dimissioni di Claudio Scajola e aver incassato il suo no e quello dell'assemblea della Confindustria, Berlusconi tra il serio e il faceto ha rilanciato la proposta anche con il numero uno di Confartigianato, Giorgio Guerrini: "Se non avessi già avuto il no di Emma, avrei proposto anche a te di fare il minsitro, ma ne parleremo in separata sede". Guerrini ha risposto: "Ognuno deve fare il proprio mestiere". Pronta la replica di Berlusconi: "Facciamo lo stesso mestiere, io sono un imprenditore prestato temporaneamente alla politica".

09 giugno 2010(ultima modifica: 10 giugno 2010)

 

 

 

sarebbero sparite quelle con meno di 200mila abitanti

Salta il taglio delle mini-province

Il relatore Donato Bruno ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 della Carta delle autonomie

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Il relatore Donato Bruno ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 della Carta delle autonomie

ROMA - Salta il taglio delle mini-province inserito nella Carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200mila abitanti.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

approvato dal governo l'emendamento a firma di roberto calderoli

Rai: sì ai tagli agli stipendi dei manager

Riduzione del 5% per i compensi sopra i 90mila euro e del 10% per quelli sopra i 150mila

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Il ministro Roberto Calderoli (Dba)

Il ministro Roberto Calderoli (Dba)

MILANO - Non solo la pubblicità dei compensi per format e conduttori, ora per la Rai arrivano anche i tagli agli stipendi dei dipendenti. L'emendamento è a firma di Roberto Calderoli e Umberto Bossi e ha avuto oggi il via libera del Consiglio dei Ministri: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

TAGLI ANCHE AI NON DIPENDENTI - Ma riduzioni di compenso sono in arrivo anche per i non dipendenti della televisione pubblica. Gli stipendi dei lavoratori non dipendenti che prestano servizio in Rai, fino al 31 dicembre del 2013, saranno ridotti almeno del 20 per cento rispetto alla media dei bilanci del triennio 2007-2008-2009. Lo prevede un altro emendamento al testo unico sempre del ministro per la Semplificazione Normativa approvato dal Consiglio dei ministri.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

Dopo un inter di due anni. Molti assenti nella maggioranza: Franceschini, "mai per caso"

Camera: governo battuto due volte

sulla riforma della sanità

Emendamenti presentati dal Partito democratico: "Pronti allo scontro frontale". Il testo ora torna in commissione

ROMA - Il governo è stato battuto due volte alla Camera su emendamenti del Pd in merito alla riforma dell'organizzazione dirigenziale della sanità. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi. Ora il testo torna in commissione. "La maggioranza esiste solo se viene messa la fiducia", è stato il commento di Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. "Quando ci sono così tante assenze (75, ndr) non è mai per caso". In base agli emendamenti approvati, ora i Comuni saranno coinvolti, attraverso la conferenza dei sindaci nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie, inoltre le regioni stesse dovranno promuovere la partecipazione delle associazioni di tutela dei diritti nella programmazione sanitaria.

PD ALL'ATTACCO - Il Pd è pronto allo "scontro frontale" contro un "ddl beffa che avrebbe bisogno di una totale riscrittura" perché così com'è semplicemente privatizza la sanità", aveva affermato Livia Turco, capogruppo dei democratici in commissione Affari sociali e prima firmataria di molti emendamenti. "Così com'è, il testo introduce privilegi solo per alcuni a discapito dei medici giovani", ha detto Turco. "Inoltre è ridicolo discutere alla Camera su un provvedimento che dovrebbe valorizzare la sanità pubblica mentre al Senato c'è la manovra che taglia i fondi e con il blocco del turn-over dà uno schiaffo alla professionalità medica".

ITER DI DUE ANNI - Al suo arrivo in aula alla Camera, dopo un iter in commissione di quasi due anni, il disegno di legge che riforma l'organizzazione della sanità, difeso dalla maggioranza come rimedio alle inefficienze del Sistema sanitario nazionale (Ssn), si scontra con il fuoco di fila dell'opposizione che boccia quasi senza appello il provvedimento perché rischia di far tornare l'Italia "indietro di 20 anni, quando era ministro della Sanità De Lorenzo". Il provvedimento - che introduce novità sulla nomina di manager e dirigenti, criteri per la valutazione dei dirigenti medici e nuove regole per l'attività privata in ospedale oltre l'orario di lavoro (intramoenia) e porta l'età pensionabile a 67 anni, allungabile a 70 - "ripristina la meritocrazia e fa fare alla politica un passo indietro", aveva spiegato il relatore, Domenico Di Virgilio. "Ingiustificate", quindi, le polemiche dell'opposizione, che "non vuole nessuna modifica", nonostante la richiesta di una riforma sia nata proprio "dalle segnalazioni da più parti delle disfunzioni dell'Ssn" di cui a essere "insoddisfatti sono prima di tutto i cittadini". A Di Virgilio ha ribattuto Margherita Miotto (Pd): anche se "le intenzioni originarie erano buone", il risultato finale non è "condivisibile", perché "invece di rendere trasparenti i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, mantiene in piedi un sistema che non seleziona in base alle capacità e il merito".

10 giugno 2010

 

 

 

 

"Il governo consegna la pistola nelle mani degli enti locali perchè siano loro a sparare"

"Paga più il premier o un bidello?"

Bersani sulla manovra: "Voglio sapere se paga più Berlusconi o un bidello"

MILANO - La manovra decisa dal governo è ancora oggetto di discussione. "Voglio sapere se paga più Berlusconi o un bidello". Il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, boccia ancora una volta la manovra definendola "sbagliata e senza credibilità". Poi la definisce iniqua e chiede se "Berlusconi, o chi ha una ricchezza paragonabile, pagherà qualcosa dopo questa manovra: cosa paga il bidello lo so, cosa paga Berlusconi non lo vedo. Questa manovra mette le mani nelle tasche dei soliti".

PROBLEMA TAGLI - Per Bersani poi il provvedimento economico del governo "consegna la pistola nelle mani degli enti locali perchè siano loro a sparare. Quando sento la piccola e media industria dire che loro non saranno colpiti, li pregherei di fare i conti perchè i 10 miliardi di tagli alle Regioni si trasformeranno in tagli ai servizi al cittadino e alle imprese".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

Dopo un inter di due anni. Molti assenti nella maggioranza: Franceschini, "mai per caso"

Camera: governo battuto due volte

sulla riforma della sanità

Emendamenti presentati dal Partito democratico: "Pronti allo scontro frontale". Il testo ora torna in commissione

Dopo un inter di due anni. Molti assenti nella maggioranza: Franceschini, "mai per caso"

Camera: governo battuto due volte

sulla riforma della sanità

Emendamenti presentati dal Partito democratico: "Pronti allo scontro frontale". Il testo ora torna in commissione

(Eidon)

(Eidon)

ROMA - Il governo è stato battuto due volte alla Camera su emendamenti del Pd in merito alla riforma dell'organizzazione dirigenziale della sanità. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi. Ora il testo torna in commissione. "La maggioranza esiste solo se viene messa la fiducia", è stato il commento di Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. "Quando ci sono così tante assenze (75, ndr) non è mai per caso". In base agli emendamenti approvati, ora i Comuni saranno coinvolti, attraverso la conferenza dei sindaci nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie, inoltre le regioni stesse dovranno promuovere la partecipazione delle associazioni di tutela dei diritti nella programmazione sanitaria.

PD ALL'ATTACCO - Il Pd è pronto allo "scontro frontale" contro un "ddl beffa che avrebbe bisogno di una totale riscrittura" perché così com'è semplicemente privatizza la sanità", aveva affermato Livia Turco, capogruppo dei democratici in commissione Affari sociali e prima firmataria di molti emendamenti. "Così com'è, il testo introduce privilegi solo per alcuni a discapito dei medici giovani", ha detto Turco. "Inoltre è ridicolo discutere alla Camera su un provvedimento che dovrebbe valorizzare la sanità pubblica mentre al Senato c'è la manovra che taglia i fondi e con il blocco del turn-over dà uno schiaffo alla professionalità medica".

ITER DI DUE ANNI - Al suo arrivo in aula alla Camera, dopo un iter in commissione di quasi due anni, il disegno di legge che riforma l'organizzazione della sanità, difeso dalla maggioranza come rimedio alle inefficienze del Sistema sanitario nazionale (Ssn), si scontra con il fuoco di fila dell'opposizione che boccia quasi senza appello il provvedimento perché rischia di far tornare l'Italia "indietro di 20 anni, quando era ministro della Sanità De Lorenzo". Il provvedimento - che introduce novità sulla nomina di manager e dirigenti, criteri per la valutazione dei dirigenti medici e nuove regole per l'attività privata in ospedale oltre l'orario di lavoro (intramoenia) e porta l'età pensionabile a 67 anni, allungabile a 70 - "ripristina la meritocrazia e fa fare alla politica un passo indietro", aveva spiegato il relatore, Domenico Di Virgilio. "Ingiustificate", quindi, le polemiche dell'opposizione, che "non vuole nessuna modifica", nonostante la richiesta di una riforma sia nata proprio "dalle segnalazioni da più parti delle disfunzioni dell'Ssn" di cui a essere "insoddisfatti sono prima di tutto i cittadini". A Di Virgilio ha ribattuto Margherita Miotto (Pd): anche se "le intenzioni originarie erano buone", il risultato finale non è "condivisibile", perché "invece di rendere trasparenti i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, mantiene in piedi un sistema che non seleziona in base alle capacità e il merito".

10 giugno 2010

 

 

 

innalzamento secco di 4 anni dai 61 anni previsti per l'abbandono del lavoro nel 2011

Via libera del governo: le statali andranno in pensione a 65 anni a partire dal 2012

Il consiglio dei ministri ha approvato l'equiparazioni tra donne e uomini nel pubblico impiego

innalzamento secco di 4 anni dai 61 anni previsti per l'abbandono del lavoro nel 2011

Via libera del governo: le statali andranno in pensione a 65 anni a partire dal 2012

Il consiglio dei ministri ha approvato l'equiparazioni tra donne e uomini nel pubblico impiego

MILANO - Il consiglio dei ministri ha dato il via libera all’equiparazione dell’età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L’Italia ottempera così a una richiesta della Commissione europea sancita a sua volta dalla Corte di Giustizia Ue. Le dipendenti pubbliche andranno in pensione di vecchiaia a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. La modifica all'attuale normativa verrà inserita in un emendamento alla manovra.

VIA ALLO SCALONE - Sarà quindi unico lo "scalone" che obbligherà le lavoratrici pubbliche ad andare in pensione di vecchiaia a 65 anni dal 2012, con un innalzamento secco dell'età di pensionamento da 61 a 65 anni. Il risparmio complessivo derivante dall'anticipo al 2012 dell'innalzamento dell'età per andare in pensione sarebbe valutato in 1,450 miliardi tra il 2012 e il 2019. Le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad "azioni positive" per la famiglia e le donne. Lo ha deciso sempre il Consiglio dei ministri accogliendo la richiesta in tal senso venuta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna. L'emendamento alla manovra per l'aumento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego non prevede inoltre una deroga per la "finestra mobile" prevista dalla manovra. le lavoratrici del pubblico impiego andranno quindi in pensione un anno dopo aver raggiunto il requisito di legge.

"IMPATTO MODESTO" - "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012" ha spiegato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", ha detto ancora Sacconi. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato il ministro del Lavoro, ma non era percorribile una strada diversa. "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini", ha aggiunto ancora Sacconi. L’emendamento alla manovra su cui c’è stato il sì del Cdm in ottemperanza a una disposizione del governo di Bruxelles, "consente di certificare - ha proseguito Sacconi - il diritto delle donne maturato fino al 31 dicembre 2011". Il titolare del Welfare ha ricordato che l’età media di pensione di fatto delle donne nella pubblica amministrazione è di poco superiore ai 62 anni "per raggiungere l’anzianità contributiva. Dunque - ha aggiunto Sacconi - non è detto che le donne debbono aspettare i 65 anni della pensione di vecchiaia, molte potranno utilizzare l’anzianità contributiva. Pertanto, l’impatto effettivo è molto contenuto".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

la cifra massima corrisponde alla retribuzione del primo presidente della cassazione

Dipendenti pubblici: fissato il tetto agli stipendi, non più di 311mila euro l'anno

Dal limite escluse Bankitalia, le Autorità, i vertici di società statali non quotate e 25 alte personalità

la cifra massima corrisponde alla retribuzione del primo presidente della cassazione

Dipendenti pubblici: fissato il tetto agli stipendi, non più di 311mila euro l'anno

Dal limite escluse Bankitalia, le Autorità, i vertici di società statali non quotate e 25 alte personalità

MILANO - Il consiglio dei ministri ha finalmente approvato la norma che regola il tetto massimo degli stipendi all'interno della pubblica amministrazione. Dal rispetto del limite massimo sono esclude la Banca d'Italia, le Autorità indipendenti, e gli amministratori delle società non quotate e le loro controllate. Non si applicherà anche ad "attività soggette a tariffa professionale" o "di natura professionale non continuativa". Inoltre sono previste deroghe "per le amministrazioni dello Stato nel limite massimo di 25 unità corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità", o "per esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, per eventi imprevedibili, da sottoporre al vaglio preventivo del dipartimento per la Funzione pubblica".

LA MISURA - Il tetto massimo agli stipendi dei manager pubblici "non potrà superare 311mila euro che corrisponde allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione" ha spiegato il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, annunciando il via libera al regolamento che disciplina il limite massimo delle retribuzioni per i dipendenti pubblici. "Finalmente sappiamo quanto percepisce il primo presidente di Cassazione - ha spiegato Brunetta - e cioè 261 mila euro di stipendio base cui si aggiunge una cifra di 50 mila euro per la sua appartenenza al Csm. Questa soglia è quanto i servitori dello stato possono percepire come tetto massimo".

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

Previdenza. Quando si potrà incassare l’assegno dopo le riforme Sacconi e Tremonti

Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento

dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

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TABELLE: le stime per età di pensionamento-Uomini

TABELLE: donne

Giovanni ha 30 anni, è nato il 1˚ giugno del 1980, è laureato in statistica. E’ fortunato perché ha trovato lavoro subito dopo gli studi, nel 2005. Per lui la pensione, in base all’ultima riforma Prodi, quella che ha introdotto le quote, era lontanissima: primo gennaio 2042. Invece dovrà pazientare quattro anni e tre mesi in più rispetto alle regole attuali. La pensione non arriverà prima dell’aprile 2046, dopo 40 anni, si spera ininterrotti, di attività. Anna ha 40 anni — è nata anche lei il primo giugno e sempre il primo giugno ha iniziato a lavorare. Gestisce un negozio e ha già 15 anni di contribuzione. L’anno scorso ha fatto due conti e ha visto che avrebbe tagliato il traguardo delle pensione nel luglio del 2030 a 60 anni di età. Ma la rendita sarebbe arrivata solo dal gennaio 2031 per via delle finestre. Invece dovrà alzare la saracinesca del negozio per qualche altro anno. Maturerà i requisiti solo nell’ottobre del 2032 e l’assegno Inps arriverà sul conto corrente non prima dell’aprile 2034, tre anni e tre mesi dopo. Luigi, autonomo, ha 50 anni e 25 di contribuzione. Pensava di poter incassare la pensione nel luglio 2023 e invece la potrà percepire solo a Natale 2024, quasi un anno e mezzo dopo.

Le regole

Tre casi, tre generazioni di lavoratori dipendenti o autonomi. Ma lo stesso risultato: rispetto ad oggi la pensione arriverà in ritardo. Colpa delle ultime due riforme. Una in discussione in questi giorni (quella che ha modificato il meccanismo delle finestre), l’altra, più sostanziosa, approvata l’anno scorso (età di pensionamento rivista in base a dati statistici) e passata quasi in silenzio. Due provvedimenti che blindano, quasi definitivamente, i conti pubblici, ma che costringono tutti i lavoratori a rifare i calcoli. Come risulta evidente dalle due tabelle pubblicate qui a fianco dove per i dipendenti privati, uomini e donne, nati dal 1948 al 1980 viene indicato a che età percepiranno la pensione. Ogni casella ha un colore profetico: verde se c’è un peggioramento fino a un anno rispetto ad oggi, giallo se i tempi di attesa aumentano da uno a tre anni, rosso oltre i tre anni. Le due schede sono state elaborate da Progetica, società indipendente di analisi e consulenza . Il primo aggiornamento sulla tabella di marcia delle pensioni, deriva dalla revisione delle finestre, decisa con l’ultima manovra. Con il nuovo meccanismo una volta maturati i requisiti i dipendenti dovranno aspettare 12 mesi per incassare il primo assegno e gli autonomi addirittura dovranno attenderne 18. Già questo fa innalzare l’età effettiva di pensionamento di quasi un anno.

Le conseguenze

Ma il vero giro di vite scatterà dal 2015 quando entrerà in vigore la riforma Sacconi, quella che aggancia l’età pensionabile alle speranze di vita. Proprio in questi giorni sono state delineate le modalità operative con le quali si procederà al calcolo. Si può stimare che in 40 anni la vita media si allungherà di 6. Con conseguente aumento dell’età pensionabile. A farne le spese saranno soprattutto i laureati che sono nati dal 1970 in poi: per loro la pensione non arriverà prima dei 65/66 anni, con un ritardo di circa 3/4 anni rispetto ad oggi. Colpito anche chi ha iniziato a lavorare tardi (rischia di sfiorare i 70 anni). Per molti lavoratori la rendita arriverà solo dopo 40 anni di attività. Il peggioramento più evidente è per le donne: il baluardo dei 60 anni non resisterà a lungo. Oltre ad arrivare più tardi, le pensioni saranno più magre perché contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionabile saranno ridotti anche i coefficienti di calcolo contributivi. E non si tratta di un gioco a somma zero. "Le ultime riforme — spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica — introducono una sorta di "disintermediazione" delle scelte sul futuro, che passano dalla politica alla statistica. In sostanza gli elementi di calcolo che definiscono il "quando" e il "quanto" della pensione vengono definiti con meccanismi automatici di adeguamento in base all’allungamento della vita media. Riforme generate dalla crisi globale e dalla necessità di rimettere in ordine i conti di una previdenza sempre più a rischio a causa dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità di risorse pubbliche da investire nel welfare". Insomma potrebbe non essere finita.

Massimo Fracaro

08 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-06

manovra, gasparri esclude condoni

"Pensione donne nel prossimo Cdm"

Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta: "Prenderemo una decisione velocemente"

manovra, gasparri esclude condoni

"Pensione donne nel prossimo Cdm"

Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta: "Prenderemo una decisione velocemente"

MILANO - Sulla parificazione a 65 anni dell'età pensionabile nel pubblico impiego tra uomini e donne il governo prenderà una decisione già nel prossimo Cdm. A dirlo il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, intervistato come ogni domenica su Rtl 102.5. "Prenderemo - ha spiegato - una decisione velocemente. Il collega Sacconi vede domani la Commissione Ue e prenderemo una decisione probabilmente già nel prossimo Consiglio dei ministri". Il governo aveva già previsto l'equiparazione uomini-donne nella p.a. nel 2018 ma "l'Europa - ha spiegato Brunetta - dice che il lasso di tempo è troppo lungo". "Si cercherà - ha aggiunto - di trovare una mediazione. Si troverà una soluzione e si troverà una soluzione equilibrata con un interessante via di mezzo, non il 2018 ma non il 2012. L'Europa su questo si è in parte accanita". Brunetta infine ha ricordato che quando il governo ha preso questa decisione è stato "coperto di insulti dai benpensanti italiani, dai sindacati e dalla sinistra salottiera e radical chic".

Gli unici emendamenti alla manovra economica che avranno speranze di essere approvati saranno quelli decisi dal vertice del gruppo del Pdl. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, rispettivamente presidente e vicepresidente del gruppo del Pdl al Senato, lo mettono in chiaro in una nota congiunta. "Ha ragione il presidente della commissione Azzollini - dicono - quando afferma che è presto per parlare di emendamenti alla manovra economica". "Il regolamento - sottolineano Gasparri e Quagliariello - consente a tutti i parlamentari di presentare proposte di modifica. Altro è sperare che gli emendamenti vengano approvati. Le eventuali proposte che sosterremo con convinzione saranno presentate dal vertice del gruppo del Pdl. Ad esempio sul personale in divisa. Il resto - conclude la nota congiunta - appartiene a polemiche pretestuose come quelle della sinistra sui condoni che non ci saranno".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE

L'idea di Calderoli: "C'è crisi,

le società di calcio riducano gli ingaggi"

"Anche la Figc ridimensioni i premi dei calciatori al Mondiale" "I sacrifici sono per tutti"

IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE

L'idea di Calderoli: "C'è crisi,

le società di calcio riducano gli ingaggi"

"Anche la Figc ridimensioni i premi dei calciatori al Mondiale" "I sacrifici sono per tutti"

Calderoli (Ansa)

Calderoli (Ansa)

MILANO - In questo momento di crisi anche i calciatori debbono contribuire ai sacrifici economici richiesti ai cittadini. Lo ha detto all'agenzia Adnkronos il ministro per la Semplificazione normativa e coordinatore delle segreteria della Lega Roberto Calderoli, che fa un appello alla Federcalcio perchè riduca i premi previsti per gli azzurri in vista dei Mondiali, ma anche alle società di club perchè rivedano in basso le cifre destinate agli ingaggi. "Se tutti fanno sacrifici -sottolinea l'esponente del Carroccio- il sacrificio si ridurrà per tutti e potrà essere sopportato meglio da tutti. È chiaro che il mio può essere solo un appello, ma sarebbe opportuno che la Federcalcio riducesse i premi previsti per i calciatori della Nazionale in vista dei Mondiali e che gli stessi giocatori decidessero di rinunciarci a titolo onorifico. Inoltre sarebbe bene che anche le società abbassassero gli ingaggi, che stridono con quella che è l'attuale situazione economica".

COMPETIVITÀ DELLE SQUADRE: TROPPI STRANIERI- Ma non pensa che questo potrebbe diminuire la competitività delle società italiane, visto che all'estero i club concedono ai loro tesserati anche ingaggi più alti? "Al contrario -risponde Calderoli- perchè oggi abbiamo squadre che vincono gli scudetti soltanto con stranieri in campo o coppe europee facendo giocare solo per due minuti l'unico italiano in rosa, Materazzi. Sarebbe invece più giusto investire per rafforzare i vivai di casa nostra piuttosto che andare a comprare all'estero il prodotto finito. È chiaro -conclude l'esponente leghista riferendosi ai sacrifici economici- che noi possiamo fare soltanto appelli, ma possiamo anche intervenire per ridurre una serie di agevolazioni previste per le società".

LA RUSSA: " CALDEROLI? SI OCCUPI DELLA PADANIA" - "Calderoli mi piace molto di più come ministro che come commentatore sportivo, anche perchè la sue conoscenza calcistica si limita alla vittoria della Padania su non so quale squadretta". Ignazio La Russa, al telefono con l'Ansa, commenta così le parole del ministro leghista sugli stipendi dei calciatori della nazionale e dei club. Insomma, ha aggiunto il ministro della Difesa, acceso tifoso interista, "è meglio che Calderoli si occupi della Padania".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-04

il Guardasigilli critica l'inIziaitiva dei magistrati contro la manovra

Alfano ai magistrati: sciopero politico

Il Pd sta con l'Anm: "Tagli punitivi"

Il ministro: chiediamo loro sacrifici come lo faciamo con alti. Le toghe: c'è ben poco di politico nella protesta

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Angelino Alfano (Ansa)

Angelino Alfano (Ansa)

LUSSEMBURGO - Non ha gradito la presa di posizione dei magistrati contro la manovra il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Lo sciopero è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese" ha spiegato il Guardasigilli, a Lussemburgo per il consiglio giustizia. La replica delle toghe è arrivata a stretto giro: "C'è ben poco di politico in questo sciopero" ha detto il presidente dell'Anm, Luca Palamara. "Il sistema giudiziario - ha aggiunto - versa in una grave crisi di credibilità e questo il ministro Alfano lo sa molto bene poiché è proprio questo il compito che la Costituzione assegna al ministro. Vedendo la manovra - ha concluso - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi". Al fianco dei magistrati scendono il Pd e l'Idv. Per il responsabile Giustizia dei democratici, Andrea Orlando, non è "politico" lo sciopero dei magistrati, ma "politici perché punitivi" sono semmai i tagli alla giustizia previsti dalla manovra. "L'Anm che fa uno sciopero politico? Parole molto gravi quelle del guardasigilli. Angelino Alfano si conferma ancora una volta ministro contro la Giustizia e le sue parole rivelano il mandato politico" fanno sapere dal canto loro i dipietristi.

"COSTI ALTI PER I GIOVANI" - "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese" ha aggiunto Alfano, promettendo che si impegnerà "per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema". Per il Guardasigilli "il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese". Però, ha aggiunto, "c'è un aspetto su cui mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati". Perché, ha spiegato, quello delle giovani toghe "è un ambito di un problema più ampio" e a loro "si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese. Quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema".

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

 

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

ROMA - Magistrati sul piede di guerra contro la manovra. Tutte le toghe sciopereranno contro gli effetti del provvedimento varato dal governo, che contiene misure considerate "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell’Associazione nazionale magistrati. Tempi e modalità dell’astensione dal lavoro dei magistrati saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell’Anm proporranno al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza". E mentre le toghe promettono battaglia contro la manovra, una nota di Palazzo Chigi, sempre sulla manovra, prova a sgomberare il campo delle voci di possibili tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia : "Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo - si legge -, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Nella nota di Palazzo Chigi in cui si afferma che il presidente del Consiglio sta lavorando con il ministro dell'Economia su due punti essenziali: la "manovra di stabilizzazione finanziaria" e "su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche". Quanto alla manovra, aggiunge la nota, è basata "sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo - si legge ancora - la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza".

"SIAMO RISORSA, NON SPRECO" - "I magistrati - si legge d'altra parte in una nota dell'Anm - sono consapevoli della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma devono denunciare che le misure approvate dal governo sono ingiustamente punitive nei loro confronti e di tutto il settore pubblico. È inaccettabile essere considerati non una risorsa, ma un costo o addirittura uno spreco per la giustizia".

"EVASORI SALVI" - Questa manovra, afferma ancora l'Anm, "incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, già beneficiati da numerosi condoni, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30 per cento. Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura". Inoltre, secondo l'Anm, la manovra "colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio, un pubblico dipendente magistrato o altro funzionario, con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno, circa il 25% dello stipendio". L'Anm chiede al governo, "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metá degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro".

Redazione online

03 giugno 2010(ultima modifica: 04 giugno 2010)

 

 

Marcegaglia: "Donne al lavoro

fino ai 65 anni? Tema da affrontare"

La presidente della Confindustria dopo la richiesta Ue: "L'aumento dell'età pensionabile non mi spaventa"

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LAVORO

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Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia

PECHINO - "Non mi spaventa il fatto che le donne possano andare in pensione anche un po' più in là nel tempo". Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commenta da Pechino la richiesta della Commissione Europea di ridurre i tempi di innalzamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego. "Il tema, là dove ci sono ancora dei gap - ha detto la Marcegaglia conversando con i giornalisti - è un tema vero e va affrontato in un Paese come il nostro, dove l'età media è fortunatamente molto alta specialmente per le donne".

GRADUALITA' - "Perciò - ha aggiunto - non sono affatto spaventata che le donne possano andare in pensione un po' più in là nel tempo. Poi vedremo con quale gradualità va affrontato il discorso".

SACCONI - La questione è tornata all'ordine del giorno dopo la lettera della vicepresidente della Commissione europea Vivianne Reding sottoposta all'attenzione del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. La Commissione Ue chiede all'Italia di anticipare l'estensione alle dipendenti pubbliche dell'età per la pensione di vecchiaia a 65 anni, equiparandola a quella degli uomini. La proposta di arrivarci entro il 2018 non basta. Il rischio è l'avvio di una procedura d'infrazione. "In materia previdenziale - ha commentato Sacconi - i cambiamenti vanno fatti sempre con gradualità, perché non si possono stravolgere i percorsi di vita delle persone".

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

I sacrifici (necessari) dei manager

STANGATE E PROPAGANDA POLITICA

I sacrifici (necessari) dei manager

Il governo cerca di rendere socialmente equa la stangata sul pubblico impiego con due misure: a) meno rimborsi elettorali ai partiti e retribuzioni più contenute ai parlamentari; b) un'addizionale del 10% su bonus e stock option dei manager finanziari. Non pagano soltanto i soliti, è il messaggio: questa volta tocca pure a politici e banchieri, i responsabili della crisi. Sfortunatamente, trattasi di mera propaganda.

Dal taglietto ai rimborsi elettorali, che proseguono per i 5 anni della legislatura anche se ci fossero elezioni anticipate, si ricaveranno pochi milioni. Per deputati e senatori le Camere, organi costituzionali, decideranno con comodo entro l'anno. Come? Lo scetticismo è d'obbligo sol che si guardi al compenso dei portaborse: nella Prima repubblica, questi 4 mila euro al mese venivano assegnati previa ricevuta del beneficiario che, fosse pure la moglie prestanome del deputato amico, così emergeva davanti a fisco e Inps; con la Seconda repubblica, la ricevuta sparisce e il parlamentare può girare al partito l'altrui paghetta o tenersela in nero. Retribuire degnamente il parlamentare è un obbligo della democrazia. Diversamente, avremmo solo ricchi, corrotti, incompetenti o servi. Ma la dignità sta anche nella ragionevolezza del compenso che per un servitore della comunità non può e non deve essere competitivo con quello professionale, e nella trasparenza dell'erogazione.

Dubbi ancor più radicali vengono suggeriti dal prelievo sui manager in base all'articolo 33, numero di vago sapore massonico, del decreto legge. Secondo il G20, si legge, bonus e stock option possono distorcere l'economia. Ecco dunque un'aliquota addizionale del 10% sulla parte variabile delle retribuzioni che superi il triplo della parte fissa. Si dà il caso, però, che questo non accada più dal 2007: da quando la Banca d'Italia esortò le banche a contenere la componente speculativa dei compensi. E oggi i banchieri sono ben felici di rafforzare il fisso. Il decreto azzoppa un cavallo morto.

Il richiamo al G20, tuttavia, manda echi riformisti. Vogliamo crederci? Allora, diamo alla Banca d'Italia non solo il potere di revoca dei banchieri scorretti o faciloni, appena rivendicato dal governatore Mario Draghi, ma anche quello di sindacarne più in profondità le paghe, visto che i manager usano tenersi bordone l'un l'altro. Perché Bill Gates vola in economy e i top manager nostrani sembrano dame della sinistra al caviale, liberté, egalité, avion privé? E poiché la finanza non è solo banca, sarebbe logico estendere i nuovi poteri all'Isvap, l'Autorità di vigilanza sulle assicurazioni, settore nel quale bonus e benefit sono stati materia di polemiche, a partire dalle Generali.

Al di là dell'incerta efficacia riformista, l'articolo 33 appare discutibile sotto il profilo dell'equità sociale. Perché colpire un banchiere e non un manager industriale con una retribuzione analoga? E perché trascurare l'imprenditore o l'azionista di riferimento che esalti il rendimento a breve termine del capitale ricorrendo alla leva finanziaria nella stessa, esagerata e pericolosa misura del più arrembante private equity? Nei giorni scorsi, il gerente del fondo infrastrutturale F2i si è autoridotto del 10% il compenso. E' il segno, assieme al versamento di quote dei premi a beneficenza da parte di altri manager e banchieri, di una civile condivisione del destino di un Paese. Se, come dice il ministro Tremonti, siamo a un tornante della storia, chi più ha si dovrebbe chiedere se non gli corra l'obbligo morale di dare un esempio tangibile, oltre a predicare contro la politica e gli statali: lo stesso obbligo che induce Warren Buffet a difendere la tassa di successione negli Usa.

Il medico ospedaliero che ti salva la vita subisce un prelievo del 5-10% sull'imponibile oltre i 90 mila euro. Idem il magistrato, che talvolta rischia la vita. Hanno, costoro, il diritto politico di trovarsi a fianco, nel salvataggio dei conti pubblici, anche l'assicuratore che vive di Rc Auto, il banchiere che impiomba i Comuni di derivati e finanzia gli speculatori immobiliari, il grande professionista che stacca parcelle milionarie o il fortunato che ha ereditato 100 appartamenti e vive di affitti?

Confindustria, Abi, Ania, ordini professionali potrebbero chiedere al governo di istituire un fondo al quale volontariamente versare un'addizionale per lo stesso tempo della vacanza contrattuale forzosa degli insegnanti dei figli dei loro associati. Ma siccome è più facile parlare di corporate social responsability che mettere mano al portafoglio, sarebbe più pratico se il governo incoraggiasse l'establishment alla generosità estendendo l'addizionale a tutti i redditi oltre una certa soglia. Secondo i calcoli di Simone Pellegrino, dell'Università di Torino, il 10% sui 77 mila redditi eccedenti un imponibile di 200 mila euro, darebbe un gettito di 1,1 miliardi l'anno, il 9% della manovra. Qualcosa in più del marketing politico.

Massimo Mucchetti

04 giugno 2010

 

 

 

Il provvedimento, già in vigore da lunedì, colpisce chi riceve finanziamenti pubblici

Cda a "compenso zero", nel mirino

sia il pubblico che il privato

Funzioni gratuite dei dirigenti ministeriali. La norma valida per gli incarichi in corso al 31 maggio

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MILANO - "Compenso zero". Due parole che stanno togliendo il sonno a molti. Che la manovra fosse dura si sapeva, che colpisse in particolar modo la pubblica amministrazione era sotto gli occhi di tutti, ma che arrivasse a colpire anche i manager privati, ecco questo non si immaginava nemmeno lontanamente. Eppure è così. Infatti una norma contenuta nella manovra pubblicata in "Gazzetta Ufficiale" lunedì scorso, annulla i gettoni previsti per i consigli di amministrazione, collegi di sindaci e revisori a tutte quelle società, sia pubbliche che private, che ricevono finanziamenti pubblici.

Lucio Stanca, ad di Expo 2015 (Ansa)

Lucio Stanca, ad di Expo 2015 (Ansa)

FUNZIONARI - Compenso zero anche per i funzionari ministeriali che siedono negli organi di enti vigilati o finanziati dallo Stato. Come scrive "Il Sole 24 Ore", l'unico mini gettone concesso è un compenso giornaliero di 30 euro valido anche per gli incarichi in corso. E per chi non s'adegua? Semplice: immediata cancellazione di ogni forma di finanziamento pubblico eccetto che per il 5 per mille previsto per gli enti no profit. La stretta dunque colpisce le spa sia nel pubblico che le concessionarie dello Stato o loro controllate. Qualche esempio: Trenitalia, Rfi, Rai, Istat, Aci, Inps, e poi ancora università, scuole, casse, ordini professionali e, se ricadesse nella fattispecie anche la società Expo 2015, guidata Lucio Stanca. L'amministratore delegato che percepisce 300mila euro fissi e 150mila legati ai risultati passerebbe al gettone presenza di 30 euro. A questo punto è facile immaginare una fuga di massa dagli uffici colpiti. Chi può infatti accettare zero compensi e mille responsabilità?

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

2010-06-03

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

Un "pacchetto" di due giorni deciso dalla giunta dell'Anm, su tempi e modi si decide sabato

Sarà il comitato direttivo centrale a decidere le modalità della protesta

Manovra, i magistrati scioperano

Il premier: leale lavoro con Tremonti

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Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Ansa)

ROMA - Magistrati sul piede di guerra contro la manovra. Tutte le toghe sciopereranno contro gli effetti del provvedimento varato dal governo, che contiene misure considerate "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell’Associazione nazionale magistrati. Tempi e modalità dell’astensione dal lavoro dei magistrati saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell’Anm proporranno al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza". E mentre le toghe promettono battaglia contro la manovra, una nota di Palazzo Chigi, sempre sulla manovra, prova a sgomberare il campo delle voci di possibili tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia : "Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo - si legge -, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Nella nota di Palazzo Chigi in cui si afferma che il presidente del Consiglio sta lavorando con il ministro dell'Economia su due punti essenziali: la "manovra di stabilizzazione finanziaria" e "su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche". Quanto alla manovra, aggiunge la nota, è basata "sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo - si legge ancora - la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza".

"SIAMO RISORSA, NON SPRECO" - "I magistrati - si legge d'altra parte in una nota dell'Anm - sono consapevoli della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma devono denunciare che le misure approvate dal governo sono ingiustamente punitive nei loro confronti e di tutto il settore pubblico. È inaccettabile essere considerati non una risorsa, ma un costo o addirittura uno spreco per la giustizia".

"EVASORI SALVI" - Questa manovra, afferma ancora l'Anm, "incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, già beneficiati da numerosi condoni, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30 per cento. Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura". Inoltre, secondo l'Anm, la manovra "colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio, un pubblico dipendente magistrato o altro funzionario, con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno, circa il 25% dello stipendio". L'Anm chiede al governo, "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metá degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro".

Redazione online

03 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-02

"Ho solo accennato ad alcuni principi fondamentali della Costituzione"

Napolitano: "L'equità della manovra dipende dal governo, non da me"

"Non mi pronuncio nel merito: non posso e non intendo farlo". Berlusconi: "La spiego in Parlamento"

"Ho solo accennato ad alcuni principi fondamentali della Costituzione"

Napolitano: "L'equità della manovra dipende dal governo, non da me"

"Non mi pronuncio nel merito: non posso e non intendo farlo". Berlusconi: "La spiego in Parlamento"

Giorgio Napolitano (Eidon)

Giorgio Napolitano (Eidon)

ROMA - "Io posso solo auspicare che la manovra economica sia equa e attenta a tante esigenze, ma non la faccio io". Lo ha ricordato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano affermando che "c'è un decreto del governo che si è assunto la responsabilità e c'è il Parlamento che lo discute. Non mi pronuncio nel merito del decreto. Non posso farlo e non intendo farlo".

BERLUSCONI: "LA SPIEGO" - A quanto si apprende, Berlusconi durante il vertice governo-Pdl si sarebbe dichirato disposto a spiegare la manovra in Parlamento e che "è migliorabile in Aula, purché il saldo rimanga lo stesso".

ACCENNI - Il capo dello Stato ha spiegato che nei contatti che ha avuto con l'esecutivo ha messo "soltanto l'accento su alcune esigenze che corrispondono a principi fondamentali della nostra Costituzione". Si tratta dell'esigenza di promuovere la cultura, la ricerca, l'istruzione e la formazione al massimo livello, "condizioni per avere un futuro come Paese in Europa e nel mondo". Per quanto riguarda il confronto fra le forze politiche, il presidente ha sottolineato durante la sua passeggiata nei giardini del Quirinale aperti al pubblico per la festa del 2 giugno che "bisogna vedere, ci sono questioni su cui ci si intende di più, altre su cui prevale l'ostilità e la sordità reciproca".

STRAGI - Napolitano ha poi accennato anche alle stragi di mafia del1992-1993. "È ncessario sviluppare in modo efficace e convincente le indagini. È importante garantire la piena trasparenza dell'attività di tutti gli organi dello Stato, compresi i servizi di informazione. È importante che sul piano giudiziario si ricostruisca quello che ancora è possibile ricostruire, anche di un passato complicato e oscuro. Dal punto di vista giudiziario le indagini sono state riaperte sulla morte di Borsellino e sull'attentato alla Addaura. Non posso che augurarmi che abbiano uno sviluppo efficace e convincente. Il resto è memoria, storia, riflessioni che si incrociano".

Redazione online

02 giugno 2010

 

 

 

Fmi: "Possibile una manovra in Italia"

Poi la retromarcia: "Rapporto vecchio"

L'istituto: "Valutazioni stilate nelle settimane precedenti alle nuove misure decise dal governo"

CONTI PUBBLICI

Fmi: "Possibile una manovra in Italia"

Poi la retromarcia: "Rapporto vecchio"

L'istituto: "Valutazioni stilate nelle settimane precedenti alle nuove misure decise dal governo"

WASHINGTON - Le considerazioni contenute nel rapporto dello staff del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) "sono state rese obsolete dalla misure già prese dal governo italiano". Lo spiega all'Ansa Arrigo Sadun, responsabile per l'Italia al Fmi, spiegando che il rapporto dello staff pubblicato sul sito è stato stilato nelle settimane precedenti alla manovra del governo e quindi non ne tiene conto. "Con la manovra - spiega inoltre Sadun - il governo ha previsto aggiustamenti alla crescita, le cui stime sono ora in linea sia con quelle del Fondo sia con quelle della commissione europea. Il rapporto stilato dallo staff - aggiunge Sadun - non è modificabile e l'unica cosa che il Fmi può fare e inserire una nota aggiuntiva". I dati utilizzati dal Fondo monetario sono in effetti quelli conosciuti al 30 marzo di quest'anno.

IL RAPPORTO - Il rapporto prevedeva una riduzione del prodotto interno lordo italiano come eredità della crisi economico-finanziaria. Le stime indicavano per il 2015 un livello di Pil di circa il 10% più basso del trend storico del periodo 1990-2004 (leggi il rapporto in pdf, inglese). Per i tecnici dell'istituto di Washington le autorità italiane hanno giudicato eccessivamente pessimiste le proiezioni sui livelli di crescita, malgrado concordino con gli esperti dell'Fmi sulla notevole incertezza delle dinamiche post-crisi I tecnici di Washington scrivevano poi che se la crescita economica dovesse effettivamente rivelarsi inferiore alle stime, le autorità potrebbero vedersi costrette ad adottare ulteriori misure (ma si trattava di una valutazione precedente alla nuova manovra del governo). L'Fmi prevedeva una crescita per l'Italia pari a 0,8% quest'anno e 1,2% il prossimo. Le stime governative contenute nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblicata a inizio maggio sono invece, rispettivamente, 1% e 1,5% per quest'anno e il prossimo. La manovra correttiva appena varata dall'esecutivo italiano comprende misure per quasi 25 miliardi di euro nel biennio 2011-2012. Tra gennaio e marzo il Pil italiano è salito dello 0,5% su base congiunturale e dello 0,6% in termini tendenziali.

Redazion online

02 giugno 2010

 

 

 

Previsto anche il carcere per chi sfrutta le crisi delle imprese

Fisco, addio cartelle esattoriali

I sospetti evasori pagheranno in 90 giorni

La notifica di accertamento coinciderà con il versamento

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Fisco, addio cartelle esattoriali

I sospetti evasori pagheranno in 90 giorni

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ROMA - Addio alle iscrizioni a ruolo e tanti saluti alle cartelle esattoriali. Tra pochi mesi basterà l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con le somme contestate dal fisco, per inchiodare gli evasori. Così, se oggi servono minimo due anni, due anni e mezzo, per ottenere il pagamento delle imposte dovute, domani lo Stato potrà avere ciò che gli spetta nel giro di 90 giorni. Non bastasse questo, c’è anche il nuovo accertamento sintetico, che permetterà al fisco di contestare la presunta evasione a chi spende troppo rispetto a ciò che guadagna e dichiara al fisco, salvo prova contraria a carico dei contribuenti. E se ancora non fosse sufficiente, basterà dire che arrivano le manette per gli imprenditori che truffano il fisco dopo aver chiesto una transazione sui debiti fiscali. O ricordare il nuovo redditometro, l’obbligo della fattura telematica sopra i tremila euro, lo stop alle compensazioni illecite tra crediti e debiti fiscali. Nei prossimi tre anni dalla lotta all’evasione arriveranno 20 miliardi di gettito in più. A regime il decreto con la manovra per la correzione dei conti pubblici assicurerà otto miliardi l’anno di maggiori entrate. "Per gli evasori, davvero, non ci sarà più scampo" garantisce Luigi Magistro, responsabile dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Benedetta la crisi dell’economia, dirà qualcuno.

Cartelle esattoriali

"Con un semplice tratto di penna è stato cancellato un sistema che risale all’ottocento. Oggi come allora il sistema per chiedere i tributi si basa sull’iscrizione a ruolo. Termini e procedure - sottolinea Magistro - risalgono alla notte dei tempi. Si fanno i controlli, si contesta la presunta evasione, e si manda l’avviso di accertamento". Siamo solo all’inizio. "C’è "l’iscrizione a ruolo", che avviene entro un anno. Poi i ruoli vengono "caricati" dalla società di riscossione, cioè dagli esattori, che hanno nove mesi di tempo per notificare la "cartella di pagamento". Da quel momento, se dopo sessanta giorni non arriva il pagamento di quanto richiesto, la società di riscossione può prendere provvedimenti esecutivi". Per arrivare alle ganasce all’automobile o al pignoramento dei beni, servono due anni, "Durante i quali sparisce tutto" dice Magistro. Separazioni fittizie con relativa intestazione dei beni al coniuge, cessioni ai prestanome, e il fisco resta a bocca asciutta. "Con l’esecutività dell’avviso di accertamento, per tutta la procedura bastano 90 giorni, e il rischio viene dimezzato". "Rischio notifica", lo chiamano proprio così i tecnici dell’Agenzia. "La gente si attacca a tutto. Contestano il ricevimento della raccomandata, l’indirizzo sbagliato. Fatto sta - spiega Magistro - che un terzo dell’intero contenzioso del fisco riguarda proprio le notifiche". D’ora in avanti tirarla per le lunghe non sarà più tanto conveniente: "Siamo sicuri che le nuove norme saranno un ottimo deterrente. Il nuovo sistema partirà dal luglio del 2011. Non subito, ma è una svolta epocale e anche noi dobbiamo organizzarci, perché con i tempi così stretti non possiamo proprio permetterci di sbagliare. É una sfida enorme anche per noi" assicura il direttore dell’Agenzia.

Il nuovo accertamento

L’altro strumento su cui i tecnici del fisco confidano moltissimo, anche per migliorare il rapporto di fiducia con i contribuenti, è la nuova metodologia per accertare i redditi evasi. "Oggi possiamo determinare il reddito di un cittadino basandoci su elementi induttivi. Prendiamo delle spese, come quelle per la casa, l’automobile, e risaliamo induttivamente ad un certo reddito. Se questo supera del 25% il dichiarato, per due anni consecutivi diamo corso all’accertamento. Ma il problema è proprio il contenuto induttivo: può voler dire tutto e niente". Qui entra in gioco anche il nuovo redditometro. "Con l’aggiornamento del sistema andiamo sul sicuro. Prendiamo le spese, le sommiamo e così stabiliamo il reddito. Contestiamo somme effettive: se paghi tanto non puoi guadagnare e dichiarare meno". L’accertamento automatico, poi, scatterà prima: basterà superare il reddito dichiarato del 20% in un solo anno. "Centomila euro spesi, per noi, significano centomila euro guadagnati. Salvo che tu non sia in grado di dimostrare che quelle spese siano state rese possibili ricorrendo ad altre fonti, che non ricadono nella tua base imponibile". Per esempio l’eredità della nonna, il prestito di un amico, i risparmi accumulati in passato. E occorrerà presentare le prove, per non farsi incastrare. Con il nuovo meccanismo di definizione del reddito si terrà conto anche della composizione familiare e del territorio, elementi finora sconosciuti al vecchio redditometro. "La contestazione viene rivolta sempre al singolo contribuente. Ma è chiaro che un conto è spendere centomila euro l’anno se si è single, diverso è spendere quella somma avendo cinque figli in famiglia ".

Il carcere per le truffe

La stretta sull’evasione è resa evidente dalle nuove regole sulle transazioni con il fisco chieste dalle imprese in crisi, quelle che non ce la fanno a pagare tutti i debiti fiscali. "L’accordo per il concordato fiscale si basa su una prospettazione dello stato di crisi fatta dall’impresa. Sono loro a dirci cosa hanno, e quanto possono pagare. Noi siamo pronti ad accettare queste transazioni, ma dobbiamo cautelarci di più rispetto ad oggi". Crisi e fallimenti, spesso condotti ad arte, sono uno dei canali privilegiati dell’evasione. "Chiederemo agli imprenditori una dichiarazione sostitutiva, e loro ne risponderanno penalmente, cosa che finora non succede" spiega Magistro. Le pene saranno molto severe. Se i beni sui quali il fisco può rivalersi in caso di mancato pagamento dell’importo concordato vengono alienati in modo fittizio c’è il carcere: da sei mesi a quattro anni se i beni occultati superano un valore di 50 mila euro. Da uno a sei anni se superano i 200 mila euro.

Compensazioni illecite

"Con il decreto si chiude un altro buco nero. Non sarà più possibile compensare i crediti fiscali con i debiti, se c’è una somma dovuta iscritta a ruolo. Scatta il divieto assoluto. Prima si paga la cartella, poi se resta qualcosa si può compensare" dice Magistro. dalla nuova stretta è atteso, a regime, un risparmio di quasi 2 miliardi di euro l’anno. La nuova norma fa il paio con quella dell’anno scorso che consente le compensazioni oltre una certa somma solo dopo che la certificazione dei debiti da parte dei commercialisti. Un sistema che quest’anno potrebbe portare un risparmio di quattro miliardi di euro. "Senz’altro possibile, se i dati di questi primi mesi saranno confermati", dice Magistro.

Mario Sensini

02 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-01

"confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo

per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

"confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche"

Napolitano: "Serve un grande sforzo

per risollevare le sorti dell'economia"

Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud"

Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano

ROMA - Solidarietà e unità, nella società e nella politica, per uscire dalla crisi. Lo chiede, in un appello "alla responsabilità" lanciato in occasione della festa del 2 Giugno, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Un augurio affettuoso a quanti vivono e operano nel nostro paese per la festa che celebriamo insieme: festa dell'Italia che si unì e si fece Stato 150 anni orsono, festa della Repubblica che il popolo scelse liberamente il 2 giugno 1946" dice il Capo dello Stato. "In questo momento - prosegue - sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro".

GRANDE SFORZO - "Parlo dei problemi del lavoro e della vita quotidiana, dell'economia e della giustizia sociale" aggiunge Napolitano. "Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud. Si deve, guardando ai giovani, promuovere una migliore educazione e formazione, fare avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevare la produttività del nostro sistema economico : solo così si potrà creare nuova e buona occupazione"

01 giugno 2010

 

 

 

 

APPELLO DEGLI ANTAGONISTI

"Fermate la parata del 2 giugno:

con quei soldi aiuti ai precari disoccupati"

I promotori della campagna "Sbilanciamoci": la sfilata

costa 10 milioni di euro, spesa fuori luogo con la crisi

Le frecce tricolori alla parata del 2 giugno 2009

Le frecce tricolori alla parata del 2 giugno 2009

ROMA - Quanto costa la parata militare del 2 giugno? In tempi di crisi e di pesanti tagli - perfino allo stesso bilancio della Difesa - sono in molti a chiedersi se non si potrebbe ridurre la spesa per la tradizionale sfilata di uomini e mezzi in programma a Roma mercoledì. La sinistra antagonista ne chiede - come da copione - la cancellazione: per "spazzare via le spese militari, dall'Afghanistan ai Fori Imperiali", centinaia di esponenti dei movimenti sociali organizzeranno il 2 giugno una contro sfilata a Ponte Sant'Angelo. Il tam tam è già partito sui social network. Mentre i moderati si rimpallano la domanda chiave: quanto costa la parata?

Rispondono Giulio Marcon e Massimo Paolicelli, promotori della campagna "Sbilanciamoci": la sfilata militare del 2 giugno comporta una spesa che, "di fronte alla solita inesistente trasparenza della Difesa, abbiamo calcolato in circa 10 milioni di euro".

I carabinieri a cavallo nella parata del 2009

I carabinieri a cavallo nella parata del 2009

STIME AL RIBASSO - La stima potrebbe essere al ribasso, ma è difficile dirlo con certezza, dato che nel bilancio del ministero della Difesa disponibile online non esiste un capitolo "parata", i cui costi sono semmai aggregati agli altri della gestione ordinaria, nei capitoli relativi ad ogni arma. Quel che è certo è che nel 2009, in seguito ai drammatici eventi de L'Aquila, la Difesa decise di "rendere la sfilata più sobria, riducendone la durata a soli 80 minuti, diminuendo il personale impegnato e ridimensionando i tradizionali allestimenti previsti lungo il percorso". E il ministro Ignazio La Russa annunciò che con il taglio di 10 minuti era stato risparmiato un milione di euro da destinarsi alla ricostruzione in Abruzzo. Un dono, insomma.

Reparti della marina: sullo sfondo alcune delle impalcature il cui costo sarebbe di 700 mila euro

Reparti della marina: sullo sfondo alcune delle impalcature il cui costo sarebbe di 700 mila euro

VIGILI IN STRAORDINARI - Prendendo questo risparmio a parametro, si potrebbe pensare che la parata (durata originaria 90 minuti) costi almeno 9 milioni di euro, ma i conti sono ben più complessi. Basti pensare ai costi accessori, come quelli a carico del Comune di Roma.

Da almeno due notti, un centinaio di vigili urbani fa straordinari oltre le 21 e fino alle ore piccole per consentire le "prove" dello schieramento di 264 Bandiere e Medaglieri, 5.890 militari, 500 civili, 209 quadrupedi, 284 mezzi. Tutti divisi in 7 settori dalla Cristoforo Colombo a Caracalla e il Celio. Nel frattempo si levano da Pratica di mare i 9 velivoli impiegati per l'esibizione delle Frecce Tricolori nei cieli della Capitale (martedì le prove).

Un bambino segue la parata del 2009 (Ansa)

Un bambino segue la parata del 2009 (Ansa)

SOSPENDERE TUTTO - I promotori della campagna contro le storture del bilancio pubblico hanno calcolato che con i fondi destinati alla parata militare del 2 giugno si potrebbero "coprire le indennità di disoccupazione per 32.200 precari che hanno perso il lavoro". E chiedono di sospendere la sfilata dei mezzi e delle truppe della Difesa a Roma.

"Troviamo fuori luogo - spiegano Marcon e Paolicelli - che mentre si sta per varare una manovra economica che chiede pesanti sacrifici al Paese si gettino in una anacronistica parata militare diversi milioni di euro".

Paracadutisti in parata ai Fori Imperiali (Eidon)

Paracadutisti in parata ai Fori Imperiali (Eidon)

IMPALCATURE A NOLEGGIO - Soltanto per le impalcature della parata "si spendono 700mila euro - sottolineano da Sbilanciamoci - Ed è bene ricordare che la Repubblica Italiana, come recita l'articolo 1 della Costituzione, si fonda sul lavoro e mai come in questo momento la Festa della Repubblica va dedicata non allo sfoggio di carri armati e cacciabombardieri, ma al lavoro, a chi lo perde e a chi è costretto a far fronte alla grande emergenza sociale causata dalla crisi". Pertanto, ribadiscono, "chiediamo che i soldi risparmiati evitando la parata vengano destinati a coprire l'indennitá di disoccupazione di 32.200 precari che hanno perso il posto di lavoro".

Nel 2009, aveva spiegato il ministro La Russa, il risparmio di 1 milione di euro era stato ottenuto "essenzialmente dalla riduzione delle tribune lungo dei Fori Imperiali e di altre strutture accessorie": in luogo delle costose tettoie sui posti a sedere, la Difesa aveva previsto di distribuire al pubblico "ombrelli tricolori in caso di pioggia".

FESTA DI PACE - Il sito PugliAntagonista rilancia intanto l'adunata dei pacifisti a Ponte Sant'Angelo: "Sarà un'altra festa della Repubblica, quella di chi ripudia la guerra e rifiuta la menzogna delle "missioni di pace"". Dalle 10 alle 13.30, azioni di animazione con musica, parole e colori. Partecipano gruppi musicali popolari. Poi una maratona oratoria con letture collettive degli articoli della costituzione e di poesie contro la guerra.

Ci sarà anche l'"atelier della pace" con i disegni dei bambini della scuola Iqbal Masih. Ci saranno i banchetti delle associazioni contro la guerra e per la raccolta delle firme per il referendum sull'acqua. All'iniziativa del 2 giugno partecipano una ventina tra associazioni e forum pacifisti.

Redazione online

01 giugno 2010

 

 

 

Ritratto sincero di un paese

Le parole del governatore sono applaudite da tutti. Il giorno dopo dimenticate da molti. Speriamo che almeno questa volta non sia così, perché Draghi ha detto più di quello che, con concretezza e lucidità, ha scritto. Una grande relazione. In sintesi. La lezione della crisi finanziaria è una sola: la colpa è del vuoto regolamentare americano e l’azzardo morale va sanzionato. Duramente. Le nuove regole sono però ostacolate ("Anche da molti di voi presenti") perché, si dice, freneranno la ripresa. Non è così. Dall’euro non si esce, ma si rafforzi il patto di stabilità e crescita. Non c’è solo la disciplina di bilancio. Se un Paese non fa le riforme necessarie a tutti, lavoro e istruzione per esempio, può ricevere una sanzione anche politica: la perdita del voto in sede comunitaria. L’ultima manovra del governo era necessaria e inevitabile, ma è incompleta. Si propone lodevolmente di contenere l’espansione della spesa pubblica all’1 per cento nel biennio 2011-12. Nota il governatore: negli ultimi dieci anni è cresciuta al ritmo del 4,6 per cento ogni dodici mesi.

Di colpo virtuosi? Speriamo. Se l’Italia ha sopportato meglio di altri la crisi, il merito è soprattutto della politica monetaria, meno del governo. L’estensione degli ammortizzatori sociali, però, è stata corretta ed efficace. La manovra agisce seriamente sulla spesa previdenziale (finestre ed età pensionabile), ma potrebbe abbassare il già debole tasso di crescita. Il rischio è una seconda recessione. "Macelleria sociale è l’evasione fiscale ". Solo di Iva si evadono trenta miliardi l’anno. Se l’avessimo pagata regolarmente in questi anni, il livello del debito sul prodotto lordo sarebbe fra i migliori d'Europa. Più forti dei tedeschi. L’evasione va combattuta, e il governo, ammette Draghi, si sta impegnando. Le risorse recuperate riducano le aliquote, specie sul lavoro. L’altro grande ostacolo (macigno) alla crescita è nell’espansione della criminalità organizzata e nella diffusione della corruzione. La prima incancrenisce le istituzioni e attenta alla libertà e all’incolumità dei cittadini; la seconda umilia il merito, distorce il mercato, deprime la crescita. Chi paga il conto più elevato della crisi? I giovani, le vere vittime. La riduzione degli occupati, nella fascia tra 20 e 34 anni, è stata sette volte superiore a quella degli anziani; le nuove assunzioni sono diminuite del 20 per cento; i salari d’ingresso sono fermi a 15 anni fa. E non è vero che facendo lavorare di più chi sta tra i 55 e i 64 anni (occupato solo il 36 per cento, la media europea è al 46) le opportunità per i giovani diminuiscono. Alcuni Paesi nordici lo dimostrano. Il mercato del lavoro va riformato con lo sguardo rivolto ai giovani e a chi ha meno diritti. Federalismo fiscale? Sì, purché chi spende troppo e male, paghi.

Oggi spesso viene rieletto. La riforma universitaria va nella direzione giusta. Le debolezze della nostra economia sono note, ma i punti di forza non sono pochi (risparmio privato, rapporto tra patrimonio e reddito tra i più elevati in Europa, debito estero tra i più bassi). Il vero problema è che la produttività non cresce. Il filo che unisce tutta la relazione di Draghi si può riassumere così. Il coraggio al Paese non è mancato in momenti più difficili. Perché dovrebbe venir meno ora? La crisi a livello internazionale richiede cooperazione nella responsabilità. Perché dovremmo dividerci proprio noi sulle scelte più importanti per il futuro del Paese? Non si tratta di vagheggiare improponibili governi di unità nazionale o di larghe intese, ma almeno di sperare che maggioranza e opposizione si confrontino un po’ di più sui contenuti, nella consapevolezza di far parte (tutti) della stessa comunità. È troppo sperarlo?

Ferruccio de Bortoli

01 giugno 2010

 

 

 

IL PROBLEMA

Manovra : il testo "inaccessibile"

Il testo del documento è effettivamente presente sul sito del Governo, ma è enorme e di fatto non fruibile da molti utenti, fra cui i non vedenti, a dispetto della Legge Stanca

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MILANO - Correva l’anno 2003 quando il Parlamento italiano approvò la Legge 4 del 9 gennaio 2004, più nota coma "Legge Stanca", dal nome dell’allora Ministro per l’innovazione tecnologica. La disposizione, importante, imponeva l’accessibilità dei siti della Pubblica Amministrazione, adottando – per legge – anche in Italia standard internazionali (W3C) che garantiscano la fruibilità delle informazioni presenti in Internet a tutti i Cittadini, indipendentemente dalla disabilità o dagli strumenti informatici usati.

NON SOLO DISABILI - Fruibilità e accessibilità non sono solo problemi delle persone con disabilità, ma anche di quelle che non hanno dimestichezza con il web, che usano computer particolari, che non dispongono di collegamenti superveloci. In questi anni ci sono stati ulteriori provvedimenti ed azioni per promuovere ulteriormente l’accessibilità delle informazioni in Internet. Alcune iniziative sono anche culturalmente avanzate, come la realizzazione dell’Osservatorio sull’accessibilità dei servizi delle PA, sito istituzionale consultabile all’indirizzo http://www.accessibile.gov.it.

Il principio cardine di queste misure è uno: l’accessibilità e la fruibilità (che significa anche comprensibilità) dei servizi e delle informazioni rappresentano un indicatore – sempre più importante - di democrazia.

LA MANOVRA CORRETTIVA - Di come si possa rendere un’informazione inaccessibile, e di come il problema non riguardi solo le persone con disabilità, dà oggi un concreto esempio il sito del Governo (www.governo.it) pubblicando un testo di enorme importanza su cui vi è stato un dibattito serrato nelle ultime settimane: il decreto-legge che contiene la Manovra correttiva. Il sito del Governo ne pubblica il testo firmato dal Presidente della Repubblica in un documento che la dimensione di 14 "mega": un’enormità per un documento di testo di 200 pagine, che ne rende difficoltosa, se non impossibile, la consultazione da parte di chi non disponga di una linea super-veloce. Il perchè è presto detto: il documento è la scannerizzazione di altrettante pagine. È la fotografia dei singoli fogli e, pertanto, le dimensioni del file sono enormi ed ingestibili dal comune Cittadino. Inoltre, quel genere di documento non è consultabile da non vedenti, non consente la ricerca testuale, non consente l’estrapolazione di brani di testo. Ovviamente soluzioni alternative, anche di semplicissima realizzazione, erano alla portata dei tecnici di Palazzo Chigi, ma - con tutta evidenza – non si è ritenuto importante garantirne la massima diffusione e conoscenza.

Carlo Giacobini

01 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

2010-05-31

Lo si apprende in ambienti del Qurinale

Manovra: Napolitano firma. Stralciata

la lista dei tagli agli enti culturali

Riduzione delle spese del ministero ma affidata a Bondi. Il presidente dell'Anm: "Magistrati pronti allo sciopero"

Lo si apprende in ambienti del Qurinale

Manovra: Napolitano firma. Stralciata

la lista dei tagli agli enti culturali

Riduzione delle spese del ministero ma affidata a Bondi. Il presidente dell'Anm: "Magistrati pronti allo sciopero"

Giorgio Napolitano (Ansa)

Giorgio Napolitano (Ansa)

ROMA - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato il decreto che contiene la manovra economica e finanziaria 2011-2012. Lo si apprende in ambienti del Qurinale. Il testo definitivo del decreto legge "è stato trasmesso domenica sera dalla presidenza del Consiglio dei ministri", riferisce una nota dell’ufficio stampa del Quirinale. Nel documento sarebbe stata stralciata la lista dei tagli ai 232 enti, fondazioni e istituti culturali per i quali aveva protestato il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi. Secondo fonti di Palazzo Chigi nel testo finale del provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per questo settore, affidata però alla valutazione del ministro. I magistrati, dopo l'incontro con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta sugli aspetti della manovra che riguardano la magistratura, si sono detti pronti a scioperare e "ad altre forme di lotta".

ANM: "PRONTI ALLO SCIOPERO" - "Siamo pronti allo sciopero", ha dichiarato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), Luca Palamara, al termine dell'incontro con Letta. "Abbiamo preso atto della conferma dei tagli che erano stati annunciati", ha proseguito Palamara. "Fino a questo momento per senso di responsabilità, avevamo congelato ogni iniziativa ma ora convocheremo il nuovo consiglio direttivo e siamo pronti allo sciopero e anche ad altre forme di protesta alternative (sciopero bianco, ndr). I magistrati vogliono fare la loro parte in un momento così difficile per il Paese, ma è grave che si preveda che chi guadagna di più paghi di meno. È inaccettabile essere considerati un costo e non una risorsa". Secondo il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini, "è assurdo che un magistrato che guadagna 150 mila euro se ne veda decurtati 2 mila dalla manovra, mentre uno che ne guadagna 70 mila debba contribuire alla soluzione della crisi economica con 20 mila in funzione del blocco dei primi aumenti automatici di stipendio, che sono i più consistenti e avvengono nei primi quindici anni di carriera", ha spiegato Cascini. "In questa manovra si può leggere la volontà di punire la magistratura italiana".

Redazione online

31 maggio 2010

 

 

 

la relazione annuale/"PIù POTERI PER LA RIMOZIONE DEI manager bancari scorretti"

Draghi: "Bene manovra, tagli inevitabili"

Berlusconi: riconosciuta la nostra azione

Il governatore di Bankitalia: "Ora le riforme. Ridurre le tasse con la lotta all'evasione. Corruzione frena sviluppo"

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Il governatore di Bankitalia: "Ora le riforme. Ridurre le tasse con la lotta all'evasione. Corruzione frena sviluppo"

ROMA - Crisi, riforme e crescita. Sono queste le parole d'ordine contenute nelle considerazioni finali di Mario Draghi all'Assemblea annuale della Banca d'Italia. Nel suo discorso (leggi), il governatore ha puntato il dito contro la corruzione diffusa nelle amministrazioni pubbliche del nostro Paese che, ha denunciato il numero uno di Palazzo Koch, finisce per frenare lo sviluppo. Non solo: con la crisi "i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili": l'evasione "è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga", mentre "relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche, in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata, sono diffuse". Una situazione davvero allarmante, certificata dalle periodiche graduatorie internazionali che "collocano l'Italia in una posizione sempre più arretrata". La "sfida" dell'Italia per superare la crisi, secondo Draghi, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Con la certezza però che "dall'euro non si torna indietro". Quanto alla manovra varata dal governo, la Banca d'Italia la promuove, apprezzandone i tagli alla spesa. "Agire era inevitabile", ha spiegato Draghi, auspicando allo stesso tempo il completamento delle riforme di pensioni e lavoro, denunciando il disagio dei giovani. La Vigilanza di Bankitalia, ha chiesto infine il governatore, deve avere più poteri per la rimozione di manager bancari scorretti.

MANOVRA - La manovra varata dal governo, con l'anticipo delle misure correttive per il 2011 e 2012 e i tagli alla spesa corrente, era "inevitabile", secondo Draghi, date le condizioni dei mercati. "Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana" ha specificato il governatore, sottolineando la necessità "di un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi". Per il numero uno di Bankitalia poi è "urgente" rafforzare il Patto di stabilità europeo, introducendo sanzioni anche politiche per i Paesi che non lo rispettano.

BERLUSCONI - Il premier Silvio Berlusconi, attraverso una nota, ha fatto sapere di aver apprezzato "il riconoscimento che Mario Draghi ha dato all'azione di governo in termini di riduzione della spesa e lotta all'evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit di bilancio". Quanto alla sfida lanciata dal Draghi di coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita, il presidente del Consiglio ha assicurato che si tratta di "un impegno che intendiamo proseguire sostenuti anche dallo stimolo della Banca d'Italia. Concordo con Draghi: il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida".

GIOVANI E LAVORO - Nel suo discorso, il governatore Draghi ha più volte ribadito la necessità di riforme strutturali, prima fra tutte quella del mercato del lavoro che favorirebbe i giovani. "In molte altre occasioni - ha detto il numero uno di Bankitalia -, abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende ancora più urgenti" è il monito del governatore. "La crisi - ha aggiunto - ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro". Per questo la "riforma del mercato del lavoro va completata, superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione". "Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente - è l'avvertimento di Draghi -. Questa condizione, specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse".

EVASIONE FISCALE E MACELLERIA SOCIALE - Altro argomento caro al governatore della Banca d'Italia la lotta all'evasione. Secondo Draghi, le misure avviate dal governo devono necessariamente "consentire" la riduzione "delle aliquote. Il nesso fra le due azioni va reso visibile ai contribuenti" è l'opinione del governatore. Duro l'attacco agli evasori fiscali: "Macelleria sociale - ha detto Draghi - è una espressione rozza ma efficace: io credo che gli evasori fiscali siano i primi responsabili della macelleria sociale".

IVA - "Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea" ha detto durante il suo intervento all'assemblea di Bankitalia il governatore. Draghi ha spiegato infatti che "tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell'iva è stato evaso: in termini di gettito sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil".

"VIA I MANAGER SCORRETTI" - Dal numero uno di Palazzo Koch, infine, è arrivata una richiesta precisa in merito a banche e manager scorretti. La Banca d'Italia, è l'appello dei governatori, abbiano più poteri per rimuovere dalle banche, come avviene in altri Paesi e come consiglia il Comitato dei supervisori europei (Cebs), "i responsabili di gestioni scorrette o altamente rischiose prima che la situazione sia gravemente deteriorata e si debbano perciò attivare provvedimenti di rigore". Draghi ha sottolineato a tal riguardo l'azione massiccia della Vigilanza: nel 2009 le ispezioni a banche e intermediari sono state più di duecento. Inoltre, in un passaggio aggiunto a braccio alle sue considerazioni finali, Draghi ha parlato del ruolo delle Fondazioni come azionisti delle banche. "Non credo - ha voluto specificare il governatore - che sia interesse di nessuno, nemmeno delle Fondazioni, tornare agli anni '70-'80 quando la maggioranza di turno nominava gli amministratori delle banche e suggeriva anche i clienti privilegiati".

REAZIONI - Anche il Pd, come governo e maggioranza, plaude all'intervento del governatore Draghi. "Dalla relazione - ha detto Pierluigi Bersani - sono venute parole preoccupate e veritiere sulla situazione italiana. Un intervento che ha parlato di sforzo coerente ed unitario, di crescita, di riforme. È un terreno ben più alto - ha aggiunto però il segretario dei democratici attaccando l'esecutivo - di quello che ci propone la manovra, una manovra che, al di là della sua inevitabilità, emerge dalla relazione come contraria alla ripresa, inconsistente dal lato delle riforme e aleatoria dal punto di vista delle prospettive di controllo della spesa". "Condivido la relazione di Draghi, sono le stesse nostre tesi" ha commentato dal canto suo la leader di Confindustria, Emma Marcegaglia. "Bisogna ridurre la spesa e questa manovra lo fa - ha proseguito - e coniugare questo con la crescita della competitività. L'Italia ha questo problema da anni".

Redazione online

31 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-30

donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali"

Manovra, Pdl diviso sui tagli

L'ira di Bondi: "Esautorato"

Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali"

Manovra, Pdl diviso sui tagli

L'ira di Bondi: "Esautorato"

Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito"

Italo Bocchino (Chianura)

Italo Bocchino (Chianura)

MILANO - Anche se il decreto legge sulla manovra deve ancora essere approvato dal capo dello Stato non mancano già le critiche al provvedimento. Ad incominciare dalla maggioranza che quello stesso provvedimento sarà presto chiamata ad approvare in Parlamento. "Avrei voluto che la decisione sugli enti a carattere culturale fosse stata presa insieme, il Ministero dei beni culturali non doveva essere esautorato" sottolinea il ministro della Cultura Sandro Bondi. "Io sono in totale sintonia con Tremonti sulle motivazioni che muovono la manovra, per le difficoltà in cui si muove il paese e la necessità di tagli coraggiosi. Molti degli enti che figurano in quell'elenco - aggiunge Bondi - vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi". Quanto al fatto che il ministero sarebbe stato tenuto fuori dalla scelta, Bondi aggiunge: "Avrei voluto decidere insieme: il ministero non doveva essere esautorato. Ora mi metterò al lavoro con i miei collaboratori per capire quali di quegli enti sono eccellenze e quali sono inutili. Ma la scelta va fatta insieme".

I FINIANI - "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma Italo Bocchino esponente della corrente finiana del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. "Da un lato - aggiunge Bocchino - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

ROTONDI - C'è però chi nella maggioranza punta a rasserenare gli animi ed, anzi invita anche l'opposizione ad appoggiare la manovra. "Rafforzare la ripresa, rilanciare del tutto lo sviluppo, evitare la pressione fiscale, tagliare le spese inutili: è la piattaforma su cui tutti si devono ritrovare", scrive in una nota il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi. "La manovra è articolata, impone certo dei sacrifici ma non tocca il capitolo delle tasse. Anzi, guarda allo sviluppo come azione per consentire che la ripresa sia più rapida. L'opposizione non si chiuda a riccio, dia piuttosto un contributo costruttivo" conclude Rotondi.

IDV - Di tutt'altro parere alcuni degli esponenti dell'opposizione. "È una manovra "lacrime e tagli" e basta. Mancano completamente idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali. A pagare saranno sempre gli stessi, mentre speculatori e grandi rendite improduttive non vengono toccate. Il balletto sulla firma dimostra anche il grado di confusione di questo governo, che sempre ha negato l'esistenza stessa della crisi e ora si trova a doverla fronteggiare senza essere preparato. Se non fossero stati così irresponsabili, oggi il Paese si troverebbe in condizioni diverse " afferma il capogruppo Idv Massimo Donadi.

Redazione online

30 maggio 2010

 

 

 

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

LA MANOVRA

Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud

Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro

ROMA — Prima il controllo della Ragioneria sulle spese di Palazzo Chigi: dove, tanto per dirne una, i voli blu hanno ripreso i ritmi allegri del passato. Poi l’abolizione delle Province più piccole (e ti pareva…). Quindi il taglio del finanziamento pubblico alla politica, trasformato in una spuntatina quasi indolore, tenuto conto delle risorse che i partiti ingoiano. E alla fine hanno salvato pure l’Istituto per il Commercio con l’estero, in predicato per essere inglobato nella Farnesina e nello Sviluppo economico. Sopravvivrà. In una manovra impostata per mettere finalmente a dieta la spesa pubblica e colpire qualche intollerabile rendita di posizione, che ha cominciato a perdere pezzi ancora prima di arrivare in Parlamento, il pacchetto fiscale però regge ancora.

Il nuovo fisco

Qualcuno potrebbe considerarlo un mezzo miracolo, in un Paese dove il 27% del Prodotto interno lordo sfugge regolarmente al Fisco e l’evasione veleggia paciosamente (e sfrontatamente) verso quota 100 miliardi l’anno. O forse più. E tale sarà, se uscirà indenne dalla battaglia parlamentare che già si prepara. Perché le misure della manovra fiscale, va detto, sono oggettivamente senza precedenti per una maggioranza che nel passato aveva sostenuto la politica scriteriata dei condoni e delle sanatorie. Certo, si è dovuto rispolverare il principio, anche se in forma più morbida (il tetto massimo per l’uso "legittimo" dei soldi liquidi è fissato a 5 mila euro), della tracciabilità dei pagamenti su cui aveva puntato il centrosinistra. E che il centrodestra aveva spazzato via bollandolo come una forma insensata di controllo poliziesco sul denaro, sottolineando come in caso contrario il limite per l’utilizzo del contante sarebbe sceso progressivamente fino a 100 euro. Ma la tanto contestata tracciabilità, unita ad altri due meccanismi come il nuovo redditometro e la fattura telematica potrebbe davvero rappresentare, se non altro sulla carta, un deterrente micidiale per l’evasione. Il redditometro, innanzitutto. I tecnici di Attilio Befera, il capo dell’Agenzia delle Entrate, ci stanno lavorando da settimane. Per arrivare a una soluzione completamente diversa dall’ormai desueto meccanismomesso a punto negli anni Ottanta. La grossa novità è che sarà impostato su un criterio territoriale. Diverso quindi da regione a regione, ma anche da provincia e provincia, come da città e periferia. Il redditometro dei milanesi sarà differente da quello dei romani o dei palermitani. Secondo l’idea che un avvocato o un dentista di Milano ha di sicuro maggiori possibilità economiche rispetto a quelle di un suo collega di Napoli o Reggio Calabria. Una specie di "gabbia salariale" fiscale per i ricchi e i benestanti che funzionerà sulla base di numerosi parametri. Non più soltanto la barca, la Porsche o il cavallo nel maneggio, ma pure le crociere di superlusso, le scuole private con rette astronomiche, i circoli sportivi da vip, le palestre alla moda…

Studi di settori e acquisti di lusso

La prospettiva che lascia intravedere il Fisco con l’applicazione di questo redditometro è clamorosa: l’abolizione degli studi di settore, almeno per le categorie dei professionisti. Anche perché, se il sistema funzionerà come deve, non dovrebbero sfuggire agli uomini di Befera nemmeno le spese personali particolarmente elevate e gli acquisti di beni di lusso. Ciò a causa, o meglio per merito, della fattura elettronica, obbligatoria sopra i 3 mila euro. Il grossista sarà costretto a fatturare al dettagliante il quale, a sua volta, dovrà emettere fattura al cliente finale, anche se privato cittadino. E tutto, qui sta il segreto, non resterà negli archivi dei commercianti, ma finirà all’Agenzia delle Entrate, la quale potrà tenere sotto controllo l’intera filiera. In concreto: chiunque comprasse un Rolex d’oro, un anello di diamanti, una pelliccia o un costoso abito firmato, il Fisco verrebbe a saperlo. Sempre in teoria, naturalmente.

La stretta sulle società

In questo mondo "fiscalmente perfetto" non verranno risparmiate nemmeno le società che chiudono regolarmente in perdita. Sono metà di tutte quelle iscritte alle Camere di commercio: una percentuale da una quantità esagerata di tempo al centro del sospetto che i bilanci in perdita siano frutto di elusione fiscale piuttosto che di cattive performance economiche. Tanto più perché gran parte di esse hanno soltanto la funzione di custodire qualche proprietà immobiliare o lo yacht di famiglia. Senza parlare delle società che aprono e chiudono i battenti nel giro di un anno. O anche meno. Tantissime. Decisamente troppe per non far sorgere, anche qui, il dubbio che la loro vita effimera abbia spesso motivazioni truffaldine: per esempio la fabbricazione di fatture false. Ecco perché, assicura l’Agenzia delle Entrate, saranno oggetto di controlli a tappeto. La Guardia di finanza sarebbe già al lavoro.

Banche sostituti d’imposta

Altro capitolo, quello delle ristrutturazioni edilizie che ottengono il beneficio fiscale di uno sgravio del 36% a patto che i pagamenti avvengano tramite bonifico bancario. Il fatto è che i bonifici materialmente si fanno, e anche le fatture si emettono. Ma poi alcune di loro spariscono nelle nebbie. Che fare per arginare il fenomeno senza abolire l’agevolazione per chi rimette a posto casa? Con la manovra le banche diventeranno sostituto d’imposta: tratterranno il 20% dell’importo del bonifico, che verrà automaticamente girato al Fisco. Soltanto questo piccolo accorgimento vale, secondo l’Agenzia delle Entrate, qualcosa come un miliardo di euro. Ce n’è anche per i cittadini che si vedono recapitare a casa una cartella esattoriale. D’ora in poi si dovranno scordare di prendere un po’ di tempo facendo ricorso, perché con l’iscrizione a ruolo scatterà anche l’accertamento. E si dovrà pagare subito. Inutile dire che sarebbero tutti più contenti se contemporaneamente all’introduzione di questa norma draconiana si risolvesse anche il problema delle vessazioni, ben documentate da una inchiesta di "Report", la trasmissione di Milena Gabanelli su Raitre, alle quali talvolta vengono sottoposti i comuni mortali che hanno a che fare con multe o tasse già pagate, e di cui si pretende ingiustamente il pagamento. Sarà anche, come dicono al Fisco, un problema limitato a Napoli e Roma, e la cui responsabilità andrebbe attribuita soprattutto ai Comuni. Resta sempre il fatto che di questo, nella manovra, non c’è ahimè una sola riga.

Sergio Rizzo

30 maggio 2010

 

 

 

 

LE MISURE ANTi-CRISI. L'Anm: "Per ora non scioperiamo"

Berlusconi alla fine firma la manovra

Via libera dal premier che prima aveva detto: "Firmerò quando Napolitano darà la sua valutazione"

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ROMA - Tormentato e travagliato il cammino della manovra fin dalla sua nascita. Tanto che l'ultimo passaggio del governo, quello della consegna del testo Quirinale diveniva più difficile del previsto, per l'assenza della firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che però alla fine firmava. Permettendo così il vaglio costituzionale del decreto da parte del capo dello Stato. "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato. Lunedì mattina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione Nazionale Magistrati" affermava alla fine una nota di Palazzo Chigi. A cui faceva eco subito dopo il Quirinale che spiegava che il Presidente della Repubblica stava esaminando il testo del decreto legge.

IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010(ultima modifica: 30 maggio 2010)

 

 

 

 

Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita

Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra

Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro

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ROMA - La minaccia della rateizzazione per la buonuscita degli statali, che nell’ultima settimana ha provocato una vera e propria fuga verso la pensione da parte di chi aveva già i requisiti, è rientrata. Nella versione del decreto con la manovra di correzione dei conti pubblici inviata dal governo al Quirinale, la corresponsione a rate riguarderà solo le liquidazioni di importo superiore ai 90 mila euro. Ma non è questa l’unica concessione strappata all’ultimo momento dai sindacati. Per ora c’è solo un impegno politico, ma il governo, dopo le proteste di Cisl e Uil, sarebbe pronto a riconsiderare anche il congelamento degli scatti di carriera per gli insegnanti della scuola. E forse a fare qualcosa anche per alleggerire il peso della manovra sui magistrati.

Nel decreto le norme che bloccano gli scatti degli insegnanti non sono state toccate. Ma l’insistenza del segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, sembra aver fatto breccia nell’esecutivo. Così, nel corso dell’esame parlamentare del decreto, l’assicurazione politica che sarebbe già stata strappata dal sindacato potrebbe tramutarsi in qualcosa di più concreto. Un emendamento, o forse un ordine del giorno che impegni il governo a recuperare alla fine del 2013 gli scatti settennali che dovessero essere perduti per l’effetto del decreto, e che per gli insegnanti, colpiti anche dal congelamento dei contratti, sono l’unica forma di progressione della carriera. Una forma di recupero potrebbe essere garantita anche ai magistrati, che sono scesi in stato di agitazione ed hanno accantonato, ma solo per il momento, la minaccia di uno sciopero. Pronti a organizzare sul territorio "iniziative di protesta e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sullo stato della giustizia in Italia" e delusi per la manovra "iniqua, sperequata e incostituzionale", i magistrati saranno ricevuti domani dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Nei loro confronti il governo potrebbe considerare anche un alleggerimento del blocco dei salari, così come la decurtazione del 10% degli emolumenti corrisposti a tutti i rappresentanti degli organi di autogoverno della magistratura, anche contabile.

Mentre la manovra si addolcisce sul fronte del pubblico impiego, e dunque sul breve termine, iministri dell’Economia e del Lavoro, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, si preoccupano di blindare i conti pubblici sull’orizzonte temporale più lungo. Così ieri i due ministri hanno firmato il decreto che dà attuazione definitiva alle misure già varate l’anno scorso per collegare dal 2015 l’età pensionabile all’aumento delle speranze di vita della popolazione. Entro giugno del 2014 l’Inps stabilirà, sia per gli uomini che per le donne, di quanti mesi dovrà aumentare il requisito minimo di età, oggi fissato a 65 anni, per accedere al pensionamento. La base del calcolo, che sarà effettuato dall’Istat tenendo conto dell’indice armonizzato sulla speranza di vita di tutta la popolazione residente in Italia, sarà il 2010. Il primo incremento, previsto per tutti dal primo gennaio del 2015, non sarà comunque superiore a tre mesi, mentre i successivi adeguamenti dell’età pensionabile avverranno, sulla base degli stessi criteri, ogni tre anni. Con una clausola un po’ sinistra: se Dio non voglia la speranza di vita media dovesse ridursi, di ciò non si terrà conto, ed i requisiti di pensionamento non saranno abbassati.

Mario Sensini

30 maggio 2010

 

 

 

 

Meno stato più società

Necessaria, tempestiva, utile. Si sprecano i giudizi positivi dell’Europa, del Fondo monetario, della Confindustria — "i medici pietosi" — sulla manovra del governo. Anche sufficiente? Sì, ad arrestare la febbre, che minacciava di salire. No, a curare la malattia, che è cronica. Sì, a farci "passare la nottata". No, a metterci al riparo da quelle che verranno.

La dilatazione della sfera pubblica — che ormai assorbe il cinquanta per cento della ricchezza prodotta — provoca due distorsioni. Prima: una spesa — cresciuta di 90 miliardi negli ultimi cinque anni— nelle pieghe della quale si annidano sprechi, distrazione di risorse a uso clientelare, corruzione, assistenzialismo, distribuzione a geometria variabile della ricchezza agli interessi corporativi più forti con pregiudizio del principio di equità. Il Paese si impoverisce progressivamente. Seconda: una contrazione dei margini di autonomia della Società civile e delle libertà individuali, che aumenta i costi delle transazioni private, mortifica lo spirito imprenditoriale, penalizza meritocrazia e ricerca. Il Paese ne è progressivamente sfiancato.

Il malato— lo Stato sociale— è inguaribile perché il medico (la politica) non sa curare se stesso. I governi — quale ne sia il colore, e che ne ricavano una "rendita politica" — rimediano alla prima distorsione, con manovre congiunturali, "tampone", ignorando sistematicamente la seconda. Le riforme cosiddette strutturali, che darebbero alla sfera pubblica ciò che è della sfera pubblica, riducendone le dimensioni, e alla Società civile ciò che è della Società civile, riconoscendole maggiori spazi di autonomia, non si fanno perché non convengono a nessuno. Non alla politica, non alla Pubblica amministrazione, che sono per lo status quo, non alle corporazioni e agli interessi organizzati, non all'area del parassitismo pubblico e a quella delle clientele private, che ci guadagnano. La manovra è la radiografia dello stato dei rapporti fra politica e Società civile; fra una politica— fondata sui sondaggi, e su una leadership a forte carica populista, che promette le riforme e poi non le fa per accontentare tutti— e una Società civile che, per la parte che conta, non le vuole.

La solitudine del ministro dell'Economia — assediato, in Consiglio dei ministri, dalle richieste di spesa dei suoi stessi colleghi — è paradigmatica di una sovrastruttura (la cultura) ideologica, anti-empirica e poco pragmatica, nonché anti-individualistica e anti-meritocratica, e di una struttura (la società) corporativa, chiusa, che, nei secoli, hanno prodotto, culturalmente, "il genio" isolato e, politicamente, demagoghi e populisti di successo, mai una "scuola di pensiero" organica, senza la quale il gattopardismo, il trasformismo, in definiva, la Reazione al cambiamento, diventano prassi. Lo Stato non è lo strumento a difesa dei diritti individuali del cittadino — come vuole il costituzionalismo liberale— ma, degradato a puro statalismo, pretende siano i cittadini a essere al suo servizio, secondo l'imperativo razionalista e totalitario della "volontà generale" nella quale si fondono e si annullano le autonomie e le singole libertà individuali.

Piero Ostellino

30 maggio 2010

 

 

 

 

L’intervista - Il segretario dei Democratici: non c’è una politica economica, fanno come un sarto che per due anni sbaglia il vestito, le correzioni non bastano

"A tagliare così capaci anche i bambini"

Bersani: il Pd dirà no a questa manovra, governo contro ogni logica costituzionale

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"A tagliare così capaci anche i bambini"

Bersani: il Pd dirà no a questa manovra, governo contro ogni logica costituzionale

ROMA—Il segretario del Pd non ha dubbi: il suo partito voterà "no" alla manovra. Di più, Pier Luigi Bersani accusa Tremonti di aver avuto un atteggiamento schizofrenico in politica economica e punta l’indice contro il premier e il ministro dell’Economia, che hanno agito "fuori da ogni logica costituzionale".

Onorevole Bersani, il Partito democratico accusa il governo Berlusconi di non aver fatto una manovra strutturale.

"Prima di parlare di questo dobbiamo chiederci perché si fa la manovra. Non può passare in cavalleria il fatto che essa sia il frutto amaro di due anni di politica economica sbagliata".

Beh, veramente è l’Europa che chiede a tutti i Paesi di mettere i conti a posto, non è una sortita di Berlusconi e Tremonti.

"L’Europa fa bene a chiedere di mettere i conti a posto. Ma se non li abbiamo a posto è totale responsabilità del governo. Al contrario degli altri governi europei quello italiano non ha speso nulla né per stimolare l’economia, né per salvare le banche. Per quale motivo ora dobbiamo fare un’altra manovra? Ha detto che andava tutto bene, ci ha raccontato un sacco di frottole e ha aumentato la spesa corrente, diminuito gli investimenti, abbassato la crescita, consentito minori entrate fiscali e non ha fatto nessuna riforma. Questo è il punto da cui partire: quello che hanno raccontato loro presentandoci questa manovra è un insulto alla verità".

Tornando al merito della manovra economica varata dal governo, qual è il suo giudizio, onorevole Bersani?

"Tornando al merito, questa manovra bombarda i redditi medi e bassi, ma non risolve il problema dei conti pubblici, per cui tra un anno, o anche meno, saremo da capo a dodici".

Quali riforme strutturali avreste introdotto voi?

"La riforma del fisco, le liberalizzazioni, riforme che incidano sulla pubblica amministrazione ".

Può fare degli esempi concreti, tanto perché si capisca, altrimenti, come sempre nella politica, si rischia di perdersi nelle parole?

"Prima di tutto spostare il carico su rendite, ricchezze ed evasione e alleggerirlo su imprese, lavoro e famiglie. Quanto alla pubblica amministrazione ci vogliono piani industriali, se ad esempio si abolisce il pubblico registro automobilistico ottieni dei risultati. Se fai dei proclami sui fannulloni i risultati non ci sono".

Il presidente del Consiglio sostiene che però il suo governo, nonostante la manovra, ha mantenuto la parola data e non ha aumentato le tasse.

"Che senso ha dire queste cose quando in termini di minori sevizi ho dei tagli alle retribuzioni e tutto finirà addosso alle tasche dei redditi medi e bassi? Oppure quando non dai più un’occhiata a quel che fanno le assicurazioni, al prezzo della benzina o alle farmacie? La verità è che questo governo non ha mai avuto una politica economica, ma solo una politica di bilancio che è cosa assai diversa. Anche un bambino è capace di fare i tagli lineari".

La manovra economica del governo Berlusconi "toglie" anche alle Regioni e agli enti locali. Il giudizio del suo partito su questa operazione?

"È un’operazione che si rivelerà o una catastrofe o un’illusione. Vuol dire togliere soldi all’istruzione, alla formazione professionale, ai servizi sociali, alle piccole imprese e ai trasporti. Uno che ha i redditi di Berlusconi non avrà niente di cui preoccuparsi ".

Altro capitolo cruciale, le pensioni. Non sarebbe ora di allungare l’età pensionabile, o non si può dire perché si teme il giudizio degli elettori?

"Il vero problema è un altro: c’è un’intera generazione che rischia di non avere una pensione dignitosa. Bisogna rivedere il sistema e, a parità di costi, impostare le cose per ottenere che anche questa gente abbia una pensione dignitosa in futuro".

A questo punto, onorevole Bersani, visto i giudizi che ha dato finora, sembra inutile chiederle se vi asterrete sulla manovra.

"Quando un sarto per due anni sbaglia il vestito noi non ci aspettiamo che con delle correzioni, anche positive, il vestito possa andar bene. Certo, in Parlamento presenteremo le nostre correzioni, partendo dall’idea di ottenere delle risorse dai redditi da capitale finanziario e utilizzarle per detassazioni finalizzate all’assunzione di giovani a tempo indeterminato e di potenziare gli strumenti della lotta contro l’evasione ".

Si è capito: no, no e ancora no. Però anche Tremonti dice di voler potenziare la lotta all’evasione.

"Figuriamoci: questo è un governo che ha fatto un condono fiscale vergognoso, tassando solo il cinque per cento chi doveva pagarne il 40. Non avremmo avuto la manovra se avessero fatto le cose per bene. E, a proposito di condoni, vogliamo parlare di quello edilizio che hanno intenzione di fare?".

Il Partito democratico discuterà questa manovra con le forze sociali? Sono già previsti degli incontri, delle iniziative?

"Prima dobbiamo veder bene la manovra. Le carte sono state cambiate tante volte e solo alla fine le hanno portate alla firma del presidente della Repubblica. Nessuno finora ha mai saputo bene chi ha fatto la manovra, che cosa veramente è stato varato in Consiglio dei ministri. È una vergogna, è una roba fuori da ogni logica costituzionale. È solo spiegabile con le loro risse interne e con le loro lotte di potere".

Lei è molto duro con Tremonti, eppure il ministro dell’Economia sembra non dispiacere a una parte della sinistra.

"C’è stato un po’ di conformismo attorno alle manovre tremontiane. Un errore. Il ministro dell’Economia fa mostra di avere una filosofia cosmica catastrofista e poi segue le indicazioni ottimistiche, azzurrine come il cielo che fa da sfondo alle sue conferenze stampa, di Berlusconi. È una sorta di dissociazione schizofrenica".

Tra un po’ comincerà il solito tormentone, lei è pronto, segretario? Tutti le chiederanno se il Partito democratico aderirà o meno allo sciopero generale della Cgil e alla manifestazione del 12 giugno".

"Noi faremo come sempre. Andiamo alle nostre manifestazioni. Quanto a quelle organizzate da altri, se hanno delle piattaforme coerenti con i nostri programmi, allora i dirigenti e i militanti del Partito democratico saranno presenti".

Maria Teresa Meli

30 maggio 2010

 

 

 

 

 

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IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

Il segretario del Partito democratico: "È falso dire che ce la chiede l'Europa"

Bersani: "Manovra ai limiti

della Costituzione"

"È il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata"

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Pier Luigi Bersani (Ansa)

Pier Luigi Bersani (Ansa)

ROMA - La manovra correttiva "è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata". Lo ha affermato il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, ai microfoni di Sky Tg24. "È uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" ed è una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale". "Poi queste carte finiscono in mano a non si sa chi, vengono rimaneggiate prima di essere portate dal presidente della Repubblica. Tutto questo - prosegue Bersani - avviene perché ci sono differenze, eufemismo per dire risse, dentro il governo. Vedremo queste carte cambiare più volte nei prossimi giorni".

FRUTTO AMARO DI DUE ANNI DI MENZOGNE - Prosegue poi il leader del Pd nel suo duro attacco alla politica economica del governo: "Vorrei sapere se nella manovra se ci sono ancora le norme che raddrizzano le procedure della Protezione civile, tanto per fare un esempio". La cosa che sconcerta di più Bersani "è che non ci si spieghi perché dobbiamo fare questa manovra. Dire che ce la chiede l'Europa è una falsità. L'Europa ci chiede i conti a posto, ma se i conti non sono a posto è tutta responsabilità del governo. Questa manovra è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne, di una politica economica dissennata che ci ha portato fuori binario nella spesa corrente, che ha ridotto gli investimenti, e quindi ha abbassato la crescita, e che non ha tenuto i conti a posto. Adesso si ripropone una strada sbagliata".

REPLICA BONAIUTI - A Bersani ha risposto Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "Bersani dovrebbe essere più responsabile", ha detto a Sky Tg24. "Aumenti del salario collegati all'efficienza, vantaggi fiscali per le nuove imprese, aree senza burocrazia per il mezzogiorno e lotta all'evasione. La manovra taglia le spese, ma favorisce lo sviluppo. Altro che giochetti come dice Bersani".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

LE MISURE ANTi-CRISI. L'Anm: "Per ora non scioperiamo"

Berlusconi alla fine firma la manovra

Via libera dal premier che prima aveva detto: "Firmerò quando Napolitano darà la sua valutazione"

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Il premier Berlusconi (Ap)

Il premier Berlusconi (Ap)

ROMA - Tormentato e travagliato il cammino della manovra fin dalla sua nascita. Tanto che l'ultimo passaggio del governo, quello della consegna del testo Quirinale diveniva più difficile del previsto, per l'assenza della firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che però alla fine firmava. Permettendo così il vaglio costituzionale del decreto da parte del capo dello Stato. "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato. Lunedì mattina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione Nazionale Magistrati" affermava alla fine una nota di Palazzo Chigi. A cui faceva eco subito dopo il Quirinale che spiegava che il Presidente della Repubblica stava esaminando il testo del decreto legge.

IL CHIARIMENTO - Un comunicato quello di Palazzo Chigi che chiariva i contorni di quello che rischiava di diventare l'ennesimo caso nei confronti del testo della manovra di cui non si conosce finora l'esatto contenuto. La manovra? "E’ all’attenzione del Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva risposto in mattinata, all’uscita da Palazzo Grazioli, ai giornalisti che gli chiedevano a che punto fossero i lavori sulla manovra economica e se, a differenza di quanto aveva detto venerdì l’avesse firmata. "La manovra viene firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione", aveva concluso il premier. Questo però dopo che venerdì pomeriggio c'era già stato un colloquio di circa un'ora tra il Capo dello Stato e Silvio Berlusconi al Quirinale con all'ordine del giorno la nomina dei Cavalieri del lavoro in occasione della festa del 2 giugno. Il Cavaliere era salito al Colle nelle vesti di ministro dello Sviluppo ad interim, ma l'occasione era servita anche per fare il punto su altri temi come, per esempio, la manovra economica. Il presidente della Repubblica si sarebbe informato con il premier sul testo che fino a venerdì sera non era stato ancora trasmesso dal governo ai suoi uffici. Berlusconi, nel corso dell'incontro avrebbe spiegato a Napolitano, così come ha fatto successivamente conversando con i giornalisti, di non averla ancora firmata. Questione di ore, si spiegava in ambienti parlamentari della maggioranza, per consentire poi al Quirinale di fare le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere messo in Gazzetta già lunedì prossimo. Provvedimento di "difficile composizione" perché ancora si devono aggiustare alcune voci all'interno della stessa maggioranza.

IL DICASTERO DELLO SVILUPPO - Durante il lungo colloquio, il Cavaliere avrebbe accennato anche al nodo della successione a Claudio Scajola spiegando al Capo dello Stato di sperare ancora di poter trovare un tecnico di rango per quel ruolo. Anche se, avrebbe ammesso, la ricerca fino ad ora non ha dato esiti positivi. Tra i nomi che circolano per il ministero dello Sviluppo ci sarebbe anche quello di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, che però ha precisato che la sua candidatura è nata solo sui giornali. In mattinata si era recato a Palazzo Grazioli il presidente dell'Eni Paolo Scaroni, una visita che aveva alimentato altre voci, ma che anche in questo caso non hanno trovato conferme.

ANM - Intanto l'Associazione nazionale magistrati afferma di non avere intenzione di proclamare oggi uno sciopero contro le misure previste nella manovra finanziaria, ma non è escluso che si possa arrivare ad una forma di protesta così dura se "le misure nei confronti dei magistrati fossero caratterizzate da iniquità e ingiustizia sia nei confronti di altre categorie sia all'interno della stessa magistratura, con un danno soprattutto per i magistrati più giovani". Questa la posizione espressa dal segretario del sindacato delle toghe, Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del "parlamentino" convocato in via straordinaria proprio per discutere della manovra, per sabato mattina. "Non rinunciamo alla possibilità di proclamare uno sciopero - spiega Cascini - ma oggi sarebbe inopportuno farlo, data l'incertezza che vi è ancora sui testi. L'Anm dovrà protestare con fermezza e con ogni mezzo, anche con il ricorso allo sciopero, se ci saranno misure inique (taglio di stipendio, ndr). I magistrati non intendono sottrasi al proprio dovere di cittadini per contribuire a risolvere la grave crisi del Paese, ma ciò deve avvenire in termini di equità e di giustizia".

DI PIETRO - Sul fronte politico il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, da Reggio Calabria per un'iniziativa del suo partito critica la manovra: "I tagli di questa manovra sono contro il Sud. Non ci sono dubbi che esistano sacche di malaffare ma per coprire i buchi del debito pubblico si fanno pagare sempre i soliti e cioè i lavoratori del pubblico impiego e soprattutto i pensionati del Mezzogiorno". "Ci fanno pagare pure il minimo accesso alla vita - ha affermato l'ex pm - e se continua così oltre a privatizzare l'acqua questo governo tenterà di privatizzare anche l'aria che respiriamo, ed invece tutti abbiamo il diritto all'acqua perché è un bisogno naturale insopprimibile dell'essere umano".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

Il ministro dei Beni culturali

Bondi: "Bene il rigore della manovra,

ma no a tagli indiscriminati alla cultura"

"Avrei voluto concertare con Tremonti le riduzioni, ma ciò non è avvenuto"

Il ministro dei Beni culturali

Bondi: "Bene il rigore della manovra,

ma no a tagli indiscriminati alla cultura"

"Avrei voluto concertare con Tremonti le riduzioni, ma ciò non è avvenuto"

Sandro Bondi (Benvegnù)

Sandro Bondi (Benvegnù)

ROMA - Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, condivide "l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti", ma non è d'accordo "con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo". Il ministro sottolinea le "profonde riforme della cultura, come quella delle fondazioni liriche, che modificheranno definitivamente il settore. Ma no a tagli indiscriminati che non possono essere decisi se non con il mio ministero".

RAMMARICO - "Sono convinto da tempo della necessità di ridurre gli sprechi e riorganizzare interamente la cultura italiana", ha dichiarato Bondi. "Perciò mi sono trovato in totale sintonia con la decisione del ministro Tremonti e dell'intero governo di procedere a un taglio dei fondi anche della cultura. Avrei voluto tuttavia poter concertare dove intervenire e in che modo farlo per ridurre le spese. Mi rammarico che ciò non sia avvenuto".

Redazione online

29 maggio 2010

 

 

 

 

FEDERALISMO E SPESA AL SUD

I costi politici dei tagli

Riforma seria: un assetto federale serio riduce i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere

FEDERALISMO E SPESA AL SUD

I costi politici dei tagli

Riforma seria: un assetto federale serio riduce i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere

La manovra in atto sui conti pubblici non è soltanto una mossa necessaria per tranquillizzare i mercati e salvare la stabilità monetaria. È anche qualcos’altro: è una sorta di anticipazione, di prova generale, dei conflitti che si manifesteranno quando si tratterà di varare, con i decreti attuativi, il federalismo fiscale. Contenere e razionalizzare la spesa, ridurre il ruolo dell’intermediazione statale, eliminare gli sprechi? Semplice a parole, complicatissimo nei fatti. La resistenza della Lega sulla questione dell’abolizione di alcune Province è assai significativa. Così come è significativa la paura del partito berlusconiano che il blocco degli stipendi degli statali e le misure anti-sprechi possano aprire, soprattutto al Sud, grandi falle nel suo bacino elettorale.

Prendiamo il caso degli enti locali. I tagli indiscriminati, dice giustamente Luca Ricolfi (La Stampa, 28 maggio), trasmettono un senso di iniquità perché colpiscono allo stesso modo gli enti virtuosi e quelli viziosi. Verissimo, ma il fatto è che misure mirate, concentrate proprio là dove si annida lo spreco, sarebbero politicamente destabilizzanti: ovviamente, i tagli selettivi colpirebbero prevalentemente (non solo, ma prevalentemente) le istituzioni locali del Mezzogiorno. Tenuto conto che il consenso del Sud è decisivo al fine di vincere le elezioni, quale governo se li può permettere? Questa è la ragione per la quale da sempre (non solo oggi), quando si tratta di varare manovre di austerità, si ricorre a tagli e blocchi indiscriminati (alle università, agli enti locali, eccetera). Si ritiene (probabilmente, con ragione) che sia politicamente meno pericoloso permettere che un senso di iniquità si diffonda fra i virtuosi che scatenare la furibonda reazione dei viziosi. Se i tagli, infatti, si concentrassero su quei territori ed enti ove sono più forti gli sprechi dovrebbero colpirli ancor più pesantemente. È politicamente più accorto spalmare le misure restrittive su tutti, diluendone così l’impatto.

Due aspetti si sommano e frenano l’opera di razionalizzazione della spesa. C’è la volontà della politica di non rinunciare a nessuno degli strumenti locali di intermediazione di cui dispone. La Lega, con le sue posizioni in difesa delle Province o del controllo municipale sui servizi, non è diversa, sotto questo profilo, dai notabili politici meridionali: cambia solo il contesto in cui l’una e gli altri operano. E c’è poi, soprattutto, la questione del Mezzogiorno, che nessuno sa più come affrontare.

Ciò ci porta al problema del federalismo fiscale. È sempre stato presentato dai suoi sostenitori come la manna. Col federalismo fiscale, ci viene detto, si ridurranno le tasse, si razionalizzerà la spesa pubblica, migliorerà la qualità dei servizi sociali. Solo vantaggi, insomma, e nessuna controindicazione. Anche chi, come chi scrive, pensa che il federalismo fiscale sarebbe una buona cosa per il Nord, dubita fortemente che tutte queste belle conseguenze si avrebbero anche nel Centro-Sud. Per una ragione generale e per una più specifica. La ragione generale è che abitudini radicate e regole informali condizionano i comportamenti degli uomini assai più delle regole formali.

Se con le suddette abitudini e regole informali va a scontrarsi una nuova regola formale (poniamo, il federalismo) è assai probabile che quest’ultima abbia la peggio, che venga aggirata o piegata a vantaggio delle prime. Sono possibili eccezioni, naturalmente, ed è sperabile che il federalismo risulti appunto una di queste felici eccezioni. Ma lo scetticismo è lecito.

La ragione più specifica ha a che fare con le condizioni del Mezzogiorno. Il "non detto" del federalismo fiscale è che esso deve ridurre sensibilmente i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere o, quanto meno, istituire rigidi paletti: così rigidi da obbligare il Sud (ma anche alcune regioni non virtuose del Centro e del Nord), a razionalizzare la spesa, migliorando altresì la qualità dei servizi erogati ai cittadini. Ma come può avvenire questo miracolo?

Un acuto osservatore del Mezzogiorno (Massimo Lo Cicero, Il Riformista, 25 maggio) ha notato che il Sud sta all’Italia come la Grecia sta all’Unione europea. In entrambi i casi si tratta di obbligare il soggetto inadempiente a una dura disciplina. Ma c’è una cruciale differenza. Non è difficile per l’Unione emanare un diktat per obbligare il governo greco a cambiare registro (altra cosa è che il governo greco faccia davvero ciò che deve). Qui il ricatto, il diktat, è per così dire "esterno". Ma nel caso del Sud non c’è possibilità di ricatto esterno. Per il governo si tratta di incidere sulle proprie aree di consenso elettorale, rischiando di regalarle all’opposizione o al ribellismo sociale, o a entrambi.

Per il federalismo fiscale ci sono tre possibilità. Non si fa perché, a causa della crisi, non sono affrontabili i suoi costi di avvio. In tal caso, però, la stabilità del quadro politico è a rischio. La Lega, a causa della sua stessa ragione sociale, non può accettare questa soluzione. Oppure si fa un finto federalismo (tutto cambia nella forma e nulla nella sostanza: nessuno perde niente). Però anche un finto federalismo ha le sue controindicazioni.

Persino un finto federalismo costa. Può funzionare solo se si escogita qualche trucco che posponga il più possibile nel tempo il pagamento del conto (come ha fatto Obama con la riforma sanitaria). Infine, si fa un vero federalismo, sapientemente disegnato. Ma un vero federalismo non può che far saltare, per le ragioni dette, quanto meno a breve termine, gli equilibri politici nelle regioni che più dovrebbero modificare il proprio modus operandi. Chi se ne assumerà la responsabilità? Sulla carta ci sarebbe anche una quarta possibilità: si ricorre a soluzioni istituzionali diverse a seconda delle condizioni dei diversi territori (federalismo al Nord, controllo centralizzato sulla spesa al Sud). La migliore ricetta. Se non fosse per un piccolo dettaglio: è politicamente impraticabile.

Angelo Panebianco

29 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-28

il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti

Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi

La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro

Il varo dello yacht di Pier Silvio Berlusconi

Il varo dello yacht di Pier Silvio Berlusconi

MILANO - La crisi c'è, ma non per tutti. Mentre a Roma il governo varava una manovra da 24 miliardi di euro, ad Ancona è stato varato infatti il nuovo yacht da 37 metri di proprietà del vicepresidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi un "Custom line 124", da 18 milioni di euro realizzato dai cantieri del gruppo Ferretti.

IL NUOVO YACHT - Lo yacht che è dotato di 4 suite e una sala fitness può raggiungere una velocità di 27 nodi e può ospitare fino a dieci persone oltre alle sei di equipaggio. Come spiega nel dettaglio il quotidiano Romagna Oggi, si tratta della "prima unità del modello 124', nuova ammiraglia della flotta planante di Custom Line. Il maxi yacht misura oltre 37 metri ed è stato realizzato nello stabilimento produttivo di Ancona". E proprio nel capoluogo è avvenuto il tradizionale battesimo con tanto di bottiglia di spumante infranta sulla chiglia.

Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia Berlusconi e gli yacht, passione di famiglia

Altri due esemplari analoghi, già venduti, sono in produzione nei cantieri marchigiani. Il nuovo modello farà il suo debutto ufficiale al Festival de la Plaisance di Cannes, il prossimo settembre.

IL PRECEDENTE - Tre anni fa Pier Silvio Berlusconi aveva già scelto i cantieri anconetani per un altro yacht, chiamato "Suegno", della lunghezza di 30 metri e costato circa dieci milioni di euro.

Redazione online

27 maggio 2010(ultima modifica: 28 maggio 2010)

 

 

 

 

in un collegamento telefonico con Maurizio Belpietro su Canale 5

Berlusconi: "Manovra efficace senza mettere le mani nelle tasche degli italiani"

"Abbiamo rimesso barca su giusta rotta. Le critiche della Marcegaglia? Suggerisco di leggerla bene"

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Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dopo la presentazione della manovra (Afp)

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dopo la presentazione della manovra (Afp)

MILANO - "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta", dando "una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Così Silvio Berlusconi si è soffermato sulla manovra in un collegamento telefonico con Maurizio Belpietro su Canale 5 durante la trasmissione "Mattino 5". "Non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto una manovra efficace", dice il presidente del Consiglio. "Non abbiamo fatto nessuna macelleria sociale. Abbiamo solo preso provvedimenti inevitabili, poiché da anni l'Italia viveva al di sopra delle proprie possibilità". "Non ci sono stati tagli alla sanità nè alle pensioni. Abbiamo solo chiesto a chi ha maturato il diritto al pensionamento di ritardare qualche mese e abbiamo chiesto ai dipendenti pubblici un atto di consapevolezza, cioè di stare fermi un giro con gli aumenti". "Possiamo guardare con fiducia al futuro" garantisce Silvio Berlusconi. "È in atto una ripresa dei consumi, delle esportazioni, della produzione - afferma il premier - ci sono dunque segnali positivi".

FEDERALISMO - La crisi rallenterà l'attuazione del federalismo fiscale? I decreti attuativi del federalismo fiscale "ci saranno nei tempi richiesti". Il presidente del Consiglio esclude così la possibilità di ritardi legati alla crisi economica. Comunque, "per non lasciare spazio ai retropensieri -aggiunge- abbiamo deciso di varare una commissione all'interno del Pdl, che concluderà il suo esame entro l'estate".

MARCEGAGLIA - Il giornalista gli ha chiesto delle critiche da parte del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che ritiene la manovra priva di riforme strutturali e che non rilancia lo sviluppo. "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo sulla competitività economica e sostenibilità finanziaria", ribatte indirettamente il presidente del Consiglio. "Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, proprio in chiave di sviluppo - respingendo al mittente le critiche - ci sono i contratti di produttività, cioè gli aumenti di salario collegati all'incremento di efficienza delle imprese. C'è la fiscalità di vantaggio per le nuove imprese, le zone a zero burocrazia nel Sud. E soprattutto la riforma più strutturale di tutte che è il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale, oltre all'abolizione degli Enti inutili e all'accorpamento di altri".

DISSENSO NEL PDL - Argomento divisione con i finiani. "Non c'è mai stato dissenso nel governo né credo ci sarà in Parlamento: il Pdl è assolutamente compatto e lo stesso presidente della Camera ha tenuto a rimarcarlo" ha detto il premier sostenendo che "anche la Lega, come sempre alleato forte e leale, appoggia la manovra con convinzione". "Quindi - ha aggiunto - non vedo problemi".

IL MILAN - Infine il calcio: "Io non riesco a capire questa domanda" ha detto Berlusconi a Belpietro che gli chiedeva numi sull'eventualità di vendita della società rossonera. "Sono la persona che ha fatto la storia del Milan, l'ho portato a vincere più trofei di quelli che ha vinto Real Madrid. Il Milan è la squadra che ha vinto più trofei nella storia del calcio e io sono il presidente che ha vinto più trofei. Il secondo dopo di me è Bernabeu, che ha uno stadio a lui dedicato a Madrid". "Al Milan ho sempre dato molta attenzione, ho fatto molti sacrifici per il Milan - dice ancora Berlusconi - e se qualcuno pensa che la mia famiglia non abbia dato al Milan sufficienti finanziamenti dico che negli ultimi anni abbiamo sempre speso più di 50 milioni all'anno. Anche troppo mi sembra".

Redazione online

28 maggio 2010

 

 

 

Manovra correttiva e invalidi:

che cosa cambia?

Le novità riguardano anche l’attività dei medici e degli operatori coinvolti nelle fasi di accertamento, con nuove responsabilità professionali, civili e penali

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MILANO - Non esiste ancora il testo definitivo del Decreto legge ("Misure urgenti finalizzate alla stabilizzazione finanziaria e alla competitività economica") approvato dal Consiglio dei Ministri il 25 maggio scorso e presentato in conferenza stampa dal Ministro dell’economia. La Manovra approvata dal Consiglio dei Ministri ha ancora parecchia strada da percorrere prima di diventare una norma definitiva. Oltre alle modificazioni del decreto legge in sede di conversione definitiva del Parlamento, sono prevedibili ulteriori emendamenti da parte dello stesso Governo al suo stesso decreto. Dai testi non ufficiali, sembrano rientrate, per ora, le intenzioni espresse dal Ministero dell’economia che prevedevano l’introduzione di un limite reddituale massimo ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento. Ma quali sono le novità che riguarderebbero gli invalidi civili, se il testo divenisse definitivamente legge? La risposta la troviamo nell’articolo 10 (del testo non ufficiale) è quello che tratta di "Riduzione della spesa in materia di invalidità".

ASSEGNO AGLI INVALIDI PARZIALI - L’assegno mensile di assistenza è stato finora riconosciuto agli invalidi civili parziali (dal 74% al 99%) di età compresa fra i 18 e i 65 anni di età. Per ottenere l’assegno sono previste altre due condizioni: essere iscritti alle liste di collocamento e non superare il limite reddituale annuale di 4.408,95. L’importo dell’assegno è di 256,67 euro mensili (importo 2010) per un totale annuo di 3336,71 euro. La Manovra interviene sulla percentuale minima di invalidità richiesta per la concessione dell’assegno elevandola all’85% a partire dal primo giugno 2010, limite che vale solo per le nuove domande. Rimangono fermi gli altri requisiti reddituali e di inoccupazione. Pertanto un invalido all’80%, disoccupato e privo di reddito non potrà più percepire l’assegno. Rimane il dubbio sull’effettivo impatto economico, sui bilanci dello Stato, di questa misura, visto che nel 2009 i percettori di assegno mensili di assistenza erano solo 273.726 persone (fonte: INPS).

LE REVISIONI - Il Decreto legge estende l’istituto della "rettifica per errore" - già previsto per le malattie professionali e le invalidità per lavoro – anche per le prestazioni di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap, disabilità e alle prestazioni di invalidità a carattere previdenziale (cioè le pensioni di invalidità concessa in costanza di attività lavorativa). Questo significa che l’Inps potrà rettificare, in qualunque momento, le prestazioni erogate, in caso di errore commesso in sede di attribuzione, concessione o erogazione. L’Inps può procedere alla revisione entro 10 anni, decorrenti dalla data dell’originario provvedimento errato. I termini rimangono illimitati in caso di dolo o colpa grave dell’interessato, accertati giudizialmente. Questa disposizione consente un’ancora maggiore copertura normativa ai controlli, ma pone anche un dubbio giuridico di non poco conto rispetto all’efficacia della Legge 80/2006 che ha previsto che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione, siano esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap.

I MEDICI ACCERTATORI - Il decreto rafforza quanto già previsto in materia di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici ed estende alcune norme già vigenti in materia di false attestazioni o certificazioni. Le nuove disposizioni riguardano i medici che intenzionalmente attestano falsamente uno stato di malattia o di handicap da cui cui consegua il pagamento di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Se quei trattamenti economici vengono revocati per "accertata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari", il medico può essere punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. È inoltre obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità , nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione. Infine, gli organi competenti alla revoca (Commissioni di verifica) sono tenuti ad inviare copia del provvedimento alla Corte dei conti per eventuali azioni di responsabilità. Quindi, in ogni caso, i medici vengono "segnalati" alla Corte dei conti. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto (si tratta di "penale") comporta, per il medico, la radiazione dall’albo e se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione.

FALSI INVALIDI - 500 mila verifiche totali entro la fine del 2012: 100 mila nel 2010, 200 mila per il 2011 e 2012. Le effettuerà l’INPS che già ha gestito il piano straordinario nel 2009 con 200 mila controlli sulle singole posizioni degli invalidi civili. Quindi, fra il 2009 e il 2012 saranno state controllate 700 mila persone. L’operazione di controllo straordinario, si aggiunge alle routinarie attività di verifica che l’Inps dal 2004 effettua su tutti i verbali emessi dalle Aziende Usl.

ALUNNI CON HANDICAP - La Manovra entra anche nel merito delle certificazioni di "alunno con handicap" con tre evidenti convinzioni di fondo non del tutto infondate: che le attuali certificazioni siano poco precise rispetto all’indicazione della gravità e della natura delle patologie; che le successive indicazioni di necessità di sostegno educativo in realtà mascherino la necessità di assistenza alla persona che spetta agli enti locali e non all’amministrazione scolastica. Il decreto legge pertanto fissa con chiarezza l’obbligo per le Commissioni ASL di indicare nei verbali se la patologia è stabilizzata o progressiva e di specificare l’eventuale carattere di gravità dell’handicap. L’accertamento deve tener conto delle classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se questo riferimento generico alluda all’ICD (Classificazione internazionale delle malattie) o all’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e della disabilità) o a entrambi, lo si comprenderà in seguito. Nello stesso comma è precisato che la Commissione che accerta la sussistenza della condizione di handicap è responsabile di ogni eventuale danno erariale derivante da valutazioni scorrette. Novità anche per il PEI, redatto successivamente alla certificazione di alunno con handicap. Il PEI – Piano Educativo Individualizzato – è uno strumento di programmazione della vita scolastica degli alunni con disabilità: evidenzia le necessità di integrazione, le risorse necessarie e impone delle responsabilità. Prevede sia interventi di carattere scolastico che altre misure finalizzate alla socializzazione e alla riabilitazione dell’alunno. Il PEI viene redatto ogni anno dagli operatori che seguono l’alunno e può essere modificato in caso di nuove o diverse esigenze. Il decreto precisa che nel PEI deve essere "compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno, che devono essere esclusivamente finalizzate all’educazione e all’istruzione, restando a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle altre risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile richieste dal piano educativo individualizzato".

Carlo Giacobini

28 maggio 2010

 

 

 

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

"Io non ho potere, i gerarchi sì"

Al vertice Ocse di Parigi il premier recita una frase del Duce: "Posso solo decidere dove far andare il cavallo"

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

"Io non ho potere, i gerarchi sì"

Al vertice Ocse di Parigi il premier recita una frase del Duce: "Posso solo decidere dove far andare il cavallo"

PARIGI - "Io non ho nessun potere, magari lo avevo da imprenditore, ma oggi non ce l'ho". Al vertice Ocse di Parigi Silvio Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini e parte da un ragionamento sulla manovra economica e sulla crisi per ribadire che non ha potere. "Chi è nella posizione di capo del governo di potere vero non ne ha praticamente nulla - ha detto il premier durante una conferenza stampa -. Oso citarvi una frase di colui che era ritenuto un grande e potente dittatore, e cioè Benito Mussolini. Nei suoi diari ho letto recentemente questa frase: "dicono che ho potere, non è vero, forse ce l'hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento"". "Quindi - ha concluso il premier - il potere, se esiste, non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governi dei vari Paesi".

"CONSENSO AL 60%" - Berlusconi ha poi parlato della manovra varata dal governo, sottolineando che comunque non ha scalfito il consenso nei suoi confronti: "Mi trovo in una situazione atipica perché pur avendo fatto una manovra di sacrifici i sondaggi dicono che il mio gradimento è oltre il 60%. Io sono oggi al servizio della democrazia, di tutto e di tutti, mi possono criticare e insultare".

TRE NUOVE ADESIONI - La riunione ministeriale annuale dell'Ocse si svolge sotto la presidenza italiana di Berlusconi. È presente anche il ministro dell’Economia Tremonti. Dopo il vertice il premier ha avuto un colloquio bilaterale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quindi Berlusconi ha raggiunto l'ambasciata italiana per una cena di lavoro con i partecipanti al vertice. La ministeriale sancisce l'adesione all'Ocse di tre nuovi Paesi (Estonia, Slovenia e Israele) e riunisce i ministri di area economica di 40 Paesi, che rappresentano l'80% circa dell'economia mondiale: i 30 tradizionali membri Ocse, a cui si aggiungono Cile, i tre nuovi componenti e alcuni grandi Stati emergenti che stanno negoziando l'ingresso nell'organizzazione, ovvero Russia, Brasile, Cina, India, Indonesia e Sudafrica. All'ordine del giorno il problema dell'occupazione durante la fase di uscita dalla crisi, i metodi e i contenuti della nuova regolamentazione della finanza internazionale e il ruolo che educazione e innovazione possono avere nella ripresa e nella costruzione di una crescita durevole e sostenibile.

Redazione online

27 maggio 2010(ultima modifica: 28 maggio 2010)

 

 

 

il presidente della Camera Fini parla a un gruppo di giovani riuniti a Montecitorio

Fini: "In Italia non c'è dittatura

ma altre insidie: nella Carta gli antidoti"

"La Costituzione garanzia di unità nazionale. Ma non è un testo sacro, può essere migliorata"

il presidente della Camera Fini parla a un gruppo di giovani riuniti a Montecitorio

Fini: "In Italia non c'è dittatura

ma altre insidie: nella Carta gli antidoti"

"La Costituzione garanzia di unità nazionale. Ma non è un testo sacro, può essere migliorata"

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini all'assemblea annuale di Confindustria (Ansa)

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini all'assemblea annuale di Confindustria (Ansa)

MILANO - "Oggi non c'è una dittatura che ci minaccia, ma ci sono altre insidie. La Costituzione contiene comunque gli antidoti per combattere questi rischi". Dopo le polemiche sulla citazione di Mussolini fatta dal premier Berlusconi all'Ocse, Gianfranco Fini si rivolge così ai giovani riuniti nell'aula di Montecitorio per le assistere alle "lezioni di Costituzione, dalle aule parlamentari alle aule di scuola". "La libertà, come tutti i valori, - secondo il presidente della Camera - non basta averla conquistata una volta, ma bisogna conquistarla ogni giorno perché nessun bene è suscettibile di conquista definitiva. Ogni generazione deve dare la sua prova: non c'è una dittatura che minaccia la libertà ma ci sono altre insidie. Nella Costituzione, però, ci sono gli antidoti culturali per combattere quelle insidie".

"LA COSTITUZIONE NON È UN TESTO SACRO" - "La nostra Costituzione - ha detto il presidente della Camera - è garanzia di unità nazionale" . "Ma non è un testo sacro - ha aggiunto, non è un totem polveroso e intoccabile, ma un codice aperto di convivenza civile che tutti possiamo e dobbiamo migliorare". Citando Italo Calvino, secondo il quale i classici della letteratura non finiscono mai di dirci quello che vogliono dire, Fini ha poi sottolineato che anche la Costituzione "ha una tale densità di valori che , se letta in profondità, è sempre in grado di rispondere ai tanti interrogativi del nostro tempo. Per questo è sempre viva ed attualissima".

Durante la lezione sulla Costituzione, il leader di Montecitorio ha citato i dati Istat invitando gli studenti a non "rassegnarsi ai due milioni di giovani che fanno vita di famiglia senza studiare né lavorare". "Il nostro - ha aggiunto - è un paese con un passato difficile e che sta vivendo un momento pieno di incognite, ma grazie alla Costituzione valori importanti per superare tutto questo si sono radicati".

Redazione online

28 maggio 2010

 

 

 

 

Conti pubblici - Il caso

La fuga degli statali

per salvare la liquidazione

Corsa al pensionamento per evitare il pagamento a rate previsto dalla manovra

Conti pubblici - Il caso

La fuga degli statali

per salvare la liquidazione

Corsa al pensionamento per evitare il pagamento a rate previsto dalla manovra

ROMA —Il testo definitivo dei provvedimenti che comporranno la manovra di aggiustamento dei conti pubblici non c’è ancora, ma i suoi effetti si sentono già. Nel settore pubblico è partita una corsa forsennata al pensionamento. Negli uffici e nei corridoi dei ministeri e delle altre amministrazioni non si parla d’altro. In particolare nella scuola, ma anche fra i magistrati e negli enti pubblici. Davanti agli uffici che distribuiscono i prospetti pensionistici, in qualche momento si è formata la coda, magari anche solo per chiedere informazioni. Tutti vogliono capire quanto prenderebbero andando via ora, evitando così la rateizzazione della buonuscita (fino a tre anni) prevista dal decreto legge che arriverà in Gazzetta Ufficiale la prossima settimana.

Per riuscire a scansare la penalizzazione bisognerà che le domande siano state accolte prima che le nuove norme entrino in vigore. Solo così si potrà ottenere la liquidazione in un’unica soluzione come è stato finora. Molti lavoratori non sanno bene cosa fare. Da un lato vorrebbero evitare la tagliola sulla buonuscita dall’altro temono che, una volta presentata la domanda di pensione, siano costretti a lasciare il lavoro anche se la norma dovesse subire modifiche o magari essere cancellata durante l’esame parlamentare. È facile prevedere infatti che su questa parte della manovra saranno presentati molti emendamenti e si scateneranno molte pressioni per rivedere la norma. In soli tre giorni le domande di pensione presentate o preannunciate sono aumentate in modo esponenziale. Secondo le disposizioni contenute nel decreto all’esame del Quirinale solo le liquidazioni inferiori a 4 volte il minimo, cioè a circa 24 mila euro, verrebbero pagate in un’unica soluzione. Ma in questo caso non ricade quasi nessuno perché una buonuscita dopo 35-40 anni di servizio supera molto spesso i 50 mila euro e quindi, secondo la manovra, verrebbe pagata in tre anni.

La rateizzazione prevede infatti che per gli importi tra 24 e 48 mila euro il versamento avvenga in due anni (per esempio 24 mila il primo anno e 24 mila il secondo) e sopra i 48 mila in tre anni. Non solo. Dal 2011 in poi (pro rata) le annualità di servizio verrebbero calcolate ai fini della buonuscita con gli stessi criteri del Tfr (lavoratori privati), cioè con un’aliquota del 6,91%, anziché col più vantaggioso sistema del Tfs (dipendenti pubblici) dove viene computato l’80% dell’ultimo stipendio per gli anni di servizio. Con queste misure lo Stato risparmierebbe tra un miliardo e un miliardo e mezzo all’anno. Ma forse, a questo punto, i calcoli andranno rifatti, perché davanti a un massiccio esodo bisognerebbe considerare un maggior risparmio in termini di retribuzioni, ma anche una più forte spesa pensionistica. Il tam tam delle voci sta spingendo alla presentazione delle domande migliaia e migliaia di dipendenti dell’Inps, dell’Inail, dell’Inpdap e degli altri enti previdenziali, dove le informazioni corrono velocemente e vengono valutate in tutte le loro conseguenze sulla busta paga e sulle prospettive di pensione.

Valutazioni che stanno facendo anche i dirigenti di tutte le amministrazioni, che al danno subito sulla buonuscita aggiungono quello sulla retribuzione, che dal 2011 verrà tagliata del 5% per la parte eccedente 90 mila euro e del 10% sopra i 130 mila. Decine di direttori generali, capi dipartimento e dirigenti, anche di seconda fascia, e ispettori capo ieri hanno presentato domanda di pensione. Solo tra i dipendenti del Csm (Consiglio superiore della magistratura) sono state 5 le domande depositate. In Corte di Cassazione hanno deciso di lasciare un paio di consiglieri e dicono che qualche decina potrebbe presto seguirli. All’Inps c’è allarme perché, su 27 mila dipendenti, quasi un terzo ha i requisiti per andare in pensione di anzianità o di vecchiaia. Su circa 1.200 dirigenti, se ne andassero via alcune centinaia, l’ente entrerebbe in crisi, anche perché accanto alla fuga verso la pensione bisogna considerare l’effetto della proroga del blocco del turn over, contenuta nella stessa manovra, che consente l’assunzione di non più di due lavoratori ogni dieci che vanno in pensione.

Enrico Marro

28 maggio 2010

 

 

 

 

"NONOSTANTE la MANOVRA DI SACRIFICI il MIO gradimento è AL 60%"

Berlusconi cita i diari di Mussolini

"Io non ho potere, i gerarchi sì"

Al vertice Ocse di Parigi il premier recita una frase del Duce: "Posso solo decidere dove far andare il cavallo"

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PARIGI - "Io non ho nessun potere, magari lo avevo da imprenditore, ma oggi non ce l'ho". Al vertice Ocse di Parigi Silvio Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini e parte da un ragionamento sulla manovra economica e sulla crisi per ribadire che non ha potere. "Chi è nella posizione di capo del governo di potere vero non ne ha praticamente nulla - ha detto il premier durante una conferenza stampa -. Oso citarvi una frase di colui che era ritenuto un grande e potente dittatore, e cioè Benito Mussolini. Nei suoi diari ho letto recentemente questa frase: "dicono che ho potere, non è vero, forse ce l'hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento"". "Quindi - ha concluso il premier - il potere, se esiste, non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governi dei vari Paesi".

"CONSENSO AL 60%" - Berlusconi ha poi parlato della manovra varata dal governo, sottolineando che comunque non ha scalfito il consenso nei suoi confronti: "Mi trovo in una situazione atipica perché pur avendo fatto una manovra di sacrifici i sondaggi dicono che il mio gradimento è oltre il 60%. Io sono oggi al servizio della democrazia, di tutto e di tutti, mi possono criticare e insultare".

TRE NUOVE ADESIONI - La riunione ministeriale annuale dell'Ocse si svolge sotto la presidenza italiana di Berlusconi. È presente anche il ministro dell’Economia Tremonti. Dopo il vertice il premier ha avuto un colloquio bilaterale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quindi Berlusconi ha raggiunto l'ambasciata italiana per una cena di lavoro con i partecipanti al vertice. La ministeriale sancisce l'adesione all'Ocse di tre nuovi Paesi (Estonia, Slovenia e Israele) e riunisce i ministri di area economica di 40 Paesi, che rappresentano l'80% circa dell'economia mondiale: i 30 tradizionali membri Ocse, a cui si aggiungono Cile, i tre nuovi componenti e alcuni grandi Stati emergenti che stanno negoziando l'ingresso nell'organizzazione, ovvero Russia, Brasile, Cina, India, Indonesia e Sudafrica. All'ordine del giorno il problema dell'occupazione durante la fase di uscita dalla crisi, i metodi e i contenuti della nuova regolamentazione della finanza internazionale e il ruolo che educazione e innovazione possono avere nella ripresa e nella costruzione di una crescita durevole e sostenibile.

Redazione online

27 maggio 2010

Dalla platea nessuna reazione. Il premier: "Bene, ma allora non criticate più"

"Volete Emma ministro?". Gelo in sala

Berlusconi cerca l'appoggio degli imprenditori per convincere la Marcegaglia ad entrare nel governo

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Silvio Berlusconi e Emma Marcegaglia (Lapresse)

Silvio Berlusconi e Emma Marcegaglia (Lapresse)

ROMA - Il presidente del Consiglio ci ha riprovato, ma anche questa volta gli è andata male. Dopo avere chiesto già nei giorni scorsi in privato alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, di entrare a far parte della squadra di governo andando ad occupare la poltrona dello Sviluppo economico lasciata vacante dal dimissionario Claudio Scajola, Berlusconi ha voluto cogliere l'occasione dell'assemblea di Confindustria per tornare alla carica con la numero uno di viale dell'Astronomia. E questa volta, pubblicamente.

"ALZATE LE MANI" - "Quando ti ho fatto la proposta di entrare a far parte dell'esecutivo - ha detto il Cavaliere, rivolgendosi alla leader degli industriali con il consueto "tu" -, mi hai risposto che tra i tuoi dubbi c'era la possibile reazione degli ambienti di Confindustria. Bene, possiamo fare subito una prova". Rivolgendosi alla platea, il premier ha chiesto agli industriali quanti di loro avrebbero gradito una partecipazione diretta della Marcegaglia all'azione dell'esecutivo: "Alzi la mano chi vedrebbe bene Emma ministro". Quello che nella mente del premier avrebbe dovuto essere forse un coup-de-théâtre, ovvero un'acclamazione popolare da cui la presidente di Confindustria non avrebbe di fatto potuto sottrarsi, però non c'è stato: le mani alzate sono state pochissime, giusto un paio quelle che le telecamere sono riuscite ad inquadrare nella panoramica sulla sala. Pronta allora la replica di Berlusconi: "Nessuno? Bene, però non lamentatevi più di coloro che sono al governo e cercano di mettere in ordine i conti disastrati ereditati dal passato".

Al. S.

27 maggio 2010

2010-05-27

"Siamo tornati ai livelli del 1985, sono andati persi cento trimestri". Appello del Papa

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La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)

MILANO - Per l’Italia il bilancio della crisi economica è "pesantissimo". E si traduce nella perdita, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, "di quasi sette punti di Pil e oltre 700mila posti di lavoro". Non solo: "Il ricorso alla cassa integrazione guadagni è aumentato di sei volte". Male anche la produzione industriale, "crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: cento trimestri bruciati. In alcuni settori l’attività produttiva si è dimezzata". A dipingere con tratte fosche lo scenario economico italiano è la presidente degli industriali italiani, Emma Marcegaglia. Per la numero uno di confindustria "è in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo. Ma su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque, non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo. Uno scenario davvero poco incoraggiante".

"NON SI CRESCE CON IL DEBITO" - L'intervento della Marcegaglia arriva all'indomani della presentazione, da parte del premier Silvio Berlusconi e del ministro Giulio Tremonti, della manovra correttiva da 24 miliardi. Un provvedimento, quello adottato dall'esecutivo, che secondo gli industriali "traccia il ridimensionamento della spesa pubblica" che però "va reso strutturale". La leader confindustriale ha spiegato che "la via al risanamento deve essere il taglio delle spese" e questo perché "non si cresce con la spesa e il debito pubblico".

"LA POLITICA DIA L'ESEMPIO" - Per Confindustria, poi, se si chiedono sacrifici al paese allora la politica deve essere la prima a dare l’esempio e ridurre "per prima ed energicamente i suoi privilegi". "E’ arrivato il momento nel quale i politici italiani, dal Parlamento e giù giù sino all’ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le dotazioni per le loro segreterie e collaboratori, disboschino esenzioni e agevolazioni - ha esortato Marcegaglia - La sforbiciata data con la Finanziaria agli enti e ai costi della politica è sacrosanta ma è solo un buon inizio". La diminuzione del 10% delle indennità dei membri del governo, guardata da un’ottica internazionale, è a suo giudizio, "un timido esordio". "E’ assolutamente opportuno -ha aggiunto - che vi si adeguino gli organi costituzionali. Le rinunce devono essere fatte da tutti". Inoltre la presidente chiede una razionalizzazione delle Province "il cui numero, secondo i programmi del governo, doveva diminuire. Ne è stata annunciata l’eliminazione di 10 di esse. È un inizio ma è troppo poco". Critiche anche alle poltrone nelle società pubbliche locali, oltre 25mila: "Sono soprattutto questione di potere, distribuzione di cariche, elargizione di compensi, clientelismo, e a lungo andare, di vera e propria corruzione".

IL MESSAGGIO DI NAPOLITANO - Agli industriali ha fatto arrivare un proprio messaggio anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tornato sull'esigenza di una politica condivisa in questa fase difficile per l'economia italiana e internazionale: "Compio ogni sforzo, come è mio dovere, per rappresentare e valorizzare quel che unisce l'Italia - ha detto il Capo dello Stato -, affinchè ciò prevalga su ogni esasperazione di pur legittime distinzioni di interessi e di posizioni politiche". E ancora: "Occorre una maggiore consapevolezza, in tutte le sfere sociali e in tutte le parti politiche, della portata delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare insieme con l'Europa". Napolitano ha sottolineato che in questo momento "sono in gioco non solo esigenze particolari, settoriali e immediate ma scelte di medio e lungo periodo, cui è legato il futuro del paese e delle giovani generazioni e che richiedono perciò il massimo di comprensione e- senza soffocare la dialettica della vita democratica- di condivisione, almeno nell'individuare obiettivi e grandi linee da perseguire con la necessaria coesione e continuità".

PAPA: "SALVAGUARDARE OCCUPAZIONE"- Nel frattempo, arriva l'appello di Benedetto XVI "ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale", sottolineando comunque che in Italia "crisi culturale e spirituale" è altrettanto seria di quella economica". Il Papa lo ha detto parlando ai vescovi italiani riuniti in Vaticano nella loro 61esima assemblea generale: per il Pontefice, "alla Chiesa, infatti, sta a cuore il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economiche e intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese".

Redazione online

27 maggio 2010

 

 

e i comuni delle province abolite potranno scegliere a quale territorio aderire

Manovra, le novità dell'ultimo momento

Fiscalità agevolata per i premi aziendali, blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici a partire dal 2011

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Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi (Afp)

Da sinistra a destra Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi (Afp)

MILANO - La manovra varata dal governo riserva ancora qualche sorpresa. Nel testo ufficiale del decreto ci sono infatti anche alcuni aspetti che non erano stati ancora comunicati ufficialmente.

FISCO AGEVOLATO SUI PREMI AZIENDALI - Arriva il "contratto alla tedesca" per i lavoratori italiani: il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai "premi" dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Lo prevede - secondo il testo in possesso dell'agenzia Ansa - un articolo contenuto nel testo finale della manovra che, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali.

Nel 2011 - è stabilito nella norma - sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef "le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale". La "determinazione del sostegno fiscale e contributivo" sarà definito dal governo, sentite le parti sociali.

I CRITERI DI SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE - Bisognerà attendere invece quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. Il testo del decreto all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti". Le norme danno facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e poi saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

TAGLI AGLI STIPENDI - Piccoli aggiustamenti anche sul fronte dei tagli agli stipendi degli statali. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il "congelamento" dei trattamenti vale anche per "il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche". Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo "in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale" prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici non consentirà inoltre ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Il testo prevede che "la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto" e che "i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati" dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal "taglio" sono salve le forze di polizia e i vigili del fuoco.

COLLABORATORI DEI MINISTRI - I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. "Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel testo - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennità".

RINCARANO I PEDAGGI AUTOSTRADALI - Arrivano i rincari sulle autostrade, ma solo per quelle collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas. La maggiorazione sarà di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, "a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto". L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria. Passeranno a pedaggio anche le autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria.

Redazione online

27 maggio 2010

 

 

 

"Uscite fuori controllo dopo che il centrosinistra ha affidato la Sanità alle Regioni"

Il governo e la manovra da 24 miliardi

"Misure inevitabili, si è speso troppo"

Berlusconi: per anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Ora lotta all'evasione e ai costi inutili

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Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier, Silvio Berlusconi (Eidon)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il premier, Silvio Berlusconi (Eidon)

ROMA - C'è una crisi "provocata dalla speculazione" e tutti i Paesi europei, Italia compresa, "hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità". Il premier Silvio Berlusconi ha esordito così alla presentazione della manovra correttiva da 24 miliardi di euro in due anni, la cui illustrazione è in corso a Palazzo Chigi. Una manovra "che ci viene chiesta dall'Europa" perchè "salvare l'Euro significa salvare le famgilie e le imprese e in tutta Europa non c'è diversità di obiettivi".

"COLPA DELLA SINISTRA" - Quanto alla situazione italiana, il capo del governo ha individuato le responsabilità del forte deficit nei governi del passato: "quelli consociativi della Prima Repubblica" e "quello di sinistra che dieci anni fa approvò la riforma del titolo V della Costituzione dando alle Regioni un potere di spesa sganciato dalla realtà". Una riforma, quella varata dall'allora centrosinistra con un voto risicato (solo quattro consensi di scarto), "che si è rivelata dissennata e ha fatto esplodere la spesa sanitaria soprattutto nelle regioni del Sud".

"EQUILIBRATI E INEVITABILI" - A questo punto, ha detto Berlusconi, "si deve cercare una soluzione". Di qui i nuovi provvedimenti annunciati dal governo, che per il presidente del Consiglio sono al tempo stesso "equilibrati" e "inevitabili": equilibrati perché si chiede di più a chi può di più e a chi ha evaso maggiormente; e inevitabili perché fino ad oggi si è andati avanti spendendo più delle proprie risorse appesantendo così il debito. E con una spesa sociale, ha evidenziato il Cavaliere, che nel tempo si è trasformata in spesa assistenziale.

SACRIFICI NEL PUBBLICO IMPIEGO - Le misure, dunque. I 24 miliardi della manovra sono ripartiti in due anni. "Puntiamo soprattutto sulla riduzione della spesa pubblica e sulla lotta all'evasione fiscale - ha evidenziato Berlusconi -. E non abbiamo aumentato le tasse perché l'obiettivo resta quello di ridurle". Il numero uno di Palazzo Chigi non ha nascosto di chiedere "un atto di responsabilità" in particolare ai dipendenti pubblici, "perché negli ultimi anni i loro redditi sono aumentati più di quelli dei privati e poi perché godono del vantaggio della tutela del posto di lavoro e non rischiano cassa integrazione o riduzione di stipendio come invece accade nel settore privato". Per questo, è il ragionamento, spetta loro uno sforzo maggiore.

"PENSIONI TUTELATE" - Berlusconi ha poi confermato che "le pensioni sono tutelate e garantite" e che "chiediamo solo a chi si accinge di andare in pensione di restare al lavoro qualche mese di più". Poi il ruolo degli enti pubblici: "A loro chiediamo di ridurre le spese meno produttive, ma in cambio daremo loro beni demaniali che potranno valorizzare e generare nuove risorse, dando così ulteriore attuazione al federalismo fiscale". Infine il premier ha enfatizzato l'incremento della lotta all'evasione fiscale, che in Italia comporta l'equivalente 120 miliardi di euro di mancato introito: aumenteranno i controlli, ha spiegato Berlusconi, e si farà in modo di recuperare lo squilibrio che vede in alcune Regioni sacche di evasioni ormai incontrollate. Mentre in Calabria l'evasione è dell'85% ha fatto notare, in Lombardia la percentuale scende al 12%. Tra le misure adottate in questo ambito, l'abbassamento del tetto per la tracciabilità nell'uso del denaro contante da 12.500 a 5 mila euro.

"TUTTI NELLA STESSA BARCA" - Il premier ha infine sottolineato la necessità di un lavoro che trovi punti di convergenza anche con l'opposizione. "Ringrazio il presidente Napolitano per l'esortazione ad una manovra condivisa - ha sottolineato - . Facciamo nostra questa esortazione: siamo tutti nella stessa barca, che andrà avanti e supereremo anche questa situazione. Io sono un inguaribile ottimista e ne sono convinto".

TREMONTI: "ZERO IRAP PER CHI INVESTE" - Berlusconi ha poi passato la parola a Tremonti per gli aspetti più tecnici della manovra. Un testo, ha detto il ministro, "molto complesso, fatto di 54 articoli divisi su tre capi e che presentiamo in due parti una relativa alla competitività economica e una parte sulla sostenibilità finanziaria". Tremonti ha indicato tra gli obiettivi il collegamento di incrementi salariali e produttività, "perché è di interesse pubblico" e per questo motivo "vogliamo dare un premio fiscale e contributivo perchè se c'è un problema del nostro paese è quello della produttività". Ha poi voluto evidenziare il "dividendo positivo del federalismo", ovvero "la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno". "Siamo convinti - ha detto Tremonti - che possono dire di sì a un'ipotesi che non è un regime differenziale tra nord e sud ma un anticipo di quello che sarà poi al nord: cioè 'zero Irap' per i nuovi insediamenti produttivi".

Redazione online

26 maggio 2010(ultima modifica: 27 maggio 2010)

 

 

 

 

Ma Formigoni: troppi sacrifici per le Regioni. Chiusura da Pd e Idv: solo parole

"E' equilibrata". "No, pagano i deboli"

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"E' equilibrata". "No, pagano i deboli"

Le reazioni alla manovra da 24 miliardi illustrata da Berlusconi e Tremonti. Bossi: non muore nessuno

ROMA - "Sapevo che era pesante ma questa manovra era necessaria ed è abbastanza equilibrata.È una buona manovra, non muore nessuno. Poi vediamo ora che passa in commissione quali saranno le cose che metteranno dentro". Il commento è di Umberto Bossi, leader della Lega ed esponente di peso del governo, che giudica positivo il lavoro portato a termine da Tremonti nel definire i contorni dell'intervento di correzione dei conti pubblici. E un altro ministro, Maurizio Sacconi, nel corso di Porta a Porta ha sottolineato che "questa manovra crea un clima nuovo e più responsabile, è finita un'era nel rapporto tra cittadini e fisco e rispetto alle possibilità di spesa di uno Stato".

"C'E' SQUILIBRIO" - Berlusconi ha parlato di un intervento necessario e ha spiegato che una delle linee di azione sarà la riduzione della spesa improduttiva degli enti locali. E proprio uno dei più influenti governatori del Pdl, Roberto Formigoni, che a Palazzo Grazioli ha incontrato il premier assieme ad altri governatori del centrodestra, fa sapere che "Silvio Berlusconi ha ascoltato brevemente le nostre osservazioni sulla manovra, il governo già ieri aveva dichiarato la sua disponibilità a un confronto e nei prossimi giorni avremo una discussione sui numeri, sulle cifre". Per il capo della giunta lombarda, "la manovra è necessaria" ma è altrettanto importante "riequilibrare" gli sforzi chiesti alle varie componenti del Paese e, in particolare, quelli imposti alle Regioni. "Tutti - ha detto Formigoni - siamo pronti a fare la nostra parte ma c'è squilibrio" se guardiamo ai tagli chiesti alle Regioni e dunque, nei prossimi giorni, sarà necessario rivedere alcuni capitoli della manovra che saranno oggetto "di un confronto tecnico".

LE OPPOSIZIONI - Del tutto negativo, sul fronte opposto, il giudizio delle opposizioni. "Non è vero che non c'è alternativa alla manovra varata dal governo - ha fatto notare Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd -. L'alternativa c'era e c'è. All'avvio della legislatura, si doveva evitare l'impennata della spesa per acquisto di beni e servizi dei ministeri, aumentata di 12 miliardi in 2 anni, con un salto del 14%. Si doveva evitare di buttare 3 miliardi di euro nel pozzo di Alitalia".E ancora: "Si doveva evitare di eliminare le misure anti-evasione, alcune delle quali oggi vengono reintrodotte, e perdere 7-8 miliardi di gettito Iva e Irpef. Una diversa gestione della finanza pubblica, insieme a riforme strutturali a sostegno della crescita oggi avrebbe evitato una mazzata che, colpendo Regioni, Province e Comuni, colpisce tutti i lavoratori, pubblici e privati, le piccole imprese, le famiglie, gli anziani. Invece, per gli evasori misure propagandistiche e in premio l'ennesimo condono. L'Unione Europea e la crisi greca sono la foglia di fico - ha concluso Fassina - per giustificare interventi che servono a compensare i fallimenti del governo, frutto di precise ed irresponsabili scelte politiche". "Annunci, promesse, bugie, il solito ottimismo da quattro soldi, il solito disco rotto per nascondere tagli feroci allo stato sociale, alle regioni, ai dipendenti pubblici, ai ministeri indiscriminatamente - ha invece evidenziato Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Idv -. Nessun pudore da parte di chi dal ’94 ha promesso di diminuire le tasse e che ancora una volta le aumenterà per porre freno a una crisi che fino ad oggi aveva irresponsabilmente negato".

26 maggio 2010

 

 

LA SCHEDA

La manovra: ecco le misure

Le principali norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

LA SCHEDA

La manovra: ecco le misure

Le principali norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

MILANO - Dalla partecipazione dei Comuni alla lotta all'evasione fiscale, alla denuncia delle 'case fantasma', alla stretta sul contrasto al fenomeno delle imprese 'apri e chiudi', fino al codice fiscale per i non residenti e alle misure antiricilcaggio: sono solo alcune delle norme del pacchetto fiscale varato dal Governo.

Ecco quali sono le principali misure:

- PARTECIPAZIONE DEI COMUNI ALLA LOTTA ALL'EVASIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA: gli enti locali con popolazione superiore ai 5mila abitanti devono costituire il Consiglio tributario che ha l'obbligo di segnalare elementi utili per integrare quanto dichiarato dai contribuenti.

- CASE FANTASMA: entro il 31 dicembre 2010 i titolari dei fabbricati non censiti hanno l'obbligo di denunciare l'immobile e farlo accatastare.

- ANTIRICICLAGGIO: la soglia sopra la quale è obbligatorio effettuare pagamenti con assegni non trasferibili o bonifici scende da 12.500 a 5mila euro.

- COMUNICAZIONE TELEMATICA ALL'AGENZIA DELLE ENTRATE: è obbligatorio comunicare telematicamente le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per importi non inferiori a 3mila euro.

- REDDITOMETRO: Viene aggiornato. Entrano nuovi indicatori per risalire dal tenore di vita al reddito guadagnato. Se lo scostamento tra reddito dichiarato e quello presunto supera il 20% (finora il 25%) l'Agenzia delle Entrate può avviare una contestazione.

- FRODI INTRA-UE: la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie passa attraverso l'autorizzazione da parte degli uffici dell'Agenzia delle Entrate.

- IMPRESE 'APRI E CHIUDI' E IN PERDITA SISTEMICA: su di esse verranno pianificati controlli ad hoc in quanto sono a particolare rischio di frodi (false fatturazioni o frodi carosello).

- CODICE FISCALE NON RESIDENTI: i cittadini non residenti devono indicare il proprio codice fiscale all'apertura dei rapporti presso un operatore finanziario, ad esempio per conti correnti.

- CARTELLA IN SOFFITTO, ACCERTAMENTO È PRONTA CASSA: Si accelera la riscossione dell'evasione scovata nei controlli. Va in soffitta la cartella di pagamento per i tributi dovuti all'Agenzia delle entrate. Dall'1 luglio 2011 l'avviso di accertamento del fisco infatti costituirà titolo esecutivo.

- PRESTAZIONI SOCIALI AGEVOLATE: il contrasto alla loro percezione indebita sarà più efficace attraverso una centralizzazione informativa presso l'Inps.

- STOCK OPTION E BONUS: è introdotta un'ulteriore stretta su quelli percepiti da dipendenti e collaboratori del settore finanziario.

- POTENZIAMENTO SERVIZI TELEMATICI: quelli dell'amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali vengono estesi e viene anche potenziato l'uso della Posta elettronica certificata.

- CONGUAGLIO CANONE RAI: viene introdotta a favore dei pensionati con redditi non superiori ai 18mila euro la possibilità di rateizzare l'imposta dovuta a conguaglio e il pagamento del canone Rai in 11 rate senza interessi. (Fonte Ansa).

26 maggio 2010

 

 

 

 

Il documento - Le misure del governo

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

Il documento - Le misure del governo

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

PACCHETTO SVILUPPO

Rifinanziamento opere infrastrutturali

Il programma delle infrastrutture strategiche e il MO.S.E., nel limite massimo di 400 milioni di euro, sono rifinanziati mediante le risorse recuperate dai mutui accessi da cassa Depositi e prestiti con enti pubblici e da questi non utilizzati.

Fiscalità di vantaggio per il Sud

Nell’ambito del federalismo fiscale, alle Regioni del Sud viene trasferito il potere impositivo in materia di Irap per le nuove imprese. Le Regioni potranno quindi determinare l’aliquota dell’imposta fino ad azzerarla.

Attrazione delle imprese europee

Le imprese di Paesi membri dell’Unione europea che avviano iniziative economiche in Italia potranno scegliere il regime tributario di un qualsiasi paese dell’Unione.

Reti di imprese

Sono attribuiti vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari alle aziende appartenenti a reti di imprese riconosciute.

Zone a burocrazia zero.

Possono essere istituite nel Sud zone a burocrazia zero nelle quali le nuove iniziative economiche godono di semplificazioni amministrative: i procedimenti sono conclusi con provvedimento del Prefetto ovvero attraverso meccanismi di silenzio assenso.

Rientro dei cervelli.

Sono previste norme di incentivazione fiscale per i ricercatori residenti all’estero che vengono a svolgere la loro attività in Italia acquistando la residenza fiscale.

PACCHETTO TAGLI

COSTI DELLA POLITICA

A partire dal 1° gennaio 2011 sono ridotti del 10% il trattamento economico dei ministri e dei sottosegretari che non siano membri del Parlamento nazionale e i compensi dei componenti degli organi di autogoverno (Csm, Consigli di presidenza della giustizia amministrativa, contabile, tributaria, militare, consiglio di giustizia della Regione Siciliana) e del Cnel. E’ effettuata una riduzione dei rimborsi per le spese elettorali a favore dei partiti politici. Il taglio decorre dal primo rinnovo di Senato, Camera, Parlamento europeo e Consigli regionali. I titolari di cariche elettive che ricoprono anche incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni, hanno diritto al solo rimborso delle spese sostenute e, ove previsti, i gettoni di presenza non possono superare i 30 euro a seduta. Tutti i risparmi realizzati a partire dal 2011, nell’esercizio delle loro prerogative, dagli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Corte costituzionale) e dalle regioni (attraverso tagli ai trattamenti economici di governatori, assessori e consiglieri regionali) andranno ad alimentare un apposito fondo. L’apporto di ciascun organo verrà indicato distintamente. I consiglieri comunali e provinciali percepiranno un’indennità di funzione onnicomprensiva comunque non superiore ad un quinto di quella massima del sindaco o del presidente della provincia. Inoltre le indennità previste per gli stessi saranno diminuite, per un periodo non inferiore a tre anni, del 3% per i Comuni fino a 15.000 abitanti e per le province fino a 500.000 abitanti, del 7% per Comuni fino a 250.000 abitanti e per le province tra 500.000 e 1.000.000 di abitanti e del 10% per tutti gli altri. Sono esclusi i Comuni con meno di 1.000 abitanti. Nessuna indennità o retribuzione possono avere i consiglieri circoscrizionali nonché gli amministratori di Comunità montane, unioni di Comuni, enti territoriali che gestiscono servizi e funzioni pubbliche.

COSTI DELL’AMMINISTRAZIONE

Per il triennio 2001-2013 è stabilito un taglio del 10% delle dotazioni dei Ministeri che questi potranno modulare nell’ambito del proprio bilancio. Sono escluse le risorse ordinarie per l’università e quelle destinate all’informatica, alla ricerca e al 5 per mille. Ulteriori riduzioni di spesa sono prescritte per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i ministeri senza portafoglio. Dall’entrata in vigore del decreto, la partecipazione agli organi collegiali ministeriali e degli enti statali (con l’eccezione delle Commissioni tributarie) è onorifica. Gli eventuali gettoni di presenza non possono superare i 30 euro. Identica regola vale per la partecipazione ad organi collegiali di enti anche privati che ricevono contributi pubblici. La violazione di questa norma comporta la responsabilità erariale, la nullità degli atti e, per gli enti privati, la sospensione dei contributi. Da questa misura sono esclusi, tra gli altri, Università, Camere di commercio, enti del Servizio sanitario nazionale, Enti previdenziali e assistenziali nazionali. Taglio del 10% delle indennità, compensi, gettoni e altri pagamenti corrisposti dalle Pubbliche amministrazioni, comprese le autorità indipendenti, ai componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali, titolari di incarichi di qualsiasi tipo, inclusi i commissari straordinari. I tagli hanno decorrenza dal 1° gennaio prossimo. Il taglio non si applica ai trattamenti retributivi e di servizio. Tutti i compensi per gli incarichi conferiti a pubblici dipendenti da società partecipate, sovvenzionate, vigilate ovvero in regime di concessione sono corrisposti direttamente all’amministrazione di competenza e confluiscono nelle risorse destinate alla parte variabile della retribuzione. Tutte le società e gli enti pubblici che hanno un consiglio di amministrazione e un collegio di revisori devono ridurre, in occasione del primo rinnovo, i loro componenti rispettivamente a 5 e 3. L’adeguamento degli statuti deve essere immediato. I compensi dei componenti del cda e del collegio sindacale delle società pubbliche non quotate viene ridotto del 10%. La decorrenza è al primo rinnovo degli organi societari.

Consulenze, formazione, sponsorizzazioni, rappresentanza.

Dal 2011, le spese per studi ed incarichi di consulenza sostenute dalle Pubbliche amministrazioni – comprese le autorità indipendenti, escluse Università, enti e fondazioni di ricerca – vengono ridotte dell’80% rispetto a quelle del 2009. Stesso taglio è previsto per le spese per pubbliche relazioni, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza. Le spese di formazione (a eccezione di Forze armate e Polizia) e per missioni all’estero, escluse quelle di pace o derivanti da impegni internazionali, sono ridotte del 50% rispetto al 2009. Infine, vengono completamente abolite le spese per sponsorizzazioni. Tutti i provvedimenti hanno decorrenza dal 1° gennaio prossimo. Gli stessi tagli sono applicati alle società che fanno parte del conto economico consolidato della Pa.

Auto blu

Dal 2011 taglio del 20% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009 per acquisto, manutenzione e noleggio di vetture di servizio e per l’acquisto di buoni taxi. Il provvedimento riguarda tutta la Pa con l’eccezione di Vigili del fuoco e forze dell’ordine.

Immobili pubblici

A partire dal 1° gennaio 2011 le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dallo Stato non possono eccedere il 2% del valore dell’immobile. Il taglio non riguarda gli interventi per la sicurezza sui luoghi di lavoro e i beni culturali. Anche gli enti locali dovranno adeguarsi a questi principi. Gli Enti previdenziali pubblici provvederanno all’acquisto di immobili adibiti ad ufficio e locati alla Pa.

Enti inutili

Sono soppressi una ventina di enti tra i quali i seguenti enti previdenziali: Ipsema, Ispesl e Ipost. I primi due confluiscono nell’Inail, il terzo nell’Inps. Sono soppressi anche Isae, Eim (Ente italiano montagna) e l’Insean (Istituto nazionale per studi e esperienze di architettura navale) con accorpamento ai ministeri di riferimento. Sono soppressi anche l’Ias (Istituto affari sociali) che confluisce nell’Isfol e l’ Enappsmsad (Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici), che confluisce nell’Enpals. Il Comitato per l’intervento nella Sir è soppresso dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il relativo patrimonio è trasferito a Fintecna. I proventi derivanti dalla liquidazione degli enti disciolti sono destinati al fondo per il finanziamento della partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali di pace. Le società pubbliche non quotate in perdita per tre esercizi consecutivi non possono ricorrere ad aumenti di capitale, trasferimenti straordinari o aperture di credito.

Enti inadempienti

Verrà meno il finanziamento pubblico per circa duecento enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l’utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello Stato. Province Sono abolite 10 piccole

Province

(con meno di 220.000 abitanti, non ricadenti in regioni a statuto speciale)

PUBBLICO IMPIEGO

Trattamento economico pubblici dipendenti.

E’ previsto il congelamento del trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, compresi i dirigenti, fino al 2013. Inoltre, nello stesso periodo, sono previsti tagli del trattamento economico secondo scaglioni in via di definizione. E’ effettuato un taglio lineare del 10% delle indennità dei capi degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri. Per il biennio 2008-2009 i rinnovi contrattuali e i miglioramenti economici del personale non contrattualizzato, con esclusione delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco, non possono comportare aumenti retributivi superiori al 3,2%. Nel triennio 2010-2012 è bloccato il rinnovo dei contratti e sono congelate le progressioni di carriera e i passaggi di area dei contrattualizzati. Per il personale non contrattualizzato (magistrati, militari e forze dell’ordine, diplomatici, prefetti, professori universitari) sono congelati per il triennio 2011-13 gli automatismi retributivi e le progressioni automatiche di carriera, con deroghe per l’università.

Sospensione parziale del decreto Brunetta (c.d. ciclo di valutazione)

La norma è stata stralciata.

Personale a tempo determinato

Taglio del 50% della spesa 2009 dello Stato per il personale a tempo determinato e per i co.co.co.

Turn over

L’attuale regime di turn over limitato del personale viene prorogato per due anni. Nulla cambia per l’università.

INVALIDITA’ E PREVIDENZA

Invalidità

L’Inps effettuerà accertamenti sui requisiti degli invalidi civili, con un programma di 100.000 verifiche nel 2010 e 200.000 per ciascun anno nel 2011 e nel 2012. E’ previsto per il 2011 un concorso delle Regioni ordinarie alle spese per l’invalidità civile, tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa per invalidità civile in ciascuna Regione.

Pensioni

E’ prevista dal 2011 una finestra mobile per le pensioni di vecchiaia, che scatta sei mesi dopo la maturazione dei requisiti (attualmente sono tre mesi). Per i trattamenti di anzianità sono confermate a regime due finestre (prima erano quattro) per il pensionamento anticipato.

SPESA SANITARIA PER FARMACI

Quote di spettanza dei grossisti

La quota di competenza dei grossisti, nella filiera distributiva dell’assistenza farmaceutica territoriale, viene ridotta dal 6,65% al 3,65%.

Aifa

Ai fini della riduzione della spesa farmaceutica, l’Aifa stabilisce i limiti alla prescrizione di farmaci da parte dei medici di famiglia.

Asl

Sono introdotte linee guida nazionali per evitare inefficienze e sprechi nell’acquisto, stoccaggio e distribuzione dei farmaci direttamente acquistati dalle aziende sanitarie.

Ospedali

Asl e ospedali devono motivare gli acquisti di beni e servizi a prezzi superiori a quelli di riferimento, sottoponendoli agli organi di controllo e revisione.

PATTO DI STABILITA’ INTERNO ED ENTI TERRITORIALI

Patto di stabilità interno

Regioni, Province e Comuni con oltre 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel triennio 2011-13 con corrispondente riduzione dei trasferimenti statali. Sono introdotte nuove sanzioni per il mancato rispetto del Patto da parte degli enti locali.

NORME DI RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA

Stanziamenti non utilizzati

Gli stanziamenti non utilizzati dai Ministeri negli ultimi tre anni, sono destinati al fondo di ammortamento titoli di Stato.

ALTRE DISPOSIZIONI

Rimborsi Onu

I rimborsi dell’Onu per le missioni delle Forze armate italiane nelle missioni internazionali di pace sono utilizzati per finanziare la partecipazione dell’Italia alle missioni di pace.

Censimento

E’ indetto il 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni Aquila Per i lavoratori autonomi, fino al 31 dicembre, è sospeso il pagamento dei contributi e dei tributi. Per tutti è sospeso il recupero dei tributi e dei contributi sospesi avverrà, a partuire dal 2011, in sessanta rate senza interessi.

26 maggio 2010

 

 

La manovra - Il pacchetto fiscale

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

La manovra - Il pacchetto fiscale

Dal sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze

Potenziata la partecipazione dei Comuni alla lotta all’evasione. Per rendere più incisivo il contrasto, si introduce l’obbligo (finora facoltà) per gli enti locali con popolazione superiore a 5mila abitanti di costituire, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio tributario che ha il compito di segnalare all’Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e all’Inps gli elementi utili per integrare quanto dichiarato dal contribuente al fine di far emergere maggiori imponibili fiscali e contributivi. Per i Comuni sotto i 5mila abitanti, che fino a oggi non si siano già dotati del Consiglio tributario, viene previsto l’obbligo di riunirsi in Consorzio. L’ammontare della quota spettante ai Comuni dalla lotta all’evasione viene innalzata dal 30 al 33% delle maggiori somme riscosse, con l’aggiunta delle sanzioni civili, applicate sui maggiori contributi, che vengono riscosse. Entro 45 giorni dall’entrata in vigore del decreto, un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate emanato d’intesa con l’Inps, la Conferenza Stato- Città ed autonomie locali e la Conferenza Stato- Regioni fisserà oltre alle modalità di trasmissione ai Comuni di copia delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini lì residenti, anche le ulteriori materie di partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale e contributivo.

Case "fantasma"

Entro il 31 dicembre 2010 i titolari di fabbricati non censiti, individuati attraverso la mappatura fotografica del territorio, hanno l’obbligo di denunciare l’immobile e farlo accatastare, così da generare un gettito fiscale. In mancanza l’Agenzia del territorio procede d’ufficio ad attribuire una rendita presunta all’immobile contestandone il valore anche in maniera retroattiva. L’accatastamento non comporta alcuna moratoria né a fini penali né a fini edilizio-urbanistici. Restano i poteri degli enti locali per la repressione degli abusi. Viene inoltre istituita l’Anagrafe immobiliare integrata, che riunisce le banche dati esistenti e individua la proprietà dei singoli immobili. Ci sarà infine una collaborazione più intensa tra l’Agenzia del territorio e i Comuni.

Antiriciclaggio

Si adegua alle disposizioni comunitarie, passando da 12.500 a 5mila euro, la soglia sopra la quale è obbligatorio effettuare i pagamenti di beni o servizi con assegni non trasferibili, bonifici o altre modalità di pagamento bancario, postale, o mediante sistemi di pagamento elettronico.

Comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate

Si rafforza il contrasto e la prevenzione dell’evasione soprattutto in materia di Iva (frodi carosello e false fatturazioni) attraverso l’obbligo di comunicare telematicamente all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per importi non inferiori a 3mila euro. La soglia mira a escludere milioni di soggetti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all’adempimento non appaiono proporzionati alla pur importante finalità, concentrandosi sui veri evasori.

Aggiornamento dell’accertamento sintetico

La norma aggiorna le disposizioni sull’accertamento sintetico che risalgono ai primi anni ’70. Nel caso in cui lo scostamento tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello determinato presuntivamente superi il 20 per cento (finora 25 per cento), l’Agenzia delle entrate può determinare che quanto speso sia frutto di un maggiore reddito non dichiarato. A tale risultato l’Agenzia può giungere mediante l’uso del redditometro (che analizza le spese sostenute per auto di lusso, barche, iscrizione a club esclusivi, leasing di beni di lusso, ecc) oppure avvalendosi di una metodologia di stima del reddito individuale basata su elementi significativi per il gruppo familiare di appartenenza: tipologia della famiglia (coppia con un figlio, single, ecc), localizzazione territoriale (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e isole; aree metropolitane o non metropolitane), classe di reddito familiare (voci di spesa: auto, barche, centri benessere esclusivi, acquisti a case d’aste, ecc). I diritti del contribuente sono garantiti e tutelati dalla possibilità di fornire tutti gli elementi di prova a proprio favore ( dimostrano, per esempio, che le spese siano state sostenute grazie ad eredità percepite o vincite al lotto ecc) sia prima sia dopo l’avvio del procedimento di accertamento.

Contrasto alle frodi intra-Ue

In linea con le indicazioni della Commissione europea, la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie passa attraverso l’autorizzazione da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate. All’atto della richiesta della partita Iva, infatti, l’operatore economico dovrà specificare se intende effettuare operazioni intra-Ue. In caso affermativo, vige la regola del silenzio assenso: se, cioè, entro 30 giorni l’ufficio non comunica il provvedimento di diniego, al 31° il soggetto potrà effettuare operazioni intracomunitarie e sarà inserito nell’archivio Vies. Spetterà a un provvedimento del direttore dell’Agenzia stabilire criteri e modalità per l’adeguamento delle partite Iva già attribuite alla nuova normativa.

Contrasto al fenomeno delle imprese "apri e chiudi" e in perdita sistemica

Forte stretta da parte dell’Agenzia delle entrate, della Guardia di finanza e dell’Inps nei confronti delle imprese che cessano l’attività entro un anno dalla loro nascita. Fenomeno che l’esperienza dei controlli fiscali conferma essere a particolare rischio di frodi (false fatturazioni o frodi carosello). Agenzia delle entrate e Guardia di finanza pianificheranno controlli ad hoc a livello locale sia sulle imprese che si dichiarano in perdita, per due o più periodi d’imposta, non determinata dai compensi erogati ad amministratori e soci, sia nei confronti dei circa 70mila soggetti che non sono sottoposti né agli studi di settore, né al tutoraggio riservato alle grandi imprese. Le norme mirano ad avere effetti fortemente dissuasivi.

Codice fiscale non residenti

Per completare l’archivio dei conti correnti, è previsto che anche i cittadini non residenti debbano indicare il proprio codice fiscale all’apertura dei rapporti presso un operatore finanziario (per esempio, nel momento in cui si apre un conto corrente). Incrocio tra le basi dati Inps e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa Faro acceso sui lavoratori dipendenti che, pur avendo avuto i contributi versati, non presentano la dichiarazione dei redditi qualora obbligati. I controlli verranno assicurati attraverso il sistematico incrocio dei dati Inps-Agenzia delle entrate.

Potenziamento dei processi di riscossione dell’Agenzia delle entrate e dell’Inps

Va in soffitta la cartella di pagamento per i tributi dovuti all’Agenzia delle entrate. Dal 1° luglio 2011 l’avviso di accertamento del fisco, infatti, costituirà titolo esecutivo. Da un lato, la pretesa tributaria contenuta nell’avviso di accertamento sarà più chiara per il contribuente, dall’altro saranno contratti i tempi di riscossione. Se il contribuente non versa quanto richiesto o non propone ricorso, infatti, l’Agenzia delle entrate invia i dati a Equitalia che può procedere immediatamente al recupero delle somme non versate con gli strumenti che la legge le mette a disposizione. Analoga norma si applica ai contributi dell’Inps. Per arginare possibili abusi, inoltre, in caso di transazione fiscale stragiudiziale viene richiesta al debitore un’autocertificazione sulla veridicità e completezza della situazione patrimoniale. In caso dichiarazioni false in merito a importi rilevanti sono previste forti sanzioni. E’ poi previsto un impianto sanzionatorio per il delitto di sottrazione fraudolenta del pagamento di imposte (alienazione simulata o altri comportamenti idonei a rendere inefficaci le procedure di riscossione coattiva).

Contrasto di interessi

Con l’obiettivo di utilizzare in ottica antievasiva il contrasto di interessi tra chi fornisce e chi usufruisce di prestazioni di servizi o cessione di beni, è stata prevista una ritenuta a titolo di acconto sui bonifici disposti da coloro che sostengono spese per le quali spettano le detrazioni in dichiarazione dei redditi (per esempio, le ristrutturazioni edilizie che danno diritto alla detrazione del 36% delle spese sostenute).

Misure sulle compensazioni

Dal 1° gennaio 2011, i crediti relativi alle imposte erariali non potranno più essere compensati in presenza di ruoli erariali per i quali è scaduto il termine di pagamento. Agenzia delle entrate e Guardia di finanza vigileranno per far sì che il divieto venga rispettato. Allo stesso tempo, sarà concesso al contribuente di pagare le somme erariali iscritte a ruolo mediante la compensazione di crediti vantati.

Transfer pricing

L’Italia si allinea alle direttive Ocse in materia di transfer pricing attraverso più trasparenza da parte del contribuente, maggiore speditezza dei controlli, non applicabilità delle sanzioni per tutti i comportamenti adottati in buona fede, nel rispetto dello Statuto del contribuente.

Fondi immobiliari chiusi

Stretta sui fondi immobiliari c.d. "veicolo" attraverso il contrasto dell’utilizzo strumentale di quelli a ristretta base partecipativa, finalizzato al godimento dei benefici fiscali. Modificando la nozione civilistica dei fondi comuni di investimento immobiliare prevista dal Tuf, specificandone la funzione economica (raccolta del risparmio tra una pluralità di investitori; autonomia delle scelte di investimento della Sgr), la vigilanza di Bankitalia e il regime fiscale agevolato vengono così circoscritti ai soli fondi che gestiscono risparmio diffuso. I fondi esistenti possono adeguarsi alle nuove norme pagando un’imposta sostitutiva.

Controlli sui soggetti che aderiscono al consolidato

Vengono razionalizzate le disposizioni relative all’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale. In particolare, in considerazione della responsabilità solidale tra il soggetto consolidante e ciascuna società consolidata, l’accertamento nei confronti di tali soggetti, quanto ai redditi propri, è ricondotto ad un unico atto, emesso dall’ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante. Finora, invece, il livello di accertamento era doppio. In questo modo, si consente a entrambi i soggetti necessariamente coinvolti nell’accertamento di partecipare sin dall’inizio alle diverse fasi del procedimento. Due gli obiettivi che in questo modo si raggiungono: migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa e realizzare una maggiore tutela del diritto alla difesa dei contribuenti sottoposti a controllo.

Controllo sulle prestazioni sociali agevolate

Più efficace il contrasto alla percezione indebita di prestazioni sociali agevolate. Gli enti che erogano le prestazioni (per esempio, le Università o i Comuni per gli asili nido) devono inviare telematicamente all’Inps la dichiarazione sostitutiva presentata dal contribuente che chiede di usufruirne. L’Inps, incrociando i dati con quelli reddituali trasmessi dall’Agenzia delle entrate, è in grado di individuare i soggetti che fruiscono indebitamente, in tutto o in parte, delle prestazioni. I trasgressori dovranno versare agli enti interessati quanto dovuto per le prestazioni godute e all’Inps una sanzione che può arrivare fino a 5mila euro.

Sospensione in sede giudiziale della riscossione

I ruoli erariali e previdenziali possono essere sospesi dai giudici tributari per un massimo di 150 giorni (e non più - come ora - senza limite temporale) per incentivare la trattazione delle cause, assicurando all’erario la riscossione in tempi brevi.

ALTRE DISPOSIZIONI

Stock option e bonus

Ulteriore stretta sulle stock option e sugli emolumenti variabili dei dipendenti e dei collaboratori coordinati e continuativi del settore finanziario, in linea con quanto previsto dal G20

Potenziamento dei servizi telematici

I servizi telematici dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali vengono estesi e viene potenziato l’uso della Pec (Posta elettronica certificata). In questo modo si favorisce l’accesso dei cittadini ai servizi delle amministrazioni interessate, riducendo l’accesso fisico agli sportelli e contenendo l’uso della carta. Anche la cartella di pagamento potrà arrivare tramite Pec.

Circolazione codice fiscale

La pubblica amministrazione e i cittadini potranno effettuare la verifica dei codici fiscali e dei correlati dati anagrafici, in modo tale da adottare un unico criterio di identificazione dei cittadini-contribuenti.

Conguaglio e canone Rai per i pensionati

Viene introdotta, a favore dei pensionati con redditi non superiori a 18 mila euro, la possibilità di rateizzare l’imposta dovuta a conguaglio e il pagamento del canone Rai in 11 rate senza interessi.

Misure a favore della riscossione degli enti locali

Via libera all’accesso da parte dei concessionari dei tributi locali alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, ma solo tramite i Comuni creditori.

26 maggio 2010

 

 

 

 

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il ministro dell'economia al forum Ocse: "questa crisi tornante della storia"

L'Ue promuove la manovra italiana

"Gli sforzi nella buona direzione"

Tremonti : "Salva la coesione sociale". S&P: "Conti più sostenibili". Ma Epifani: "Si faccia sciopero generale"

Il ministro Giulio Tremonti (Ansa)

Il ministro Giulio Tremonti (Ansa)

MILANO - In Italia sarà illustrata alla stampa solo nel tardo pomeriggio, ma Bruxelles promuove già la manovra italiana, varata martedì dal Consiglio dei ministri. Gli sforzi dell'Italia "vanno della buona direzione" ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, posticipando comunque un"'analisi dettaglia" degli interventi decisi. Intervenuto in mattinata al forum dell'Ocse a Prigi, anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha inevitabilmente commentato il via libera al provvedimento da 24 miliardi di euro. "L'Italia ha fatto una scelta molto chiara, quella di salvaguardare i livelli di stato sociale e di operare forti riduzioni di spesa dei governi centrale, regionale e locale" ha detto il ministro, insistendo a più riprese sulla necessità di "salvaguardare la coesione sociale".

LA CGIL: SCIOPERO GENERALE - Ma proprio il timore che la manovra penalizzi le fasce più deboli ha mosso Guglielmo Epifani a far scendere la Cgil sul piede di guerra. Il segretario generale del più grande sindacato italiano proporrà al Direttivo della prossima settimana uno sciopero generale contro la manovra economica da attuare entro il mese di giugno. In precedenza si terrà una manifestazione nazionale, sabato 12 giugno, di tutto il mondo del lavoro pubblico. i concluderà a piazza del Popolo e lo slogan sarà "tutto solo sulle nostre spalle". Che vuol dire - ha detto Epifani, in una conferenza stampa - che i lavoratori pubblici sono anche disposti a fare sacrifici. Ma non solo loro. "Obiettivo della protesta - ha aggiunto - è quello di cambiare i contenuti della manovra". Il pacchetto delle iniziative della Cgil prevede anche una manifestazione a Milano il 2 giugno perchè la Festa della Repubblica sia anche la Festa della Costituzione, "messa sotto attacco: dai diritti dei lavoratori allo Statuto, dall'arbitrato alla libertà d'informazione".

IL GIUDIZIO DI S&P - Un giudizio positivo sulla manovra italiana arriva però da Standard & Poor's, che considera il provvedimento un "sostegno" all'attuale rating del Paese. Secondo Trevor Cullinan, un analista dell'agenzia, "le misure, che mettono le finanze pubbliche su un binario più sostenibile e aiutano a realizzare l'atteso netto calo della spesa primaria in percentuale del Pil, daranno sostegno ai rating della Repubblica italiana" attualmente pari ad A+ con prospettive stabili sul lungo termine.

PD E IDV - In Italia però la manovra non soddisfa tutti: il provvedimento raccoglie le critiche del Pd e il no netto dell'Idv. In attesa che Berlusconi e Tremonti illustrino il contenuto della manovra (con ogni probabilità la conferenza stampa si terrà alle 18) il Partito democratico è tornato a esprimere le sue perplessità sul testo approvato dall'esecutivo. Il giudizio rimane negativo, ha fatto sapere lo stato maggiore del partito guidato da Pier Luigi Bersani. Intanto, il vicesegretario Enrico Letta ha riunito i capigruppo del partito, i responsabili economici in Parlamento e i responsabili del partito per un primo esame delle misure emerse, esame che sarà approfondito dopo la conferenza stampa del premier. Più netto e critico il giudizio dell'Italia dei Valori: Antonio Di Pietro, che torna a chiedere le dimissioni dell'esecutivo, parla di manovra a misura della "cricca" e che colpisce i soliti noti, i "più deboli". Cauta, invece, l'Udc di Pier Ferdinando Casini, mentre l'Anm protesta per le misure che riguardano i magistrati. Netto no anche dai medici del Servizio sanitario nazionale: i camici bianchi ritengono "ingiusto e iniquo" il provvedimento carato dal governo.

L'ANM - Sul piede di guerra contro la manovra anche l'Associazione nazionale dei magistrati. La Giunta esecutiva centrale del sindacato delle toghe ha proclamato infatti lo stato di agitazione e "si riserva di proporre" al proprio parlamentino, convocato per sabato 29 maggio, "immediate iniziative di protesta contro la manovra economica del governo che contiene misure inaccettabili per i magistrati e per il funzionamento del sistema giudiziario". Lo annuncia lo stesso sindacato delle toghe in una nota in cui parla di "interventi punitivi che minano l'indipendenza".

"CRISI TORNANTE DELLA STORIA" - Dal forum Ocse di Parigi, Tremonti ha spiegato, tra le altre cose, che la crisi economica attuale rappresenta "un tornante della storia" più che una "congiuntura economica". "L'intensità dei fenomeni che vediamo è storica e sta modificando la predisposizione dell'esistenza, dell'economia e della politica" ha detto il ministro dell'Economia.Il futuro dopo la crisi, secondo il titolare di via XX Settembre, deve essere costruito su due pilastri quello "tecnico" e tecnologico, ma anche quello "giuridico". "I grandi cicli dell'economia - ha chiarito il ministro - sono sempre stati legati alla tecnologia, dalla macchina a vapore al motore a scoppio, dai computer all'intelligenza artificiale". Ma i passi avanti della tecnologia, ha proseguito, non bastano se non vengono corretti gli "squilibri" in termini di regole.

FINI - Sulla manovra, e più in generale sulla crisi, è tornato a intervenire anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. "In questo difficile quadro" sostiene il leader di Montecitorio, "continuano a pesare i nostri ritardi cronici rappresentati soprattutto dall'incapacità di selezionare adeguatamente, nel rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio, quegli interventi pubblici necessari per la soluzione dei nodi strutturali che affliggono ancora moltissime aree territoriali del nostro Paese, e, in particolar modo, del Mezzogiorno d'Italia".

Redazione online

26 maggio 2010

 

 

 

Il partito dei riottosi

A tutti gli italiani chiamati a stringere la cinghia, Pier Carmelo Russo fa ciao ciao: come dimostra il sito livesicilia.it, è andato in pensione da dirigente della Regione Sicilia con 6.462 euro netti al mese. A 47 anni. Grazie a una leggina isolana: doveva badare al papà infermo. Cosa che non gli ha impedito giorni dopo d’assumere il gravoso incarico di assessore all’Energia.

Mille chilometri più a Nord, i sindaci trentini, fallito il tentativo di avere la pensione, si apprestano ad avere un aumento in busta paga del 7% e i loro colleghi altoatesini non hanno alle viste alcun taglio: quello di Appiano prende 9.400 euro, cioè più di Letizia Moratti a Milano, quello di Lana 7.000, più di Rosa Russo Iervolino a Napoli. Quanto alla giunta comunale di Gorizia, ha appena tentato di autoridursi le indennità ed è stata bloccata dalla Regione: non potete farlo. Cosa c’entra con la manovra da 24 miliardi? C’entra. Come ha spiegato lo stesso Giulio Tremonti raccontando della necessità di non dare denaro, di questi tempi, a enti come il Comitato per il centenario del fumetto italiano e ad altri 231 dai profili talora improbabili, "i grandi numeri si fanno anche con i piccoli numeri". E non c’è dubbio che parallelamente ai tagli dolorosi presentati ieri, tagli che hanno guadagnato l’apprezzamento al governo delle autorità europee ma anche l’immediata rivolta delle sinistre, di una parte del sindacato, dei magistrati e altri ancora, ci son pezzi di questo Paese riottosi all’ipotesi di condividere i sacrifici.

A partire dal mondo della politica e da quello che ruota intorno. Prova ne sia che la svolta più radicale, il dimezzamento dei rimborsi da un euro a 50 centesimi per ogni elettore, pare essere stato ridimensionato: forse si sforbicerà il 20%, forse il 10. Così come pare essere stato accantonato un altro segnale importante, e cioè il ripristino dei controlli della ragioneria dello Stato sui conti di Palazzo Chigi e della Protezione civile. E le misure sulle stock-options dei banchieri. Il punto è che provvedimenti coraggiosi, ustionanti e in buona parte condivisibili (vedi la lotta dichiarata all’evasione) come quelli varati, che chiedono agli italiani, dopo anni di rassicurazioni ottimistiche, di farsi carico d’una situazione pesante, richiedono la massima trasparenza. La storia ci dice che il nostro è un Paese che nei momenti più difficili sa dare il meglio. Ma deve crederci. E per crederci ha bisogno di essere rassicurato su un punto: che pagheranno davvero tutti. Nel modo più giusto.

E questa limpidezza non deve essere neppure sfiorata dal sospetto che, dietro le migliori intenzioni, si nascondano tentazioni inconfessate. E che tutta la parte "etica", inserita per dimostrare ai cittadini più colpiti che questa volta non ci sono figli e figliastri, venga goccia a goccia svuotata. Perché forse esagera il Consiglio nazionale degli architetti nel diffidare delle smentite sulla sanatoria fino a denunciare "sconcerto per il nuovo condono che incentiva l’abusivismo edilizio". Ma sarebbe insopportabile se all’ultimo secondo, in piena estate, un attimo prima di un voto di fiducia finale in Parlamento, per iniziativa di qualche misteriosa "manina", spuntasse fuori di nuovo il solito condono.

Gian Antonio Stella

27 maggio 2010

 

 

 

 

 

Tremonti: nessuna abolizione di province

Bossi: se tagliano Bergamo è guerra civile

Il ministro dell'Economia: "Notizia falsa". Il Senatùr: "Il federalismo non è a rischio: l'abbiamo fatto scrivere"

LA MANOVRA

Tremonti: nessuna abolizione di province

Bossi: se tagliano Bergamo è guerra civile

Il ministro dell'Economia: "Notizia falsa". Il Senatùr: "Il federalismo non è a rischio: l'abbiamo fatto scrivere"

Umberto Bossi

Umberto Bossi

ROMA - "È una notizia falsa. Nella manovra economica varata dal governo non ci sarà nessuna abolizione delle province". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, rispondendo ad una domanda specifica dei parlamentari Pdl, riuniti alla Camera per ascoltare l'illustrazione della manovra da parte dello stesso Tremonti e del premier, Silvio Berlusconi. Secondo quanto riferiscono alcuni dei partecipanti alla riunione, Tremonti avrebbe bloccato sul nascere la domanda relativa all'abolizione delle province, smentendo che una norma del genere sia presente in manovra. Altre fonti spiegano che, semmai, questo è un auspicio, cioè arrivare ad abolire le province inutili secondo i parametri che sono circolati in questi giorni in alcune indiscrezioni di stampa. Sempre secondo quanto viene riferito, sulla questione sarebbe intervenuto anche il premier, spiegando che innanzitutto per abolire le province occorrerebbe una norma costituzionale.

BOSSI - In precedenza, era stato Umberto Bossi a commentare la proposta di alcuni finiani di 'tagliare' tutte le province. Presenti i ministri Tremonti e Calderoli, il Senatùr aveva affermato che "andare oltre sarà difficile. Ci sono alcune province che non sono toccabili". Scherzando, il leader del Carroccio aveva aggiunto: "Se provi a tagliare la provincia di Bergamo, succede la guerra civile...".

TAGLI DURI - Commentando la manovra economica, Bossi aveva parlato di "tagli duri ma inevitabili". "Berlusconi fa sempre la cosa giusta, fa sempre bene. Questa è l'unica via per stare in piedi". Ma che sia una buona manovra, Bossi non ha dubbi e osserva come a dirlo sia stato anche l'Ocse: "Non muore nessuno" e i sacrifici "li chiede a tutti". Ma i provvedimenti mettono a rischio il federalismo? "No, non è a rischio - assicura Bossi - il federalismo non viene toccato. A scanso di equivoci, sapendo dei vizi taglierini di Tremonti, l'abbiamo fatto scrivere...".

 

Redazione online

26 maggio 2010(ultima modifica: 27 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-05-26

Da Tremonti appello alle Regioni: va gestita insieme. No di Errani. bocciatura della Cgil

Manovra, via libera del Cdm

Tensioni fino all'ultimo. La bozza da 24 miliardi approvata con riserva. Il Pd: "È depressiva ma valuteremo"

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Tremonti e Letta (Graffiti Press)

Tremonti e Letta (Graffiti Press)

ROMA - "La manovra dà un messaggio chiaro e cioè che lo Stato deve costare meno ai cittadini". Il premier Silvio Berlusconi ha spiegato così, secondo quanto riferito da alcuni presenti, il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013 da 24 miliardi. Lotta all'evasione fiscale e nessun aumento delle tasse sono i due perni intorno al quale ruota il ragionamento del Cavaliere che mercoledì in una conferenza stampa entrerà nel dettaglio della Finanziaria con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il sì alla manovra con riserva ("salvo successive intese per perfezionare il testo" fanno sapere fonti governative) arriva alla fine di una giornata convulsa e di una riunione durata più di 85 minuti. Al termine della quale, Berlusconi, è rientrato nella sua residenza romana a Palazzo Grazioli con Tremonti. Ad attenderli, il leader della Lega Umberto Bossi, il ministro del Carroccio, Roberto Calderoli e Roberto Cota.

LE MISURE - Il 'mix' di misure per correggere i conti appare ormai tracciato, dai tagli ai ministri, allo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, passando alle finestre per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Il testo prevede, tra le altre cose, che vengano soppresse le Province più piccole, cioè quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. E spunta anche un "contributo di soggiorno" per i turisti ospiti di alberghi romani che può essere introdotto per "Roma Capitale". Drastico, a riguardo, il giudizio del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. "È un'assurdità" ha detto. "È incredibile - ha spiegato - che anziché penalizzare quelli che visitano Roma di passaggio, senza lasciare alcuna ricchezza, finiscano nel mirino i turisti che invece la arricchiscono soggiornando negli alberghi, costringendoli a pagare una tassa".

TENSIONI - Prima del Consiglio dei ministri, teso incontro tra il premier e Giulio Tremonti. Al centro del botta e risposta tra Berlusconi e il ministro ci sarebbe stata ancora una volta, secondo quanto si apprende da fonti di governo, la soglia della tracciabilità dei pagamenti. Tremonti avrebbe insistito, con successo, sulla necessità di introdurre un limite più basso per i pagamenti in contanti ai liberi professionisti, mentre il presidente del Consiglio si sarebbe detto contrario a misure che considera "alla Visco". L'asticella alla fine è rimasta cinque mila euro così come chiesto in un primo momento da Tremonti.

L'APPELLO DI NAPOLITANO - In serata da Washington il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pur ammettendo di non aver letto il testo del provvedimento, è tornato a ribadire, nella conferenza stampa in ambasciata dopo l'incontro con il presidente americano Barack Obama, che "la manovra è oggettivamente necessaria" ma che deve essere equa. "Più sarà equa socialmente - è l'auspicio del capo dello Stato - più sarà condivisa".

"NO ALLA FIDUCIA" - Revisioni dell'ultima ora a parte, il profilo del provvedimento trova le opposizioni divise. Il Pd si riserva una valutazione attenta nei prossimi giorni ma il primo giudizio del segretario Pier Luigi Bersani non è lusinghiero: "È una manovra depressiva. È solo - ha detto dalla Cina - un giro di specchi". "La favola è finita - ha aggiunto il leader dei democraticio - ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, che era tutto a posto, invece non è vero niente". "Affrontiamo la discussione sulla manovra senza pregiudiziali - ha detto poi in serata il vicesegretario del Pd Enrico Letta -, leggeremo le norme, perché per adesso siamo agli annunci, e affronteremo nel merito le questioni. Chiediamo al governo di non mettere la fiducia e di porsi in condizione di discuterne". Secco anche il no dell'Italia dei Valori che chiede di tornare alle urne, mentre l'Udc sceglie la prudenza e attende di conoscere il testo nei dettagli. Il Pdl, d'altra parte, non nasconde che per gli italiani si apra una fase all'insegna dei sacrifici ma si dice convinto che le misure siano "equilibrate socialmente e politicamente".

TREMONTI E LE REGIONI - In mattinata Tremonti aveva illustrato la bozza prima agli enti locali e poi alle parti sociali, raccogliendo le perplessità dei rappresentati delle Regioni e la bocciatura della Cgil. "Questa non è una finanziaria qualsiasi. Dobbiamo gestirla tutti insieme", ha detto il titolare dell'Economia, ammettendo che non sarà una passeggiata e che ognuno dovrà fare la propria parte per risanare i conti del Paese ed evitare il "rischio Grecia", come ha sottolineato Gianni Letta. Il ministro ha spiegato anche che il forte contrasto all'evasione fiscale sarà uno dei perni del provvedimento e che bisognerà che "il gettito effettivo sia verificato nei prossimi anni". "È una manovra insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani.

EPIFANI: COLPISCE LAVORATORI - Critico il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: "Il grosso dei sacrifici lo si chiede sempre ai lavoratori, pubblici e privati e non c'e alcuna misura di sostegno a occupazione e investimenti: un reddito da un milione di euro non viene toccato, ma un lavoratore pubblico che guadagna 1.500 euro sì, così come un lavoratore privato che deve andare in pensione. Quindi è una manovra che non mantiene un profilo di equità, va cambiata in Parlamento". Quanto alla possibilità di uno sciopero generale contro la manovra, il numero uno della Cgil ha preso tempo: "Prima leggiamo bene il provvedimento, domani valuteremo e decideremo le iniziative da prendere", ha spiegato.

Redazione online

25 maggio 2010

 

 

 

 

la scheda

Manovra, ecco tutte le misure

Dallo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, alla stretta sulle pensioni. A Roma spunta tassa di soggiorno

la scheda

Manovra, ecco tutte le misure

Dallo stop agli aumenti degli stipendi degli statali, alla stretta sulle pensioni. A Roma spunta tassa di soggiorno

MILANO - Dai tagli ai ministri, passando alle finestre per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Via inoltre alle Province più piccole, cioè quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. E spunta un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare "Roma Capitale". Il 'mix' di provvedimenti per correggere i conti appare ormai tracciato. Ecco le misure principali della manovra da 24 miliardi:

SUBITO STOP CONTRATTI PUBBLICO IMPIEGO - Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013.

TAGLI AI MINISTERI, GIRO VITE SU AUTO BLU -La sforbiciata è del 10% ma su formazione o missioni si arriva al dimezzamento della spesa. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu.

GLI ESCLUSI: PRESIDENZA CONSIGLIO E PROTEZIONE CIVILE - Saltano dal testo i tagli alla Presidenza del Consiglio e i limiti alla Protezione Civile.

TAGLI AI PARTITI - Dimezzato il contributo per le spese elettorali e stop alle quote annuali se c'è uno scioglimento anticipato delle camere. Il taglio ai rimborsi per i partiti scende dal 50 al 20%. È quanto prevedrebbe, secondo quanto si apprende, la versione del decreto legge sulla manovra approvata dal Consiglio dei ministri. La riduzione porterebbe dunque il rimborso da 1 euro a 20 centesimi per elettore. Cala del 20% (e non viene dimezzato come inizialmente ipotizzato) il contributo per le spese elettorali.

PAGAMENTI E TRACCIABILITÀ - Tetto a 5.000 euro (e non 7.000 come da prime ipotesi) per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

ARRIVA BANCOMAT P.A. - Addio ai libretti di deposito bancari o postali al portatore. In compenso arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle P.a.

COMUNI E LOTTA EVASIONE - I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

TASSA SU ALBERGHI PER ROMA CAPITALE - Arriva un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare "Roma Capitale".

STANGATA SU MANAGER E STOCK OPTION - Salgono le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

TEMPI SPRINT PER CARTELLE - L'accertamento e l'emissione del ruolo diventano contestuali rendendo più corto il tempo per contestazioni e ricorsi.

STRETTA SUL GIOCO CLANDESTINO - L'evasione dell'imposta sui giochi, una volta accertata, avrà riflessi anche ai fini delle imposte dirette. Nasce l'Agenzia che sostituisce i Monopoli.

CONDONO EDILIZIO E CASE FANTASMA - Confermata invece la sanatoria sugli immobili fantasma. Si ipotizza però un ampliamento di questa norma. Come in tutti i condoni la proposta potrebbe arrivare in Parlamento. La sanatoria andrà fatta entro il 31 dicembre.

PENSIONE INVALIDITÀ - Sale a 80% (altre fonti parlano dell'85%). Sotto questa soglia niente benefici. Previsti anche 200.000 controlli in più.

IRAP ZERO PER NUOVE IMPRESE SUD - Le regioni del Mezzogiorno avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del dl con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

RETI IMPRESA E ZONE 'ZERO BUROCRAZIA' - Tremonti annuncia la creazione di reti d'impresa, per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacità di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero, nelle quale per aprire un'attività ci si potrà rivolgere ad un solo soggetto.

STOP TURN-OVER P.A. - Confermato per altri due anni.

TAGLI ANCHE A MAGISTRATI - Lo stipendio verrà decurtato per il 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Taglio del 10% anche per i magistrati del Csm.

MANAGER P.A., SFORBICIATA 5-10%. Sotto i fari gli stipendi oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

INSEGNATI SOSTENGO - Congelato l'organico.

DIVIDENDI A RIDUZIONE DEBITO - A partire dal 2011 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno impiegati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

TAGLI A COSTI POLITICA PRO CASSA INTEGRAZIONE - Le riduzioni di spesa che decideranno il Quirinale, il Senato, la Camera e la Corte Costituzionale, nella loro autonomia, serviranno a finanziare la Cassa Integrazione.

PENSIONI - Dalle "finestre fisse" alla finestra "mobile" o '"a scorrimento". È quanto prevede la manovra per la decorrenza delle pensioni di anzianità o di vecchiaia. Il provvedimento varato prevede che si possa andare in pensione dodici mesi (contro gli attuali nove per effetto del sistema di finestre vigente) dopo la maturazione dei requisiti vigenti nel caso dei lavoratori dipendenti pubblici e privati. La decorrenza sale a diciotto mesi (contro i 15 attuali) dopo la maturazione dei requisiti nel caso dei lavoratori autonomi. I trattamenti pensionistici decorrono inoltre dal primo giorno del mese successivo alla scadenza dei termini del nuovo sistema di decorrenze. Per le pensioni non è dunque previsto nessun intervento strutturale che riguardi requisiti, età, quote ma solo un cambiamento nel sistema delle finestre. La novità è invece l'accelerazione dei tempi per l'aumento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne dipendenti del pubblica amministrazione che avverrà a gennaio 2016.

DEFINANZIAMENTO LEGGI INUTILIZZATE - Si recuperano risorse attraverso il definanziamento degli stanziamenti improduttivi. Saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

TAGLIA-ENTI - Vengono soppressi Ipsema,, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae, l'Ice e l'Ente italiano Montagna. Salta o viene ridotto inoltre il finanziamento a 72 enti.

CONTROLLO MEF SU PROTEZIONE CIVILE - Si prevede tra l'altro che le ordinanze di Protezione civile con cui viene dichiarato lo stato d'emergenza siano emanate di concerto con il ministero dell'Economia.

CONTROLLO SPESA FARMACI - Acquisti centralizzati per le asl per trattare meglio il prezzo con i fornitori e interventi sui farmaci con una modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

13 MLD DA AUTONOMIE TERRITORIALI -Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre 10 miliardi in due anni (2011 e 2012); ai Comuni e Province vengono chiesti risparmi di 1 miliardo e 100 nel 2011 e 2 miliardi e 100 nel 2012.

PEDAGGI SU RACCORDI PER AUTOSTRADE - Si inserisce la possibilità di "pedaggiamento" di tratti di strade di connessione con tratti autostradali.

ADDIO A SIR E REL - Addio al Comitato Sir costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia e che prese in carico le società chimiche di Nino Rovelli, ed anche alla Rel, la finanziaria pubblica costituita qualche anno più tardi per sostenere il risanamento dell'industria elettronica. (Fonte Ansa)

25 maggio 2010

 

 

 

Preoccupati per i previsti tagli alle risorse destinate al personale

I dipendenti di Palazzo Chigi

fischiano Tremonti e Brunetta

Proteste e applausi ironici: contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo

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fischiano Tremonti e Brunetta

Proteste e applausi ironici: contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo

I ministri Brunetta, Alfano, Sacconi, Tremonti e il sottosegretario Letta incontrano le parti sociali (Imagoeconomica)

I ministri Brunetta, Alfano, Sacconi, Tremonti e il sottosegretario Letta incontrano le parti sociali (Imagoeconomica)

ROMA - Proteste, applausi ironici e bordate di fischi all'indirizzo di Giulio Tremonti e Renato Brunetta da parte dei lavoratori della presidenza del Consiglio che contestano alcune delle misure previste dalla manovra economica del governo. I lavoratori di palazzo Chigi, subito dopo la fine dell'incontro tra il governo e le parti sociali, hanno aspettato i titolari dell'Economia e della Pubblica Amministrazione nel cortile del palazzo e mentre le auto dei due ministri si muovevano per uscire dall'ingresso posteriore hanno fischiato sonoramente.

I FONDI - I lavoratori della presidenza hanno inviato una delegazione dal sottosegretario Gianni Letta, contestando il taglio delle risorse e lo "spacchettamento" delle funzioni di alcuni uffici della presidenza stessa. Ad agitare i dipendenti anche i previsti tagli alle risorse destinate al personale: "i fondi destinati alla presidenza - ha spiegato una sindacalista ai cronisti - sono per il 66% destinati alla Protezione Civile e ai grandi eventi, per un 20% a favore delle spese di carattere politico e solo il resto è destinato ai dipendenti. Non chiediamo di ottenere nulla di più, ma che almeno non venga ridotto quello che è previsto oggi". (Fonte: Agi)

25 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-25

La manovra è quasi pronta. la presentazione al governo Forse già martedì

Stato più leggero, il piano dei tagli

Segnale di rigore ai mercati. Stipendi congelati, fatture telematiche, riduzioni del 10% di beni per i ministeri

La manovra è quasi pronta. la presentazione al governo Forse già martedì

Stato più leggero, il piano dei tagli

Segnale di rigore ai mercati. Stipendi congelati, fatture telematiche, riduzioni del 10% di beni per i ministeri

di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

E chi l’avrebbe mai immaginato che la destra fosse costretta a ipotizzare la fattura telematica sopra i tremila euro o altri interventi che andrebbero a toccare dolorosamente i suoi bacini elettorali? Eppure, tra le varianti allo studio per una manovra che, obbligata a essere equa, finirà fatalmente per scontentare tutti, c’è anche questa. Come altre scelte fino a ieri impensabili. Dirompenti. Che stanno spaccando la maggioranza tra chi pensa che in fondo "i soldi in qualche modo saltan sempre fuori" e chi ritiene invece che gli italiani siano adulti che van trattati da adulti. E devono rendersi conto che la situazione, senza una svolta netta, è pesante. C'è una tabella che toglie il sonno a Giulio Tremonti. La stessa che è sul tavolo del presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ma soprattutto su quello dei bucanieri della finanza internazionale. È una tabella dell'Ocse con i dati di quanto è aumentato tra il 1999 e il 2008 il costo del lavoro nei paesi dell'euro nel settore privato e in quello pubblico. Dice che in quello privato stiamo un po’ sopra la media: 23,7% di crescita nell'Europa a dodici, 24,8 in Italia. È vero che stiamo comunque al doppio rispetto alla Germania (12,2), ma vabbè...

Il guaio, quello vero, secondo i rigoristi, è contenuto nella prima colonna della tabella. Dove si vede come i paesi che più hanno visto impennarsi la spesa addetto nel settore pubblico sono stati l'Irlanda (110,8%), seguita dalla Grecia (109,1%), dal Portogallo (58%), dalla Spagna (53,1%). Si tratta, nell'ordine, dei paesi che sono stati via via messi sotto attacco da parte della speculazione internazionale. E chi c'è dopo la Spagna? Noi: 42,5% di aumento in termini nominali contro una media europea del 35,7. Una sproporzione netta, che diventa nettissima nei confronti dei paesi dell'elite continentale: Olanda (32,6%), Francia (31,3) e soprattutto Germania, dove il costo del lavoro nel pubblico è cresciuto del 17,1: molto meno della metà rispetto all'Italia. Ed ecco l'incubo: che i pirati della speculazione, dopo averci concesso per qualche tempo il beneficio del dubbio (evidentemente in nome della nostra tradizione manufatturiera e dell’apprezzamento per la linea del governo, pensano i tremontiani) possono in tempi brevi attaccare noi. Di qui la necessità di dare in tempi altrettanto brevi una risposta netta. Che rassicuri i mercati (al di là degli inutili lamenti su quanto siano "paranoici") sulla capacità dell'Italia di marcare una svolta.

Qual è il problema? Che rassicurare contemporaneamente i mercati internazionali e i cittadini italiani è difficile quanto volteggiare su un trapezio appeso a un piccolo aeroplano come fece Giovanni Palmiri nel cielo di piazza Duomo. Per capirci: ci sono scelte che rassicurando i mercati rischiano di seminare inquietudini tra la popolazione, altre che rassicurando la popolazione rischiano di seminare inquietudini nei mercati. Ma come fai a spiegare alla gente che la situazione è "drammatica", che la spesa pubblica nell'ultimo decennio (in cui la sinistra ma più ancora la destra si son riempite la bocca con la parola "rigore") ha continuato a salire "in grande eccesso" rispetto al Pil e che occorrono "grandi sacrifici" e "grandi cambiamenti" e una "profonda discontinuità" per rompere finalmente con quella tradizione italiana di affidarsi allo stellone perché "alla fine tutto si aggiusta"? Eppure non c’è scelta. Lo scrisse Ernesto Galli della Loggia tre anni fa e non c'è che da ripeterlo parola per parola: "L’Italia ha soprattutto bisogno di verità. Ha un gran bisogno che finalmente si squarci il velo di silenzi, di reticenze, spesso di vere e proprie bugie, che per troppo tempo il Paese ha steso sulla sua effettiva realtà". È qui che Tremonti e quanti sono convinti dell’urgenza d’intervenire con misure radicali, sanno di dire cose spinosissime.

In urto con la filosofia, il carattere, l'ottimismo del Cavaliere, che insiste nel maledire i corvi del malaugurio e nell’assicurare (con perplessità degli stessi giornali che più gli sono amici) che la manovra non toccherà questo e quello. In urto con un pezzo della destra, chiamata a scelte impopolari in contrasto con gli interessi immediati (quelli a lungo termine sono un'altra faccenda) di alcune categorie tradizionalmente considerate nel suo bacino elettorale. In urto forse soprattutto con quel mondo di dirigenti, funzionari, grand commis, "uomini di panza" ministeriali che si sono già posizionati ringhiosamente in difesa dello status quo e che vorrebbero che il peso della crisi, in nome dei grandi numeri (si rastrellano più soldi toccando i salari di 3 milioni e mezzo di statali che quelli di alcune centinaia di "padreterni ", ovvio) fosse scaricato solo sulla massa dei dipendenti anonimi. In urto infine non solo con i sindacati, ai quali sarà difficile far digerire certe scelte che molti bollerebbero automaticamente come "macelleria sociale", ma con i partiti. I quali per la prima volta, a causa della gravità dei conti, potrebbero davvero veder sottoposto a un taglio radicale quel sistema dei rimborsi elettorali che, gonfiando i soldi a dismisura, ha preso il posto del finanziamento pubblico abolito anni fa da un referendum. Ma ecco, una per una, le varie misure allo studio.

Stipendi

Congelamento sulle cifre attuali, per tre anni, di tutti gli stipendi pubblici, "senza trucchi intorno a straordinari e cose simili" e senza recupero dell'inflazione, a partire dal primo mese disponibile. Una scelta ingiusta perché andrà a colpire tutti senza alcuna distinzione tra quanti buttano sangue sul lavoro e i lavativi? Purtroppo si. E sarà poi necessario un riequilibrio. Ma "i discorsi sul merito hanno bisogno di anni, e invece qua si tratta di fare in fretta", nella convinzione che altrimenti, con la dinamica attuale, i salari "continueranno a salire in tre anni del 12%".

Tagli retribuzioni

Gli stipendi pubblici sopra i 90mila euro saranno tagliati del 5%, sopra i 120mila del 10%. A costo di scontentare una serie di categorie, dagli alti magistrati ai prefetti, i diplomatici, i capi di gabinetto, i generali... Tutta gente che conta e che ha già cominciato a dare segnali di malumore. Meglio: profondo malumore. Con minacce di ricorsi alla magistratura: con che diritto lo Stato, tocca i contratti stipulati con i suoi dipendenti?

Banchieri

Tra i punti allo studio, un brusco aumento delle aliquote fiscali sui ricavi delle stock option, che rappresentano la fonte maggiore di guadagno per i banchieri e i manager privati.

Blocco nuovi contratti

Per tre anni, parallelo al congelamento delle retribuzioni.

Finestre pensioni

Riduzione da quattro a una l’anno delle "finestre" attraverso le quali si può andare in pensione. Fermo restando un trattamento speciale per chi ha già quarant'anni di contributi.

Invalidità

L'impennata dell'ultimo decennio, che al di là delle affermazioni di principio ha visto la spesa per le pensioni di invalidità salire da 6 a 16 miliardi di euro, soprattutto a causa dell’esplosione delle indennità di accompagnamento, porterà a una maggiore severità nei controlli. Uno dei problemi è quello che il riconoscimento di handicap invalidanti viene concesso dalla regione, i soldi li deve mettere lo Stato. La soluzione prospettata è che la spesa venga per il 25% scaricata sulle regioni, che sarebbero costrette ad essere più rigide. Di più: si tornerà, con ogni probabilità, alle regole del 1988, più restrittive delle attuali.

Accompagnamento

L'ipotesi di dar l'assegno d’accompagnamento solo a chi sta sotto un tetto massimo di 30 o 35 mila euro è saltata. Accudire una persona disabile è costosissimo e, fatti i calcoli, si sono resi conto che quel tetto avrebbe dovuto essere così alto che a quel punto non valeva neppure la pena di introdurla. Peggio: la selezione avrebbe potuto paradossalmente favorire quanti dichiarano meno di quanto guadagnano. Resterà tutto come oggi.

Ministeri

Taglio orizzontale del 10% per tutti i beni e servizi. Si lamentano già tutti di essere squattrinati? Nessuna eccezione. Tranne quelle per consentire di operare alle forze dell'ordine. Basti ricordare che i carabinieri sono già oggi costretti, spesso, ad andare a recuperare dei pezzi di ricambio per le vecchie Fiat Brava dai demolitori. Far la guerra alla criminalità, in quelle condizioni, è complicato. Per ministri e sottosegretari taglio del 10% dell'indennità.

Organi costituzionali

Il problema è che Quirinale, Senato, Camera, sono entità dotate di autonomia pressoché totale. L'unica cosa che può fare il Tesoro, da quanto si capisce, è ricordare loro pubblicamente: il taglio generale alle spese sarà almeno del 10%, sarebbe opportuno se anche voi...

Rimborsi elettorali

Tema molto controverso. L'intenzione di Tremonti e dei rigoristi sarebbe quella di ridurre il contributo elettorale da 1 euro a 50 centesimi a elettore. Secondo i calcoli del Sole 24 ore la prima stretta porterebbe a un risparmio di 170 milioni. Resta da capire se i partiti che verrebbero penalizzati sulle entrate che avevano messo in conto di avere già in tasca (62 milioni a rischio per il Pdl, 54 per il Pd, 12,4 per la Lega e giù giù fino a 1 milione e 800mila euro per la destra…) se ne faranno una ragione o meno. In caso di rifuto, certo, sarebbe complicato poi raccomandare sacrifici agli altri.

Enti

Il progetto è quello di accorparne più possibile. Alcune situazioni, del resto, appaiono francamente indifendibili. Per esempio quello dell’Isae, l'istituto di ricerca del Tesoro: ha 31 ricercatori e 70 (settanta) impiegati amministrativi. Quanto all'Ice, l’Istituto per il commercio estero i cui dirigenti occupati all’estero hanno paghe principesche, potrebbe sciogliersi all’interno della Farnesina oppure essere diviso fra i ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico.

Lotta agli evasori

È una delle questioni sulle quali lo scontro fra chi invoca il rigore e chi le "ragioni della politica", vale a dire spesso le ragioni di bottega elettorale, rischia di essere più duro. E che potrebbe segnare una svolta radicale per un governo che nel passato aveva fatto una serie contestatissima di condoni di ogni genere. Le misure allo studio più importanti sarebbero tre. La prima, come dicevamo, è la fattura telematica che dovrebbe essere emessa per tutti gli importi superiori ai 3 mila euro e consentirebbe di lasciare, a disposizione degli investigatori, una scia indelebile. La seconda è il ripristino (non è chiaro da che soglia) della "tracciabilità" dei contanti, introdotta da Prodi con un tetto di 5 mila euro, invocata per anni come indispensabile da un pezzo della sinistra (che si spinse a teorizzare un abbassamento della soglia a 100 euro) e sbeffeggiata sul fronte opposto da Berlusconi che, considerandola una "misura di polizia", l’aveva abolita riportando in vita il limite europeo del 12.500 euro. La terza è sul fronte delle compensazioni Iva, fonte di molti abusi: stando ai progetti, non sarà più possibile il "fai da te" ma sarà richiesta una certificazione di un professionista che risulterà responsabile davanti alla legge. Di più ancora: l’accertamento fiscale per le imposte non pagate scatterà contestualmente all’immissione a ruolo, con l’esito di accorciare i tempi degli accertamenti di tre o quattro mesi.

Ristrutturazioni edilizie

Oggi è previsto lo sgravio del 36% e per ottenerlo tutti i pagamenti vanno fatti tramite bonifico bancario. Il guaio è che, stando ai risultati, molti incassano il bonifico ma poi non pagano le tasse contando sulla farraginosità dei controlli o su qualche condono futuro. L'idea è quella di delegare alle banche il ruolo di sostituto d'imposta così come oggi avviene per le aziende che trattengono le tasse dei dipendenti. Toccherebbe agli istituti di credito di trattenere il 20%.

Condono edilizio

L’ipotesi di un nuovo condono edilizio, salvo sgradevolissime sorprese (anche nel 2003, sulle prime, venne esclusa l'idea di una sanatoria generalizzata e poi si è visto com'è andata a finire: con la corsa di decine di migliaia di furbi a commettere abusi spacciati poi per precedenti…) viene solennemente scartata. Al momento par di capire piuttosto che il governo fornirà ai comuni le fotografie aeree e tutto il materiale a disposizione per stanare i proprietari dei circa 2 milioni di "case fantasma".

Costi sanità

Ci sono Asl e ospedali che pagano le siringhe più care che in farmacia? D’ora in poi dovrebbe far fede per tutti il prezzo che paga Consip, la società pubblica che fa gli acquisti per la pubblica amministrazione, la quale avrà per giunta l’obbligo di mettere tutto on line. E cosa succederà se il parametro non viene rispettato? Il rappresentante dello stato nel collegio sindacale delle Asl dovrà spiegarne i motivi in una relazione alla Corte dei conti.

Municipalizzate

Gli enti locali controllano ormai più di 5 mila società. Molte delle quali assolutamente inutili, che servono soltanto, come disse Luca Cordero di Montezemolo, da "discarica per politici trombati". A Comuni, Province e Regioni sarà vietato ripianarne le perdite al di fuori del cosiddetto "contratto di servizio". In questo caso non gli resterà che portare i libri in tribunale. Una scelta obbligata, dopo alcuni salvataggi contestatissimi, come quello dell'Amat di Palermo.

Arbitrati

Per ora, di un'abolizione degli Arbitrati non se ne parla. Lo stesso governo di centrodestra, tuttavia, si sarebbe convinto che così non si può andare avanti. Gli incarichi accessori come gli arbitrati per le opere pubbliche fanno crescere mediamente del 30% il costo degli appalti, e soprattutto arricchiscono la corporazione degli arbitri: magistrati amministrativi e contabili, burocrati pubblici, avvocati dello stato, politici. Con in più una beffa; che lo Stato soccombe nel 98% dei casi. Fra il 2005 e il 2007 questa forma di giustizia privata amministrata da pubblici funzionari che arrotondano lautamente il loro stipendio ci è costata 715 milioni: sarebbero bastati per il Passante di Mestre. E gli arbitri si sono messi in tasca 50 milioni. Morti e risorti almeno tre volte, gli arbitrati sono stati ripristinati l’ultima con un decreto legislativo messo a punto dal capo giurista di palazzo Chigi Claudio Zucchelli. Il quale nel 2008 ha fatto parte di un collegio arbitrale di tre persone incaricato di dirimere una lite fra l’Astaldi e l’Anas. Valore della controversia: 38 milioni di euro. A dir poco principesco, 1.455.000 euro, il compenso del collegio.

Consulenze

Taglio totale. Inevitabile: a dispetto di tutti gli impegni l'andazzo è ormai inarrestabile.

Sponsorizzazioni

Stando al progetto, la scelta di tanti enti locali di sponsorizzare squadre di calcio, basket e pallavolo verrebbe vietata. Decisione sacrosanta. Basti ricordare i casi della Regione Calabria che, nei guai finanziari al punto di non avere i soldi per pagare lo smaltimento dei rifiuti, scelse di sponsorizzare la nazionale di calcio. O quello della Campania che appoggia con centinaia di migliaia di euro l'anno la "Air Avellino" di basket, dove Air sta per Autoservizi Irpini: capitale al 100% nella mani della Regione. O ancora quello della Provincia di Treviso, sponsor del Treviso Calcio dal 2004 per scelta dell’allora presidente Luca Zaia: "Con questa sponsorizzazione abbiamo fatto una scelta di campo. La squadra porterà in tutta Italia il nostro progetto: "Se la vedi, ti innamori"".

Protezione civile

È impossibile, davanti alle emergenze, controllare "prima" la distribuzione dei soldi? Può darsi. Ma a quel punto è indispensabile controllare meticolosamente tutto almeno "dopo". Quindi va tutto riportato sotto la vigilanza della Ragioneria dello Stato. Insieme con i conti di tutta la Presidenza del Consiglio. La domanda è: passeranno sul serio, almeno in parte, queste scelte? Lo si vedrà nei prossimi giorni. Dipenderà anche, se non soprattutto, dai segnali che verranno dai mercati internazionali. E dal coraggio che il centro destra, e Silvio Berlusconi in prima persona, dovranno dimostrare per sfidare insieme sindacati e partiti, clientele locali e grand commis. Ma soprattutto di andare a spiegare a quegli artigiani, quei piccoli imprenditori, quei professionisti, quei commercianti che in questi anni, a forza di condoni e sanatorie, hanno pensato che il Pdl la Lega e Berlusconi e Bossi fossero sempre e comunque dalla parte loro e "contro" lo Stato, che qualcosa è cambiato. E che la nuova crisi planetaria, mentre impone alle macchine statali troppo gonfie di sgonfiarsi, chiede anche a tutti i cittadini una nuova assunzione di responsabilità.

24 maggio 2010

 

 

 

 

Saltano i tagli alle tasse, che anzi aumentano

Crisi, la Germania vuole dare buon esempio: cura-choc per i conti

Si prepara una cura da cavallo fino al 2016, che rimpinguirà il bilancio di 10 miliardi di euro l’anno

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La cancelliera tedesca Angela Merkel (Ap)

La cancelliera tedesca Angela Merkel (Ap)

MILANO - Anche in Germania sono in arrivo drastiche manovre di risanamento dei conti pubblici, afferma il Financial Times lunedì in apertura: Berlino ha deciso di "dare il buon esempio" agli altri paesi dell’area euro. Per questo prepara una cura da cavallo prolungata fino al 2016, che consentirà di rimpinguare il bilancio di 10 miliardi di euro l’anno, tra aumenti delle entrate e riduzioni delle spese. Non solo salta il precedente piano di abbassare le tasse previsto dalla cancelliera Angela Merkel, ma anzi si profilano aumenti delle imposte, secondo il quotidiano, e tagli ai meccanismi di assistenza sociale che hanno consentito di tenere bassa la disoccupazione in Germania.

GLI OBIETTIVI - La portata di questi interventi "potrebbe provocare uno choc tra gli altri 15 paesi dell’area euro - prosegue l’Ft - che a loro volta devono imporre manovre di austerità", in parallelo al maxi piano di stabilizzazione dei mercati concordato con l’Ue, e che con il contributo dell’Fmi mobilita fino a 750 miliardi di euro. Dalla scure si salverebbero solo educazione, ricerca e politiche di assistenza sanitaria: "Sarebbe sbagliato risparmiare su questi segmenti", ha dichiarato a un quotidiano tedesco il ministro delle Finanze Wolfgang Scaeuble. Si profilano anche nuovi attriti in casa con l’opposizione: le proposte di risanamento hanno già innescato le critiche dei social democratici, secondo cui vanno a colpire i ceti più poveri. La Merkel però tira dritto e ha convocato una conferenza a porte chiuse della sua coalizione di centrodestra, che in due settimane dovrà preparare le linee guida del progetto di bilancio per il 2011. Obiettivi prefissati dovranno essere di tagliare il deficit dall’attuale oltre 5 per cento circa del Pil, al 3 per cento nel 2013 - la soglia massima consentita dai trattati europei - fino a giungere al quasi pareggio nel 2016: con un deficit allo 0,35 per cento del Pil come richiesto dalla Costituzione tedesca.

24 maggio 2010

 

 

 

 

 

la manovra economica - slitta a martedì l'incontro con le parti sociali

Letta: "Sacrifici duri, spero provvisori"

Napolitano: "Equità e misure condivise"

Il Capo dello Stato: "Siano prese decisioni responsabili". Bonaiuti: "Nessun condono edilizio e niente nuove tasse"

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Paolo Bonaiuti (infophoto)

Paolo Bonaiuti (infophoto)

MILANO - "È arrivato il momento dei sacrifici". Lo dice prima Paolo Bonaiuti, chiedendo "un segnale equo" a "chi guadagna di più". Lo ribadisce poi Gianni Letta: "Nella manovra ci sono sacrifici molto pesanti, molto duri, speriamo provvisori". E lo ripete infine anche Giorgio Napolitano: "I sacrifici siano distribuiti con equità tra i cittadini". Il governo è al lavoro per mettere a punto gli ultimi dettagli della manovra economica correttiva per il prossimo biennio: un pacchetto di misure pari all'1,6% del Pil che dovrebbero riportare il deficit sotto il 3% del Pil dal 5,3% dello scorso anno e rassicurare i mercati finanziari, preoccupati da un possibile allargamento della crisi della Grecia, sulla solidità dei conti pubblici italiani. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale, del resto, chiede all'Italia di "mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e aumentare il tasso di crescita nel lungo periodo". Servono tagli e risparmi, insomma. La tabella di marcia prevede che il Consiglio dei ministri si riunisca martedì alle 18 per il via libera al pacchetto, dopo l'incontro con gli enti locali e le parti sociali.

BONAIUTI - "La manovra sarà di 24 miliardi - annuncia il portavoce della presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti. - Ieri sono stato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. È stata una giornata di lavoro intenso". Qualche dettaglio? Bonaiuti, intervenendo a "La telefonata" di Maurizio Belpietro in onda su Canale 5, chiarisce che non ci sarà nessun condono edilizio ("casomai si tratta di mettere a catasto quelle due milioni di unità immobiliari") e che sono escluse nuove tasse ("Nessuno metterà le mani in tasca ai cittadini").

LETTA - Sull'argomento interviene anche Gianni Letta. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio conferma che la manovra conterrà "una serie di sacrifici molto pesanti, molto duri che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria, con una temporaneità anche già definita, per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia. Capiamolo così e ci capiamo tutti". Letta parla di "una manovra straordinaria che chiamiamo 'Provvedimenti urgenti per la stabilità finanziaria e per la competitività economica' che ci è imposta dall'Europa così come per gli altri Paesi, dalla Spagna al Portogallo, dalla Francia alla Gran Bretagna, alla Germania, che stanno prendendo provvedimenti, nel disperato, ma spero vittorioso tentativo, di scongiurare una crisi epocale e di salvare l'Euro".

NAPOLITANO - Dagli Stati Uniti interviene anche Giorgio Napolitano: il presidente della Repubblica afferma che per affrontare la grave crisi che ha colpito l'euro "in tutta Europa occorre ridurre il debito pubblico, occorrono sacrifici distribuiti con equità tra i cittadini". "Bisogna mettere nel conto anche le proteste, che fanno parte della democrazia - prosegue Napolitano. - Quel che è importante è che le decisioni siano prese responsabilmente dalla maggioranza ed io spero siano condivise dalle forze di opposizione in Parlamento, nel comune interesse".

PD E IDV - L'opposizione attende di conoscere i dettagli della manovra, anche se si levano già voci critiche. "Basta con i balletti sulle cifre, Berlusconi dica la verità ai cittadini sulla portata della manovra, sulla situazione dei conti pubblici e dell'economia italiana", attacca Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera. "Per il bene del paese - dichiara invece il capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano - è necessario che la manovra finanziaria contenga un elevato tasso di equità sociale. Una manovra classicamente concentrata su redditi da lavoro, pensioni e stato sociale per le famiglie - aggiunge Damiano - significherebbe l'adozione di quelle ricette neo liberiste che ci hanno portati nell'attuale situazione di crisi. Sarebbe paradossale e incomprensibile per la maggioranza dei cittadini".

Redazione online

24 maggio 2010

 

 

 

Anticipazioni sulla manovra al vertice del Pdl, che ha dato un sostanziale via libera

Tremonti: tagli anche anche ai partiti

Condono per le case "fantasma". Stretta sulla spesa in materia di invalidità e poi nuovi pedaggi sui raccordi

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(Ansa)

(Ansa)

ROMA - Dalla consulta economica del Pdl è arrivato un sostanziale via libera alla manovra finanziaria illustrata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Durante la riunione, riferiscono alcuni partecipanti, c’è stata una discussione che è stata animata ma serena ed è stata lasciata la porta aperta su possibili ritocchi. In particolare restano alcuni punti da definire come i tagli alle remunerazioni dei manager pubblici, la riduzione del finanziamento ai partiti, la tracciabilità dei pagamenti in contanti ed infine le risorse da destinare a Roma capitale. È questo in sintesi l'esito della riunione della Consulta economica del Pdl da poco conclusasi a via dell'Umiltà secondo quanto riferito da fonti concordanti

TAGLI AI PARTITI - Il ministro dell'Economia, secondo quanto hanno riferito alcuni partecipanti alla riunione del Pdl sulla manovra, ha detto che la scure dei risparmi arriva anche sui partiti politici. Sarà infatti dimezzato il contributo di un euro a cittadino iscritto nelle liste elettorali per le elezioni alla Camera. Verranno inoltre soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento. Se un politico che è stato eletto ha incarichi nella pubblica amministrazione, per questi può percepire solo il rimborso delle spese e un gettone di presenza al massimo di 30 euro. Inoltre, le risorse che si recupereranno dalle riduzioni di spesa di Quirinale, Senato, Camera e Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

AL SUD NIENTE IRAP PER CHI AVVIA NUOVE ATTIVITA' - Arriva la possibilità per le regioni del Sud di istituire un tributo proprio sostitutivo dell’Irap per le imprese che avviano nuove attività. In sostanza, chi avvierà nuove attività al Sud dopo l’approvazione del decreto non pagherà più l’Irap attuale alle regioni.

INVALIDITA' - Il ministro ha anche confermato una stretta sulla spesa in materia di invalidità. L'elevazione percentuale di invalidità dal 74% all'80% per la concessione dell'assegno di invalidità. Previsto anche un piano di controlli: l'Inps è chiamata ad effettuare un programma di 100mila verifiche per l'anno 2010 e di 200mila verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Le Regioni poi dovranno concorrere alle spese: a valere sui trasferimenti alle regioni, il 45% degli stessi sono redistribuiti tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa effettuata in ciascuna regione per invalidità civile.

PROTEZIONE CIVILE - Le ordinanze di Protezione Civile con cui viene dichiarato lo stato d'emergenza "sono emanate di concerto con il ministero dell'Economia". È quanto prevede la bozza della manovra finanziaria, nella parte relativa alla riorganizzazione dei poteri del Dipartimento della Protezione Civile, che è ancora in fase di elaborazione. Nella bozza si sottolinea inoltre che le calamità naturali e le catastrofi devono essere fronteggiate con "mezzi e poteri straordinari" solo se si determinano "situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente". Nel testo vi sarebbe anche la soppressione di quegli articoli delle leggi che consentono al Dipartimento la gestione dei grandi eventi. Quanto alla durata degli stati di emergenze, la bozza - non ancora definitiva - prevede che questa sia "definita in stretta correlazione con i tempi necessari per la realizzazione dei primi, indispensabili, interventi e senza che la concessione di eventuali proroghe possa essere giustificata da situazioni di inerzia o da ritardi". Per ciò che concerne le deroghe sugli appalti, invece, in caso di "assoluta eccezionalità dell'emergenza", le ordinanze possono autorizzare "soltanto per periodi di tempo prestabiliti".

RIFIUTI - Niente rimborsi per l'Iva pagata sulla Tia, la Tariffa di Igiene Ambientale, che in molti Comuni ha sostituito la Tarsu, la tassa sui rifiuti. Nella manovra ci sarà una norma interpretativa per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

SANATORIA IMMOBILIARE - Tra i contenuti della manovrà ci sarà anche la sanatoria immobiliare. E riguarderà - ha spiegato il ministro dell'Economia - l'obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale con sanzioni che saranno ridotte ad un terzo.

NUOVI PEDAGGI AUTOSTRADALI - Sarà inoltre possibile porre un pedaggio su tratti stradali che connettono con le autostrade: questa, secondo quanto riferito da alcuni presenti, ha prospettato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti alla Consulta del Pdl. Questo servirebbe a reperire risorse per le infrastrutture ed escludere Anas dal perimetro del bilancio statale.

ALIQUOTA SU STOCK OPTION E BONUS - Su stock option e bonus scatterà un'aliquota addizionale del 10%. Lo prevede sempre la manovra 2011-2012 illustrata dal ministro dell'Economia alla Consulta economica Pdl. La stretta fiscale riservata al settore finanziario - in linea con le decisioni assunte in sede G20 - sarà applicata su quelle remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

ALTRI DUE ANNI DI STOP AL TURN OVER NELLA PA - Il trattamento economico dei dipendenti della PA, compresi i dirigenti, non potrà superare (fino al 2013) il trattamento del 2009. Il turn over sarà inoltre limitato per altri 2 anni. I trattamenti saranno ridotti del 5% sopra i 90.000 euro di reddito per la parte che eccede i 90.000 euro e fino a 130.000. Contributo che aumenterà fino al 10%oltre i 130.000 euro. C'è poi un tetto alle 'codè contrattuali 2008-2009: cioè si prevede che i rinnovi non possano determinare aumenti superiori al 3,2%. Verso un’accelerazione dell’età di pensionamento delle donne nel pubblico impiego. E’ quanto si legge nel documento con le misure della manovra che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sta illustrando alla Cosnulta del Pdl.

24 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-22

messaggio del premier sulla prossima manovra finanziaria

Berlusconi: "Nessuna macelleria sociale"

"Non verranno toccate sanità, pensioni, scuola e Università". Bersani: "Batoste su ceti medi ed enti locali"

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messaggio del premier sulla prossima manovra finanziaria

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"Non verranno toccate sanità, pensioni, scuola e Università". Bersani: "Batoste su ceti medi ed enti locali"

Silvio Berlusconi (Ansa)

Silvio Berlusconi (Ansa)

ROMA - Silvio Berlusconi dice la sua sulla prossima manovra finanziaria, dopo il lungo incontro con Tremonti, e cerca di tranquillizzare l'opione pubblica: "Non sarà punitiva".

MACELLERIA SOCIALE - "Bisogna far sapere che non uno di questi fantasiosi provvedimenti di macelleria sociale di cui si legge su certa stampa in questi giorni risponde al vero. Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali. È assolutamente falso che sia alle viste un aumento delle imposte" ha detto il presidente del Consiglio in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà. "Non verranno toccate - precisa Berlusconi - nè la sanità nè le pensioni, nè la scuola nè l'Università. È sicuro invece che il governo continuerà a mantenere i conti pubblici in ordine con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e il sostegno alo sviluppo. E ripeto: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani".

RISPETTEREMO GLI IMPEGNI UE - "Per il futuro continueremo a rispettare gli impegni che l'Ue impone a tutti i Paesi europei e cioè una riduzione del deficit, cioè del nostro disavanzo per il 2011 e per il 2012. E questo per noi significa passare dall'attuale 5% di deficit rispetto al nostro Pil, al 3% nel 2012. Faremo questa manovra e quando l'avremo messa a punto, quando sarà definita in tutti i suoi aspetti, la faremo conoscere a tutti italiani nel modo più diretto, nel modo più trasparente" ha detto anche il premier.

CON L'OPPOSIZIONE ITALIA COME LA GRECIA - "Invece - ha aggiunto - penso che alimentare ogni giorno il pettegolezzo su questi argomenti sia una grave responsabilità da parte dell'opposizione. Voi sapete bene che se il nostro Governo avesse seguito anche solo una parte delle richieste di questa opposizione cioè più spese, più debito, l'Italia sarebbe finita come la Grecia, cioè sarebbe finita male, molto male. Noi invece abbiamo garantito la credibilità dei nostri Bot e Cct sul mercato finanziario internazionale, che continua a investire nei titoli del nostro debito pubblico e così facendo abbiamo tutelato il risparmio delle famiglie, abbiamo assicurato la pensione a quasi 17 milioni di pensionati, abbiamo assicurato lo stipendio a 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici, senza mai mettere le mani, voglio ripeterlo, nelle tasche dei contribuenti".

BOSSI: "TROVEREMO UN EQUILIBRIO" - Sulla manovra anticrisi "io e Berlusconi cercheremo di trovare un equilibrio". Lo ha affermato il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, a margine della festa della Polizia, in corso a Varese. "Ci incontreremo sia con Tremonti che con Berlusconi - ha sottolineato Bossi - perchè sulle cose non è che ci sia ancora chiarezza. ConTremonti avevo parlato, ma bisogna mettere in mezzo anche Berlusconi", ha aggiunto il leader della Lega Nord.

BERSANI: "CARICO SUI CETI MEDI E BATOSTA SUGLI ENTI LOCALI" - Il primo a commentare è stato il segretario del Pd: "Arrivano delle agenzie curiose: Berlusconi dice che non si tocca la sanità, non si toccano le pensioni, non si mettono tasse. Quindi problemi zero. Purtroppo i segnali che abbiamo ci dicono cose diverse, e molto serie, perchè qui non si vede nulla di nulla che metta mano a dei meccanismi e che metta in condizione il paese di spostare il carico. Il carico è di nuovo sui ceti medi e una batosta sugli enti locali".

Redazione online

22 maggio 2010

 

 

 

Conti pubblici - Il governo

Il premier frena Tremonti: servono scelte condivise

"L’Europa ha vissuto al di sopra dei propri mezzi"

Conti pubblici - Il governo

Il premier frena Tremonti: servono scelte condivise

"L’Europa ha vissuto al di sopra dei propri mezzi"

ROMA — I Paesi europei "sono consapevoli di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità" ed è per questo che "i governi stanno ora facendo uno sforzo per ridurre le spese". Nel giorno dell’annuncio della manovra da 27 miliardi, il premier Silvio Berlusconi la spiega con un’autocritica collettiva, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi col presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Durao Barroso. Col quale parla della crisi greca e della risposta europea per evitare i rischi di contagio. Per l’Italia il segnale di rigore è appunto la manovra, che si annuncia severa. A tal punto che lo stesso Berlusconi ha deciso di frenare il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti che l’ha definita con l’obiettivo di portarla in tempi strettissimi, forse già martedì prossimo, all’approvazione del Consiglio dei ministri. Il premier già ieri sera ha affrontato la questione con Tremonti, rientrato appositamente da Bruxelles dove ha partecipato alla riunione della task force per la revisione del Patto di stabilità europeo e il rafforzamento della governance economica dell’Unione. Berlusconi in sostanza vorrebbe che le misure, proprio perché severe, siano discusse e condivise ad iniziare dalla stessa maggioranza. Una preoccupazione espressa ieri esplicitamente dal ministro per i Rapporti con l’Unione europea, Andrea Ronchi. "E’ necessario che la manovra sia la più condivisa possibile" ha detto Ronchi sottolineando l’esigenza del confronto prioritario "con le parti sociali, con le imprese, con le associazioni di categorie" e di interventi che "taglino gli sprechi, che diano eticità e dimostrino che questo Governo è forte e sa affrontare con coesione le varie emergenze". E poi, ha insistito Ronchi, "occorre un passaggio anche dentro il Pdl: si deve fare una discussione pure di notte perché il Pdl la manovra la deve spiegare e accompagnare". Intanto nell’incertezza "dei tempi della manovra" il ministro per il Welfare Maurizio Sacconi ha rinviato l’incontro con i sindacati previsto per lunedì prossimo.

Che la situazione richieda decisioni nette, in Italia e nel resto dell’Europa, nel momento in cui la paura per il debito greco ha dato linfa alle speculazioni contro l’euro e ha innescato i rischi di contagio, Berlusconi lo ha comunque riconosciuto dopo l’incontro con Barroso: "Tutti i Paesi europei hanno debiti importanti e invece di chiudere i bilanci con un margine attivo così da poterli ridurre progressivamente, hanno aumentato ancora di più i debiti " ha spiegato il premier ribadendo la necessità di aiutare la Grecia e di bloccare ogni timore per la tenuta dell’Unione. E a Barroso che ringraziava l’Italia e il suo premier "per il contributo dato alla soluzione " della crisi "difendendo la necessità di una risposta comunitaria e non isolata ", Berlusconi ha confermato che il nostro Paese "continuerà a dare il suo forte sostegno all'Europa: siamo uno dei Paesi fondatori. L'Italia è la nostra patria di oggi e di domani ma, quella di domani, è anche l'Europa". Sull’esigenza di una risposta unitaria ha insistito a Bruxelles anche Tremonti il quale ha rivolto il suo richiamo al collega tedesco, Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze del governo di Berlino da cui sono arrivate nelle scorse settimane le maggiori resistenze ad un intervento di aiuto alla Grecia. "Ho citato, riferisce Tremonti, un poeta tedesco che dice: il primo passo è libero, ma il secondo passo è obbligatorio e dobbiamo farlo insieme. Ci siamo intesi".

Stefania Tamburello

22 maggio 2010

 

 

 

Retroscena - L’accusa di voler fare un tesoretto per il federalismo

Contrasti e cene vis-à-vis Berlusconi al ministro: sì al rigore ma non esageriamo

Retroscena - L’accusa di voler fare un tesoretto per il federalismo

Contrasti e cene vis-à-vis Berlusconi al ministro: sì al rigore ma non esageriamo

ROMA—Non avere il controllo diretto sui conti dello Stato, essere quasi al buio su tanti risvolti del bilancio pubblico, gestito dalla Ragioneria, è una cosa che ha sempre prodotto in Berlusconi un senso di impotenza. Una sensazione passeggera, se bilanciata dalla fiducia totale nel proprio ministro dell’Economia, molto sgradevole se alla fiducia si affiancano, come nelle ultime ore, incomprensioni, sospetti ed accuse anche molto esplicite.

Due sere fa, nello studio di Palazzo Chigi, alla sola presenza di Gianni Letta, il Cavaliere e il suo ministro hanno toccato proprio il tasto della fiducia reciproca. E’ stato un momento delicato, sono state pronunciate parole molto dirette, il capo del governo e il custode dei conti dello Stato si sono guardati negli occhi convinti ognuno di aver ragione. Nel merito la discussione definiva però due ruoli anomali e confliggenti: il Cavaliere con l’indice puntato, nelle vesti dell’accusatore; Tremonti a difendere, numeri alla mano, l’ineluttabilità delle scelte.

Se il sottosegretario alla presidenza del Consiglio abbia fatto l’arbitro, o il giudice, non si sa. Ci avrà provato. Di certo la discussione ha toccato il momento meno felice quando il premier ha rivolto al proprio ministro l’accusa di voler strafare, di preparare un manovra economica più forte del necessario non solo per le reali necessità della finanza pubblica, ma anche per un motivo contabile e politico ben preciso: favorire la Lega, il blocco di consenso del partito di Umberto Bossi e al tempo stesso accantonare più risparmi di quanti ne occorrano per il momento in cui dovrà essere varato il federalismo fiscale.

Sul punto c’è stato un confronto a tratti circostanziato, puntellato dalla lettura delle misure contenute nella bozza della manovra, compreso quell’intervento che potrebbe incidere sulle retribuzioni più alte del pubblico impiego e che il capo del governo considera discriminatorio rispetto al settore privato, convinto che avrà effetti negativi sul consenso suo personale e del Pdl.

Ovviamente le critiche sono state rispedite al mittente dal ministro, per il quale la gravità della congiuntura economica non consente alternative. Allo stesso tempo hanno giocato un ruolo i comportamenti e la disinvoltura degli uomini della Lega, in primo luogo Roberto Calderoli, che dal premier è stato invitato, con ironia, ma non troppo dolcemente, a presentare lui agli italiani, la prossima volta, la manovra economica, vista la loquacità preventiva sugli interventi di correzione dei conti pubblici.

E’ anche in questo clima che si svolgono in queste ore gli incontri al più alto livello su una manovra che segnerà l’immagine che gli italiani hanno del governo presieduto dal Cavaliere e che finirà per incidere in misura molto diretta sulla vita quotidiana di milioni di elettori.

Ieri il capo del governo, alla presenza del presidente della Commissione europea, ha abbozzato un primo tentativo di comunicazione diretta: è in corso, ha detto, uno sforzo da parte di tutti i governi per ridurre le spese e c'è la consapevolezza di tutti i Paesi europei "di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità". Non gli piace la parola sacrifici, ma è in sostanza quello che si appresta a chiedere, per di più a delle persone che lo hanno votato ritenendo possibile una riduzione della pressione fiscale. Ovvio che sia molto contrariato, tanto più coltivando il dubbio di dover mettere la firma su un provvedimento più pesante del necessario.

Di fronte a tutto questo scoloriscono altri dettagli. I ministri che minacciano di non approvare la manovra, se non verranno coinvolti. I problemi di metodo: forse martedì o mercoledì si riunirà la consulta economica del Pdl allargata ai ministri, dovrà dare un imprimatur politico al provvedimento, in sostanza dare l’idea di una collegialità, affiancare qualcos’altro all’immagine di Tremonti.

Quell’immagine che in questi frangenti il Cavaliere vede come antitetica alla propria: la durezza della manovra alimenta, anche all’estero, il prestigio del Custode dei conti; rischia di depotenziare, agli occhi dei proprio elettori, quello del Cavaliere. Anche per trovare un equilibro fra queste due esigenze, ieri sera, poco prima delle 22, Tremonti si è recato a casa del presidente del Consiglio.

Marco Galluzzo

22 maggio 2010

 

 

 

 

Il piano/Stretta sugli invalidi, accompagnamento solo fino a 25 mila euro

Crisi, la bozza della manovra

Ticket e tagli ai manager

Per le prestazioni specialistiche prelievo di 7,5 euro. Stipendio ridotto del 10% per manager oltre i 75 mila €

Il piano/Stretta sugli invalidi, accompagnamento solo fino a 25 mila euro

Crisi, la bozza della manovra

Ticket e tagli ai manager

Per le prestazioni specialistiche prelievo di 7,5 euro. Stipendio ridotto del 10% per manager oltre i 75 mila €

ROMA— Sono ancora solo ipotesi. Ma a tre giorni dal varo della manovra da 27,6 miliardi per il biennio 2010-2011, appaiono per la prima volta nero su bianco. Sono 119 articoli, raccolti in 41 pagine, per un decreto che conferma l’esigenza di grandi sacrifici, a cominciare già da luglio con l’introduzione di un ticket sanitario sulle visite specialistiche di 7,5 euro, per proseguire nel 2011 e nel 2012 con tagli drastici alla spesa pubblica. Il testo, ancora in bozza, non risparmia nessuno: congelamento dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, da 4 a 2 "finestre" all’anno per andare in pensione di vecchiaia, limiti di reddito per l’indennità di accompagnamento degli invalidi, tagli agli stipendi di ministri, sottosegretari, dirigenti pubblici, consiglieri degli enti, poi il blocco degli stipendi di magistrati, militari, poliziotti, professori universitari. E, ancora, i tagli dell’8% alla spesa dei ministeri, quelli a Regioni, Comuni e Province, la soppressione di alcuni enti, come la nuovissima Difesa Spa, e l’assoggettamento della Protezione Civile ai controlli ordinari. Misure cui si aggiungono quelle del disegno di legge che accompagnerà il decreto, con il giro di vite sull’evasione fiscale e i controlli sul contante, la regolarizzazione degli immobili fantasma, la stretta sui giochi illegali, che avrà riflesso anche sul gettito fiscale, il riordino degli enti previdenza.

(Sul giornale in edicola l'articolo che analizza la manovra punto per punto)

Enrico Marro

Mario Sensini

22 maggio 2010

 

 

 

 

Non pochi i risvolti applicativi che incideranno sulla concessione

Manovra correttiva e invalidi civili

Introdotto il limite reddituale quale condizione per l’erogazione dell’indennità di accompagnamento

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NOTIZIE CORRELATE

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Il canale "disabilità" di Corriere.it

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Il forum "legge e disabilità"

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Il forum "Ditelo a noi"

MILANO - Anche per le indennità di accompagnamento verrà introdotto un limite reddituale. Queste le intenzioni espresse nella Manovra correttiva che il Governo presenterà a breve. Il limite reddituale personale dovrebbe essere di 25mila euro. Per gli invalidi coniugati oltre al limite personale c’è n’è uno "di coppia" pari a 38mila euro. Il nuovo limite riguarderà le indennità erogate dal 1 gennaio 2011. Nel caso si superino i 25mila euro sommando reddito e indennità, la provvidenza viene ridotta fino a limite reddituale. Esempio: un invalido percepisce 23 mila euro di reddito (o pensione di anzianità), il totale annuale di indennità sarebbe solo di 2 mila euro (contro i 5.760 attuali). È un passaggio epocale, perchè in tal modo anche l’indennità di accompagnamento, una provvidenza assistenziale, viene considerata, di fatto, reddito. Pertanto, in realtà, il vero limite reddituale per godere pienamente dell’indennità non è di 25mila euro, ma di 19.240 euro.

LE "VECCHIE INDENNITÀ"- Per le indennità di accompagnamento già in godimento, non è prevista la sospensione, ma nel caso di superamento di quei limiti reddituali, verrebbe sospesa la perequazione automatica annuale. Per dare un ordine di grandezza nel 2010 la perequazione dell’indennità rispetto all’anno precedente è stata di 18 euro mensili.

L’INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO: CHE COS’È? - L’indennità di accompagnamento è una provvidenza assistenziale introdotta nel 1980 a favore degli invalidi civili totali che non sono in grado di deambulare autonomamente o senza l’aiuto di un accompagnatore o non sono in grado di svolgere autonomamente gli atti quotidiani della vita. Fra le condizioni di esclusione: essere ricoverati in istituto a carico dello Stato o degli enti locali. Come detto, finora, non era previsto alcun limite reddituale poiché veniva considerata una indennità per servizi assistenziali che lo Stato non eroga.

REDDITO LORDO O NETTO? - Ma la domanda di fondo rimane quella che riguarda anche le altre prestazioni riservate agli invalidi civili: si considera il reddito netto o il reddito lordo? La risposta cela una dei veri e propri "misteri" della nostra burocrazia assistenziale.Un po’ di storia non guasta, per capire meglio.

L’ORIGINE - Agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti vengono erogate delle provvidenze economiche rapportate al loro grado di invalidità. Uno degli elementi che determina la concessione è il limite reddituale. Prima di concedere o confermare pensioni, assegni o indennità di frequenza, viene quindi verificato il reddito personale annuo dell’interessato. Fanno eccezione le indennità di accompagnamento per ciechi e invalidi civili, l’indennità di comunicazione per i sordomuti e l’indennità per i ciechi ventesimisti, per le quali non è previsto alcun limite reddituale.

Ma a quale reddito si deve far riferimento? La normativa di riferimento per i limiti reddituali è l’articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980, n. 33: "i limiti di reddito […], sono elevati a L. […] annui, calcolati agli effetti dell’IRPEF e rivalutabili annualmente secondo gli indici di valutazione delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria, rilevate dall’ISTAT agli effetti della scala mobile sui salari". Sono possibili due ipotesi interpretative: considerare il reddito complessivo cioè tutti i redditi che non siano esenti per legge dal calcolo dell’IRPEF, oppure considerare il reddito imponibile ai fini IRPEF. La differenza ovviamente è sostanziale.

COMPLESSIVO E IMPONIBILE - Il reddito complessivo è la somma di tutti i redditi che non siano esenti da terreni, da fabbricati, dalla prima casa, da lavoro e assimilati, da impresa ecc. È il reddito totale su cui solo successivamente si calcola il reddito imponibile deducendo il reddito della prima casa, gli oneri deducibili (es. spese di assistenza handicap) e le deduzioni per la progressività dell’imposta. Nel reddito complessivo non è compreso il TFR, come pure altri redditi che sono sottoposti a tassazione separata.

Il reddito imponibile è invece quello su cui si applica l’aliquota IRPEF, cioè su cui si calcolano le "tasse" dovuto all’Erario. È la risultante della sottrazione dal reddito complessivo degli oneri deducibili (spese e deduzione per la progressività dell’imposizione) e del reddito della prima casa. Viene cioè considerato il reddito che rimane effettivamente disponibile al contribuente e su cui, quindi, si applica l’IRPEF in sede di denuncia dei redditi o di dichiarazione sostitutiva. L’imponibile IRPEF è rilevabile nell’Unico, nel 730, nel Cud.

PARERI E SENTENZE - Interpretando letteralmente la norma del 1980 è a questo reddito che ci si dovrebbe riferire. Di questo avviso anche il Consiglio di Stato (parere n. 2283 del 14.02.1990) che ha ribadito: "Il limite di reddito […] va determinato con riguardo ai redditi che concorrono a costituire la base imponibile ai fini dell’IRPEF". Purtroppo però la prassi amministrativa (INPS e Ministero dell’Economia) ha assunto tutt’altra direzione assumendo quindi il reddito complessivo come riferimento per il limite di reddito. Una direzione diversa da quella prevista dal Legislatore.

L’abitazione è stata negli ultimi anni considerata come una necessità primaria dei cittadini, tanto da alleggerire su di questa la tassazione. Proprio per questi motivi il reddito da abitazione, come abbiamo detto sopra, va dichiarato nel reddito complessivo, ma non va considerato ai fini del reddito imponibile IRPEF. Questa considerazione non vale però quando si tratta di concedere delle provvidenze economiche agli invalidi civili.

LA LINEA DELL’INPS - Il Messaggio INPS 31976 del 21 settembre 2005, emanato in accordo con il Ministero dell’economia, ribadisce ciò che già applica da tempo e cioè che bisogna "considerare il reddito derivante dalla casa di abitazione ai fini dell’accesso al diritto a pensione di invalidità civile. Quanto sopra sulla base della considerazione della distinzione tra deducibilità dei redditi ai fini fiscali e computabilità degli stessi redditi ai fini previdenziali e sul presupposto che laddove il legislatore ha voluto escludere il reddito della casa di abitazione lo ha esplicitamente previsto". Ma, come dovrebbe ben sapere l’INPS, la pensione di invalidità civile non è una prestazione previdenziale, ma assistenziale. E diventa quasi superfluo sottolineare che con questa interpretazione non vengono dedotte dal reddito nemmeno le spese di assistenza specifica sostenute proprio a causa della disabilità. Nella sostanza: le spese, ad esempio per la badante, vengono considerate ai fini delle deduzioni, ma non vengono contemplate ai fini della concessione delle provvidenze assistenziali per invalidi, ciechi e sordi. Non è invece superfluo sottolineare che questa prassi amministrativa, contro la quale ci auguriamo vengano intentati ricorsi, comporta l’esclusione dalla concessione delle provvidenze economiche di molte persone con disabilità. Esclusione che ora riguarderà significativamente anche i potenziali titolari dell’indennità di accompagnamento.

Carlo Giacobini

Direttore Handylex

22 maggio 2010

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-09-07

Obama, nuovo piano di stimoli

50 miliardi per le infrastrutture

L'annuncio nel discorso per il Labor day. Si punterà soprattutto sui trasporti di superficie, prevista la partecipazione di banche e privati

Obama, nuovo piano di stimoli 50 miliardi per le infrastrutture

WASHINGTON -Barack Obama 'scalda' gli uomini del sindacato. In occasione del 'Labor day', in maniche di camicia, rispolvera lo slogan 'Yes we can', attaccando a testa bassa i repubblicani a 58 giorni dal voto di novembre. Aprendo il suo intervento alla 'laborfest', una sorta di festa delle Union che si tiene a Milwaukee, in Wisconsin, il presidente rilancia con forza il ruolo della working class, dei suoi valori e della sua dignità e annuncia un piano da 50 miliardi.

"L'America - esordisce Obama - non può avere un'economia forte senza un ceto medio forte, sempre più grande, con i suoi valori e la sua capacità i lavorare duro". E per aiutare la 'middle class' colpita dalla crisi e dalla disoccupazione, Obama lancia un piano di investimenti in grandi opere pubbliche, soprattutto nel settore dei trasporti, da 50 miliardi di dollari in sei anni. Un piano che, sottolinea Obama "non aumenterà il deficit". Quindi assicura che "ogni singolo giorno della sua presidenza" non smetterà mai di lottare per difendere "il sogno americano", di chi, pur avendo umili origini, con la sola forza del suo lavoro, vuole garantire un futuro ai suoi figli.

"E' stato così ai temi dei miei nonni - esclama Obama - e dovrà tornare ad essere così anche in futuro". Con accenni volutamente patriottici, Obama osserva che gli Usa non sono diventati il Paese più ricco al mondo "con i giochi e le scommesse di carta di Wall Street", ma grazie alla capacità "di produrre e vendere beni reali". E' tempo, esorta, di "rifondare la nostra economia" e rilanciare il Made in Usa. Per rimettere in moto l'azienda Usa, Obama lancia da Milwaukee un imponente piano di investimenti in opere pubbliche chiedendo al Congresso ad approvarlo: "Nei prossimi sei anni costruiremo 150mila miglia di strade, pari a sei volte l'equatore. Rinnoveremo 4.000 miglia di linea ferroviaria, la stessa distanza che divide l'est dall'ovest e rimetteremo a posto 150 miglia di piste aeroportuali, in modo da ridurre i disagi e i ritardi". Quindi annuncia la creazione di una nuova banca per le Infrastrutture in grado di fare il lavoro di almeno 100 uffici federali. Così si ridurranno i tempi e si taglieranno i costi della burocrazia.

"La storia ci dice che questo tipo di piano dovrebbe avere l'appoggio parlamentare bipartisan. Ma - avverte Obama entrando in clima elettorale - c'è gente a Washington che la pensa diversamente. In tutti questi mesi ogni volta che abbiamo presentato provvedimenti a favore dei lavoratori abbiamo trovato sempre i no dei repubblicani. Mentre sto parlando stanno dicendo no al taglio delle tasse per le piccole aziende. E' gente che vuole aiutare i milionari, che cambia le regole per aiutare i propri interessi particolari, senza pensare ai problemi dei lavoratori".

Quindi, in un clima da comizio sindacale, Obama incita la folla a tenere duro: "So che viviamo una situazione difficile, che la gente è preoccupata sul futuro e non ha i soldi per tirare avanti. Quando i tempi sono duri è facile abbandonarsi alla paura e al cinismo, ai dubbi e alle divisioni. Ma noi non molliamo. Siamo il Paese che ha superato depressioni e guerre, grandi sfide e grandi minacce, illuminando la strada al resto del mondo. Ogni volta che i problemi sembravano irresolubili - aggiunge tra gli applausi - abbiamo fatto il nostro meglio, un popolo, una nazione. Questo è lo spirito del movimento sindacale. Da soli si perde, uniti si è più forti e vince. Per questo siamo americani e ci chiamiamo Stati Uniti". Poi, tra in chiusura, tra l'entusiasmo generale, rispolvera quel 'Yes We Can che lo portò alla Casa Bianca due anni fa.

(06 settembre 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-08-28

WELFARE

Italia in coda per la spesa famiglia

la conferma dai dati del governo

Con Portogallo e Spagna ultimi per sostegno maternità: tra 1,2 e 1,4% rispetto a media Ue del 2,1%. Studio Ires Cgil calcola il valore dei nonni: tra assistenza e volontariato contribuiscono al Pil per oltre 18 miliardi

Italia in coda per la spesa famiglia la conferma dai dati del governo

ROMA - In Italia per famiglia e maternità si spende l'1,2% del prodotto interno lordo, uno dei livelli più bassi, insieme a Spagna e Portogallo, rispetto al resto d'Europa dove si spende decisamente di più (2,1% nella Ue a 15 e 2,0% nella Ue a 27). La spesa per invalidità, vecchiaia e superstiti è invece la più elevata (17,1%) che negli altri Paesi: la media dei 15 è pari infatti al 14% e quella dei 27 è del 13,7%. Non solo, ma la quota di spesa per queste voci è pari nel nostro Paese al 67,1% del totale prestazioni, contro il 54% della media dei 15 Paesi. Per quanto riguarda poi la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7% (in Polonia il 4,5%). Ma la media complessiva dei Paesi europei è dell'8%. E' quanto risulta dall'ultima Relazione generale sulla situazione economica del Paese pubblicata dal ministero dell'Economia, da cui risulta invece che

Ad affiancare questi dati arriva una ricerca dell'Ires Cgil sul "Capitale sociale degli anziani" da cui si evince che i nonni contribuiscono per l'1,2% del Pil alla ricchezza del Paese attraverso attività d'aiuto informale, assistenza ai nipotini o volontariato. Il dato, pari a 18,3 miliardi l'anno, è stato elaborato sulla base di una serie di opzioni e di calcoli fondati su selezione di dati ed elaborazioni sulle quantità di tempo erogato dagli anziani per gli aiuti informali e volontari e costi orari per prestazioni equivalenti. Ad esempio per la cura dei bambini, secondo la ricerca, il contributo dei nonni - che sono quasi sette milioni, anche se non tutti si prendono cura dei nipoti - non si limita al valore intrinseco dell'attività ma è a sua volta generatore di economie esterne positive, specie a favore delle donne e in generale a vantaggio delle famiglie italiane. Il valore economico di coccole e assistenza, può essere valutato per la ricerca in oltre 1,3 milioni di euro l'anno.

Diverso lo studio del ministero del Tesoro: il dato comparato tra i vari Paesi più aggiornato risale al 2007, anche se la relazione offre "un aggiornamento al 2009 dei soli dati relativi all'Italia" dai quali emerge che lo scorso anno la spesa per la famiglia è salita all'1,4%. Non disponendo dei dati comparati non si sa se con quello 0,2% in più l'Italia ha scalato qualche posto della classifica, dalla posizione di coda, ma è evidente che questo risultato resta ancora lontano dal 3,7% di spesa sul Pil registrato in Danimarca o dal 3% in Svezia. In ogni modo, pur escludendo i Paesi scandinavi che hanno una tradizione di welfare di un certo peso, l'1,2-1,4% dell'Italia resta lontano anche dal 2,5% della Francia, per fare un esempio, o del 2,8% della Germania, dove in ogni caso si spende il doppio per la famiglia rispetto al nostro Paese.

Per quanto riguarda invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese, infatti, la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7% (in Polonia il 4,5%). Mentre la media complessiva dei Paesi europei è dell'8%. Se poi si guarda alle voci del Bilancio dello Stato, e in particolare a quelle delle prestazioni di protezione sociale, emerge che nel 2009 la spesa pubblica per assegni familiari è scesa a 6,390 miliardi di euro dai 6,675 del 2008 (-4,3%). In calo anche la spesa per l'indennità di maternità, che è in un'unica voce di bilancio assieme all'indennità di malattia e per infortuni: la riduzione delle uscite è stata nel 2009 del 2,5% rispetto al 2008.

Riguardo alla malattia, l'Italia si colloca su un livello di spesa in rapporto al Pil (6,7%) inferiore alla media dei 15 (7,6%) e dei 27 (7,4%). Per le altre spese sociali, invece, il nostro paese presenta percentuali meno elevate o in alcuni casi simili agli altri, tranne Malta e Polonia per famiglia e maternità, e Bulgaria, Polonia e Romania, nonché i tre paesi baltici per disoccupazione (0,5% del Pil). Per quanto riguarda infatti la disoccupazione, la spesa dell'Italia è inferiore alla media dei 27 di 0,8 punti di Pil, così come quella per famiglia e maternità.

(28 agosto 2010)

 

 

 

 

IL CASO

Un business da 40 miliardi

per la Berlusconi-Gheddafi Spa

Grazie agli investimenti di Tripoli, il Cavaliere si è consolidato nei salotti buoni della finanza italiana. Il Colonnello è uscito dal suo storico isolamento ed ora società del suo Paese accedono alla City di Londra

di ETTORE LIVINI

Un business da 40 miliardi per la Berlusconi-Gheddafi Spa

NON SOLO tende beduine, caroselli di cavalli berberi e sfilate di soldatesse-amazzoni. La Berlusconi-Gheddafi Spa, a due anni dalla fondazione, è uscita da tempo dal folklore. L'oggetto sociale d'esordio - la chiusura delle ferite del colonialismo - è stato rapidamente archiviato all'atto della firma del Trattato d'amicizia bilaterale nel 2008.

L'Italia ha garantito 5 miliardi in 20 anni alla Libia e Tripoli ha bloccato (a modo suo) il flusso di immigrati verso la Sicilia. Poi - snobbando i dubbi degli 007 Usa e dei "parrucconi" come Freedom House che considerano il Paese africano una delle dieci peggiori dittature al mondo - sono cominciati i veri affari. Un pirotecnico giro d'operazioni gestite in prima persona dai due leader e da un piccolo esercito di fedelissimi ("gli imprenditori sono i soldati della nostra epoca", dice il Colonnello) che ha già mosso in 24 mesi quasi 40 miliardi di euro e che rischia di cambiare - non è difficile immaginare in che direzione - gli equilibri della finanza e dell'industria di casa nostra.

La premiata ditta Gheddasconi ha una caratteristica tutta sua. Gli affari diretti tra i due sono pochissimi. Anzi, solo uno: Fininvest e Lafitrade, uno dei bracci finanziari di Gheddafi, hanno entrambe una quota in Quinta Communications, la società di produzione cinematografica di Tarak Ben Ammar, l'imprenditore franco-tunisino tra i principali fautori dell'asse Arcore-Tripoli. Il grosso del business si fa per altre strade. Il Colonnello ha messo sul piatto un po' del suo tesoretto personale (i 65 miliardi di liquidità di petrodollari accumulati negli ultimi anni). Il Cavaliere gli ha spalancato le porte dell'Italia Spa, sdoganando la Libia sui mercati internazionali ma pilotandone gli investimenti ad uso e consumo dei propri interessi, politici e imprenditoriali, nel Belpaese.

In due anni Gheddafi è diventato il primo azionista della prima banca italiana (Unicredit) con una quota vicina al 7% (valore quasi 2,5 miliardi) e grazie allo storico 7,5% che controlla nella Juventus è il quinto singolo investitore per dimensioni a Piazza Affari. Le finanziarie di Tripoli hanno studiato il dossier Telecom, puntano a Terna, Finmeccanica, Impregilo e Generali. Palazzo Grazioli, nell'ambito del do ut des di questa realpolitik mediterranea, ha dato l'ok all'ingresso di Tripoli con l'1% nell'Eni ("puntiamo al 5-10%", ha precisato l'ambasciatore Hafed Gaddur). E la Libia ha allungato di 25 anni le concessioni del cane a sei zampe in cambio di 28 miliardi di investimenti.

Il Cavaliere tira le fila, consiglia e gongola. L'ingresso del Colonnello in Unicredit - oltre che a innescare i mal di pancia leghisti - è il cavallo di Troia per conquistare i vecchi "salotti buoni" tricolori, la stanza dei bottoni che controlla Telecom, Rcs - vale a dire il Corriere della Sera - e le Generali. Il momento per l'affondo è propizio. Il Biscione ha già piazzato le sue pedine negli snodi chiave: Fininvest e Mediolanum hanno il 5,5% di Mediobanca, crocevia di tutta la galassia. Tra i soci di Piazzetta Cuccia - con un pool di azionisti francesi accreditati del 10-15% - c'è il fido Ben Ammar. E gli ultimi due tasselli sono andati a posto in questi mesi. Lo sbarco di Tripoli a Piazza Cordusio, primo azionista di Mediobanca, stringe la tenaglia dall'alto. E a chiuderla dal basso ci pensa Cesare Geronzi, presidente delle Generali i cui ottimi rapporti con il Colonnello (e con il premier) - se mai ce ne fosse stato bisogno - sono stati confermati dalla difesa d'ufficio di entrambi al Meeting di Rimini. Niente di nuovo sotto il sole: l'assicuratore di Marino ha sdoganato Tripoli anni fa accogliendola nel patto di Banca di Roma (poi Capitalia) assieme a Fininvest. E ancor prima ha imbarcato la Libia in banca Ubae, guidata allora da Mario Barone, uomo vicino a quel Giulio Andreotti che solo un mese con il suo mensile 30 giorni ha pubblicato un volume sui discorsi pronunciati da Gheddafi nella sua ultima visita italiana.

Il puzzle adesso è quasi completo. Il Cavaliere ha in mano il controllo di industria e finanza pubbliche. E ora, grazie all'asse con Ben Ammar e Geronzi e ai soldi di Gheddafi (sommati alla debolezza delle vecchie dinastie imprenditoriali tricolori), può blindare quella privata estendendo la sua influenza su tlc, editoria e - Bossi permettendo - sulle ricchissime casseforti delle banche e delle Generali.

L'asse con il Colonnello gli regala però un'altra opportunità d'oro: quella di distribuire le carte delle commesse a Tripoli garantite dall'attivismo dell'efficientissimo tandem, immortalato ora a imperitura memoria sul frontespizio dei passaporti libici. Ansaldo Sts (per il segnalamento ferroviario) e Finmeccanica (elicotteri) hanno incassato due maxi-ordini. I big delle costruzioni si sono messi in fila per gli appalti sulla nuova autostrada libica da 1.700 chilometri (valore 2,3 miliardi) affidata in base agli accordi bilaterali ad aziende tricolori. In questi mesi hanno attraversato il Mediterraneo pure l'Istituto europeo di oncologia e Italcementi mentre Impregilo ha consolidato con una commessa da 260 milioni la sua già solida posizione nel Paese nordafricano dove con 150 miliardi di investimenti infrastrutturali nei prossimi sei anni la torta - previo via libera della Gheddasconi Spa - è abbastanza grande per tutti.

Anche Gheddafi, come ovvio, ha il suo dividendo. L'Italia è il cavallo di Troia per portare la Libia fuori dall'isolamento nell'era in cui la liquidità, come dimostra il salvataggio delle banche Usa da parte dei fondi sovrani arabi, non ha più bandiere. Missione compiuta se è vero che persino a Londra - grazie a un'operazione di diplomazia sotterranea guardata con sospetto a Washington - l'abbinata politica-affari ha dato risultati insperati: la Gran Bretagna ha liberato un anno fa Abdelbaset Al Megrahi, l'ex 007 libico condannato per l'attentato di Lockerbie e il Colonnello ha dato subito l'ok alle trivellazioni Bp nel golfo della Sirte. Nessuno poi ha battuto ciglio nella City quando Tripoli ha rilevato il 3% della Pearson (editore del Financial Times) e fondato lungo il Tamigi un hedge fund. O quando il numero uno della London School of Economics è entrato tra gli advisor della Libian Investment Authority a fianco del banchiere Nat Rothschild e a Marco Tronchetti Provera.

Pecunia non olet. E anche l'(ex) dittatore Gheddafi non è più un appestato per le cancellerie internazionali. Il premier greco Georgios Papandreou è sbarcato qui per cercare aiuti. La Russia di Putin - altro alleato di ferro dell'asse Gheddafi-Berlusconi - si è aggiudicata fior di commesse a Tripoli come le aziende turche di Erdogan, altra new entry in questo magmatico melting pot geopolitico tenuto insieme, più che dagli ideali e dalla storia, dal collante solidissimo del denaro.

(28 agosto 2010)

 

 

 

 

MEETING CL

Crisi, Barroso richiama l'Italia

"E' in difficoltà sui conti pubblici"

Crisi, Barroso richiama l'Italia "E' in difficoltà sui conti pubblici" Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso

RIMINI - I conti pubblici italiani preoccupano l'Unione Europea. Nonostante per alcuni aspetti come la solidità del sistema bancario e il debito privato il nostro paese sia messo meglio di altri. Lo ha sottolineato il presidente della Commissione europea Josè Manuel Durao Barroso, intervenuto al meeting Cl di Rimini. L'Italia, sul fronte della crisi, "per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi: ha un sistema bancario solido, non ha problemi di debito privato, un livello di concorrenza forte in diversi settori, un livello di disoccupazione stabile". Ma, avverte il presidente della Commissione, ha "grosse difficoltà sul debito pubblico e sul deficit di bilancio, e credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia".

Secondo Barroso servono "posizioni coraggiose" da parte degli stati membri e di tutte le istituzioni comunitarie nell'affrontare la situazione economica. Non manca un'iniezione di ottimismo. "Ogni crisi può essere anche una benedizione. Dietro ogni crisi si nascondono opportunità di risolvere vecchi problemi con nuove soluzioni". In Europa, dice Barroso, "è possibile se c'è il coraggio di imparare le lezioni. Il messaggio che voglio lanciare è che abbiamo bisogno di una Europa più forte".

L'Europa vive oggi, sul fronte della crisi, una fase ancora "volatile e con alcune difficoltà". Ma, dice il presidente della Commissione Europea "la direzione è giusta". Barroso ha indicato che "almeno in Europa, sono state prese decisioni corrette, guardiamo al futuro con fiducia senza poter però ancora dire che riposiamo sugli allori. Non è detta l'ultima parola". Barroso ha poi preferito non commentare i dati di oggi sul Pil americano: "Siamo inondati di notizie e non tutte sono chiare. Preferisco non commentare le notizie giorno per giorno".

(27 agosto 2010)

2010-08-26

IL CASO

"Riforme con gli uomini di buona volontà"

E a sorpresa Tremonti cita Berlinguer

Il titolare dell'Economia: "Un riferimento da non perdere. La ripresa è "una terra incognita per tutti". "È tempo di aprire il cantiere delle riforme. Serve un mutamento del pensiero politico" di MARCO MAROZZI

"Riforme con gli uomini di buona volontà" E a sorpresa Tremonti cita Berlinguer

RIMINI - Il politico da cui parte è Enrico Berlinguer. La sua austerità è un "riferimento etico e politico". Non solo per l'Italia ma per "il governo Berlusconi". E "tutti gli uomini e i soggetti di buona volontà di questo paese" devono capire che "una cosa è giusta a prescindere da chi la fa". Giulio Tremonti lancia con grande impatto la fase due di un governo "di cui siamo orgogliosi e onorati di far parte". Dipinge otto pilastri, otto temi su cui avviare il nuovo corso. Una sorta di road map di lungo periodo. Per il futuro tutto è in cantiere, con il ministro dell'Economia che si propone con un ruolo sempre più centrale. Intellettuale, professionale per ora. Una marcia accortissima per conquistarsi molti amici e non farsi nemici.

Tremonti al Meeting di Comunione e Liberazione viene accolto come una star, la più grande vista a Rimini. In attesa di ripetere il bagno di folla serale al Berghem Fest, ad Alzano Lombardo, kermesse della Lega. E già lo sdoppiarsi subito dopo il vertice con Berlusconi e Bossi sono una foto dell'attivismo del ministro. Come la sua evocazione di Berlinguer, rivolta ad una sinistra che con Bersani e altri guardano a lui con molta attenzione per uscire dall'epoca Berlusconi. Lui dice: "Le ideologie determinavano la vita dei popoli dall'alto in basso. Ora bisogna partire dal basso. Dalla famiglia, dalla comunità". E ancora: "È tempo di aprire il cantiere delle riforme. Serve un mutamento del pensiero politico, un cambio della politica. Il tempo presente è diverso dal tempo passato".

Appare persino lo spirito di Colbert, il ministro delle Finanze di Luigi XV che salvò la Francia dalla bancarotta e chissà se l'avrebbe preservata dalla Rivoluzione se fosse stato seguito. "La questione del diritto è sempre una battaglia politica". Auditorium pienissimo, idem gli spazi esterni. Emma Marcegaglia e i capi ciellini - Formigoni in testa - in prima fila. Paolo Scaroni di Eni al fianco. Si tratta di crisi economica. Tutti sono lì per le ricette non solo economiche di Tremonti. "Il presidente del Consiglio mi ha pregato di portarvi i suoi saluti" è l'esordio. Non una polemica, nemmeno una spina politica appare. Il segretario del Pci morto sul campo è il primo ad essere citato. L'unico insieme a Berlusconi. "È utile rileggere gli scritti del 1977 di Enrico Berlinguer sull'austerità. Pur nelle posizioni, nelle analisi diverse è un riferimento etico e politico che non possiamo trascurare. Si tratta di un ragionamento sulle responsabilità nelle politiche di bilancio che può costituire una base di riflessione per i prossimi anni". Da Berlinguer a Berlusconi. "Solo con la tenuta dei conti pubblici possiamo volgere uno sguardo al futuro. È il tema di riflessione di tutto questo agosto con il presidente del Consiglio. Non possiamo illuderci. Lo sviluppo si fa con una politica mirata che dia una prospettiva in più al Paese".

Secondo il capo dell'Economia, poi, "bisogna adattare il nostro programma. Riaprire il cantiere delle riforme, delle cose da fare. Il governo ha il dovere di ridisegnare il quadro strategico. Questo richiede il concorso e il consenso di tutti. Non solo del governo, non solo economico, ma anche istituzionale". Elenca i punti. Rete strutturale perché un paese di piccola e media industria non regge la globalizzazione. "Il mondo non si adatta all'Italia". Fisco semplificato con solo tre agevolazioni: "famiglia, lavoro, ricerca". Diritti da ripensare nelle relazioni di lavoro. "C'è il rischio di conservare i diritti perfetti e perdere le fabbriche". "Compartecipazione fra capitale e lavoro". "Il Meridione. Una questione nazionale, è demenziale pensarla regionale". Istruzione. Energia. "Gli altri Paesi con cui competiamo hanno il nucleare". Conclude con Blaise Pascal, altro appello all'unità: "Unire le ragioni della mente a quelle del cuore. Così da vedere le cose con un solo sguardo".

(26 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-24

CARO VITA

Consumi, stangata in arrivo per le famiglie

"Si spenderanno 1.118 euro in più"

Secondo le associazioni dei consumatori, sarà un rientro dalle vacanze amaro per gli italiani. Costerà di più scaldarsi e muoversi sia in auto che con i mezzi pubblici. Aumenteranno anche i libri di scuola e i prodotti per la casa

Consumi, stangata in arrivo per le famiglie "Si spenderanno 1.118 euro in più"

ROMA - Libri e spese domestiche sempre più cari. Non è certo un rientro felice dalle vacanze quello che si prevede per le famiglie italiane che, stando ai dati raccolti in un'analisi dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori, avranno a che fare con nuovi aumenti per il prossimo autunno-inverno. Secondo lo studio, la crescita di prezzi e tariffe per il 2010, aggiornata alla luce degli ultimi andamenti, comporterà per le famiglie italiane un aggravio di ben 1.118 euro rispetto allo scorso anno. La voce più pesante per le tasche dei cittadini sarà quella relativa al riscaldamento.

"Ci sarà inevitabilmente un nuovo abbattimento del potere di acquisto delle famiglie, già duramente provato dalla grave crisi che il Paese sta attraversando da molto tempo, e dalle manovre economiche inique e sbagliate - affermano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti presidenti di Federconsumatori e Adusbef". Guardando ai dati relativi alla contrazione del potere di acquisto delle famiglie, "emerge chiaramente la drammaticità della situazione: dal 2007 al 2010 la caduta è stata di ben il 9,6%", rilevano Trefiletti e Lannutti, che ritengono sia "indispensabile agire con determinazione avviando un processo di detassazione per le famiglie a reddito fisso ed operando un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe".

Ma quali sono le voci di spesa che aumenteranno? Secondo l'analisi di Federconsumatori, nell'autunno 2010 chi viaggia in aereo sarà costretto ad affrontare un aumento di 65 euro per le tariffe aeree e aeroportuali, mentre chi preferisce il treno dovrà essere pronto a sborsare 65 euro in più. Anche muoversi in auto sarà più costoso, dato che il pedaggio autostradale crescerà di 60 euro e il prezzo dei carburanti inciderà per 120 euro. Possedere un'auto e, quindi, assicurarla, costerà159 euro in più. È vero che c'è sempre la possibilità di spostarsi con i mezzi pubblici, ma anche questa voce di spesa aumenta di 32 euro.

Quando poi le temperature scenderanno non si potrà certo risparmiare sul riscaldamento, i cui costi crescono di 140 euro, mentre anche il gas aumenterà di 107 euro. I derivati del petrolio (e quindi detersivi, plastiche e prodotti per la casa) costeranno 82 euro in più e aumenteranno anche la spesa per l'acqua (19 euro) e per i rifiuti (38 euro). Unica voce positiva quella relativa alle tariffe elettriche, che scendono di 15 euro.

Sarà più caro anche andare a scuola: per i libri è previsto un rincaro di 36 euro. Nessuna buona notizia neanche sul fronte delle banche: i servizi bancari, infatti, crescono di 30 euro, mentre per i mutui gli italiani dovranno spendere 65 euro più dell'anno passato. Infine fare ricorso a multe e contenziosi costerà 55 euro di più e le addizionali locali cresceranno di 60 euro. La somma finale a carico delle famiglie, secondo le associazioni dei consumatori, sarà di 1.118 euro.

(24 agosto 2010)

 

EVASIONE

Fisco, la Guardia di Finanza scopre

buco di 1 miliardo verso San Marino

Casi di proventi derivanti da imprese nazionali che avrebbero veicolato "capitali sporchi" verso società finanziarie della Repubblica sanmarinese, e casi di frodi Iva "carosello", attuate tramite società "cartiere" fittiziamente interposte negli scambi commerciali

Fisco, la Guardia di Finanza scopre buco di 1 miliardo verso San Marino

ROMA - Evasione verso San Marino per circa un miliardo di euro. Questo il bilancio dei controlli della Guardia di Finanza nei primi mesi del 2010 puntati proprio sull'evasione verso la piccola repubblica. Le Fiamme gialle dicono che "da gennaio sono state concluse 330 verifiche, con la scoperta di redditi sottratti a tassazione per oltre 850 milioni di euro e un'Iva evasa per circa 240 milioni. Sono attualmente in corso di svolgimento altre 800 verifiche".

La Finanza di Pesaro si è mossa in collaborazione con il reparto relazioni internazionali del comando generale, che ha reso possibile l'acquisizione e lo scambio di elementi informativi fondamentali per il buon esito dell'operazione.

L'evasione verso la Repubblica di San Marino si articola, in particolare, in due tipi di fenomeni. Innanzitutto ci sono i casi di proventi derivanti da evasione fiscale realizzata da imprese nazionali, individuate con investigazioni di polizia giudiziaria, che avrebbero veicolato "capitali sporchi" verso società finanziarie di San Marino per poi farli rientrare "puliti" nel territorio nazionale, sotto forma di finanziamenti e aperture di credito in favore di imprese affiliate. Poi ci sono i casi di frodi Iva "carosello", attuate tramite società "cartiere" fittiziamente interposte negli scambi commerciali fra imprese italiane e sammarinesi operanti principalmente nei settori dell'elettronica, della telefonia mobile, degli elettrodomestici, dell'abbigliamento, delle calzature, della cartoleria e dei detersivi.

(24 agosto 2010)

 

 

 

LE POLEMICHE

"Referendum per abbattere Tor Bella"

Ma contro Alemanno un coro di critiche

Residenti e architetti criticano l'iniziativa del Campidoglio, che propone anche un referendum per radere al suolo i palazzoni. Scontro sull'idea di demolire il quartiere. Ma lui insiste: voglio un'altra Garbatella

di PAOLO G. BRERA

"Referendum per abbattere Tor Bella" Ma contro Alemanno un coro di critiche

"Entro ottobre presenteremo un master plan e faremo un referendum con i residenti". Dopo l'annuncio da Cortina, il sindaco Alemanno rilancia così il suo progetto di demolire e ricostruire Tor Bella Monaca. Dal centrosinistra arriva un coro di critiche: "È solo una boutade estiva". Scettici anche gli abitanti del quartiere: "È vero, ci piove in casa, ma questa è solo propaganda". Per l'urbanista Berdini "è un'idea inutile che costerebbe una fortuna e non eliminerebbe il degrado". Bocciature e ironie anche da Asor Rosa e Nicolini, favorevoli invece Portoghesi e Placido.

Nessuna "boutade estiva", no. E nessuna "inutile propaganda": radere al suolo Tor Bella Monaca e ricostruirla da zero non è un "eccesso di grappe", come ironizza Pino Battaglia del Pd replicando all'idillio di mezz'estate disegnato dal sindaco Gianni Alemanno a Cortina, dove ha annunciato un futuro di ruspe e cazzuole per uno dei quartieri più degradati di Roma. Sommerso dall'onda lunga di critiche con cui il centrosinistra ha bollato il suo intervento a "Cortina incontra", il sindaco incassa e rilancia: "Sbaglia chi pensa che sia una boutade estiva. È un progetto prioritario e non solo estetico ma soprattutto funzionale. A fine ottobre presenteremo un master plan della zona e faremo un referendum con i residenti".

Dice Alemanno che al posto dei ciclopi di cemento nascerà un quartiere di villette alberate: "Sarà la nostra Rivoluzione d'ottobre" (sì, proprio quella bolscevica), assicura. Nessun grattacielo: quelli, spiega, "servono per realizzare servizi e non residenze. Lo schema edilizio verticale è fallito. Penso a case come quelle della Garbatella". E non è solo questione estetica, assicura: "Ci sono anche motivi funzionali: nelle case piove dentro, la qualità di vita è pessima, si tratta di prefabbricati e tra una lastra e l'altra ci sono crepe e infiltrazioni". Secondo Alemanno, oltretutto, si potrà fare tutto senza spendere un euro: "Puntiamo a edificare le aree circostanti con premi di cubature da dare ai costruttori, quindi senza esborsi per il Comune. Chi difende Tor Bella Monaca sta fuori dalla realtà".

Ma su realtà e irrealtà il centrosinistra ha idee diverse circa il "proclama d'agosto" del sindaco: "È una boutade estiva su proposte irrealizzabili", dice Umberto Marroni (Pd). "Il sindaco non deve esprimere desideri ma praticare soluzioni concrete", dice l'ex assessore all'Urbanistica Roberto Morassut: "A metà mandato non ha demolito né ricostruito un solo metro cubo. Applichi almeno il nuovo Prg che consente operazioni realistiche di recupero".

"Reazioni immotivate e illogiche", le bolla Francesco Giro (Pdl). Ma qualche perplessità ce l'ha persino l'assessore regionale alla Casa, Teodoro Buontempo: "Se si tratta di un progetto pensato, studiato, programmato, finanziabile e non di un auspicio generico, sarebbe un fatto positivo", dice rilanciando di fatto tutti i dubbi.

"Bisogna abbattere gli edifici orridi della speculazione - dicono invece i radicali - per costruire centri abitabili e funzionali. La città ha bisogno di fatti e non di chiacchiere".

(24 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-23

Il sindaco: "Su Tor Bella Monaca

decideremo con un referendum"

Alemanno insiste sull'ipotesi di abbattere alcune torri e diversi palazzi nel quartiere periferico. "per il nuovo insediamento penso a case come quelle della Garbatella, cioè basse e con ampi spazi verdi"

Il sindaco: "Su Tor Bella Monaca decideremo con un referendum"

"Sbaglia chi pensa che sia una boutade estiva: a fine ottobre presenteremo un master plan della zona e faremo un confronto diretto con i residenti, anche con un referendum, perché vogliamo attuare una urbanistica partecipata e non calata dall'alto". A parlare è il sindaco di Roma Gianni Alemanno riferendosi all'abbattimento delle torri e alcuni dei lunghi palazzi orizzontali del quartiere periferico di Tor Bella Monaca, proposta che ha lanciato ieri sera da Cortina.

Alemanno pensa ad una ricostruzione di Tor Bella Monaca non con i grattacieli ma sulla falsa riga della città giardino, modello Garbatella. "I grattacieli servono - spiega - per realizzare servizi e non residenze. Lo schema edilizio verticale è fallito. Penso per Tor Bella Monaca a case come quelle della Garbatella", cioè basse e con ampi spazi verdi.

Il sindaco ci tiene a precisare che non si tratta di una scelta dettata "soltanto da motivi legati all'estetica ma anche funzionali: nelle case di Tor Bella Monica ci piove dentro, la qualità di vità dei cittadini è pessima perché spesso di tratta di prefabbricati spinti e tra una lastra e l'altra ci sono crepe ed infiltrazioni. Forse Asor Rosa questo aspetto non lo conosce".

E' stato anche affrontato il versante economico: "Puntiamo ad edificare le aree circostanti con premi di cubature da dare ai costruttori, quindi senza esborsi per l'amministrazione comunale".

Diversa per il sindaco la situazione dell'altro quartiere periferico di Corviale. "Non c'è un problema funzionale, non piove dentro le case. C'è un problema di organizzazione bisogna abolire il condominio unico e crearne diversi, puntare sui servizi. Su questo sono d'accordo con Asor Rosa, non si può abbattere soltanto per un pregiudizio estetico"

(23 agosto 2010)

 

 

 

REGIONI

Il Centro protagonista della ripresa

Nel 2011 il Lazio crescerà del 2%

Da uno studio della Confcommercio emerge un arretramento del Nord Ovest. Stabile il Nord Est. Il Sud cresce sempre poco. A trainare la crescita nei prossimi mesi anche la Toscana, l'Emilia Romagna e la Lombardia di ROSARIA AMATO

Il Centro protagonista della ripresa Nel 2011 il Lazio crescerà del 2%

ROMA - Il Nord-Ovest arretra, il Centro avanza, il Sud fa qualche piccolo miglioramento ma rimane ampiamente la macroarea meno produttiva e meno ricca del Paese: è quanto emerge dallo studio pubblicato oggi da Confcommercio, che analizza il Pil delle Regioni italiane negli ultimi anni. Secondo le previsioni dell'Ufficio Studi, la ripresa vedrà in testa già a partire dall'anno prossimo il Lazio, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Lombardia. Più in generale, "nel 2011 si dovrebbe confermare la maggiore vivacità del Centro, trainato dalla maggiore presenza di terziario di mercato rispetto al resto dell'Italia". Il Pil del Lazio in particolare, secondo le previsioni di Confcommercio, dovrebbe compiere un balzo del 2 per cento l'anno prossimo, crescendo a un tasso doppio rispetto alla media nazionale.

Il Nord-Ovest arretra. Costante la riduzione della quota del Pil proveniente dal Nord-Ovest: nel '95 aveva una quota del 32,7 per cento della ricchezza prodotta, nel 2007 tale quota scenderà al 31,9 per cento, nel 2011 tale tendenza proseguirà, arrivando al 31,6 per cento. Mentre il Centro è passato dal 21 al 21,6 per cento nel 2007, e l'anno prossimo arriverà al 22,1: in sostanza, sta guadagnando quanto perso dal Nord-Ovest.

E il Centro avanza. A incidere sull'arretramento del Nord-Ovest, spiega Confcommercio, il calo delle esportazioni che ha colpito in particolar modo le Regioni dell'ex triangolo industriale. Mentre il Centro ha goduto i vantaggi della maggiore presenza dei servizi di mercato. Sostanzialmente stabile il Nord-Est: nel '95 aveva una quota di Pil pari al 22,3 per cento, diventua 22,7 per cento nel 2007 e che arriverà al 22,5 per cento nel 2011.

Il Sud "ha tenuto". Per il Mezzogiorno, l'unica notazione positiva è che nel 2009, anno nero della crisi, ha perso meno della media (-4,1 per cento rispetto al -5 per cento nazionale). Ma per il resto rimane la grande arretratezza rispetto alle altre macroaree: "La Regione meno produttiva del Nord, la Liguria, ha comunque un prodotto pro capite di oltre il 24 per cento superiore a quello della Regione più produttiva del Mezzogiorno, l'Abruzzo". Se si confronta il Pil pro capite della Regione meno produttiva del Sud, la Campania, con quello della più produttiva del Nord, la Val d'Aosta, il divario va oltre il 50 per cento. Quindi tra Nord e Sud non cambia niente.

Ma nel 2011 crescerà meno della media. Però il Sud nel 2009 ha perso meno di quanto abbiano perso in media le altre macroaree del Paese. La spiegazione, suggerisce Confcommercio, sta nel fatto che "la presenza di un'elevata frazione di occupati dipendenti in generale e nella Pubblica Amministrazione in particolare, ha limitato l'impatto della crisi". In compenso, "nel biennio 2010-2011 il Mezzogiorno mostrerà comunque tassi di variazione del prodotto lordo inferiori a quelli della media Italia".

Pil pro capite: Val d'Aosta prima, il Lazio supera il Veneto. La Regione con il maggior prodotto pro capite è la Val d'Aosta, che però negli ultimi quindici anni è cresciuta poco in percentuale. Al secondo posto la Lombardia, seguono Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, e Lazio, che supera il Veneto.

(23 agosto 2010)

 

 

 

LA POLEMICA

Cara Mondadori, per le leggi

il tuo sarto è proprio su misura

di VITO MANCUSO

Cara Mondadori, per le leggi il tuo sarto è proprio su misura

Cara Arnoldo Mondadori Editore, penso sia capitato a pochi di venire chiamato per nome da un'entità impersonale come una Società per Azioni, com'è avvenuto ieri a me con la Vostra lettera: "Caro Mancuso... firmato: Arnoldo Mondadori Editore". Ora sono un po' a disagio perché non so bene come rispondere (come ci si rivolge a una SpA?) e se uso l'antiquato Voi è perché non trovo di meglio.

Sento però che già in questa Vostra confusione di generi letterari tra l'epistola, dove ci si rivolge all'interlocutore in modo personale e si firma in prima persona, e il comunicato ufficiale, che non conosce legami e firma istituzionalmente, c'è qualcosa di stonato. Tanto più se si considera che a essere in gioco è un'editrice che fa della letteratura e della poesia, e dei rapporti personali con gli autori, il suo punto forte.

Ma entrando nel merito vi sono alcune cose nel Vostro scritto, cara Arnoldo Mondadori Editore, che a mio avviso non convincono.

1) Voi scrivete di "rivendicare con forza e convinzione la correttezza e la limpidezza di ogni scelta" e sottolineate la "correttezza cristallina dei comportamenti imprenditoriali". Per quanto riguarda la mia esperienza, sia come consulente sia come autore, posso testimoniare che è effettivamente così. Ma allora perché, dopo aver vinto due gradi di giudizio contro l'Agenzia delle Entrate, non avete atteso il terzo? Anzi, perché non l'avete ricercato Voi per prima, cara Arnoldo Mondadori Editore, con quella medesima forza e convinzione di cui parlate? Voi scrivete di "non dovere al fisco alcunché", ma la controparte sostiene che dovete la bellezza di 350 milioni di euro: perché, dopo aver vinto due volte, non avete voluto vincere anche la terza definitiva partita, tanto più se in possesso di "eccellenti argomentazioni"?

2) Voi, cara Arnoldo Mondadori Editore, scrivete che avete agito per seguire "la strada maestra per un'impresa" e identificate tale strada nel "danno minore e certo", invece di un lungo contenzioso. Ma per come la vedo io non è per nulla così: per un'impresa con una storia e una missione civica e culturale come quella del Gruppo editoriale che Voi rappresentate (e che controlla una sigla che si chiama Einaudi!), la strada maestra è la tutela del proprio onore, della propria correttezza, della propria limpida onestà. E a questo Voi vi siete sottratta, cara Arnoldo Mondadori Editore, approfittando di una legge che sembra proprio fatta su misura per il Vostro caso, come se il legislatore fosse il Vostro sarto di fiducia e non quello del Bene comune. Avevate la possibilità definitiva di essere al di sopra di ogni sospetto e non l'avete usata, anzi Vi siete affrettata a sfuggire: e ora, mi spiace dirlo, per la coscienza Voi siete molto più sospettabile di prima.

3) Entrando nel merito della cifra versata, desidero far notare che il versamento del 5% del dovuto al netto degli interessi quasi ventennali è veramente ben poca cosa: chi non sarebbe disposto a pagare? Solo uno non lo sarebbe: chi è innocente e sa di poter dimostrare di essere tale, esattamente come Voi affermate di essere, solo che Voi... avete pagato.

4) L'esiguità della somma richiesta per chiudere il contenzioso non è certo materia che Vi riguardi, la legge non l'avete scritta Voi, qui si tratterebbe semmai di chiedere al Legislatore di chi faccia veramente gli interessi, se del Bene comune di tutti o dei beni privati di pochi. Rimane però che la somma da Voi versata, cara Arnoldo Mondadori Editore, costitu isce pur sempre una cifra molto impegnativa: 8,6 milioni di euro. Torno a chiedere: non sono troppi per un innocente? Chi sa di avere ragione, di non dovere proprio nulla al fisco e di poterlo tranquillamente dimostrare, non verserebbe mai una cifra considerevole come quella, non è vero? Cara Arnoldo Mondadori Editore, finora avete dovuto attendere vent'anni: perché non avete aspettato ancora un po' e così risparmiato quasi nove milioni di euro e soprattutto tutelato fino in fondo il Vostro nome, che vale molto, molto di più?

La Vostra lettera a me ieri pubblicamente indirizzata si concludeva dicendo: "Vorremmo rassicurarla sul fatto che la Mondadori è e resta quella che lei è abituato a conoscere". Per tutte le ragioni dette, io non mi sento per nulla rassicurato. Voi sapete che oltre al tribunale esteriore esiste un tribunale interiore. Col tribunale esteriore si può venire a patti pagando qualche milione di euro. Col tribunale interiore no.

(23 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-21

LO STUDIO

Gli italiani pagano più tasse dei tedeschi

ma ricevono servizi per oltre 1000 euro in meno

La Cgia di Mestre ha calcolato che in Italia si versano in media 7.350 euro. In Francia sono 7.438, ma si riceve in welfare 10.776 euro contro gli 8.023 a favore degli italiani. I tedeschi versano 6.919 euro ma godono di prestazioni sociali per 9.171 euro

Gli italiani pagano più tasse dei tedeschi ma ricevono servizi per oltre 1000 euro in meno

ROMA - Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo (fatto di sole tasse, imposte e tributi) pari in media a 7.350 euro. Tra i principali Paesi europei certo i francesi versano di più, una media di 7.438 euro. Ma ricevono un controvalore di servizi molto più consistente degli italiani: vengono "ricompensati" infatti con una spesa sociale pro capite pari a 10.776 euro, mentre a noi italiani tra spese per la sanità, l'istruzione e la protezione sociale si raggiungono appena gli 8.023 euro: vale a dire 2.753 euro in meno della Francia. A fare i conti è la Cgia di Mestre.

Lo studio mette a confronto Italia, Francia e Germania. In Germania la quota pro capite di tasse tocca i 6.919 euro, ma in termini di spesa sociale i tedeschi ricevono, invece, 9.171 euro pro capite l'anno. Il saldo, vale a dire la differenza pro capite tra quanto ricevuto in termini di spesa e quanto versato in termini di tasse, per i francesi è positivo e pari a 3.339 euro. Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo, pari a 2.251 euro. In Italia, invece, si segna un saldo di 664 euro pro capite.

"La situazione è fortemente sconfortante - commenta il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - perché dimostra ancora una volta come, pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e chi vive ai margini della società. E' evidente a tutti che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva".

E non è affatto vero, afferma Bortolussi, che le tasse in Italia sono alte per colpa degli evasori fiscali: "E' innegabile che il problema dell'evasione fiscale pesi sull'Italia. Ma allora sarebbe anche opportuno studiare una strategia efficace affinché venga fatta emergere l'economia sommersa e si faccia pagare chi è completamente sconosciuto al fisco". Dagli Artigiani di Mestre arriva pertanto la sollecitazione "ad abbassare le imposte, combattere l'evasione fiscale e tagliare le intollerabili inefficienze presenti nella Pubblica amministrazione così come stanno facendo in tutti gli altri Paesi europei".

(21 agosto 2010)

 

 

 

 

Ordini record in Germania

operai richiamati dalle ferie

Le associazioni degli imprenditori ritengono eccessive sei settimane di riposo. La Germania non vuole fermarsi e richiama i lavoratori dalle ferie. In Bassa Sassonia le imprese con meno lavoro prestano dipendenti a chi ne ha bisogno

dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI

Ordini record in Germania operai richiamati dalle ferie

BERLINO - "Lavorare meno, lavorare tutti", era decenni addietro uno slogan della sinistra e dei sindacati vecchia maniera. Adesso gli imprenditori tedeschi, o per essere più precisi le associazioni delle piccole e medie aziende, rovesciano quel motto: chiedono ai loro dipendenti di rinunciare ad almeno un terzo delle ferie annuali, cioè di accorciare le vacanze di due settimane su un totale di sei. Solo così, secondo loro, la Germania tornata locomotiva d'Europa potrà farcela a rincorrere il boom degli ordinativi, che vengono a pioggia dai mercati globali come da quello interno. Accettare di fare meno vacanze per consolidare il successo dell'azienda e del sistema-paese, e quindi per rendere più sicuro il proprio posto di lavoro. Questa è la tesi dei datori di lavoro nel Mittelstand, il fortissimo comparto delle piccole e medie imprese, spina dorsale del modello Germania non meno dei colossi global player noti e ammirati in tutto il mondo. "Sei settimane di vacanza all'anno sono troppi, in futuro ne potranno bastare quattro", dice al quotidiano popolare Bild Ursula Frerichs, presidente dello Unternehmerverband mittelstaendische Wirtschaft, cioè l'associazione degli imprenditori delle piccole e medie aziende.

I sindacati ancora non hanno preso posizione sulla proposta degli imprenditori, ma la stessa pausa di riflessione sul tema delle più forti centrali operaie europee la dice lunga: il problema esiste. La Germania, spiega Frau Frerichs, è il paese dove i lavoratori hanno le ferie annuali più lunghe del mondo, in media il doppio rispetto alle altre nazioni industriali: "Dobbiamo ripensare le realtà acquisite, meditare sulla necessità di tagliare le vacanze da sei a quattro settimane l'anno prossimo".

Più cauto, ma nella stessa direzione, è Mario Ohoven, numero uno del Bundesverand mittelstaendische Wirtschaft, l'associazione concorrente tra i piccoli e medi imprenditori. Suggerisce un taglio da sei a cinque settimane di ferie l'anno. "I carnet degli ordinativi sono di nuovo pieni. Abbiamo bisogno d'ogni lavoratore. Suggerisce di istituire un conto-ferie da "restituire" ai dipendenti in eventuali nuove crisi economiche a fronte d'un calo della domanda. Un'altra soluzione, la sta sperimentando invece in Bassa Sassonia (lo Stato dove ha la sede centrale Volkswagen) la grande industria metalmeccanica: le aziende che hanno lavoratori in eccesso li "prestano" alle imprese che faticano a soddisfare ogni ordine. Ma con l'accordo della IgMetall, il sindacato più potente del mondo.

(21 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-20

INCHIESTA ITALIANA

Tangenti, truffe, poco lavoro

La formazione è una fabbrica di precari

Ci sono 2,3 milioni di persone in cerca di un posto, un mercato enorme per i professionisti dei corsi. Gli unici a godere dei fondi stanziati sono gli organizzatori e negli ultimi anni i casi di raggiro si sono quintuplicati. Centinaia di iniziative ma senza reali sbocchi

di DAVIDE CARLUCCI e ANTONIO FRASCHILLA

Tangenti, truffe, poco lavoro La formazione è una fabbrica di precari

Ogni uomo che perde il lavoro per loro è una straordinaria opportunità. Ogni donna che non riesce a trovarlo per loro è una risorsa. I precari sono il loro target, gli operai in esubero il loro pane quotidiano. Sono i professionisti della disoccupazione. Organizzano corsi di formazione, a volte finti, spesso inutili. E mai come ora fanno affari: con la crisi, secondo le ultime rilevazioni Istat, il numero degli italiani in cerca di lavoro è salito alla cifra record di 2,3 milioni, e altri 230mila posti si bruceranno, secondo Confindustria, entro il 2010: per loro è una manna dal cielo. Quanti sono gli enti che utilizzano i fondi per la ricollocazione dei lavoratori solo per giustificare la loro esistenza? Quali risultati hanno prodotto finora, quante persone hanno reinserito? Per rispondere a queste domande bisogna prima descrivere un sistema che attira ogni anno - oltre agli investimenti privati delle famiglie per corsi di avviamento al lavoro - finanziamenti pubblici per quasi 20 miliardi di euro.

LA TORTA

Alla cifra si arriva sommando la metà dei "32 miliardi di euro nel biennio" che secondo il ministro del Welfare Maurizio Sacconi sono a disposizione, tra fondi nazionali e comunitari, per gli ammortizzatori sociali e i 2,5 miliardi destinati alla formazione professionale. Di quest'ultima somma, una parte consistente viene destinata ai corsi per disoccupati, apprendisti, giovani alla prima esperienza o lavoratori a rischio di esclusione: a tutte queste attività, secondo l'ultimo rapporto Isfol, hanno partecipato 360mila persone. La Lombardia, tra le regioni più colpite dalla crisi, ha stanziato nel 2009 112 milioni di euro per le "doti formative". Sicilia e Campania, afflitte da disoccupazione cronica, spendono 500 milioni di euro all'anno. Tutto questo fiume di denaro alimenta gli appetiti degli speculatori?

LE INCHIESTE

"Development enterprise tourism", "cooperazione internazionale", "business administration & finance": leggendo l'elenco delle materie che s'insegnavano ai corsi formativi organizzati a Padova da alcune cooperative della Compagnia delle Opere sembrava di essere ad Harvard. Ma per la procura era una gigantesca montatura, così come erano gonfiate le ore di lezione e di lavoro svolte e il numero dei docenti impegnati: tutto per arrivare a rendicontare 561mila euro, la cifra intascata dal ministero, dall'Unione europea e dalla Regione Veneto. Pensava in grande anche Tonino Tidu, un tempo assessore Dc sardo e presidente dell'Enaip, tuttora nel consiglio nazionale delle Acli, imputato in un processo a Cagliari: avrebbe gestito, secondo l'accusa, 358mila euro di finanziamenti regionali per corsi per "operatore su pc", "addetto alle piante aromatiche e officinali" e "orticoltore" senza produrre un posto.

Di inchieste così se ne trovano in tutti i palazzi di giustizia italiani. A novembre si apre a Roma il processo al deputato Pdl Giorgio Simeoni, accusato di aver ricevuto, da assessore regionale alla Scuola, nel 2005, una tangente da 100mila euro dai titolari di una società per chiudere un occhio sui corsi di formazione inesistenti, ma regolarmente finanziati con contributi comunitari, da loro organizzati. In Liguria ogni partito aveva il suo consorzio da spingere, come sta dimostrando un'inchiesta della procura di Genova che vede coinvolti, tra gli altri, l'assessore regionale alla Pesca Giancarlo Cassini e il consigliere Vito Vattuone, del Pd, e Nicola Abbundo, del Pdl, teorico, nei tempi in cui era assessore, del "modello ligure dell'eccellenza formativa". E se in Campania gli stage dei mille partecipanti al progetto "Isola" avvenivano solo sulla carta, in Puglia, ai tempi del centrodestra, i fondi per l'inserimento dei disabili finivano in tasca ad assessori, funzionari regionali e imprenditori: così sono spariti cinque milioni di euro, assicurano i magistrati nel processo tuttora in corso. Dopo gli scandali, le giunte di Vendola hanno cercato di far pulizia tra i cosiddetti enti storici della formazione. Tra ottobre e dicembre del 2009 sono stati sospesi gli accreditamenti per quattro agenzie. Come il Cefop, il centro europeo per la formazione ed orientamento professionale, che era stato ammesso a finanziamenti per 4,2 milioni di euro per corsi come "operatore audiovisivo" e "animatore di villaggi turistici". "Ora - spiega l'assessore regionale Alba Sasso - rivedremo tutti i criteri per l'accreditamento e cercheremo di recuperare i debiti, per decine di milioni di euro, che gli enti hanno accumulato verso la Regione". Molto rigoroso nel valutare i risultati della formazione professionale attraverso monitoraggi periodici è il Friuli-Venezia Giulia. La percentuale di inserimento dei cassintegrati e dei disoccupati friulani è molto alta. Ma è così in tutt'Italia?

IL CASO SICILIA

La risposta della procura della Corte dei conti siciliana è no: per ogni corso di formazione solo un disoccupato e mezzo trova effettivamente lavoro. I costi della collettività per ogni occupato, secondo i calcoli dei magistrati contabili, ammontano a 72mila euro. Soldi che in Sicilia vanno a 400 enti privati i quali danno lavoro a 7300 persone, ai quali andrebbero aggiunti i 1800 impiegati agli sportelli multifunzionali affidati ai privati dalla Regione, che nel frattempo spende altri 60 milioni di euro per finanziare i centri per l'impiego pubblici. L'isola è tra la regioni con il più alto tasso di disoccupazione, il doppio rispetto alla media italiana. E così l'Europa attraverso il Fondo sociale dal 2003 al 2010 ha fatto piovere in Sicilia 1,5 miliardi di euro per finanziare i corsi. Il risultato? Un boom di enti che fanno capo a politici targati Mpa, Pdl, Pd e Udc, sindacati (Cisl e Uil ricevono la gran parte dei finanziamenti) e associazioni cattoliche (dai salesiani alle Acli). Tutti enti accreditati dalla Regione per far diventare i disoccupati siciliani marinai, artigiani, parrucchieri, esperti informatici, colf o badanti.

La maggior parte dei formatori sono stati assunti tra il 2006 e il 2008, a ridosso delle grandi tornate elettorali che hanno portato sul trono della Regione prima Salvatore Cuffaro e poi Raffaele Lombardo. Un ginepraio che garantisce un sussidio che va dai 400 ai 1.000 euro al mese per oltre quarantamila corsisti che ogni anno si siedono sui banchi d'oro pagati dalla Regione. Gli assessori che hanno guidato la Formazione, da Francesco Scoma a Santi Formica entrambi del Pdl, sono diventati i re dei consensi. Nella formazione la politica la fa da padrone: i nomi di Francantonio Genovese e Gaspare Vitrano del Pd, oppure quelli di Lino Leanza, numero due dell'Mpa di Lombardo, o Nino Dina dell'Udc sono a dir poco conosciuti in decine di enti di formazione. Ma anche i sindacati la fanno da padrone, in questo settore, dove si trovano a difendere i lavoratori ma anche i padroni, che sono loro stessi. Lo Ial della Cisl e l'Enfa della Uil ricevono ogni anno oltre 30 milioni di euro. Poi ci sono le associazioni cattoliche: i salesiani gestiscono ad esempio il Cnos Fap, mentre tra gli enti finanziati c'è l'Efal, che fa capo al Movimento cristiano lavoratori finito nell'occhio del ciclone per l'arresto di uno dei suoi dirigenti, l'architetto Giuseppe Liga, accusato dai pm di Palermo di essere l'erede dei boss Lo Piccolo.

I magistrati hanno scoperto che nel 2010 l'Efal, l'ente di formazione del movimento, ha ricevuto dalla Regione un sostegno di sei milioni e 336 mila euro. Fino a pochi giorni fa l'architetto era un insospettabile, ma è stata un'anticipazione dell'inchiesta finita sui giornali che aveva indotto l'Mcl a sospendere il professionista. Anche la Corte dei conti e la Guardia di finanza da tempo indagano sul business della formazione siciliana. I magistrati contabili hanno contestato a diversi enti corsi fantasma e somme non rendicontate. E ci sino stati i primi arresti, come quello di un insospettabile professore di Palermo, condannato in primo grado a 8 anni per aver intascato, attraverso conti all'estero, 9 milioni di euro dai 20 milioni ricevuti per corsi di formazione con i fondi europei.

IL NORD "EFFICIENTE"

La montagna ha partorito un topolino anche nell'efficiente Lombardia, dove 64mila persone hanno beneficiato, nel 2010, della "dote lavoro", per un totale di 45,8 milioni di euro impegnati. La metà dei fondi tuttavia, sono stati gestiti da dieci operatori. Chi sono? I soliti noti, enti di area Cl - o più in generale cattolica - come l'Enaip, lo Ial-Cisl, Obiettivo Lavoro. La maggior parte dei servizi svolti riguarda il colloquio di accoglienza di primo livello, il bilancio di competenze, il coaching e i corsi di formazione: le cifre dei destinatari, per queste voci, oscillano tra i 34mila e i 62mila. Ma se poi si passa dall'orientamento all'accompagnamento concreto al lavoro i numeri si abbassano penosamente: solo 168 allievi hanno avuto un supporto per l'autoimprenditorialità, in 94 sono stati accompagnati agli stage, 22 al tirocinio e appena 5 al "training on the job". Ma lo storico paradosso dei formatori - che non riescono a lenire la disoccupazione altrui, ma intanto trovano un posto a sé stessi - non regge più come una volta. Gigi Rossi, della Cgil, segnala il fenomeno del "precariato nei sistemi regionali della formazione professionale. E soprattutto al Nord, con la crisi - aggiunge - è diffuso l'uso, da parte degli enti, di invitare caldamente i collaboratori a trasformarsi in finti imprenditori con partita Iva".

MONTAGNE DI CARTA

Gli enti di formazione servono davvero a qualcosa o hanno finito per creare una "sovrastruttura" - come scrive l'Isfol nel suo ultimo rapporto - sganciata dalle esigenze reali del mercato del lavoro? Armando Rinaldi, dell'Atdal over 40, un'associazione che cerca di tutelare i diritti di chi perde il lavoro in età matura, assicura che "se ci fossero dati disponibili si scoprirebbe che la media dei disoccupati ha un bagaglio di ore di formazione triplo rispetto a quello di un lavoratore. Invece di un'occupazione ha trovato sulla sua strada decine di proposte formative". La Regione Lombardia ha commissionato un'indagine a un istituto di ricerca. Trenta disoccupati ultraquarantenni hanno tenuto un diario nel quale raccontavano le loro esperienze. È emerso che nelle rare occasioni in cui riuscivano a trovare lavoro i corsi di formazione non c'entravano nulla: era tutto merito delle loro conoscenze personali. Lo studio non è stato mai pubblicato.

Secondo Rinaldi per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell'arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori. "Si comincino a ribaltare le modalità di distribuzione dei fondi, erogando ai destinatari il 60-70 per cento dei finanziamenti sotto forma di reddito di sostegno". Si potrebbe trovare un utilizzo diverso dei capitali in modo da sostenere direttamente il reddito delle persone in difficoltà?

Per ottenere i contributi oggi basta - oltre a una buona capacità di lobby - compilare un formulario in cui, tra l'altro, si dimostra il fabbisogno nel territorio di competenza della figura professionale che s'intende formare. "Per esempio - scrive l'Atdal - se si propone di formare addetti al check-in aeroportuale si ricercano i dati sul traffico aereo della regione e si dice che data la crescita del traffico aereo occorre formare nuovi operatori". Angela, diplomata, ha 47 anni e da dodici frequenta corsi di formazione professionale in Lombardia. Non è mai riuscita a ottenere altro che qualche lavoretto di poche settimane all'anno in fabbrica. "Nell'ultimo corso che ho seguito, per lavorare in un asilo privato, il colloquio orientativo si è svolto tre giorni prima della fine dei corsi. Un'altra volta mi hanno costretto a scrivere un sacco di bugie sulla relazione finale. Ad esempio che avevo trovato lavoro in una fabbrica. In realtà era la mia vecchia azienda che mi richiamava". L'importante, insomma, è giustificare le spese. I risultati non contano.

(20 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-19

LO STUDIO

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia

i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

Una ricerca di Confartigianato sulle difficoltà che incontrano le aziende nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Nella classifica delle Province "amiche", in testa ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato; in fondo Catanzaro, Roma e Campobasso. L'Italia agli ultimi posti nel mondo / LA CLASSIFICA 1

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

ROMA - I ritardi e gli ostacoli della burocrazia costano alle imprese italiane 16,6 miliardi di euro ogni anno. Il cattivo funzionamento degli apparati amministrativi dello Stato, inoltre, pesa soprattutto sulle aziende che operano al Centro-Sud, mentre nelle province del Centro-Nord - in particolare di Emilia e Toscana che occupano le prime dieci posizioni - le amministrazioni risultano più attente e funzionali rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese. Il ritratto di un'Italia divisa in due anche su questo fronte emrege da una ricerca dell'Ufficio studi della Confartigianato.

Nella graduatoria delle migliori amministrazioni, stilata dall'organizzazione degli artigiani, ai primi tre posti ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato, mentre agli ultimi tre posti ci sono Catanzaro, Roma e Campobasso. Per ogni territorio provinciale, Confartigianato ha misurato la qualità di alcuni servizi pubblici (dalla possibilità di effettuare pagamenti online ai tempi di pagamento della P.A. verso le aziende private) necessari per avviare e gestire al meglio un'attività imprenditoriale. Il risultato è che le aree con il contesto più adatto alle attività produttive risultano tutte al Nord, mentre le provincie con il maggior peso di burocrazia a carico delle aziende sono invece al Centro-Sud.

Nonostante gli esempi virtuosi, Confartigianato ha calcolato che i "disservizi" della burocrazia costano ogni anno alle aziende 16,629 miliardi di euro, circa un punto di Pil, con un peso medio di 12,334 euro per singola azienda. Oltretutto, la quota maggiore di questi oneri (circa il 76%) è a carico delle piccole imprese, con meno di dieci dipendenti. Tutto ciò, afferma Confartigianato, mette l'Italia al penultimo posto tra le 30 economie avanzate per la facilità di fare impresa, davanti solo alla Grecia, e al 78/mo posto nella classifica mondiale.

"E' impensabile che un'impresa sia favorita se si trova in provincia di Ravenna e sfavorita se è in provincia di Catanzaro; la concorrenza non è leale perché non dipende dalle capacità ma dalla sorte", accusa il presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini che, per eliminare le eliminare le disuguaglianze, chiede al governo di "dare attuazione concreta al provvedimento contenuto in Finanziaria sulla 'Segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), per cui un imprenditore apre un'impresa e poi vengono vengono fatti i controlli".

A livello mondiale, le peggiori performance dell'Italia vanno dai tempi della soluzione giudiziale delle controversie commerciali (156/mo posto) ai tempi di pagamento di imposte e contributi (136/mo), dall'assunzione personale (99/mo) al trasferimento di una proprietà immobiliare (98/mo) fino all'accesso al credito (87/mo) ed alla concessione di licenze edilizie (85/mo). Se si considerano i tempi di avvio di una nuova impresa, l'Italia si colloca al 75/mo posto, ma nell'ambito delle economie avanzate è appena 21/ma tra le 27 economie Ocse.

Proprio a questo proposito, Confartigianato confida nella Segnalazione certificata di inizio attività, che dovrebbe migliorare i risultati ottenuti dalla Comunicazione Unica (dal primo aprile sostituisce le precedenti 4 procedure), ma fa notare che resta "ancora elevato" il numero di pratiche da gestire in fase di avvio e "ancora insufficiente" l'utilizzo delle tecnologie on line da parte delle pubbliche amministrazioni. Nei settori della gelateria artigianale, dell'acconciatura e dell'edilizia, ad esempio, 14 delle 16 pratiche necessarie per avviare un'impresa sono ancora escluse dai benefici della Comunicazione unica.

(19 agosto 2010)

 

 

 

 

IL CASO

Mondadori salvata dal Fisco

scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere

La somma dovuta dall'azienda editoriale: 173 milioni, più imposte, interessi, indennità di mora e sanzioni. Una norma che si somma ai 36 provvedimenti "ad personam" fatti licenziare alle Camere dal premier. Segrate è difesa al meglio: i suoi interessi li cura lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel '91 non ancora ministro. Marina Berlusconi mette da parte 8,6 milioni, in attesa delle integrazioni al decreto. Che puntualmente arrivano

di MASSIMO GIANNINI

Mondadori salvata dal Fisco scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere La sede della Mondadori

Sotto i nostri occhi, distolti dalla Parentopoli privata di Gianfranco Fini usata come arma di distruzione politica e di distrazione di massa, sta passando uno scandalo pubblico che non stiamo vedendo. Questo scandalo si chiama Mondadori. Il colosso editoriale di Segrate - di cui il premier Berlusconi è "mero proprietario" e la figlia Marina è presidente - doveva al Fisco la bellezza di 400 miliardi di vecchie lire, per una controversia iniziata nel '91. Grazie al decreto numero 40, approvato dal governo il 25 marzo e convertito in legge il 22 maggio, potrà chiudere la maxi-vertenza pagando un mini-tributo: non i 350 milioni di euro previsti (tra mancati versamenti d'imposta, sanzioni e interessi) ma solo 8,6. E amici come prima.

Un "condono riservato". Meglio ancora, una legge "ad aziendam". Che si somma alle 36 leggi "ad personam" volute e fatte licenziare dalle Camere dal Cavaliere, in questi tumultuosi quindici anni di avventurismo politico. Repubblica ha già dato la notizia, in splendida solitudine, l'11 agosto scorso. Ma ora che il centrodestra discute di una "questione morale" al suo interno, ora che la propaganda di regime costruisce teoremi assolutori sul "così fan tutti" e la macchina del fango istruisce dossier avvelenati sulle compravendite immobiliari, è utile tornarci su. E raccontare fin dall'inizio la storia, che descrive meglio di ogni altra l'enormità del conflitto di interessi del premier, il micidiale intreccio tra funzioni pubbliche e affari privati, l'uso personale del potere esecutivo e l'abuso politico sul potere legislativo.

Il prologo: paura a Segrate

La vicenda inizia nel 1991, quando il marchio Mondadori, da poco entrato nell'orbita berlusconiana, decide di varare una vasta riorganizzazione nelle province dell'impero. Scatta una fusione infragruppo tra la stessa Arnoldo Mondadori Editore e la Arnoldo Mondadori Editore Finanziaria (Amef). Operazioni molto in voga, soprattutto all'epoca, per nascondere plusvalenze e pagare meno tasse. Il Fisco se ne accorge, scattano gli accertamenti, e le Finanze chiedono inizialmente 200 miliardi di imposte da versare. L'azienda ricorre e si apre il solito, lunghissimo contenzioso. Da allora, la Mondadori vince i due round iniziali, davanti alle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado. È assistita al meglio: i suoi interessi fiscali li cura, in aula, lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel 1991 non ancora ministro delle Finanze (lo diventerà nel '94, con il primo governo Berlusconi). Nell'autunno del 2008 l'Agenzia delle Entrate presenta il suo ricorso in terzo grado, alla Cassazione. Nel frattempo la somma dovuta dall'azienda editoriale del presidente del Consiglio è lievitata: 173 milioni di euro di imposte dovute, alle quali si devono aggiungere gli interessi, le indennità di mora e le eventuali sanzioni. Il totale fa 350 milioni di euro, appunto.

Se la Suprema Corte accogliesse il ricorso, per Segrate sarebbe un salasso pesantissimo. Soprattutto in una fase di crisi drammatica per il mercato editoriale, affogato quanto e più di altri settori dalla "tempesta perfetta" dei mutui subprime che dal 2007 in poi sommerge l'economia del pianeta. Così, nel silenzio che aleggia sull'intera vicenda e nel circuito perverso del berlusconismo che lega la famiglia naturale alla famiglia politica, scatta un piano con le relative contromisure. Che non sono aziendali, secondo il principio del liberalismo classico: mi difendo "nel" mercato, e non "dal" mercato. Ma normative, secondo il principio del liberismo berlusconiano: se dal mercato non mi posso difendere, cambio le leggi. Un "metodo" collaudato, ormai, che anche sul fronte dell'economia (come avviene da anni su quello della giustizia) esige il "salto di qualità": chiamando in causa la politica, mobilitando il partito del premier, militarizzando il Parlamento. Un "metodo" che, nel caso specifico, si tradurrà in tre tentativi successivi di piegare l'ordinamento generale in funzione di un vantaggio particolare. I primi due falliranno. Il terzo centrerà l'obiettivo.

Il primo tentativo: il "pacchetto giustizia"

Siamo all'inverno 2008. Nessuno sa nulla, del braccio di ferro che vede impegnate la Mondadori e l'Amministrazione Finanziaria. Nel frattempo, il 13 aprile dello stesso anno il Cavaliere ha stravinto le elezioni, è di nuovo capo del governo, e Tremonti, da "difensore" del colosso di Segrate in veste di tributarista, è diventato "accusatore" del gruppo, in veste di ministro dell'Economia. Può scattare il primo tentativo. E nessuno si insospettisce, quando nel mese di dicembre un altro ministro del Berlusconi Terzo, il guardasigilli Angelino Alfano, presenta il suo corposo "pacchetto giustizia" nel quale, insieme al processo breve e alla nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche, compare anche la cosiddetta "definizione agevolata delle liti tributarie". Una norma stringatissima: prevede che nelle controversie fiscali nelle quali abbia avuto una sentenza favorevole, in primo e in secondo grado, il contribuente può estinguere la pendenza, senza aspettare l'eventuale pronuncia successiva in terzo grado (cioè la Cassazione) versando all'erario il 5% del dovuto. È un piccolo "colpo di spugna", senz'altro. Ma è l'ennesimo, e sembra rientrare nella logica delle sanatorie generalizzate, delle quali i governi di centrodestra sono da sempre paladini. In realtà, è esattamente il "condono riservato" che serve alla Mondadori.

L'operazione non riesce. Il treno del "pacchetto giustizia", che veicola la pillola avvelenata di quello che poi sarà ribattezzato il "Lodo Cassazione", non parte. La dura reazione del Quirinale, dei magistrati e dell'opposizione, sia sul processo breve che sulle intercettazioni, costringe Alfano allo stop. "Il pacchetto giustizia è rinviato al prossimo anno", dichiara il Guardasigilli alla vigilia di Natale. Così si blocca anche la "leggina" salva-Mondadori. Ma dietro le quinte, nei primi mesi del 2009, non si blocca il lavoro dell'inner circle del presidente del Consiglio. Il tempo stringe: la Cassazione ha già fissato l'udienza per il 28 ottobre 2009, di fronte alla sezione tributaria, per discutere della controversia fiscale tra l'Agenzia delle Entrate e l'azienda di Segrate. Così scatta il secondo tentativo. In autunno si discute alla Camera la Legge Finanziaria per il 2010. È il secondo "treno" in partenza, e per chi lavora a tutelare gli affari del premier è da prendere al volo.

Il secondo tentativo: la Finanziaria

Giusto alla vigilia dell'udienza davanti alla sezione tributaria della Suprema Corte, presieduta da un magistrato notoriamente inflessibile come Enrico Altieri, accadono due fatti. Il primo fatto accade al "Palazzaccio" di Piazza Cavour: il 27 ottobre il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone (che poi risulterà pesantemente coinvolto nello scandalo della cosiddetta P3) decide a sorpresa di togliere la causa Agenzia delle Entrate/Mondadori alla sezione tributaria, e di affidarla alle Sezioni Unite come richiesto dagli avvocati di Segrate, con l'ovvio slittamento dei tempi in cui verrà discussa. Il secondo fatto accade a Montecitorio: il 29 ottobre, in piena notte, il presidente della Commissione Bilancio Antonio Azzolini, ovviamente del Pdl, trasmette alla Camera il testo di due emendamenti alla Finanziaria. Il primo innalza da 75 a 78 anni l'età di pensionamento per i magistrati della Cassazione (Carbone, il presidente che due giorni prima ha deciso di attribuire la causa Mondadori alle Sezioni Unite, sta per compiere proprio 75 anni, e quindi dovrebbe lasciare il servizio di lì a poco). Il secondo riproduce testualmente la "definizione agevolata delle liti tributarie" già prevista un anno prima dal "pacchetto giustizia" di Alfano. È di nuovo la legge "ad aziendam", che stavolta, con la corsia preferenziale della manovra economica, non può non arrivare al traguardo.

Ma anche questo secondo tentativo fallisce. Stavolta, a bloccarlo, è Gianfranco Fini. La mattina del 30 ottobre, cioè poche ore dopo il blitz notturno di Azzolini, il relatore alla Finanziaria Maurizio Sala (ex An) avverte il presidente della Camera: "Leggiti questo emendamento che consente a chi è in causa con il Fisco e ha avuto ragione in primo e in secondo grado di evitare la Cassazione pagando un obolo del 5%: c'è del marcio in Danimarca...". Fini legge, e capisce tutto. È l'emendamento salva-Mondadori, con la manovra non c'entra nulla, e non può passare. La norma salta ancora una volta. E non a caso, proprio in quella fase, cominciano a crescere le tensioni politiche tra Berlusconi e Fini, che due anni dopo porteranno alla rottura. Ma crescono anche le preoccupazioni di Marina sull'andamento dei conti di Segrate. Per questo il premier e i suoi uomini non demordono, e di lì a poco tornano all'attacco. Scatta il terzo tentativo. Siamo ai primi mesi del 2010, e sui binari di Palazzo Chigi c'è un terzo "treno" pronto a partire. Il 25 marzo il governo vara il decreto legge numero 40. È il cosiddetto "decreto incentivi", un provvedimento monstre, dove l'esecutivo infila di tutto. Durante l'iter di conversione, il Parlamento completa l'opera. Il 28 aprile, ancora una volta durante una seduta notturna, un altro parlamentare del Pdl, Alessandro Pagano, ripete il blitz, e ripresenta un emendamento con la norma salva-Mondadori.

Il terzo tentativo: il "decreto incentivi"

Stavolta, finalmente, l'operazione riesce. Il 22 maggio le Camere convertono definitivamente il decreto. All'articolo 3, relativo alla "rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre 10 anni e per le quali l'Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio", il comma 2 bis traduce in legge la norma "ad aziendam": "Il contribuente può estinguere la controversia pagando un importo pari al 5% del suo valore (riferito alle sole imposte oggetto di contestazione, in primo grado, senza tener conto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni)". E pazienza se il presidente della Repubblica Napolitano, poco dopo, sul "decreto incentivi" invia alle Camere un messaggio per esprimere "dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, per alcune nuove disposizioni introdotte, con emendamento, nel corso del dibattito parlamentare". E pazienza se la critica del Quirinale riguarda proprio quell'articolo 3, comma 2 bis. Ormai il gioco è fatto. Il colosso editoriale di proprietà del presidente del Consiglio è sostanzialmente salvo. Per consentire alla Mondadori di chiudere definitivamente i conti con il Fisco manca ancora un banale dettaglio, che rende necessario un ultimo passaggio parlamentare. Il decreto 40 non ha precisato che, per considerare concluso a tutti gli effetti il contenzioso, occorre la certificazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

Per questo, nel bilancio semestrale 2010 del gruppo di Segrate, presentato il 30 giugno scorso, Marina Berlusconi fa accantonare "8.653 migliaia di euro relativi al versamento dell'importo previsto dal decreto legge 25 marzo 2010, numero 40" sulla "chiusura delle liti pendenti", e fa scrivere, a pagina 61, al capitolo "Altre attività correnti": "Pur nella convinzione della correttezza del proprio operato, e con l'obiettivo di non esporre la società a una situazione di incertezza ulteriore, sono state attuate le attività preparatorie rispetto al procedimento sopra richiamato. In particolare si è proceduto all'effettuazione del versamento sopra richiamato. Nelle more della definizione del quadro normativo, a fronte dell'introduzione di specifiche attestazioni da parte dell'Amministrazione Finanziaria previste nelle ultime modifiche al decreto, e tenuto anche conto del fatto che gli atti necessari per il perfezionamento del procedimento e l'acquisizione dei relativi effetti non sono stati ancora completati, la società ha ritenuto di iscrivere l'importo anticipato nella posta in esame...". Ricapitolando: la Mondadori mette da parte poco più di 8,6 milioni di euro, cioè il 5% dei 173 che avrebbe dovuto al Fisco (al netto di sanzioni e interessi), in attesa di considerare perfezionato il versamento al Fisco in base alle ultime integrazioni al decreto che saranno effettuate in Parlamento. E le integrazioni arrivano puntuali, alla Camera, il 7 luglio: nella manovra 2011 il relatore Antonio Azzolini (ancora lui) inserisce l'emendamento finale: "L'avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito dell'attestazione degli uffici dell'Amministrazione Finanziaria comprovanti la regolarità dell'istanza e il pagamento integrale di quanto dovuto". Ci siamo: ora il "delitto" è davvero perfetto. La Mondadori può pagare pochi spiccioli, e chiudere in gloria e per sempre la guerra con l'Erario, che a sua volta gliene da atto rilasciandogli regolare "quietanza".

L'epilogo: una nazione "ad personam"?

Sembra un romanzaccio di fanta-finanza o di fanta-politica. È invece la pura e semplice cronaca di un pasticciaccio di regime. Nel quale tutto è vero, tutto torna e tutto si tiene. Stavolta Berlusconi non può dire "non mi occupo degli affari delle mie aziende": non è forse vero che il 3 dicembre 2009 (come riportato testualmente dalle intercettazioni dell'inchiesta di Trani) nel pieno del secondo tentativo di far passare la legge "ad aziendam" dice al telefono al commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi "è una cosa pazzesca, ho il fisco che mi chiede 900 milioni... De Benedetti che me li chiede ma ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni, pensa te, e mia moglie che mi chiede 90 miliardi delle vecchie lire all'anno... sono messo bene, no?". Stavolta Berlusconi non può dire che Carboni, Martino e Lombardi sono solo "quattro sfigati in pensione": non è forse vero che nelle 15 mila pagine dell'inchiesta delle procure sulla cosiddetta P3 la parola "Mondadori" ricorre 430 volte (insieme alle 27 in cui si ripete la parola "Cesare") e che nella frenetica attività della rete criminale creata per condizionare i magistrati nell'interesse del premier sono finiti sia il presidente della Cassazione Carbone (cui come abbiamo visto spettava il compito di dirottare alle Sezioni Unite la vertenza Mondadori-Agenzia delle Entrate) sia il presidente dell'Avvocatura dello Stato Oscar Fiumara (cui competeva il necessario via libera a quel "dirottamento"?).

È tutto agli atti. Una sola domanda: di fronte a un simile sfregio delle norme del diritto, un simile spregio dei principi del mercato e un simile spreco di denaro pubblico, ci si chiede come possano tacere le istituzioni, le forze politiche, le Confindustrie, gli organi di informazione. Possibile che "ad personam", o "ad aziendam", sia ormai diventata un'intera nazione?

m.giannini@repubblica.It

(19 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-17

TESORO

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3%

Un assegno su due sotto i 1000 euro

I dati emergono dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese". L'aumento dovuto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione dei trattamenti minimi

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3% Un assegno su due sotto i 1000 euro Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Accelera la spesa pensionistica: nel 2009 si è attestata a quota 234,025 miliardi di euro, crescendo del 4,3% rispetto all'anno precedente e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). L'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%. Il dato emerge dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese", pubblicata dal ministero dell'Economia.

Nella documento si spiega che la crescita della spesa nel 2009 è legata soprattutto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti compresi tra 3 e 5 volte il trattamento minimo. L'aumento della spesa si è registrato dunque nonostante "l'inasprimento dei requisiti di accesso al pensionamento" che ha cominciato ad avere applicazione proprio dal 2009.

Nonostante gli aumenti, un assegno pensionistico su due non raggiunge l'importo di 1.000 euro. Al contrario, sono pochissime le pensioni con importo superiore ai 2.000 euro: costituiscono il 13,7%. Le donne ricevono complessivamente meno degli uomini e il 27,1% delle pensionate incassa ogni mese meno di 500 euro.

Nella suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

La spesa per trattamenti assistenziali - aggiunge il ministero dell'Economia - è cresciuta nel 2009 in linea con la dinamica registrata nel 2008 (+4,3% rispetto al +4,4%), "a seguito di una diminuzione degli esborsi per le pensioni di guerra e di aumenti per le prestazioni agli invalidi civili, ai non udenti e non vedenti".

(17 agosto 2010)

 

 

L'altra verità su medici e ospedali

Chi si arricchisce e chi si ferma a uno stipendio da serie c.

Chi è costretto a sessant'anni a trascorrere la notte del ferragosto in corsia e chi inaugura l'ultimo yacht ad Ansedonia.

Com'è possibile che nello stesso ospedale le buste paga ci siano così clamorosamente diverse? Quali relazioni, quali coperture e quali trucchi servono per legare pochi a indennità d'oro? A Piccola Italia, dopo la pubblicazione di alcuni scandalosi redditi agguantati nei meandri di una normativa che allarga le maglie della discrezionalità e premia i pochi e soliti noti, sono giunte testimonianze che raccontano un'altra verità sui medici e sugli ospedali. Sull'Italia e su questo cattivo tempo.

Giuseppe è pediatra oncologo, vive e lavora a Perugia: "Arrivo a circa 52 mila euro scarsi l'anno, ho 36 anni, ho due figli e moglie a carico. E sono precario. Sono specialista in oncologia, lavoro come pediatra oncologo, ho un dottorato di ricerca in ematologia e diversi altri post-it nel mio curriculum. Perché dico questo? Perché della smania e della voglia di essere "medico" non me ne resta più traccia. Della passione iniziale adesso solo routine. In reparto siamo in quattro e facciamo turni massacranti, un week end libero al mese. Non abbiamo diritto a ferie scientifiche o di aggiornamento. Non ci viene pagato lo straordinario che facciamo e ci viene

imposto di ridurre le ore di accesso notturno. L'assistenza ai malati del nostro reparto è lasciata al nostro buon cuore e al rimorso che un giorno in più di ferie possa essere troppo per loro. Ed oggi leggo di illustri colleghi che prendono fino a 600 mila l'euro l'anno. Io che non ho tempo per me ed i miei figli, che devo pregare la banca per un fido di 3000 euro, cos'altro devo aspettarmi da questa Italietta? E loro come fanno ad arrivare a tali retribuzioni? Che tristezza ed amarezza".

Maura ha cinquant'anni. E' neurologa. "La mia carriera di dipendente a tempo indeterminato è iniziata solo 12 anni fa. Prima ero dottore di ricerca in neuroscienze, successivamente Fellow negli USA e poi borsista CNR. Il mio reddito non supera i 55mila euro lordi e la mia pensione (se mai la prenderò) sarà inferiore al 50 per cento di quanto oggi guadagno. Forse non avrei limitato al penultimo rigo la descrizione delle reali condizioni economiche della "truppa", ed avrei invece marcato meglio che con tale remunerazione i medici fanno turni massacranti, non hanno il tempo di recuperare, vengono letteralmente aggrediti da tutti, schiacciati tra la riduzione delle risorse economiche e le scelte da fare per la salute del paziente, senza un riconoscimento adeguato e non solo in termini economici".

"Sono un medico ospedaliero - scrive Salvatore, da Brescia - e ho diligentemente messo sul sito del mio ospedale sia il curriculum che lo stipendio. Dopo di che io, infettivologo, mi sono trovato ad avere entrate pari o anche superiori a colleghi cardiologi, ginecologi, chirurghi, ortopedici. Dov'è il trucco? Semplice, i proventi della libera professione non vengono inclusi e quindi non sono conteggiati, così io, che non raggiungo mai i 1000 euro al mese lordi per tale voce, mi trovo come colleghi che in realtà guadagnano 10 volte tanto! E poi ho anche scoperto che i colleghi universitari non pubblicano il loro stipendio, compresi i direttori di struttura".

Luciano, ospedale di Carbonia. "Ho 45 anni ed ho iniziato a lavorare come medico ospedaliero a 35 anni. Tra la maturità scientifica, regolarmente conseguita a 18 anni, ed i 35 anni ci metta 6 anni di corso di Laurea, 4 anni di Specializzazione, il servizio militare e diversi anni di lavoro sottopagato effettuato ovunque capitasse. Ho lavorato in cliniche private per 10.000 lire all'ora. Meno di quanto davano a chi effettuava le pulizie!

Attualmente lavoro in una Divisione di Medicina svolgendo esclusivamente attività di corsia compresi i turni di guardia notturni e festivi. Noi siamo aperti 24 ore su 24 per tutti i giorni dell'anno. Sa cosa vuol dire?

Sa cosa vuol dire sentire alla radio domande del tipo: siete stati oggetto o pensate di essere stati oggetto di malasanità? Venite da noi, facciamo la denuncia e solo se la si vince ci pagate! I denunciati, siamo noi! Sa quanto dura una causa nel nostro paese? Sa quanto costa? Sa chi anticipa? E non oso pensare di fare qualche errore. Eppure sono un essere umano".

"Io - accusa Enzo - sono "costretto" , per garantire le urgenze della Unità Operativa dell'ospedale ove lavoro, a più di dieci turni di pronta disponibilità notturna e festiva (quindi almeno due domeniche al mese) al modico prezzo di 20,66 euro. Forse si dirà che moltiplicato per 12, le ore del turno di reperibilità (dalle ore 20 alle ore 8 del giorno successivo), non è male... Ma c'è un equivoco. Le 20,66 euro sono per tutte e dodici le ore del turno, e sono lorde... Per cui, sottraendo il 40% circa dell'Irpef, al netto sono 1 (uno) euro l'ora! Quindi 1 euro l'ora per essere disponibile a raggiungere in massimo 20 minuti-mezz'ora l'ospedale (ogni ritardo è punibile anche in sede penale) ed essere in grado di affrontare un'urgenza - che sia un intervento chirurgico per rottura di milza a causa di un incidente stradale oppure una consulenza per un paziente in pronto soccorso o ricoverato nei vari reparti ospedalieri. Certo, in un periodo di crisi e disoccupazione parlare di soldi da parte di chi è "priivlegiato" e guadagna come me intorno agli 80mila euro lordi l'anno stona un poco, ma bisognerebbe bussare ad altre porte, non accusare chi fa andare avanti la baracca...".

"Lavorare per più di dieci ore al giorno in ambiente ospedaliero - racconta Pierangelo, medico in Piemonte - è molto duro e si perde la concentrazione, ma in sanità ormai questo monte ore è la norma, ci si lamenta solo quando le ore diventano 13 -15... Per un giovane vecchio di 61 anni come me le mie otto ore giornaliere + 2/4 ore aggiuntive quotidiane pesano".

Marco, ospedale Brotzu di Cagliari, prende in mano il suo Cud 2010: "A riga 1 compare 66.059.85 (lordi, tenga conto che il mio scaglione è, se non sbaglio, del 43%...). Sono uno degli italiani più ricchi! Faccia un po' lei i calcoli: quanto porto a casa ogni mese dopo vent'anni di servizio?"

"La mia dichiarazione dei redditi - dice Fabio, un chirurgo di Milano - è di circa 65.000 euro senza "l'altro" (che per noi chirurghi non esiste se non per anestesisti e radiologi che per ridurre liste d'attesa lavorano in libera professione per l'azienda stessa, che paga profumatamente) dopo 20 anni di lavoro. L'impressione è che nell'ultimo decennio vi sia stata una contrazione insostenibile delle risorse umane e materiali con il solito proposito di favorire il privato convenzionato a discapito della qualità del servizio pubblico. Infatti, quel che si è ottenuto nella mia divisione di chirurgia generale, è stato di prorogare le liste d'attesa sino a due anni (ovviamente per ciò che non è urgenza e neoplasie), cioè sino a quando il paziente decide di utilizzare un'altra struttura. Nel corso dell'ultimo anno, per esempio, il turn over di pensionamento della mia divisione non è stato rispettato per gravi carenze di organico, e però non ha intaccato alcun servizio per i cittadini. Evidentemente ciò è potuto accadere grazie al nostro impegno. Da circa 12 mesi infatti non vengono rispettate le regole basilari del contratto di lavoro determinando un conseguente carico di servizi tale da rendere rischiosa la nostra opera. Non esistono riposi compensativi (un giorno di riposo dopo il week end di lavoro cumulato a tutta la settimana precedente), oltre 20 giorni di lavoro consecutivi con otto reperibilità all day and night long, più inframmezzate notti in pronto soccorso , sale operatorie cinque giorni alla settimana e via dicendo. Il mio pensiero è che le strutture ospedaliere non sono aziende. Non si può pensare di avere profitti su un costo sociale, se non sfruttando il lavoro altrui e la salute della comunità".

Da Roma, Carmen: "Io invece sono un medico ospedaliero, specialista assunta a tempi indeterminato. Vinto regolare concorso pubblico, espletato il quale ho atteso altri due anni circa per l'assunzione definitiva, causa il solito blocco. Ho una figlia minore, pago un mutuo di circa mille euro il mese, lavoro a 40 km da Roma e non svolgo attività privata. Il mio reddito imponibile arriva a 58 mila euro, ho un prestito mensile Inpdap di 300 euro, le grosse spese non posso farle in contanti, quest'anno vacanze sì, ma a casa. Lavoro bene, i pazienti mi cercano , ma l'unico modo che ho per arrotondare il mio stipendio, sono gli straordinari, e i miei colleghi sono ben felici di cedere notti che concentro quando mia figlia sta dal padre, per non darle disagio e per non pagare baby sitter... Mi infastidisce il tono insinuante che noi medici ospedalieri siamo una lobby intoccabile, che accumuliamo denaro ai danni della collettività, che non arriva invece a fine mese. Ma la quarta settimana del mese, lo so benissimo anch'io, sulla mia pelle, cosa significa... So di svolgere un lavoro che spesso fa la differenza, sul crinale della vita e la morte (sono cardiologa). Posso affermare, anche dal confronto con le retribuzioni europee, che da cardiologo turnista sono sottopagata. A proposito, scrivo dal computer di casa. Stasera, notte di ferragosto, sarò di guardia".

"Io sono un anestesista rianimatore ospedaliero di La Spezia - scrive Marco - ho letto con molto interesse e ancor più stupore il suo articolo in merito agli stipendi di alcuni medici. Sono sbigottito, perché io percepisco dopo 14 anni di servizio 70000 euro lordi annui (cud 2009) e non riesco a capire attraverso quale meccanismo si possa raggiungere certe cifre".

Gregorio si è trasferito a Honolulu, e spiega il perché: "Faccio il chirurgo negli Stati Uniti dopo aver lasciato l'Italia disgustato dalle schifezze del paese e del mondo ospedaliero. Mi sono specializzato in chirurgia dei trapianti di fegato ed intestino. Ho eseguito il primo trapianto mutiviscerale totale pediatrico mai fatto in Italia (ospedale di Bergamo). I miei anni all'estero non sono valsi a nulla. nessun incarico dirigenziale. concorsi da primario vinti dai raccomandati. Per i trapianti all'inizio il chirurgo operatore riceveva la mostruosa cifra di 600 euro lordi (poi abolita dai sindacati). Nell'ultimo anno 2006/7 per un trapianto effettuato di notte percepivo l'enormità di 20 euro l'ora!".

Donatella, di Brescia, primario, è sconsolata: "Personalmente faccio le guardie diurne e notturne e le reperibilità, i giorni festivi e in media il doppio delle ore settimanali dei miei collaboratori. L'Italia oggi soprattutto è piene di malandrini ad ogni livello. Ma si pensi anche a tutti noi che cerchiamo tra le mille difficoltà della sanità pubblica di fare onestamente il nostro lavoro, senza privilegi di casta".

(17 agosto 2010)

 

Lo stipendio dei medici, più "l'altro"

e la trasparenza fa trasparire molto poco

La legge Brunetta avrebbe imposto di mettere on line i redditi, ma un viaggio tra varie Asl rivela che su questo fronte ben poco è stato fatto. E quel che si può sapere suscita brutti pensieri: le prestazioni straordinarie gonfiano le retribuzioni

Tu hai uno stipendio, e poi un altro. Altro è la formula con cui alcune aziende sanitarie raccontano le retribuzioni integrative dei propri medici. Altro non significa altro che il monte di ore straordinarie pagate ad alcuni per sopperire le carenze di personale, i vuoti in corsia e in laboratorio, in radiologia e in anestesia. Altro non è che un modo per illustrare quanto siano a volte iniqui i tagli, quanto spreco produca l'azzeramento di ogni ingresso negli organici della sanità. Altro non è che il fondale contro cui periscono i professionisti giovani e disoccupati, perennemente poveri. A fronte della ricchezza ulteriore di chi già gode di ottimi stipendi. La parola altro, in questo caso, conferma definitivamente che l'Italia è destinato a rimanere un Paese per vecchi. Non c'è speranza né futuro per chi sia all'inizio della carriera e non sia figlio di papà. Porte sbarrate.

Il dottor Gaetano P. (ospedale di Vallo della Lucania) gode di uno stipendio di circa 84mila euro lordi l'anno. Decente, quindi. Ma fa anche altro. Sopperisce ai vuoti di organico presso gli altri enti ospedalieri. Divide i giorni per tre, la settimana per cinque, corre qui e corre lì. L'altro gli rende 109mila euro in più all'anno. Totale lordo ai fini Irpef: 213mila euro. Il dottor Domenico P. (ospedale di Sapri) ha uno stipendio di 100 mila euro l'anno. Ma con l'altro che gli vale 250 mila euro, raggiunge la cifra di 364 mila euro. Ottimo e super abbondante. Inarrivabile, e qui ci vuole nome e cognome, il caso

di Michele Verrioli, direttore del laboratorio di anatomia patologica dell'ospedale di Eboli: ha guadagnato 1700 euro lordi al giorno. Per i 365 giorni dell'anno scorso. Per un totale stratosferico di 657mila euro (107 mila di stipendio e 550 mila di altro). "Lavoro per dieci e non vado in ferie da tre anni", ha detto al quotidiano Terra. I sindacati hanno ribattuto: "Nemmeno se un giorno avesse 72 ore!".

Ancora troppo poco traspare dalle norme sulla trasparenza. E' un bel guaio e un sicuro dispiacere per il ministro Brunetta, autore della legge che avrebbe dovuto garantire luce invece che buio sul giro vorticoso delle retribuzioni pubbliche. I medici ospedalieri, per esempio. Quanti sono e quanto guadagnano? Vivono bene o male? Si arricchiscono o sono costretti a turni massacranti e a stipendi di fame? Il loro lavoro è rispettato o oltraggiato?

Piacerebbe saperlo. S'era convenuto - anzi ordinato - di mettere on line stipendi e curricula di dirigenti amministrativi e medici. Rendere pubblico tutto ciò che è al servizio del pubblico e pagato dallo Stato. Chi sei, cosa hai fatto, quanto guadagni.

Scovare i dati, nell'acqua profonda delle decine di aziende sanitarie locali, è opera non semplice. E questo breve viaggio dimostra che la nebbia è fitta e la muraglia alta, quel che viene allo scoperto è un atto di resistenza, a volte di renitenza.

Avvertenza per chi prosegue la lettura: lo stipendio medio di un medico d'ospedale si ferma spesso sulla soglia degli ottantamila euro lordi. L'età, alcune indennità di risultato lo fanno puntare verso i centomila (lordi), senza che questo tetto sia spesso toccato. E questa è la norma, la generalità delle retribuzioni. Ma tutti i sistemi complessi esibiscono anomalie di funzionamento, favoritismi, iniquità, attribuzioni di competenze superiori al giusto e al possibile. E qui l'operazione trasparenza avrebbe dovuto mitigare le sperequazioni illuminando le zone grigie, scoperchiando le amicizie riservate, i cachet ad personam.

Forse ci siamo sbagliati e abbiamo cliccato dove non avremmo dovuto, ma l'Asl di Reggio Calabria, nella sua home page, non conduce esattamente il visitatore al centro del problema. "Spiacente, nessun risultato", comunica anche l'Asl Napoli 1. Anche qui sarà colpa del cattivo puntamento del mouse. E' come una caccia al tesoro ed è indubitabile che il tesoro sia ben nascosto. Occhi di aquila ci vogliono e nervi saldi. Ad Ancona l'Asl sembra offrire i curricula ma non le retribuzioni. A Firenze anche quelli scarseggiano. In tre su parecchie decine di medici hanno depositato il corso personale degli studi e delle esperienze lavorative.

Sarà che ciascuno tiene famiglia e sarà anche che l'obbligo alla trasparenza - se maneggiato con eccessivo scrupolo - produce imbarazzi e qualche piccolo guaio. Il dirigente della sanità cilentana che raccoglie cinque piccoli ospedali della provincia di Salerno (Polla, Roccadaspide, Vallo della Lucania, Agropoli, Sapri), non propriamente il cuore dell'eccellenza italiana, ha voluto fare le cose in grande e segnalare, con implacabile determinazione, voci e sviluppi delle locali carriere. Ne è venuto fuori un quadro fosforescente, stipendi ineguagliabili. Sono decine i medici locali che scavalcano il tornante dei centomila euro annui. A fronte di uno stipendio che si situa tra i settanta e gli ottanta mila euro, la voce "altro" per le prestazioni straordinarie rese in convenzione presso gli altri ospedali della zona, innalza in modo mostruoso i redditi. Come abbiamo visto. Con il paradosso che una sanità al collasso come quella campana sforna premi a gogò.

Ad Alessandria le punte massime toccano i 171 mila euro. Di Milano non si sa, quel che traspare è nebbia fitta. Magari un navigatore più esperto saprà scovare quel che non appare neanche a Campobasso, ma che è chiaro a Bari. Dove i redditi, senza la pignoleria del commissario della Asl Sa3, sono bene in vista e in via decrescente. Si parte dal dottor Michele B. (315 mila euro) si scende a 223 mila (la dottoressa Antonietta A.) e poi via via si cala: 200, 190, 170, 140. Non male. Il grosso della truppa è fermo ai sessantacinquemila, la retroguardia non giunge a 45mila.

Traspare poco dalla trasparenza, come detto. Ma quel po' svelato già basta e mette brutti pensieri.

(14 agosto 2010)

2010-08-16

per il 2002 mancano all'appello 4,6 miliardi

Si poteva beneficiare della "sanatoria" versando la prima rata dell'importo dovuto e molti si sono limitati a quella, incassando comunque il "perdono" tributario e penale

Fisco, spunta l'evasione sul condono per il 2002 mancano all'appello 4,6 miliardi Un agente tra i fascicoli dell'archivio con gli accertamenti eseguiti dalla Guardia di finanza negli anni scorsi

ROMA - Hanno avuto il "perdono" fiscale e penale, ma non hanno finito di versare al fisco le somme concordate per beneficiare del maxi-condono 2002-2004. Sono gli evasori fiscali che, una volta ottenuta la sanatoria versando la prima rata del dovuto, non hanno più saldato il conto con l'Agenzia delle entrate. Come denuncia il sito dell'associazione Legalità ed equità fiscale (Lef) che ha pubblicato i dati, i 4,6 miliardi di euro tuttora "non pervenuti" sono la prova che il meccanismo previsto in quel condono "si sta trasformando in un ulteriore regalo per gli evasori".

Decisiva, infatti, è stata la scelta di non subordinare il condono al pagamento dell'intera somma dovuta, ma di "accontentarsi" del primo versamento in tutti i casi in cui, data l'entità delle somme dovute al fisco (superiori ai 3mila euro per le persone fisiche e ai 6mila per le società), era stata prevista la rateizzazione del debito. In sostanza, dunque, a mancare all'appello sono proprio i soldi dovuti dai maggiori evasori, cittadini o società che fossero. Il problema era già stato segnalato a novembre del 2008 dalla Corte dei conti che aveva indicato in 5,2 miliardi, il 18% dei 26 complessivi "dichiarati" dai condonati, l'importo ancora non versato a quattro anni dalla "sanatoria".

A distanza di quasi altri due anni, solo 786 milioni di euro sono stati recuperati e ciò malgrado siano state semplificate, dopo la segnalazione della Corte dei conti, le procedure per la riscossione coattiva degli importi dovuti al Fisco: ad esempio, è stato consentito al concessionario della riscossione di agire direttamente in via di espropriazione immobiliare per i debiti da condono iscritti a ruolo di importo superiore a 5.000 euro, saltando i tempi (6 mesi) previsti dalla altrimenti preliminare iscrizione di ipoteca. Nonostante ciò, quindi, a fine gennaio 2010, riporta il sito di Lef, mancavano ancora all'Erario 4,6 miliardi di euro, di cui circa 2,95 miliardi relativi a omessi versamenti (art. 9bis) e il resto (1,65 miliardi) relativo alle altre forme di condono.

L'"errore" principale dei legislatori, secondo l'associazione Lef, è stato limitarsi a stabilire procedure di recupero coattivo delle somme, anziché prevedere l'inefficacia del "perdono" per gli evasori che avessere mancato di pagare interamente l'importo stabilito per l'accesso al condono. Con questo meccanismo, chi già aveva violato la legge evadendo le tasse, ha incassato il condono sul piano tributario e penale pur senza aver chiuso i conti con il Fisco.

(16 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-12

Tirrenia, il tribunale fallimentare

dichiara lo stato di insolvenza

Si apre la procedura di amministrazione straordinaria per la compagnia. Il segretario della Uil Trasporti annuncia il ricorso alla corte d'appello

Tirrenia, il tribunale fallimentare dichiara lo stato di insolvenza

ROMA - Il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza per Tirrenia. Si apre così la procedura di amministrazione straordinaria per la compagnia. Con questa decisione il tribunale si è quindi ritenuto territorialmente competente.

La sentenza è stata pubblicata questa mattina, dopo che il collegio presieduto da Ciro Monsurrò, affiancato dai delegati Francesco Taurisano e Fabrizio Di Marzio ha preso la decisione ieri in Camera di Consiglio. L'istanza per la dichiarazione dello stato di insolvenza era stata presentata dal commissario straordinario Giancarlo D'Andrea.

Il Tribunale di Roma con questa decisione si è pertanto ritenuto competente. L'eccezione di competenza territoriale era stata sollevata dalla Uil-Trasporti, secondo la quale il giudizio spettava al Tribunale di Napoli, dove ha sede legale il gruppo.

E proprio il segretario generale della Uil Trasporti annuncia ricorso. "Attendiamo - dice Giuseppe Caronia - di leggere le motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma che dichiara la stato di insolvenza di Tirrenia, e ci riserviamo di ricorrere alla Corte di Appello. Rimangono comunque per intero le nostre perplessità, ed a prescindere dalle questioni di carattere legale porteremo avanti con determinazione la nostra azione sindacale di contrasto ad ogni ipotesi di 'spezzatino'". "Nessuna sentenza - continua - può comunque far sì che il Governo si scarichi dalle proprie responsabilità e non apra immediatamente un confronto sulle sorti della Tirrenia e delle migliaia di lavoratori che rischiano il posto di lavoro".

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

Boom della vendita di telefonini

più 13,8% negli ultimi 3 mesi

Acquistati 326 milioni di cellulari. Gli smartphone trascinano tutto il settore. La Nokia si conferma in testa alla classifica, secondo posto per Samsung poi Lg. Apple sempre dietro al produttore di Blackberry

di CLAUDIO GERINO

Boom della vendita di telefonini più 13,8% negli ultimi 3 mesi

ROMA - Crescita a due cifre per la telefonia mobile anche nel secondo trimestre del 2010. In tutto il mondo sono stati venduti quasi 326 milioni di terminali, con un incremento del 13,8 % rispetto allo stesso periodo del 2009. I dati sono stati resi noti oggi da Gartner. E all'interno di questi numeri, a fare la parte del leone sono naturalmente gli smartphone che salgono al 19 %, registrando così una performance rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 50,5 %.

Cambia anche la "Top Ten" dei produttori di telefonini. Se Nokia mantiene, con qualche difficoltà, il primo posto con il 34,2 % del mercato (nel 2009 era al 36,8 %), Samsung - stabilmente collocata ormai al secondo posto - registra una crescita di quasi l'uno per cento, passando dal 19,3 % del secondo trimestre 2009 al 20,1 % dell'equivalente periodo 2010. Probabilmente, la multinazionale coreana è riuscita a strappare qualche centesimo di percentuale sia a Nokia che a Lg, terza classificata, che ha avuto un decremento "speculare" alla crescita Samsung, passando dal 10,7 % del 2009 al 9 % del 2010. In questa classifica Apple non riesce ancora a superare Research in Motion (Blackberry) che consolida il quarto posto con un market share nel 2010 del 3,4 %, a pari merito con Sony Ericsson (che, però, al contrario di RIM, perde rispetto al 2009 quasi un punto percentuale, acquisito, sia pure soltanto in termini numerici dalla stessa multinazionale americana che produce il Blackberry). Il melafonino nelle sue diverse versioni non supera ancora neanche Motorola, pur pressandola da vicino: la Apple passa dall'1,9 % del 2009 al 2,7 % del 2010, mentre i cellulari marchiati Motorola scendono a precipizio, lasciando sul campo quasi il 3 % di market share (dai 5,6 del 2009 ai 2,8 del 2010). L'outsider della classifica è HTC che pur non facendo numeri strabilianti, supera le rivali ZTE e G'Five entrando di prepotenza all'ottavo posto con un 1,8 % del mercato mondiale.

la fortuna di HTC è stata quella di "sposare", sin da subito, il nuovo sistema operativo realizzato da Google, "Android". Se infatti ci si sposta sulla classifica degli smartphone, si vede subito che proprio il "googlefonino" ha rapidamente scalato la vetta, collocandosi al terzo posto, con un market share del 17,2 % nel 2010 (aveva appena l'1,8 % nel secondo trimestre 2009), subito alle spalle di RIM (Blackberry) che ha perso un punto percentuale (aveva il 19 % lo scorso anno, oggi ha il 18,2 %) e della capolista Symbian (prevalentemente Nokia) che, però, ha avuto una caduta verticale di quasi il 10 % (era al 51 per cento nel 2009, oggi si attesta al 41,2 %).

Il sistema operativo dell'iPhone di Apple guadagna poco più di un punto percentuale, passando dal 13 % del 2009 al 14,2 % dell'equivalente periodo di quest'anno. Caduta libera, invece, per Microsoft Windows Mobile che perde quasi 4 punti percentuali (oggi è al 5 %, contro un 9,3 % dello scorso anno). E' evidente che la multinazionale di Redmond ha urgente bisogno di mettere a punto il suo Windows Phone 7 per evitare una vera e propria debacle totale quest'anno.

In calo anche i telefonini basati su sistema operativo "Linux-like" che dimezzano le percentuali registrate lo scorso anno (erano al 4,6 % oggi sono al 2,4 %). C'è molta attesa, però, per il sistema operativo (già in parte usato sul Nokia N900) che dovrebbe essere lanciato dalla joint venture tra la casa finlandese e l'Ibm.

In ogni caso, la crescita esponenziale di vendite dei telefonini non coincide, però, con un aumento del fatturato delle aziende produttrici. Anzi, la situazione in questo senso rischia di diventare paradossale a causa di tre fattori: il rafforzamento del dollaro con il conseguente deprezzamento dell'euro e la fortissima concorrenza che porta ad una riduzione dei prezzi dei terminali. Così, a fronte di una crescita dei "pezzi" venduti, non c'è un'equivalente crescita dei fatturati e quindi degli utili, creando un vero e proprio "loop" negativo.

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

"Fabbricare in Italia?

Impossibile per l'auto"

Il presidente della Federauto, associazione concessionari Italiani: "Produrre da noi non conviene più. E in questo contesto la strategia Fiat è una manna dal cielo".

"Fabbricare in Italia? Impossibile per l'auto"

*

Dossier

* BLOG, dite la vostra

Il numero uno dei concessionari italiani, Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia, entra sul tema caldo del mondo dell'auto in Italia. Un'analisi che arriva dal rappresentante di una categoria che ha in mano il rapporto con i Clienti sia per la vendita delle vetture e dei ricambi sia per l'assistenza. Insomma da chi conosce bene il settore perché dietro un colosso come la Fiat ci sono migliaia di piccole aziende dell'indotto. Ecco la sua lettera, che riceviamo e pubblichiamo integralmente. (v.bo.)

"In Europa Occidentale produrre non conviene più. Questo è la madre di tutti i problemi. I fattori sono molteplici. Prima di tutto vi è il costo del lavoro; se paragonato a quello di Cina e India, non c'è match. Battuti in partenza. Ma anche verso i paesi dell'Europa dell'Est, o della ex-Jugoslavia, c'è un abisso. Poi c'è l'aspetto della produttività. Quei popoli hanno fame, anche di lavorare, per cui nel lavoro ci mettono l'anima e sono disponibili a sacrifici su turni notturni o festivi. Come noi nel dopoguerra, per intenderci. Si passa poi agli aspetti sindacali. I sindacati, da noi, sono stati importantissimi in passato per tutelare i lavoratori che non beneficiavano neppure dei diritti elementari. Ora però si invertito il rapporto di forza. I lavoratori sono iper-tutelati e licenziare qualcuno quando l'azienda naviga in cattive acque, o che: rema contro, non produce, si dà malato strumentalmente...

è quasi impossibile. E se un imprenditore ci prova il giudice del lavoro, molto spesso, reintegra il dipendente nel suo ruolo comminando all'azienda pesanti sanzioni. Si aggiunga l'estrema facilità con cui si può venire in possesso di un certificato medico che esime il beneficiario dal presentarsi al lavoro e il gioco è fatto. D'altronde questo è il Paese dei falsi invalidi. Poi ci sono le regole per la sicurezza sul lavoro e contro l'inquinamento. Sono sacrosante, ma in un mondo globalizzato o le adottano tutti i paesi, affrontandone i costi - che poi fanno salire i prezzi dei prodotti - oppure chi le applica è tagliato fuori dal Mercato. E quindi molte leggi dovrebbero essere paradossalmente adottate a livello mondiale: tutela lavoratori, tutela ambiente, orario settimanale, straordinari, cuneo fiscale, lavoro minorile, donne e maternità. Solo così si potrebbe competere ad armi pari. Utopia, certo, ma così stanno le cose.

E così le aziende produttrici che vogliono sopravvivere in questo mercato competitivo devono delocalizzare. Si chiudono le fabbriche in Italia, licenziando centinaia di migliaia di lavoratori, e si riaprono in Polonia, Slovenia o, perché no, in Cina o Romania. Quei paesi fanno ponti d'oro alle imprese perché gli insediamenti produttivi portano benessere e danno posti di lavoro. E quindi via agli sgravi fiscali, ad aiuti di stato, a contratti per i lavoratori "light", a occhi chiusi su molti aspetti, e chi più ne ha più ne metta.

"In questo contesto arriva un "pazzo" vero, di nome fa Sergio Marchionne. Cosa vorrebbe fare costui? Potenziare la produzione del Gruppo Fiat in Italia! Controtendenza rispetto a quasi tutte le aziende che se ne vanno bellamente all'estero. Certo, vuole anche chiudere degli stabilimenti. Ma che matrice hanno certe fabbriche? Sono state insediate per soddisfare logiche industriali o "politiche"? La risposta è la seconda. Si pensi solo ai costi logistici e di trasporto. Certo, la Fiat in passato è stata aiutata tantissimo dai Governi in carica. Come pure tutti i produttori esteri nei mercati domestici. Ma ora che lo Stato si è sfilato non ci si meravigli se Marchionne, calcolatrice alla mano, spiega che non conviene e che si deve chiudere. Non dimentichiamo anche che al Sud operano le varie mafie, e che non è pensabile che queste si fermino fuori dai cancelli degli stabilimenti. Un altro grosso problema per chi vuole fare impresa."

"Ecco perché Marchionne è un "pazzo" vero. Ma come, quasi tutti i produttori, dal tessile alla componentistica, sognano di lasciare il sacro suolo, e lui cosa vorrebbe fare? Investire una valanga di milioni di euro in Italia, potenziare gli stabilimenti, aumentare la produttività. Certo, chiede anche sacrifici (remunerati) ai lavoratori, e un nuovo approccio al bene primario e irrinunciabile che è il Lavoro. No, è troppo. Certi sindacati preferiscono non considerare che il mondo non è più quello di tre anni fa. Allora meglio contratti d'acciaio, blindati, tutelatissimi, intoccabili, nei secoli dei secoli. Peccato che ne beneficeranno sempre meno dipendenti perché gli imprenditori che possono, da qualche anno, se ne vanno all'estero. Quelli che non falliscono, ben inteso. E quindi propongo di cambiare l'articolo 1 della Costituzione da: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" in : "L'Italia è una Repubblica democratica, un tempo fondata sul lavoro".

"Ma se nessuno lavorerà, venendo meno la capacità di spesa e la propensione all'acquisto delle famiglie, come sopravvivrà la nostra economia?"

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2010-08-06

TARANTO

Quattromila pazienti deceduti

ma la Asl continuava a pagare i medici

I camici bianchi percepivano le retribuzioni anche per gli assistiti di cui avevano emesso i certificati di morte. Iscritti nel registro degli indagati i direttori generali pro-tempore della Azienda sanitaria. Il danno all'erario sarebbe di circa 300mila euro

Quattromila pazienti deceduti ma la Asl continuava a pagare i medici

 

TARANTO - I medici di famiglia erano pagati per assistere anche i morti. Anche quelli di cui avevano diagnosticato il decesso, ma che non spettava a loro cancellare dagli elenchi degli assistiti. Sono stati ben quattromila i pazienti deceduti, ma che risultavano ancora vivi e vegeti nei registri dell'Asl di Taranto, che concorrevano alla quantificazione delle retribuzioni dei medici di base convenzionati. Un danno erariale stimato in circa 300 mila euro dalla Guardia di finanza. Incrociando i dati conservati nell'anagrafe tributaria con quelli in possesso dell'anagrafe sanitaria, le Fiamme gialle hanno scoperto la mancata cancellazione dagli elenchi di migliaia di persone decedute, per le quali lo Stato ha erogato ai medici compensi indebiti che ora dovranno restituire.

Un avviso di conclusione delle indagini preliminari, firmato dal pubblico ministero Remo Epifani, è stato notificato all'ex direttore generale Marco Urago, all'ex commissario straordinario dell'Azienda sanitaria locale Taranto 1 Carlo Sessa e all'attuale direttore generale Angelo Domenico Colasanto. Sono accusati di abuso d'ufficio per aver omesso, nell'ambito delle competenze attribuite loro dalla normativa regionale e nazionale nel comparto della spesa sanitaria, di dare corso alle procedure di aggiornamento dell'anagrafe assistiti e per avere arrecato un ingiusto profitto ai medici.

Il periodo preso in esame è quello compreso fra il 2004 e il 2008. Le indagini, che rientrano in un piano di azione disposto dal comando generale della guardia di finanza per monitorare la spesa sanitaria, sono ancora in corso per individuare altre presunte responsabilità, soprattutto per quanto riguarda la condotta dei medici, e per quantificare il danno erariale da segnalare alla Corte dei conti.

Ai medici di base il Servizio sanitario nazionale corrisponde, oltre a un assegno individuale riconosciuto per anzianità di laurea e carico assistenziale, poco più di 38 euro lordi all'anno per ogni paziente. I finanzieri del Gruppo di Taranto hanno calcolato per il momento un danno patrimoniale di 300 mila euro, ma si tratta di una cifra approssimativa. Per accertare le irregolarità sono stati confrontati i certificati di morte acquisiti nei vari comuni della provincia con i tabulati dell'anagrafe sanitaria contenenti le generalità di centinaia di migliaia di assistiti.

In molti casi erano gli stessi medici di famiglia a certificare il decesso dei pazienti, ma non ne davano comunicazione all'Asl. E così l'anagrafe si popolava di fantasmi e i medici coninuavano, in silenzio, a percepire le indennità.

La vicenda è finita anche sul tavolo della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali: il presidente, Leoluca Orlando, chiederà all'assessore alla Sanità della Puglia, Tommaso Fiore, ''una relazione sulla truffa''. ''La denunciata ipotesi di reato abuso - ha commentato Orlando - produce danni significativi sui costi del Servizio Sanitario nella provincia di Taranto e sulla sua credibilita'. Per questo merita ogni attenzione, non soltanto da parte della Guardia di Finanza e della Magistratura competente penale e contabile, ma anche da parte degli organi regionali e della Commissione parlamentare di inchiesta su errori sanitari regionali e su disavanzi sanitari regionali''.

(06 agosto 2010)

 

 

 

ENTI LOCALI

L'allarme della Corte dei Conti

"Debiti dei Comuni alle stelle"

L'indebitamento, stando ai dati resi noti dai magistrati contabili, supera i 62 miliardi. Cresce il numero delle amministrazioni locali con squilibri economico finanziari. Il debito pro-capite per i cittadini è di 1.300 euro

L'allarme della Corte dei Conti "Debiti dei Comuni alle stelle"

ROMA - Allarme della Corte dei Conti per l'indebitamento degli enti locali. "Il ricorso dell'indebitamento è in forte crescita, specie nei Comuni" avverte la magistratura contabile precisando che il debito finanziario dei Comuni supera i 62 miliardi. Aumenta inoltre il numero di amministrazioni locali che presentano "squilibri economico finanziari", dice ancora la Corte dei Conti, precisando che il debito finanziario "cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle Province che raggiunge quasi 11,5 miliardi". Gli enti in disavanzo nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e "l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20% - si legge nella relazione -. La situazione non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti".

Il debito per i cittadini. Ammonta a 1.300 euro a testa il debito che grava sulla testa dei cittadini per gli impegni contratti da Comuni e Province. Dai dati della Corte dei Conti emerge che il debito finanziario dei Comuni, che nel 2008 viene stimato in 62,202 miliardi (+0,55% sul 2007), "grava sulla popolazione residente per quasi 1.100 euro pro-capite ed incide sul Pil per il 3,97%" dice la magistratura contabile precisando che il debito finanziario delle Province pesa invece per 200 euro a testa e rappresenta lo 0,75% del Pil. "Considerate, in termini a-tecnici, le entrate correnti quali una sorta di prodotto interno lordo dell'ente, l'incidenza media del debito per i Comuni è di oltre il 120% e per le Province del 113,57%" si legge ancora nella relazione.

Rallenta aumento di spesa. "Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008) - spiegano i magistrati contabili -. Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi. Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (anch'esse al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008". Sono 12, infine, stando ai dati della Corte dei Conti, le Regioni a statuto ordinario che hanno rispettato i limiti del patto di stabilità: "Una sola Regione, la Puglia, non ha rispettato il patto nei due saldi, 2 regioni, la Campania e il Molise non hanno rispettato i limiti del saldo di cassa. Tutte le Regioni a Statuto speciale hanno rispettato i limiti del patto di stabilità, tranne la Sicilia con riguardo al saldo di cassa".

Sanità pubblica voce che incide di più. "La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. La dinamica di crescita della spesa corrente per il Servizio Sanitario Nazionale che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%) - proseguono i magistrati contabili -. Il patto per la salute prevede misure di contenimento della spesa per il personale e per l'assistenza ospedaliera, anche attraverso il ridimensionamento della rete ospedaliera. Nel 2009 il rapporto tra i costi complessivi del SSN e il Pil si è attestato al 7,2%, mantenendo il trend di crescita degli ultimi quattro anni. Gli incrementi dei costi sono superiori a quelli dei ricavi, per cui continuano a registrarsi disavanzi che si concentrano nell'area Centro Sud".

In 20 anni 442 enti in dissesto finanziario. Tra il 1989 e il 1 aprile 2010 sono 442 gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto finanziario. La magistratura contabile evidenzia tuttavia che il maggior numero di dichiarazioni di dissesto è avvenuto proprio a ridosso degli anni dell'entrata in vigore della relativa legge (1989) mentre dal 1998 non si sono mai avuti più di 5 dissesti l'anno. Negli oltre 20 anni presi in considerazioni il numero nettamente preponderante di dissesti finanziari si è avuto un Calabria e Campania, con un totale di 127 e 113 dissesti in 22 anni. Nella Campania sono inclusi i dissesti di una provincia e di alcuni comuni. Nel 2010, fino ad aprile, erano 2 gli enti in dissesto nel Lazio, uno in Molise uno in Campania.

Al primo aprile 2010 sono 24 gli enti in dissesto per i quali non è stato ancora presentato un piano di estinzione delle passività.

(06 agosto 2010)

 

 

 

INCHIESTA ITALIANA

Quando il risparmio fa crac

venti miliardi andati in fumo

Tanto hanno perso i "bot-people", dall'Argentina alla Parmalat. Un milione gli investitori traditi, il muro delle banche. Solo il 26% è stato rimborsato

di ETTORE LIVINI

Quando il risparmio fa crac venti miliardi andati in fumo Un gruppo di risparmiatori davanti al tribunale del processo Parmalat

* ''Io, truffata dai Tango Bond''

video

IL VIDEO

Un milione di italiani coinvolti. E 20 miliardi di risparmi (a volte tutti quelli messi da parte in una vita di lavoro) andati in fumo. La contabilità dei danni patiti dagli ex-Bot-people per gli scandali e i crac finanziari di inizio millennio è un numero, purtroppo, in continua evoluzione. L'Argentina ha quasi chiuso la scorsa settimana le sue pendenze con l'ultimo drappello dei 440mila investitori tricolori travolti dal default dei Tango Bond di Buenos Aires restituendo loro il 35% di quanto avevano investito. Decine di migliaia di ex azionisti Giacomelli, Finmatica e Parmalat conservano ancora nei loro conti in banca titoli diventati carta straccia. Normale amministrazione in un paese dove l'educazione finanziaria è vicina allo zero, i debiti non li onora nemmeno lo Stato (vedi i bond Alitalia rimborsati al 70,9%) e dove gli ex-obbligazionisti della Finmek - per sperare di rivedere qualche centesimo dei 150 milioni versati nelle casse del gruppo - dovranno aspettare l'esito delle cause con le banche: prima udienza fissata nel 2017.... Il bilancio di questo Monòpoli a perdere è nei numeri: i risparmiatori italiani, orfani delle super-cedole dell'era della lira, hanno perso l'orientamento. Traditi dal miraggio di rendimenti da sogno, da truffatori di professione e da consulenti interessati hanno puntato dal 2000 ad oggi 27 miliardi su aziende e Stati finiti poi ko. E ad oggi sono riusciti a rientrare solo del 26% circa del capitale che avevano investito. C'è la speranza di recuperare ancora qualcosa? Qual è stato il ruolo, nel bene e nel male, delle banche e dei consulenti? E la durissima lezione degli ultimi dieci anni, almeno, è servita a qualcosa?

LA CLASSIFICA DEI RIMBORSI

Carta canta. Argentina e Parmalat, le due Caporetto del risparmio italiano (560mila persone e 21 miliardi in ballo) sono i casi in cui, alla fine, si è perso di meno. La doppia offerta di Buenos Aires ha garantito poco più di un terzo del capitale. Chi non ha accettato, ha ora davanti un iter giudiziario ad ostacoli ancora alle prime battute. La cura di Enrico Bondi non ha potuto salvare gli azionisti Parmalat ma ha regalato ai titolari di bond di Collecchio - travolti dal buco da 14 miliardi - un rientro forse inatteso. Il rilancio industriale del gruppo ha consentito di trasformare i loro bond in azioni. Le transazioni da 2 miliardi chiude hanno fatto correre i titoli. E oggi i "sopravvissuti" ai Tanzi hanno recuperato - dividendi compresi - quasi il 40% dei loro quattrini.

Un po' più lento è stato l'iter del gruppo Cirio. I tre commissari hanno venduto attività per circa 390 milioni, di cui 325 sono già stati girati ai risparmiatori che avevano comprato bond da Sergio Cragnotti per 1,15 miliardi. Delle sette emissioni, tre sono state rimborsate con percentuali tra il 6,25% e il 50%. "E due altre restituzioni sono ormai in rettilineo d'arrivo - assicura il Commissario Luigi Farenga - in attesa dell'appello sulla sentenza che ha obbligato Capitalia, ora Unicredit a risarcirci per 300 milioni".

I GUAI DEI PICCOLI

Il discorso è diverso per i crac minori, quelli "fuori dai riflettori della pubblica opinione", come li chiama Gianluca Vidal, commissario straordinario della Finmek. Qui di polpa da vendere ne resta poca, le cause sono più difficili da seguire. E i rimborsi si misurano con il contagocce. Giacomelli, per dire, ha portato in libri in tribunale con pochissime attività da vendere visto che dei suoi negozi di articoli sportivi controllava solo i marchi. I curatori hanno recuperato 25 milioni da una transazione con Deloitte, piazzato a prezzi di realizzo qualche piccolo asset. "Ma di soldi per ora zero", si lamenta Ernesto Falcone che in tasca si trova 6mila euro di bond del gruppo. "E zero rimarranno anche secondo noi" scommette Marco Elser, socio fondatore di Advicorp, società italo-inglese che fa un po' da punto di riferimento per i valori dei cosiddetti titoli-spazzatura. "Il motivo è semplice - spiega Vidal - . Quando queste piccole aziende stanno per fallire, le prime spese che non pagano sono le tasse e il Tfr. Fisco e dipendenti sono creditori privilegiati. E così gli obbligazionisti arrivano di solito per ultimi". E restano spesso, alla fine, con un pugno di mosche in mano. Per molti un disastro umano: "Una pensionata di 89 anni mi ha scritto che non poteva più mangiare perché aveva perso tutti i suoi risparmi, 15mila euro, con i bond Finmek - continua Vidal - . Ma io non posso farci niente. Ho fatto causa alle banche e non ho il coraggio di dirle che la prima udienza è nel 2017!". "È il solito problema italiano: la giustizia è troppo lenta", conferma Antonio Passantino, alla guida del fallimento Finmatica, ex star della new economy caduta dalle stelle alle stalle per distrazioni in bilancio. Lui ai risparmiatori ha restituito il 7% ma una nuova tranche "arriverà entro qualche mese". E per Elser il recupero finale sarà tra il 15 e il 20%.

I crac di Serie B, insomma, sono figli di un Dio minore. "Noi non siamo mai stati ricevuto da un curatore fallimentare pagato profumatamente - dice Marcello Gualtieri, rappresentante degli obbligazionisti Finpart - . Non è stato emesso un comunicato per spiegarci cosa stava succedendo, nemmeno con un sito internet". Anche se, magra consolazione, lui e i suoi soci hanno già recuperato il 15% del capitale investito.

IL RUOLO DELLE BANCHE

Luisa Riffaldi Cambieri, 80 anni, una vita di lavoro alle Generali in Piazza Cordusio a Milano, ha un sorriso amaro: "Ho vissuto la guerra, ho passato anni a tirare la cinghia. Poi, alla fine, a rovinarmi la vita è stata l'ultima persona che mi aspettavo: il mio banchiere di fiducia". "Sono stata cliente dal '52 della stessa agenzia sotto casa mia, in Porta Romana - continua - . Dieci anni fa, quando io il mio povero marito abbiamo ritirato la liquidazione, siamo andati a chieder consiglio a loro su come investirla. Di chi altro dovevamo fidarci?". Con il senno di poi è facile a dirsi: di chiunque altro. "Tutti i miei risparmi, 33mila euro, sono stati investiti in bond Parmalat. I 25mila euro messi da parte da mio marito dopo una vita alla saldatrice, sono finiti in titoli Argentini. E badi bene che avevo detto di non esser golosa di rendimenti alti". Più bassi di così, in effetti, è difficile. La signora Luisa oggi ha in tasca circa 6mila euro di azioni di Collecchio ("se non avessi 80 anni andrei ad aspettare Tanzi sotto casa con il bastone...") e un bond di Buenos Aires che verrà pagato nel 2038. "Quando avrò 108 anni!".

È stata imprudente lei o è stata mal consigliata dalla banca? "La verità è che il mondo bancario ha i suoi interessi e negli ultimi anni ha piazzato titoli ad alto rischio a investitori sprovveduti", dice forte della sua esperienza Antonio Passantino, il liquidatore di Finmatica. La vecchia Popolare Lodi regalava auto di lusso agli impiegati che riuscivano a collocare più bond del gruppo. "Per un bel po' di tempo abbiamo venduto solo polizze, certificati di investimenti e altre invenzioni finanziarie con un'unica costante: realizzare commissioni al 10% per la banca", ha ammesso "Un bancario in crisi" in una lettera a Il Sole 24 Ore pochi mesi fa.

Generalizzare, naturalmente, è un errore. Ci sono banche che hanno fatto bene il loro mestiere, altre meno. Ma qualche problema c'è, se come ricorda Elio Lanutti - parlamentare Idv e presidente della commissione finanze del Senato - "sul sito di Patti chiari, il portale voluto dalle stesse banche per garantire trasparenza e informazioni ai consumatori, i bond Lehamn sono rimasti nella categoria dei titoli a basso rischio anche dopo il crac della banca Usa".

LA STRADA (IN SALITA) DELLE CAUSE

Le banche, forse con un po' di coda di paglia, hanno provato a metterci una toppa. Già dal 2005 hanno aperto tavoli di conciliazione con i propri clienti, esaminando caso per caso se erano stati venduti prodotti finanziari a rischio senza adeguate informazioni. Dati ufficiali non ce ne sono, ma le indiscrezioni parlano di circa 30mila richieste di rimborso, accolte più o meno nel 50% dei casi con la restituzione di cifre comprese in media tra il 20 e l'80% del capitale investito. Dopo Lehman e Islanda in molti hanno preferito rimborsare, spesso al 100%, sofisticate polizze index-linked e altri prodotti strutturati la cui caratteristica principale, dal punto di vista del venditore, era il margine di guadagno altissimo. "Qualche volta gli istituti sono arrivati a ribaltare le carte in tavola - accusa Lanutti - . Come su Argentina e Parmalat dove si sono inventati "task force" per aiutare le cause dei risparmiatori contro Buenos Aires e Collecchio solo per evitare quelle contro di loro".

L'Italia del resto, come testimonia la nostra ingloriosa leadership europea per numero di vittime di Argentina e Lehman, è un paese a basso tasso di consapevolezza finanziaria. Incapace non solo di prevenire i guai ma pure di affrontarli quando capitano. Alle banche, come ai medici, si crede quasi per fede. E pochissimi, non a caso, hanno scelto la strada del muro contro muro, chiedendo loro risarcimenti per vie legali dopo essere stati travolti dai crac.

"La causa individuale costa troppo", ammette Carlo Federico Grosso, rappresentante del Comitato di 32mila correntisti di Intesa SanPaolo che si sono costituiti parte civile nei processi Parmalat incassando già 75 milioni. "A me hanno chiesto 600 euro solo per aprire la pratica, si figuri", dice la signora Luisa. Lo stesso Ombudsman bancario, l'organismo incaricato di trovare una conciliazione tra banche e risparmiatori su queste questioni, ha affrontato negli ultimi anni circa 4mila casi ogni dodici mesi, una goccia nell'oceano dei truffati. Oggi poi, grazie alle firme in calce alla voluminosa (e spesso illeggibile) documentazione informativa imposta dalle nuove norme della Mifid per testimoniare l'avvenuta informazione, le banche hanno ridotto quasi a zero i rischi di contenzioso.

L'ARMA SPUNTATA DELLA CLASS ACTION

La Mifid non è l'unica eredità normativa tricolore della stagione degli scandali. L'altra, in teoria più importante, è la nuova legge sulla class action. L'arma letale con cui - da Erin Brockovich in poi - i risparmiatori Usa hanno vinto le loro epiche battaglie contro i responsabili dei crac di inizio millennio. I vantaggi della causa collettiva - che nel solo caso Enron, per dare un'idea, ha consentito di recuperare da banche d'affari e società di rating varie 7,6 miliardi di dollari - sono chiari: tutti i presunti danneggiati si uniscono in un'unica grande azione legale coordinata da figure esperte e autorizzate. Risultato: si dividono le spese e la massa d'urto per far valere le proprie ragioni è decisamente superiore. Il potenziale è enorme. Se tutti i risparmiatori europei travolti da Enron, Tyco, Lehman e Bear Stearns varie si fossero uniti alle cause Usa avrebbero recuperato 3,6 miliardi in più, calcola il Think tank inglese Goal.

Peccato che la class action all'italiana, come spesso accade da noi, sia nata zoppa. Se non altro perché non prevede la retroattività. L'azione è possibile solo per fatti avvenuti dopo il 16 agosto 2009. Salvando così i responsabili dei crac Parmalat, Cirio & C. "Senz'altro è uno strumento utile", ammette Elser anche se "ci vorrà del tempo per riuscire a capire come farlo funzionare", dice Grosso. La legge però - dicono gli esperti - lascia molte aree grigie sulla sua applicabilità per reati legati ai crac finanziari. Toccherà così ai singoli tribunali valutarne le possibilità d'applicazione. E se il buongiorno si vede dal mattino, il cammino sarà in salita: la prima class action tricolore - una causa varata da Codacons contro IntesaSanpaolo sulle commissioni di massimo scoperto - è stata bocciata come inammissibile. La via crucis dell'armata Brancaleone del risparmio tradito nel Belpaese, purtroppo, non è ancora finita.

(06 agosto 2010)

 

 

2010-08-05

FRODI COMUNITARIE

Sequestrati beni per 700 milioni di euro

Arrestati 5 imprenditori per truffa alla Ue

L'operazione della guardia di Finanza di Catanzaro in varie regioni d'Italia contro un'organizzazione criminale che opererebbe in Calabria, responsabile di aver frodato l'Unione Europea con fatture false

Sequestrati beni per 700 milioni di euro Arrestati 5 imprenditori per truffa alla Ue

ROMA - Maxi-operazione della guardia di Finanza contro le frodi comunitarie. E' in corso di esecuzione da parte del nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle di Catanzaro che ha sequestrato, in varie regioni d'Italia, beni per 700 milioni di euro e arrestato 5 imprenditori della piana di Gioia Tauro (Rc). I reati contestati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla truffa per il conseguimento indebito di ingenti contributi pubblici, al riciclaggio, alla frode fiscale.

Consistono nel patrimonio di 14 aziende del settore della trasformazione olivicola i beni, per il valore di 700 milioni di euro. Per sette delle aziende il sequestro del patrimonio è totale, mentre per le altre sette è parziale. Le aziende destinatarie del provvedimento hanno sede in Calabria e nelle Marche, mentre gli imprenditori arrestati sono tutti calabresi. L'inchiesta è stata condotta dalla procura della Repubblica di Palmi, che ha chiesto e ottenuto dal gip l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare e il sequestro dei beni. Le persone indagate nell'inchiesta sono, complessivamente, venti

(05 agosto 2010)

 

 

 

FISCO

Evasione, recuperati 4,9 miliardi

Il 9% in più rispetto al 2009

Il direttore dell'Agenzia delle entrate ottimista sui dati dei primi sette mesi dell'anno: "Si sta diffondendo la convinzione che chi evade daneggia se stesso e la collettività"

Evasione, recuperati 4,9 miliardi Il 9% in più rispetto al 2009

ROMA - Un traguardo importante quello raggiunto, nei primi sette mesi del 2010, nella lotta all'evasione. Sono stati incassati 4,9 miliardi di euro, il 9% in più rispetto al corrispondente periodo del 2009. A fornire i dati è l'Agenzia delle entrate: "I risultati raggiunti in questi primi mesi del 2010 - ha detto il direttore del'Agenzia, Attilio Befera - rappresentano una nuova meta sulla via del recupero dell'evasione, intrapresa con vigore negli ultimi anni. Una strada che corre parallela al miglioramento del dialogo con il contribuente grazie alle nuove versioni delle comunicazioni di più larga diffusione, scritte con un linguaggio più chiaro e semplice".

Il risultato più importante, ha spiegato Befera, è che "l'azione di contrasto sta iniziando ad aggregare il consenso sociale sulla lotta all'evasione, nella convinzione che chi evade danneggia la collettività tutta e, quindi, anche se stesso oltre ogni considerazione di convenienza". I 4,9 miliardi riscossi nei primi mesi del 2010, come ha chiarito il direttore centrale Accertamento, Luigi Magistro, sono ancora più significativi se si guarda in particolare ai 2,2 miliardi (+10% rispetto allo stesso periodo del 2009) di versamenti effettuati direttamente dai contribuenti che hanno scelto di utilizzare gli istituti definitori, come l'adesione, l'acquiescenza e la conciliazione giudiziale.

I risultati quantitativi e qualitativi dell'azione complessiva di accertamento (151mila accertamenti con una maggiore imposta accertata pari a oltre 9,8 miliardi) sono in linea con quelli dello stesso periodo del 2009, mentre gli accertamenti sintetici hanno fatto registrare un forte incremento sia del numero sia della maggiore imposta accertata (+57%). Un forte balzo in avanti è stato, infine, conseguito dai controlli automatizzati delle dichiarazioni dei redditi e Iva che fanno incassare all'erario 900 milioni, pari a +28% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

(05 agosto 2010)

 

 

 

 

LAVORO

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8%

I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record"

Più 28,4% rispetto a un anno fa. L'Inps parla di "lieve" aumento, Cgil e Cisl invece considerano i dati "molto preoccupanti": "E' il boom della cig straordinaria che rischia di essere l'anticamera dell'uscita dal lavoro"

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8% I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record" La protesta degli operai Eurallumina (450 in cassa integrazione) davanti alla Regione Sardegna

ROMA - A luglio torna a correre la cassa integrazione. Le richieste di cig sono aumentate del 9,8% rispetto a giugno, cancellando così i cali dei precedenti mesi. L'incremento rispetto a un anno fa è stato del 28,4% con una cifra assoluta di 113,7 milioni di ore di cassa autorizzate. Ai dati, come quasi sempre è avvenuto nell'ultimo anno, Inps e sindacati danno letture quasi opposte. Secondo l'istituto di previdenza si tratta di un rialzo "lieve", " del tutto attribuibile al boom della cassa integrazione straordinaria (+26,3%)" e in linea con la "dinamica stagionale". Per i rappresentanti dei lavoratori, invece, il 2010 finirà per essere un anno di cig record con scenari allarmanti per l'occupazione.

Passando al dettaglio, a luglio si sono registrate 27,7 milioni di ore di cig ordinaria (-48,6% su anno), 52,4 milioni per la straordinaria (+178,1%) e 33,6 milioni per quella in deroga (+113,8%). Rispetto a giugno, le domande di cig ordinaria sono cresciute di poco (+1,6%), mentre sono calate quelle per la cig in deroga (- 3,4%). In calo, infine, le domande di disoccupazione (-4,2% rispetto al luglio 2009) e quelle per mobilità (-9%).

Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps, ritiene l'andamento della cig in linea con quanto accaduto l'anno scorso: "Anche per i dati tendenziali si confermano i trend ormai stabilizzati - dice - : progressiva contrazione delle richieste di cig ordinaria e aumento quasi speculare delle domande di cassa integrazione straordinaria; a conferma che l'elasticità del sistema sta garantendo una protezione efficace al mondo del lavoro".

Ben altra aria si respira nel fronte dei sindacati: "La Cig - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil - cresce esponenzialmente, siamo oltre i 700 milioni di ore e il 2010 sarà, a tutti gli effetti, l'anno record per la cassa integrazione. Oltretutto, rispetto all'anno scorso c'è una caratteristica di fondo che aggrava la situazione: la Cig si sta in gran parte spostando sulla straordinaria, ovvero l'anticamera dell'uscita dal lavoro.

Questa è la realtà che non ha bisogno di falso ottimismo ma di politiche di sviluppo che evitino lo scivolare di questa enorme platea di lavoratori verso la disoccupazione. Politiche che mancano totalmente nella manovra e nelle politiche del governo".

I dati di luglio sono "molto preoccupanti" anche per Giorgio Santini della Cisl: "Anche se vanno evitate drammatizzazioni eccessive - dice il segretario confederale - è fonte di grande preoccupazione per il futuro dell'occupazione il livello molto alto dello stock di cig toccato a luglio, nonostante che l'attività produttiva abbia dato chiari segnali di ripresa. Sotto questo profilo è davvero preoccupante che siano proprio i settori produttivi, industria e artigianato, a segnare l'incremento di Cig più forte, oltre il 17%, rispetto a giugno".

(05 agosto 2010)

2010-08-04

FEDERALISMO FISCALE

Fiscalità comunale, via libera dal Cdm

Cedolare secca sugli affitti al 20%

Ok del governo al decreto attuativo dell'autonomia impositiva dei Comuni. Giallo sull'aliquota per le locazioni: Galan parla del 22% e La Russa del 20%. Calderoli chiarisce: "E' del 20% e partirà dal primo gennaio 2011"

Fiscalità comunale, via libera dal Cdm Cedolare secca sugli affitti al 20% Roberto Calderoli

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto attuativo del federalismo fiscale che disciplina l'autonomia impositiva dei Comuni. Il provvedimento ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento per poi tornare al Consiglio dei ministri per l'ok definitivo. Il decreto attuativo prevede una cedolare secca sugli affitti e la tassa unica per i comuni. Nuova fumata nera, invece, per la nomina del nuovo presidente della Consob.

Al termine del Cdm, alcune dichiarazioni hanno creato incertezza sull'entità della cedolare secca. Si sa che il Consiglio ha abbassato l'aliquota, che nel testo arrivato a Palazzo Chigi era del 25% 1, ma non sono univoche le indicazioni dei ministri. Uscendo dal Consiglio, il titolare delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha indicato il 22%, mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha dichiarato: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Ha chiarito tutto Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa: "La cedolare secca sugli affitti è al 20%, aliquota che riguarda gli affitti normali, non quelli agevolati. Partirà dal primo gennaio 2011".

La cedolare sugli affitti. L'abbassamento al 20% dell'aliquota sugli affitti, che nella prima bozza era attestata al 25%, è la vera novità di un decreto che mira a far decollare il federalismo municipale, grazie a una nuova fiscalità legata al patrimonio immobiliare. Dal 2011, dunque, le imposte sugli affitti si potranno pagare con una cedolare secca. Dal prossimo anno, secondo questa nuova opzione volontaria, ''il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione - come spiega il testo del provvedimento approvato oggi - può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, a un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché dell'imposta di registro e dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 20 per cento''. Dure sanzioni per gli evasori e per chi dichiari importi inferiori.

L'imposta municipale "propria". Dal 2014 arriva poi la nuova imposta municipale "propria", che sarà pagata sul possesso degli immobili (escluse le prime case) e anche sulle compravendite. Lo stesso ministro Calderoli spiega che l'aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell'8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. L'imposta municipale propria, spiega il decreto, ''può essere istituita, a decorrere dall'anno 2014, con deliberazione del Consiglio comunale adottata entro il 30 novembre dell'anno precedente sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondo lo statuto comunale e sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili''.

L'imposta municipale "facoltativa". L'articolo 7 del decreto approvato prevede che l'imposta municipale secondaria facoltativa può essere introdotta, a decorrere dall'anno 2014, ''con esclusione degli immobili ad uso abitativo e sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondolo statuto comunale e della conseguente deliberazione del Consiglio Comunale, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza''.

(04 agosto 2010)

 

 

 

 

 

LA RIFORMA

Affitti, in arrivo la nuova tassa

cedolare secca al 25%

Passano ai Comuni tutti i tributi sulla casa, ma l'imposta unica slitta al 2014. Sarà del 20% per i canoni agevolati. Oggi il decretodi

di ROBERTO PETRINI

Affitti, in arrivo la nuova tassa cedolare secca al 25%

ROMA - Nuovo passo in avanti del federalismo fiscale. Oggi il Consiglio dei ministri varerà il decreto legislativo che istituisce l'Imu, l'imposta municipale unica (che partirà solo dal 2014, slittando di fatto alla prossima legislatura) e introduce la cedolare secca sugli affitti fin dal prossimo anno. Dal 2011 i canoni di locazione non saranno più sottoposti alla progressione dell'Irpef: ci sarà invece una aliquota fissa - con opzione volontaria - del 25%. La "cedolare" scenderà al 20% per i canoni agevolati nelle aree ad alta densità abitativa. Sanzioni raddoppiate per chi affitta in "nero". "Arriva una superpatrimoniale", ha commentato il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina.

L'Imu sarà divisa in due. La "prima" Imu sulla casa scatterà dal 2014 e varrà per tutti i Comuni: si dovrà pagare sul possesso degli immobili (escludendo le prime case) e sulle compravendite. Ci sarà poi una seconda Imu, destinata agli immobili commerciali, e "facoltativa" per i Comuni, che riunirà le attuali imposte sull'occupazione di suolo pubblico e sulle affissioni.

L'"imposta municipale propria", la "prima" Imu, arriverà nel 2014 e verrà pagata da tutti i possessori di immobili. Non peserà sulle prime case e, di fatto, sarà una tassa sulla seconda casa (inglobando probabilmente Irpef e Ici). Si verserà in quattro rate. Quale sarà l'aliquota della nuova imposta municipale? Per ora nessuna decisione, si dovrà attendere il varo del decreto del ministro dell'Economia. E' certo tuttavia che i Comuni potranno aumentare o diminuire il prelievo del 3 per mille.

Nota invece l'aliquota sui trasferimenti "tra vivi a titolo oneroso o gratuito, della proprietà di beni immobili": la tassa, che si aggiungerà all'Imu in caso di compravendita, sarà del 3% per le prime case e del 7% sulle altre (gli stessi livelli della imposta di registro che oggi si paga sulle compravendite e che sarà così sostituita). Queste ultime aliquote tuttavia potranno essere modificate dai Comuni a partire dal 2017.

C'è poi l'"imposta municipale secondaria facoltativa", la "seconda" Imu. Sarà decisa Comune per Comune, varata con una delibera del consiglio municipale e preceduta dal via libera di una consultazione popolare (anche on line). Sarà destinata agli esercizi commerciali e agli studi professionali e servirà a sostituire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta sulla pubblicità e le pubbliche affissioni. Si pagherà in base ai metri quadrati occupati e alla durata dell'occupazione.

"Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata - è scritto nella bozza - la devoluzione ai Comuni del fisco sugli immobili è prevista la creazione di un fondo della durata di 5 anni". Il fondo "perequativo" sarà alimentato, attraverso meccanismi diversi, con lo spettro dei vari tributi sugli immobili. Infine i Comuni assumeranno un ruolo più forte nella lotta all'evasione: avranno il gettito incassato per l'iscrizione al catasto degli "immobili fantasma" mentre sale dal 33 al 50% la "compartecipazione" sugli incassi della lotta all'evasione.

(04 agosto 2010)

 

 

 

Canoni, sconti fiscali ai redditi alti

per quelli bassi dieci volte di meno

di ROSA SERRANO

Canoni, sconti fiscali ai redditi alti per quelli bassi dieci volte di meno

Su affitti da mille euro, un benestante risparmia 1.800 euro. Solo 200 per chi guadagna poco

Cedolare secca sugli affitti a due velocità. Con l'aliquota unica al 25 per cento sconti fiscali super per i proprietari di case con redditi medio-alti e mini-risparmi per quelli con una situazione reddituale più contenuta. Su canoni da mille euro mensili, i primi potranno risparmiare quasi 2 mila euro annui; i secondi dieci volte di meno. Questi, in estrema sintesi, gli effetti del decreto sul federalismo fiscale che verrà presentato oggi al Consiglio dei ministri, e che disciplina l'autonomia fiscale dei Comuni. L'ipotesi iniziale di una aliquota unica al 20% è rimasta solo per i canoni agevolati nei Comuni ad alta intensità abitativa, che tuttavia sono una minoranza rispetto al numero di affitti liberi.

I risparmi maggiori, come si diceva, riguardano i proprietari che oggi pagano un'aliquota Irpef tra il 38 e il 43 per cento. Ad esempio, un contribuente con un reddito di 60 mila euro che ha dato in affitto un appartamento con contratto libero a 1.000 euro mensili, oggi subisce su questo affitto una sforbiciata di 4.182 euro annui. Con l'introduzione della cedolare secca del 25 per cento, la tassazione si abbasserebbe a 2.550 euro, con uno sconto di 1.632 euro annui, 510 euro in meno di quella ipotizzabile con l'aliquota unica al 20%. Il risparmio supera i 1.800 euro annui per chi ha un reddito di 100 mila euro.

Ben diversa la situazione di un proprietario con un reddito annuo di 16 mila euro. Sempre con un affitto mensile libero di 1.000 euro, mentre con l'aliquota unica al 20 per cento avrebbe risparmiato 714 euro, con l'introduzione della cedolare secca al 25% il guadagno si ridurrà ad appena 204 euro mensili.

Vediamo invece cosa succede in caso di canone agevolato, concordato in sede locale fra organizzazioni della proprietà e degli inquilini, e con durata inferiore (tre anni più due rispetto ai quattro più quattro dei contratti liberi). Ipotizzando un affitto mensile di 750 euro, il proprietario con reddito annuo di 100 mila euro risparmierà con l'aliquota al 20% 1.231 euro mentre quello con un reddito annuo di 16 mila euro otterrà uno sconto di 375 euro.

Insomma, mentre con l'aliquota unica al 25 per cento sugli affitti liberi, si possono ipotizzare risparmi medi di imposta fra 200 e 1.800 euro annui, per i canoni agevolati (con aliquota al 20%) gli sconti vanno da 400 a 1.200. Ma siccome il grosso degli affitti è a canone libero, i redditi bassi finiranno per essere fortemente svantaggiati rispetto a quelli più elevati. Anzi, per alcuni di essi invece di un risparmio ci potrebbe essere un aggravio. Infatti, l'aliquota unica al 25% introdurrebbe solo un costo aggiuntivo per chi ha un reddito annuo (compreso quello di affitto) fino a 15 mila euro, con aliquota Irpef al 23 per cento. Si può ritenere che proprio per questa ragione, il decreto dà la possibilità al contribuente di scegliere tra il mantenimento del vecchio regime Irpef e la nuova aliquota. Quest'ultima, che entrerà in vigore a decorrere dal 2011, sostituirà oltre all'Irpef con le relative addizionali anche l'imposta di registro e di bollo sui contratti di affitto.

(04 agosto 2010)

 

 

 

CRISI

Gli italiani risparmiano sull'auto

Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

I dati dell'Aci registrano, per quella che è la terza voce di spesa per le famiglie, la prima diminuzione dal 1990. In calo anche il prelievo fiscale sui veicoli. Crescono con gli incentivi le vetture in circolazione, ma si taglia su assicurazioni e carburante

Gli italiani risparmiano sull'auto Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

ROMA - Gli italiani spendono meno per la loro auto. Nel 2009, per la prima volta dal 1990, la spesa per l'acquisto e l'utilizzo dell'automobile è di circa 165 miliardi di euro, -2,3% rispetto al 2008. Lo evidenzia l'Aci nel suo annuario statistico 2010, nel quale sottolinea il contemporaneo aumento delle auto in circolazione che raggiungono quota 36.371.790 unità (+265mila unità rispetto al 2008). Si è anche ridotto - rileva l'Aci - il prelievo fiscale per tutti i veicoli: nel 2009 sono stati versati nelle casse del fisco 57,5 miliardi, -5,6% sul 2008.

Terza voce di spesa dopo casa e alimenti. Come fa notare l'Aci, quella per l'automobile è la terza voce di spesa per le famiglie italiane, dopo la casa e l'alimentazione. Il prelievo fiscale incide per circa un terzo. Per quanto riguarda le voci più consistenti della spesa, al primo posto c'è l'acquisto: 58 miliardi di euro (+0,4%). In calo la spesa per la RC auto, che è stata di circa 15,7 miliardi di euro (-3,4% rispetto al 2008) e soprattutto quella relativa ai carburanti: 40 miliardi di euro (-10%), su cui ha inciso un prelievo fiscale del 59%.

In merito a quest'ultima voce, rileva l'Aci, si sceglie sempre di più il 'fai da te', mentre si sfrutta al meglio la concorrenza nella RC auto cambiando compagnia anche a ogni rinnovo. "Ulteriori risparmi - sottolinea il presidente dell'Aci, Enrico Gelpi - potrebbero venire da una tassazione più equa. Il bollo deve tornare ad essere bollo di circolazione, pagato in proporzione ai chilometri percorsi e in base alle emissioni di CO2".

Se diminuisce la spesa per Rc Auto e carburanti, aumenta invece quella per l'acquisto, svettata a 58,2 miliardi di euro (+0,4%). Aumenta anche l'esborso per la manutenzione, a 25,4 miliardi (+2%), per i pneumatici (7,3 miliardi,+0,2%), per i parcheggi (8,1 miliardi,+1%) e per la tassa automobilistica (5,5 miliardi,+0,5%). L'ultimo posto della classifica per voce di spesa sostenuta è occupato dai pedaggi autostradali con 4,1 miliardi (+0,8%).

Più auto in circolazione. Cala la spesa complessiva, aumentano però le auto in circolazione: nel 2009 raggiungono quota 36.371.790 unità. Nelle città si nota, tuttavia, una diminuzione del parco veicoli. Se nel 1985, infatti, il numero delle auto circolanti negli otto comuni più grandi rappresentava il 18% del totale, nel 2009 si scende al 13,5%. Solo a Firenze e Napoli risulta una leggera crescita.

La spinta degli ecoincentivi. Gli ecoincentivi - sottolinea l'Aci - hanno funzionato, facilitando lo svecchiamento del parco auto e andrebbero riproposti per evitare la crisi del settore. Nel 2009 su circa 1,9 milioni di autovetture "radiate", poco più di un milione (il 52%) erano "Euro 0" ed "Euro 1". Ciononostante, in Italia circolano ancora 7,3 milioni di auto (il 20% del totale) "euro 0" o "euro 1". L'età media delle auto è di circa 7 anni e 11 mesi. Il 37% delle auto in circolazione ha più di 10 anni di vita, con una quota di non catalizzate (le "euro 0") pari al 13% del totale.

(04 agosto 2010)

 

2010-08-02

AUTOSTRADE

Stop agli aumenti dei pedaggi

Respinto il ricorso del governo

Il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta di sospensiva che Anas e presidenza del consiglio avevano presentato contro la decisione del Tar. Secondo i giudici, "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare di estrema urgenza". Il verdetto di merito il 31 agosto

Stop agli aumenti dei pedaggi Respinto il ricorso del governo

ROMA - Resta valido lo stop all'aumento dei pedaggi autostradali (e all'istituzione di nuove "stazioni di esazione") stabilito dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Il Consiglio di Stato ha infatti respinto il ricorso d'urgenza presentato dal governo e dall'Anas contro la decisione del Tar che aveva "bocciato" previsioni e aumenti contenuti nella Manovra economica.

L'organo supremo della giustizia amministrativa ha rigettato l'istanza del consiglio dei ministri e dell'Anas, rinviando la decisione di merito sulla questione all'udienza già fissata per il 31 agosto. Secondo il Consiglio di Stato, come si legge nell'ordinanza, "la situazione controversa va conservata immutata in tutti i suoi aspetti, sino alla decisione cautelare da parte del collegio" e allo stato delle cose "non ricorrono gli estremi per una misura cautelare connotata dalla estrema urgenza", quale invece era stata sollecitata dal governo.

I giudici di Palazzo Spada hanno così respinto "l'istanza di misure cautelari provvisorie" e stabilito che l'appello del governo contro l'ordinanza del Tar "potrà essere esaminato nel rispetto del contraddittorio tra le parti nella camera di consiglio fissata per il 31 agosto". Il Tar Lazio aveva bocciato gli aumenti e i nuovi "ingressi a pagamento" istituiti nella Manovra, accogliendo i ricorsi delle Province 1 di Roma, Rieti e Pescara e di decine di Comuni sull'asse Lazio-Abruzzo, i cui pendolari per lavoro verso le aree metropolitane potrebbero pagare cara l'introduzione di nuovi pedaggi. Il Tar aveva accolto il ricorso ritenendo che il pedaggio non possa essere una tassa, ma dovrebbe essere una contropartita per la fornitura di un servizio.

(03 agosto 2010)

 

 

 

Si va più tardi in pensione

online il nuovo calcolatore

Con l'approvazione della manovra economica ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità previdenziali. Dall'elevazione dell'età per le donne della pubblica amministrazione al prolungamento del tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo pagamento della prima mensilità. E da gennaio 2015 l'età minima agganciata alla speranza di vita. INTERATTIVO: CALCOLA

 

 

Per andare in pensione bisognerà aspettare sempre di più. Mentre molto poco si fa per favorire le condizioni e la permanenza degli over 45 nei posti di lavoro, aumenta l'età per le donne nella pubblica amministrazione, viene allungata l'attesa che intercorre tra il momento in cui si maturano i requisiti e quando si riceve effettivamente la prima mensilità, e da gennaio 2015 l'età minima verrà legata all'incremento della speranza di vita. Con l'approvazione alla Camera, avvenuta giovedì 27 luglio con 321 voti favorevoli, viene ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità che incidono significativamente sul sistema previdenziale.

Da oggi le principali novità sono state inserite nel calcolatore presente nel nostro network, grazie alla collaborazione con Mefop e Epheso, che permette di conoscere - sulla base della legislazione vigente - la data di pensionamento e l’importo della pensione netta annua. Il calcolatore, inoltre, offre la possibilità anche di fare una stima dell’ultimo reddito netto annuo da lavoro e di scoprire il tasso di sostituzione netto della pensione: ovvero quanto vale la pensione netta in termini percentuali rispetto all’ultimo stipendio netto.

La variazione introdotte. I primi effetti si sentiranno già tra pochi mesi. Da gennaio 2011 verranno ridotte da quattro a una soltanto le finestre per "uscire" dal mercato del lavoro. E così i lavoratori che avranno maturato i requisiti dopo l'ultimo giorno di dicembre del 2010, sia per le pensioni di anzianità, sia per le pensioni di vecchiaia, dovranno aspettare più tempo di quanto succedeva prima. Di fatto, il giorno dopo che si sono maturati i requisiti, i dipendenti dovranno aspettare dodici mesi. Prima poteva capitare un'attesa di qualche mese. Ora sarà sempre di un anno.

Gli autonomi dovranno aspettare ancora di più. Diciotto mesi. Lo stesso tempo che dovranno aspettare anche quei dipendenti che si ritrovano ad avere versato i contributi, anche se da dipendenti, in diversi enti previdenziali. Loro, che fino ad oggi, potevano andare in pensione come dipendenti ora vengono di fatto omologati allo status di "autonomi".

Donne e pubblica amministrazione. C'è poi la norma relativa all'età delle donne impiegate nel pubblico. Dal primo gennaio del 2012, le donne che lavorano nel pubblico matureranno i requisiti all'età di 65 anni e non più a 61 anni. Il passaggio avverrà senza alcuna gradualità. Così, ad esempio, le nate nel 1950 potranno andare in pensione nel 2011, mentre coloro che sono nate nel 1951 dovranno aspettare fino al 2016.

Tra cinque anni. Con la legge 102/2009, a partire dal 2015, l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita. I regolamenti attuativi dovranno essere emanati entro il 2014. Da allora per tutti i lavoratori i requisiti di pensionamento verranno adeguati alla speranza di vita che verrà definita dai parametri Istat. I coefficienti verranno adeguati ogni tre anni. Solo la prima volta l'adeguamento verrà effettuato dopo quattro anni e non potrà superare i tre mesi.

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2010-08-02

Si va più tardi in pensione

online il nuovo calcolatore

Con l'approvazione della manovra economica ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità previdenziali. Dall'elevazione dell'età per le donne della pubblica amministrazione al prolungamento del tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo pagamento della prima mensilità. E da gennaio 2015 l'età minima agganciata alla speranza di vita. INTERATTIVO: CALCOLA

 

 

Per andare in pensione bisognerà aspettare sempre di più. Mentre molto poco si fa per favorire le condizioni e la permanenza degli over 45 nei posti di lavoro, aumenta l'età per le donne nella pubblica amministrazione, viene allungata l'attesa che intercorre tra il momento in cui si maturano i requisiti e quando si riceve effettivamente la prima mensilità, e da gennaio 2015 l'età minima verrà legata all'incremento della speranza di vita. Con l'approvazione alla Camera, avvenuta giovedì 27 luglio con 321 voti favorevoli, viene ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità che incidono significativamente sul sistema previdenziale.

Da oggi le principali novità sono state inserite nel calcolatore presente nel nostro network, grazie alla collaborazione con Mefop e Epheso, che permette di conoscere - sulla base della legislazione vigente - la data di pensionamento e l’importo della pensione netta annua. Il calcolatore, inoltre, offre la possibilità anche di fare una stima dell’ultimo reddito netto annuo da lavoro e di scoprire il tasso di sostituzione netto della pensione: ovvero quanto vale la pensione netta in termini percentuali rispetto all’ultimo stipendio netto.

La variazione introdotte. I primi effetti si sentiranno già tra pochi mesi. Da gennaio 2011 verranno ridotte da quattro a una soltanto le finestre per "uscire" dal mercato del lavoro. E così i lavoratori che avranno maturato i requisiti dopo l'ultimo giorno di dicembre del 2010, sia per le pensioni di anzianità, sia per le pensioni di vecchiaia, dovranno aspettare più tempo di quanto succedeva prima. Di fatto, il giorno dopo che si sono maturati i requisiti, i dipendenti dovranno aspettare dodici mesi. Prima poteva capitare un'attesa di qualche mese. Ora sarà sempre di un anno.

Gli autonomi dovranno aspettare ancora di più. Diciotto mesi. Lo stesso tempo che dovranno aspettare anche quei dipendenti che si ritrovano ad avere versato i contributi, anche se da dipendenti, in diversi enti previdenziali. Loro, che fino ad oggi, potevano andare in pensione come dipendenti ora vengono di fatto omologati allo status di "autonomi".

Donne e pubblica amministrazione. C'è poi la norma relativa all'età delle donne impiegate nel pubblico. Dal primo gennaio del 2012, le donne che lavorano nel pubblico matureranno i requisiti all'età di 65 anni e non più a 61 anni. Il passaggio avverrà senza alcuna gradualità. Così, ad esempio, le nate nel 1950 potranno andare in pensione nel 2011, mentre coloro che sono nate nel 1951 dovranno aspettare fino al 2016.

Tra cinque anni. Con la legge 102/2009, a partire dal 2015, l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita. I regolamenti attuativi dovranno essere emanati entro il 2014. Da allora per tutti i lavoratori i requisiti di pensionamento verranno adeguati alla speranza di vita che verrà definita dai parametri Istat. I coefficienti verranno adeguati ogni tre anni. Solo la prima volta l'adeguamento verrà effettuato dopo quattro anni e non potrà superare i tre mesi.

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Le variazioni introdotte

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2010-07-29

MANOVRA

Via libera definitivo alla Camera

321 sì, 270 no e 4 astenuti

Per il voto finale in aula anche Berlusconi. Il Pd: "Tra due mesi ne servirà un'altra". L'Idv: "E' iniqua e illiberale". Bruxelles "delusa" dalla proroga per le multe sulle quote latte, valuta un'eventuale procedura di infrazione

Via libera definitivo alla Camera 321 sì, 270 no e 4 astenuti Tremonti alla Camera

ROMA - La Camera ha approvato in via definitiva alla manovra economica. Il provvedimento, su cui ieri è stata votata la fiducia 1, è passato con 321 voti favorevoli, 270 contrari e quattro astenuti. Per il voto finale si è visto a Montecitorio anche il premier Silvio Berlusconi, che ha avuto un colloquio con il ministro dell'Economia Giulio tremonti.

Tra le principali novità del testo, identico a quello approvato dal Senato (dove pure aveva incassato la fiducia), il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager, la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Entrano anche le norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre due milioni di 'case-fantasma'. Nel complesso la manovra vale circa 25 miliardi di euro.

Le opposizioni. Se per la maggioranza il provvedimento era necessario per evitare al Paese il rischio di crisi modello Grecia ed è equo, le opposizioni e gli Enti locali la pensano in modo completamente diverso. Nelle dichiarazioni di voto finali, il Pd ha confermato il suo giudizio negativo e ha messo in guardia dal rischio che presto arrivi una nuova correzione: "Il nostro è un parere negativo - ha affermato il capogruppo del Pd in commissione bilancio, Pier Paolo Baretta - temiamo che non risolverà i problemi e ce ne aspettiamo un'altra, non è equa e non aiuta la crescita. Tra due mesi avremo un'altra manovra, fra due mesi arriverà la finanziaria vera e allora dovremo vedere la capacità del governo di saper imprimere una svolta alla politica economica governo".

"Quella che la maggioranza si appresta a votare è una manovra iniqua ed illegale, il secondo atto di viltà politica dopo quello di aver nascosto ai cittadini la crisi. E' un provvedimento che non serve ai cittadini né tanto meno al nostro paese. Non rimette i conti dello stato in ordine, taglia risorse essenziali, aumenta le tasse, farà crescere il debito pubblico e non sostiene in alcun modo lo sviluppo - ha detto Renato Cambursano, capogruppo Idv in commissione - Questo governo e questa maggioranza hanno fallito su tutta la linea e a pagare come sempre saranno i cittadini onesti che, a causa dei tagli agli enti locali, si ritroveranno a dover pagare più tasse per i servizi essenziali".

Le questioni irrisolte. Il voto finale e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non chiudono lo strascico delle questioni irrisolte sulle quali già diversi ministri hanno assunto impegni formali da adottare molto probabilmente in autunno con la nuova legge di stabilità, la ex finanziaria. Questi i nodi che andranno sciolti nei prossimi mesi:

Diplomatici - Potrebbero arrivare modifiche al taglio lineare del 10% alla Farnesina e il blocco degli stipendi, misure contro cui hanno scioperato i diplomatici. Berlusconi ha assicurato che il governo andrà incontro alle loro richieste.

Quote latte - Sulla proroga del pagamento delle multe per le quote latte pende il verdetto di Bruxelles che ha avvertito sul rischio dell'apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Anche oggi, dopo il voto finale, il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos ha fatto sapere che "la Commissione Europea è delusa nell'apprendere che l'Italia ha votato una misura che sembra essere contraria alle regole dell'Ue sul rimborso delle multe per il superamento delle quote latte. Ora esaminerà sotto il profilo giuridico il testo votato e non esiterà a intraprendere l'azione necessaria contro l'Italia se la misura non è conforme alle regole Ue".

Tagli alle Regioni - E' ancora aperta la partita fra governo e Regioni sui tagli contenuti nella manovra. Il governo intende risolvere la questione con il federalismo fiscale, ma al momento non c'è nessun accordo con i governatori.

Parchi - Anche il taglio del 50% agli enti vigilati potrebbe essere rivisto con la legge di stabilità in autunno. Oltre alla ricerca c'è anche il nodo parchi su cui il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha assicurato che saranno ripristinati i fondi. La Camera, inoltre, ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo a ricostituire un flusso di finanziamenti adeguato agli enti parco nazionali.

Sicurezza - Il governo dovrebbe dare seguito all'ordine del giorno che esclude dal congelamento degli stipendi alcune indennità delle forze armate.

Cultura - Nel mirino il taglio del 50% delle risorse destinate agli istituti culturali e le riduzioni ai trasferimenti a Regioni ed Enti locali che si ripercuoteranno sul settore. Il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, ha assunto impegni sul ripristino delle risorse per i musei.

Università - C'è l'impegno del governo a recuperare una parte del taglio di 1,3 miliardi per l'università. In particolare, ha assicurato il ministro maria stella gelmini, ci saranno 40 milioni di euro per ripristinare gli scatti di stipendio ai ricercatori.

(29 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pedaggi, lo stop del Tar del Lazio

No aumenti per autostrade e Gra

Pedaggi, lo stop del Tar del Lazio No aumenti per autostrade e Gra

ROMA - Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto che ha disposto l'aumento dei pedaggi autostradali. I giudici hanno accolto le richieste della provincia di Roma, del Comune di Fiano Romano e della Provincia di Pescara. Nell'ordinanza del Tar è spiegato che al pagamento deve corrispondere un servizio, e dunque l'utilizzo di un'infrastruttura, e non può trattarsi di una mera tassa.

"Il provvedimento impugnato", si legge nelle ordinanze, "per essere coerente con la finalità enunciata deve assumere il carattere di corrispettivo per l'utilizzo di una infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell'infrastruttura".

(29 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-28

MANOVRA

Bersani: "Governo a colonne d'Ercole

la maggioranza ora sia responsabile"

Il segretario del Pd alla camera per la dichiarazione di voto sulla manovra chiede un passo indietro a Berlusconi e sprona l'opposizione: "Bisogna parlare di lavoro, di diritti civili, di quei cinquantamila bambini figli di immigrati che non sono nè immigrati nè italiani. Vogliamo dirgli chi sono?"

Bersani: "Governo a colonne d'Ercole la maggioranza ora sia responsabile" Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

ROMA - Il berlusconismo ha le ore contate e l'Italia, dal punto di vista politico, naviga "in acque sconosciute": secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani tutto è possibile ora, e l'apposizione deve prepararsi ad affrontare al meglio questo "cruciale momento politico".

Pronunciando alla camera la dichiarazione di voto sulla manovra, il segretario ha detto che "qualcosa sta succedendo sul piano politico, qualcosa che richiede una risposta. "E' necessario che il Parlamento discuta sulla seguente domanda: a che punto siamo? Secondo me siamo arrivati alle "colonne d'Ercole" della vicenda berlusconiana...".

"Chi vince le elezioni non ha in mano il destino divino, ma una responsabilità maggiore. Mi auguro - ha aggiunto - che voi mettiate in campo una maggiore responsabilità". Sempre rivolgendosi alla maggioranza, Bersani ha chiesto di fare "un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo pronti a una fase di transizione che consenta una corretta democrazia". A partire dalla riforma delle legge elettorale. La fase di trasizione, secondo il segretario, deve infatti portare alla creazione "in primo luogo, di una corretta democrazia parlamentare, a partire dalla riforma elettorale". "L'Italia - ha spiegato - ha problemi stringenti, vuole riforme e vede che passiamo mesi sul tema intercettazioni, che si sarebbe risolto in 15 minuti se ci fossero state buone intenzioni. Senza contare che non si parla mai di lavoro".

Le ultime parole sono state per il centrosinistra: "Abbiamo il compito, noi opposizioni, di predisporre un progetto per questo Paese e di lanciare un messaggio diverso. Possiamo uscirne con uno sforzo comune, rimboccandoci le mani. Chi ha di più dà di più. E poi bisogna parlare di lavoro, di diritti civili, di quei cinquantamila bambini figli di immigrati che non sono nè immigrati nè italiani. Vogliamo dirgli chi sono?".

(28 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-27

MANOVRA

Camera, il governo pone la fiducia

Per i deputati tagli di 1000 euro al mese

Il voto finale previsto per giovedì. Lungo colloquio Berlusconi-Tremonti. Di Pietro: "Si vergognino". Napolitano: "L'obiettivo della riduzione del debito pubblico richiede un impegno di ben lunga lena"

Camera, il governo pone la fiducia Per i deputati tagli di 1000 euro al mese L'Aula della Camera

ROMA - Dopo aver interrotto la discussione generale sulla manovra, il governo ha posto la fiducia sul decreto. Lo ha annunciato, nell'Aula di Montecitorio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. La fiducia, la numero 36 dall'inizio della legislatura, è stata posta sul testo della commissione, identico a quello approvato dal Senato. Sarà votata domani alle 17. Il voto finale del provvedimento è fissato per giovedì.

Incontro Berlusconi-Tremonti. L'obiettivo della maggioranza era quello di interrompere la maratona oratoria delle opposizioni che si erano iscritte in massa a parlare (oltre 240 deputati). In precedenza erano state respinte le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione. Alla Camera è arrivato anche Silvio Berlusconi, che, prima di lasciare l'Aula, ha avuto un lungo colloquio con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Tagli agli stipendi dei parlamentari. Intanto l'ufficio di presidenza di Montecitorio, sulla base delle indicazioni della manovra, ha deciso che sarà di mille euro netti al mese il taglio sulla retribuzione dei deputati. Inciderà per 500 euro sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e per i restanti 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati anche ai "portaborse". Tagli in vista per gli stipendi più alti dei dipendenti della Camera: si è decisa una riduzione del 5% delle retribuzioni tra i 90mila e i 150mila euro, e del 10% per quelle sopra i 150mila euro per il triennio 2011-2013. Prevista anche la sospensione, nel triennio, dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzione.

Napolitano: "Ridurre debito pubblico". Il rigore necessario per abbattere il debito pubblico, ''imperativo di interesse nazionale'', comporterà "inevitabili sacrifici diffusi", ma "non può vedere penalizzati in modo indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interviene così alla settima Conferenza degli ambasciatori d'Italia, in corso alla Farnesina. Un appuntamento che arriva nel pieno della protesta dei diplomatici per i tagli legati alla manovra 1. Per il capo dello Stato esiste "un equivoco da scongiurare: quello che l'assetto istituzionale di qualsiasi stato possa privarsi di funzioni e strutture necesariamente unitare a livello nazionale". Cita il federalismo, Napolitano, ricordando come "funzioni come quella della politica estera non sono giudicate trasferibili dal centro alle istituzioni regionali e locali, perchè non frammentabili". Poi dice chiaramente che "l'obiettivo della riduzione del debito pubblico non si esaurisce in una manovra pur pesante come quella attuale, ma richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivo".

Sui tagli interviene anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, chiedendo che "la Farnesina non sia privata di risorse indispensabili a consolidare l'Italia nel mondo".

(27 luglio 2010)

 

 

 

IL CASO

Quote latte, nuovo avvertimento di Bruxelles

"Ogni modifica potrebbe violare le norme Ue"

Alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra, la Commissione europea invia una lettera all'Italia. Al Consiglio regionale della Lombardia passa l'odg che chiede la cancellazione della proroga per le multe

Quote latte, nuovo avvertimento di Bruxelles "Ogni modifica potrebbe violare le norme Ue"

BRUXELLES - Ogni modifica alle regole fissate nel 2003 sulla rateizzazione del pagamento delle multe per le quote latte potrebbe violare le norme Ue sugli aiuti di Stato. Questo il nuovo avvertimento lanciato dalla Commissione europea, con una lettera indirizzata all'Italia, alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra 1 che prevede anche la proroga del pagamento delle multe per le quote latte.

Consiglio regionale della Lombardia chiede cancellazione proroga. Intanto, con 39 voti a favore e 25 contrari, al Consiglio regionale della Lombardia passa l'ordine del giorno del Pd, che chiede di cancellare dal maxiemendamento del governo la proroga per il pagamento delle multe. La mossa che ha permesso di avere una approvazione a maggioranza nella seduta odierna è stata quella di chiedere il voto segreto. "Quello che è accaduto oggi ci dice due cose - sottolinea Fabrizio Santantonio, consigliere regionale del Pd e primo firmatario dell'odg - da un lato il voto espresso in aula dà rappresentazione ad un disagio, presente anche a livello nazionale, che verte sull'insostenibilità della posizione volta a preservare un piccolo gruppo di allevatori al di fuori delle regole. Ma è anche un voto che ridà fiducia e credibilità alle istituzioni, perché dimostra che si crede nella legalità".

Zaia: "Delle quote latte si occupa il ministro". "Non so nulla di quanto ha dichiarato il segretario Bossi. È il ministro dell'Agricoltura che si sta occupando di quote latte". Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ex titolare del dicastero ora diretto da Giancarlo Galan, così ha risposto a chi gli chiedeva di commentare quanto ha detto il leader della Lega Nord e cioè che "dovrebbe essere proprio lui, Zaia, ad occuparsi di questo problema".

Cia: "La manovra mortifica l'agricoltura". Della manovra e delle quote latte ha parlato il presidente della Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi, che ha definito la manovra economica 'mortificante per l'agricoltura': "In essa - dice Politi - non c'è una sola parola per l'agricoltura che sta attraversando una delle crisi più difficili degli ultimi trent'anni. Vengono premiati unicamente i furbetti delle quote latte. Quindi, niente proroga (in scadenza il prossimo 31 luglio) della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aziende che danno manodopera nelle zone svantaggiate e di montagna e niente reintroduzione del 'bonus gasolio' per le serre".

(27 luglio 2010)

 

 

2010-07-26

FISCO

"Con il federalismo Irpef e Iva ai Comuni"

Giallo sulle parole di Bossi. Calderoli smentisce

Un quotidiano locale prima e le agenzie poi attribuiscono la proposta al leader leghista. Il ministro della Semplificazione legislativa: "Abbiamo riso insieme di questa sciocchezza". Ma le immagini lasciano parecchi dubbi

"Con il federalismo Irpef e Iva ai Comuni" Giallo sulle parole di Bossi. Calderoli smentisce

CREMONA - Iva e Irpef ai Comuni: la Lega, nella persona del suo leader Umberto Bossi, convicerà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Un'idea che lo stesso Bossi avrebbe avanzato ieri sera durante la festa del Carroccio a Soncino, in provincia di Cremona. Ma il titolare della Semplificazione legislativa e coordinatore delle Segreterie nazionali della Lega Nord Roberto Calderoli smentisce quanto riportato da vari mezzi di informazione: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale (La Provincia di Cremona, ndr), e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle regioni". "I tributi destinati ai Comuni - aggiunge Calderoli- saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

Più tardi sul sito di Telepadania, sotto il titolo "Strumentalizzate le dichiarazioni di Bossi, Irpef e Iva alle regioni!", viene linkato un video di 20 secondi in cui Bossi afferma: "Le tasse dello Stato che devono andare alle regioni sono, io penso, l'Irpef e l'Iva o una miscela tra Irpef e Iva, niente di più flessibile. La regione può usarla o cambiare". Un riferimento alle Regioni e non ai Comuni "differentemente da quanto sostenuto dai principali quotidiani nazionali", è la chiosa al file che dovrebbe essere ripreso dal comizio di ieri sera.

La Provincia di Cremona conferma che il leader della Lega ha fatto riferimento proprio ai Comuni e per avvalorare la loro tesi mostrano le foto scattate dallo Studio Fotografico Marinoni durante il comizio di Soncino: nelle immagini sia l'abbigliamento di Bossi sia lo sfondo appaiono diversi da quelli del video di Telepadania. Il filmato sembrebbe girato un giorno prima, sabato, durante la festa a Lezzeno, sul lago di Como, almeno a confrontarlo con le foto Ansa di quella sera.

Le foto del comizio a Soncino 1 - Il video 2

Le parole attribuite a Bossi. "La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". "Questo - avrebbe aggiunto il leader del Carroccio secondo quanto riportato - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

Durnate la festa a Soncino il Senatur si è anche speso in difesa delle rivendicazioni dei Cobas latte, sulle quali nei giorni scorsi si sono registrate diverse fibrillazioni nella maggioranza: "Sto dalla vostra parte, e detto a Berlusconi che non può far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe. Galan io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. E' uno che fa, non come Galan che parla e basta".

I commenti alle parole attribuite a Bossi. "Delle due, l'una: o Bossi spera di prendere in giro qualcuno oppure è in buona fede ed è lui ad essere stato preso in giro da Tremonti...", dice, prima della smentita di Calderoli, Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd. "L'Iva è l'imposta che finanzierà il federalismo ed è una battaglia del Pd e vinta dal Pd - spiega Boccia - Quanto all'Irpef, come è chiaramente scolpito nella legge-delega, non si tocca. L'Irpef che è l'imposta redistributiva per eccellenza, resta alla Stato. Se Tremonti e Calderoli non lo hanno spiegato a Bossi, è grave...".

Di un'affermazione priva di logica parla il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro: "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai Comuni, quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica", dice l'ex pm, che sottolinea come allo Stato rimarrebbero solo i debiti. "Più in generale - dice Di Pietro- questa uscita di Bossi dimostra totale incapacità e impreprazione tecnica, oltre all'inopportunità che questo governo resti in carica".

(26 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

FINANZIARIA

Manovra, al via l'esame alla Camera

Mercoledì il voto di fiducia

Il decreto va approvato entro il 30 luglio. Duecento gli iscritti a parlare.

Manovra, al via l'esame alla Camera Mercoledì il voto di fiducia

ROMA - E' iniziato questa mattina l'esame della manovra economica nell'Aula della Camera. Il testo che scade il 30 luglio è stato già approvato dal Senato. L'esame è blindato, come è stato il passaggio nella commissione Bilancio. Il governo dovrebbe annunciare domani la fiducia sul decreto, che sarà votata mercoledì, con il via libero definitivo giovedì, dopo il voto degli ordini del giorno.

Gli iscritti a parlare sono duecento: tutti i deputati di opposizione più alcuni della maggioranza. Tempi stretti per il governo. I termini di conversione scadono il 30 luglio e per il 29 è già previsto nel calendario dell'assemblea di Montecitorio il disegno di legge sulle intercettazioni.

"La manovra", da detto il relatore Gioacchino Alfano, "è stata necessaria la messa in sicurezza dei nostri conti e per evitare fenomeni speculativi che si sono verificati in altri Paesi".

(26 luglio 2010)

 

 

 

 

FEDERALISMO

"Bossi chiede Irpef e Iva ai Comuni"

Calderoli smentisce: "Non è vero"

Un quotidiano locale prima e le agenzie poi attribuiscono la proposta al leader leghista: "Bisogna trovare l'accordo con Tremonti, ma ce la farò". Il ministro della Semplificazione legislativa: "Abbiamo riso insieme di questa sciocchezza"

"Bossi chiede Irpef e Iva ai Comuni" Calderoli smentisce: "Non è vero"

CREMONA - Iva e Irpef ai Comuni: la Lega, nella persona del suo leader Umberto Bossi, convicerà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Un'idea che lo stesso Bossi avebbe avanzato ieri sera durante la festa del Carroccio a Soncino, in provincia di Cremona. Ma il titolare della Semplificazione legislativa e coordinatore delle Segreterie nazionali della Lega Nord Roberto Calderoli smentisce quanto riportato da vari mezzi di informazione: "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale (La Provincia di Cremona), e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle regioni". "I tributi destinati ai Comuni - precisa Calderoli- saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento".

Le parole attribuite a Bossi. "La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". "Questo - avrebbe aggiunto il leader del Carroccio secondo quanto riportato - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

Durnate la festa a Soncino il Senatur si è anche speso in difesa delle rivendicazioni dei Cobas latte, sulle quali nei giorni scorsi si sono registrate diverse fibrillazioni nella maggioranza: "Sto dalla vostra parte, e detto a Berlusconi che non può far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe. Galan io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. E' uno che fa, non come Galan che parla e basta".

I commenti alle parole attribuite a Bossi. "Delle due, l'una: o Bossi spera di prendere in giro qualcuno oppure è in buona fede ed è lui ad essere stato preso in giro da Tremonti...", dice, prima della smentita di Calderoli, Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd. "L'Iva è l'imposta che finanzierà il federalismo ed è una battaglia del Pd e vinta dal Pd - spiega Boccia - Quanto all'Irpef, come è chiaramente scolpito nella legge-delega, non si tocca. L'Irpef che è l'imposta redistributiva per eccellenza, resta alla Stato. Se Tremonti e Calderoli non lo hanno spiegato a Bossi, è grave...".

Di un'affermazione priva di logica parla il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro: "Una volta che Irpef e Iva vengono incassate dai Comuni, quali soldi vanno allo Stato? È un'affermazione senza senso e senza logica", dice l'ex pm, che sottolinea come allo Stato rimarrebbero solo i debiti. "Più in generale - dice Di Pietro- questa uscita di Bossi dimostra totale incapacità e impreprazione tecnica, oltre all'inopportunità che questo governo resti in carica".

(26 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-22

MANOVRA

Regioni all'unanimità: parere negativo

Tremonti: "Verranno a trattare"

Il presidente della Conferenza delle Regioni conferma Ia richiesta di un tavolo con il governo con l'obiettivo di cambiare il provvedimento. Il ministro dell'Economia: "Clima migliorato". La reazione di Errani: "Trattativa non sia solo 'a parole'"

Regioni all'unanimità: parere negativo Tremonti: "Verranno a trattare" Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani

ROMA - Le Regioni hanno espresso, come avevano annunciato in mattinata, parere negativo sulla manovra in Conferenza Unificata. Lo riferisce il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto. "Nessuno - commenta - si aspettava un posizione differente. La manovra non è modificabile, per noi è equa, giusta e necessaria". Quello di oggi, chiude il ministro, è "il passaggio finale e formale di posizioni già formulate".

"Abbiamo discusso e confermiamo il parere negativo alla manovra da parte delle Regioni - ha detto il presidente Vasco Errani - perché la manovra è insostenibile per i tagli pesanti che ci sono sui servizi, sulle imprese e che avranno conseguenze molto molto negative. Dunque, oltre al parere negativo confermiamo la richiesta di un tavolo con il governo con l'obiettivo di cambiare i pesi qualitativi e quantitativi della manovra per quanto riguarda le Regioni".

Tremonti: "Le Regioni tratteranno". Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi ha commentato: "Le Regioni scenderanno dai grattacieli e verranno a trattare. Il loro parere sarà negativo sulla manovra, ma il clima è migliorato". Il ministro ha poi parlato di federalismo fiscale: "Ragionando sul federalismo fiscale anche le Regioni avranno una sede e una forma di ritorno a discutere con noi e già l'atteggiamento, allegro e sereno, e le considerazioni che oggi mi ha riservato personalmente il presidente Errani mi fanno pensare che la realtà sia un po' diversa da quella che si è voluto formalizzare e forzare''. Poi il ministro ha fatto riferimento anche alla tassa sulla casa: "Noi non metteremo alcuna tassa sulla prima casa - ha ribadito Tremonti -. Non ci sarà un'imposta sulla prima casa. Quale che sia, una, bina, trina, quadrina. La prima casa è un bene costituzionale e non ci sembra giusto tassarla". Tremonti ha aggiunto che la tassa sulla prima casa potrà tornare se vinceranno le opposizioni: "Gli abbiamo dato questo suggerimento: dite nel programma elettorale che rimetterete l'Ici. L'onorevole Bersani si candida e dirà che rimetterà l'Ici. E anche l'onorevole Casini, mi pare". E poi ha aggiunto: "Non c'è stata nessuna retromarcia" sulla tassa unica sugli immobili. "Basta leggere i documenti ufficiali per verificarlo", smentendo le voci secondo le quali sarebbe arrivato "uno stop da palazzo Chigi sull'Imposta unica sugli immobili". Il ministro assicura che la tassa unica sugli immobili "è un'ipotesi che pensiamo di articolare nel tempo". Sarà "optativa" e sarà introdotta solo dai comuni che la scelgono e che dovranno prima fare un referendum e poi passare alla fase due. Cioè "semplificare e unificare tutti i tributi che ci sono o in un solo tributo o in qualcosa di meno".

Errani: "La trattativa non sia solo 'a parole'". Non si è fatta attendere la risposta di Errani al ministro dell'Economia: ''Noi siamo con i piedi ben piantati per terra e chiediamo da tempo di fare una trattativa vera e non 'a parole', considerando che, come è ormai evidente a tutti, i tagli della manovra sono insostenibili. Ci sono condizioni per una trattativa vera? Ben venga. È quello che proponiamo da sempre''. Alla replica di Errani si associa il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: "Scenderemo dai nostri grattacieli simbolo di efficienza e di virtù e andremo in quei palazzi romani che il nostro popolo identifica con gli sprechi e il centralismo - ha detto - Andremo a difendere le ragioni dei nostri cittadini. Ma il governo apra veramente il dialogo con noi, perché così com'è la manovra è insostenibile per i nostri cittadini".

Federalismo fiscale, via libera al decreto. Intanto il Consiglio dei ministri ha dato il primo via libera al decreto attuativo del federalismo fiscale riguardante i fabbisogni standard di Comuni e Province. Il testo ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e della commissione bicamerale per il federalismo fiscale per poi tornare dopo l'estate in Cdm per il via libera definitivo. ''Tutti i livelli di governo vedono ora il federalismo fiscale come una possibile soluzione'' ai tagli che la manovra impone alle Regioni e agli enti locali, ha spiegato il ministro per la Semplificazione Normativa, Roberto Calderoli. "Credo che per l'autunno avremo completato il quadro generale del federalismo fiscale con l'emanazione dei relativi decreti - ha detto l'esponente leghista - Quelli che paventavano come un rischio per il federalismo la manovra, oggi vedono il federalismo fiscale come l'unica soluzione e via d'uscita dalla crisi".

Chiamparino chiede chiarimenti al governo su autonomia fiscale. Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha chiesto ufficialmente al governo chiarimenti affinché smentisca che ci siano da parte dell'esecutivo ripensamenti sull'autonomia impositiva dei Comuni. ''I tempi sono stretti - ha ricordato il sindaco di Torino - manca una settimana al 31 luglio; noi siamo disposti a rinviare le ferie, ma vogliamo avere una risposta dal governo che confermi l'avvio di un processo. Se così non fosse, l'accordo salterebbe perché verrebbe meno l'affidabilità reciproca''. Chiamparino ha poi ricordato che i due incontri tecnici che ci sono stati al ministero dell'Economia sulla questione non hanno portato a nessun risultato.

Regioni pronte a incontro con sindacati medici. Dopo lo sciopero del 19 luglio, le organizzazioni sindacali della dirigenza medica, veterinaria, sanitaria e amministrativa del servizio sanitario nazionale hanno chiesto un incontro al presidente della Conferenza delle Regioni per un'analisi sui contenuti della manovra. "Siamo pronti al confronto con i sindacati dei medici - ha detto Errani - e abbiamo già dato la disponibilità per un incontro da programmare nella prossima settimana. Sono molti gli aspetti che suscitano preoccupazione per il futuro del servizio sanitario nazionale. In particolare, è forte la preoccupazione per il blocco del turn over che, se applicato in sanità, potrebbe dar luogo a gravi disfunzioni e possibili disservizi". "Su questo tema - ha concluso il governatore dell'Emilia Romagna - abbiamo chiesto anche nel corso dell'incontro con il presidente del Consiglio una risposta chiara e definitiva da parte del governo".

(22 luglio 2010)

 

 

 

MANOVRA

Parlamentari, in arrivo il taglio della paga

Braccio di ferro sulle voci da toccare

I questori propongono che la sforbiciata del 10% si applichi all'indennità, la presidenza della Camera vuole applicarla a tutto lo stipendio. La riduzione oscilla da 550 a duemila euro

di ALBERTO D'ARGENIO

Parlamentari, in arrivo il taglio della paga Braccio di ferro sulle voci da toccare La Camera dei deputati

ROMA - È guerra sul taglio degli stipendi di deputati e senatori. Pacifico che deve essere del 10%, lo stabilisce la manovra anti-crisi di Tremonti. Un po' meno chiaro su quali voci della busta paga debba incidere: l'austerity va applicata solo all'indennità o a tutto lo stipendio? Per i questori di Camera e Senato - altro non sono che parlamentari - la sforbiciata deve riguardare solo l'indennità, per un totale di 550 euro al mese. Un colpo di mano rispetto alle linee guida messe a punto a fine maggio dai presidenti dei due rami del Parlamento che prospettavano un taglio del doppio, mille euro al mese, nonché la "diaria a punti", un sistema sparito dalle proposte dei questori che prevedeva un guadagno direttamente proporzionale alle presenze in aula e commissioni.

Da destra a sinistra tutti plaudono al taglio degli stipendi. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, parla di "buon esempio nel momento in cui chiediamo sacrifici all'Italia intera". Così come il leader dell'Udc Pierferdinando Casini che definisce il taglio "opportuno e doveroso". In linea il democratico Giorgio Merlo, che vede un provvedimento "equo e solidale". Il pidiellino Osvaldo Napoli sottolinea che "ognuno, parlamentari compresi, deve fare la propria parte". Ma nessuno osa addentrarsi nel labirinto delle cifre e così sul tavolo resta la proposta formulata tra ieri e martedì dai questori: via il 10% dell'indennità parlamentare che ammonta a 5.486 euro, ovvero decurtazione di 550 euro al mese.

Un sacrificio pari alla metà di quello prospettato a maggio grazie al quale i due rami del Parlamento puntavano a recuperare 12 milioni all'anno. E così Fabrizio Alfano, portavoce del presidente della Camera Gianfranco Fini, ha gelato l'entusiasmo dei parlamentari che - stretti tra mutui, famiglie a carico e spese di rappresentanza - stavano già brindando al pericolo scampato: quella del taglio della semplice indennità è "solo un'ipotesi tra le altre - ha detto Alfano - i questori hanno svolto un'attività istruttoria elaborando varie ipotesi ma a decidere saranno la prossima settimana gli uffici di presidenza". Poco dopo lo stesso Fini è stato ancora più chiaro dicendo che "c'è un po' di confusione, serve una riflessione perché il taglio deve ammontare al 10% di tutto lo stipendio e non solo di una parte di esso, se no non è del 10%". Fatti due calcoli onorevoli e senatori sono caduti dalla sedia: sommando tutte le voci (indennità, diaria, rimborso spese di segreteria, viaggio e telefono per un totale di oltre 21 mila euro) il taglio arriva a 2.127 euro al mese.

La decisione definitiva sul sacrificio dei parlamentari sarà presa la settimana prossima dagli uffici di presidenza composti, oltre che da Fini e Schifani, dai loro vice, dai questori e dai segretari d'aula. In più ci sono gli altri tagli confermati dai questori: per il personale di Camera e Senato ci sarà una sforbiciata del 5% per i redditi superiori a 90 mila euro e del 10% per quelli oltre i 150mila, il blocco triennale dei meccanismi di adeguamento automatico degli stipendi e il pensionamento a 60 anni rispetto ai 57 attuali. Fini ha anche parlato di una "riduzione degli stanziamenti di alcune voci di bilancio". A chi il programma non va giù a prescindere dagli importi sono Antonio Di Pietro, che vorrebbe "dimezzare numero e stipendi dei parlamentari", e il segretario dei Radicali Mario Staderini, per il quale la "vera truffa sono i rimborsi elettorali grazie ai quali ogni legislatura nelle casse dei partiti finiscono 500 milioni di euro di finanziamento pubblico a fronte di poco più di 100 milioni di spese documentate".

(22 luglio 2010)

 

dal Sito Internet de

L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/tre-miliardi-di-euro-ai-partiti/2131285

 

Tre miliardi di euro ai partiti

di Primo di Nicola

Il finanziamento pubblico in teoria è stato abolito. Ma tra rimborsi, contributi e trucchi vari, le segreterie hanno incassato lo stesso. Incluse quelle che non esistono più, ma continuano a prendere soldi

(22 luglio 2010)

Tre miliardi di euro. Una cifra stratosferica, equivalente a quasi seimila miliardi delle vecchie lire. Sono i soldi pubblici che i partiti italiani hanno incassato in sedici anni: il tesoro nascosto della Seconda Repubblica. Una cascata di denaro prelevato dalle tasche dei cittadini e trasferito nei forzieri che sostengono la macchina politica del nostro paese. E stiamo parlando soltanto dei fondi elargiti dallo Stato a partire dal fatidico 1994, anno di svolta dopo la tempesta di Tangentopoli, segnato dall'introduzione del sistema maggioritario.

"L'espresso" ha ricostruito i mille rivoli di questo fiume di denaro, che si è modificato secondo gli assetti della politica e delle maggioranze, con formazioni che scompaiono e coalizioni in continua metamorfosi.

In questo inseguirsi di sigle e simboli, dalla contabilità bizantina, resta però un punto fermo, che ha il sapore di una truffa ai danni della cittadinanza. Perché nell'aprile 1993 il referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti era stato approvato con una maggioranza bulgara. L'iniziativa promossa dai Radicali di Marco Pannella aveva ottenuto il 90,3 dei consensi e avrebbe dovuto decretare la fine delle trasfusioni a vantaggio dei segretari amministrativi di movimenti grandi e piccoli. Invece no: nonostante quel voto, i cittadini hanno continuato a pagare per sovvenzionare la politica. Nel disprezzo della volontà popolare espressa dal referendum, la corsa all'oro di Stato è proseguita ed addirittura aumentata.

Sommando al denaro per gli organigrammi di partito quello per i loro organi: fondi a go-go erogati a favore dei cosiddetti giornali organi di partito, come la cara vecchia "Unità" del Pci-Pds-Ds, il "Campanile nuovo" dell'Udeur di Clemente Mastella, la "Padania" di Umberto Bossi, il "Foglio" di Giuliano Ferrara e le altre decine di testate di partiti e movimenti spesso fantasma o appositamente creati che, nello stesso periodo, da soli, secondo una stima de "L'espresso" , in quella torta di tre miliardi valgono circa 600 milioni di euro. Davvero un bel bottino.

 

Caccia al tesoro

È quella scatenata dai partiti per mettere le mani sul tesoretto pubblico dei rimborsi: ben 2 miliardi 254 milioni di euro stando al calcolo fatto recentemente dalla Corte dei conti fino alle elezioni politiche del 2008, cui vanno però aggiunti un altro centinaio di milioni maturati nel 2009 grazie alle ultime europee. Come è stato possibile trasferire tanto denaro nonostante il plebiscito del referendum? Aggirando il veto al finanziamento pubblico con una nuova formula: il meccanismo dei rimborsi elettorali. Sempre pubblici, sempre pingui ma formalmente giustificati dalla volontà di tutelare la competizione democratica.

Sulla carta, però, il risarcimento a carico della collettività avrebbe dovuto coprire soltanto i costi sostenuti nella campagna. Ma i furbetti del partitino hanno subito inserito un primo trucco: come per magia, i rimborsi volano lontano dalle regole dell'economia e si plasmano su quelle della politica, per dilatarsi e lievitare. Non si calcolano sulla base dei soldi effettivamente investiti e spesi per spot, comizi e manifesti, ma in proporzione ai voti ricevuti. Quanto per l'esattezza? Una cifra che si è gonfiata senza sosta e senza vergogna, in un'autentica corsa al rialzo. Nelle politiche del 1994, le prime dopo il referendum blocca finanziamenti che segnarono la vittoriosa discesa in campo di Silvio Berlusconi, il fondo a disposizione è stato alimentato con una formula magica: 1.600 lire per ogni cittadino, non tantissimo perché all'epoca un quotidiano costava 1.300 lire ma che fatti i calcoli produce una cifra monstre. In totale, per Camera e Senato, il contributo toccò la cifra di 90 miliardi 845 milioni di lire. Un bel gruzzolo, non c'è che dire.

 

La torta che lievita

Ma, si sa, l'appetito vien mangiando, ed ecco negli anni successivi gli alchimisti parlamentari scendere in aiuto dei tesorieri di partito. I maestri del ritocchino si danno da fare e nel 1999 il contributo triplica e passa a 4 mila lire per abitante. E come è accaduto in tutte le botteghe, nel 2002 l'euro ha offerto un'occasione ghiotta per scatenare aumenti selvaggi e poco chiari. Si prevede un 1 euro per ciascun anno di legislatura: in pratica 5 euro per ogni cittadino italiano. Certo, parallelamente si cancella quel 4 per mille che dal 1997 per due anni ha dato ai cittadini la possibilità di destinare ai partiti questa percentuale dell'imposta sul reddito fino a un totale massimo di 56 milioni 810 mila euro. E poi si era ridotto il fattore di moltiplicazione: non più il totale dei cittadini ma solo il numero degli iscritti nelle liste elettorali della Camera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-20

Sisma, l'ammissione di Chiodi

"Finiti i fondi per l'emergenza"

Il governatore della regione Abruzzo conferma le difficoltà denunciate dal Centro e chiede un vertice con il ministro dell'Economia per affrontare il problema dei "fondi per i debiti contratti nella fase di emergenza". Cialente: "Da un mese e mezzo segnalo il problema"

Sisma, lammissione di Chiodi Finiti i fondi per lemergenza

L'AQUILA. "Non ci sono fondi per coprire i debiti contratti durante il periodo dell'emergenza terremoto". Il presidente della regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ammette che non può far fronte alle somme dovute agli albergatori dell'Aquila e della costa che hanno ospitato e ospitano tuttora gli sfollati del terremoto 2009 e che non ha le disponibilità finanziarie per coprire i debiti contratti dalla Protezione civile nella fase di emergenza. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha commentato il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente.

Chiodi scrive a Tremonti. "Con una lettera molto chiara ho chiesto per venerdì al ministro Tremonti un incontro sui fondi per i debiti contratti nella fase di emergenza", ha spiegato Chiodi. Il presidente della Regione conferma che, invece, i fondi per la ricostruzione ci sono e devono essere spesi in fretta. Ma sottolinea come "alcuni obblighi sono stati assunti, ma non ancora assolti", Il commissario ha poi elencato i conti da saldare, aperti dalla Protezione civile nella fase della prima emergenza ed ereditati dalla sua struttura.

Debiti con albergatori e aziende. Il confronto col ministro dell'Economia ha l'obiettivo di far fornte alle richieste da parte di albergatori e aziende. Alcuni degli albergatori, come denunciato dal Centro, vantano 7 mesi di arretrati e hanno minacciato di cacciare gli sfollati. Le aziende, invece, attendono i pagamenti di lavori, tra cui puntellamenti, effettuati da mesi. Alcuni piccoli imprenditori hanno denunciato mancati pagamenti per lavori, risalenti al giugno 2009, relativi al G8 dell'Aquila, commissionati dalla Protezione civile nazionale. E Chiodi ha ammesso che i fondi non ci sono.

Coinvolta anche la Protezione civile. Chiodi, che è anche commissario per l'emergenza, ha annunciato la richiesta di un incontro con Tremonti durante una riunione sulla perimetrazione dei centri storici. Il governatore ha precisato di aver richiesto la partecipazione al vertice anche "del dipartimento della Protezione civile e della Ragioneria generale dello Stato".

 

Cialente: "Problema già segnalato da un mese". L'assenza di fondi è confermata anche dal sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente. "Non ci sono soldi per coprire le spese dell'emergenza e garantire l'assistenza agli sfollati", spiega commentando la denuncia del Centro. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha aggiunto, "La scorsa settimana ho pregato in ginocchio un albergatore aquilano di non sfrattare gli sfollati, del resto se i pagamenti non arrivano, queste imprese rischiano il lastrico. Il problema riguarda anche l'autonoma sistemazione. Oggi alcuni cittadini sono venuti in Comune a protestare perché siamo fermi a marzo, ma allo stato attuale la nostra ammministrazione ha già anticipato allo Stato 15 milioni di euro".

 

 

 

 

il Centro CHIETI

per l'articolo completo vai al sito Internet

2010-07-20

http://ilcentro.gelocal.it/chieti/cronaca/2010/07/20/news/terremoto-gli-hotel-mandano-via-gli-sfollati-la-regione-non-paga-rischio-il-fallimento-2181969

Terremoto, gli hotel mandano via gli sfollati

"La Regione non paga, rischio il fallimento"

La denuncia di un albergatore di Alba Adriatica, sulla costa teramana: "Quando l'emergenza era gestita dalla Protezione civile abbiamo ricevuto i primi pagamenti. Ora che è tutto in mano alla Regione, non vediamo più un euro". Così l'operatore ha accumulato debiti per 500 mila euro e entro giovedì vuole che i terremotati liberino le stanze. Il suo caso non è l'unico e il governatore Gianni Chiodi ammette: i soldi per l'emergenza sono finiti venerdì vertice con Tremonti e protezione civile. "Da un mese e mezzo segnalo il problema", ha commentato il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente

 

 

 

2010-07-18

Tremonti: "No a governi tecnici

Ma c'è una questione morale"

Intervista al ministro dell'Economia. "Grazie alla manovra l´Italia è allineata all´Europa. E la P3? Una cassetta di mele marce. Nessuna alternativa a Berlusconi e nessun governo tecnico, l'Europa non approverebbe"

di MASSIMO GIANNINI

Tremonti: "No a governi tecnici Ma c'è una questione morale" Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

"Il governo Berlusconi è forte, e non esistono alternative credibili. Né governi tecnici, né larghe intese. Sono fuori dalla storia, e l'Europa non approverebbe". Giulio Tremonti non ha dubbi. A dispetto degli scandali della P3 e dei conflitti sulla manovra, vede un'Italia solida e coesa, e un governo in pieno "controllo", da qui alla fine della legislatura. Il ministro dell'Economia nega conflitti e dimissioni. "Mai minacciato nulla. Tutt'al più ho detto qualche volta "non firmo"".

Difende il Cavaliere su tutta la linea. Dalla P3, "al massimo una cassetta di mele marce", alle intercettazioni, "tutt'al più una legge-bavaglino". E sbarra la strada a qualunque ipotesi di governo tecnico alla Draghi, o di larghe intese senza Berlusconi. "Governo tecnico? Governo di unità nazionale? Sono figure che sembrano stagionalmente incastrarsi nella forma di una geometria variabile che ricorda un vecchio caleidoscopio. Avrei preferito proseguire il discorso che abbiamo iniziato come discorso sulla "democrazia dei contemporanei"...".

D'accordo, allora, partiamo pure dalla "democrazia dei contemporanei". Cosa intende dire?

"La democrazia dei contemporanei è diversa da quella "classica", e questa a sua volta era diversa dalla democrazia della agorà. E pure sempre è necessaria, la democrazia. Ed è ancora senza alternative - la democrazia - pur dentro la intensissima "mutatio rerum" che viviamo e vediamo. Intensa nel presente come mai nel passato, dalla tecnologia alla geografia. La scienza muta l'esistenza. La "medicina", la "ars longa" sempre più estende il suo campo, non più solo sulla conoscenza del corpo umano, ma essa stessa ormai capace di ricrearlo per parti. L'iPad muta le facoltà mentali, crea nuovi palinsesti, produce in un istante qualcosa di simile a quello che per farsi ci ha messo tre secoli, nel passaggio dal libro a stampa alla luce elettrica. Per suo conto, Google vale e conta strategicamente ormai come e forse più di uno Stato G7. E poi è cambiata di colpo la geografia economica e politica. Di colpo, perché i venti anni che passano dalla caduta del muro di Berlino ad oggi sono un tempo minimo, un tempo non sviluppato sull'asse della lunga durata tipica delle altre rivoluzioni della storia".

Dove porta questo ragionamento sul cambiamento della democrazia?

"Se cambia la geografia, la politica non può restare uguale. La politica come è stata finora è stata costruita sulla base territoriale chiusa tipica dello Stato-nazione, su confini impermeabili che concentravano nello Stato il monopolio della forza. E la politica era la forma di esercizio e di controllo della forza. La stessa democrazia era rapporto tra rappresentanza e potere. Ora non è più così. L'asse si sta inclinando, la rappresentanza cresce, il potere decresce, eroso e diluito dallo spazio globale. E la crisi radicalizza questa asimmetria. La crisi genera domande crescenti d'intervento. I popoli chiedono interventi sempre più forti, a governi sempre più deboli".

Giusto, basta guardare alla debolezza del governo Berlusconi...

"Non è così. Il mio ragionamento vale per tutti i governi. La formula di soluzione e reazione politica non può essere più solo nazionale, ma internazionale. Ed è questo il senso politico della "poliarchia" disegnata nell'enciclica "Caritas in veritate". È proprio questo quello che si sta facendo in Europa in questi mesi, in questi giorni, costruendo sopra gli Stati una nuova "architettura politica"".

Ministro, per favore, passiamo dalla filosofia alla cronaca di questi giorni. Parliamo delle difficoltà dell'Italia e del suo governo. Qui si parla di crisi, di elezioni anticipate, di governi di transizione...

"In Italia la formula di soluzione non può essere quella del governo tecnico. Per due ragioni. Primo, perché non c'è una "melior pars" fatta di ottimati, di tecnici, di illuminati, capaci di governare la complessità. Li vedo, certo, ma non li vedo capaci di governare. Secondo, perché un governo di questo tipo, non basato sul voto popolare, non avrebbe chance di prendere posto al tavolo dell'Europa".

Cioè? Lei sta dicendo che l'Europa avrebbe il potere di dire no a un governo tecnico in Italia?

"È così. E non solo perché l'Europa è costruita sul canone della democrazia, ma soprattutto perché l'Europa, avviata a prendere la forma di un comune destino politico, presuppone e chiede comunque una base di stabilità e di forza. Questa derivante solo dalla politica e dalla democrazia. Tipico il caso della Grecia: la fiducia europea è stata indirizzata verso il governo greco legittimamente eletto. La negatività, verso un ruolo esclusivo del Fondo monetario internazionale, era basata sulla diffidenza verso una formula che sarebbe stata più debole, proprio perché solo tecnica. La tecnica può essere solo complementare alla politica, e non sostitutiva".

Ma chi si potrebbe opporre, invece, a un governo politico di larghe intese, di cui parlano in molti, nel Pd e nell'Udc?

"La casistica delle larghe intese si presenta solo in due scenari. Dopo elezioni che evidenziano la bilaterale insufficienza delle forze in campo, o per effetto di un trauma. Francamente, nel presente dell'Italia non vedo un trauma tanto forte da spingere verso questa ipotesi di soluzione. Non un trauma "economico", non un trauma "esterno", non un trauma "giudiziario"".

Sull'economia, in realtà, il trauma lo abbiamo rischiato di brutto con l'attacco dei mercati, e forse continueremo a rischiarlo oggi e nei prossimi mesi. Non è così?

"Il trauma economico è stato ipotizzato subito, appena dopo la costituzione di questo governo, a fronte della crisi che arrivava. L'ipotesi non si è verificata. Era un'ipotesi basata tanto su di una insufficiente e solo parziale analisi della realtà, quanto sulla sottovalutazione della forza del governo. 2008, 2009, 2010. Siamo ormai verso il terzo autunno, e puntualmente per ogni autunno si prevedeva e ora si prevede la crisi. Una crisi esterna, causata dallo scatenarsi della speculazione finanziaria sul nostro debito pubblico. Una crisi interna, con la rottura dell'ordine e della coesione sociale. In questi anni la sinistra ha puntato sulla paura, come se questa fosse un'ideologia congiunturale sostitutiva. Non è stato così, non è così, non sarà così".

Ma è stato lei a dire che senza la manovra rischiamo la fine della Grecia...

"Appunto, senza la manovra. In realtà nel 2008 siamo partiti con la legge finanziaria triennale e siamo andati avanti sulla stessa linea. I numeri dell'Italia sono ormai allineati nella norma e nella media europea. Avrebbe potuto essere diverso, e non è stato. E questo è stato certo per la forza propria e sottovalutata dell'Italia. Ma anche, si vorrà ammettere, per la visione e per la forza nell'azione di governo".

Eppure, basta parlare con un po' di ambasciatori per sapere che i nostri partner occidentali temono per la tenuta politica del governo Berlusconi. Lo può negare?

"Sarebbe questo il secondo trauma, quello "esterno". Una volta si diceva "tintinnare di sciabole". Ora, in un'età più pacifica, si parla di "voci di Cancelleria". Francamente non mi pare che si tratti di dati rilevanti. Per due ragioni. Perché la crisi postula la stabilità come valore superiore. E poi perché non pare che tanti altri governi siano in condizioni di forza superiore a quella dell'Italia. Per essere chiari, in giro per l'Europa non vedo governi tanto forti e tanto determinati e determinanti. Ma, all'opposto, tutti impegnati nella gestione delle proprie crisi interne. Gestione che, in giro per l'Europa, non mi sembra più forte della nostra, ma spesso anche contraddittoria, incerta e contestata. In realtà, siamo tutti impegnati in Europa nella costruzione di una architettura nuova di comune e superiore interesse. Il ruolo dell'Italia nello scenario europeo è forte, richiesto e reputato. Il ruolo di Silvio Berlusconi è forte. E, nel mio piccolo, per esempio martedì sono invitato in Germania a Friburgo per la "Lezione europea". E non come professore di università, ma come ministro della Repubblica italiana".

Eppure la vostra maggioranza rischia ogni giorno l'implosione interna. Che mi dice delle inchieste, dei ministri che si dimettono, dello scandalo della P3?

"Per scelta politica, tendo sempre ad analisi di sistema. È certo che non si tratta solo di una mela marcia. C'è qualcosa di più. Forse, e anzi senza forse, è venuta fuori una cassetta di mele marce. Ma l'albero non è marcio, e il frutteto non è marcio. La combinazione perversa è tra le condotte personali e la crisi generale. La crisi postula la salita, e non la discesa nella scala dell'etica, e se vuole anche dell'estetica".

Quindi anche lei, come il premier, pensa che questi siano solo polveroni?

"La politica deve sempre distinguere tra ciò che è "reato" e ciò che è "peccato", e non confondere l'uno con l'altro. Ci può essere reato senza peccato, come ci può essere peccato senza reato. I dieci comandamenti sono una cosa, i codici una cosa diversa. Un discorso politico serio deve e può essere avviato anche in casa nostra su questo campo. Anzi è già iniziato, ma proprio per questo non può essere generalizzato e banalizzato".

Banalizzato? Qui ci sono pezzi di Stato e di governo che cercano di infiltrarsi e condizionare le decisioni della magistratura, in nome di "Cesare". Dove vede la banalità?

"Per banalità intendo la "banalità del male". E anche per questo non credo che puntare sulla valanga delle intercettazioni renda un buon servizio all'etica politica".

Le ultime intercettazioni ci hanno però permesso di svelare le trame intorno all'eolico, e alla nuova cupola ribattezzata appunto P3...

"Le ultime intercettazioni costituiscono una lettura interessante. Ne emerge un bestiario fatto di faccendieri sfaccendati, di "poteri" impotenti, se si guarda i risultati, di reati più "tentati" che "consumati". Più si affolla la scena, più tutto si confonde. E la presunta "tragedia" si fa commedia. Questo non vuol dire che non ci sia una questione morale...".

Meno male: riconosce che esiste una questione morale nel centrodestra?

"Ma quella morale è una questione generale. Questo è un Paese in cui molti "governi" locali si sono clonati e derivati in galassie societarie "parallele". Spesso più grandi dei governi stessi. E non sempre sotto il controllo democratico e giudiziario. Leggasi la monografia della Corte dei Conti. Mezza Italia è in dissesto sanitario. E questo riduce drammaticamente la "cifra" della morale pubblica. Troppo spesso i fondi pubblici sono una pipeline verso gli affari. Oggi l'affare degli affari è quello dell'eolico, almeno questo non inventato da noi. Vastissime aree del Paese sono deturpate da pale eoliche sorte all'improvviso, in un territorio che nei secoli passati non ha mai avuto i mulini a vento. E forse ci sarà una ragione. È in tutto questo che vedo la grande questione morale, questo è l'albero storto che va raddrizzato. E per farlo non vedo alternative al federalismo fiscale. L'unica, l'ultima forma per riportare nella trasparenza e nell'efficienza la cosa comune".

Nel frattempo, per nascondere tutto ai cittadini, il governo vara la legge-bavaglio. Lei è d'accordo anche con questo?

"La traccia possibile di una discussione seria su di un tema serio, come quello della dialettica tra il diritto alla privacy e il diritto all'informazione, si è persa in un labirinto. E solo ora forse può essere ritrovata. Più che di bavaglio, pare che si trattasse di un "bavaglino". Si è troppo confuso, e non certo solo da parte nostra, fra i mezzi e i fini".

Bavaglino, dice lei? E allora perché avete paralizzato per questo il Parlamento per ben due anni, a discutere di intercettazioni, invece di parlare dei problemi veri del paese?

"Al Parlamento è bastato un mese per fare la "manovra". Un'azione effettiva, la prima fatta in Europa e qui dall'Italia. Altrove siamo ancora allo stadio dei disegni, dei documenti, dei propositi, delle reazioni di piazza. Da noi non è stato così. E la "manovra" non è stata solo finanza, ma anche politica. Per la prima volta è riduzione del perimetro dello Stato, con l'effettivo azzeramento di trenta enti pubblici, dei costi del governo e della politica".

Ministro, a parte i tagli alle Regioni, nella manovra non c'è niente di strutturale...

"Nella manovra è stata fatta la riforma delle pensioni più seria d'Europa in questi anni e pari data c'è stata Pomigliano, con il lavoro che non esce ma torna in Italia e nel Mezzogiorno. E forse queste due, pensioni e Pomigliano, sono due P più importanti della P3. Con rispetto parlando, e con orgoglio parlando, l'azione del governo contro la criminalità organizzata ha un'intensità e un'efficacia finora non conosciute. E forse anche questo va messo sul piatto della giustizia".

Ma le Regioni? Perché i governatori protestano? Perché Formigoni dice che dovrà tagliare i servizi ai cittadini?

"Qui vale la dialettica tesi, antitesi, sintesi. Il processo politico ha funzionato subito con i Comuni e le Province, e si sta chiudendo ora anche con le Regioni. Come Comuni e Province, così le Regioni hanno infine fatto propria la nostra ipotesi di discuterne all'interno del federalismo fiscale tanto municipale quanto regionale. E alla fine il bilancio mi sembra positivo. Nell'insieme la manovra è stata fatta su una vastissima base di consenso sociale".

E la crescita? Anche su questo il piatto della manovra è miseramente vuoto. Può negarlo?

"Come le ho detto, i numeri italiani sono allineati alla media europea. Nella manovra, oltre alla stabilità finanziaria, c'è comunque una prima "cifra" dello sviluppo. Dalle reti di impresa alla drastica riduzione della burocrazia. Più in generale nel tempo presente non esiste lo sviluppo in un Paese solo, non si fa lo sviluppo con la Gazzetta ufficiale, soprattutto avendo il terzo debito pubblico del mondo. Del resto la ripresa in atto è portata più che dalle politiche economiche, dal cambio sul dollaro. E tuttavia certo molto deve esser fatto ancora. Dalla "battaglia per il diritto", troppe regole sono infatti un costo e un limite allo sviluppo, per arrivare alla ricerca, per cui dovrebbe essere fatto un maxi fondo d'investimento pubblico, alla combinazione tra la riforma degli istituti tecnici, cui devono concorrere anche le imprese, ed il contratto di apprendistato".

Bersani la invita da tempo ad andare in Parlamento, a discutere della crisi. Perché lei si rifiuta?

"La sequenza non può essere prima chi e poi cosa, e cioè prima si sceglie chi governa e poi si decide cosa si fa. Questa sequenza riflette un eccesso di odio antropomorfo. Prima si deve discutere sul cosa".

E dello scontro tra il premier e Fini cosa mi dice. Quello non è un pericolo, per la tenuta del Pdl?

"Anche questo tema rientra nell'idea antropomorfa della politica, che non mi appartiene".

Non può negare che l'altro scontro dentro la maggioranza riguarda lei e il presidente del Consiglio. È vero che venerdì scorso persino Gianni Letta l'ha rimproverata in Consiglio dei ministri?

"Oggi ci abbiamo riso sopra. Vedo un eccesso di confusione tra "personale" e "politico". Certo, in politica conta anche il personale, ma su troppi "scontri" ho letto troppo folklore...".

È vero o no che lei minaccia quasi ogni giorno le dimissioni?

"Non ho mai minacciato le dimissioni, ma spesso ho detto "non firmo". E alla fine il voto è sempre arrivato, positivo e convinto. Tutto quello che ho fatto, e forse anche un po' più della politica economica, l'ho fatto convinto di fare comunque quello che mi sembrava bene per il mio Paese. E non avrei potuto farlo senza Berlusconi e Bossi, o contro Berlusconi e Bossi. E sarà così anche nel prossimo autunno e oltre".

(18 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pd: "Tremonti imbarazzato e imbarazzante"

La Lega lo promuove: "Con lui la riforma fiscale"

Reazioni dopo l'intervista del ministro a Repubblica. Penati: "L'unica cosa che lo preoccupa è tranquillizzare Berlusconi". Reguzzoni: "Intesa Bossi-Berlusconi". Idv: "Non basta dire che c'è una questione morale per mettersi a posto con la coscienza"

ROMA - "Il Governo Berlusconi è forte e non esistono alternative credibili: nè governi tecnici, nè larghe intese". Intervistato da Repubblica 1 il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, chiude la porta alle ipotesi di un nuovo governo. Parole che il Pd commenta con durezza. "L'unica cosa che preoccupa Tremonti è tranquillizzare Berlusconi di non essere interessato alla successione e tentare in modo imbarazzato di prendere le distanze da un sistema di corruttele interno al governo che si rivela essere sempre più sistema. Sul paese reale e sui suoi problemi solo risposte imbarazzanti. Il problema di questo governo e di questa maggioranza non sono la mela o la cassetta, ma l'albero perchè, la dove non è malato, è asfittico" sottolinea il capo della segreteria politica di Bersani, Filippo Penati.

Di tutt'altro tenore la reazione della Lega che, con Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega Nord alla Camera, scommette sulla tenuta del governo: "Non c'è dubbio che l'intesa Bossi-Berlusconi prosegua duratura e forte e noi concluderemo la legislatura dando al Paese la prima vera riforma fiscale dopo 40 anni".

Lapidario il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa: "E' ovvio che Tremonti dica 'no' a un governo di larghe intese e difenda questo stato delle cose: ormai è lui che guida il vapore, e non più Berlusconi".

E a Tremonti che, nel pieno dell'inchiesta sulla cosidetta P3, ammette la presenza di una "questione morale", Massimo Donadi, presidente dei deputati di Idv replica secco: "Chi ha senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni, di fronte a quello che sta emergendo, dovrebbe mettere in atto una bella opera di bonifica dei frutteti e dei vigneti. Non basta dire che c'è una questione morale per mettersi a posto con la coscienza".

(18 luglio 2010)

 

 

 

Sciopero nazionale dei medici

Fitto: "Proporremo un patto alle Regioni"

Domani 19 luglio potranno saltare le visite specialistiche, gli esami diagnostici e le operazioni chirurgiche. Cozza (FPCGIL Medici): "Chiediamo scusa ai cittadini, ma i tagli mettono in gioco il bene prezioso della sanità pubblica". Sit-in a Montecitorio

Sciopero nazionale dei medici Fitto: "Proporremo un patto alle Regioni"

ROMA - Anche i medici contestano i tagli della manovra. Domani sciopero nazionale unitario di 24 ore di medici, veterinari e dirigenti della sanità pubblica. Negli ospedali e nei presidi territoriali pubblici potranno saltare centinaia di migliaia di visite specialistiche ed esami diagnostici, e verranno cancellate le circa 40.000 operazioni chirurgiche previste. Saranno comunque garantite le urgenze. Alle ore 12 si terrà un sit-in a piazza Montecitorio a Roma: i camici bianchi accompagneranno la manifestazione al suono delle vuvuzelas, le rumorose trombette rese famose dai mondiali di calcio in Sudafrica. Intanto il ministro Raffaele Fitto sui tagli propone un compromesso alle Regioni. "L'ipotesi - dice - è quella di definire nei prossimi mesi un 'patto' tra esecutivo e governatori, sui contenuti dei tagli. Vedremo come spalmarli e come saranno suddivisi. Una linea di gradualità, ma anche di collaborazione".

"Chiediamo scusa ai cittadini per i disagi - ha dichiarato Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici - ma è in gioco il bene prezioso della sanità pubblica". "Fino ad oggi - ha continuato Cozza - il nostro grido di allarme per i tagli alla sanità determinati dalla manovra economica del governo è rimasto inascoltato. Domani ci vogliamo far sentire, con il primo sciopero nazionale unitario da quando è in carica il governo Berlusconi, andando anche in camice bianco davanti alla Camera dei Deputati, dove si avvia la discussione sulla manovra economica".

Tutti i sindacati concordano sul fatto che "il governo e il Parlamento hanno dimostrato di non avere alcun interesse per la salute dei cittadini italiani e per i professionisti chiamati a tutelarla, perseguendo un progressivo impoverimento del servizio pubblico, destinato ad un ruolo residuale, povero per i poveri".

I 118 mila medici della sanità italiana protestano perché a loro avviso il testo finale del provvedimento "non contiene alcuna risposta ai temi sollevati nell'ultimo mese: nessuna risposta sul blocco del turnover che determinerà nei prossimi quattro anni una carenza di circa 30 mila medici e dirigenti sanitari necessari al funzionamento degli ospedali e dei servizi territoriali, anche a fronte del licenziamento della metà dei precari in settori fondamentali quali il pronto soccorso e i trapianti; nessuna risposta sulla precarizzazione di tutti gli incarichi professionali, non rinnovabili a prescindere da merito e competenze, che spalanca le porte all'invadenza della politica; nessuna risposta sul congelamento della progressione economica prevista e finanziata dal contratto nazionale e non dalla spesa pubblica, e sulla mancata retribuzione dei turni notturni e festivi; nessuna risposta alla richiesta di attenzione per i giovani medici esageratamente penalizzati nel trattamento economico e nelle prospettive di carriera".

(18 luglio 2010)

2010-07-17

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50%

per le nuove funzioni della Bassanini

I dati dell'ufficio studi della Cgia di Mestre. Il forte aumento percentuale è dovuto al trasferimento delle nuove competenze. A crescere è stata soprattutto la spesa corrente. In testa la Basilicata e l'Emilia Romagna (oltre il +100%)

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50% per le nuove funzioni della Bassanini Il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani

VENEZIA - Tra il 2001 e il 2008 la spese totali delle Regioni italiane sono aumentate del 50% circa (esattamente del 47,7%). La Basilicata (+102,3%) e l'Emilia Romagna (+100,7%) sono le due realtà territoriali che hanno registrato le variazioni più importanti. Sempre nello stesso periodo , invece, l'inflazione è cresciuta Del 17,5%. I dati emergono da un'analisi pubblicata dalla Cgia di Mestre. Tuttavia il forte aumento percentuale della spesa non è da valutare come un aumento degli sprechi: infatti nel 2001, come ricorda la stessa Cgia, sono andate a regime le disposizioni della legge Bassanini (approvata nel '97), che ha conferito nuove funzioni e nuove competenze alle Regioni e agli enti locali. Nello stesso anno si è chiuso anche il processo di trasferimento in materia sanitaria.

A livello di macroarea la crescita più sostenuta si è verificata al Centro (+69,2%), seguono il Nord (+52%) e infine il Sud (+33,7%). "I numeri ci dicono che sono state le Regioni del Centro a spendere di più - sottolinea il segretario della Cgil Giuseppe Bortolussi - Tuttavia, va sottolineato che la spesa totale va calibrata al numero di abitanti a cui si rivolge e al fatto che gli importanti aumenti di spesa avvenuti nel regioni del Centro-Nord, spesso hanno incrementato la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini".

Semmai, gli analisti della Cgia sottolineano come l'aumento della spesa abbia privilegiato le spese correnti. "Quello che ci preoccupa - dice infatti Bortolussi - è che a fronte di un aumento della spesa totale pari a 66,2 miliardi di euro (con una variazione percentuale nazionale pari al +47,7%), di questi ben 49 sono riconducibili ad aumenti delle spese correnti. Vale a dire che il 74% dell'aumento della spesa totale delle Regioni è addebitabile alle spese correnti. Ovvero, a quelle destinate alla produzione ed al funzionamento dei servizi prestati e non ad investimenti". Tra il 2001 e il 2008 la spesa corrente è cresciuta del 50,5%, con punte massime nel Lazio (+125,7%), nel Molise (+100,2%) e nell'Emilia Romagna (+69,7%). Anche in questo caso è il Centro Italia a registrare la variazione di crescita più sostenuta: +93%. Nel Nord l'aumento si attesta al 51,1% e al Sud al 27,9%.

Analizzando poi in dettaglio le quattro principali funzioni di spesa, che messe assieme costituiscono mediamente il 70% del totale di ciascuna Regione, e cioè sanità, amministrazione generale, interventi in campo economico e trasporti, è la sanità ad aver registrato l'aumento percentuale maggiore, con una crescita della spesa a livello nazionale del 55,6%. A livello regionale è stato il Molise a segnare l'incremento più deciso (+122,6%). Tra le tre macroaree è ancora una volta il Centro a marcare la variazione di crescita più sostenuta: +90,9%. Seguono il Nord con il +45,9% e il Sud con il +44,5%.

Per quanto riguarda le spese per l'amministrazione generale (stipendi, funzionamento della macchina burocratica, affitti, etc.), l'incremento medio nazionale è stato del +41,4%, con una punta massima del +129,6% in Calabria. Il Centro, con il +47,2%, mantiene la leadership nazionale anche se il Sud lo incalza con una variazione pari al + 46,3%. Chiude il Nord con il + 35,3%.

Gli interventi a sostegno delle imprese, invece, hanno registrato a livello nazionale un calo del 12%. Il picco massimo di crescita, comunque, lo si è raggiunto in Umbria (+146,5%). Se al Centro l'aumento è stato del +32,9%, al Nord c'è stato un +2,6%, mentre al Sud è sceso del 33,4%.

Infine, i trasporti. L'aumento medio è stato del +29,7%. In Calabria, la variazione della spesa ha raggiunto, addirittura, il + 246,1%. Se al Centro la variazione è stata del +61,2%, al Nord si è attestata al +52,9%. Male al Sud: la contrazione è stata del -6,2%.

(17 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-16

MANOVRA

Cultura, salvi gli istituti storici

scure su celebrazioni e enti regionali

Bondi redistribuisce i tagli: boccia Pavese e promuove Cavour. Martedì il piano dei tredici milioni. Sacrifici anche per le fondazioni maggiori

di CARLO ALBERTO BUCCI

Cultura, salvi gli istituti storici scure su celebrazioni e enti regionali Firenze, l'Accademia dei Georgofili

ROMA - Saranno i comitati per le celebrazioni degli uomini illustri, insieme con i piccoli istituti di cultura radicati nel territorio, a pagare il prezzo più alto dei tagli imposti dalla manovra finanziaria ai Beni culturali. Gli interventi disposti dal Collegio romano, sede del ministero, non prevedono la ventilata scure del 50% sui contributi a ciascun beneficiario. Ma un'operazione chirurgica tendente a fare economia salvando soprattutto le realtà di rilievo nazionale.

Martedì il ministro Sandro Bondi illustrerà nel dettaglio i tagli per 13 milioni di euro ripartiti dal suo staff, mentre la manovra finanziaria del governo fa la spola dal Senato alla Camera in vista dell'approvazione entro fine mese. Nel forziere che il suo dicastero deve a malavoglia versare al ministro dell'Economia Tremonti, sono finiti praticamente tutti i 3,5 milioni e mezzo che servivano a sostenere le associazioni nate per ricordare la nascita di Cesare Pavese o quella di Mario Soldati. I comitati falcidiati sono circa una trentina e tutti, ad eccezione di quello nazionale per i 200 anni dalla nascita di Cavour, resteranno con i rubinetti a secco.

Il tributo alla manovra d'estate si compone anche di risparmi e di prelievi effettuati sul già magro bilancio ministeriale: 4 milioni in tutto cui aggiungere i 9 di taglia. Qualcosa al gruzzolo di 13 milioni di tagli arriva anche dagli istituti di cultura più autorevoli e antichi - dall'Accademia fiorentina della Crusca alla Fondazione Cini, dall'Istituto Gramsci a quello intitolato a Luigi Sturzo - che spesso sono anche quelli che beneficiano degli aiuti più consistenti (sopra i 100mila euro l'anno) da parte dello Stato. I big dovranno tirare un po' la cinghia - spiegano al Collegio romano - poiché i loro budget saranno leggermente limati. Ma scansano la mannaia. Che si abbatterà invece sulle istituzioni di carattere regionale.

La maggior parte dei 9 milioni di tagli arriva insomma soprattutto su realtà concentrate sulle glorie locali: tremano istituti come quello di scienze sociali Nicolò Rezzara di Vicenza, che riceveva 25mila euro l'anno, o quello lombardo, accademia di scienze e lettere, di Milano, che faceva molto conto sui 60mila euro in arrivo da Roma. Istituti come quello di studi italo-tedeschi di Merano o il "tostiano" di Ortona è molto probabile che dovranno dall'anno prossimo rivolgersi agli enti locali per avere i 30mila euro che ricevevano ogni anno dalla capitale. Ma è difficile che troveranno ascolto dalle ragionerie di Comuni, Province e Regioni, infuriate per i tagli a loro volta ricevuti dal governo, come documentato dalle proteste registrate al convegno romano di Federculture di dieci giorni fa.

Dai tagli integrali dei Beni culturali si sarebbero salvati tutti i 16 istituti che ricevono sopra i 100mila euro l'anno: come le Fondazioni Basso, Cini, Einaudi; ma mantengono l'aiuto anche l'Accademia dei Georgofili di Firenze o la Rossini di Pesaro che, nella lista dei 121 presenti nella "Tabella" triennale dei beneficiati dal Mibac, ricevono 40mila e 30mila euro l'anno. Completamente salvi dalla scure anche gli istituiti "ex lege": 14 centri di cultura, dalla Triennale di Milano alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Venezia.

(16 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-15

Manovra, sì del Senato alla fiducia

Ora il decreto va alla Camera

L'aula di palazzo Madama ha detto sì alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136, nessun astenuto. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passa ora all'esame della Camera. Intanto le Regioni accantonano la decisione delle riconsegna delle deleghe. I Comuni annunciano il loro no

14:50 Comuni diranno no a conferenza unificata

I Comuni esprimeranno in conferenza unificata parere negativo sulla manovra. Lo ha detto il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine del Consiglio nazionale dell'associazione dei Comuni anticipando quanto è scritto in un ordine del giorno che è stato approvato dall'assemblea dei sindaci con l'astensione di sei amministratori (Udc e Rifondazione comunista)

13:04 Tremonti: "Avanti così"

Il ministro dell'Economia a margine dell'assemblea dell'Abi: "Andiamo avanti così: le pensioni, la Fiat a Pomigliano, stabilità.... e naturalmente fiducia. Perché fiducia porta fiducia"

12:27 Fitto: bene unità Regioni e voto Senato

"Saluto con compiacimento la ritrovata unità di intenti delle Regioni nella prosecuzione di un confronto costruttivo con il governo che per parte sua, a questo confronto, non ha mai fatto mancare la propria piena disponibilità" dichiara il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto. "Le decisioni assunte dalla Conferenza delle Regioni sono una buona notizia che si aggiunge a quella altrettanto importante per il sistema paese rappresentata dal voto favorevole del Senato alla manovra"

12:16 Marcegaglia: necessaria ma in finanziaria misure per crescita

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, pur con qualche riserva, giudica positivamente la manovra del governo. Ma sottolinea che a settembre nella finanziaria "chiederemo più interventi per la crescita, la ricerca, l'innovazione e la detassazione del secondo livello di contrattazione". Perché, ha aggiunto la leader degli industriali a margine dell'assemblea dell'Abi, "come ha detto Draghi, il rigore è necessario ma dobbiamo tornare a crescere"

12:14 Polverini soddisfatta per documento unitario

"Sono soddisfatta, abbiamo mantenuto la compattezza della Conferenza che come ho già detto in questi giorni è un valore" ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Riguardo alla questione deleghe - ha aggiunto - si è trovata una posizione unanime sull'accantonare questa decisione anche perché sarebbe stato complesso per le Regioni consegnare una parte importante delle loro prerogative e servizi in un momento in cui addirittura chiediamo di occuparci di più funzioni"

12:09 Formigoni: Regioni continuano a marciare unite

"Le Regioni continuano a marciare unite e a ritenere insostenibile questa manovra. Poi chiediamo al governo di aprire finalmente il tavolo sul federalismo, ribadiamo con forza che deve esserci piena congruità tra competenze e fondi e chiediamo una commissione per verificare i costi della pubblica amministrazione in tutti i suoi comparti". Così il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni

12:08 Zaia: nessun vincitore, bene tavolo federalismo

"Non ha vinto nessuno. La cosa più importante di questo documento ritengo sia la richiesta di attivare subito il tavolo sul federalismo" ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, subito dopo l'approvazione del documento da parte delle Regioni durante la seduta della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

12:08 Cota: bene confronto, no a muro contro govenro

E' soddisfatto il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, del documento approvato oggi dalle Regioni. "E' un documento positivo: non si parla più di restituzione delle deleghe e si imposta il confronto con il governo in modo costruttivo, non con un muro contro muro: questa è la via da seguire"

12:03 Errani: unità Regioni è un valore

Nessun passo indietro delle Regioni assicura il presidente della Conferenza, Vasco Errani. "Abbiamo trovato una sintesi - spiega - nessuno di noi vuole politicamente riconsegnare le deleghe. L'unità della Conferenza in un momento così difficile è un valore per le istituzioni di questo Paese. Siamo soddisfatti del risultato ottenuto oggi". Errani spiega che "Continua il nostro impegno per ottenere una risposta positiva alle nostre ragioni. Chiediamo di cambiare questa manovra iniqua e insostenibile, vogliamo la piena applicazione del federalismo fiscale e la piena corrispondenza tra le deleghe trasferite e le risorse. Non rinunciamo in alcun modo al confronto col governo, noi vogliamo la leale collaborazione"

11:50 Regioni, subito tavolo sul federalismo fiscale

Le Regioni chiedono al governo "di aprire immediatamente un tavolo per accelerare la piena attivazione del federalismo fiscale e costruire un percorso condiviso per riequilibrare la ricaduta dei tagli sotto il profilo quantitativo e qualitativo" previsti dalla manovra. Così scrivono i governatori delle Regioni e delle Province autonome in un documento approvato oggi all'unanimità dalla Conferenza. Quest'ultima chiede infine di dare immediato avvio ai lavori della Commissione straordinaria per la verifica dei costi di funzionamento di tutte le pubbliche amministrazione, come assicurato dal presidente del Consiglio nell'incontro del 9 luglio scorso

11:46 Regioni: per tutte continua a essere insostenibile

"La Conferenza delle Regioni e delle province autonome all'unanimità conferma tutte le posizioni contenute nei documenti assunti in queste settimane sulla manovra che considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". E' quanto scrivono i governatori in un documento nel quale sostengono come sia fondamentale che "alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse"

11:44 Regioni: no a riconsegna deleghe

Per confermare "l'unità piena della Conferenza delle Regioni e delle province autonome la decisione della riconsegna delle deleghe viene accantonata". E' questo quanto scrivono, all'unanimità, i presidenti delle Regioni in un documento nel quale si dicono "fiduciosi che il percorso delineato di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo"

11:42 Il testo passa alla Camera

Il testo, che scade il 30 luglio, passa ora all'esame della Camera che avrà due settimane per la definitiva conversione in legge. A Montecitorio il testo arriva 'blindato' e dovrebbe essere approvato senza modifiche e con un altro voto di fiducia entro fine mese

11:35 Sì del Senato alla fiducia

Sì dal Senato alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136, nessun astenuto. Hanno votato a favore i senatori del Pdl, della Lega e dell'Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Api. I senatori a vita non hanno partecipato al voto

11:04 Polverini: spazio per unità e dialogo con il govenro

"C'è ancora spazio per l'unità e per riprendere il dialogo con il governo" ha detto il presidente della Regione Lazio Renata Polverini a margine dell'odierna seduta della Conferenza delle Regioni

11:02 Errani: non rinunciamo a lavorare per cambiarla

"Da qui a quando arriveranno le conseguenze di questa manovra ci sarà tempo di lavorare; noi non rinunciamo a cercare di cambiarla" ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, arrivando alla sede della Conferenza per l'inizio dei lavori. "I tagli sono squilibrati", ha ripetuto Errani

11:01 Cota alla conferenza delle Regioni

Arrivando alla riunione, Roberto Cota, governatore del Piemonte, ha detto di non sapere se ci sono margini per una soluzione comune all'interno dell'assemblea delle regioni. Ai giornalisti che gli chiedevano se oggi i governatori troveranno una posizione unitaria, ha risposto: "Non lo so, vedremo"

11:00 Zaia: serve dialogo con governo

"Oggi abbiamo l'opportunità di incontrarci e capire il da farsi. Da parte mia c'è la volontà di trovare una soluzione e di metterci sulla carreggiata giusta: quella del dialogo con il governo" è la posizione espressa dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, appena arrivato alla Conferenza delle Regioni. "Dovremo lavorare fino al 2011 - ha detto il governatore - per parlare delle ricadute che avrà la manovra. Intanto va fatto partire subito il tavolo sul federalismo fiscale"

10:59 Formigoni: Regioni sempre unite in questi anni

"La Conferenza delle Regioni è sempre stata unita in questi anni; andiamo a lavorare, abbiamo una mattinata per confrontarci" ha detto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, arrivando alla sede della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

10:58 Draghi: giusto fare presto, vedremo risultati

"Era inevitabile agire al più presto", dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, parlando all'assemblea dell'Abi della manovra economica. "Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio", ha poi aggiunto Draghi, indicando anche che "la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze"

10:51 Iniziata prima chiama per voto fiducia al Senato

Dopo la conclusione delle dichiarazioni di voto è iniziata la prima chiama per il voto di fiducia richiesto dal governo sulla manovra economica

10:48 Garavaglia (Lega): sì a misure strutturali

La manovra correttiva contiene anche "misure strutturali", a partire dagli interventi sulle pensioni, e la Lega Nord è pronta a votare sì alla fiducia posta dal governo nell'Aula del Senato sul maxiemendamento. Lo afferma il senatore della Lega Massimo Garavaglia nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto nell'Aula di Palazzo Madama

10:27 Gasparri (Pdl): si apre stagione di crescita e sviluppo

"Grazie alla manovra apriremo una stagione di crescita e sviluppo" ha detto il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri sottolineando "il forte consenso delle parti sociali". "In Germania sono stati tagliati i dipendenti pubblici, in Italia no. Si riducono le forze armate, in Italia no. In Francia c'è la rivolta contro la riforma previdenziale, noi abbiamo fatto una grande riforma senza un'ora di sciopero e con il consenso del Paese e delle classi sociali. In Gran Bretagna si taglia la spesa pubblica del 25%, si aumenta l'Iva. In Spagna il calcio va meglio della politica". Alle nuove generazioni - replica Gasparri alla Finocchiaro - ci si pensa tutelando i conti pubblici"

10:21 Finocchiaro (Pd): no a manovra iniqua

"Questa manovra è fortemente iniqua e recessiva destinata a impoverire il Paese di ogni prospettiva di crescita e sviluppo" afferma il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, nel suo acceso intervento in aula al Senato durante il quale alzando il tono della voce ha richiamato il presidente Schifani chiedendo silenzio: "Non riesco a parlare con questo brusio e non riesco a farmi sentire da nessuno". La senatrice ha ricordato il tasso di disoccupazione giovanile che in Italia è al 25,4% ''più del triplo del tasso nazionale e più alto di quello europeo che è del 19,8%. Critiche poi ai tagli ai tasferimenti alle Regioni che si troveranno costrette a ridimensionare i servizi e all'unica modifica concessa, ossia quella di fare decidere ai governatori dove tagliare. "Il riferimento all'Europa - dice Finocchiaro rivolgendosi a Tremonti - non può valere per il saldo contabile e non valere per il trattato di Lisbona, per l'istruzione, per il lavoro. Le parole austerità e rigore hanno un senso se insieme c'è un'altra parola: giustizia"

10:03 D'Alia (Udc): no a provvedimento iniquo

Il senatore Gianpiero D'Alia ha motivato il no dell'Udc alla manovra accusando il governo di aver messo in campo un provvedimento "iniquo e inadeguato" che va a colpire soprattutto le famiglie monoreddito, e con figli. "La fiducia - ha detto D'Alia - non è atto di coraggio o di forza, è figlia della soggezione politica e della schiavitù a una piccola parte del Paese. La fiducia che votate oggi è un atto di sottomissione al vero padrone del governo, cioè alla Lega Nord"

09:56 Mascitelli (Idv): no a fiducia

Il senatore Alfonso Mascitelli ha annunciato il voto contrario dell'Italia dei Valori perché ritiene che la questione sulla fiducia posta dal governo "è l'ennesima menzogna che si sta propinando al nostro Paese, perché non potrà stabilizzare i conti pubblici". Ma soprattutto perché la questione di fiducia posta dal governo "è un atto di viltà politica - ha detto Mascitelli - di aver fuggito ogni occasione di confronto politico e con le istituzioni. E' viltà politica aver tentato fino all'ultimo di introdurre condoni, mortificare diritti acquisti. Diamo atto alla Lega, almeno loro sono riusciti ad avere la proroga ulteriore di pagamenti sanzionatori a 15 e 20 anni"

09:54 Pistorio (Mpa): questa volta votiamo sì

"Pacta sunt servanda e quindi questa volta votiamo la fiducia al governo" afferma il senatore Giovanni Pistorio nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia. Il movimento per le Autonomie- Alleati per il Sud evidenzia sopratutto le luci e le ombre legate agli interventi sul mezzogiorno e sottolinea come grazie anche al contributo dei propri senatori si sia trovata comunque una "soluzione soddisfacente" nel corso dell'esame parlamentare

09:52 Cocer carabinieri in seduta permanente

"Il Cocer Carabinieri, dopo le allarmanti notizie che pervengono sul decreto della manovra correttiva, ha deciso di permanere ininterrottamente nella propria sede fino a data da destinarsi, per monitorare gli sviluppi del provvedimento, in modo che non venga ulteriormente danneggiato il personale rappresentato e senza escludere azioni più forti nel caso in cui le aspettative del personale vengano disattese" si legge in una nota pubblicata sul sito dell'Arma

09:45 Bruno (Api): è iniqua, votiamo no

La manovra "è iniqua, insufficiente, modesta" e per questo "annunciamo il nostro voto contrario": lo afferma il senatore dell'Alleanza per l'Italia (Api) Franco Bruno nel corso del suo intervento durante le dichiarazioni di voto. La manovra varata dal governo è "stata contestata in tutta Italia. Non ci sono - sottolinea il senatore dell'Api - le risorse per il federalismo e comunque quello che c'è non serve al Paese. Tremonti lo sa ma lo deve nascondere"

09:44 Tremonti al Senato durante dibattito

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato al Senato per presenziare al dibattito sul voto di fiducia posto dal governo sul maxiemendamento con le misure della manovra economica

09:37 Al via le dichiarazioni di voto

Al via le dichiarazioni di voto, nell'Aula del Senato, sulla fiducia chiesta dal governo sulla manovra. Il voto si terrà nel corso della mattinata. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passerà poi all'esame della Camera

09:36 Ancora tensioni nel Pdl

Messa in sicurezza la manovra con la richiesta del voto di fiducia contestato dall'opposizione, le preoccupazioni sulla stabilità del governo continuano a riguardare le tensioni interne al Pdl e l'iter del disegno di legge sulle intercettazioni. Le dimissioni di ieri di Nicola Cosentino, sottosegretario all'Economia, hanno solo abbassato la temperatura delle polemiche

09:35 I tagli previsti per Regioni, Province e Comuni

Tra i tagli, spiccano quelli per Regioni, Province e Comuni. I governatori, in particolare, minacciano - con l'eccezione dei presidenti leghisti di Veneto e Piemonte - di restituire al governo le loro deleghe in materia di servizi e incentivi economici. Torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare la situazione

09:34 Le modifiche del maxiemendamento

Il maxiemendamento del governo recepisce tutte le modifiche della Commissione bilancio: dilazionamento delle tasse per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, novità sulle pensioni per le donne del pubblico impiego, riduzione degli stipendi dei manager e dei budget a disposizione dei ministeri, taglio dei costi della politica. Entrano in vigore anche le nuove norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per le case non accatastate

09:34 Oggi il voto di fiducia

E' previsto per oggi al Senato il voto di fiducia chiesto dal governo sul maxiemendamento che modifica il decreto sulla manovra economica approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 25 maggio con misure di risparmio pari a 25 miliardi di euro

 

 

 

 

Un salto nel buio

di TITO BOERI

A scatola chiusa, meglio sigillata, il Senato oggi voterà la manovra economica. Avremo il solito maxiemendamento (un solo articolo per circa 600 commi) da approvare o rigettare nella sua totalità: o tutto o niente. Sarà un voto di fiducia, politico anziché sui contenuti della manovra. Fin qui nulla di nuovo. Ma questa volta i senatori voteranno ancora più al buio del solito. Dovranno davvero fidarsi dell'esecutivo: a poche ore dal voto dell'Aula non era infatti ancora disponibile la tabella che riassume e quantifica gli effetti delle variazioni apportate al testo originario del decreto nell'ultimo mese e mezzo. Come spesso accade, queste modifiche vengono introdotte all'ultimo momento dai sottosegretari e possono anche differenziarsi significativamente da quelle approvate in Commissione Bilancio.

La manovra è importante, ma piccola al cospetto degli altri paesi europei. Se da noi ci sono "lacrime e sangue", chissà cosa dovrebbero dire i cittadini francesi e belgi, che subiscono un aggiustamento fiscale tre volte superiore al nostro. Per non parlare dei cittadini di paesi nell'epicentro della crisi con aggiustamenti da cinque (Portogallo) a dieci (Irlanda) volte maggiori del nostro. Non possiamo che augurarci che non si rendano fra un anno necessari nuovi interventi correttivi, date dimensioni e crescita inarrestabile del nostro debito pubblico. Aumenta di 1.300 euro al secondo. Ci sono, peraltro, molte scommesse nel decreto, dal successo della lotta all'evasione, che conta per un terzo della manovra, al fatto che i tagli ai consumi intermedi dei Ministeri siano tagli veri e non semplici rinvii di spese ad esercizi futuri. Le misure draconiane inizialmente previste in caso di accertamento di somme dovute al fisco sono state fortemente depotenziate in Commissione Bilancio dopo le proteste di Confindustria e questo non potrà che avere effetti significativi sulle entrate.

Se il governo aveva poco margine nel decidere l'entità dell'aggiustamento, posti i vincoli internazionali, e certamente non poteva fare una cura dimagrante ancora meno impegnativa, certamente aveva ampi margini nel decidere la composizione (fra maggiori entrate e minori spese), la qualità (gli effetti sulla crescita economica) e il profilo distributivo della manovra. È principalmente su questi aspetti che deve essere, dunque, giudicato il suo operato.

La composizione della manovra è molto diversa da quella inizialmente annunciata e da quanto previsto in altri paesi. Ben il 40 per cento dell'aggiustamento è legato a maggiori entrate, anziché a minori spese. Nel Regno Unito i tagli alle spese (soprattutto dei ministeri) contribuiscono fino all'80 per cento della manovra. Anche in Belgio, Germania, Irlanda e Spagna la parte preponderante della manovra avviene sul lato delle spese. I nostri tagli alle spese sono peraltro fortemente concentrati (al 60 per cento) sulle autonomie locali. È quanto avviene, in paesi come Germania e la Svizzera, dove in gran parte il federalismo c'è già e c'è un legame forte fra tasse e gestione della spesa a livello locale, che impone maggiore disciplina ai politici nella gestione dei bilanci decentrati. Da noi il rischio che questi tagli si trasformino in aumento del debito locale è molto più forte. I tagli all'amministrazione centrale dello Stato sono stati inoltre ulteriormente depotenziati dal passaggio parlamentare. Gli emendamenti agli articoli 6, 7, 8 e 9 della manovra sono tutto un fiorire di deroghe. Come dire, i tagli meglio farli fare agli altri.

La qualità della manovra non è certamente migliorata dopo gli emendamenti. Sono state accolte le richieste dei gruppi che avevano maggiore potere contrattuale. Stupisce, in questo quadro, lo scarso peso politico delle Regioni, che non sono riuscite minimamente a incidere sul testo. I commi sulla cosiddetta "premialità" sono una presa in giro. Come possono le Regioni mettersi d'accordo nel ripartire una quota (circa un ottavo) dei tagli? Chiunque subirà in questa redistribuzione tagli ancora più consistenti prevedibilmente si opporrà strenuamente a "premi" dati ad altre Regioni. Il fatto è che i nuovi Governatori della Lega hanno rotto il fronte, forse perché hanno portato a casa il rinvio del pagamento delle rate delle quote latte, un'operazione che costerà fino a 25 milioni di euro di multa al contribuente italiano. Si è, invece, evitato accuratamente di ricalibrare la manovra verso interventi a sostegno della crescita e dell'occupazione e riforme strutturali. Mentre altrove la manovra sostiene la ricerca, da noi i tagli più consistenti hanno sin qui riguardato proprio l'istruzione terziaria. Scelta quanto meno singolare.

È solo peggiorato in Parlamento il profilo distributivo della manovra. Sancito l'abbandono di ogni intervento di contrasto alla povertà, con l'esaurimento della carta acquisti, messo da parte ogni disegno di ampliamento della copertura degli ammortizzatori sociali, si è operato chirurgicamente per introdurre trasferimenti dai ricchi ai poveri. Il blocco degli automatismi stipendiali nella scuola e nell'università colpisce coloro che hanno le retribuzioni più basse, i più giovani, che subiscono perdite fino a un terzo del loro reddito netto, secondo le stime di Baldini e Caruso (www.lavoce.info 1), quando i docenti con maggiore anzianità vengono quasi del tutto risparmiati dai tagli. I politici, che dovevano dare l'esempio a tutti, sono stati ulteriormente messi al riparo: il passaggio parlamentare ha annullato il taglio degli stipendi dei consiglieri di amministrazione degli enti finanziati dallo stato e ha ripristinato le indennità dei consiglieri circoscrizionali nei Comuni più grandi. Dopo aver ascoltato per giorni i titoli di testa del Tg1 annunciare copiosi tagli dei costi della politica, ci siamo accorti un mese e mezzo fa che questi presunti tagli offrivano un contributo di meno di un milione ad una manovra di quasi 25 miliardi. Adesso anche quel meno di un milione sembra sparito nel nulla. Neanche il simbolo di un taglio alla politica ci hanno lasciato. Ma non lo verremo certo a sapere dal Tg delle 20.

(15 luglio 2010) © Riproduzione riservata

Bollette gas "contenute da ottobre"

Allarme per incentivi delle rinnovabili

Il presidente dell'Autorità per l'energia e il gas in Parlamento fa il punto: "I consumatori beneficino delle dinamiche di mercato. Se non si distribuisce il costo degli incentivi sulla fiscalità rischio "aumento tariffe oltre il 20% da qui al 2020"

Bollette gas "contenute da ottobre" Allarme per incentivi delle rinnovabili

ROMA - L'autorità per l'energia e il gas annuncia un contenimento delle bollette del gas dal prossimo ottobre. "Per trasferire sollecitamente ai consumatori i primi benefici emergenti dalle nuove dinamiche del mercato internazionale (rinegoziazioni di contratti di lungo termine e mercati spot) - ha spiegato il presidente dell'Autorità per l'energia Alessandro Ortis nella relazione annuale al Parlamento - opereremo un contenimento dei prezzi al consumo a partire dal primo ottobre prossimo, prima dei maggiori consumi invernali delle famiglie". L'iniziativa, "rispettosa dei contratti in essere e dell'equilibrio economico-finanziario degli operatori di settore, è pienamente giustificata in base alle informazioni in nostro possesso; rappresenta comunque - ha concluso Ortis con una stilettata a Eni - una surroga di effetti che dovrebbero invece emergere da un vero mercato all'ingrosso, così come già nel settore elettrico".

"Sono necessarie una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico e una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi", ha poi aggiunto Ortis, secondo cui "senza interventi, c'è il forte rischio di un aumento delle bollette fino a oltre il 20%, da qui al 2020". Secondo Ortis è necessaria la "massima efficienza" nello sfruttamento delle fonti rinnovabili, mentre "oggi il nostro sistema è molto inefficiente; il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli obiettivi citati è superiore a quello necessario. Il livello eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa, il costo delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate CIP6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10% del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso. Considerando che l'energia incentivata è dell'ordine dei 20 miliardi di kWh, l'incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell'energia prodotta; così paghiamo l'energia incentivata 3 volte quella convenzionale". Per questo Ortis ribadisce la necessità di "spostare una parte degli oneri per l'incentivazione delle rinnovabili dalla bolletta alla fiscalità generale". Qualora, invece, "si volessero mantenere in tariffa gli incentivi per le rinnovabili, potrebbe essere opportuno che le politiche energetiche-ambientali-industriali, proprie di Governo e Parlamento, si limitassero a fissare gli obiettivi quantitativi e temporali per ciascuna fonte, lasciando poi che sia l'Autorità (già impegnata in materia di tariffe) a stabilire le modalità per farli rispettare al minimo costo, in modo efficiente"

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti"

Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

Disoccupazione al massimo dal '98 e mercati condizionati dalla paura: una situazione ancora problematica quella descritta nel Bollettino della banca centrale. Il governatore: "Le banche siano più vicine alle piccole imprese"

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti" Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

ROMA - Secondo il Consiglio direttivo della Bce "si prospetta un ritmo di incremento moderato e ancora discontinuo del Pil in termini reali nel corso del tempo e in tutte le economie e i settori di attività dell'area euro". Lo si legge nel Bollettino di luglio dell'Eurotower. La Bce si attende infatti "che la ripresa dell'attività sia frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi comparti e dalle prospettive per il mercato del lavoro".

"Spingere sul risanamento dei conti" - "Il risanamento dei conti pubblici dovrà essere notevolmente superiore all'aggiustamento strutturale dello 0,5% del Pil su base annua stabilito come requisito minimo nel Patto di stabilita e crescita", afferma la Bce, che sottolinea "l'importanza capitale di ripristinare gli equilibri di bilancio nel periodo successivo alla crisi".

Disoccupazione verso la stabilizzazione - ''In maggio il tasso di disoccupazione dell'area euro è stato pari al 10% e si attesta sul livello più elevato dall'agosto 1998. In prospettiva, gli indicatori sono migliorati dai loro minimi, suggerendo una stabilizzazione della disoccupazione nell'area nei prossimi mesi".

Paura sul mercato dei bond - "I mercati dei titoli di Stato dell'area euro hanno continuato a risentire pesantemente delle notizie sulle prospettive dei paesi dell'aerea che presentavano posizioni di bilancio problematiche. Sebbene i timori per il rischio sovrano siano sembrati attenuarsi leggermente a seguito dell'annuncio del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e del programma della Bce relativo ai mercati dei titoli, le preoccupazioni degli investitori hanno avuto il sopravvento", si osserva nel Bollettino.

Draghi: "Accelerare rientro da squilibri" - ''E' indispensabile un'accelerazione del rientro dagli squilibri dei conti pubblici''. Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all'assemblea dell'Abi. ''L'effetto sulla ripresa - ha aggiunto Draghi - sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani che spesso costituiscono il benchmark per la determinazione del costo del credito da parte delle banche. Ma se la nube di incertezza - ha aggiunto Draghi - che permane nei bilanci bancari non verrà rimossa, le difficolta di provvista continueranno''.

Per quanto riguarda nel dettaglio la situazione italiana, Draghi si è soffermato sulla manovra economica approvata dal governo e ha sottolineato come ''nonostante i costi in termini di crescita che la manovra implica nel breve periodo, era inevitabile agire al più presto''. Tuttavia, ha aggiunto il governatore, se la correzione possa effettivamente consentire il raggiungimento degli obiettivi di indebitamento netto potrà essere valutato solo nei prossimi mesi. ''La stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze - ha aggiunto Draghi - e per contenere la dinamica della spesa è necessaria una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio. Il riordino dei conti pubblici e la crescita sono insieme - ha aggiunto - condizioni essenziali per la stabilità finanziaria e questa è a sua volta il pilastro su cui poggia una crescita durevole".

"All'obiettivo della crescita va orientata - secondo Draghi - la necessaria ricomposizione dell'intero bilancio pubblico. Muovono in questa direzione le riforme già avviate nella pubblica amministrazione e quelle che innalzeranno l'età di pensionamento. Il contenimento dell'evasione fiscale - ha concluso Draghi - può essere un'importante leva di sviluppo se correlato alla riduzione delle aliquote gravanti sui contribuenti onesti''.

Redditi stagnanti, lavoro incerto - Anche se l'economia italiana beneficia della ritrovata vivacità degli scambi internazionali, afferma Draghi, con il volume delle esportazioni che cresce del 9% quest'anno e del 5 per cento il prossimo, consumi e investimenti restano deboli, perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte.

A livello mondiale, osserca il governatore, la ripresa ''è diseguale, dalla tenuta incerta, ma prosegue''. Il Fondo monetario Internazionale ''stima una crescita del prodotto globale intorno al 4,5% quest'anno ed il prossimo: l'8-10% in alcuni grandi paesi emergenti, l'1 o poco più nell'area euro''. Ma, insiste Draghi, ''la ripresa, trainata dalla crescita del commercio internazionale rimane esposta a rischi: la perdurante debolezza della domanda interna nei nostri paesi; turbolenze nei mercati finanziari che, ancora fragili, reagiscono in maniera eccessiva all'acuita percezione dei rischi sovrani; possibili tensioni inflazionistiche nei paesi emergenti, che indurrebbero a politiche più restrittive''.

Draghi alle banche: "Soddisfare domanda di credito delle PMI". Rivolgendosi poi in particolare alle banche, il governatore della banca d'Italia ha chiesto che "gli istituti bancari siano più vicini alle piccole e medie imprese, pur erogando il credito con prudenza e lungimiranza". La domanda di credito delle imprese, fa notare il governatore, "aumenta, ma si ha l'impressione che le imprese piccole dicano che questa domanda non viene soddisfatta".

(15 luglio 2010)

 

 

 

IL MAXI EMENDAMENTO sul QUALE il GOVERNO HA POSTO la FIDUCIA.

Tremonti: "L'austerità è necessaria"

Manovra, il governo pone fiducia al Senato

Il ministro dell'Economia all'assemblea annuale di Confcooperative: "Un errore lo Stato centralizzato. Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della finanza pubblica italiana"

Tremonti: "L'austerità è necessaria" Manovra, il governo pone fiducia al Senato Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - "Non so se sia una ideologia ma l'austerità certamente è una necessità e una responsabilità". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che all'assemblea di Confcooperative ha sottolineato: "Siamo ad un tornante della storia, non solo per noi ma per tutti i paesi". L'austerità, ha aggiunto, "è una necessità che significa solidarietà e responsabilità". E ha ricordato che l'austerità è alla base della manovra: stamane il governo ha posto la questione di fiducia nell'Aula del Senato sul maxiemendamento al decreto legge. Il voto si terrà entro domani, dopodichè il testo che deve essere convertito in legge entro fine luglio passerà all'esame della Camera.

Infatti la crisi, ha sottolineato il ministro davanti alla platea di Confcooperative, "ha reso evidente che l'albero della finanza pubblica italiana è cresciuto storto". Tutto è iniziato, ha spiegato, "agli inizi degli anni '70 quando tutto è stato centralizzato. All'inizio di quel decennio l'Italia era l'unico Paese che non aveva una finanza locale. La finanza pubblica italiana era più federalista ai tempi del fascismo che dopo". Nel momento in cui tutto è stato centralizzato, ha ribadito Tremonti, "lo Stato ha trovato solo la strada del debito pubblico. Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della finanza pubblica italiana".

In una Europa "che produce più debito che ricchezza, più deficit che Pil", la crisi, ha sottolineato Tremonti, ha segnato il passaggio necessario ad una diversa visione: "Non si può continuare così, è chiaro a tutti. Non si tratta di una fase ma di un tornante della storia". Di fronte alla crisi "nell'insieme il Paese ha tenuto, tiene e terrà".

Il ministro, che si è rivolto esplicitamente al leader della Cisl Raffaele Bonanni per ringraziare quanti hanno avuto "grande senso di responsabilità", ha quindi indicato che nonostante posizioni diverse nell'insieme la coesione sociale ha tenuto. La manovra economica, ha detto, contiene "elementi di riforma, e non solo congiunturali". E, ha aggiunto: "nessuno ha avuto l'idea" di una frattura "del clima di coesione sociale. E' questo è dovuto ad un profondo senso di responsabilità nel Paese". La manovra è stata, ha detto Tremonti, un "primo atto di condivisione" della necessità di un cambiamento netto rispetto al passato resa evidente dalla cris

(14 luglio 2010)

 

 

 

 

Napolitano, appello alla coesione

"Oppure il Paese si perde"

Il capo dello Stato riafferma la "lungimiranza" della Costituzione che "salda in un unico articolo inscindibilità della nazione e promozione delle autonomie". Sulla crisi economica: "Dovere di tutti ridurre debito"

Napolitano, appello alla coesione "Oppure il Paese si perde" Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

UDINE - "Senza coesione l'Italia si perde". Il presidente della Repubblica in visita a Udine rilancia un forte appello all'unità nazionale, riaffermando la "lungimiranza" della Costituzione vigente che "salda in uno stesso articolo l'inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie". Su questo tema il presidente, incontrando il sindaco Furio Honsell, ha poi lanciato un monito: "Si riveda ciò che è necessario rivedere, si garantisca il massimo di snellezza e semplificazione nell'articolazione del nostro Stato", ha detto Napolitano raccomandando di salvare i vari livelli di autonomia regionale e locale e di riconoscere "l'importanza decisiva dei Comuni che sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ai loro bisogni".

Oggi, ha aggiunto Napolitano, si deve proseguire sulla strada tracciata perché "un'Italia unita senza la coesione nazionale si perderebbe nel grande e tumultuoso fiume della globalizzazione. L'unità nazionale si può promuovere facendo conoscere la Costituzione e promuovendo le autonomie. Io sono profondamente impegnato nella difesa dei valori costituzionali. Ma piuttosto che usare l'espressione 'difendere la Costituzione' amo dire che è necessario far vivere e attuare la Costituzione, attuare anche il nuovo Titolo V che ha segnato la strada per uno sviluppo anche in senso federalistico del principio autonomistico che trovò già forma felice nella prima formulazione della Costituzione".

Napolitano ha poi ricordato la tragedia che ha colpito la Regione nel '76. "Tuttora è vivissimo nella memoria di tutti gli italiani l'esempio che le popolazioni del Friuli hanno dato dopo il terremoto", ha detto rivolgendosi al sindaco Honsell, ricordando lo sforzo straordinario, il senso civico e la capacità di autogoverno che furono dimostrati in occasione della ricostruzione e che sono state successivamente confermate e che risultano "ancora oggi capacità non diminuite".

Come aveva già fatto ieri da Trieste, Napolitano è tornato sulle difficoltà della crisi economica e la dissestata situazione dei conti pubblici: "Nessuna parte politica - ha detto il presidente - può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle".

"Abbiamo problemi seri, dovuti a una difficoltà dell'economia internazionale" e per questo, ha ribadito, "si devono adottare misure straordinarie per consolidare i bilanci pubblici, esigenza riconosciuta in tutta Europa". In questo momento più che mai è necessario scegliere le priorità alle quali destinare le risorse e per Napolitano ai primi posti ci sono cultura, formazione e ricerca. "Sono convinto che dobbiamo credere fortemente nelle priorità da accordare a investimenti pubblici, sollecitando al tempo stesso anche quelli privati, nel campo della ricerca e della formazione", ha concluso il presidente. Il capo dello Stato ha inoltre affermato la necessità di approvare la riforma dell'ordinamento universitario all'esame del Senato.

(14 luglio 2010)

 

 

Manovra, scure sugli stipendi ai prof

governo fa marcia indietro su disabili

Un milione di addetti alla scuola (insegnanti e non) vedranno bloccati gli scatti, con perdite a fine carriera da 29 a 42 mila euro a testa. L'esecutivo ripristina il tetto di 20 alunni nelle classi che accolgono disabili

di SALVO INTRAVAIA

Manovra, scure sugli stipendi ai prof governo fa marcia indietro su disabili

LA MANOVRA economica anticrisi del governo colpisce duramente gli stipendi dei docenti e dei lavoratori della scuola. Ma almeno fa un passo indietro sui disabili ripristinando il tetto massimo di venti alunni nelle classi frequentate da portatori di handicap. Il limite era stato cancellato da un emendamento al disegno di legge da 25 miliardi, approvato due giorni fa in commissione Bilancio al Senato ma questa mattina il governo, nel presentare il maxiemendamento sul quale ha posto la questione di fiducia, è ritornato sui suoi passi.

"Nel maxiemendamento - ha riferito il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, al termine della conferenza dei capigruppo - il governo ha apportato delle modifiche alla parte che riguardava il numero degli alunni nelle classi con disabili, togliendo la norma che avrebbe cancellato il limite di 20 alunni". Il testo precedente aveva suscitato le vibranti polemiche delle opposizioni e delle associazioni di alunni disabili. Anna Serafini, presidente del Forum infanzia e adolescenza del Pd, esprime "grande soddisfazione per il ritiro dell'emendamento sul tetto dei 20 alunni per classi con disabili". "E' una vittoria frutto della battaglia che come Pd abbiamo condotto insieme alle più significative associazioni del settore, come Fish e Fand, al mondo della scuola, ai sindacati e alle professioni. Ciò dimostra - prosegue - che quando si hanno idee e valori forti come quelle della difesa dei diritti dei bambini disabili e quando ci si impegna tutti insieme, questi valori fanno breccia anche in chi ha posizioni politiche diverse".

L'emendamento presentato dai senatori Giuseppe Esposito e Cosimo Latronico (Pdl) non lasciava spazio a dubbi. "Le classi e le sezioni delle scuole e istituti di ogni ordine e grado che accolgono alunni con disabilità possono essere costituite anche in deroga al limite previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81". Cioè: 20 alunni per classe. Una variazione che avrebbe consentito al ministero dell'Istruzione, di concerto con quello dell'Economia, di stipare più alunni anche nelle classi con disabili. Infatti, in tutto il primo ciclo dell'istruzione italiana (dalla scuola dell'infanzia alla media) le classi che accolgono uno o più disabili rappresentano la maggioranza. Alla materna sono addirittura 89 su 100. E la norma che prevede un tetto massimo agli alunni per classe, sforato in tantissimi casi, riduce le possibilità di tagliare ulteriori posti in organico.

Ma i più colpiti dalla scure della manovra sono gli insegnanti e gli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola come mai era accaduto prima. E questo nonostante le aperture del ministro Tremonti di qualche settimana fa e le rassicurazioni di buona parte del sindacato. Ma allo stato dei fatti, cioè dopo il passaggio dell'articolato in commissione bilancio, il blocco degli scatti di stipendi automatici per il personale della scuola non è stato minimamente toccato.

I due commi che "massacrano", come dichiarano i Cobas, la scuola sono nell'articolo 8 (il comma 14) e nel successivo articolo 9 (il comma 23). Il primo spiega, in maniera piuttosto criptica, che "Fermo quanto previsto dall'articolo 9, le risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono comunque destinate, con le stesse modalità di cui al comma 9, secondo periodo, del citato articolo 64, al settore scolastico". Un modo per dire che il 30 per cento dei "risparmi" effettuati in tre anni nel comparto scuola, per effetto del taglio di 133 mila posti, che erano destinati a premiare il merito verranno destinati a coprire il miliardo di debiti che lo stato ha nei confronti delle scuole. E addio merito.

Il comma 23 dell'articolo 9 stabilisce semplicemente che "Per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti". Fatti due conti, un milione di addetti alla scuola (insegnanti e non) vedranno bloccati gli scatti sessennali automatici, con una perdita che fino a fine carriera si aggira dai 29 ai 42 mila euro a persona. Ma non solo: pensioni e buonuscite saranno più leggere e i meno fortunati vedranno calare il potere d'acquisto del proprio salario del 20 per cento in appena 9 anni. In questo modo il governo conta di ricavare quasi 19 miliardi di euro. E anche il contratto, già scaduto nel 2009, non verrà rinnovato per un triennio.

Sulla questione degli scatti la protesta del mondo della scuola non si è fatta attendere: i Cobas hanno proclamato lo sciopero degli scrutini, la Flc Cgil uno sciopero generale e gli altri sindacati una manifestazione. Insomma: tutti contro Tremonti, che un paio di settimane fa apre a Cisl, Uil e Gilda lasciando intendere che il gruzzolo del 30 per cento (2 miliardi di euro in tutto, ma ancora da verificare) poteva essere stornato per ripristinare gli scatti degli insegnanti. Ma gli emendamenti approvati finora in commissione Bilancio al senato parlano un'altra lingua.

"La destinazione delle risorse previste dal presente comma - a proposito del 30 per cento, si legge in uno dei tanti emendamenti presentato dal relatore, il senatore Azzolini - è stabilita con decreto di natura non regolamentare del ministro dell'Istruzione dell'università e della ricerca di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative". E a proposito degli scatti, alla fine del famigerato comma 23 è stata aggiunta la dicitura: "E' fatto salvo quanto previsto dall'art. 8, comma 14", che consentirebbe al governo di stornare i risparmi per finanziare il blocco degli scatti ma che per la senatrice del Pd, Mariangela Bastico, non garantisce gli insegnanti.

(14 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-12

Quote latte, Galan contro Lega

"Si dimetta chi causa multe Ue"

Il ministro dell'Agricoltura attaccai parlamentari che chiedono il rinvio dei pagamenti: "Massima fiducia in Tremonti". Produttori italiani alla manifestazione davanti alla sede del Consiglio Ue. Il commissario Ciolos: "Italia deve rispettare norme"

Quote latte, Galan contro Lega "Si dimetta chi causa multe Ue" Il ministro delle politiche agricole, Giancarlo Galan

BRUXELLES - Le quote latte dividono la maggioranza. Appena arrivato a Bruxelles per il Consiglio Ue dei ministri europei dell'Agricoltura, il ministro Giancarlo Galan è tornato ad attaccare la Lega e il suo lobbismo in favore degli allevatori: "Spero che il Parlamento italiano abbia un minimo di dignità", ha detto Galan che si è domandato "con quale credibilità un ministro può affrontare una battaglia come questa per la politica agricola comune. Con quale faccia si presenta in un consesso europeo quando in Italia deliberatamente i parlamentari della maggioranza vanno contro le norme europee?". Il riferimento è all'emendamento alla manovra economica

presentato dal relatore Azzollini in Senato e che ha procurato una dura lettera di richiamo 1 da parte del commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, che ha avvertito che l'Italia rischia ora una procedura d'infrazione.

Alla domanda se intenda dimettersi, il ministro ha risposto: "Si dimetterà chi causa multe e sanzioni europee all'Italia". Il ministro aveva preannunciato le sue possibili dimissioni dall'incarico se il Parlamento italiano avesse approvato la proroga a fine anno del pagamento delle multe da parte di quegli allevatori che non hanno rispettato le quote latte stabilite dall'Ue. La Lega Nord appoggia la battaglia di questi allevatori, in contrasto con il Pdl. "Oggi sono qui a Bruxelles - ha aggiunto - per dare una sensazione di serietà alla presenza italiana a Bruxelles; mentre là difendono un piccolo manipolo di trasgressori". "Il guaio ora è - ha concluso Galan - che tutti in Europa vedono quel che facciamo noi e questo ci deve preoccupare".

Ho fatto quello che ha detto Berlusconi. "Se sono qui, oggi a Bruxelles, evidentemente il presidente del Consiglio Berlusconi mi ha detto di fare quello che ho fatto. Mi sarei probabilmente dimesso se, giovedì sera a casa di Berlusconi, prima del Consiglio dei ministri, lui mi avesse detto: 'Giancarlo lascia perdere, sai gli accordi, gli equilibri, chiudi un occhio, cosa cosa vuoi che sia una multa in più o una in meno, o ancora, non dire niente, trova una scusa per non andare'. Se Berlusconi avesse detto cosiì probabilmente a quest'ora, non sarei a Bruxelles, sarei a casa'', ha argomentato Galan.

Massima fiducia in Tremonti. Galan, poi, ha detto di confidare nel collega dell'Economia Giulio Tremonti per arrivare ad una soluzione che sia degna di un ''Paese civile''. ''La mia massima fiducia è in Tremonti, perché non credo abbia voglia di giocarsi la reputazione per inserire un emendamento del genere'', dice Galan, riferendosi alla norma che rinvia al 31 dicembre il pagamento delle multe sulle quote latte, rinvio per il quale l'Italia rischia l'apertura di una procedura d'infrazione da parte dell'Unione Europea. E a chi insiste nel chiedergli quali siano le sue intenzioni, l'ex governatore del Veneto ripete: ''A casa non ci vado, intanto perché darei troppa soddisfazione a chi sarebbe contento che me ne andassi. E poi perché ci sono tante, ma tante cose da mettere a posto e quella delle quote latte è una di queste''.

La minaccia della Ue. Sulle quote latte l'Italia "deve rispettare le norme Ue: la legislazione è molto chiara": secondo il commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, insomma, non c'è spazio per negoziare con quegli allevatori che chiedono una proroga nel pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote. "Spero che l'Italia prenderà tutte le misure necessarie per rispettare la legge sulle quote latte - ha detto Ciolos al termine del Consiglio Agricoltura che si è tenuto oggi a Bruxelles - altrimenti l'Ue dovrà agire". L'avvertimento era arrivato già il 10 luglio proprio dal commissario all'Agricoltura che, in una lettera inviata a Galan, anch'egli fortemente contrario all'emendamento approvato per un solo voto in commissione al Senato che prevede un rinvio a dicembre del pagamento delle rate a carico degli agricoltori per le multe per le quote latte (a partire dalla rata del 30 giugno). Le parole di Ciolos non lasciano dubbi sulle intenzioni della Ue: se l'emendamento sulle quote latte "dovesse essere adottato la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato", scatterebbe cioè la procedura d'infrazione. "Non c'è alcun dubbio che la sospensione dei pagamenti, prevista nell'emendamento, sarebbe non solo in netto contrasto con il diritto Ue ma anche con i ripetuti impegni, assunti a livello politico dal Governo italiano, di imporre una rigorosa ed efficiente applicazione del regime delle quote latte in Italia" scrive ancora il commissario Ue, prendendo tuttavia nota del fatto che il ministro italiano "ha espresso netta contrarietà a tale emendamento". Inoltre, "sospendere i pagamenti sarebbe non solo in contrasto" con la Decisione unanimemente adottata dal Consiglio nel 2003, "ma priverebbe - sottolinea ancora Ciolos - anche gli agricoltori italiani interessati dei vantaggi finanziari di quel piano che consiste nel pagare i prelievi senza interessi su 14 anni invece di pagare l'intero debito in una unica soluzione". "Mi è d'obbligo sottolineare - prosegue il commissario - che il diritto Ue impone all'Italia di assicurare l'effettiva riscossione dei prelievi sulle eccedenze dovuti dai produttori di latte". Perciò, se sospendesse l'applicazione del piano di rateizzazione approvato nel 2009, "l'Italia sarebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto Ue. Questo aggraverebbe le preoccupazioni cui la Commissione ha recentemente dato voce nel suo rapporto al Consiglio del 26 Marzo 2010 a riguardo dell'estrema lentezza - bacchetta ancora Ciolos - con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi sulle eccedenze che non sono oggetto del piano di rateizzazione del 2003". Nella missiva Ciolos ricorda tra l'altro al ministro delle Politiche agricole che la strada della richiesta dilazionatoria sulla annosissima vicenda delle quote latte (la loro introduzione risale ormai a 26 anni fa con l'allora ministro Pandolfi) è già stata battuta dall'Italia, ma senza successo: "Il suo predecessore ha già effettuato una richiesta di dilazione del pagamento della sesta rata prevista dal piano di rateizzazione del 2003", richiesta però rigettata a suo tempo dalla Commissaria Fischer Boel in ragione del fatto che l'accordo prevedeva chiaramente il rimborso mediante rate annuali di uguale importo.

La protesta dei trattori. Dopo sei mesi di tregua, i produttori del latte manifestano oggi davanti alla sede della Commissione Ue dove è previsto l'arrivo di migliaia di agricoltori con i loro trattori. Da stamane la sede del Consiglio Ue, dove si tiene la riunione dei ministri agricoli dei 27, e il palazzo Berlaymont, sede dell'esecutivo europeo, sono circondati da cavalli di frisia per tenere a distanza i manifestanti e molti sono i poliziotti mobilitati. Alla manifestazione di Bruxelles - indetta dall'European Milk Board (Emb) - saranno presenti anche oltre un centinaio di produttori italiani, partiti ieri sera da Brescia in due pullman. Li guida Roberto Cavaliere, rappresentante nazionale del Copagri e membro dell'Emb. "Se da parte degli allevatori c'è la volontà di pagare, 'senza furbizie', una volta accertata la realtà dei fatti - spiega Cavaliere -, vorremmo che da parte dell'Amministrazione vi fosse adeguata sensibilità e disponibilità per venire incontro ad aziende che stanno resistendo strenuamente al fallimento con il solo obiettivo di dare seguito ad una prospettiva di produzione di latte effettivamente italiano. "È ormai chiaro - aggiunge - a tutti che l'Italia subisce un import selvaggio ed illegale di prodotto sulla cui provenienza e salubrità non vi sono certezze. Le ultime cronache testimoniano, anzi, rischi per la salute umana, oltre che danni per l'economia. Chiediamo solo questo: accertamento della verità e disponibilità a sostenere le aziende sull'orlo del baratro per il superamento della grave crisi, oggi più che mai caratterizzata da un saldo nettamente negativo tra costi e ricavi".

(12 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-11

I tagli uccidono il federalismo regionale

addio a 5 miliardi di autonomia impositiva

I trasferimenti da fiscalizzare non ci sono più: sono stati già sforbiciati dal decreto. Emendamento-beffa del governo: nella costruzione federalista non si calcola la manovra

di ROBERTO PETRINI

I tagli uccidono il federalismo regionale addio a 5 miliardi di autonomia impositiva I governatori Errani, Formigoni e Polverini

ROMA - L'espressione più densa di sarcasmo e un po' macabra, l'ha usata il governatore della Puglia, Nichi Vendola, venerdì scorso, il giorno della rottura tra le Regioni e Tremonti. "Faranno il federalismo col morto", ha detto. Non è andato tanto lontano dalla realtà perché nella battaglia delle cifre che segna ormai da mesi il federalismo fiscale ci sono pochi punti fermi e - è bene dirlo subito - la manovra d'estate e il mancato accordo, rischiano di ammazzare anche quelli.

Il primo punto fermo è un numero che compare nell'"Allegato 2" elaborato dalla Copaff, cioè la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale, che il 30 giugno ha corredato di cifre la relazione presentata dal ministro dell'Economia Tremonti. La tabella ci dice che i trasferimenti alle Regioni che devono essere soppressi, per lasciare il posto alla fiscalizzazione, cioè alla trasformazione in gettito tributario (ovvero regolari e affidabili compartecipazioni alle tasse che lasceranno le mani libere alle Regioni sul piano finanziario), valgono 7,4 miliardi.

Significa che tolti sanità, assistenza, istruzione e trasporti, che la Costituzione considera funzioni fondamentali e che non saranno finanziate con la fiscalità regionale, restano una serie di funzioni (turismo, imprese, famiglia, sostegno agli affitti, politiche giovanili, montagna e protezione civile) la cui gestione finanziaria (spese e tasse) passerà alle Regioni.

Come si è arrivati a questa cifra? Dai trasferimenti che lo Stato dà alle Regioni (pari a 96,5 miliardi) sono state tolte sanità, assistenza e istruzione. Ma l'operazione non è stata semplice perché è stato necessario verificare un requisito in più sulla cifra emersa: le somme "fiscalizzabili" devono essere strutturali e permanenti. Altrimenti come trasformare in "tasse" delle spese una tantum?

Così si è scoperto che i già esigui 7,4 miliardi, che dovrebbero essere l'embrione del federalismo, non sono tutti disponibili e nemmeno strutturali. Intanto ci sono 1,8 miliardi di fondi relativi a competenze regionali ma che sono nelle mani di vari ministeri e di Palazzo Chigi che non vogliono cederli. Altri fondi - 756 milioni - sono poi la ragione stessa della vita di altri ministeri (politiche giovanili, famiglia, protezione civile e montagna): difficili da cedere. Infine, la polpa e la sorpresa: 4,8 miliardi, strutturali e finanziati, relativi alle deleghe appartenenti alle Regioni e trasformabili da trasferimenti in gettito fiscale "puro e responsabile".

Ma ecco il colpo di scena finale. La cifra di 4,8 miliardi è quasi uguale a quella tagliata dalla manovra, ovvero 4,5 miliardi. Il federalismo viene ucciso nella culla. Perché il taglio è strutturale e dunque non si potrà fiscalizzare nulla. Così il decreto attuativo del federalismo, atteso per maggio 2011, rischia di non avere alcuna base. Se ne è accorto anche il governo che, paradossalmente, ha aggiunto un comma all'articolo 14 della manovra che recita: "In sede di attuazione dell'art. 8 della legge 42, in materia di federalismo fiscale, non si tiene conto del primo e del secondo periodo del presente comma". Altrimenti il federalismo sarebbe veramente una costruzione metafisica.

(11 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-10

MANOVRA

Le Regioni si rivolgono a Napolitano

Le associazioni: "Rischio recessione culturale"

Lettera aperta al governo di Federculture, Civita, Fai, Italia Nostra, Legambiente e WWF. Il 26 scioperano i diplomatici italiani, che denunciano un "preludio allo smantellamento" del ministero. Il segretario del Pd Bersani si unisce alle richieste dei governatori. Quote latte, la Ue avvisa: "Rischio infrazione"

Le Regioni si rivolgono a Napolitano Le associazioni: "Rischio recessione culturale" Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

ROMA - Proseguono le proteste nei confronti della manovra che il governo varerà nei prossimi giorni. E se i diplomatici italiani annunciano uno sciopero per il 26 luglio, parlando di uno "smantellamento" della Farnesina, e il presidente della Conferenza delle Regioni Errani si rivolge al Capo dello Stato Napolitano, per ribadire che i governatori intendono rimettere le deleghe, sei associazioni culturali e ambientali scrivono al governo, paventando il rischio di una "recessione culturale nel Paese" a causa dei tagli operati dalla manovra. E, sull'emendamento che riguarda le quote latte, la Ue avvisa: se dovesse essere confermato, l'Italia verrà sottoposta alla procedura d'infrazione.

Appello delle Regioni a Napolitano. All'indomani della rottura avvenuta al termine del vertice con il premier Berlusconi e il ministro dell'Economia Tremonti, le Regioni si rivolgono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, confermando l'orientamento, se la manovra economica non cambierà, di trovare la strada per restituire allo Stato le deleghe per funzioni che non sono più in grado di esercitare.

Preoccupati per le ricadute sul territorio, i governatori si riuniranno in una conferenza straordinaria mercoledìprossimo, mentre la manovra sarà al vaglio dell'aula di Palazzo Madama, e non escludono di proseguire i lavori del Parlamentino anche il giorno dopo, il giovedi del voto di fiducia al Senato. Intanto, secondo quanto ha appreso l'agenzia Agi, dopo il muro contro muro andato in scena con il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è stato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni a informare telefonicamente il Capo dello Stato delle preoccupazioni dei Governatori. Vasco Errani lo aveva annunciato, quando a nome della Conferenza, aveva chiesto di incontrare le massime cariche dello Stato. Un colloquio telefonico di pochi minuti in cui Errani avrebbe illustrato le buoni ragioni delle amministrazioni regionali nel confronto con il Governo e la ferma intenzione di proseguire un dialogo vero ed efficace, evitando scontri istituzionali.

L'intervento di Bersani. Anche il segretario del Pd Pierluigi Bersani interviene nello scontro tra il governo e le Regioni, e chiede ai governatori di spiegare chiaramente ai cittadini quali sono i tagli ai servizi essenziali che saranno costrette a fare a causa delle misure previste dalla manovra, che pesano per oltre il 50 per cento sugli enti locali, e in particolare proprio sulle Regioni.

Intervenendo al convegno del Pd a Venezia "L'isola che c'è", una scuola politica del partito dedicata agli amministratori locali, Bersani ha detto: "Si si abbassa di 14 miliardi di euro la soglia della finanza regionale locale: o sono 14 miliardi di meno di servizi o sono 14 miliardi in più di tasse. Vogliamo toglierne uno per gli sprechi? Saranno 13 miliardi, saranno 12, ma questo sta succedendo".

"Adesso le Regioni farebbero bene a spiegare ai cittadini di cosa si sta parlando - ha aggiunto Bersani - di quali servizi precisamente si sta parlando. Penso che nei prossimi giorni verranno fuori i temi crucialissimi che si stanno discutendo in queste ore: i trasporti pubblici locali, gli interventi per le piccole imprese, i servizi per la ricerca, la non autosufficienza, i servizi sociali, gli interventi sull'ambiente. Noi abbiamo le nostre proposte, garantiamo i tempi e garantiamo 24 miliardi di euro. Volete guardare le nostre proposte? C'è un modo diverso di fare questa manovra, abbiamo scritto dove andare a prendere i soldi e dove metterli in modo diverso. Certo, se si va avanti a colpi di fiducia e non si riesce mai a discutere, il problema diventa serio".

La protesta dei diplomatici. I diplomatici italiani annunciano per il 26 luglio uno sciopero contro la manovra economica, della quale "non possono accettare quei tagli, alle risorse ed al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina". Lo annuncia un comunicato del Sindacato Nazionale Dipendenti Ministero Affari Esteri (Sndmae)."I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati - si legge nel comunicato in cui si annuncia lo sciopero - a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse. Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali. Il Ministero degli Esteri, i diplomatici che dirigono le sedi all'estero e gli uffici a Roma, tutto il personale della Farnesina devono essere sostenuti perché il risultato del loro lavoro viene toccato con mano dagli italiani. Dagli italiani che scommettono sul mondo e da quelli che vogliono conoscerlo, e che la Farnesina non lascia soli in caso di crisi. Il Ministero degli Esteri, ricordiamolo, produce molto più di quanto costi al Paese".

E quella delle associazioni culturali. Federculture, Civita, Fai, Italia Nostra, Legambiente e WWF hanno diffuso oggi una lettera aperta, indirizzata al premier, al ministro per i Beni culturali e al ministro dell'Economia, nella quale si sottolinea che "l'Italia è a rischio recessione culturale", e che i tagli operati dalla Finanziaria mettono in discussione "la tutela e la promozione del nostro patrimonio culturale e ambientale, sancita dall'art.9 della Costituzione", e penalizzano "un settore vitale che contribuisce positivamente all'economia del Paese, con conseguenze negative sulle possibilità di uscita dall'attuale crisi e sulle prospettive di una futura e duratura crescita".

"La riduzione del 50% delle risorse destinate agli istituti culturali - si legge ancora nella lettera - quasi fossero tutti enti inutili, senza l'individuazioen di criteri o parametri oggettivi che valutino l'effettiva esistenza di sprechi, decreterà un ulteriore e indiscriminato abbassamento dell'intervento pubblico per la cultura, che mette ormai a rischio quantità e qualità dei servizi culturali nel Paese".

Quote latte, la Ue: "Italia a rischio infrazione". Se l'emendamento alla manovra sulle quote latte "dovesse essere adottato, la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato", scatterebbe cioè la procedura d'infrazione. Lo scrive il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos in una lettera al ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan, aggiungendo di appoggiare "pienamente la netta posizione" espressa da Galan in materia. Ieri in commissione al Senato è passato per un voto un emendamento che prevede lo slittamento a fine anno (dal 30 giugno) della restituzione delle multe da parte degli agricoltori, sulle quote latte.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

Berlusconi chiede l'aiuto di Bertone

"E' il momento che l'Udc torni da noi"

Il tentativo fallito del Cavaliere a cena da Vespa con Draghi e Geronzi. Il Cavaliere offre all'ex alleato il ministero degli Esteri e la vicepresidenza. Ma il centrista blocca le avances

di FRANCESCO BEI

Berlusconi chiede l'aiuto di Bertone "E' il momento che l'Udc torni da noi" Pierferdinando Casini

GIOVEDI' SERA. Poco prima di mezzanotte, una mercedes nera targata Città del Vaticano s'allontana per la discesa di via Gregoriana, a due passi da piazza di Spagna. Seduto dietro, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Poco dopo, dallo stesso portoncino, escono nella notte romana Cesare Geronzi e Mario Draghi. Cosa ci facevano alla stessa tavola il primo collaboratore del Papa, il governatore della Banca d'Italia e il presidente di Generali? Assistevano all'ultimo, caparbio, tentativo del Cavaliere di evitare lo sfarinamento della sua maggioranza, iniettando forze fresche - quelle dei centristi di Pier Ferdinando Casini - in un momento di grande difficoltà.

L'occasione la crea Bruno Vespa che, con l'idea di voler festeggiare "con qualche amico" i suoi 50 anni di giornalismo, offre la sua terrazza su Trinità de Monti per una spericolata (e per ora infruttuosa) operazione politica. Dunque Berlusconi. Accompagnato da Gianni Letta, il premier appare da subito deciso a tentare l'affondo finale. Anche la cornice - da Bertone, rappresentante del Vaticano a Geronzi, custode del nuovo assetto finanziario italiano - sembra creata apposta per accerchiare Casini. Almeno così spera Berlusconi, che stavolta è pronto a mettere tutto sul piatto pur di imbarcare "Pier Ferdinando" e lasciare a terra quel "traditore" di Fini. La presenza del segretario di Stato vaticano, agli occhi del premier, dovrebbe rendere più "ragionevole" il cattolico Casini. Una convinzione tratta dai contatti con i vertici d'Oltretevere, per i quali Letta aveva ricevuto un incarico preciso. Così, dopo un vago richiamo alle "comuni radici del Ppe", il Cavaliere mette i piedi nel piatto: "Pier, noi apparteniamo alla stessa famiglia, i nostri elettori sono gli stessi. Cosa ci fai in quella compagnia di giro? Il tuo posto è alla guida del paese accanto a me. Se solo volessi potresti fare il vicepresidente del Consiglio, saresti il numero due del governo. Sceglieresti tu il successore di Scajola e magari potreste avere anche la Farnesina". Un'offerta succulenta e del resto il premier ha assoluto bisogno di tamponare l'emorragia finiana, costi quel che costi. Di cedere alle richieste del presidente della Camera non lo prende nemmeno in considerazione. Anzi, sta provando a sfilare a Fini tutti gli interlocutori. Compreso Francesco Rutelli, che non a caso è stato invitato da Gaetano Quagliariello ad aprire gli incontri estivi della fondazione Magna Carta.

"Fini ti ha già fregato una volta - ricorda Berlusconi a Casini - ha detto che rompeva con me e poi è corso a fare il Pdl lasciandoti da solo. Se tornassi con noi nessuno potrebbe dirti niente". Ma il leader dell'Udc, nonostante molti dei suoi non aspettino altro, anche stavolta delude il suo interlocutore. E non è solo la volontà di non farsi utilizzare contro Fini, prestandosi all'accusa di trasformismo parlamentare. Casini i suoi 39 deputati sarebbe anche disposto a concederli, ma solo in cambio di un "forte segnale di discontinuità" rispetto all'attuale maggioranza. Un "cambio di passo" che non potrebbe che essere marcato da una "crisi di governo" e dalle conseguenti dimissioni del premier. "Non posso semplicemente aggiungermi a voi - spiega dunque al Cavaliere - perché vorrebbe dire rinnegare tutto quello che abbiamo detto e fatto finora. Non si può cambiare la base parlamentare del governo senza tornare al Quirinale e noi non facciamo la ruota di scorta, mi dispiace". Altra cosa sarebbe se si presentasse un nuovo governo: "Silvio, a guidarlo saresti sempre tu, ma sarebbe una nuova maggioranza per un nuovo programma. Riforme difficili, anche impopolari, da fare insieme per uscire dalla crisi. In questo caso potremmo anche valutare l'ipotesi". Bertone ascolta in silenzio e non si intromette. Berlusconi appare teso, protesta. "Io non posso aprire una crisi al buio, come puoi chiedermi questo? Dovrei ammettere che abbiamo fallito e invece stiamo facendo e abbiamo fatto tanto". C'è poi un'altra preoccupazione che agita il Cavaliere e gli impedisce di dar corpo alla richiesta di Casini. Alla cena da Vespa non ne fa cenno, ma ieri - riferendo della serata a più di un ministro - confessa il suo vero cruccio: "Se si apre una crisi di governo la palla passa al Quirinale. Come faccio a fidarmi?". È lo spettro di un nuovo Dini, di un governo di transizione come quello nato nel '95 sotto l'ala protettrice di Scalfaro.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

MANOVRA

Regioni, rottura definitiva col governo

"Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano"

Niente accordo nell'incontro con Berlusconi. Bossi: "Volevano tutto o niente". Il provvedimento in Aula. Ok dai Comuni. Sì alla dilazione delle multe per le quote latte

di ROBERTO PETRINI

Regioni, rottura definitiva col governo "Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano" Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

ROMA - No alle Regioni, sì all'intesa con i Comuni. Si chiude con una clamorosa rottura l'atteso vertice, convocato ieri a Palazzo Chigi tra i governatori, Berlusconi e Tremonti. Dopo una riunione durata 90 minuti, i presidenti delle Regioni sono scesi in sala stampa per rendere pubblico tutto il loro disappunto: "L'esito è stato molto negativo", ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato che si appellerà al Quirinale. "Le istituzioni si rispettano non si offendono e non si insultano", ha aggiunto. "Nessun emendamento, la manovra resta invariata e immodificabile nei soldi e nei saldi", ha commentato poco dopo il ministro dell'Economia in una conferenza stampa con i Comuni. A vuoto il tentativo di mediazione di Berlusconi, che ha proposto qualche giorno in più per il confronto, per il "no" di Tremonti a modificare il timing di approvazione della manovra. A vuoto anche la mediazione che aveva tentato Bossi: "Avevo proposto uno sconto di un miliardo - ha detto ieri sera il leader della Lega in un comizio a Milano - ma le Regioni hanno detto no: volevano tutto o niente".

Nella prossima Conferenza Stato-Regioni, dunque, sarà posta all'ordine del giorno la minacciata restituzione delle deleghe delle Regioni. Per essere operativa tuttavia il rinvio al mittente di trasporti, imprese e servizi sociali, necessita di una norma: Formigoni propone di inserirla "già nella manovra" al Senato. "Se le Regioni vogliono restituirci le deleghe comincino con quelle sull'invalidità dove abbiamo un numero enorme di pensioni, i treni dei pendolari cammineranno lo stesso", ha polemizzato Tremonti. "Esternazione sgradevole", ha ribattuto Errani. A fare da cornice allo scontro una guerra dei numeri per stabilire se i tagli incidono più sullo Stato centrale o sulle Regioni. Tremonti, giovedì, aveva detto che la spesa dello Stato è di 84 miliardi. Neanche per idea, hanno replicato i governatori: per arrivarci hanno tolto anche i trasferimenti che lo Stato fa agli enti pubblici, per 100 miliardi: lo spesa dello Stato è di 195,19 miliardi. Quella delle Regioni invece viene sovrastimata: per Tremonti è di 171 miliardi, per i governatori solo di 36 (perché dicono bisogna correttamente togliere la spesa per interessi, personale, sanità e non solo i trasferimenti a Comuni e Province). È evidente come le percentuali di incidenza dei tagli in questo modo varino: 0,44 sullo Stato centrale e 17,1 per cento sulle Regioni (secondo le cifre dei governatori). Mentre per il Tesoro lo Stato centrale pagherebbe il 10% e le Regioni solo il 3.

Accordo fatto, almeno stando alle dichiarazioni di ieri del presidente dell'Anci Chiamparino e di Tremonti, con i Comuni e le Province. "Nessun emendamento" nella manovra, ma l'impegno a far partire le nuove tasse uniche municipali ("ad invarianza di pressione fiscale", ha precisato Chiamparino) con decreto entro il 31 luglio (per le province entro settembre). Previsto anche lo smaltimento dei residui passivi e, a decreti varati, la possibilità di rimodulare il patto di stabilità. "Siamo pragmatici e non ideologici, abbiamo un metodo di lavoro comune", ha detto Tremonti. Approvata, inoltre, la dilazione per le quote latte (contro il parere del ministro dell'Agricoltura Galan). Esulta Bossi: "Abbiamo salvato gli allevatori padani". La Commissione Bilancio ha concluso i lavori approvando la manovra che ora passa all'aula del Senato.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

IL RETROSCENA

Berlusconi tenta l'ultima mediazione

Tremonti lo zittisce: attento ai mercati

"Possiamo rifletterci ancora". Ma il ministro gli parla all'orecchio e lo stoppa. Il premier ai governatori: "Quello è rigido, poi aggiusteremo le cose"

di ROBERTO MANIA

Berlusconi tenta l'ultima mediazione Tremonti lo zittisce: attento ai mercati Silvio Berlusconi

ROMA - "State tranquilli, poi ci rivedremo e proveremo a cambiare. Quello è rigido: mi sta dicendo che se modifichiamo qualcosa lunedì crollano i mercati". Parole di Silvio Berlusconi ai governatori del centro-destra, appena conclusa la riunione della rottura tra governo e Regioni nella Sala Verde di Palazzo Chigi. Quello è Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, oppure - come lo presenta ai suoi ospiti lo stesso premier, per prenderne le distanze, chiaramente - "il responsabile per il governo della manovra economica chiesta dall'Unione europea". Insomma, Berlusconi e Tremonti costretti, questa volta, a convivere. Più o meno separati al governo, come si era già capito nel tesissimo vertice di Arcore di qualche giorno fa. L'uno che mal digerisce il rigorismo dell'altro perché produce malessere e tanto dissenso nei sondaggi e nel mondo reale; l'altro che cerca nel primo ministro l'appoggio che non c'è più.

In quel tavolo stracolmo di ministri e governatori, al terzo piano del palazzo del governo, va in scena il duplice strappo: uno istituzionale, tra Stato centrale e Regioni; l'altro politico, tra Berlusconi e il suo ministro dell'Economia. Che, a un certo punto, lo zittisce pure. Berlusconi, infatti, sta dicendo ai governatori quello che pensa davvero e che ad alcuni di loro ha già detto in conversazioni private: "Abbiamo ascoltato le vostre posizioni che in gran parte conoscevamo. Possiamo fare un'ulteriore riflessione. Ci aggiorniamo alla prossima settimana". Tremonti raggela, sposta il microfono, si volta alla sua destra e parla fitto all'orecchio del primo ministro. Da quel momento Berlusconi dirà solo un'altra frase. Parlerà Tremonti che vuole chiudere questa partita, tagliare in due anni 8,5 miliardi di trasferimenti alle Regioni. Punto. Nessuna mediazione, nessun rinvio, nessun cambiamento, nessun nuovo appuntamento, nessun aggiornamento.

Dice Tremonti: "Anche la tempistica parlamentare è importante. Oggi si chiude in Commissione. Non ci sono alternative". Replica il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: "Non obbligateci a uscire da qui e dire che siamo costretti a consegnare le deleghe. Lavoriamo giorno e notte, se volete". Ancora Tremonti: "Comprendo, ma penso proprio che non ci siano alternative. Non è possibile un maxi - emendamento che devii dal testo già votato. E anche se fosse possibile, ma non lo è, sarebbe devastante per il Paese e sui mercati. I numeri sono quelli e non si possono cambiare. Lunedì avremmo grossi problemi sulla reputazione dell'Italia". La paura dei mercati, dunque, che potrebbero farci pagare le nostre incertezze mentre gli altri paesi europei come Germania e Francia, di certo meno esposti all'attacco degli speculatori, hanno già approvato le rispettive manovre finanziarie.

D'altra parte Tremonti la sua linea l'aveva già dettata mercoledì scorso in quel comunicato congiunto con il presidente del Consiglio nel quale concedeva solo tempi più lunghi per far rientrare dal deficit le Regioni con la sanità disastrata, tre delle quali (Lazio, Campania e Calabria) - aspetto non secondario - strappate alla sinistra alle ultime elezioni di marzo. Questioni politiche ancor prima che sociali ed economiche. Che il lombardo Tremonti ha subìto più che condiviso. Ora non concede più niente. Linea inamovibile. Ribadita ieri: "I numeri non sono casuali, ma il frutto di una lunga e determinata riflessione. Ci siamo attenuti alle richieste dell'Europa. Dobbiamo ridurre la spesa pubblica perché aumentare le tasse sarebbe insostenibile in Europa. Siamo il continente che produce più debiti che ricchezza. Dunque non ci sono margini di discussione, non ci sono alternative e non saremmo credibili se modificassimo qualcosa. Per noi i numeri sono quelli e quando dico noi, dico l'Europa". L'ultima frase di Berlusconi, per strappare il sorriso: "Permettetemi una battuta: non tutto deve essere rispettato al 100 per cento. Siamo in Italia... Insomma questo Paese è sempre andato avanti". Tremonti serra le labbra, abbassa lo sguardo e nessuno riesce a ridere in quella sala.

(10 luglio 2010)

 

 

Regioni, rottura definitiva col governo

"Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano"

Niente accordo nell'incontro con Berlusconi. Bossi: "Volevano tutto o niente". Il provvedimento in Aula. Ok dai Comuni. Sì alla dilazione delle multe per le quote latte

di ROBERTO PETRINI

Regioni, rottura definitiva col governo "Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano" Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

ROMA - No alle Regioni, sì all'intesa con i Comuni. Si chiude con una clamorosa rottura l'atteso vertice, convocato ieri a Palazzo Chigi tra i governatori, Berlusconi e Tremonti. Dopo una riunione durata 90 minuti, i presidenti delle Regioni sono scesi in sala stampa per rendere pubblico tutto il loro disappunto: "L'esito è stato molto negativo", ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato che si appellerà al Quirinale. "Le istituzioni si rispettano non si offendono e non si insultano", ha aggiunto. "Nessun emendamento, la manovra resta invariata e immodificabile nei soldi e nei saldi", ha commentato poco dopo il ministro dell'Economia in una conferenza stampa con i Comuni. A vuoto il tentativo di mediazione di Berlusconi, che ha proposto qualche giorno in più per il confronto, per il "no" di Tremonti a modificare il timing di approvazione della manovra. A vuoto anche la mediazione che aveva tentato Bossi: "Avevo proposto uno sconto di un miliardo - ha detto ieri sera il leader della Lega in un comizio a Milano - ma le Regioni hanno detto no: volevano tutto o niente".

Nella prossima Conferenza Stato-Regioni, dunque, sarà posta all'ordine del giorno la minacciata restituzione delle deleghe delle Regioni. Per essere operativa tuttavia il rinvio al mittente di trasporti, imprese e servizi sociali, necessita di una norma: Formigoni propone di inserirla "già nella manovra" al Senato. "Se le Regioni vogliono restituirci le deleghe comincino con quelle sull'invalidità dove abbiamo un numero enorme di pensioni, i treni dei pendolari cammineranno lo stesso", ha polemizzato Tremonti. "Esternazione sgradevole", ha ribattuto Errani. A fare da cornice allo scontro una guerra dei numeri per stabilire se i tagli incidono più sullo Stato centrale o sulle Regioni. Tremonti, giovedì, aveva detto che la spesa dello Stato è di 84 miliardi. Neanche per idea, hanno replicato i governatori: per arrivarci hanno tolto anche i trasferimenti che lo Stato fa agli enti pubblici, per 100 miliardi: lo spesa dello Stato è di 195,19 miliardi. Quella delle Regioni invece viene sovrastimata: per Tremonti è di 171 miliardi, per i governatori solo di 36 (perché dicono bisogna correttamente togliere la spesa per interessi, personale, sanità e non solo i trasferimenti a Comuni e Province). È evidente come le percentuali di incidenza dei tagli in questo modo varino: 0,44 sullo Stato centrale e 17,1 per cento sulle Regioni (secondo le cifre dei governatori). Mentre per il Tesoro lo Stato centrale pagherebbe il 10% e le Regioni solo il 3.

Accordo fatto, almeno stando alle dichiarazioni di ieri del presidente dell'Anci Chiamparino e di Tremonti, con i Comuni e le Province. "Nessun emendamento" nella manovra, ma l'impegno a far partire le nuove tasse uniche municipali ("ad invarianza di pressione fiscale", ha precisato Chiamparino) con decreto entro il 31 luglio (per le province entro settembre). Previsto anche lo smaltimento dei residui passivi e, a decreti varati, la possibilità di rimodulare il patto di stabilità. "Siamo pragmatici e non ideologici, abbiamo un metodo di lavoro comune", ha detto Tremonti. Approvata, inoltre, la dilazione per le quote latte (contro il parere del ministro dell'Agricoltura Galan). Esulta Bossi: "Abbiamo salvato gli allevatori padani". La Commissione Bilancio ha concluso i lavori approvando la manovra che ora passa all'aula del Senato.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

Conto energia: meglio tardi che mai

imagesLa lunga fase di incertezza che stava paralizzando il settore delle rinnovabili in Italia si è conclusa almeno per il capitolo sul conto energia approvato dalla Conferenza unificata Stato – Regioni. Il nuovo conto energia, che riconosce una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a partire da quando l’impianto entra in esercizio, sarà in vigore dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013. Tra le novità c’è la divisione degli impianti in diverse classi di potenza con incentivi decrescenti: nel corso del 2011 ci saranno tre variazioni di tariffe con un calo del 6% ogni quadrimestre, poi ci sarà una diminuzione del 6 % l’anno sia nel 2012 che nel 2013. Inoltre la potenza incentivabile, che ora è di 1.200 megawatt, arriverà a 3 mila e si aggiungeranno altri 200 megawatt per il fotovoltaico a concentrazione e 300 megawatt per gli impianti integrati con caratteristiche innovative (cancellata la distinzione tra gli impianti "parzialmente integrati" e quelli "integrati", ora si parla di "impianti realizzati su edifici" e di "altri impianti"). Vengono infine concessi premi del 5 % se l’impianto è collocato su discariche, cave, ex aree industriali, siti da bonificare, in sostituzione di coperture in eternit. Misure salutate con soddisfazione dal settore delle rinnovabili (la riduzione degli incentivi viaggia di pari passo con la riduzione dei costi dei pannelli e l’aumento di efficienza) anche se alcune critiche non sono mancate. "Al momento la cosa più importate è che il conto energia e le linee guida siano stati approvati, anche se troviamo ingiustificato il taglio alle tariffe incentivanti per gli impianti superiori ai 5 megawatt con la scusa che tolgono terreno all’agricoltura: anche gli incentivi al fotovoltaico sulle serre, che l’agricoltura invece la sostengono, vengono tagliati", ha commentato il presidente di Asso Energie Future, Massimo Daniele Sapienza.

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Scritto sabato, 10 luglio 2010 alle 16:29 nella categoria Energia, rinnovabili. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

"I signori delle spiagge"

E allo Stato solo le briciole

Fatturano più di due miliardi. Così le coste diventano un business per i privati. Ma i gestori dei lidi non ci stanno. L'asta sugli arenili scatenerà gli appetiti delle multinazionali delle vacanze

di MICHELE SMARGIASSI

"I signori delle spiagge" E allo Stato solo le briciole

ROMA - Questa sabbia che sfrigola sotto le piante dei piedi, questo bollente mare immobile è pura polvere d'oro. Ma lo Stato Italiano è un Re Mida dissoluto e prodigo, e la butta dalla finestra. Oltre 100 milioni di euro potrebbero entrare ogni anno nelle casse pubbliche solo applicando meglio le norme che già esistono. Diverse centinaia, se ci decidessimo ad affittare a prezzi di mercato quei 4.042 chilometri di costa balneabile, gloria e vanto e ormai unico patrimonio dell'Italia solatìa, che da decenni regaliamo per pochi spiccioli (97 milioni di euro nel 2009) a 25 mila padroni dell'ombra, che collettivamente ne ricavano ogni anno fino a trenta volte di più: almeno due miliardi di fatturato, più probabilmente un terzo miliardo in nero. Continuiamo a chiamarli tutti "bagnini", ma è una definizione ormai priva di senso.

Ci sta dentro il romagnolo stagionale in infradito che rastrella ogni mattina l'arenile come faceva il nonno, e il professionista romano in cravatta che subaffitta a peso d'oro un complesso a più piani con piscina, fitness club e ristorante. Tutti ugualmente "concessionari" del Demanio, tutti affidatari di un patrimonio nazionale, il litorale, di fatto privatizzato da decenni, che i più furbi o intraprendenti hanno trasformato in un business da nababbi versando all'erario canoni ridicoli. Un patrimonio di tutti che arricchisce pochi, un "sistema" in cui gestioni oneste e convenienti si mescolano a selvaggi sfruttamenti; una realtà di cui lo Stato, parola di Corte dei conti, ha perso del tutto il controllo.

A meno che non succeda qualcosa, e forse sta succedendo. L'estate 2010 è l'estate dell'ansia per padroni e padroncini delle spiagge. La novità viene da Bruxelles,

Nuove regole: L'Unione europea ha dato all'Italia il termine del 2015 poi il rinnovo delle concessioni non sarà più automatico

e sta sconvolgendo un "sistema arenile" che aveva resistito a tutti gli assalti. Cosa dice la Ue? Che sulla base della "direttiva Bolkenstein" del 2006 sulla concorrenza l'Italia deve abolire il "diritto d'insistenza", cioè i rinnovi automatici sempre agli stessi affidatari, pratica che già sollevò nel 2006 le perplessità del Garante per la concorrenza ("sistema premiale", "rendita di posizione"). E dovrà (sotto minaccia di sanzioni) mettere all'asta le concessioni. Il governo italiano è riuscito a strappare solo un rinvio al 2015. Ed è il caos. La paura. La rivolta. "Il governo ha mostrato le terga a Bruxelles e ora siamo in una valle di lacrime", grida da Viareggio Carlo Monti, leader dei balneari versiliani, "rischiamo la decadenza degli stabilimenti, nessuno spende un euro per riparare una sdraio se non è sicuro di poter restare". Cortei al ministero, sindaci allarmati.

L'Emilia Romagna ha tentato di aggirare della direttiva europea concedendo vent'anni di proroga ai bagnini meritevoli: bocciata impietosamente dalla Cassazione. "Le gare si faranno, punteremo a farle con criteri giusti", ripiega l'assessore Maurizio Melucci. Molta confusione sotto il cielo azzurro: la situazione è eccellente. Mai il "sistema spiaggia" s'è mostrato così nudo come ora che scricchiola sotto la minaccia di una banale legge di mercato. Perché vero mercato, il sistema spiaggia non lo è mai stato. Affittuari perpetui che fanno profitti su un bene pubblico, e vendono a carissimo prezzo ciò che non è loro. Fate un giro su Google, o su eBay: Silvi Marina: 30 metri di litorale, vendesi concessione a 300 mila euro. Tortoreto: 68 metri, 280 ombrelloni: 1,3 milioni di euro. Lido di Savio, 140 ombrelloni, 850 mila euro.

Pisa, metratura imprecisata, 2,2 milioni. Tirrenia, 1600 metri quadri, 150 ombrelloni, 2 milioni. Forte dei Marmi, 60 ombrelloni su 27 metri di battigia: 4 milioni. Com'è possibile ammortizzare cifre del genere nei sei anni tradizionali di una concessione? Se i famigerati "Studi di settore" dell'Agenzia delle entrate stimano "congrua" una dichiarazione dei redditi da 12,8 mila euro annui a fronte di un fatturato medio di 120 mila euro per stabilimento, come possono esserci bagnini che dichiarano addirittura perdite nette sui 6 mila euro con fatturati di 137 mila? E quel 9% di titolari di concessione che dichiarano ricavi sotto i 30 mila euro annui?

LA SABBIA È D'ORO

Eppure non è così profonda, l'ombra degli ombrelloni. L'Italia dei servizi balneari è diseguale, ma l'indice "ombrellone + due lettini" è comunque un metro di misura. Si va dai 15/20 euro al giorno della Romagna ai 40/50 della Versilia ai 60-80 delle esclusive calette liguri. Chi conosce il mercato non fatica a fare due conti: un "bagno" medio in buona posizione può fatturare (si fa per dire: non c'è obbligo di scontrino) tra i 130 e i 200 mila euro a stagione. Se c'è il bar, fanno altri 150-200 mila, il doppio se il bar è anche ristorante. E quanto pagano allo Stato queste aziendine estive? Questo si sa con precisione. Il canone è fissato per legge. Eccone i mirabolanti importi annui: 1,19 euro per metro quadro di arenile, 3.39 euro per metro quadro di superficie coperta (che sia un ripostiglio o un ristorante non fa differenza).

Risultato: per un bagno medio di 2000 metri quadri, con un centinaio di ombrelloni e un ristorante da 200 metri quadri, l'affitto annuo è di 3.448 euro. Fa meno di dieci euro al giorno. Venti, se calcoliamo solo la "stagione". Insomma basta la rendita di un solo ombrellone a pareggiare il costo della concessione demaniale. Non che lo Stato non ci abbia provato, a colmare la ridicola sproporzione. Ma è sempre stato sconfitto dalla resistenza di una categoria finora compattissima e coccolata (e temuta). Nel 2003 il governo rincarò i canoni del 300%. Sembra tanto: ma il triplo di pochissimo è sempre poco. Esplose lo stesso la rivolta dei bagnini: dopo quattro anni nessuno aveva pagato il rincaro, poi cancellato dalla Finanziaria del 2007. Che tentò un ripiego: impose alle Regioni di rivedere al rialzo le categorie di "valenza turistica", abolendo la classe C e ricollocando in classe A (con quasi raddoppio del canone) gli arenili pregiati.

Ebbene: nessuna regione, "neppure quelle con spiagge di eccezionale attrattiva", lo ha fatto. La quasi totalità degli stabilimenti balneari italiani risulta tuttora collocata in classe B. A Rimini, ad esempio, Perla dell'Adriatico, una sola spiaggia è in classe A, quella del felliniano Grand Hotel, mentre un chiosco continua a pagare massimo 769 euro anche se è di fatto un ristorantino da 250 metri coperti, che se fosse oltre il lungomare pagherebbe d'affitto tra 50 e 80 mila euro. Cosa spinge le Regioni a sottovalutare il reddito potenziale delle spiagge? Perché in una stagione di tagli ai servizi essenziali nessuna ha voluto aprire un po' quel rubinetto che gocciola appena?

La risposta è semplice: chi glielo fa fare, a un assessore regionale al turismo, di inimicarsi la categoria cruciale dei bagnini senza guadagnarci nulla, cioè solo per far arrivare più soldi allo Stato centralista? Infatti hanno ritoccato solo (al 10%) la quota dei canoni che resta in tasca alla Regione. E così, per rivalità tributarie fra istituzioni del medesimo Stato si è andati al disastro contabile: il bilancio 2007 prevedeva un introito di 215 milioni, ne incassò solo 85, per l'ira dell'Agenzia del Demanio che ha ipotizzato perfino "il possibile profilarsi di danni erariali" da addebitare alle regioni inadempienti. Solo in Versilia il mancato adeguamento ha fatto perdere alle casse pubbliche 14 milioni di euro in tre anni.

LA BATTAGLIA DEGLI INCAMERATI

Potrebbe finire in niente anche la battaglia più cruenta attualmente in corso sugli arenili: quella degli "incamerati". Le 25 mila concessioni demaniali marittime non sono tutte capannine e ombrelloni. Una piccola quota, circa 900, è fatta di veri e propri edifici, anche a più piani, in muratura o comunque "non facilmente rimovibili". Sono i grandi imprenditori della battigia, società complesse, con gestioni in subaffitto; tra questi ci sono i grandi complessi con muro di cinta e biglietto d'ingresso a dispetto della norma del libero accesso. Secondo la legge, anche se costruiti a spese del concessionario, quegli edifici sono "incamerati" dallo Stato, cioè resteranno proprietà pubblica.

In cambio, finora, i gestori pagavano canoni ridicoli. Ma qui una legge del 2006 ha calato la mannaia: per le "pertinenze", così si chiamano queste concessioni "pesanti" (tra cui anche cinema, discoteche, piscine, il celebre Delfinario di Rimini), i canoni sono schizzati a quote quasi di mercato. Un esempio, Rimini, ristorante Lo Squero, tempio del pesce: da 5 a 65 mila euro l'anno, più tre anni di arretrati: "se è così chiudiamo", minaccia il titolare Londei. Però per vent'anni avete pagato l'affitto con la mancia del primo cliente della serata. "Può essere, ma ora è troppo. E quello là davanti", indica l'arenile, "perché allora continua a pagare dieci o venti volte di meno? Solo perché ha le pareti di legno?".

"Forse era meglio accettare l'aumento del 300% nel 2003", si pente Gianni Invino, gestore della discoteca Bahamas, balzato da 6 a 140 mila euro annui. I "grandi concessionari" dunque non ci stanno, e invocano la spalmatura della stangata sui piccoli: rincarare meno e rincarare a tutti, è il grido di battaglia delle associazioni di categoria Sib e Fiba. Questo ovviamente fa arrabbiare i "piccoli", e il fronte del mare si rompe: "Devono pagare loro che fanno i veri profitti, non noi ‘bifolchi'", reagisce colorito Giorgio Mussoni, bagnino da quattro generazioni, fondatore di Oasi, il sindacato dei bagnini "come una volta": "Noi paghiamo anche il servizio di salvamento, 16 mila euro, e loro no; noi puliamo la spiaggia e loro no, offriamo gabinetti e docce gratis a chiunque e loro no, facciamo prezzi popolari e diamo il mare a tutti, alla fine ci resta poco in tasca, ma siamo noi a tener su la tradizione di ospitalità della Riviera".

Ma i "grandi" non ci sentono. Hanno tutti fatto ricorso. Sarà un braccio di ferro. Con la segreta speranza di tirare in lungo fino all'avvento del federalismo demaniale, quando dovranno negoziare non più con Tremonti ma con un assessore. E allora le cose potrebbero cambiare, perché a livello locale i "grandi bagnini" godono di una certa simpatia politica. Basta guardare cos'è successo a chi ha provato a tirar giù i reticolati e i muri che in gran parte del centro-sud impediscono il libero accesso alla battigia: in Puglia la legge dell'assessore Minervini, che aveva minacciato le ruspe, è per ora naufragata di fronte all'ostruzionismo del centro-destra; in Abruzzo la maggioranza Pdl ha appena autorizzato i bagnini a recintare gli stabilimenti, con una legge ribattezzata dalle minoranze "una porcata". Chi la dura, dunque, la vince ancora.

GLI AFFITTI DI CARTONE

Di fatto per le spiagge d'oro si continuano a pagare affitti di cartone, che quest'anno, sfiorando la beffa, sono stati addirittura ridotti del 3,4% da un "conguaglio Istat". Ci sono tuttora chioschi, sulle spiagge italiane, che pagano meno di un euro al giorno: il prezzo di un caffé. Sempre che lo paghino: in Sicilia la morosità accertata dalla Regione è del 25%. Del resto sul bagnasciuga c'è di tutto. Spiagge "libere" in realtà occupate dai lettini di noleggiatori abusivi, bagni interamente in nero (tre sequestrati a Barletta due mesi fa); spiagge gestite da istituti religiosi che si trasformano in stabilimenti commerciali, per non dire dell'evasione fiscale pura e semplice: sul litorale di Ostia la Guardia di finanza ha accertato redditi sottratti al fisco per 5 milioni di euro in tre anni, in aumento del 146% nel 2009; a Ravenna in maggio un singolo stabilimento ha dovuto restituire al fisco 650 mila euro.

Così la geografia delle coste d'Italia diventa un puzzle che non torna mai. Se i canoni di concessione sono identici per legge da Ventimiglia a Trieste, com'è possibile che, tabelle del Demanio alla mano, una concessione renda in media 13.600 euro se è in Veneto, e solo 2.012 se è nelle Marche? Differenze di dimensione? Ma allora perché un metro di arenile frutta allo Stato 116,2 euro l'anno se è in Romagna, e solo 10 in Puglia? Solo il recupero di questi scarti di redditività farebbe piovere sulle regioni meridionali una manna da 17 milioni di euro l'anno: che si preferisce invece lasciare in tasca ai privati. Denuncia con sconforto la Corte dei conti: "non è possibile stabilire quanto lo Stato incassa dalle concessioni", il demanio marittimo è una realtà fiscalmente "fuori controllo", prevale ormai "una sorta di asserita impotenza a modificare la situazione".

Migliorerà con la devolution? O un solo caos si dividerà in quindici piccoli caos (tante le regioni costiere)? Le Regioni più efficienti, potendo finalmente incassarle in proprio, forse ritoccheranno finalmente le concessioni al rialzo; quelle più clientelari forse erediteranno il "grigio tollerato" centralista. E l'Italia balneare sarà ancora più squilibrata. In questa situazione la spinta liberista dell'Ue, sacrosanta in teoria, potrebbe produrre tutto il contrario nella pratica. "Il mercato sta crollando", denuncia l'assessore Cinquini a Viareggio, "nessuno compra uno stabilimento non sapendo se nel 2015 lo gestirà ancora". Proprio nessuno? Forse qualcuno in grado di rischiare c'è. Grandi catene già attive nella ristorazione, ad esempio, possono scommettere sulla possibilità di vincere le future gare grazie alle proprie economie di scala, e intanto rastrellare concessioni a prezzi di saldo. Si profila lo spettro dei bagni-autogrill, della McSpiaggia? Possibile.

"Distruggeremmo la professionalità costruita in un secolo, la cultura dell'accoglienza che ha fatto la nostra fortuna", paventa l'assessore Gamberini di Rimini. Per altri lo spettro è più inquietante: chi ha soldi da investire anche in piena crisi? "Rischio infiltrazioni mafiose", il presidente Assobalneari Renato Papagni ha avvisato il governo. La richiesta: le future gare privilegino i concessionari uscenti che abbiano dimostrato professionalità e investimenti. Ragionevole: ma potrebbe anche essere la scusa per lasciare tutto come sta. Entro dicembre il governo deciderà come rispettare l'ordine di Bruxelles senza buttare a mare il meglio della tradizione balneare italiana. Col rischio, però, di salvare anche il peggio.

(10 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-08

Scioperano i mezzi pubblici

Da stasera fermi bus e metro

La protesta dei sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità che va avanti da due anni"

Scioperano i mezzi pubblici Da stasera fermi bus e metro

ROMA - Per viaggiatori e pendolari in tutta Italia si prepara un venerdì di passione: è stato confermato per il 9 luglio lo sciopero nazionale di 24 ore nel trasporto pubblico locale e ferroviario. Nel rispetto delle fasce di garanzia e dei servizi minimi i treni si fermeranno dalle 21 di giovedì 8 luglio alle 21 di venerdì 9, mentre per bus, metro e tram lo stop riguarderà l'intera giornata di venerdì secondo modalità locali.

Lo sciopero è stata proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità che va avanti da due anni". "Le ragioni - spiegano i sindacati - sono rafforzate dall'ennesima interruzione, causata da Asstra e Anav, del negoziato. Le due associazioni hanno preso impegni precisi con il ministero dei Trasporti, in un settore di servizio pubblico e di trasporto collettivo e in una fase economica e sociale particolarmente delicata per il Paese".

Bus e tram, lo stop città per città. A Roma i mezzi pubblici si fermeranno dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine servizio. Il Campidoglio ha fatto sapere le telecamere di controllo ai varchi Ztl saranno disattivate nella fascia diurna.

A Milano lo stop sarà dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio. Saranno isituite corse sostitutive

solo per il Malpensa Express. Per il ramo LeNord (Milano-Asso, Milano-Como, Milano-Novara, Milano-Varese-Laveno, Milano-Malpensa e Brescia-Iseo-Edolo) saranno rispettate le seguenti fasce di garanzia: dalle 6 alle 9 e dalle 16,30 alle 19,30. Per il solo Malpensa Express, durante gli orari dello sciopero, saranno istituite corse sostitutive da via Paleocapa, con partenza agli stessi orari del treno

A Napoli sciopero dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio. Metronapoli informa che si potrebbero verificare, in particolare, disservizi su Linea 1, Linea 6 e Funicolari

A Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio

A Firenze dalle 9,15 Alle 11,45 e dalle 15,45 al termine del servizio

A Venezia-mestre dalle 9 alle 16,30 e dalle 19,30 a fine servizio

A Genova dalle 9 alle 17 e dalle 20 a termine servizio

A Bologna dalle 8,30 alle 16,30 e dalle 19,30 a fine servizio

A Palermo dalle 8,30 alle 17,30

A Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 alla fine del servizio

In Trentino sciopererà il servizio urbano-extraurbano e la ferrovia Trento-Malè-Marilleva e saranno garantiti i servizi dalle 05,30 alle 08,30 e dalle 16 alle 19

Treni. Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di venerdì. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine della protesta. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), chiamando il call center 892021 e consultando punti informativi, biglietterie e uffici assistenza delle stazioni. Sarà comunque assicurato il collegamento fra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il "Leonardo Express" o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali, saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

(08 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi: "Fiducia? Atto di coraggio"

Il governo convoca le Regioni

L'incontro è previsto per domani alle 11. Bersani replica al premier: "Più che coraggio è paura. Non reggono tre anni ma può essere pericoloso". La discussione generale alla Camera slitta al 26 luglio. Via libera alla stangata da 235 milioni sulle assicurazioni

Berlusconi: "Fiducia? Atto di coraggio" Il governo convoca le Regioni Il presidente dell'Anci Chiamparino e della Conferenza delle Regioni Errani

ROMA - "Porre la fiducia è stato un atto di coraggio. Se il governo dovesse andare sotto andiamo a casa". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, parlando della manovra economica nel corso di un'intervista a Studio Aperto 1. "Non mi si parli di coraggio dopo 33 voti di fiducia", ha replicato il segretario del Pd Pierluigi Bersani a margine di un convegno a Roma, "questo significa avere paura non coraggio". In serata, parlando alla festa dell'Unità di Roma, il leader democratico ha rincarato: "Non reggeranno tre anni", ma si è detto preoccupato sulle future azioni del governo, nonostante la sua debolezza, che potrebbero essere "pericolose". Dopo aver ricordato le contrapposizioni interne alla maggioranza sulla vicenda Brancher e sulla legge sulle intercettazioni, Bersani ha detto: "Siamo ormai al secondo tempo del berlusconismo, ma potrebbe essere un periodo pericoloso. Abbiamo visto come agisce alza il telefono e promette una cosa a Confindustria, poi i terremotati aquilani neanche li riceve. Questa fase lega la questione sociale alla questione democratica, e qui entra in gioco il nostro ruolo".

La discussione generale sulla manovra economica alla Camera slitta intanto dal 23 luglio al 26 luglio. E' quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. A riferirlo è il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, al termine della riunione. L'esponente democratico ha inoltre ribadito le critiche alla decisione del governo di annunciare la fiducia al provvedimento: "L'annuncio da parte di Tremonti e Berlusconi quando la manovra non è ancora all'esame dell'aula del Senato è un fatto grave, irrituale e che non ha precedenti e svuota ancora di più il ruolo del Parlamento".

Sempre sul fronte della manovra, si riapre il confronto tra il governo e gli enti locali, con questi ultimi che contestano le misure che li obbligano a tagliare servizi essenziali. Dopo una serie di riunioni tenute nel mattino dai vari stati maggiori e una conferenza stampa congiunta in cui si annunciava la volontà delle autonomie locali a non partecipare alle conferenze Unificata e Stato-Regioni in mancanza di un faccia a faccia con il presidente del Consiglio, è arrivato nel pomeriggio da Palazzo Chigi, a firma del premier Berlusconi e del ministro dell'Economia Tremonti, l'annuncio che fissava l'incontro con le Regioni per domani, venerdì 9, alle 11.

L'annuncio del governo è stato ben accolto dai rappresentanti degli enti locali. Il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani l'ha definito come "il primo passo utile per avviare un confronto nel merito. Naturalmente l'incontro dovrà prevedere la presenza di tutti i protagonisti, quindi anche Comuni e Province", che per il momento non sono stati convocati.

A questo proposito, il presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani, si è mostrato fiducioso: "Tendo a credere che la convocazione delle sole Regioni all'incontro con il presidente del Consiglio sia il frutto di una svista e non un goffo tentativo di incrinare il fronte delle autonomie locali e regionali; tentativo che sarebbe inevitabilmente destinato a fallire. Noi comunque rimaniamo in attesa delle risposte alle proposte che abbiamo avanzato".

Mentre Errani ha già anticipato i temi della discussione che intende affrontare con il governo: "La mia speranza è che sia possibile fare una discussione nel merito sulla manovra, almeno per come è stata presentata dal governo. I tagli previsti non sono equilibrati. Noi siamo disposti a collaborare e siamo pronti a far fronte agli sprechi, che debbono essere ridotti. Spero che le Regioni e le Autonomie locali possano spiegarlo al Premier".

"L'incontro di domani è un risultato importante, almeno per quanto riguarda le Regioni con i piani di rientro che per noi sono un problema più grave di quanto sia la manovra", ha aggiunto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, a margine dell"East Forum' organizzato a Roma da Luiss e Unicredit.

Intanto un emendamento del relatore Antonio Azzolini (Pdl), approvato dalla commissione Bilancio del Senato, prevede che i magistrati ordinari, militari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato non subiranno il blocco degli stipendi previsto dalla manovra ma, in compenso, si vedranno tagliate del 15% le indennità speciali, previste per sostenere gli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività, nel 2011, 2012 e 2013. Considerando che il valore economico annuo pro capite della indennità speciale ammonta a circa 13.390 euro, la norma produrrà un taglio pro capite del 15% nel 2011 pari a 2.009 euro, del 25% nel 2012 pari a 3.348 euro e del 32% nel 2013 pari a 4.285 euro.

La commissione Bilancio del Senato ha inoltre approvato un altro emendamento del relatore Azzollini, che prevede l'aumento della tassazione Ires delle imprese assicurative stabilendo che "la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorre a formare il reddito dell'esercizio in misura pari al 90%". Le imprese saranno chiamate alla cassa già con l'acconto di novembre. In deroga allo statuto del contribuente entro il 30 novembre prossimo dovranno infatti versare il 50%.

La norma, spiega la relazione tecnica dell'emendamento, determina un aumento del gettito stimato in circa 234 milioni di euro su base annua, "determinato applicando alla variazione delle riserve tecniche obbligatorie del ramo vita la percentuale di indeducibilità prevista". Il primo appuntamento alla cassa frutterà allo Stato 88 milioni. La misura serve a finanziare il fondo da 160 milioni nel biennio 2011-2012 destinato al finanziamento del comparto sicurezza e alcune richieste fiscali delle imprese.

(08 luglio 2010)

 

 

 

"A rischio il processo Fininvest-Cir"

Il Pd scova una norma "anti-Mesiano"

Nell'emendamento che introduce la figura dell'ausiliario del giudice, un comma che di fatto sospende il procedimento per nove mesi. I democratici: "Alfano ministro ad personam". Salta la prova assunta dal cancelliere

"A rischio il processo Fininvest-Cir" Il Pd scova una norma "anti-Mesiano" Silvio Berlusconi

ROMA - Nell'emendamento presentato ieri dal governo alla Manovra che introduce la figura dell'ausiliario del giudice spunta una norma che potrebbe di fatto sospendere il processo Fininvest-Cir per nove mesi. La norma, destinata a far discutere, è contenuta nel comma 18 dell'emendamento 48.0.1000.

A confermare l'ipotesi è il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, che ribattezza la previsione del governo come "anti-Mesiano" dal nome del giudice "duramente attaccato dalle reti tv della famiglia Berlusconi per aver firmato la sentenza che obbliga la Fininvest a risarcire la Cir di 750 milioni per l'affare Mondadori".

Il comma 18 dell'emendamento del governo recita testualmente: "Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi alla Corte d'Appello, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione".

Secondo la Ferranti, "nelle pieghe dell'emendamento governativo c'è l'ennesima scandalosa norma ad personam che serve unicamente a salvare gli interessi della famiglia Berlusconi". La parlamentare democratica prosegue ironizzando sulle dichiarazioni d'intenti del Guardasigilli a proposito della velocità della giustizia: "Il ministro Alfano per fare un favore al premier tira il freno a mano e rallenta tutti i processi civili".

Ieri il gruppo democratico aveva individuato un'altra norma che poteva influire sul contenzioso, in quanto volta a ridurre i processi tributari pendenti. Secondo il Pd, in base all'emendamento, Mondadori potrebbe estinguere la pendenza pagando il 5% del dovuto. L'ipotesi era stata smentita dal sottosegretario all'Economia, Luigi Casero.

Nel frattempo le modifiche al testo originario continuano. Dopo i rilievi della commissione Giustizia del Senato il cancelliere non potrà assumere la prova, l'ausiliario potrà sostituire il giudice "solo se le parti ne facciano concorde richiesta" e sarà il giudice a fissare l'udienza per il giuramento dell'ausiliario. Gli ausiliari potranno essere magistrati onorari, anche se cessati dal servizio da non più di 5 anni, avvocati con anzianità di iscrizione all'albo di almeno 5 anni, notai, anche collocati a riposo, magistrati collocati a riposo, avvocati dello Stato collocati a riposo, docenti o ricercatori universitari, anche collocati a riposo.

(08 luglio 2010)

 

 

 

 

La manovra si abbatte sulle assicurazioni

Il presidente dell’Ania, l’associazione che raggruppa le imprese assicuratrici, Fabio Cerchiai, ha definito "un grave errore" l’emendamento alla manovra che prevede un aumento dell’Ires sulle compagnie di assicurazione. "E’ un provvedimento contro i risparmiatori e in questo momento non ce n’è affatto bisogno", ha aggiunto il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini. Per l’Ania, ha chiarito Cerchiai, la misura della manovra è un modo per "mettere le mani nelle tasche degli italiani". E la pensano così anche le associazioni dei consumatori che, solo per quanto riguarda l’emendamento della manovra, si schierano senza alcun dubbio a fianco dell’Ania: "Si tratta si un’ulteriore tassa a carico dei consumatori", si legge in una nota di Adiconsum.

Qui finisce l’accordo tra associazioni dei consumatori e Ania, tuttavia. L’Ania ha presentato stamane il rapporto annuale, dal quale emerge che il premio medio dell’assicurazione auto in Italia in 5 anni si è ridotto dell’11,8%. Un dato che contrasta con le rilevazioni Istat, che per il solo 2009 hanno individuato un aumento medio del 2,9%, e soprattutto con quelle delle associazioni dei consumatori, che denunciano aumenti ben maggiori. Secondo Federconsumatori e Adusbef, per esempio, "le tariffe, dal 1994 ad oggi, hanno registrato una crescita del 173%, e rispetto allo scorso anno del 18%".

Chi parla di aumenti, Istat compreso, secondo l’Ania, non tiene conto degli effetti dei bonus per gli assicurati che non causano sinistri, degli sconti alla clientela e del fatto che ogni anno un crescente numero di assicurati cambia compagnia alla ricerca del prezzo più conveniente. Naturalmente ogni assicurato sa che le tariffe non sono uguali per tutti, che gli automobilisti virtuosi sono avvantaggiati, però risulta difficile convincersi di un robusto calo delle tariffe negli ultimi anni. Gli automobilisti italiani hanno così poca fiducia negli eventuali ’sconti’ ottenibili cambiando compagnia, da usare con molta parsimonia Internet e i motori di ricerca che permettono di effettuare simulazioni e confronti. Un atteggiamento scettico che ha frenato e frena tuttora in Italia, a differenza di altri Paesi come la Gran Bretagna, il decollo delle compagnie che operano esclusivamente in Rete e per telefono.

Se ci sono dati e percentuali molto diversi sull’andamento delle tariffe negli ultimi anni, c’è invece una piena convergenza di vedute sul fatto che già da quest’anno le tariffe Rc auto cresceranno per varie ragioni, a cominciare dall’aumento dei costi dei risarcimenti, che ammontano in media a 4000 euro. Ed è ancora da stabilire quanto peserà in generale sugli assicurati l’aumento dell’Ires introdotto dalla manovra, nel caso in cui l’emendamento approvato oggi dovesse arrivare alla stesura finale così com’è.

Scritto giovedì, 8 luglio 2010 alle 20:39 nella categoria Senza categoria. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

 

2010-07-04

MANOVRA

Recupero crediti fiscali, allarme imprese

"Costretti a pagare prima delle sentenze"

Da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione. E' la proposta avanzata in Commissione Bilancio al Senato. "Ma la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni" protestano Confindustria e Rete Imprese

Recupero crediti fiscali, allarme imprese "Costretti a pagare prima delle sentenze" Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria

ROMA - Le misure contenute nella manovra finanziaria, relative alla riscossione e alla compensazione dei debiti e dei crediti fiscali verso l'amministrazione, preoccupano le imprese italiane. Così, Confindustria e Rete Imprese (che raggruppa Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani e Confesercenti) tornano ad ammonire: la proposta, avanzata in Commissione Bilancio al Senato, di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione "non risolve il problema", perché la durata media dei soli procedimenti di primo grado "supera i 700 giorni".

Se passasse questa norma, spiegano gli organismi, "il contribuente sarebbe costretto - pena il pignoramento - a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate. Ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese. Per rimediare al problema, occorre che la sospensiva duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado".

L'altra misura che desta allarme riguarda il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 Euro). "Il divieto di compensazione può essere imposto, ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo".

A riguardo, si fa notare che il titolo della rubrica recita: "Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi". Nel testo dell'articolo 31 si fa invece riferimento a debiti "iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori" e si omette la qualificazione "definitivo". "Stupisce e allarma il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti".

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

Service Tax per i comuni

Una torta da 26 miliardi

Il gettito della nuova tassa su case e immobili, tra Irpef, Ici e imposte catastali. Più benefici al Nord: Il 30% degli incassi finirebbe ai sindaci di Lombardia e Lazio, solo 5 miliardi al Sud

di LUCIO CILLIS

Service Tax per i comuni Una torta da 26 miliardi Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, con Giulio Tremonti

ROMA - La service tax, nuova tassa comunale sugli immobili che accorperà Ici, Irpef sulla casa, l'imposta ipotecaria, catastale e di registro porterà nelle casse di 8.100 Comuni italiani circa 26 miliardi all'anno, 16 al netto dell'Ici. I maggiori benefici, tra l'altro, andranno tutti a favore delle Regioni del Nord Italia. Questa è la stima fatta dalla Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti e soprattutto i benefici della tassa unica che sarà approvata dal governo nelle prossime settimane e che rientra nel pacchetto di misure previsto dalla legge sul federalismo fiscale.

L'obiettivo è quello di dare una maggiore autonomia ai Comuni che avranno a disposizione una nuova arma impositiva più agile e semplice di quelle oggi presenti nell'arcobaleno di balzelli sul mattone pagati dai cittadini. Le prime case, è bene chiarire, ne saranno escluse, mentre all'interno della service tax, prenderanno posto tutte le tasse sulla casa, dall'Irpef all'Ici sugli immobili, l'imposta ipotecaria, catastale e di registro.

Secondo la stima effettuata dalla Cgia, il gettito totale di questa nuova imposta sarà di circa 26 miliardi di euro ogni anno (precisamente 25,97 miliardi di euro). Se da questo importo si "stornano" i 10 miliardi circa di gettito Ici (su seconde case, come ad esempio gli immobili ad uso commerciale o artigianale), che confluiscono ogni dodici mesi nelle casse comunali, agli oltre 8.100 Comuni d'Italia finiranno quasi 16 miliardi. Soldi che, attualmente, i proprietari di immobili versano direttamente nelle casse dello Stato. Per contro, lo Stato ridurrà i trasferimenti ai Comuni per un importo equivalente ovvero, 16 miliardi di euro.

Secondo gli artigiani di Mestre i sindaci avranno alcuni vantaggi dall'introduzione di questa nuova imposta sulla casa: "Innanzitutto - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - i primi cittadini avranno una maggiore autonomia impositiva. Oggi i trasferimenti statali sono decisi a Roma e sono in costante calo. Con la nuova imposta spetterà ai Comuni variare verso il basso o verso l'alto l'ammontare delle aliquote e, quindi, il gettito fiscale. Inoltre - aggiunge - i sindaci avranno un incentivo in più per combattere efficacemente il sommerso e l'abusivismo che gravita attorno al settore edilizio: così facendo aumenteranno la base imponibile e, conseguentemente, il gettito derivante dall'applicazione di questa imposta".

Ma è ai Comuni del Nord che la service tax garantirà gli importi più rilevanti in termini di gettito pro capite. Soprattutto in quelle realtà dove i livelli di reddito e il valore economico degli immobili sono maggiori. Infatti, in termini di gettito, la nuova imposta garantirà alle casse dei Comuni valdostani mediamente 704,2 euro ogni residente. A quelli liguri 670,7 pro capite e a quelli emiliano-romagnoli 611,7 euro. Nel Lazio potrebbero arrivare oltre 2 miliardi di euro, pari 586,1 euro di gettito pro capite. Chiude la classifica la Calabria con 194,7 euro.

"Se è vero che in linea teorica per i Comuni è una partita di giro, vale a dire che per le loro casse non cambierà pressoché nulla - conclude Bortolussi - essere pagati direttamente dai cittadini anziché dallo Stato attraverso i trasferimenti, rimane il fatto che i Sindaci del Nord avranno una base imponibile maggiore, rispetto ai colleghi del Sud, su cui gestire l'autonomia impositiva".

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

Arbitrato, condoni e previdenza

Tutti i trucchi della strategia dei refusi

Se due indizi fanno una prova, due refusi finiscono per dare corpo a una strategia. Al ministro Saconi i diritti d'autore sul "refuso" entrato nel gergo della politica

di ROBERTO MANIA

Arbitrato, condoni e previdenza Tutti i trucchi della strategia dei refusi

ROMA - Un refuso tira l'altro. Prima quello sulle pensioni, poi quello sulle tredicesime di poliziotti, professori e magistrati. Così se due indizi fanno una prova, due refusi finiscono per dare corpo a una strategia: la strategia dei refusi, appunto. Coltivata dal governo, assecondata, nel segreto dell'emendamento, da alcuni parlamentari della maggioranza. A nobilitarla è stato - pare senza una vera strategia di marketing - il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Perché sono tutti suoi i diritti d'autore sul "refuso" entrato prepotentemente nel gergo della politica all'insegna del "pop".

È stato lui il primo a parlarne. Ma se nuovo è il termine, vecchio, e largamente sperimentato, è lo schema di gioco: il governo - vale per la giustizia come per quasi tutti i provvedimenti di politica economica - non scopre per intero le sue carte e affida ai parlamentari prescelti le proposte più hard (tutti i condoni fiscali ed edilizi sono passati così), poi aspetta di "vedere di nascosto l'effetto che fa", come canterebbe Enzo Jannacci. Quando si scatena la tempesta, l'esecutivo fa fare marcia indietro ai parlamentari, altrimenti va in gol. Su pensioni e tredicesime, per ora, gli è andata male. E motu proprio ha già fatto dietrofront sulla stretta alle invalidità e sul blocco degli scatti di anzianità nella scuola.

La strategia impone la figura del parlamentare del refuso. Per la manovra da 25 miliardi, è stato prescelto il presidente della Commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini (classe 1953), che è anche sindaco di Molfetta e che non è nuovo a interpretare il ruolo. Da anni è iscritto al "partito dei condonisti", avendoli fatti passare tutti dallo scranno di presidente della Commissione e giustificandoli tutti in vista della grande riforma del fisco che, però, è ancora da venire. "Scegliendo Azzollini hanno un po' esagerato - commenta il democratico Enrico Morando che dal '94 fa parte della Bilancio - perché è nello stesso tempo presidente della Commissione e relatore del provvedimento. Davvero c'è il rischio di far diventare il Parlamento un passacarte delle decisioni governative".

Ma, sia chiaro, Azzollini, berlusconiano doc e acerrimo nemico del conterraneo Raffaele Fitto, è solo, per quanto nient'affatto ingenuo, un portatore d'acqua, anche se i maligni osservano come la carica di presidente della commissione parlamentare abbia probabilmente favorito la crescita industriale della sua Molfetta. Gli emendamenti, anche quello sul blocco dei pensionamenti nonostante i 40 di contributi, sono stati pensati e scritti dai tecnici del governo, Ragioneria in testa.

C'è chi dice che per quello sulle pensioni abbia contribuito anche il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, fedelissimo del governo ma soprattutto, oltreché del sottosegretario Gianni Letta, del titolare del Lavoro Sacconi. Che, vista la buriana, l'ha sconfessato. Ma non era propriamente un refuso. Dice Pier Paolo Baretta, capogruppo del Pd alla Commissione Bilancio di Montecitorio: "La norma che a partire dal 2016 aggancia l'età del pensionamento alle aspettative di vita non prevede alcuna deroga. Quindi, dal 2016, i 40 anni di contributi non saranno più sufficienti per andare in pensione indipendentemente dall'età. I 40 anni sono già saltati. Altro che refuso!".

Anche sull'arbitrato sul lavoro, con l'aggiramento dell'articolo 18 sui licenziamenti, Sacconi ha affidato buona parte della strategia al senatore Maurizio Castro, con il quale ha da anni un rapporto strettissimo, tanto più che quella era una delega affidata al governo. Il riesame imposto dal Capo dello Stato ha fatto in parte modificare le norme.

I condoni sono il terreno prediletto per applicare la strategia del refuso. "Sono tutti passati così, da quelli nell'edilizia a quello fiscale tombale del 2003", ricorda Morando. E la mossa del condono - questa volta - l'aveva provata il quarantaseienne abruzzese Paolo Tancredi per tutti, ormai, "il senatore dei condoni". Ma forse, insieme ai colleghi Cosimo Latronico e Gilberto Picchetto Fratin, ha esagerato: un condono edilizio esteso alle aree protette sommato a un condono fiscale tombale. È stato travolto dalle critiche, provenienti anche da Palazzo Chigi. Alla fine, a proposito dell'emendamento, ha detto: "È stato un errore firmarlo. Ma ne abbiamo firmati a centinaia, assediati dalle associazioni di categoria e anche dai colleghi deputati".

Va da sé che per evitare tutti questi refusi non basterebbe nemmeno un correttore di bozze vecchio stile.

(04 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi, è il turno del Tg4

"Nessun taglio alle tredicesime"

All'indomani dell'intervento su Tg1, Tg2, Gr2 e Tg5, il presidente del Consiglio parla al telegiornale di Emilio Fede. Smentisce la notizia sulla riduzione delle tredicesime per magistrati, poliziotti e docenti. E attacca ancora sul ddl intercettazioni: "Gli italiani sono i più spiati al mondo". Poi, "la lobby giornalisti-toghe": "Vogliono detronizzarmi e demonizzarmi, ma non ci riusciranno"

Berlusconi, è il turno del Tg4 "Nessun taglio alle tredicesime" Silvio Berlusconi

ROMA - Era rimasto solo il Tg4. All'indomani dell'intervento andato in onda in contemporanea su Rai1, Rai2, Gr2 e Tg5, Silvio Berlusconi parla al telegiornale di Emilio Fede. La nuova intervista al premier permette al Tg5 delle 20 di rilanciarne subito i contenuti come primo titolo, e al Tg1 come terzo e primo di politica italiana. Ormai l'occupazione militare delle televisioni è in atto.

Il presidente del Consiglio interviene di nuovo per smentire la notizia dei tagli alle tredicesime 1 di magistrati, poliziotti e docenti ("non ci sarà alcuna riduzione"), provvedimento sul quale il governo aveva già annunciato una marcia indietro dopo le proteste della Lega (con il ministro dell'Interno Maroni che si era detto "amareggiato") e dei sindacati della pubblica sicurezza. Ma anche per parlare del ddl sulle intercettazioni ("Gli italiani sono i più spiati al mondo") e per attaccare per l'ennesima volta "la lobby giornalisti-toghe" responsabile, a suo giudizio, di un tentativo di "demonizzazione" e "detronizzazione" che però, assicura, non andrà a buon fine: "A me non mi detronizza nessuno - afferma - io vado avanti, per il bene dell'Italia".

ASCOLTA L'AUDIO DELL'INTERVENTO 2

Tredicesime, nessuna riduzione. Nella manovra economica "non ci sarà alcuna riduzione delle tredicesime". Berlusconi al Tg4 dice di voler "smentire le notizie" sui tagli previsti da un emendamento alla manovra che avrebbero riguardato alcune categorie di lavoratori, fra cui carabinieri e poliziotti, magistrati e docenti. Una notizia sulla quale il governo aveva già fatto marcia indietro dopo lo stop della Lega 3 ("Tremonti leverà quella norma", aveva detto in giornata il ministro della Difesa, Ignazio La Russa) e dopo la protesta montata in poche ore e trasversale, dai sindacati di pubblica sicurezza all'opposizione fino alla Rete. Le parole del premier arrivano dopo una bufera, e relativo dietrofront sulla norma. "Lunedì - aveva già assicurato il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero - il governo chiederà al relatore alla manovra, Antonio Azzollini, di cancellarla". Anche se, spiegano sia Casero sia Azzollini "si trattava solo di una norma di salvaguardia". Ovvero: o si congelano gli aumenti oppure l'altra possibilità era proprio quella di intervenire sulle tredicesime. Ma il clamore è così forte da far propendere per la cancellazione, confermata da Berlusconi.

La legge bavaglio, la lobby giornalisti-toghe. Sulla legge bavaglio il premier insiste, "siamo tutti spiati, non è tollerabile" dice, ribadendo quanto già affermato poche settimane fa citando numeri, sulle intercettazioni nel nostro Paese, poi smentiti dallo stesso ministero della Giustizia. Ripete che ad opporsi a una regolamentazione delle intercettazioni è "solo la lobby di giudici e giornalisti". E spiega la sua interpretazione del ddl: questa legge "è una difesa del diritto dei cittadini a non essere spiati e a non vedersi pubblicare sui giornali le conversazioni private, anche quelle che non hanno aluna rilevanza penale. Difende la privacy, impedisce la violazione del segreto istruttorio e impedisce di trasformare gli articoli di giornale in sentenze di colpevolezza anticipate come purtroppo è accaduto finora".

"Sciopero contro la stampa, doverosa provocazione". Nuovo attacco alla stampa, dopo la polemica agitata pochi giorni fa contro i giornali che "disinformano". "Quando ho detto che ci vorrebbe uno sciopero contro i giornali era una provocazione doverosa". La polemica è contro le cronache di alcuni quotidiani sulla sua missione internazionale in Canada e poi in Brasile: lo sciopero, continua, sarebbe a suo parere un segnale contro il modo in cui "i giornali distorcono la realtà", perché la stampa ha il compito "di informare correttamente e di controllare il potere" ma, aggiunge, "troppo spesso siamo di fronte a un'informazione schierata e a senso unico che non esita a disinformare e che sostiene che in italia non c'è libertà di stampa, cosa che non è assolutamente vera".

"La sinistra? Sa solo insultare". Il premier definisce "un'anomali tutta italiana" l'"ostilità preconcetta dell'opposizione". E osserva che "soprattutto nei momenti di crisi ci sarebbe bisogno di un confronto politico serrato ma sereno, nell'interesse del Paese. Invece ci troviamo di fronte a una raffica sistematica di no su tutto, senza che ci venga fatta una sola proposta alternativa". E ricorda che "questa legislatura era nata sotto il segno del rinnovamento della politica e l'allora segretario del Pd aveva assicurato di voler fare un'opposizione costrutiva e la disponibilità a fare insieme le riforme istituzionali". Poi, continua, "abbiamo visto come è andata a finire, il Pd ha cambiato tre segretari, si è indebolito seguendo l'ala più giustizialista e illiberale del centrosinistra. Quindi noi dobbiamo andare avanti da soli, a me non riesce a demoralizzarmi nessuno, andiamo avanti continuando a realizzare tanti ottimi risultati per il bene dell'Italia e degli italiani".

(03 luglio 2010)

 

 

 

 

Polizia, lo stop della Lega: ""No ai tagli"

La Russa: "Pronti a levare quella norma"

Bricolo: "Nessuno può pensare di mettere le mani sui loro stipendi". Protestano i sindacati. Maroni: "Nessun conseguenza sulla sicurezza, amareggiato dai sindacati delle forze di polizia e dai prefetti"

Polizia, lo stop della Lega: ""No ai tagli" La Russa: "Pronti a levare quella norma" Protesta dei sindacati di polizia davanti a Montecitorio

ROMA - "Non siamo disposti a tagliare la tredicesima alle forze di polizia, ai carabinieri e ai vigili del fuoco. Stiano tranquilli poliziotti e carabinieri: la Lega Nord si è già attivata affinché non siano penalizzati. Svolgono una funzione fondamentale per la sicurezza del Paese e nessuno può pensare di mettere le mani sui loro stipendi". Federico Bricolo, presidente della Lega Nord al Senato, mette in chiaro la contrarietà del Carroccio all'emendamento del relatore al decreto fiscale che prevede il taglio delle tredicesime per le forze di polizia. 1 E lo fa mentre la protesta per i tagli cresce e diventa trasversale. Al punto che il governo cerca di correre ai ripari: "Tremonti leverà quella norma - assicura il ministro della Difesa Ignazio La Russa - e mi ha preannunciato che con ogni probabilità eliminerà anche la semplice possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito di promozioni". Una linea concordata con il ministro dell'Interno Roberto Maroni che affida il suo pensiero al portavoce: "I tagli non incideranno sulla sicurezza e parte di questi saranno compensati dalle risorse che ogni giorno vengono sottratte alla criminalità organizzata". Il ministro si dice, inoltre, "sorpreso e amareggiato" dall'attacco mosso dai sindacati delle forze di polizia e dei prefetti che hanno chiesto un intervento dal capo dello Stato e del premier contro i tagli. "Chi al Viminale ha seguito l'iter della manovra sa bene come iaroni si sia impegnato, senza fare dichiarazioni pubbliche, incontrando Tremonti e ottenendo anche alcuni risultati".

E si muove anche il presidente del Senato Renato Schifani che ha chiamato il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzollini, per invitarlo "a riflettere attentamente sull'opportunità di ritirare al più presto l'emendamento". Immediata la replica: "Quando e se il governo lo chiederà

lo ritireremo. Era un'opzione. Se non ci sarà, non ci sarà".

Le opposizioni. Per il leader del Pd, Pierluigi Bersani, "ormai stanno impazzendo. E questo perché se un governo conservatore in Inghilterra attacca la rendita finanziaria, qui in Italia invece si attaccano le tredicesime di poliziotti e insegnanti. Tutto questo vuol dire che si è davvero persa la testa". L'Idv attacca, per bocca di Antonio Borghesi: "Se questa norma non viene eliminata, il governo completerà il massacro del settore che si trova già in gravissime difficoltà a causa della legge Brunetta del 2008".

Sindacati di polizia. Tornano a farsi sentire i sindacati di polizia. 2 "La manovra resta iniqua ed i correttivi proposti dalla maggioranza in Commissione sul taglio delle tredicesime ci indignano - affermano Giuseppe Tiani, segretario del Siap, ed Enzo Letizia, segretario dell'Anfp. "Si colpiscono umiliando i figli e le moglie dei poliziotti durante le festività natalizie che sono il simbolo dell'unità familiare - sostengono le due organizzazioni sindacali - Si è così ottusi, pure, da non capire che i commercianti aspettano il Natale per prendere una boccata d'ossigeno che lenisca un po' il lungo periodo di crisi".

Proteste in Rete. La rabbia rimbalza anche in Rete. Centinaia sono i messagi che si trovano sui vari social network. Dice un agente: "I tagli ci volevano proprio visto che non sapevo più dove mettere i soldi che mi danno!!!". Un pompiere attacca: "E' confortante sapere che almeno in questo il governo ha avuto un pensiero per chi lavora a garantire la pubblica incolumità...". E persino sul Fan Club di Berlusconi si leggono messaggi di questo tenore: "Tagliare le tredicesime ai poliziotti mi sembra pura follia. Se Silvio non mette a tacere i cretini che avanzano simili proposte, penso che questo governo duri poco". Gli fa eco un altro simpatizzante: "Ma lo sa il senatore Azzolini che lo stipendio di un poliziotto è di 1.500,00 euro e che molte famiglie aspettano la tredicesima per ripianare i debiti contratti (prestiti) per sopravvivere durante l'anno? Fate uno scatto d'orgoglio e rinunciate voi politici e manager pubblici alla tredicesima. Sono profondamente deluso".

Magistrati. Si fanno sentire pure i magistrati, altra categoria colpita dagli interventi sulle tredicesime. "Siamo in attesa di chiariementi da parte del governo - dice il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini - La misura non è quantificabile, perché il taglio della tredicesima può essere o del 10% o di tutta, e la differenza è abissale".

La Russa. Dopo le proteste arriva la dichiarazione di La Russa: "Questa ipotesi non è neanche stata presa in seria considerazione né da me né dal ministro Maroni con cui mi sono sentito questa mattina. L'abbiamo notificato pubblicamente e io ho appena finito di parlare con Tremonti che ne ha preso atto. In parole povere, sia da me che da Maroni è stato specificato che anche ove la norma che dà la facoltà di optare per il taglio delle tredicesime venisse inserita, noi fin da ora dichiariamo che non intendiamo avvalercene in nessun caso. In sintesi non vi è nessuna ipotesi che prevede la possibilità di un taglio delle tredicesime per il personale del comparto sicurezza". "Rimane aperta - conclude il titolare della Difesa - la richiesta di considerare la particolarità del comparto sicurezza per quanto riguarda l'aumento degli stipendi a seguito delle promozioni".

(03 luglio 2010)

 

 

 

 

Manovra, per polizia e magistrati

ipotesi riduzione delle tredicesime

L'emendamento in Commissione Bilancio al Senato. Casini: "Ipotesi sconcertante". Ma il blocco nella P.A. potrà essere flessibile. Sparisce intanto l'innalzamento dei 40 anni di contributi, corretto il "refuso"

Manovra, per polizia e magistrati ipotesi riduzione delle tredicesime

ROMA - Per le forze di polizia, i vigili del fuoco, i magistrati, i professori universitari e i diplomatici potrebbe arrivare una riduzione delle tredicesime. E allo stesso tempo sarà data la possiblità di 'esentare' alcune voci delle retribuzioni dal blocco previsto per i dipendenti del pubblico impiego. Lo prevede uno dei tre nuovi emendamenti del relatore, Antonio Azzollini, depositato in commissione Bilancio al Senato. Oltre a magistrati e polizia la riduzione, che dovrà essere decisa attraverso un Dpcm, su iniziativa dei ministri competenti di concerto con il Mef, potrebbe riguardare anche avvocati e procuratori dello Stato e il personale di carriera diplomatica (che compare interamente nella legge 165 del 2001). Mentre per i magistrati potrà essere emanato un decreto su delibera degli organi di autogoverno.

Secondo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si tratta di un'ipotesi sconcertante. "Spero solo che l'emendamento che prevede il taglio delle tredicesime per le Forze dell'Ordine, assieme a quelle di molte altre categorie, sia solo un nuovo clamoroso refuso di questa maggioranza sulla manovra - ha detto - Sarebbe gravissimo colpire il simbolo della legalità e della sicurezza nel nostro Paese, già vessato da una situazione in cui è contingentata persino la benzina per le auto di pattuglia. Chi è incaricato di garantire la sicurezza dei cittadini ha già subito troppe umiliazioni negli ultimi anni. Ma se questa fosse davvero la volontà del governo, contrasteremo con ogni mezzo in Parlamento questa sconcertante iniziativa".

Lo stesso decreto prevede che alcune voci vengano escluse dal blocco triennale per i dipendenti del pubblico impiego, tra cui: le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, il conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Inoltre si stabilisce che a partire dal primo gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 "l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale" non potrà superare "il corrispondente importo dell'anno 2010" che dovrà essere ridotto in misura "proporzionale alla riduzione del personale in servizio".

"Conseguentemente" l'emendamento prevede, al fine di assicurare i risparmi di spesa previsti dalla manovra, la possiblità di intervenire sulla tredicesima mensilità: "La tredicesime spettante al predetto personale può essere ridotta con decreti di natura non regolamentare" del presidente del Consiglio e degli organi di autogoverno. Possono inoltre essere emanati "distinti decreti" per: il personale dirigente e non delle forze armate, dei vigili del fuoco, il personale di magistratura, i professori e ricercato universitari, per il personale di carriera prefettizia, per il personale diplomatico e il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Intanto si registra un colpo d'acceleratore sull'agganciamento dei requisiti di pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita. Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non tre anni dopo, come previsto originariamente.

Sempre sul fronte pensionistico, come annunciato ieri dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi, nella nuova versione dell'emendamento in cui non c'è nessun riferimento all'innalzamento dei 40 anni di contributi come sufficienti per andare in pensione. Era stato il titolare del Lavoro a parlare di "refuso da correggere" 1, dopo che la novità introdotta nel testo del relatore Antonio Azzolini aveva scatenato critiche feroci da parte di sindacati e opposizioni. Quindi, chi matura 40 anni contributivi può andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza ulteriori attese.

"Non c'è problema, è tutto risolto - ha detto questa mattina Sacconi a margine dell'assemblea di Coldiretti - parliamo solo della norma relativa ai 40 anni di contributi, solo di questo segmento piccolo, purtroppo. È già risolto. E' stato risolto e il testo è stato pulito". A chi gli chiedeva come fosse stato possibile un refuso di questo tipo, il ministro ha ripetuto: "Mi spiace, è tutto risolto. Basta, la negatività è stata risolta. Risolto, risolto, non c'è più".

Per Piero Fassina, responsabile Economia e lavoro del Pd, "non c'è stato nessun refuso. L'emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell'Economia. La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all'approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori". Ancora più duro l'ex ministro Cesare Damiano: "L'armata brancher-leone ha colpito ancora: un altro scivolone del governo, questa volta sulle pensioni di anzianità. Deve intervenire il ministro Maurizio Sacconi che declassa un grave incidente a semplice refuso. L'importante è che il governo faccia marcia indietro sul tentativo di allungare la permanenza al lavoro per coloro che hanno maturato i 40 anni di contributi. Nessuna delle riforme precedenti, Maroni e Damiano, aveva toccato questo diritto pensionistico. Il Partito democratico si batterà anche per impedire che questi lavoratori siano coinvolti nelle nuove finestre mobili".

"Mai una volta che si sbaglino a vantaggio dei cittadini - commenta il capogruppo dell'Idv in commissione Finanze al Senato, Elio Lannutti - il governo ogni tanto prova a far passare qualche porcheria nelle more di un emendamento, poi vede la reazione sdegnata e fa finta che sia stato un errore". Sacconi, fa notare il senatore, "poco prima aveva detto che quella controriforma non avrebbe interessato una grande platea di cittadini, poi ha fatto marcia indietro parlando di refuso".

(02 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-02

Tremonti contro le Regioni del Sud

Duello con Errani. Il Pd: "Basta insulti"

Il ministro dell'Economia all'assemblea nazionale di Coldiretti. "Cialtroneria di chi prende solo soldi e poi non li spende. La gestione dei fondi Ue delle regioni del Sud è scandalosa". Il presidente della Conferenza delle Regioni al contrattacco. Pd: "Spesa è in linea, il ministro vuole coprire i tagli"

Tremonti contro le Regioni del Sud Duello con Errani. Il Pd: "Basta insulti" Giulio Tremonti

ROMA - "Per colpa della cialtroneria di chi prende soldi e non li spende", al Sud sono stati spesi solo 3,6 miliardi di risorse comunitarie a fronte di una cifra pari a 44 miliardi per il periodo 2007-2013. Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che nel suo intervento all'assemblea nazionale di Coldiretti ha aggiunto: "Nei prossimi anni i soldi per il Mezzogiorno saranno di più e non di meno, quindi non si può continuare con questa gente che sa protestare e non sa dare servizi per i cittadini".

Le regioni del Sud hanno posto in essere "uno scandaloso percorso" nella gestione dei fondi comunitari, ha sottolineato Tremonti nel corso dell'assemblea di Coldiretti. "Dei fondi comunitari sul programma 2007-2013 questi signori ne hanno spesi solo 3,6 miliardi mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano - ha evidenziato il ministro - Questa cosa è di una gravità inaccettabile". Secondo il ministro "la colpa non è dell'Ue né dei governi nazionali di destra o sinistra. La colpa è della cialtroneria di chi prende i soldi e non li usa".

Errani contrattacca. "Bisogna guardare le Regioni che non spendono bene", replica il presidente della Conferenza delle Regioni Secondo Errani si deve avere oggi più che mai "senso e rispetto delle istituzioni anche se non vanno di moda. Diversamente non c'è futuro".

Poi lo stesso Errani aggiunge: "Stiamo attendendo che la presidenza del Consiglio ci dica quando ci incontrerà, noi confidiamo molto in questo incontro. E visto che abbiamo una posizione cosi' responsabile e ragionevole auspichiamo che il presidente del Consiglio sappia valorizzare e quindi coerentemente, trovare le condizioni per cambiare la manovra cosi' come ci e' stata presentata".

"Occorre a tutti i livelli - conclude il presidente - più rispetto. E' in atto una iniziativa per delegittimare le Regioni e gli Enti locali", ha aggiunto, spiegando che si riferisce in particolare alla "relazione del ministero dell'Economia sul federalismo fiscale, nella quale sono espressi giudizi ingiusti e ingenerosi".

Il Pd: "Tremonti fa il furbo". "Il ministro continua a fare il furbetto e a giocare con i numeri per tentare di coprire i pesanti colpi inferti dal governo Berlusconi-Bossi al Mezzogiorno". Così Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro della segreteria PD, secondo il quale "la spesa dei fondi strutturali nei primi due anni del ciclo 2007-2013 è sostanzialmente in linea con le previsioni, come documentato dal dipartimento Politiche di sviluppo".

"Infatti - continua Fassina - i 44 miliardi di fondi strutturali destinati al Mezzogiorno riguardano 7 anni e il profilo di spesa previsto è crescente nel tempo in funzione della realizzazione dei progetti. Ovviamente, le amministrazioni regionali hanno notevoli problemi gestionali da affrontare, ma le parole di Tremonti - osserva - tentano di giustificare il taglio del FAS, già attuato, per 20 miliardi di euro e tentano anche di preparare il terreno per i tagli in arrivo attraverso i decreti sul federalismo fiscale. In ogni caso, il ministro è pagato per risolvere i problemi, non per insultare e l'accelerazione dei programmi di investimento non si fa con i tagli".

(02 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Manovra, per polizia e magistrati

ipotesi riduzione delle tredicesime

L'emendamento in Commissione Bilancio al Senato. Ma il blocco nella P.A. potrà essere flessibile. Sparisce intanto l'innalzamento dei 40 anni di contributi, corretto il "refuso"

Manovra, per polizia e magistrati ipotesi riduzione delle tredicesime

ROMA - Per le forze di polizia, i vigili del fuoco, i magistrati, i professori universitari e i diplomatici potrebbe arrivare una riduzione delle tredicesime. E allo stesso tempo sarà data la possiblità di 'esentare' alcune voci delle retribuzioni dal blocco previsto per i dipendenti del pubblico impiego. Lo prevede uno dei tre nuovi emendamenti del relatore, Antonio Azzollini, depositato in commissione Bilancio al Senato. Oltre a magistrati e polizia la riduzione, che dovrà essere decisa attraverso un Dpcm, su iniziativa dei ministri competenti di concerto con il Mef, potrebbe riguardare anche avvocati e procuratori dello Stato e il personale di carriera diplomatica (che compare interamente nella legge 165 del 2001). Mentre per i magistrati potrà essere emanato un decreto su delibera degli organi di autogoverno.

Lo stesso decreto prevede che alcune voci vengano escluse dal blocco triennale per i dipendenti del pubblico impiego, tra cui: le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, il conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Inoltre si stabilisce che a partire dal primo gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 "l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale" non potrà superare "il corrispondente importo dell'anno 2010" che dovrà essere ridotto in misura "proporzionale alla riduzione del personale in servizio".

"Conseguentemente" l'emendamento prevede, al fine di assicurare i risparmi di spesa previsti dalla manovra, la possiblità di intervenire sulla tredicesima mensilità: "La tredicesime spettante al predetto personale può essere ridotta con decreti di natura non regolamentare" del presidente del Consiglio e degli organi di autogoverno. Possono inoltre essere emanati "distinti decreti" per: il personale dirigente e non delle forze armate, dei vigili del fuoco, il personale di magistratura, i professori e ricercato universitari, per il personale di carriera prefettizia, per il personale diplomatico e il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Intanto si registra un colpo d'acceleratore sull'agganciamento dei requisiti di pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita. Una nuova versione dell'emendamento del relatore alla manovra prevede infatti che la riforma (secondo cui l'aggiornamento dei requisiti alla speranza di vita deve esserci ogni tre anni) parta il primo gennaio del 2015. La novità della proposta di modifica è che il secondo adeguamento scatterà già dal primo gennaio 2016, e non tre anni dopo, come previsto originariamente.

Sempre sul fronte pensionistico, come annunciato ieri dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi, nella nuova versione dell'emendamento in cui non c'è nessun riferimento all'innalzamento dei 40 anni di contributi come sufficienti per andare in pensione. Era stato il titolare del Lavoro a parlare di "refuso da correggere" 1, dopo che la novità introdotta nel testo del relatore Antonio Azzolini aveva scatenato critiche feroci da parte di sindacati e opposizioni. Quindi, chi matura 40 anni contributivi può andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza ulteriori attese.

"Non c'è problema, è tutto risolto - ha detto questa mattina Sacconi a margine dell'assemblea di Coldiretti - parliamo solo della norma relativa ai 40 anni di contributi, solo di questo segmento piccolo, purtroppo. È già risolto. E' stato risolto e il testo è stato pulito". A chi gli chiedeva come fosse stato possibile un refuso di questo tipo, il ministro ha ripetuto: "Mi spiace, è tutto risolto. Basta, la negatività è stata risolta. Risolto, risolto, non c'è più".

Per Piero Fassina, responsabile Economia e lavoro del Pd, "non c'è stato nessun refuso. L'emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell'Economia. La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all'approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori". Ancora più duro l'ex ministro Cesare Damiano: "L'armata brancher-leone ha colpito ancora: un altro scivolone del governo, questa volta sulle pensioni di anzianità. Deve intervenire il ministro Maurizio Sacconi che declassa un grave incidente a semplice refuso. L'importante è che il governo faccia marcia indietro sul tentativo di allungare la permanenza al lavoro per coloro che hanno maturato i 40 anni di contributi. Nessuna delle riforme precedenti, Maroni e Damiano, aveva toccato questo diritto pensionistico. Il Partito democratico si batterà anche per impedire che questi lavoratori siano coinvolti nelle nuove finestre mobili".

"Mai una volta che si sbaglino a vantaggio dei cittadini - commenta il capogruppo dell'Idv in commissione Finanze al Senato, Elio Lannutti - il governo ogni tanto prova a far passare qualche porcheria nelle more di un emendamento, poi vede la reazione sdegnata e fa finta che sia stato un errore". Sacconi, fa notare il senatore, "poco prima aveva detto che quella controriforma non avrebbe interessato una grande platea di cittadini, poi ha fatto marcia indietro parlando di refuso".

(02 luglio 2010)

 

 

PENSIONI

"Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi"

Poi il dietrofront: "E' stato un refuso"

La modifica, in un emendamento alla manovra presentato dal relatore Azzollini. I sindacati attaccano. Sacconi prima dice che il "governo valuterà", poi annuncia che la misura sarà "cancellata".

"Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi" Poi il dietrofront: "E' stato un refuso"

ROMA - Dal 2016 non basteranno più 40 anni di contributi per andare in pensione. Lo prevede, o forse sarebbe meglio dire prevedeva, un emendamento alla manovra presentato dal relatore Antonio Azzolini. Di fronte alle immediate proteste dei sindacati, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi", ha prima frenato dicendo che il governo avrebbe valutato l'emendamento, poi ne ha decretato la scomparsa. " "E' stato un refuso, lo cancelleremo. Non era intenzione né mia, né di Azzollini, né di Tremonti", ha detto.

L'emendamento. Il testo di Azzolini accoglie anche l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego. Ma la vera novità è l'insufficienza dei 40 di contributi per andare in pensione, conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'istat. Adeguamento che, stando all'emendamento, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma anche il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età. Misure che si 'sommano' agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta 'finestra mobile' prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che ''a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento''.

L'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. In pratica, a partire dal 2016, anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aumento delle aspettative di vita calcolato dall'Istat comporterà al 2050 un aumento di circa 3,5 anni nella media del periodo lavorativo. Il numero di soggetti che maturano i requisiti nel periodo 2016-2020 saranno circa 400.000 in media. L'operazione, secondo la relazione tecnica, comporterà, nel periodo 2016-2020, 7,838 miliardi di risparmi: 60 milioni nel 2016, 800 milioni nel 2017, 1,725 miliardi nel 2018, 1,920 nel 2019 e 3,333 nel 2020.

La relazione tecnica spiega, inoltre, che la norma comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil di circa 0,1-0,2 punti percentuali attorno al 2020 crescente fino a 0,5 punti percentuali al 2030, per poi decrescere a 0,4 punti al 2040 e a 0,2 punti percentuali al 2045, attestandosi a questo livello anche alla fine del periodo di previsione dopo una fase di effetto sostanzialmente nullo.

Lamonica (Cgil): "Dopo i 40 anni nessun beneficio". Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil esprime un giudizio ''molto negativo'' sull'emendamento, in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. ''L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Per di più dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo, cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla''.

Bonanni (Cisl): "Stop a nuove penalizzazioni". "Con la manovra correttiva, ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la 'finestra scorrevole' di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, contesta l'emendamento del relatore Azzolini al provvedimento correttivo di finanza pubblica. "L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che, quindi, hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica".

Proietti (Uil): "Emendamento incomprensibile". Per la Uil parla il segretario confederale Domenico Proietti. "Non comprendiamo l'emendamento del relatore Azzollini relativo al legame dell'aspettativa di vita anche all'età contributiva necessaria al pensionamento - dichiara Proietti in una nota -. Un ulteriore aumento dell'età di pensione che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

(01 luglio 2010)

 

2010-07-01

PENSIONI

Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi

Sindacati insorgono, governo frena

La modifica presentata dal relatore Azzollini prevede un aggiornamento a cadenza triennale con decreto del ministero del Lavoro in base alla variazione della speranza di vita

Dal 2016 non bastano 40 anni di contributi Sindacati insorgono, governo frena

ROMA - "Il governo valuterà l'emendamento". Le parole del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, stridono come una frenata rispetto all'emendamento alla manovra, presentato dal relatore Antonio Azzollina del Pdl, con cui dal 2016 si vorrebbero cancellare i 40 anni di contributi quale requisito sufficiente per andare in pensione. Ma le parole del ministro fanno seguito anche alla durissima presa di posizione dei sindacati, decisi a evitare "nuove penalizzazioni", usando le parole di Raffaele Bonanni, a lavoratori già colpiti dalla manovra correttiva.

L'emendamento del relatore Azzollina accoglie anche l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del pubblico impiego. Ma la vera novità è l'insufficienza dei 40 di contributi per andare in pensione, conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'istat. Adeguamento che, stando all'emendamento, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma anche il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età. Misure che si 'sommano' agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta 'finestra mobile' prevista dalla manovra.

In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che ''a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento''.

L'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. In pratica, a partire dal 2016, anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.

L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aumento delle aspettative di vita calcolato dall'Istat comporterà al 2050 un aumento di circa 3,5 anni nella media del periodo lavorativo. Il numero di soggetti che maturano i requisiti nel periodo 2016-2020 saranno circa 400.000 in media. L'operazione, secondo la relazione tecnica, comporterà, nel periodo 2016-2020, 7,838 miliardi di risparmi: 60 milioni nel 2016, 800 milioni nel 2017, 1,725 miliardi nel 2018, 1,920 nel 2019 e 3,333 nel 2020.

La relazione tecnica spiega, inoltre, che la norma comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil di circa 0,1-0,2 punti percentuali attorno al 2020 crescente fino a 0,5 punti percentuali al 2030, per poi decrescere a 0,4 punti al 2040 e a 0,2 punti percentuali al 2045, attestandosi a questo livello anche alla fine del periodo di previsione dopo una fase di effetto sostanzialmente nullo.

Le polemiche

Sacconi: "Il governo valuterà l'emendamento". I sindacati insorgono e il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, lascia intendere che i giochi non sono ancora fatti: il governo farà le sue valutazioni. "Sullo specifico segmento relativo ai lavoratori che accumulano 40 anni di contributi ci sarà una riflessione - dice Sacconi a skytg24 -. Lo valuteremo nelle prossime ore. Valutiamo in particolare questa situazione, però non è né socialmente né economicamente rilevante. Nel 2016 non saranno moltissimi coloro che potranno vantare 40 anni di contributi".

Lamonica (Cgil): "Dopo i 40 anni nessun beneficio". Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil esprime un giudizio ''molto negativo'' sull'emendamento, in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. ''L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Per di più dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo, cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla''.

Bonanni (Cisl): "Stop a nuove penalizzazioni". "Con la manovra correttiva, ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la 'finestra scorrevole' di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, contesta l'emendamento del relatore Azzolini al provvedimento correttivo di finanza pubblica. "L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che, quindi, hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica".

Proietti (Uil): "Emendamento incomprensibile". Per la Uil parla il segretario confederale Domenico Proietti. "Non comprendiamo l'emendamento del relatore Azzollini relativo al legame dell'aspettativa di vita anche all'età contributiva necessaria al pensionamento - dichiara Proietti in una nota -. Un ulteriore aumento dell'età di pensione che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

 

 

(01 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Pedaggi, via alla stangata sui pendolari

anche 120 euro al mese tra casa e lavoro

Così 1.270 chilometri di strade diventano a pagamento. L'Anas compenserà il taglio dei fondi statali colpendo chi vive fuori dalle grandi città

di VALENTINA CONTE

Pedaggi, via alla stangata sui pendolari anche 120 euro al mese tra casa e lavoro

ROMA - Non sarà una stangata, ma per molti è già il "balzello di Tremonti". Iniquo, intollerabile e in un periodo di crisi. Il doppio rincaro delle tariffe, in vigore da oggi sulle autostrade italiane, ha fatto arrabbiare proprio tutti: sindaci, commercianti, cittadini. E tra ricorsi al Tar e barricate ai caselli, a pagare di più alla fine saranno i pendolari. Chi vive, cioè, alle porte delle grandi città e, ogni giorno, su tangenziali, raccordi, anelli è costretto alla transumanza per lavoro o studio. Andata e ritorno, cinque giorni a settimana, costeranno anche 120 euro al mese.

L'aumento è dunque doppio: quello generale (fino al 5%) che colpisce tutte le tratte (un millesimo al Km per le auto, 3 per i camion) e quello nuovo che renderà a pagamento 1.270 chilometri di strade fino a ieri gratuite.

Entrambi a vantaggio dell'Anas (83 milioni l'incasso 2010): il primo per i maggiori canoni chiesti alle concessionarie private, il secondo "a riduzione del contributo statale", cioè minori trasferimenti. "Noi non ci guadagniamo un euro", fanno sapere da Anas che con il suo presidente Pietro Ciucci assicura: "Non è una stangata", visto che il viaggio Roma-Milano in fondo "costerà solo 50 centesimi in più". In realtà, dai calcoli di Autostrade per l'Italia, sono 1,80 euro in più per le auto, balzello compreso, e 4,40 in più per i camion.

Ma come funzionano i nuovi pedaggi? Le tariffe forfettarie intanto sono di 1,20 euro per le auto e 2,40 per i camion (1 e 2 euro più Iva). Un po' più basse per le piccole tratte, perché non possono per legge superare il 25% di quanto dovuto in totale: se il ticket è di un euro il rincaro lo porterà a 1,25. I balzelli si pagheranno nei 26 caselli indicati dal decreto, in entrata ed uscita. Ad esempio, chi arriva a Roma da A1 (nord o sud), A12, A24 paga una quota in più, quella del Raccordo anulare, ai 9 caselli di accesso alla città, sommando il balzello al normale ticket. Chi parte da Roma, deve comunque la quota Gra che pagherà al casello di uscita, qualunque esso sia. Se parto da Roma, direzione Bologna, pagherò a Bologna. Per la Roma-Milano, si passa da 33,10 euro a 34,90. Per la Roma-Firenze Certosa, si paga due volte il balzello: una in "quota Gra", l'altra in quota Firenze-Siena, altra strada Anas sottoposta al salasso: i 14,80 euro di ieri, oggi lievitano a 17,50.

I paradossi, però, si sprecano. A Torino 1, ad esempio. La strada per l'aeroporto di Caselle, oggi strada Anas gratuita e non dotata di caselli propri, incasserà l'obolo da quelli della tangenziale: Settimo, Falchera, Bruere. Ma se si prende dal centro della città, la strada per Caselle è ancora gratis. Un operaio che vive a Settimo e lavora nell'indotto auto di Rivoli, invece, paga 20 centesimi in più: da 1,10 a 1,30. Tutti i giorni, due volte al giorno. Ancora, chi vive a Fiano Romano 2, al nord della capitale, e lavora sulla Salaria, esce di solito a Settebagni, dunque neanche sfiora il Gra, ma dovrà versare il balzello perché Fiano Romano è nell'elenco dei caselli "piovra".

Sempre a Roma, chi entra da est e usa la A24 per venire a lavorare o studiare in città, non si serve del Gra eppure verserà di più. Ancora, la Roma-Fiumicino verrà pagata da chi si serve della Roma-Civitavecchia, perché lì ci sono i caselli, ma certo non è diretto in aeroporto. Senza parlare delle merci. Secondo la Cna, l'aggravio per il settore sarà di 3 milioni di euro l'anno solo su Roma, dove ogni giorno circolano 35 mila mezzi pesanti: di questi, 15 mila entrano dai caselli. I sindaci del Chianti, domani presidieranno il casello di Firenze-Certosa 3, nel giorno del Palio. Anche lì chi utilizza quel passaggio ed è diretto in Chianti, non usa la Firenze-Siena, ora non più gratuita, eppure deve sborsare il relativo balzello. Per finire, il capolavoro. La Salerno-Reggio. Percorrerla gratis è ancora possibile: basta evitare i caselli di Cava dè Tirreni e Nocera ed entrare o uscire a Battipaglia. Semplice.

(01 luglio 2010)

 

2010-06-29

Un condono sui beni archeologici

mini-multa per tenerli in casa

Chiunque detenga un reperto mai denunciato, potrà ottenere il deposito per tent'anni. La sanatoria prevede un pagamento di un terzo del valore presunto. Un provvedimento più volte proposto, e sempre subissato dalle proteste delle associazioni che tutelano il patrimonio artistico

di FRANCESCO ERBANI

Un condono sui beni archeologici mini-multa per tenerli in casa

ROMA - Più volte proposto, altrettante volte ricacciato indietro, subissato dalle proteste di tutte le associazioni che tutelano il patrimonio artistico, torna l'archeocondono, la norma che depenalizza il possesso illecito di un bene archeologico in cambio di una modesta multa. Al momento circolano almeno due bozze di un articolo diviso in 11 commi intitolato "Disposizioni in materia di emersione e catalogazione di beni archeologici, nonché revisione delle sanzioni penali", entrambe maturate in ambienti parlamentari del Pdl.

Modifiche sono ancora possibili, ma un punto in comune le varie versioni dell'articolo ce l'hanno: finire dentro la manovra finanziaria (all'interno del maxi emendamento con le modifiche che il governo presenterà) e giungere in porto blindate e sicure. In sostanza chiunque detenga un reperto mai denunciato, in Italia o all'estero, e dunque in violazione della legge, può ottenere dallo Stato una "concessione in deposito" della durata di trent'anni, rinnovabili, e può anche trasferirlo in eredità. Il tutto dichiarando il possesso e pagando una somma che si aggira intorno a un terzo del valore di quel bene.

Non è la prima volta, dunque, che si attenta a uno dei pilastri della tutela in Italia, introdotto dalla legge del 1909 e poi sempre confermato, quello per cui solo lo Stato può fare o autorizzare scavi e tutto ciò che viene rinvenuto è di sua proprietà. Qualcosa di diverso c'è, però, fra queste proposte di sanatoria e le precedenti. In quelle era previsto che si diventasse proprietari del bene. Stavolta si parla di un deposito (anche se non viene esplicitamente vietata la vendita). E poi più alta è la multa: nel 2004 si tentò di far passare un emendamento alla Finanziaria, firmato da Gabriella Carlucci e da altri suoi colleghi, che fissava il pagamento al 5 per cento del valore. Adesso, inoltre, si aggiunge che la Soprintendenza può contestare la valutazione fatta e chiedere un'integrazione.

Ma la sostanza è chiara, stavolta come allora. Il fine, dichiarano i proponenti, è quello di far emergere un patrimonio sommerso e di consentirne la catalogazione. Eppure il punto cruciale è un altro: in cambio di pochi spiccioli, che poco ristoro potrebbero portare al bilancio dello Stato e persino alle esangui casse dei Beni culturali, tutti quelli che possedevano al 31 dicembre 2009 un bucchero etrusco o un'anfora greca, recuperati chissà come, non saranno più punibili.

Anche se hanno violato l'articolo 712 del codice penale, che persegue chi ha acquistato oggetti di dubbia provenienza. "Ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti finti e mercanti disonesti", scrisse su queste pagine Salvatore Settis quando venne presentato l'emendamento Carlucci. "Dopo aver mortificato il settore dei beni culturali in ogni modo e aver messo sul lastrico la cultura italiana, ora il ministro tenta di far cassa, letteralmente raschiando il barile", sostiene l'ex ministro Giovanna Melandri. E conclude: "Come dice un vecchio proverbio: al peggio non c'è mai fine".

(29 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-28

Berlusconi ancora contro i giornali

"Servirebbe uno sciopero dei lettori"

Il premier se la prende con la stampa per la copertura del G20: "Una presa in giro, da mesi vedo disinformazione inconcepibile". Di Pietro: "E' allergico alla libertà di stampa". Finocchiaro: "Berlusconi ossessionato". Siddi: "Aggressione continua e ingiustificata"

Berlusconi ancora contro i giornali "Servirebbe uno sciopero dei lettori" Il premier Silvio Berlusconi

SAN PAOLO (Brasile) - "I giornali disinformano. I lettori dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non prenderli in giro". Il premier Silvio Berlusconi, a San Paolo del Brasile per una visita istituzionale, ha inaugurato il viaggio attaccando la copertura dedicata dalla stampa italiana al vertice G20 in Canada: "I resoconti sono l'esatto contrario della riunione", ha detto. "Da molti mesi", ha aggiunto, "vedo una disinformazione inconcepibile".

Immediate le reazioni. Secondo il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, "il presidente del Consiglio è allergico alla libertà di stampa e a chi, con la schiena dritta, esercita il suo mestiere raccontando la verità. In realtà i giornali che disinformano sono proprio quelli di sua proprietà. Vogliono descrivere il Paese del Bengodi, quando la realtà è un'altra. Vogliono scaricare tutta la responsabilità dell'attuale grave crisi economica sui lavoratori, sui precari, sugli insegnanti e su tutte le famiglie che non arrivano alla fine del mese. Quindi Berlusconi, se proprio vuole parlare di disinformazione, cominci a condannare le sue televisioni e i suoi giornali. Ma sappiamo che questo è impossibile, visto che è lui a dettare la linea".

Per Anna Finocchiaro, le dichiarazioni del premier "sono l'ennesima testimonianza di un'ossessione per la libertà di informazione". Per combatterla, prosegue il capogruppo del Pd al Senato, Berlusconi "non si ferma davanti a nulla e non esita a incitare gli italiani a non pagare il canone tv oppure, come accaduto oggi, a non acquistare i quotidiani". Affermazioni "gravissime, ma purtroppo non sorprendenti. Ancora più incredibili" secondo Finocchiaro, se riconducibili al "protagonista assoluto del conflitto di interessi" . Secondo Finocchiaro "tutto questo non è più tollerabile. E' una ragione in più per partecipare alla manifestazione del 1 luglio a Roma, per difendere la libertà d'informazione e contro tutti i bavagli".

Il segretario Fnsi, Franco Siddi, parla di "aggressione continua, ingiustificata e fondata sulla verità invertita. E' ben curioso che il capo del governo proponga uno sciopero contro i giornali: siamo all'inversione della verità e della realtà, sistematica". E Roberto Natale, presidente del sindacato giornalisti, definisce il premier "spudorato oltre ogni limite"

(28 giugno 2010)

 

 

FINANZIARIA

Berlusconi: "Rivedremo la manovra"

Bonaiuti smentisce, ma c'è il video

Dopo il G20 canadese, il premier in Brasile, dove apre ma rimanda la questione al suo ritorno in Italia. La precisazione del suo portavoce non trova conferma nelle immagini. Formigoni: "Il nostro fronte è unito, tutti pronti a restituire le deleghe"

Berlusconi: "Rivedremo la manovra" Bonaiuti smentisce, ma c'è il video

TORONTO - Le agenzie battono una dichiarazione di Berlusconi che apre a modifiche della manovra in grado di soddisfare le richieste delle Regioni. Poco dopo arriva la smentita del portavoce di Palazzo Chigi, ma le riprese televisive confermano tutto.

GUARDA IL VIDEO 1

"Pasticcio" a San Paolo. "Rivedremo la manovra", risponde il presidente del Consiglio, giunto a San Paolo del Brasile dopo la conclusione del G20 in Canada, a una specifica domanda dei giornalisti italiani sulla possibilità di apportare modifiche in Parlamento. Con i cronisti che gli riferiscono delle proteste delle Regioni contro i tagli previsti e della richiesta da parte loro di un incontro con il presidente del Consiglio, Berlusconi taglia corto: "Vediamo, per il momento siamo qui...".

Poco dopo arriva la precisazione di Paolo Bonaiuti: "Il presidente del Consiglio ha risposto con un sì alla domanda se intenda incontrare le Regioni, ma quel sì non si riferiva certo alla possibilità di rivedere neanche su quel punto una manovra già delineata. Le riprese televisive posso confermare quanto stiamo asserendo". Parole che però non trovano conferma nelle immagini tv.

Berlusconi: "Basta sprechi". Prima di lasciare il Canada, Berlusconi aveva usato toni piuttosto duri nei confronti dei governatori. "Abbiamo messo gli occhi dentro l'amministrazione dello Stato, le regioni, le province e i comuni e ci si è accapponata la pelle", aveva detto, parlando accanto al ministro dell'Economia Giulio Tremonti, "è chiaro che chi ha la responsabilità di governare le Regioni difenda lo staus quo, perché molto spesso si tratta di abolire enti, il che vuol dire persone che si devono cercare un altro lavoro. E' sempre difficile e doloroso. Ma non si può andare avanti così a sprecare i soldi dei cittadini". Quindi, aveva aggiunto il premier, "mettiamoci di buzzo buono anche a riportare al 3% il rapporto tra deficit e Pil, poi diamoci l'obiettivo" di portare a zero, come concordato, il deficit di bilancio. Questo può essere fatto "riducendo gli sprechi, cassando i benefici".

Il Cavaliere aveva poi rivendicato i meriti del governo: "Siamo stati i primi a imboccare la strada" del consolidamento di bilancio accompagnato da un sostegno allo sviluppo". La manovra, aveva sostenuto, persegue entrambi gli obiettivi: da un lato mette in sicurezza i conti, dall'altro non affossa la crescita visto che le tasse non sono aumentate e il governo ha investito "quasi 10 miliardi" per sostenere il mondo delle imprese. Quindi Berlusconi si era vantato di aver previsto il flop della proposta di Berlino di tassare le transazioni finanziarie: "L'esplicita richiesta della cancelliera tedesca non ha trovato seguito e io sono stato buon profeta nel dire che trovare accordo di tutti sarebbe stato difficilissimo".

Formigoni: "Regioni unite". "La posizione delle Regioni è unanime e siamo pronti a restituire le deleghe. Siamo uniti, è inutile che qualcuno faccia il furbo e cerchi di vedere distanze che non ci sono". Formigoni smentisce le notizie secondo le quali il fronte dei presidenti delle Regioni contrari alla manovra si starebbe incrinando. E lo fa dopo la richiesta di cinque governatori (Lazio, Campania, Abruzzo, Molise e Calabria) di "riaprire il confronto" 2 con il ministro Tremonti. Poi rincara: "Siamo tutti pronti a restituire le deleghe. Non va concepito come un gesto di polemica. Noi siamo una parte della Repubblica italiana e vogliamo contribuire con le nostre idee, con le nostre proposte a disegnare una manovra che è indispensabile, ma nella quale i sacrifici vanno ripartiti in maniera equa tra tutti i comparti".

"Tremonti mi ha appena confermato che, rientrato a Roma, ci vedrà. E' chiaro che gli esporremo, secondo noi, le questioni più critiche della manovra" dice la presidente della Regione Lazio Renata Polverini.

Nega divisioni anche Vasco Errani, governatore dell' Emilia Romagna e presidente della Conferenza Stato-Regioni: "Non ci sono spaccature, ho parlato questa mattina con il presidente Iorio e con il presidente Polverini e l'unità della Conferenza è pienamente confermata".

(28 giugno 2010)

 

 

 

 

"Sulla manovra riaprire il confronto"

Cinque governatori scrivono a Tremonti

I presidenti di Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo e Molise chiedono di ripristinare un "dialogo costruttivo", tenendo conto "delle condizioni di svantaggio di alcune regioni"

"Sulla manovra riaprire il confronto" Cinque governatori scrivono a Tremonti La presidente della regione Lazio, Renata Polverini

ROMA - Cinque regioni italiane hanno chiesto ufficialmente al ministro dell'economia di riaprire il confronto sulla manovra. In una lettera inviata a Giulio Tremonti, Renata Polverini della regione Lazio, Stefano Caldoro della Campania, Giuseppe Scopelliti della Calabria, Michele Iorio del Molise e Giovanni Chiodi dell'Abruzzo sono stati molto chiari: un tavolo di confronto è necessario, ed è opportuno ripristinare un dialogo non solo sulla crisi che soffoca il Paese, ma anche riguardo alle particolari condizioni di svantaggio in cui si trovano alcune regioni.

"Con questa lettera - si legge in un comunicato - i presidenti chiedono attenzione, in considerazione delle pesanti e gravi eredità lasciate ai rispettivi territori dalle passate amministrazioni, che già li penalizzano, e a cui si sta facendo fronte con concrete azioni di risanamento. Sono anche queste le questioni sulle quali i presidenti vogliono confrontarsi con il ministro tremonti per verificare insieme le soluzioni migliori".

Proprio ieri la Polverini ha incontrato a Napoli il collega della Campania Caldoro, discutendo della manovra e lasciando prefigurare un asse tra le due regioni.

(27 giugno 2010)

 

 

 

 

Secessione, Bossi minaccia

"Per la violenza c'è sempre tempo"

Il leader del Carroccio: "Ho scelto la via pacifica, ma...". Poi rilancia il decentramento dei ministeri: "L'Economia deve essere spostato a Milano, l'Industria a Torino e il Turismo a Venezia"

Secessione, Bossi minaccia "Per la violenza c'è sempre tempo" Bossi con il figlio

ROMA - "Noi siamo destinati a veder nascere la Padania, non c'è santo che tenga. La Padania sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l'altra via c'è sempre tempo a utilizzarla, ma ora bisogna portare a casa il più possibile in Parlamento". Umberto Bossi, intervistato da Affaritaliani.it, torna a usare i toni "barricaderi" della Lega delle origini, chiedendo che il ministero dell'economia venga spostato a Milano. "Dopo il federalismo verrà il momento del decentramento dei ministeri. Non sarà facile, perché tutti saranno contro di noi. Ma è mai possibile non avere un ministero a Milano?".

Torna, nelle parole del leader del Carroccio, la richiesta di maggiore importanza del Nord: "Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a milano, quello delle finanze. E poi quello dell'industria a Torino e per esempio quello del turismo a Venezia".

Capitolo Nazionale. Dopo le polemiche sulle parole prima dell'incontro con la Slovacchia, Bossi torna sull'argomento. Venendolo anche di coloriture politiche. "Così come avevano fatto i romani costruendo il colosseo anche nel calcio il meccanismo della nazionale è di far dimenticare alla gente i veri problemi: noi invece vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico". Netta, poi, la bocciatura degli azzurri. "Si vedeva che erano una squadra e un allenatore sbagliati. Ed è per questo motivo che quando un giornalista me lo ha chiesto ho risposto, scherzando, che per vincere l'italia avrebbe dovuto comprare delle partite. Ed è successo il finimondo".

(28 giugno 2010)

 

 

2010-06-23

Manovra, l'ammissione del Tesoro

Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12

Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato

Manovra, l'ammissione del Tesoro Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12 Il ministro Tremonti

ROMA - La manovra economica del Governo all'esame della Commissione Bilancio del Senato avrà un impatto negativo sulla crescita economica pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2010-2012. Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato. E suona come un'ammissione e una conferma degli effetti recessivi 1 della manovra di cui aveva già riferito in commissione il capo della ricerca economica di Bankitalia, Salvatore Rossi. Alle stesse conclusioni erano arrivate anche Corte dei conti e Istat. L'impatto sarà negativo dello 0,1% nel 2010 e dello 0,2% nel 2011 e nel 2012.

Pil. Per effetto della manovra, quindi, il Pil nel 2010 crescerà dello 0,9% e non dell'1% come previsto dalle ultime stime del Governo contenute nella ruef. Secondo fonti tecniche, l'effetto depressivo della manovra sarà compensato nel triennio per effetto della migliore evoluzione delle variabili macroeconomiche.

Occupazione. Stando alla tabella che aggiorna i dati della ruef, l'impatto della manovra sull'occupazione, rispetto alle stime della relazione unificata presentata dal Governo qualche settimana fa, sarà nullo nel 2010 mentre determinerà una riduzione nel 2011 pari allo 0,1% e dello dello 0,2% nel 2012 e nel 2013. Situazione simile anche per i dati sulla disoccupazione: il calo, sempre nullo nel 2010, sarà pari a -0,1% nel 2011, -0,3% nel 2012 e -0,5% nel 2013. Le riduzioni percentuali per quanto riguarda i salari totali e dei redditi totali sono dello 0,5% nel 2011, dello 0,6% nel 2012 e nel 2013.

Investimenti. Quanto agli investimenti, secondo la tabella, l'impatto è pari a zero per quest'anno, a -1,1% nel 2011, a -1,3% nel 2012, a -0,5% nel 2013.

Consumi. Per quelli classificati come 'privati' si registra una riduzione dello 0,2% per il 2010, dello 0,1% nel 2011 e nel 2012, mentre sul fronte di quelli 'collettivi' si registra un miglioramento di 0,1% nel 2010. Un dato che negli anni successivi è negativo: nel 2011 la riduzione percentuale è dello 0,4, nel 2012 dello 0,2 e nel 2013 0,1%.

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

FINANZIARIA

Tremonti chiude a possibili modifiche

le Regioni all'attacco del governo

Il ministro: "Dia di più chi ha di più". Errani: "Federalismo a rischio". I primi cittadini che hanno protestato davanti a palazzo Madama per i tagli Chiamparino: "Possibile una revisione del patto di stabilità"

Tremonti chiude a possibili modifiche le Regioni all'attacco del governo Il presidente dell'Anci Chiamparino

ROMA - Disponibile a modificare la parte della manovra relativa ai tagli per i Comuni, ma mantenendo invariati i saldi, e disponibile anche a rivedere il patto di stabilità interno. Questa la posizione del ministro dell'economia Giulio Tremonti, che ha incontrato oggi, accompagnato dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, una delegazione dell'Anci guidata dal presidente Sergio Chiamparino. Chiusura netta, invece, nei confronti delle Regioni con il presidente Vasco Errani che avverte: "Così è a rischio il federalismo".

I Comuni. "L'incontro è stato interlocutorio - ha riferito il sindaco di Torino - ma qualche apertura sui tagli da parte del ministro c'è stata, anche se a saldi invariati". Dal titolare di via xx settembre è arrivata anche "la disponibilità a discutere sulla revisione del patto di stabilità".

Nell'incontro si è parlato anche dell'Imu ed è stato il presidente dell'Anci a sostenere che potrebbe trattarsi di una tassa vicina alla "service tax" proposta dai Comuni. "Sottolineo che "potrebbe avvicinarsi" - ha spiegato Chiamparino - perchè ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio. Potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale poter aggregare anche altre imposte locali".

Fin da stamattina centinaia di sindaci hanno protestato davanti a Palazzo Madama contro i tagli previsti dalla manovra del Governo. Alcuni indossando le fasce tricolori listate a lutto, altri addirittura un cappio al collo. La delegazione si è presentata anche in Senato, incontrando il presidente Renato Schifani: "Non è entrato nel merito della questione - ha detto Chiamparino - perchè non è il suo ruolo istituzionale, ma ci ha garantito un ampio percorso parlamentare per la manovra finanziaria".

Gli oltre 8mila comuni italiani hanno chiesto che i tagli vengano redistribuiti più equamente. Sono a rischio, ha ribadito Chiamparino, gli asili nido, i trasporti pubblici locali, l'assistenza, la scuola, l'ambiente e le infrastrutture per la mobilità. Sulla disponibilità del ministro a rivedere il patto di stabilità, il sindaco di Torino non ha voluto esprimere giudizi, e ha precisato che "l'esito non è scontato, ma i primi approcci con i tecnici ci fanno pensare che qualche spiraglio c'è".

Nell'incontro con il ministro Tremonti ed i rappresentanti degli enti locali sulla manovra si è parlato anche dell'Imu ed è stato il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, a sostenere che si potrebbe trattare di una tassa che si avvicini alla 'service tax' proposta dai Comuni. "Sottolineo che potrebbe avvicinarsi - ha detto Chiamparino - perchè ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio".

Secondo il presidente dell'Anci potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale si potrebbero aggregare anche altre imposte locali.

Le Regioni. Di tutt'altro tenore l'incontro che lo stesso Tremonti ha avuto con i rappresentanti delle Regioni. In questo caso dal ministro è arrivata una chiusura totale. "Non abbiamo alternative sui saldi - ha spiegato il ministro - sui soldi e sulla distribuzione. Tante volte e abbiamo simulato ipotesi diverse di riduzione della spesa anche a carico del governo centrale" che, comunque, ha già subito "forti riduzioni in passato" e altre riduzioni non sono possibili. Tremonti ha ribadito che è necessario andare avanti con la manovra varata dal governo: "pensiamo che sia arrivato il momento della logica evangelica secondo cui chi più ha può più dare". Indicando nelle Regioni a statuto speciale la "cassaforte" dalla quale tirare fuori più soldi. Una posizione che non piace per niente a Vasco Errani presidente della conferenza delle Regioni. "L'incontro con il governo è stato molto negativo: non abbiamo trovato, dal governo, nessuna sostanziale apertura". Poi ha aggiunto: "Questa manovra di fatto mette il federalismo fiscale in una condizione di non praticabilità". Mnetre il governatore del Trentino Lorenzo Dellai insorge: "Noi abbiamo già dato e queste provocazioni del ministro sarebbe bene rimanessero a Roma. Nel senso che i problemi non si risolvono mettendo le Regioni una contro l'altra".

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

Tasse, adesso spunta l'Imu

L'imposta casa torna ai Comuni

La misura dovrebbe riguardare l'accorpamento delle imposte legate ai servizi. Pronto il decreto sul federalismo fiscale. Tremonti: "Ma non è l'Ici" di BARBARA ARDU'

Tasse, adesso spunta l'Imu L'imposta casa torna ai Comuni

ROMA - Tutt'altro che accantonato, il federalismo fiscale arriverà sul tavolo del governo nei prossimi giorni. È Giulio Tremonti ad annunciarlo dal palco della festa per il 236° anniversario della Guardia di Finanza. E col federalismo fiscale potrebbe rispuntare una tassa sugli immobili. "Nei prossimi giorni, avendo lavorato in silenzio - ha detto il ministro dell'Economia - presenteremo in parlamento, oltre ai costi standard per la spesa sanitaria nelle Regioni, e oltre agli studi di settore da applicare su tutti i livelli di governo, la bozza del decreto-base del federalismo fiscale". E lì dentro che, aggiunge Tremonti, c'è il "ritorno ai Comuni del potere fiscale nel loro comparto naturale di competenza: immobiliare e territoriale". Il pensiero va subito all'Ici, ma il ministro Roberto Calderoli smentisce categoricamente una simile ipotesi. "L'Ici non c'entra nulla. È quella che è (per le seconde case ndr) e tale rimarrà. Quello che abbiamo in mente - aggiunge il ministro per la semplificazione - è una vera rivoluzione. Prima di annunciarla però, ne parleremo con i Comuni". E anche Tremonti precisa che non si tratta dell'Ici, quando legge le agenzie di stampa battono la notizia.

Un giallo, quello su un possibile ritorno dell'Ici sulla prima casa (eliminata per tutti gli italiani ricchi e poveri dal premier poco dopo l'insediamento a Palazzo Chigi), che dura non più di un paio d'ore. Non c'è dubbio però che Tremonti abbia parlato di "ritorno dell'imposizione fiscale ai Comuni su immobili e territorio". Che però non vuol dire solo Ici. "Né tantomeno l'introduzione di una nuova tassa", rassicura Calderoli. Più probabile l'accorpamento di imposte che oggi sono spezzettate, come quella di registro o sui rifiuti, oltre naturalmente ale tasse sugli immobili. D'altra parte il ministro per la Semplificazione ne aveva parlato tempo fa, battezzandola service-tax. In realtà il nuovo nome sarebbe Imu (Imposta municipale unica).

Qualche dubbio però a Enrico Morando (Pd), gli passa per la testa. "Se si parla di immobili - commenta - è difficile parlare di altro se non di Ici. Magari stanno pensando a una riorganizzazione della tassa, il che non sarebbe una cattiva idea. Prodi l'aveva tolta per la prima casa - aggiunge Morando che siede nella Commissione finanze del Senato - ma in base al valore dell'immobile. Berlusconi l'ha tolta per tutti, ma con la crisi che morde bisogna far pagare chi ha di più. Proprio ieri la Gran Bretagna ha aumentato il prelievo sui capital gain al 28%, altro che il nostro 12".

Tremonti ha parlato di federalismo fiscale, ma non solo. Ha elogiato le Fiamme gialle per aver portato alla luce 22,2 miliardi di euro di evasione fiscale in soli cinque mesi. E citando Gianni Agnelli ha annunciato che "La festa è finita", sia perché era inevitabile che la crisi "avrebbe travolto e trasformato il mercato dell'auto", sia per allontanare "l'illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal Pil".

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

La favola fiscale

 

NEL 2001 fu il leggendario "meno tasse per tutti". In questo 2010 siamo passati al celebre "non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". La favola fiscale di Silvio Berlusconi vive di slogan di sicuro effetto mediatico, ma di oscuro impatto politico. Fu così nella seconda legislatura: a dispetto degli annunci, le tasse non calarono affatto. Rischia di essere così anche in questa terza legislatura: non solo aumenta la pressione fiscale, ma presto i comuni potranno reintrodurre anche l'Ici sulla casa.

Al di là delle precisazioni e delle smentite di rito, l'annuncio del ministro dell'Economia non si presta ad equivoci. Giulio Tremonti dichiara che nella bozza del decreto base sul federalismo sarà previsto "il ritorno ai Comuni del potere fiscale, nel loro comparto naturale di competenza: immobiliare e territoriale". La formula sembra un po' criptica, ma non lo è affatto. Dietro alla cortina fumogena delle parole, il ministro sta lanciando due messaggi precisi.

Il primo è un messaggio esplicito agli amministratori locali, soprattutto quelli della Lega, che protestano contro la stangata prevista dalla manovra. Tremonti dà ai sindaci mano libera per coprire i buchi di bilancio causati dal taglio dei trasferimenti con la solita "toppa" delle imposte. Detto altrimenti: quello che il governo centrale vi toglie con una mano, voi ve lo potete riprendere con l'altra.

Il secondo è un messaggio implicito agli italiani, già provati da una crisi recessiva durissima. Tremonti spiega ai contribuenti che, dopo il varo del decreto attuativo del federalismo, i comuni potranno reintrodurre l'imposta comunale sugli immobili. Non la chiameranno più Ici. Inventeranno l'acronimo più originale. Ma la sostanza per i cittadini non cambia: le tasse che non vi saranno prelevate dalla mano del governo centrale ve le sfileranno dal portafoglio le mani dei comuni.

Così, oltre al danno, siamo alla solita beffa. Nel 2006 Prodi eliminò l'Ici sulla prima casa per i redditi più bassi, fino a 50 mila euro. Nel 2008 Berlusconi vinse le elezioni promettendo la completa eliminazione dell'Ici anche per i redditi più alti, superiori ai 50 mila euro. Ora, per rispettare la falsa promessa di "non mettere le mani nelle tasche degli italiani", il governo ci ripensa. Ma, come sempre, lascia che a fare il "lavoro sporco" siano i sindaci, con la scusa dell'attuazione del federalismo (di cui si occuperà l'apposito Brancher). Del resto: perché assumersi una responsabilità, quando si può più utilmente assumere un ministro?

(23 giugno 2010)

 

 

2010-06-22

Manovra: i farmacisti sul piede di guerra "Faremo pagare tutti i medicinali"

di Maurizio Paganelli

Il mondo farmaceutico si ribella alla manovra economica del governo. La minaccia, molto concreta per alcune regioni, è di far pagare a breve tutti medicinali ai cittadini attualmente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. E una proposta di un taglio secco del 3,3% del prezzo dei farmaci all’origine

La rabbia dei farmacisti contro la manovra economica del governo porta a spaccature interne, una velata minaccia (concreta però in alcune regioni) di far pagare a breve tutti medicinali ai cittadini (la fascia A, rimborsata dal Servizio sanitario nazionale) e una proposta di un taglio secco del 3,3% del prezzo dei farmaci all’origine. L’inquieto mondo farmaceutico di fronte ai provvedimenti economici mobilita tutte le proprie risorse e contatti lobbistici in Parlamento, preparando decine di emendamenti alla manovra, ma nel frattempo si divide e litiga.

LE PROPOSTE - In una conferenza stampa che si è svolta oggi, martedì 22, la presidente di Federfarma Annarosa Rocca ha ribadito l’impossibilità di accettare le "penalizzazioni" per le farmacie contenute nell’articolo 11 del provvedimento del governo (Una "tassa del 3,65% da versare alle Asl") lamentando i conti in rosso delle 17mila farmacie italiane che per il 60-70% del bilancio sono legate ai farmaci erogati dal Servizio sanitario . "La convenzione, che risale al 1998, con il Servizio sanitario è ormai sempre più disattesa dalla parte pubblica in termini di regole modificate unilateralmente e di ritardi insopportabili in alcune regioni dei rimborsi dovuti", ha specificato Annarosa Racca, "Ringraziamo i senatori che hanno presentato emendamenti alla manovra. Per ora il Governo ha solo espresso l’intenzione di esentare le circa 1500 farmacie sovvenzionate dallo Stato. Non basta. Nel giro di pochi mesi saremo costretti a sospendere l’erogazione dei farmaci in regime di Servizio sanitario. Una manovra equa sarebbe distribuire sull’intera filiera, dall’industria al grossista al farmacista, il costo previsto nel nostro settore (600 milioni): sarebbe sufficiente tagliare del 3,3% i prezzi dei farmaci, con risparmi generalizzati anche e soprattutto sul fronte ospedaliero, dove lo sforamento dai tetti previsti è ormai fuori controllo".

LE DIVISIONI - Il je accuse della presidente viene all’indomani di un "presunto" dimissionamento annunciato dal presidente di Federfarma Lazio, Franco Caprino (e un interim al vicepresidente Cesare Quey). Le "colpe" della Racca sarebbero legate proprio alla debolezza della reazione rispetto alla manovra economica. Il commento di Annarosa Racca è stato assai signorile: "Dispiacciono questi personalismi e rancori: eventuali cambiamenti avvengono con le procedure e regole fissate. Mi sembra tutto illegittimo. Se ne parla nelle sedi previste, a luglio. Non è tempo di dividersi".

NELLE REGIONI - Le farmacie della Campania sono, in queste condizioni, già sul piede di guerra. Probabile, come ha confermato il presidente regionale di Federfarma, Michele Di Iorio, il passaggio entro fine mese al pagamento diretto dei farmaci da parte dei cittadini. "Non abbiamo altre vie, le Asl invece di pagare gli enormi arretrati con noi ci annunciano che pagheranno i debiti con le banche: non reggiamo più". Dall’Emilia Romagna tutta la delusione dei farmacisti che hanno creduto nei nuovi servizi territoriali.

Il presidente regionale Domenico Del Re si è detto sconfortato: "Il governo aveva varato un provvedimento e chiesto a gran voce una farmacia aperta al territorio con nuovi servizi per i cittadini, dalle analisi alle prenotazioni di esami e visite. Sono forti investimenti a nostro carico. In Emilia siamo stati tra i primi, pensavamo di poter esportare la nostra esperienza: così tutto si ferma". I rischi sono anche sul fronte occupazionale: si prevedono circa 17 mila esuberi nel settore. E la convenzione con il Servizio sanitario da rivedere completamente.

LE REAZIONI - La richiesta del taglio dei prezzi dei farmaci di fascia A colpirebbe in primis l’industria che ha sempre criticato questa modalità di intervento. Domani Farmindustria si riunisce nell’assemblea annuale: forse gli industriali avranno qualcosa da ridire. Per ora "low profile": il silenzio (forse) è d’oro.

(Giugno 22, 2010)

 

 

Tassa sulle banche, si va avanti

C'è il sì di Francia, Germania e Gb

I tre Paesi hanno pubblicato una dichiarazione congiunta con la quale comunicano la prossima introduzione dell'imposta. Berlusconi l'aveva definita "ridicola". Pd: "Tremonti riferisca su posizione italiana"

Tassa sulle banche, si va avanti C'è il sì di Francia, Germania e Gb Il cancelliere britannico dello scacchiere Osborne

LONDRA - Dopo l'intesa raggiunta in sede Ue il 17 giugno, 1 e a pochi giorni dal G20 di Toronto, i governi di Gran Bretagna, Francia e Germania fanno il primo passo verso l'effettiva introduzione di una tassa sulle banche. I tre governi hanno infatti pubblicato una dichiarazione congiunta, poco dopo l'annuncio del cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne su una tassa in questo senso in Gran Bretagna da inizio 2011. "Alla luce dell'accordo in seno al G20 secondo il quale il settore finanziario dovrebbe apportare un contributo giusto e sostanziale alle spese generate dagli interventi governativi per il salvataggio del sistema bancario - si legge nella dichiarazione pubblicata sul sito del ministero del Tesoro britannico - i governi francese, britannico e tedesco propongono di introdurre una tassa basata sugli utili delle banche".

Pd: "Tremonti riferisca in Parlamento sulla posizione italiana". Sulla dichiarazione la posizione del Governo italiano resta ancora poco chiara e il Pd, per bocca di Francesco Boccia, chiede al ministro Tremonti di riferire in Parlamento prima del vertice: "L'Italia rischia di diventare il fanalino di coda dell'Europa e di lasciare che altri Paesi diano la strada. Infatti, a pochi giorni dall'avvio del vertice del G20, non è ancora chiara la posizione del governo Berlusconi in merito ad una questione cruciale come la proposta di Francia, Germania e Gran Bretagna", ha detto Boccia. E ha aggiunto che i democratici sostengono "dai primi maggio che è tempo di elaborare proposte in questo senso, anche per impedire che gli speculatori possano farla franca senza pagare mai un euro" Cosa ne pensa il governo, si chiede il Pd? "Chiediamo che prima del vertice il ministro Tremonti riferisca in Parlamento sulla posizione che verrà sostenuta in occasione dell'incontro di Toronto".

Cosa prevede la dichiarazione. "La tassa britannica - spiega la dichiarazione - è stata annunciata oggi, la Francia presenterà i dettagli nella prossima finanziaria e la Germania ha annunciato le linee generali di una tassa sulle banche a fine marzo e presenterà una legge entro fine estate". Queste tasse, si legge nella dichiarazione, "possono differire una dall'altra, riflettendo le condizioni economiche e i sistemi fiscali differenti tra un paese e l'altro, ma il livello della tassa terrà conto della necessità di assicurare un equilibrio". I tre governi "vogliono appplicare completamente l'ambizioso programma di riforma del settore finanziario del G20, e sono ansiosi di poter discutere queste proposte con i partner internazionali al G20 del 24 giugno", conclude il documento.

Evidentemente i governi di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno ritenuto opportuno procedere immediatamente all'introduzione della tassa, prevenendo ostacoli e dibattiti che avrebbero potuto ostacolarne o rallentarle l'attuazione.

(22 giugno 2010)

 

 

 

 

TOSSICODIPENDENZE

La crisi intacca il mercato della droga

dal 2009 consumatori in calo del 26%

Presentata a Palazzo Chigi la Relazione annuale sull'uso di sostanze stipefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze. Fra i giovani resistono gli stimolanti e la cannabis e si diffonde la cocaina, si registrano più ricoveri ma meno decessi. E la droga "viaggia" anche sul web

La crisi intacca il mercato della droga dal 2009 consumatori in calo del 26% Un sequestro di cocaina

ROMA - La crisi intacca anche il mercato degli stupefacenti: nel 2009 i consumatori sono diminuiti del 25,7% rispetto all'anno precedente. Nel 2008 erano 3.934.450, nel 2009 sono scesi a 2.924.500. In calo anche i consumi di tutte le sostanze. Si inverte così una tendenza che durava da anni. E i motivi sono probabilmente legati alla crisi economica, che ha ridotto la disponibilità di denaro. E' quanto si evince dalla Relazione annuale al Parlamento sull'uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze, presentata oggi a Palazzo Chigi dal sottosegretario Carlo Giovanardi.

Adolescenti, resistono gli "stimolanti". Il calo dei consumi vale sia per la popolazione generale che per quella studentesca (15-19 anni) ed è "spalmato" su tutte le sostanze stupefacenti. Guardando l'andamento temporale negli ultimi 12 mesi, è da rilevare una diminuzione particolarmente significativa (-9%) della cannabis nella popolazione generale, mentre per gli studenti diminuiscono tutti i consumi tranne quello di stimolanti. Per entrambe le categorie, si conferma la forte tendenza al policonsumo, vale a dire l'uso di più droghe o di droga insieme ad alcol.

La cocaina più diffusa fra gli studenti. Più in particolare, gli studenti consumano più cocaina rispetto alla popolazione generale (l'1,6% l'ha consumata negli ultimi 30 giorni contro lo 0,4%) e molta più cannabis (12,3% contro 3%). Il consumo di spinelli cresce con l'età dai

15 ai 19 anni. Per quanto riguarda la popolazione generale, per l'eroina cala il consumo occasionale mentre resta stabile quello frequente o quotidiano; cala anche il consumo occasionale di cocaina.

Più ricoveri, meno decessi. I ricoveri in ospedale per uso di cocaina sono aumentati nel 2009 del 4,2% rispetto all'anno precedente, e quelli per uso di cannabinoidi del 5%. Diverse le classi di età più frequentemente coinvolte: più giovani per la cannabis (20-24 anni), per la cocaina 30-39 anni, per l'eroina 35-44 anni. La media nazionale è di 41,7 ricoveri ogni 100 mila abitanti. Si conferma, poi, la tendenza alla diminuzione dei decessi per droga: nel 1999 erano stati 1.002, nel 2009 sono stati 484. Aumenta l'età media delle persone morte per droga. La regione più critica è l'Umbria, con un tasso medio tre volte superiore a quello nazionale. E si continua a morire soprattutto per eroina, ma anche per cocaina, rispetto alla quale si registra un aumento delle overdose.

La droga viaggia sul web. Online si offre, si acquista, si attivano blog, forum e social network per scambiarsi consigli e informazioni. Negli ultimi anni, rileva la relazione, si registra uno spostamento sempre più marcato dell'offerta e della commercializzazione di sostanze via Internet. Ci sono "farmacie" online che vendono sostanze di ogni tipo senza alcuna prescrizione medica, e drugstore dove è possibile acquistare sostanze vietate. Si sono sviluppati blog, forum, chatroom, social network dedicati alla discussione sulle varie droghe. Gli utenti si scambiano informazioni, consigli e "istruzioni per l'uso". Informazioni che spesso riguardano nuove sostanze che appaiono sul mercato: il Sistema d'allerta nazionale del Dipartimento antidroga ne ha già individuate una serie e in particolare alcuni cannabinoidi sintetici e altre meno note come il "mefedrone".

(22 giugno 2010)

 

 

 

Patto tra Lumia e Cracolici

via al cantiere del Pd federato

I due dirigenti hanno deciso di realizzare un Pd autonomo e federato con gli organi nazionali. Sabato ne parleranno con i parlamentari. Il primo obiettivo è trattare con il presidente della regione sulle decisioni futuredi Palazzo d'Orleans

"Occorre mettere in piedi un Pd Sicilia autonomo e indipendente dal correntismo romano, che possa sedersi al tavolo con Lombardo per dettare l'agenda delle riforme da fare e da portare a termine". Il senatore dei democratici Beppe Lumia proclama così lo strappo autonomista dai vertici nazionali del partito. Di questo progetto, ma con una posizione più moderata, farà parte il capogruppo all'Ars Antonello Cracolici che ritiene indispensabile tenere il collegamento con i vertici nazionali: "Un Pd autonomo e federato a quello nazionale - dicono i due in una nota congiunta - è la prospettiva per costruire un partito radicato nella società e nei territori capace di mettere al primo posto gli interessi della siciliani, con una visione moderna e innovativa della Regione". Sabato alle 10 all'hotel San Paolo Palace di Palermo, Cracolici e Lumia incontreranno parlamentari e dirigenti territoriali del Pd per parlare di questo e per valutare le iniziative da assumere rispetto alle riforme ancora da fare alla Regione siciliana e sulle modalità di attuazione di quelle già approvate dall'Ars.

(22 giugno 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-06-19

Bersani: "Il Paese ha bisogno del Pd

Da Berlusconi arrivano solo balle"

A Roma la kermesse contro la manovra. Il segretario: "Abbiamo in testa un'altra Italia, comincia la campagna d'estate sui temi sociali e democratici". "C'è la crisi, i più ricchi devono pagare di più". "Quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere?". Il Carroccio è molle con i miliardari..."

Bersani: "Il Paese ha bisogno del Pd Da Berlusconi arrivano solo balle"

ROMA - "Questa manifestazione non è la fine della nostra mobilitazione ma l'inizio. Abbiamo in testa un'altra Italia e oggi comincia la campagna d'estate sui temi sociali e democratici". Pierluigi Bersani, a Roma, chiama a raccolta il Pd. Concludendo la manifestazione contro la manovra economica varata dal governo, il segretario del Pd delinea le future mosse del partito, attacca Berlusconi ('da lui solo balle') e chiama alla mobilitazione la platea: "Questo è il Pd che io ho in testa. Un partito con mani, cuore, testa e piedi dentro la società, dentro i problemi della gene comune". Questo, insiste Bersani, "è il modo di essere che ci darà la strada di un grande partito popolare". Ma avverte il segretario "questo non è il punto di arrivo, ma l'inizio, gambe in spalla perché inizia la campagna d'estate" che si svolgerà soprattutto nelle "migliaia di feste che saranno la nostra vetrina vivente".

E' una chiamata all'orgoglio quella del segretario democratico che prende di mira sia Berlusconi che la Lega ("dura sull'Inno d'Italia e molle con il Cavaliere"). Senza tralasciare "un bel pezzo di classe dirigente", imprenditoriale e giornalistica, malata di "conformismo" che, insieme al berlusconismo "sarà considerata responsabile dei prezzi che il Paese pagherà".

Affondo a Berlusconi. Bersani cita l'articolo 1 della Costituzione e sferra il primo affondo al premier: "Si

vede chiaro dai suoi messaggi che la sua memoria, che pure è vivida, non arriva al secondo comma, allora glielo ricordiamo noi: quelle forme e quei limiti sono una magistratura indipendente, una libera informazione, e che tutti sono uguali di fronte alla legge. Se tutto questo non si può cambiare e se non gli piace va a casa". Quella incarnata da Berlusconi, continua Bersani, "è la teoria di un uomo solo al comando che non ci ha portati mai da nessuna parte. Ha risolto i problemi suoi, non quelli degli italiani". "La loro è una macchina - continua il segretario democratico - tarata per fare consenso non per governare. Non riesce ad affrontare i problemi, a guardarli in faccia come abbiamo fatto noi stamattina. Ma noi non permetteremo che una crisi sociale acuta porti acqua al mulino della crisi democratica, al cancro dell'antipolitica e dell'antistato".

Manovra. ''Abbiamo capito qual e' la ricetta della manovra: non c'e' un'idea e ci riportera' allo stesso punto di prima dopo aver dato un'altra botta ai redditi medio bassi'' dice Bersani. Che parla di manovra ''sbagliata, depressiva, che riduce i consumi e gli investimenti, e dove non c'e' nulla che sappia di crescita e di sviluppo. Più di 2000 emendamenti e nemmeno un'idea". Una manovra, che mette in entrata i soldi che arriveranno in lotta a evasione: "E' un pilastro virtuale. E se casca il pilastro virtuale casca la casa. E con gli strumenti che ha messo, temo che la casa sia traballante'. Una manovra, infine, che, visti i tagli dei trasferimenti, "dà una pistola in mano alle Regioni e ai Comuni perchè sparino al popolo".

Le proposte del Pd. Lotta all'evasione e il semplice principio che chi ha di più deve contribuire di più. "Ma quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere? Ma quanti turni devono fare gli operai perchè si possa toccare un petroliere?" scandisce dal palco Bersani. "Andremo a disturbare anche i protagonisti del più colossale scudo-imbroglio - dice l'ex ministro prodiano - se gli evasori avessero pagato il giusto con 105 miliardi avremmo fatto due manovre. Ma il governo li premia esentandoli dal redditometro". Poi, tra gli applausi, continua: "Ma quante volte dobbiamo dirci liberali prima di toccare un petroliere? Ma quanti turni devono fare gli operai perchè si possa toccare un petroliere?". Tra gli emendamenti del Pd, ci sono meccanismi per rafforzare la tracciabilità dei pagamenti "e visto che la hanno reintrodotta dopo due anni Berlusconi e Tremonti dovrebbero pagare personalmente la differenza". Il Pd propone, tra l'altro, la soppressione delle Province nelle città metropolitane, la cancellazione delle norme in deroga sugli appalti, "la rivisitazione" del ponte sullo Stretto, la centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione. Quanto alla riduzione dei costi della politica Bersani chiede di accelerare sulla riduzione del numero dei parlamentari

La Costituzione. A Berlusconi che chiede di cambiarla e dare più poteri al premier, Bersani replica esaltando i valori della carta. "E' la più bella del mondo, che ci ha dato il meglio che siamo. "Dobbiamo darle nuovo vigore affinchè possa darci il meglio di quello che saremo. Siamo indietro noi, non la Costituzione".

Frecciata all'opposizione. C'è chi, tra le file dell'opposizione, attacca il Pd, ma Bersani a questo gioco non ci sta. "C'è chi, per far vedere quanto è contro Berlusconi, se la prende con noi - ricorda il segretario del Pd - Noi non diremo mai una parola più che positiva verso le altre forze di opposizione e chi non fa così si prende le sue responsabilità".

Gli altri interventi. Prima del segretario erano saliti sul palco il presidente dell'Emilia Romagna Vasco Errani ( "non alzeremo bandiera bianca, non ci convinceranno che questa manovra non cambia") e il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ("con questa manovra vengono tagliate le risorse e le ginocchia"). Ed ancora Mila Spicola, una professoressa di Palermo protagonista di un intervento lodato da Bersani ("l'eroe dei tempi moderni è l'insegnante nelle periferie delle città"), l'attore Fabrizio Gifuni ("il governo compie un genocidio culturale"), l'ex presidente della Provincia dell'Aquila Stefania Pezzopane, un rappresentante delle forze dell'ordine e uno dei lavoratori dell'ex Eutelia. "Oggi abbiamo capito cosa ci perde un insegnante, un operaio e un poliziotto e abbiamo capito cosa ci perde Berlusconi: zero" chiosa Bersani.

(19 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-18

FIAT

Marchionne contro i sindacati

"A Termini sciopero per la Nazionale"

Attacco dell'ad del Lingotto a pochi giorni dal referendum tra gli operai: "In Polonia lavorano meglio che in Italia". Elkann: "Martedì sarà un giorno importante". Landini (Fiom): "La consultazione è illegittima"

Marchionne contro i sindacati "A Termini sciopero per la Nazionale"

Il corteo a Mirafiori

TORINO - Alta tensione sul destino dello stabilimento Fiat di Pomigliano. E' arrabbiato Sergio Marchionne per la piega presa dalla vicenda, "era un accordo che doveva essere estremamente semplice". L'ad del Lingotto usa toni polemici, duri. Attacca frontalmente sindacati e lavoratori: "Smettiamo di prenderci per i fondelli. Lunedì scorso lo stabilimento di Termini Imerese è andato in sciopero e l'unica ragione era che stava giocando la Nazionale italiana". E ancora: "Come lo hanno fatto a Termini, lo hanno fatto a Pomigliano, lo fanno tutti gli altri stabilimenti italiani - dice il manager -. O facciamo il nostro lavoro seriamente o se no la Fiat non è interessata. Se si vuole ammazzare l'industria ditemelo. L'Italia - aggiunge - non avrà un futuro manifatturiero, l'industria non esisterà più".

Marchionne è critico anche nei confronti degli stabilimenti italiani. Parla del livello di qualità con cui viene lavorata la Panda in Polonia, "perché è elevato più che nei nostri stabilimenti", spiega. "La Panda la producono in Polonia, l'hanno prodotta bene con un livello di qualità che non è mai stato raggiunto in uno stabilimento italiano. Mai. Quindi - conclude - attenzione a criticare gli altri". E a Cofferati che lo paragona a

Cesare Romiti, replica: "non lo conoscevo, può darsi che avesse

ragione lui". Dal referendum del 22 giugno, Marchionne si aspetta un risultato positivo con "una percentuale tale da permettere di poter utilizzare lo stabilimento".

Oggi intanto i lavoratori delle carrozzerie e della powertrain di Mirafiori hanno scioperato (e sono scesi in corteo) contro l'accordo che la Fiom non ha voluto firmare. Secondo la Fiom di Torino ha incrociato le braccia oltre l'80% dei lavoratori delle carrozzerie di Mirafiori. "La risposta dei lavoratori - osserva Federico Bellono, segretario generale della Fiom torinese - è stata eccezionale, come non si vedeva da anni. E' un segnale di cui tutti dovrebbero tenere conto, la Fiat innanzitutto, ma non solo". "Lo sciopero di Mirafiori dimostra solo che l'accordo di Pomigliano è nato morto", commenta Giorgio Cremaschi, volto storico della Fiom. Per la Fiat, invece, l'adesione è stata del 30% alle carrozzerie e del 2,8% alla powertrain.

FOTO La protesta a Mirafiori

Questa è la situazione a pochi giorni dal referendum del 22 giugno a Pomigliano, quando i lavoratori saranno chiamati a dire la loro sull'intesa siglata solo da Cisl e Uil. "Sarà sicuramente un giorno importante" si limita a dire il presidente della Fiat John Elkann. "Mi aspetto un esito positivo, una percentuale tale da permetterci di poter utilizzare lo stabilimento" spiga Marchionne. Mentre il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, confida "in un esito positivo" e auspica che "la Fiom possa ripensarci. Siamo davanti a un'azione che va contro la storia, che riporta dalla Polonia investimenti in Italia. Credo che un no significhi anche creare un vero problema alla capacità di attrarre investimenti nel paese".

E' proprio sul voto che si accende lo scontro tra sindacati. Ieri il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, aveva invitato i lavoratori ad andare comunque a votare per evitare ritorsioni anche se, ha aggiunto, "non c'è alcuna trattativa: è la Fiat che deve ripensarci e il referendum è del tutto illegittimo". "La Fiom non ha firmato e non firma quell'accordo - ha detto Landini -. E' grave quello che sta succedendo a Pomigliano". Secondo Landini "il referendum di Pomigliano è illegittimo almeno per due motivi: il primo è che si mette in discussione una violazione della Costituzione, il secondo è che non è libero. Noi non a caso non diamo alcuna indicazione di voto e non vogliamo che gli operai di Pomigliano diventino degli eroi, perchè sappiamo come è la situazione quando uno è sotto ricatto".

Dura la replica dello Slai Cobas: "E' come dire a un commerciante di pagare il pizzo perché altrimenti la camorra lo uccide" dice Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale dello Slai Cobas che si asterrà dal voto considerando il referendum "illegittimo". Sul fronte politico il Pdl si schiera per il via libera all'accordo, mentre il segretario del Pd Pierluigi Bersani ribadisce il suo ''sì con riserva'' chiedendo, però, che questa vertenza non sia "ideologizzata o portata a modello da trasferire in tutto il Paese".

(18 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

dal Sito Internet de

L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/zitti-che-i-cinesi-costano-meno/2129212

Zitti, che i cinesi costano meno

di Eugenio Scalfari

Sacconi e Tremonti sono il tandem perfetto per abolire i diritti dei lavoratori italiani. Attraverso il ricatto

(18 giugno 2010)

Operai Fiat in corteo a Pomigliano Operai Fiat in corteo

a PomiglianoSacconi. Il ministro del Lavoro Sacconi. Anzi il ministro del Welfare e del Lavoro Maurizio Sacconi. Ex socialista. Di sinistra. Lombardiano come Cicchitto. Poi craxiano. Cicchitto, craxiano mai, però iscritto alla P2. Sacconi no, alla P2 no o almeno non risulta. Però ateo. Ma da tre o quattro anni in cerca. Poi in dubbio. Poi quasi in vista. Infine dal 2008 convertito, uomo di fede. Come Bondi. Cicchitto invece no, la fede no. Brunetta, ex socialista anche lui, non si sa ma si tende a credere che non sia in cerca e quindi non trova. Tremonti, anche lui un passato socialista pare l'abbia avuto.

O forse socialdemocratico, tipo Tanassi. Lui sempre in cerca. Ieri oggi domani. La fede però sì: Dio, Patria, Famiglia. Lo Stato? Poco. La politica? Moltissimo. La politica deve comandare. Anche Sacconi su quel punto è d'accordo: la politica sì, lo Stato no. Del resto anche Carlo Marx: tanta politica, tanta rivoluzione, per abolire lo Stato. Uomini duri e puri. Marx però Patria e Famiglia poco anzi niente.

Sacconi e Tremonti, Tremonti e Sacconi, un tandem perfetto. Prego passi lei. Ma vuole scherzare? Prima lei. Lei traccia il solco, io mi limito a difenderlo. Troppo gentile, però non si strapazzi. Per carità, è un piacere e un dovere. Il capo comunque è Berlusconi. E ci mancherebbe! Su questo concordano anche Gasparri e Quagliariello. Basta.

L'ultima uscita di Sacconi avviene a Santa Margherita Ligure, convegno dei giovani industriali, padrona di casa Federica Guidi. I Guidi di Bologna. Parenti di San Guido? No, quello sta a Bolgheri in duplice filar. La Guidi di Bologna vuole cambiare la Costituzione nel punto che vieta di sottoporre al referendum abrogativo le leggi fiscali. Emma Marcegaglia dice no, è una dissennata sciocchezza, mica si possono abolire le tasse col referendum! Ma la Guidi insiste. Una provocazione. Come la pensa Sacconi?

Ecco che arriva Sacconi. Sale sul palco. Di ben tutta la possa egli soverchia, con quel che segue. Tremonti ancora non c'è ma è già stato avvistato tra Portofino e Rapallo. Viene per annunciare l'abolizione dell'articolo 41 della Costituzione. Standing ovation dei giovani.

Sulla provocazione della Guidi, Sacconi non si pronuncia, ha altro da fare. Infatti sta preparando l'abolizione dello Statuto dei lavoratori. Lo sostituirà con lo Statuto dei lavori. Un refuso? Macché, avete capito bene: dei lavori. Forse al singolare: del lavoro. Che testoni: al plurale, dei lavori, i lavori sono tanti. Anche i lavoratori. Sì, ma stanno diminuendo ed è un bene che sia così: diminuiscono i lavoratori, aumenta la produttività. Assiomatico. Moderno. Soprattutto moderno. Applausi in sala, standing ovation. Sapete che vi dico? Aboliamo anche il contratto nazionale. Addirittura? Marcegaglia: "Sì, ma....". Sacconi: "Senza se e senza ma". Marcegaglia: "Vede, serve alle Pim". Sacconi: "Lei mi è simpatica, ma almeno alleggeriamolo." Applausi convinti. "Servirà solo per la manutenzione", standing ovation.

L'evento è quello di Pomigliano. Marchionne riporta la Panda in Patria, cinquemila operai italiani, ma in cambio niente più orari, niente più riposi, lavoro flessibile, prendere o lasciare. Hanno accettato felici. Bonanni: "Non è un ricatto". E chi l'ha mai pensato? Marchionne però vuole il referendum e vuole che anche la Fiom sia d'accordo. Sacconi della Fiom se ne frega. E poi l'evento di Pomigliano è un caso particolare. Eccezionale. Comunque siamo per il contratto aziendale. Caso per caso. Produttività. Lavorare di più, guadagnare di meno. Ma non ci staranno. Invece ci staranno. Ci vorranno i carabinieri. Ma quali carabinieri? Basterà dire la verità: o così oppure delocalizziamo. Spostiamo la produzione in Cina, o in Corea, magari in Indonesia. Ma vorremmo favorirvi, voi delle tante Pomigliano d'Italia. Però mangiate questa minestra perché i cinesi costano molto meno di voi.

È la modernità, bellezza. Vengo anch'io? No, tu no.

 

 

 

 

 

 

 

 

Manovra, la carica degli emendamenti

Più di duemila, la metà della maggioranza

Assalto in Commissione bilancio del Senato: il Pdl presenta 1.116 proposte di modifica. I finiani tornano a chiedere deduzioni per Irpef e Irap. Il Pd: "Restituire il gettito della lotta all'evasione ai contribuenti onesti"

Manovra, la carica degli emendamenti Più di duemila, la metà della maggioranza

La commissione bilancio del Senato

ROMA - Sono 2.550 gli emendamenti presentati dai vari gruppi parlamentari alla manovra in discussione in commissione Bilancio al Senato. Quasi la metà (1.205) sono della maggioranza. Il gruppo del Pdl è in testa quanto a proposte di modifica con 1.116 emendamenti. Dalla Lega sono arrivate 89 proposte di modifica, dal Pd 823. L'Italia dei Valori ha presentato 149 emendamenti, 293 l'Udc e 80 dal gruppo misto. Gli ordini del giorno sono in totale 43. Al momento non sono state presentate proposte di modifica dal relatore Antonio Azzollini e dal governo. La commissione Bilancio e' convocata per martedi' alle 15 con la replica di relatore e governo e poi iniziera' l'esame degli emendamenti. Da calendario, la manovra sarà in aula il primo luglio.

Stamattina il capogruppo Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri aveva annunciato la costituzione di un ''comitato'' di valutazione per individuare un pacchetto di emendamenti ''significativi'' e ''qualificanti'' su cui portare avanti il confronto e la battaglia politica. Mentre per il presidente del Senato, Maurizio Schifani la manovra ''a saldi invariati'' e' ampiamente discutibile e migliorabile attraverso il confronto aperto tra le forze parlamentari.

Per quanto riguarda gli emendamenti Pdl, alla componente finiana sono riconducibili una novantina di proposte di modifica, tra cui un ''pacchetto-Baldassarri'' che ripropone la cedolare secca sugli affitti, deduzioni Irpef (da 500 a 1.000 euro con processo graduale) e Irap a partire da un monte salari da 1,5 miliardi. Sicurezza,

universita' cedolare sui canoni concordati d'affitto i temi degli altri finiani che indicano a copertura accise sui tabacchi, minori detrazioni su societa' petrolifere. Non entra nel 'pacchetto' dei finiani il taglio delle province, perchè, si spiega, necessiterebbe di una modifica costituzionale e le ipotesi di semplice accorpamento non porterebbero risparmi significativi.

Il Pd, invece, punta sugli assegni per i figli, il taglio dell'Irap e un "forfettone" per pmi, tassa più alta per chi 'scuda' i capitali e una redistribuzione dei sacrifici tra i diversi comparti della pubblica amministrazione per alleggerire il peso della manovra su regioni ed enti locali e renderla invece più stringente sullo stato centrale: "La logica dei nostri emendamenti è dire che almeno una parte dell'esito della lotta all'evasione fiscale vada restituita ai contribuenti onesti".

(18 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

Zitti, che i cinesi costano meno

di Eugenio Scalfari

Sacconi e Tremonti sono il tandem perfetto per abolire i diritti dei lavoratori italiani. Attraverso il ricatto

(18 giugno 2010)

Operai Fiat in corteo a Pomigliano Operai Fiat in corteo

a PomiglianoSacconi. Il ministro del Lavoro Sacconi. Anzi il ministro del Welfare e del Lavoro Maurizio Sacconi. Ex socialista. Di sinistra. Lombardiano come Cicchitto. Poi craxiano. Cicchitto, craxiano mai, però iscritto alla P2. Sacconi no, alla P2 no o almeno non risulta. Però ateo. Ma da tre o quattro anni in cerca. Poi in dubbio. Poi quasi in vista. Infine dal 2008 convertito, uomo di fede. Come Bondi. Cicchitto invece no, la fede no. Brunetta, ex socialista anche lui, non si sa ma si tende a credere che non sia in cerca e quindi non trova. Tremonti, anche lui un passato socialista pare l'abbia avuto.

O forse socialdemocratico, tipo Tanassi. Lui sempre in cerca. Ieri oggi domani. La fede però sì: Dio, Patria, Famiglia. Lo Stato? Poco. La politica? Moltissimo. La politica deve comandare. Anche Sacconi su quel punto è d'accordo: la politica sì, lo Stato no. Del resto anche Carlo Marx: tanta politica, tanta rivoluzione, per abolire lo Stato. Uomini duri e puri. Marx però Patria e Famiglia poco anzi niente.

Sacconi e Tremonti, Tremonti e Sacconi, un tandem perfetto. Prego passi lei. Ma vuole scherzare? Prima lei. Lei traccia il solco, io mi limito a difenderlo. Troppo gentile, però non si strapazzi. Per carità, è un piacere e un dovere. Il capo comunque è Berlusconi. E ci mancherebbe! Su questo concordano anche Gasparri e Quagliariello. Basta.

L'ultima uscita di Sacconi avviene a Santa Margherita Ligure, convegno dei giovani industriali, padrona di casa Federica Guidi. I Guidi di Bologna. Parenti di San Guido? No, quello sta a Bolgheri in duplice filar. La Guidi di Bologna vuole cambiare la Costituzione nel punto che vieta di sottoporre al referendum abrogativo le leggi fiscali. Emma Marcegaglia dice no, è una dissennata sciocchezza, mica si possono abolire le tasse col referendum! Ma la Guidi insiste. Una provocazione. Come la pensa Sacconi?

Ecco che arriva Sacconi. Sale sul palco. Di ben tutta la possa egli soverchia, con quel che segue. Tremonti ancora non c'è ma è già stato avvistato tra Portofino e Rapallo. Viene per annunciare l'abolizione dell'articolo 41 della Costituzione. Standing ovation dei giovani.

Sulla provocazione della Guidi, Sacconi non si pronuncia, ha altro da fare. Infatti sta preparando l'abolizione dello Statuto dei lavoratori. Lo sostituirà con lo Statuto dei lavori. Un refuso? Macché, avete capito bene: dei lavori. Forse al singolare: del lavoro. Che testoni: al plurale, dei lavori, i lavori sono tanti. Anche i lavoratori. Sì, ma stanno diminuendo ed è un bene che sia così: diminuiscono i lavoratori, aumenta la produttività. Assiomatico. Moderno. Soprattutto moderno. Applausi in sala, standing ovation. Sapete che vi dico? Aboliamo anche il contratto nazionale. Addirittura? Marcegaglia: "Sì, ma....". Sacconi: "Senza se e senza ma". Marcegaglia: "Vede, serve alle Pim". Sacconi: "Lei mi è simpatica, ma almeno alleggeriamolo." Applausi convinti. "Servirà solo per la manutenzione", standing ovation.

L'evento è quello di Pomigliano. Marchionne riporta la Panda in Patria, cinquemila operai italiani, ma in cambio niente più orari, niente più riposi, lavoro flessibile, prendere o lasciare. Hanno accettato felici. Bonanni: "Non è un ricatto". E chi l'ha mai pensato? Marchionne però vuole il referendum e vuole che anche la Fiom sia d'accordo. Sacconi della Fiom se ne frega. E poi l'evento di Pomigliano è un caso particolare. Eccezionale. Comunque siamo per il contratto aziendale. Caso per caso. Produttività. Lavorare di più, guadagnare di meno. Ma non ci staranno. Invece ci staranno. Ci vorranno i carabinieri. Ma quali carabinieri? Basterà dire la verità: o così oppure delocalizziamo. Spostiamo la produzione in Cina, o in Corea, magari in Indonesia. Ma vorremmo favorirvi, voi delle tante Pomigliano d'Italia. Però mangiate questa minestra perché i cinesi costano molto meno di voi.

È la modernità, bellezza. Vengo anch'io? No, tu no.

 

 

 

2010-06-17

Bossi: "Non penalizzare le regioni virtuose"

I sindaci da Napolitano: in piazza il 23 giugno

Il presidente del Senato assicura: "un confronto ampio e costruttivo" a Palazzo Madama. Sacconi: "Credo che alla fine si possa trovare un'intesa con gli enti locali, ma riflettano sui tagli possibili". Il leader del Carroccio: "Stasera vedo Tremonti". Chiamparino annuncia la protesta

Bossi: "Non penalizzare le regioni virtuose" I sindaci da Napolitano: in piazza il 23 giugno

Il presidente del Senato Renato Schifani

ROMA - Giusti i sacrifici per il risanamento dei conti pubblici, ma non si intacchi il diritto alla salute. A chiederlo è il presidente del Senato, Renato Schifani, mentre il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, conferma che il governo è intenzionato a venire incontro alle preoccupazioni delle Regioni per i tagli agli enti locali. Per Umberto Bossi "uno spiraglio c'è" e il leader del Carroccio annuncia un incontro in serata con Tremonti. Sergio Chiamparino, presidente Anci, chiede all'esecutivo un incontro e preannuncia una manifestazione dei sindaci il 23 giugno prossimo davanti a Palazzo Madama, in concomitanza con la seduta della Conferenza Stato-città. Poi guida una delegazione di sindaci in un incontro con il presidente Giorgio Napolitano sulla "iniquità" della manovra, raccogliendo l'attenzione del Capo dello Stato. Per il leader Cgil, Guglielmo Epifani, allungandosi l'elenco delle critiche, aumentano le possibilità di modifiche alla manovra. Intanto, sono iniziate le assemblee nei tribunali con cui magistrati e personale amministrativo vogliono sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della giustizia. Rinviata per un problema formale della Commissione di garanzia, invece, la giornata di sciopero, proclamata per il 12 luglio, dai sindacati dei medici e dirigenti del servizio sanitario nazionale, che confermano quella del 19 luglio.

Fazio: "Forse no blocco turn over per Sanità". "Il blocco del turn over" previsto dalla manovra"

secondo la nostra lettura pare non debba interessare il comparto Sanità perché interessa i dipendenti dello Stato e non i trasferimenti delle Regioni" ha detto il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, in una pausa dell'incontro con i sindacati di medici e dirigenza del sistema sanitario nazionale sulla manovra. Sulla questione, ha aggiunto il ministro, "stiamo procedendo a un approfondimento anche con il ministero dell'Economia". Ma "gli stipendi dei dirigenti della sanità - ha spiegato Fazio - vengono dai trasferimenti alle Regioni del fondo sanitario nazionale e non dallo Stato". Per questo "non sembrano essere affetti dalla manovra".

Chiamparino: "Napolitano sensibile alle nostre esigenze". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontra al Quirinale una delegazione di sindaci dell'Anci, l'associazione nazionale dei comuni, sulla manovra economica. La delegazione è guidata dal presidente Anci, e sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che al termine del colloquio commenta: "Il presidente Napolitano si è dimostrato attento e particolarmente sensibile alle proposte e alle esigenze dei Comuni. Mi pare di potere dire che le nostre richieste siano state recepite". Chiamparino dice di aver riferito che i Comuni chiedono al governo di riaprire quanto prima un tavolo del confronto. "Bisogna ritornare alle cifre iniziali che la manovra prevedeva per i Comuni e bisogna rivedere il Patto di stabilità. Questo ci permetterà di assumerci appieno le nostre responsabilità". Il presidente Napolitano, secondo quanto hanno riferito i sindaci, ha invitato i Comuni a far capire bene quali sarebbero le conseguenze della manovra sugli enti locali.

Sindaci in piazza. Mentre Chiamparino annuncia una manifestazione dei sindaci per il 23 giugno prossimo, davanti al Senato, in concomitanza con la seduta della Conferenza Stato-città che deve discutere delle proposte di emendamenti avanzate dall'Anci sulla manovra, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dichiara: "I Comuni sono oggettivamente i più colpiti dalla manovra, molto più delle Regioni".

Schifani: "Sacrifici non intacchino diritto alla salute". "La riduzione strutturale della spesa pubblica non è rinviabile né sono più accettabili sprechi e privilegi", premette Schifani, nel suo intervento alla presentazione della relazione sull'attività della Commissione di garanzia sullo sciopero dei servizi pubblici essenziali. "Ma i sacrifici, pur necessari, non possono intaccare le tutele fondamentali, come quella della salute, che rappresentano sul piano della giustizia e dell'equità la difesa dei più deboli ed emarginati". Il presidente del Senato assicura anche che "la manovra all'esame di Palazzo Madama non può che essere aperta al confronto parlamentare e il mio impegno sarà di garantire a tale confronto i giusti tempi perché esso sia ampio e costruttivo".

Sacconi: "Venire incontro alle Regioni". Il ministro del Lavoro conferma l'intento del governo di venire incontro alle richieste delle Regioni: "Credo che alla fine si possa trovare un'intesa", dice Sacconi. "Quello che conta è che le Regioni, come lo Stato, riflettano su se stesse. Non hanno proprio nessun ente, agenzia, da sciogliere tra le tante prodotte in questi anni?" conclude Sacconi, ricordando che con la manovra il governo ha sciolto quindici enti.

Bossi: "Stasera vedo Tremonti". Presso la sala del governo di Montecitorio si svolge un vertice tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e il leader della Lega, Umberto Bossi. Che al termine del faccia a faccia premette di non aver parlato della manovra con Fini, poi commenta: "E' un bel problema, la manovra non tocca il federalismo, ma le Regioni si sentono nude, di avere troppo poco. Bisognerà trovare la via per aiutare le Regioni più virtuose". Poi Bossi annuncia: "Stasera vedo Tremonti, è difficile, ma per le Regioni qualcosa si può fare".

Formigoni: "Regioni virtuose, non lo Stato". Bossi vorrebbe favorire gli enti virtuosi? Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sfrutta la sponda offerta dal leader del Carroccio per ribadire che le Regioni hanno diminuito il proprio debito del 6,21%, mentre quello dello Stato, e in particolare dei ministeri, è aumentato di oltre il 10%. "I risparmi delle regioni virtuose - precisa Formigoni a Radio24 - hanno addirittura sormontato gli sprechi di quelle non virtuose". Per questo "la manovra è una somma ingiustizia". Per Formigoni, contrariamente a quanto affermato da Bossi, la manovra mette a serio rischio il federalismo fiscale: manca la "base materiale e cancella il principio su cui si fondano i costi standard basati sulle regioni più virtuose, perché i tagli della manovra sono lineari".

Errani: "Fondato l'allarme delle Regioni". "Le dichiarazioni rilasciate da diversi ministri dimostrano che l'allarme lanciato dalle Regioni sull'insostenibilità e sulla iniquità della manovra è fondato - afferma in una nota il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani - E' un primo passo in avanti. Ora attendiamo i fatti. Deve essere chiaro a tutti che ci sono in gioco servizi essenziali per i cittadini in settori come il trasporto pubblico locale, il welfare, la sanità e il sostegno alla piccola e media impresa".

Finocchiaro: "Sforzo comune per le nuove generazioni". In una nota, Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd al Senato, non discute la necessità della manovra correttiva ma ritiene "che ci siano delle grandi assenze, norme che possono favorire le nuove generazioni nell'accesso al lavoro, nelle professioni, nell'intrapresa, nella loro formazione". "Credo che dovremmo fare lo sforzo, mi auguro comune - dice Finocchiaro - di introdurre elementi che possano innescare crescita, sviluppo, prospettiva. E in particolare questo lo faremo con un pacchetto di emendamenti appositi per quanto riguarda le ragazze e i ragazzi italiani".

Bindi: falsi invalidi alibi per "ridurre tutele ai più deboli". "Non passa giorno che non si levino voci preoccupate. Regioni, Comuni, professionisti della salute, insegnanti, è un coro assordante di proteste. Il governo rifletta sulle profonde iniquità che stanno venendo alla luce". E' il monito di Rosy Bindi, presidente dell'assemblea nazionale del Pd, che poi solleva il dubbio. L'iniquità più odiosa "è senz'altro la falsa lotta ai cosiddetti falsi invalidi". I tagli "colpiranno i servizi sanitari e socio-assistenziali, limitando ulteriormente le possibilità di assistenza, mentre il passaggio dal 74% all'85% della percentuale di invalidità finirà per escludere da un modesto assegno mensile tantissime persone con gravi handicap e disabilità".

Magistrati Consiglio di Stato, sciopero il primo luglio. Mentre nei tribunali sono iniziate oggi le 'assemblee' promosse da magistrati, avvocati e personale giudiziario con lo scopo di sensibilizzare i cittadini ai "gravi problemi che attanagliano la giustizia", i magistrati del Consiglio di Stato fanno sapere che aderiranno allo sciopero del primo luglio, assieme a tutti gli altri togati, rinunciando alla retribuzione perché quel giorno a Palazzo Spada non si tengono né udienze né adunanze.

Anm: "Tagli e attacchi, ma non siamo casta". Così Nino Di Matteo, presidente dell'Anm di Palermo, all'assemblea dell'associazione sui tagli alla magistratura della manovra finanziaria. "L'associazione è stanca dei continui tagli e attacchi alla magistratura. Non ci stiamo ad apparire come casta". Sulla manovra economica "non arretreremo di un solo millimetro, per la tutela e la difesa del settore giustizia", ribadisce il presidente dell'Anm Luca Palamara intervenendo oggi all'assemblea indetta dal Patto per la Giustizia nel tribunale di Roma e alla quale hanno preso parte magistrati, avvocati e personale amministrativo. "Soprattutto - aggiunge - non arretreremo sulla iniquità della manovra e sugli aspetti di irragionevolezza, compresi quelli relativi alle retribuzioni".

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Ue, intesa per la tassa sulle banche

Cameron: "Mai poteri da Londra a Bruxelles"

La proposta sull'imposta sulle transazioni finanziarie sarà avanzata al prossimo G20 ma Merkel avverte: "Pronti a procedere anche da soli". Il premier britannico: "Niente euro per noi". Accolta la richiesta italiana di considerare il debito privato nella valutazione dei conti pubblici. Tremonti: "Un nostro successo"

Ue, intesa per la tassa sulle banche Cameron: "Mai poteri da Londra a Bruxelles"

BRUXELLES - I leader Ue hanno raggiunto l'intesa sull'introduzione di una tassa sulle banche di cui ogni paese deciderà i criteri. I 27 avrebbero anche concordato di inserire nelle conclusioni una frase in cui ci si impegna pure a promuovere l'idea di una tassa sulle transazioni finanziarie nel corso della prossima riunione del G20 a Toronto, come chiesto da Francia e Germania. E proprio la cancelliera Merkel ha messo in chiaro che se anche il G20 non dovesse appoggiarla, la Ue andrà avanti da sola e la tassa potrebbe entrare in vigore già nel 2012.

Si tratta di un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi: l'idea era già nella bozza di conclusioni discussa questa mattina dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell'Unione Europea. "Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato", ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenendo "l'idea sia di una tassa sulle banche sia di una tassa sulle transazioni finanziarie". Il consiglio europeo intende inoltre rafforzare la parte sia preventiva che correttiva del Patto di stabilità e crescita con possibili sanzioni o incentivi collegati al risanamento dei conti pubblici. Anche il bollettino della Banca Centrale Europea diffuso oggi "guarda con favore l'impegno di adottare, ove necessario, ulteriori misure volte ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di bilancio per e oltre il 2010". Tuttavia, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel

Barroso, "il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita". Mentre l'Ocse avverte: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte".

In serata, da registrare la soddisfazione di Tremonti per il comportamento della delegazione italiana: ""Ho appena parlato per telefono con il presidente Berlusconi - ha detto il ministro dell'Economia a Roma - ha ottenuto uno straordinario successo per il nostro Paese. Le politiche europee considereranno il debito pubblico ma anche la dinamica e la complessiva stabilità".

Il "muro" di Cameron. Londra "non sosterrà mai un trasferimento di poteri da Westminster a Bruxelles": lo ha affermato il premier britannico David Cameron, al termine del vertice Ue, ribadendo che "questa è una linea rossa invalicabile" per il suo governo. Cameron guarda con interesse alle tendenze intergovernative in atto in Europa, contro i progetti di una maggiore integrazione europea: "E' questa la direzione che io voglio", ha rilevato. Però ha sottolineato che "è nell'interesse della Gran Bretagna che la zona dell'euro sia un successo". Cameron ha ricordato la grande quantità di scambi tra Gran Bretagna e partner, e la necessità di avere "un approccio pragmatico". Ha però ribadito che la sterlina "non entrerà a fare parte della moneta unica". Cameron ha accolto con favore la decisione di non appoggiare l'ipotesi di creare nuove istituzioni per il governo dell'economia e l'accordo raggiunto affinché sull'esame delle manovre Bruxelles tenga conto delle prerogative nazionali.

"Chi ha provocato la crisi venga alla cassa". Accantonata dal G20 delle finanze di inizio mese, l'idea di creare una nuova tassa a carico delle banche, ma anche di tutta la finanza, rispunta al vertice dei capi di stato e di governo dell'Ue. A sostenere questa proposta sono innazitutto Germania e Francia, e oggi la cancelliera Angela Merkel, giungendo al consiglio europeo ha affermato che bisogna "invitare con più insistenza coloro che sono responsabili della crisi a passare alla cassa ". La Merkel voleva sfruttare il vertice di oggi per cercare una posizione comune dell'Ue in vista delle riunioni di capi di stato e di governo di G8 e di tutto il G20 a fine giugno in Canada. Oltre alle banche, Parigi e Berlino volevano convincere gli altri partner europei a creare una nuova tassa anche sulle transazioni finanziarie. Finora anche a livello europeo non erano state trovate intese su questo versante, quindi quella di oggi è una grossa novità.

Prelievo sulle banche: appuntamento a ottobre. Il prelievo sulle banche, si sottolinea nel documento. dovrebbe comunque essere parte di un quadro "credibile". Per i 27 occorre portare avanti con "urgenza" la valutazione sulle caratteristiche del prelievo e le questioni relative a "condizioni di parità" nella sua applicazione. Il vertice chiede quindi a Consiglio e Commissione di effettuare i necessari approfondimenti e riferire nuovamente in materia al vertice che si terrà il prossimo ottobre.

Considerare anche il debito privato. Per quanto riguarda le procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici, nella bozza si afferma che deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di considerare, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo il debito pubblico ma anche quello privato e in ogni caso un dato aggregato di entrambi i fattori. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva minacciato il veto dell'Italia qualora le nuove regole non avessero tenuto conto di questo parametro.

La posizione italiana. "Nel documento di stamani è stato inserito il riferimento al debito privato. Un passo in avanti rispetto al documento di Lussemburgo, sul quale io avevo fatto un blocco completo: nel documento di oggi il debito privato entra tra i parametri di convergenza per il patto di stabilità", ha detto Frattini ai giornalisti. "La maggiore resistenza è già stata espressa dalla Germania che ha un debito privato molto grande ma una perplessità così forte non è stata espressa finora da nessun altro paese. La Francia è possibilista. Belgio, Polonia e Spagna sono a favore", ha precisato il titolare della Farnesina.

Favorire anche la crescita. Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".

Il bollettino Bce di giugno. "E' essenziale che tutti i Paesi onorino gli impegni di correggere i disavanzi e i debiti pubblici elevati e di ridurre la vulnerabilità delle proprie finanze", sottolinea la Banca Centrale Europea nel bollettino mensile di giugno, in linea con la bozza in discussione al Consiglio Europeo. Secondo la Bce a tale scopo "andrebbero specificate in ogni aspetto le misure concrete di aggiustamento necessarie per conseguire gli obiettivi di bilancio. Tutti i Paesi devono fare in modo che sia garantita la fiducia nella sostenibilità dei conti pubblici".

Misure per favorire la ripresa. Ma la Bce sottolinea anche l'importanza di adottare riforme strutturali "di cruciale importanza", che "rafforzino la crescita e l'occupazione". Tra queste, sottolinea la Bce, "le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo". Per quanto riguarda i Paesi dell'area euro, Padoan ha affermato: "In alcuni casi gli aggiustamenti fiscali sono talmente importanti, che sarebbe pericoloso farli solo con tagli". Quanto all'Italia, il vice segretario dell'Ocse ha sottolineato: "La dinamica del debito in Italia è migliore di quella di altri paesi, che hanno un debito più basso ma una dinamica più pericolosa".

L'Ocse: "Non solo tagli, anche aumenti tasse". Mentre l'Ocse ammonisce: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte. E' non è indifferente per la crescita decidere quali imposte aumentare", ha detto il vice segretario generale e capo economista dell'organizzazione, Pier Carlo Padoan, a margine della Conferenza internazionale su 'Investimenti di lungo termine nell'età della globalizzazione'.

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

Ue, "necessario prelievo"

sugli istituti finanziari

BRUXELLES - I Paesi dell'Unione europea dovrebbero introdurre un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Questa la "necessità" su cui il Consiglio Europeo concorda secondo quanto si legge nella bozza di conclusioni che sarà discussa questa mattina dai capi di Stato e di Governo dei 27.

(17 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-16

INCONTRO AL SENATO

Manovra, il Pdl apre alle Regioni

Formigoni: "I sacrifici verranno ripartiti"

Una delegazione dei governatori a colloquio con parlamentari del Pdl e dei partiti di opposizione. Gasparri: "Necessario confrontarci e discutere". Finocchiaro (Pd): "Azione comune per riequilibrare le misure". Bossi al presidente della Lombardia: "Non esageri"

Manovra, il Pdl apre alle Regioni Formigoni: "I sacrifici verranno ripartiti"

I governatori Errani, Polverini e Formigoni

ROMA - Il governo si mostra aperto alle richieste delle Regioni. Lo ha affermato in mattinata il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, ma soprattutto lo ha confermato nel pomeriggio il premier Silvio Berlusconi, dopo un incontro con una delegazione dei governatori. "Berlusconi ha confermato la sua impostazione: la cifra totale della manovra non può mancare, anche perchè è stata concordata con l'unione europea, ma sarà rivista la ripartizione delle voci e dei sacrifici", ha riferito il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, lasciando Palazzo Grazioli"Abbiamo spiegato le nostre ragioni e i nostri numeri - ha detto - visto che il decreto prevede 10 miliardi di tagli alle Regioni".

''Vedremo, nell'esame in Commissione e nel confronto con il governo, quali spazi ci siano'' per venire incontro alle esigenze delle Regioni, aveva detto già questa mattina Gasparri, al termine dell'incontro che tra una delegazione di presidenti delle Regioni, guidata da Vasco Errani, il Pdl e successivamente i gruppi di opposizione (Pd, Idv e Udc). Mentre dal leader della Lega Umberto Bossi arrivava però uno stop nei confronti del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, che ieri aveva lamentato con toni durissimi la retromarcia di fatto sul federalismo, e l'inconstituzionalità della manovra: "Formigoni non deve esagerare".

La richiesta delle Regioni rimane quella di modificare la manovra, ora all'esame di Palazzo Madama,

perché i tagli previsti mettono a rischio i servizi. ''Mi sembra si stia facendo strada la consapevolezza delle buone ragioni che noi rivendichiamo, sia presso le forze sociali che parlamentari. Il problema che poniamo - ha riferito Errani - non attiene la lotta agli sprechi, che deve esserci, ma i tagli a monte, dal trasporto pubblico alle politiche sociali che toccano i cittadini''. Ciò che ha chiesto Errani è di ''riequilibrare'' la manovra che così com'è pesa troppo sulle Regioni.

Gasparri, da parte sua, ha presso atto della posizione espressa dalle Regioni e ha concluso: ''Le Regioni ritengono eccessivi i tagli e chiedono una rimodulazione tra i diversi comparti. Sono consapevoli che la manovra vada fatta e che i saldi non si cambiano. I capitoli che gestiscono sono importanti, dalla sanità al trasporto pubblico, alle politiche per la famiglia. E' necessario confrontarci e discutere''.

Il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro, ha affermato che ''non si capisce l'accanimento della manovra su Regioni e Comuni che sono chiamati a sostenerne il peso più di quanto non tocchi all'amministrazione centrale''. Anna Finocchiaro ha poi detto che incontrerà Gasparri per ''capire se sia possibile costruire un'azione comune per riequilibrare la manovra''. Intanto il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha presentato un pacchetto di emendamenti alla manovra del governo: in sintesi "per ora mi limito a dire che dobbiamo spostare il carico a parità di entrate, non è vero che non c'è spazio di riduzione delle tasse per chi le paga, se si comincia a far pagare chi adesso sfugge". Secondo Bersani, "se non facciamo questa coraggiosa operazione lasciamo al palo la crescita".

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

POMIGLIANO

Marcegaglia: "Non posso credere

che il sindacato abbia risposto no"

Casini: "Mi auguro che i lavoratori dimostrino maggiore intelligenza di una parte del sindacato". Bersani: "Ci vuole buona volontà e fantasia, ma nessun diritto costituzionale è aggirabile con un accordo"

Marcegaglia: "Non posso credere che il sindacato abbia risposto no"

Emma Marcegaglia

ROMA - "Secondo noi è incredibile che ci sia un no". Commenta così la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il no della Fiom all'accordo con Fiat su Pomigliano. Incredibile, dice, "davanti ad una azienda che va contro la storia, prende produzioni dalla Polonia e le riporta in Italia, investe 700 milioni di euro". Quanto al referendum in azienda "attendiamo - aggiunge la leader degli industriali - di vedere cosa vogliono fare i lavoratori".

Sempre sul tema dello stabilimento Fiat si è pronunciato anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini: "Bisogna arrivare ad un accordo", ha detto arrivando all'assemblea di Confcommercio. "Mi auguro che tra i lavoratori ci sia più intelligenza di quanto c'è stata da una parte del sindacato", ha aggiunto. Secondo Casini non c'è altra strada: un'intesa con l'azienda non può essere evitata. "Non ci sono alternative all'accordo. L'alternativa è perdere posti di lavoro e mandare la Fiat fuori dal territorio nazionale. C'è una sola scelta: l'accordo". Casini si è infine detto convinto che "i lavoratori mostreranno più intelligenza di qualche rappresentante sindacale".

Anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in un'intervista all'Unità, ha affermato che "la partita è delicatissima, mi rifiuto di pensare che, giunti a questo punto non si possa arrivare ad un accordo. Ci vuole buona volontà, fantasia. Bisogna sentire la voce dei lavoratori. In ogni caso, Pomigliano non sarà un modello".

Ed ha aggiunto: "Non credo che nessuno, nemmeno la Fiat o il ministro Sacconi, possa pensare che un diritto costituzionale sia aggirabile da un accordo. Non abbocchiamo all'amo di chi ce la racconta così. Sacconi - ha detto ancora Bersani - dice che vede un grande orizzonte fatto di deroghe ad ogni livello. Se lo sogna. La Costituzione non è derogabile. In ogni caso, c'è un fatto oggettivo: siamo di fronte al primo caso in Europa di rientro della produzione esternalizzata".

(16 giugno 2010)

 

 

 

 

IL DOSSIER

La fabbrica che non spreca un minuto

Così nasce l'operaio a ciclo continuo

Il taglio delle pause consentirà di produrre 25 auto in più al giorno. Si riducono al minimo i tempi morti, tutti i pezzi sono più vicini alla postazione, il lavoratore deve solo muovere il busto. A Pomigliano arriva la metrica del lavoro alla giapponese, con tanto di computer e tabelle cronometriche da far rispettare di PAOLO GRISERI

NELLA giornata della tuta blu di Pomigliano saranno 25.200. Non uno di meno, non uno di più. 25.200 secondi per lavorare, per ripetere 350 volte la stessa operazione che dunque non può durare meno di 72 secondi. Perché così dice la metrica. Anche le fabbriche, come le orchestre, ce l'hanno. Sono le regole che danno il ritmo alla linea e che dunque stabiliscono l'intensità di lavoro dei singoli operai. Tutti devono, inevitabilmente, muoversi allo stesso ritmo. Una danza faticosa. Da un secolo le regole di quella danza sono al centro della contrattazione sindacale. Hanno nomi astrusi: Tmc1, Tmc2, Ergo-Uas. Il primo a imporle fu, nel 1911, un ingegnere della Pennsylvania, Frederick Taylor, che spezzettò il lavoro degli operai in decine di micro movimenti stabilendo per ciascuno un tempo massimo di svolgimento. Dalla nascita del taylorismo ad oggi lo schema è rimasto sostanzialmente lo stesso. Perché in nessun luogo come sulle linee di montaggio il tempo è denaro. Uno degli ostacoli nella trattativa sindacale su Pomigliano è stato, per molte settimane, la riduzione delle pause da 40 a 30 minuti giornalieri. Un'inezia? Per molti sì, non per le tute blu. Facciamo un esempio: sulla linea della futura Panda la differenza di 10 minuti equivale a 8,3 operazioni in più per turno, quante se ne fanno in 600 secondi. Che diventano 25 automobili in più nell'arco della giornata. In un anno quei piccoli dieci minuti sono diventati 6.650 automobili.

La metrica della linea cambia con il cambiare del prodotto ma anche con le modifiche all'organizzazione del lavoro. Un professore giapponese, Hajime Yamashina, ha adattato alla Fiat i dettami del World class manufacturing, il sistema di organizzazione del lavoro che riduce al minimo i tempi morti. Rino Mercurio, un manutentore di Mirafiori, spiega che "con il wcm tutti i pezzi sono più vicini alla postazione. Prima dovevi fare quattro passi per andare a prenderli, ora è sufficiente una torsione del busto". Passi in meno, secondi in più per lavorare sulla linea. Si chiama efficienza.

Gli uomini che organizzano la danza, da Taylor in poi, sanno che tutto si basa sul lavoro dei cronometristi. Per tradizione i "cronu", come li chiamavano gli operai torinesi di inizio Novecento, non sono mai stati molto amati. Sono in genere ex operai che si sistemano di fianco a chi lavora con l'orologio in mano e misurano il tempo necessario a svolgere un'operazione. Un tempo la regola non scritta diceva che quando arriva il cronometrista è meglio rallentare. Ma questo lo sapeva anche il cronometrista e dopo aver misurato, tagliava i tempi in una lotta infinita con i suoi ex compagni di lavoro: "Oggi nell'epoca dei computer dice Rino - i cronometristi li vedi poco. Lavorano più con le tabelle che con l'orologio".

La metrica di Pomigliano è già stata adottata a Mirafiori sulla linea della Mito. Si chiama Ergo-Uas e considera per la prima volta gli aspetti ergonomici, gli effetti dello sforzo fisico sui tempi di esecuzione: un'operazione più faticosa viene premiata con un maggior tempo di esecuzione. Si chiamano "fattori di maggiorazione": dall'1 per cento al 13 per cento a seconda della fatica richiesta: "Ma ormai - lamenta Ugo Bolognesi, operaio di linea - le operazioni sono quasi tutte all'1 per cento. Con il sistema precedente c'era una maggiorazione standard del 5 per cento e così, nel passaggio, ci abbiamo perso". Il sistema Ergo-Uas unito alla razionalizzazione dell'ambiente di lavoro introdotto con il wcm (quello che elimina i passi per andare a prendere i pezzi) è in grado, secondo la Fiat, di fare il miracolo: di produrre 280 mila auto all'anno con una sola linea. Quasi un'auto al minuto: "Un ritmo infernale" dicono i sindacalisti. A Melfi, dove si arriva a produrre oltre 300 mila Grande Punto all'anno, le linee sono due. Con una sola linea, tutto diventa più veloce e più vulnerabile: le richieste Fiat contro l'assenteismo e gli scioperi nascono, in sostanza, dall'esigenza di garantire quella velocità. Perché la danza delle tute blu non si interrompa.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

La crescita ha bisogno di concorrenza

il punto

La crescita ha bisogno di concorrenza

Il governo torna ad annunciare un grande piano di liberalizzazioni per ridare slancio all'economia italiana. Il premier Silvio Berlusconi lo sta studiando con il ministro Giulio Tremonti. E' una buona notizia. Ma l'esperienza consiglia un po’ di scetticismo. In questi giorni, per esempio, è stato varato lo sportello unico per l'autorizzazione delle nuove imprese. Perfetto. Togliere burocrazie inutili è una forma di liberalizzazione delle procedure che, al netto dell'impatto ambientale, fa sempre bene. Ma l'Italia è già oggi il Paese europeo con il più alto numero di partite Iva. Un arcipelago infinito di microaziende, spesso ditte individuali o poco più. Il problema principale non è come aumentarne la quantità ma come creare un habitat, giuridico, finanziario, culturale e fiscale, che ne favorisca la crescita. E la soluzione non è semplice ove si consideri la naturale resistenza dei piccoli imprenditori ad accrescere le dimensioni delle loro società che, dicono spesso, vanno bene come sono. Se la vocazione all’esportazione è una misura della qualità di un’impresa, l’Italia dovrebbe essere messa bene. Le imprese manifatturiere esportatrici italiane con più di 20 addetti sono 26.234 contro le 19.274 tedesche e le 14.900 francesi. E però, in un commercio mondiale dove tutti gli occidentali perdono quota per effetto dell'espansione di Cina, India e di tutti gli altri emergenti, l'export italiano perde il 32 per cento del peso che aveva nel 1990 mentre quello tedesco nello stesso periodo perde solo il 20 per cento. La vocazione all’export non esaurisce la questione della qualità delle imprese. L’annunciato sportello unico a questo fine può poco.

Sulle liberalizzazioni, d’altra parte, l’Italia non è all’anno zero. Un quindicennio di storia dei tre settori più importanti —energia elettrica, gas e telecomunicazioni — ha fatto ormai capire che le liberalizzazioni aiutano davvero. Ma che non possono sostituire la politica industriale e la "politica delle proprietà". La bolletta della luce è rimasta sostanzialmente la stessa del 1996 a moneta costante, benché il prezzo del petrolio si sia moltiplicato per 3,5 volte. Il differenziale con la Francia nucleare è rimasto invariato, al netto degli incentivi per le rinnovabili e dei cosiddetti oneri di sistema. È un grande risultato della concorrenza. Ma se l’Italia avesse un vero parco di centrali nucleari e a carbone, se non avesse foraggiato il Gotha del capitalismo privato con il Cip 6, avrebbe fatto sicuramente meglio. Comunque sia, grazie alla liberalizzazione, che ha mosso investimenti per 20 miliardi e ha portato l’Enel a farsi multinazionale, abbiamo centrali a ciclo combinato tra le più efficienti del mondo. Potremmo stare meglio se le forniture di gas fossero meno legate ai contratti take or pay, a loro volta legati al petrolio, e più al mercato spot ormai stabilmente al ribasso. Ma qui ci si scontra con l’Eni, un orgoglio del Paese che, tuttavia, esprime un groviglio di interessi intrecciati alla politica e ai rapporti di questa con i fornitori. Un problema non solo italiano, se anche in Francia e in Germania il gas costa il doppio rispetto agli Usa. Non è un caso che l’infrastruttura di trasporto, gasdotti e stoccaggi, sia rimasta al guinzaglio del cane a sei zampe. Ci permettiamo di dubitare, felici di sbagliarci, che l’attuale svolta liberalizzatrice cambi qualcosa all’Eni. Positivo è certamente il bilancio nelle telecomunicazioni. I prezzi, a parità di servizi, sono calati nettamente. Buona parte dell’occupazione e degli investimenti che l’ex monopolio ha ridotto sono stati recuperati dai nuovi entranti. Ma anche qui, come per l’energia elettrica, la liberalizzazione mostra ormai alcuni limiti. Se è vero che il futuro dell’energia sarà il nucleare (per ora le rinnovabili sono un business assistito e in parte legato alla malavita a caccia di incentivi), ebbene il nucleare sarà fatto da uno o due cartelli di imprese dominanti. La base della produzione tornerà a essere monopolistica. La concorrenza si farà su un segmento. Lo stesso accade nei telefoni: le reti di nuova generazione, dicono i concorrenti di Telecom Italia, dobbiamo farle con una società unica. Bene. E che cos’è questo se non il cartello della connettività? E di quanto si ridimensiona il settore dove si esercita la concorrenza, se i servizi vengono prodotti e offerti sul web da milioni di specialisti sparsi nel mondo e sempre più aggregabili dai nuovi monopolisti mondiali, Google e Apple, forti del primato tecnologico? In questo nuovo contesto, risaltano i problemi delle proprietà. Le privatizzazioni, vedi Telecom e Autostrade, sono state fatte senza un disegno industriale e, dunque, senza attenzione alle compagini azionarie che ne sarebbero derivate. Le conseguenze si sono viste. Ma anche quando lo Stato è rimasto nel capitale, a parte il settore elettrico, si è rivelato assai conservatore. All’Eni non meno che alla Rai, dove la permanenza della mano pubblica è il primo puntello della posizione dominante di Mediaset nella raccolta pubblicitaria. Di qui lo scetticismo di cui sopra.

Massimo Mucchetti

15 giugno 2010

 

 

 

IL COMMENTO

L'anomalia del Lodo Marchionne

di TITO BOERI

Questo è un accordo necessario, inevitabile. Di cui non andare certo fieri perché mette a nudo i limiti del nostro sistema di relazioni industriali, dei regimi di contrattazione e la persistente arretratezza del Mezzogiorno. Renderlo un esempio, caricarlo di significati, come hanno fatto in questi giorni sia il Ministro Sacconi, sia alcune frange estreme del sindacato, equivale a giocare cinicamente con il lavoro, la principale fonte di reddito di 5.000 famiglie in una delle zone più povere del nostro paese.

L'unica vera lezione su scala nazionale da trarre da questa vertenza è che una riforma seria delle regole che governano la contrattazione e le rappresentanze sindacali non è più rinviabile. L'anomalia di questo accordo è che si deve occupare di due questioni che normalmente non dovrebbero competere alla contrattazione aziendale.

Il primo problema è quello degli impegni vincolanti che le parti possono prendere. C'è un'impresa che deve decidere dove investire 700 milioni per la produzione della nuova Panda, sapendo bene di avere potere contrattuale solo prima di avere compiuto questa scelta. Adesso che la Fiat sta decidendo se investire in Italia o in Polonia, può dettare le sue condizioni. Una volta fatto l'investimento, sarà la controparte, forte di una scelta per l'azienda irreversibile, a poter dettare le sue condizioni. Naturale che un'impresa che si trova in una situazione di questo tipo chieda delle garanzie, voglia assicurarsi che i patti sottoscritti prima di realizzare l'investimento verranno rispettati dopo, una volta che questo è stato attuato. Se anche un solo sindacato non firma, questo avrà poi mano libera nel rinegoziare un accordo che impone turni molto pesanti. Per questo motivo la Fiat impone clausole che limitino il ricorso allo sciopero degli straordinari una volta realizzato l'investimento. Il problema non si porrebbe se avessimo una legge sulle rappresentanze che vincola i lavoratori al rispetto degli impegni presi dai loro rappresentanti, liberamente eletti, che rispondono regolarmente del loro operato di fronte ai lavoratori. Se questi rappresentanti non riescono a trovare un accordo tra di loro, saranno i lavoratori a scegliere con gli strumenti della democrazia diretta, mediante un referendum che vincoli poi tutti al rispetto delle volontà della maggioranza.

Il secondo problema è quello delle misure contro l'assenteismo. Le nuove tecnologie previste per Pomigliano d'Arco sono efficienti solo con tassi di assenteismo fisiologici, come quelli che si osservano mediamente nelle imprese private italiane. Non lo sono con i picchi di assenteismo registrati in passato a Pomigliano, in occasione di partite di calcio, tornate elettorali e altri eventi, che nulla hanno a che vedere con la diffusione di malattie fra le maestranze. Questi comportamenti non sono stati sin qui sanzionati in alcun modo. Al contrario, sono stati protetti dalla camorra (e dai suoi sindacati gialli) anche quando hanno obiettivamente messo a rischio i posti di lavoro degli altri lavoratori. Non c'è stata neanche sanzione sociale contro questo assenteismo. Ora l'azienda vuole scoraggiare questi comportamenti, liberandosi dall'obbligo di retribuire i lavoratori responsabili di questi ingiustificati picchi di assenteismo.

Entrambi i problemi dovranno essere affrontati nei tempi ristretti imposti dalle strategie della Fiat e dei suoi concorrenti. Bene allora affidarsi al pragmatismo. Ad esempio, l'azienda torinese potrebbe rinunciare alla clausola di responsabilità in cambio della sottoscrizione dell'accordo da parte della Fiom, che si oppone soprattutto a questa clausola. L'azienda potrebbe anche impegnarsi una campagna di informazione sui costi collettivi dell'assenteismo e di contrasto delle infiltrazioni della camorra fra le rappresentanze dei lavoratori, in collaborazione col sindacato. Sarebbe anche un modo per la Fiat di saldare una piccola parte del debito che ha accumulato nei confronti dello Stato italiano, così generoso in tutti questi anni ne confronti dell'azienda torinese. Bene ricordare che l'accordo contempla un ulteriore intervento del contribuente mediante l'utilizzo dei fondi della Cassa Integrazione in deroga.

Il tempo residuo prima del referendum fissato per martedi prossimo può essere sfruttato per trovare un accordo su queste basi. Nel frattempo fondamentale che la politica si astenga dall'intervenire. Meglio se il Presidente del Senato ieri, invece di intervenire anche lui sulla vicenda, avesse cercato di fare spazio nell'agenda di Palazzo Madama al disegno di legge sulle rappresentanze, di cui primo firmatario è il senatore Paolo Nerozzi. E' un modo per spingere il sindacato a trovare finalmente un accordo su queste regole indispensabili. Il Ministro del Lavoro farebbe invece bene a discutere col titolare del dicastero all'economia di norme più efficaci che possano favorire un legame più stretto fra salari e produttività, tali da scoraggiare comportamenti opportunistici di aziende e dipendenti. E' dal 1997 che il contribuente paga di fatto incentivi alla contrattazione di secondo livello che si sono rivelati sin qui del tutto inefficaci. Stranamente la manovra "lacrime e sangue" li ha non solo confermati, ma addirittura ampliati. Quella stessa manovra ha svuotato la pseudo intesa del gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, che prevede la sostituzione del TIP, tasso di inflazione programmata, con l'IPCA, indice dei prezzi al consumo armonizzato. Doveva essere l'ISAE, uno degli enti aboliti dal Governo, a stimare questo parametro. Non potrà certo essere un datore di lavoro, come lo Stato che ha assorbito i dipendenti dell'Isae, a fornire questo numero da cui dipendono gli incrementi salariali per milioni di dipendenti. Bene cogliere la palla al balzo per rivedere davvero le regole della contrattazione coinvolgendo questa volta la Cgil.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-06-15

FEDERALISMO

Le regioni contro la manovra

"A rischio incostituzionalità"

Per i governatori la manovra rende di fatto impossibile l'attuazione del federalismo fiscale, e obbliga a tagli massicci nei servizi, dai trasporti alla sanità ai contributi per le famiglie. Da Bruxelles ampia approvazione alle misure di riduzione del deficit

Le regioni contro la manovra "A rischio incostituzionalità"

Il governatore della Lombardia Formigoni con il ministro dell'Economia Tremonti

ROMA - E' muro contro muro tra le Regioni e il governo per i tagli ai trasferimenti contenuti nella manovra economica: in un documento approvato all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, i governatori denunciano il mancato coinvolgimento e il rischio di incostituzionalità del provvedimento. Nei giorni scorsi, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva ribadito l'indisponibilità del governo a ritoccare i saldi previsti dalla manovra.

E tuttavia da Bruxelles arriva un'ampia approvazione del contenuto della manovra: "Le autorità italiane - scrive la Commissione europea nelle valutazioni pubblicate oggi sulle azioni intraprese da 12 Paesi nell'ambito delle procedure di deficit eccessivo - stanno attuando le misure di consolidamento fiscale per il 2010, prese nell'ambito del pacchetto approvato nell'estate del 2008 per il periodo 2009-2011, come raccomandato dal Consiglio, riducendo il deficit del 2010 dello 0,5% del Pil. Inoltre è confermato l'obiettivo di un deficit del 5% del Pil per il 2010". Inoltre, sottolinea la Commissione, "il governo ha adottato il 25 maggio scorso un decreto legge che specifica le misure a sostegno degli sforzi aggiuntivi di consolidamento per il 2011-2012, che ricadono principalmente sulla spesa corrente".

Le contestazioni delle Regioni. Alle Regioni "vengono tolti i soldi ma non le funzioni:

questo contraddice quanto disposto dalla Corte Costituzionale", ha detto il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. "C'è dunque un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio".

Nel documento approvato all'unanimità, i governatori denunciano: "La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione né sulle misure né sull'entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto". I governatori sottolineano anche come "sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale" e questo, scrivono, "è un problema gravissimo".

Ma non si tratta solo del federalismo fiscale: le Regioni assicurano che si troveranno nell'impossibilità di assicurare i servizi essenziali se i tagli verranno approvati in via definitiva. "La manovra riduce di un terzo il contributo per il trasporto pubblico locale: noi abbiamo dei contratti con Trenitalia la quale, sapendo di questi tagli, probabilmente taglierà un terzo dei treni e magari licenzierà anche un terzo del personale", dice Formigoni. "E Trenitalia può farci anche causa e magari vincerla - ha aggiunto il governatore - perch noi abbiamo stipulato dei contratti". Formigoni ha poi fatto notare come la manovra tagli completamente i fondi per la famiglia, pari a 130 milioni: "Non erano tanti - ha detto - ma vengono completamente spazzati via".

"Attendiamo che si svolga il tavolo con il governo per la verifica e la coerenza di tutti i numeri: sulla base di questo presenteremo i nostri emendamenti", precisa il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. "Siamo convinti comunque di riuscire a convincere il governo a rivedere la manovra - ha aggiunto il governatore della Basilicata, Vito De Filippo- un ripensamento è doveroso".

Un ripensamento viene auspicato anche dal governatore del Piemonte Roberto Cota: "Ciò che mi preme sottolineare è che non vengano colpite le regioni virtuose. Che quindi ci sia una necessaria differenziazione. In questo senso ho colto la disponibilità del governo".

(15 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

OCCUPAZIONE

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no'

Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento presentato dal Lingotto. Referendum il 22 giugno. Il presidente del Senato commenta la difficile trattativa: "No ai veti su Pomigliano"

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no' Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Renato Schifani

ROMA - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento, integrato, presentato dal Lingotto. La Fiom ha confermato il suo no. I sindacati dei metalmeccanici firmatari dell'accordo hanno promosso un referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì 22 giugno. La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto il 16mo punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdì scorso avevano già dato un primo ok.

''L'accordo di oggi non sblocca gli investimenti'' pari a 700 milioni di euro circa della Fiat per lo stabilimento di Pomigliano ''che sono legati all'esito del referendum tra i lavoratori''. Lo ha detto il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, al termine dell'incontro che si è concluso con un accordo separato. ''La Fiat ci ha detto - ha spiegato - che bloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all'intesa''. I lavoratori ''devono capire - ha sottolineato - che la posta in gioco è molto alta''.

Rivincita dei riformisti. "È la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha commentato la firma dell'accordo.

Brunetta: "Inaccettabile riferimento di Fiom a Costituzione". Il riferimento

alla Costituzione da parte della Fiom è ''inaccettabile'' e rappresenta ''un uso improprio'' della Carta fondamentale. È quanto sostiene il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, parlando della posizione del sindacato dei metalmeccanici sull'accordo con Fiat per lo stabilimento di Pomigliano. Brunetta, nel corso del suo intervento a un convegno organizzato dalla fondazione Magna Carta, commentando le argomentazioni della Fiom, ha affermato: ''Mi sembra si faccia un uso improprio della Costituzione, tutti hanno i loro diritti però questo mi pare eccessivo''.

Il 'no' di Fiom. "Vogliamo dirlo con chiarezza: i lavoratori di Pomigliano sono messi in una condizione di ricatto tra la chiusura dello stabilimento e l'accettazione di condizioni di lavoro in deroga alle leggi e ai contratti". Lo ha dichiarato Enzo Masini, responsabile del settore auto per la Fiom. Del referendum "discuteremo domani - ha detto Masini - abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano", nel corso della quale "discuteremo anche sulle iniziative da prendere". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

Sacconi: "La Fiom non è più come una volta". Nello stabilimento della Fiat di Pomigliano d'Arco "c'è un sindacato coraggioso che si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competizione e c'è un sindacato paralizzato da un blocco ideologico". Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, va all'attacco della Fiom. "Purtroppo - ha detto Sacconi - la Fiom non è più quella di una volta, perché un'aristocrazia operaia non avrebbe mai commesso l'errore di allontanarsi dalla sua base".

"Pomigliano è un banco di prova per tutti. Non può e non deve prevalere la logica dei veti incrociati. Non è più il tempo del no o della fuga. Per salvare l'occupazione e la dignità del lavoro serve uno sforzo comune ed un sano realismo. Pomigliano non deve chiudere". Lo ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani nel suo intervento presso la sala capitolare del palazzo della Minerva, in occasione del rapporto Cisf 2009 su 'Il costo dei figli'. Parole dirette alla Fiom, unico sindacato ad non essere d'accordo con l'intesa proposta della Fiat.

Schifani poi ha parlato della crisi e della manovra economica varata dal governo. Definendola "un passaggio necessario ed urgente". "Non inganniamoci e non inganniamo: serve contenere per tempo e stabilmente la spesa pubblica. Il tempo delle cicale è finito" afferma il presidente del Senato, Renato. Che invita "maggioranza ed opposizione al confronto vero, perchè serve il contributo di tutti per preservare la coesione sociale e nazionale".

E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso del suo intervento alla presentazione della relazione annuale dell'Antitrust, ha puntato il dito contro alcuni "nodi strutturali che se non risolti possono spingere il Paese lungo una fase di pericoloso declino. Serve quindi un efficace strategia di crescita che affiancata a quella della stabilità possa garantire alla comunità nazionale il pieno recupero di competitività sulla scena internazionale". Una strategia di crescita che passa anche per l'intervemto pubblico. "Questo non significa partecipazioni statali, ma capacita' di verificare i comportamenti dei privati e la loro riconducibilita' a regole necessarie per garantire correttezza e trasparenza'' dice Fini.

Schifani, inoltre, ha assicurato che le due Camere taglieranno i loro costi: "Spese superflue e privilegi sono oggi un'arroganza insopportabile. Il Senato e la Camera daranno segnali chiari ed inequivocabili di sobrietà ed equità".

(15 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Il testo dell'accordo su Pomigliano

1) Orario di lavoro

La produzione della futura Panda si realizzerà con l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.

L'attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell'orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:

•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;

•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;

•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.

La settimana lavorativa avrà pertanto inizio alle ore 6.00 del lunedì e cesserà alle ore 6.00 della domenica successiva.

Lo schema di orario prevede il riposo individuale a scorrimento nella settimana.

L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 1° - 3° - 2°

Il 18° turno, cadente tra le ore 22.00 del sabato e le ore 6.00 del giorno successivo, sarà coperto con la retribuzione afferente la festività del 4 Novembre e/o con una/due festività cadenti di domenica (sulla base del calendario annuo), con i permessi per i lavoratori operanti sul terzo turno maturati secondo le modalità previste dall'accordo 27 Marzo 1993 (mezz'ora accantonata sul terzo turno per 16 turni notturni effettivamente lavorati pari a 8 ore) e con la fruizione di permessi annui retribuiti (P. A. R. contrattuali) sino a concorrenza.

Le attività di manutenzione saranno invece svolte per 24 ore giornaliere nell'arco di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. L'attività lavorativa degli addetti (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario, sarà articolata su 3 turni strutturali di 8 ore ciascuno, con la mezz'ora retribuita per la refezione nell'arco del turno di lavoro a rotazione e con riposi individuali settimanali a scorrimento.

L'orario di lavoro giornaliero dei lavoratori addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) va dalle ore 8.00 alle ore 17.00, con un'ora di intervallo non retribuito.

Per i quadri e gli impiegati addetti al turno centrale si conferma l'attuale sistema di flessibilità dell'orario di lavoro giornaliero (orario in entrata dalle ore 8 alle ore 9 calcolato a decorrere dal primo dodicesimo di ora utile). In alternativa, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali nel caso in cui intendessero avvalersi della facoltà di deroga a quanto previsto dal D. Lgs. 66/2003 e successive modifiche e integrazioni in materia di riposi giornalieri e settimanali.

Lo schema di orario per lo stabilimento prevede, a livello individuale, una settimana a 6 giorni lavorativi e una a 4 giorni. L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 3° - 2° - 1°

Nella settimana a 4 giorni saranno fruiti 2 giorni consecutivi di riposo secondo il seguente schema:

- lunedì e martedì

ovvero

-mercoledì e giovedì

ovvero

-venerdì e sabato.

Preso atto delle richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, al fine di non effettuare il 18° turno al sabato notte, lo stesso viene anticipato strutturalmente alla domenica notte precedente. Pertanto il riposo settimanale domenicale avviene dalle ore 22 del sabato alle ore 22 della domenica.

2) Lavoro straordinario

Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l'azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi.

Nel caso dell'organizzazione dell'orario di lavoro sulla rotazione a 18 turni, il lavoro straordinario potrà essere effettuato a turni interi nel 18° turno, già coperto da retribuzione secondo le modalità indicate al capitolo orario di lavoro, o nelle giornate di riposo.

L'Azienda comunicherà ai lavoratori, di norma con 4 giorni di anticipo, la necessità di ricorso al suddetto lavoro straordinario e terrà conto di esigenze personali entro il limite del 20% con sostituzione tramite personale volontario.

Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l'attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario, con le maggiorazioni del lavoro notturno: in tal caso non si darà corso alla copertura retributiva collettiva del 18° turno.

Il lavoro straordinario, nell'ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell'arco del turno, durante la mezz'ora di intervallo tra la fine dell'attività lavorativa di un turno e l'inizio dell'attività lavorativa del turno successivo. In questo caso la comunicazione ai lavoratori del lavoro straordinario per esigenze produttive saranno effettuate con un preavviso minimo di 48 ore.

3) Rapporto diretti-indiretti

Con l'avvio della produzione della futura Panda e in relazione al programma formativo saranno riassegnate ai lavoratori le mansioni necessarie per assicurare un corretto equilibrio tra operai diretti e indiretti, garantendo ai lavoratori la retribuzione e l'inquadramento precedentemente acquisiti, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 4, comma 11, Legge 223/91. Inoltre, a fronte di particolari fabbisogni organizzativi potrà essere richiesto ai lavoratori, compatibilmente con le loro competenze professionali, la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro.

4) Bilanciamenti produttivi

La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.

5) Organizzazione del lavoro

Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall'altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS.

Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall'applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell'arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Sui tratti di linea meccanizzata denominati "passo - passo", in cui l'avanzamento è determinato dai lavoratori mediante il cosiddetto "pulsante di consenso", le soluzioni ergonomiche migliorative permettono un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo o individuale a scorrimento sulla base delle condizioni tecnico-organizzative, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Per tutti i restanti lavoratori diretti e collegati al ciclo produttivo le soluzioni ergonomiche migliorative permettono la conferma della pausa di 20 minuti, da fruire anche in due pause di 10 minuti ciascuna in modo collettivo o individuale a scorrimento.

Con l'avvio del nuovo regime di pause, i 10 minuti di incremento della prestazione lavorativa nell'arco del turno, per gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo e per gli addetti alle linee "passo-passo" a trazione meccanizzata con "pulsante di consenso", saranno monetizzati in una voce retributiva specifica denominata "indennità di prestazione collegata alla presenza".

L'importo forfetario, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione tra l'altro delle ore di inattività, della mezz'ora di mensa e delle assenze la cui copertura retributiva è per legge e/o contratto parificata alla prestazione lavorativa, per tutti gli aventi diritto, in misura di 0,1813 euro lordi ora. Tale importo è onnicomprensivo ed è escluso dal TFR, dal momento che, in sede di quantificazione, si è tenuto conto di ogni incidenza sugli istituti legali e/o contrattuali e pertanto il suddetto importo forfetario orario è comprensivo di tutti gli istituti legali e/o contrattuali.

6) Formazione

E' previsto un importante investimento in formazione per preparare i lavoratori e metterli in condizioni di operare nella nuova realtà produttiva. Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM. I corsi di formazione saranno tenuti con i lavoratori in cigs e le Parti convengono fin d'ora che la frequenza ai corsi sarà obbligatoria per i lavoratori interessati. Il rifiuto immotivato alla partecipazione nonché l'ingiustificata mancata frequenza ai corsi, oltre a dar luogo alle conseguenze di legge, costituirà a ogni effetto comportamento disciplinarmente perseguibile.

Non sarà richiesto a carico Azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta, per i lavoratori in cigs che partecipino ai corsi di formazione.

7) Recuperi produttivi

Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario, entro i sei mesi successivi, oltre che nella mezz'ora di intervallo fra i turni, nel 18° turno (salvaguardando la copertura retributiva collettiva) o nei giorni di riposo individuale.

8) Assenteismo

Per contrastare forme anomale di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche, quali in via esemplificativa ma non esaustiva, astensioni collettive dal lavoro, manifestazioni esterne, messa in libertà per cause di forza maggiore o per mancanza di forniture, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell'azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell'evento. A tale proposito l'Azienda è disponibile a costituire una commissione paritetica, formata da un componente della RSU per ciascuna delle organizzazioni sindacali interessate e da responsabili aziendali, per esaminare i casi di particolare criticità a cui non applicare quanto sopra previsto.

Considerato l'elevato livello di assenteismo che si è in passato verificato nello stabilimento in concomitanza con le tornate elettorali politiche, amministrative e referendum, tale da compromettere la normale effettuazione dell'attività produttiva, lo stabilimento potrà essere chiuso per il tempo necessario e la copertura retributiva sarà effettuata con il ricorso a istituti retributivi collettivi (PAR residui e/o ferie) e l'eventuale recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda e secondo le modalità definite.

Il riconoscimento dei riposi/pagamenti, di cui alla normativa vigente in materia elettorale, sarà effettuato, in tale fattispecie, esclusivamente nei confronti dei presidenti, dei segretari e degli scrutatori di seggio regolarmente nominati e dietro presentazione di regolare certificazione. Saranno altresì individuate, a livello di stabilimento, le modalità per un'equilibrata gestione dei permessi retribuiti di legge e/o contratto nell'arco della settimana lavorativa.

9) Cigs

Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall'avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.

In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni.

10) Abolizione voci retributive

A partire dal 1° gennaio 2011 sono abolite le seguenti voci retributive, di cui all'accordo del 4 maggio 1987 Parte III (Armonizzazione normativa e retributiva):

-paghe di posto

-indennità disagio linea

-premio mansione e premi speciali.

Le suddette voci, per i lavoratori per i quali siano considerate parte della retribuzione di riferimento nel mese di dicembre 2010, saranno accorpate nella voce "superminimo individuale non assorbibile" a far data dal 1° gennaio 2011 secondo importi forfettari.

11) Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo

Sono confermate le attuali maggiorazioni comprensive dell'incidenza sugli istituti legali e contrattuali.

12) Polo logistico di Nola

E' confermata la missione del polo logistico della sede di Nola.

Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano d'Arco.

13) Clausola di responsabilità

Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti all'Azienda dal presente accordo, posti in essere dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU, anche a livello di singoli componenti, libera l'Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di:

-contributi sindacali

-permessi sindacali retribuiti di 24 ore al trimestre per i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali delle Organizzazioni Sindacali

ed esonera l'Azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di:

-permessi sindacali aggiuntivi oltre le ore previste dalla legge 300/70 per i componenti della RSU

-riconoscimento della figura di esperto sindacale e relativi permessi sindacali.

Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti da esso all'Azienda, facendo venir meno l'interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale ed inficiando lo spirito che lo anima, producono per l'Azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.

14) Clausole integrative del contratto individuale di lavoro

Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell'efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.

(14 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-06-10

Salta il taglio delle mini-province

Ma alla fine erano rimaste solo in quattro

Il relatore del provvedimento Donato Bruno ha presentato un emendamento che sopprime l'art.18. Del resto il provvedimento si era molto ridimensionato rispetto alla prima e ben più ampia formulazione del ministro dell'Economia Tremonti

Salta il taglio delle mini-province Ma alla fine erano rimaste solo in quattro

ROMA - Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

La norma, che al momento avrebbe riguardato quattro enti locali, era prevista nel ddl sulle autonomie. Già costituiva una consistente marcia indietro rispetto al progetto originario, che al contrario prevedeva il taglio di una ventina di province. Le quattro province che sarebbero sparite in base all'ultima formulazione del provvedimento erano Vercelli (180.111 abitanti) in Piemonte; Isernia (88.895 abitanti) in Molise; Fermo (176.488 abitanti) nelle Marche, e Vibo Valentia (167.334 abitanti) in Calabria. In bilico Crotone, Biella e Verbano, che però già ieri si erano "salvate".

Probabilmente a spingere per il ritiro del provvedimento è stata la constatazione che a questo punto la soppressione di sole quattro province non si sarebbe tradotto in un risparmio apprezzabile (qualcuno addirittura ventilava una maggiore spesa) e soprattutto sarebbe risultato un'ingiustizia ai danni di una Regione piccola come il Molise, che ha solo due province (infatti il presidente della Regione Michele Iorio si era detto pronto alla "prima guerra sannita").

Ieri sera il ritiro del provvedimento era stato chiesto anche dal leader della Lega Umberto Bossi, che aveva sostenuto che con l'abolizione "non cambia niente" dal punto di vista dei costi, dal momento che "i lavoratori vengono scaricati in regione" e, in ogni caso, c'è anche "un problema di identità e soprattutto in quelle più vecchie possono venir fuori casini".

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

La scure s'abbatte sui trasporti locali

3,5 miliardi in meno per i pendolari

Lombardia, Puglia e Toscana rischiano i tagli più pesanti per effetto delle misure contenute nella manovra. Che si faranno sentire già nel 2010

La scure s'abbatte sui trasporti locali 3,5 miliardi in meno per i pendolari

ROMA - Un fendente che taglia circa 3,5 miliardi di euro nel trasporto locale in Italia. Se la percentuale della riduzione secca dei trasferimenti alle Regioni verrà confermata e andrà ad alleggerire le risorse destinate a bus, metro e ferrovie locali, già dai prossimi mesi si vedranno i primi effetti negativi. La seconda parte del 2010 e il 2011 saranno lacrime e sangue, soprattutto per pendolari e studenti che rischiano di vedere scomparire fino ad un quarto dei servizi di trasporto oggi esistenti su strade e ferrovie.

Gli studenti di alcune regioni, come la Puglia, saranno forse costretti a rinunciare al contributo che li aiuta a contenere i costi degli abbonamenti. Di sicuro i passeggeri dei convogli regionali di gran parte dello Stivale dovranno fare a meno dei (promessi) treni che dovevano andare a rinforzare il parco dei mezzi riservati ai pendolari e migliorare la qualità del viaggio. In molti altri casi saranno orari, corse, mezzi, il cosiddetto parco rotabile, a dover subire le modifiche più significative e dannose per chi prende i mezzi pubblici. Con la riduzione della frequenza nei passaggi dei pullman che collegano più province o di autobus e metropolitane nei comuni.

La scure che sta per abbattersi sugli Enti locali, però, non colpirà tutti allo stesso modo. Lombardia (e Milano) il Lazio (e Roma), la Puglia, la Campania (e Napoli) in particolare soffriranno una diminuzione pesantissima, con fondi bloccati e rinnovamento del parco macchine rinviato sine die. Nel caso della Sicilia, potrebbero materializzarsi degli aggiustamenti sui prezzi dei biglietti in alcuni capoluoghi e sarà più difficoltoso raggiungere l'entroterra utilizzando le ferrovie. La Campania dovrà fare a meno di circa 420 milioni di euro tra 2011 e 2012 solo per il trasporto pubblico.

La Liguria, per contro, subirà minori tagli rispetto ad altre Regioni meno fortunate. Tra queste la tartassata Toscana, che dei 500 milioni trasferiti fino ad oggi da Roma per il Tpl ne vedrà arrivare solo 300 dopo un taglio di 200 milioni. Un blocco pari al 40% del totale. A rischio anche gli attuali livelli tariffari. In Emilia Romagna, infine, la riduzione dei trasferimenti è prossima ad un quarto rispetto ad oggi.

(10 giugno 2010)

 

 

 

PUBBLICO IMPIEGO

Cdm, ok a aumento età pensionabile

Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Le risorse saranno destinate a interventi per il sociale. Brunetta: "Non serve a fare cassa". Bersani: "Provvedimento insensato". Approvato l'emendamento per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai. Tetto massimo per i manager a 311 mila euro

Cdm, ok a aumento età pensionabile Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L'Italia rispetterà così una richiesta del governo di Bruxelles. Le donne andranno in pensione a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. Oltre a questo, il Cdm ha anche approvato il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e ha fissato il tetto massimo per quelli dei manager, che non devono superare i 311 mila euro.

Fondo sociale dedicato alle donne. La disposizione sull'aumento dell'età pensionabile sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad 'azioni positive' per la famiglia e le donne. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri, accogliendo la richiesta fatta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna.

"Impatto modesto". "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta

dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini". Il ministro ha anche aggiunto che non è detto che le donne impiegate nella Pubblica amministrazione dovranno aspettare i 65 anni per andare in pensione. Potranno sfruttare l'anzianità contributiva: ''Molte donne nell'impiego pubblico, a differenza di quello privato, raggiungono l'anzianità contributiva".

Scalone unico. L'aumento dell'età delle donne per le pensioni di vecchiaia nel pubblico impiego avverrà con uno scalone unico a 65 anni a partire dal 1 gennaio 2012 e, dunque, "senza fasi intermedie".

"Non serve a fare cassa". L'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne del pubblico impiego "non serve a fare cassa". Lo dice il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Secondo Brunetta, i risparmi "saranno pari a zero nel 2010 e 2011, di 50 milioni nel 2012 e di 150 milioni nel 2013". Si tratta, inoltre, spiega il ministro, di un provvedimento che non riguarda il settore privato.

Piccolo sacrificio delle donne che aiuterà il Welfare. Servirà a potenziare i servizi all'infanzia e per la non autosufficienza il "piccolo sacrificio a carico delle donne imposto dalla Ue". Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna spiega così l'aumento dell'età per la pensione vecchiaia delle donne.

Bersani: "Innalzamento inaccettabile e insensato". L'innalzamento dell'età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico è "inaccettabile e non sensato", soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse "parità di condizioni di lavoro e di vita" con gli uomini. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, a margine di un convegno, commenta con queste parole la decisione del Consiglio dei ministri di innalzare l'età pensionabile delle donne del settore pubblico. "Siamo da sempre affezionati all'idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti", spiega Bersani. Si tratta di prevedere "una soglia minima per l'età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita". Di sicuro, "questo modo di procedere non è accettabile, né sensato. In ogni caso, sarebbe del tutto inaccettabile se le risorse ricavate da questa misura non andassero ad un fondo ad hoc destinato a garantire alle donne italiane parità di condizioni di lavoro e di vita rispetto alle donne europee".

Taglio stipendi Rai. Via libera del Consiglio dei Ministri all'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

Tetto stipendi manager fissato a 311mila euro sopra retribuzione base. Fissato dal Consiglio dei ministri anche il tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione, che non deve superare i 311 mila euro, retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Lo ha annunciato il ministro Brunetta, precisando che nella determinazione del limite non è computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato. Sono esclusi dall'applicazione del tetto Bankitalia e le autorità indipendenti.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

Economia

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PUBBLICO IMPIEGO

Cdm, ok a aumento età pensionabile

Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Le risorse saranno destinate a interventi per il sociale. Brunetta: "Non serve a fare cassa". Bersani: "Provvedimento insensato". Approvato l'emendamento per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai. Tetto massimo per i manager a 311 mila euro

Cdm, ok a aumento età pensionabile Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L'Italia rispetterà così una richiesta del governo di Bruxelles. Le donne andranno in pensione a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012. Oltre a questo, il Cdm ha anche approvato il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e ha fissato il tetto massimo per quelli dei manager, che non devono superare i 311 mila euro.

Fondo sociale dedicato alle donne. La disposizione sull'aumento dell'età pensionabile sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e le risorse che deriveranno dal risparmio dell'innalzamento pensionabile dell'età delle donne andranno in un Fondo vincolato ad 'azioni positive' per la famiglia e le donne. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri, accogliendo la richiesta fatta dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna.

"Impatto modesto". "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice. Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta

dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini". Il ministro ha anche aggiunto che non è detto che le donne impiegate nella Pubblica amministrazione dovranno aspettare i 65 anni per andare in pensione. Potranno sfruttare l'anzianità contributiva: ''Molte donne nell'impiego pubblico, a differenza di quello privato, raggiungono l'anzianità contributiva".

Scalone unico. L'aumento dell'età delle donne per le pensioni di vecchiaia nel pubblico impiego avverrà con uno scalone unico a 65 anni a partire dal 1 gennaio 2012 e, dunque, "senza fasi intermedie".

"Non serve a fare cassa". L'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne del pubblico impiego "non serve a fare cassa". Lo dice il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Secondo Brunetta, i risparmi "saranno pari a zero nel 2010 e 2011, di 50 milioni nel 2012 e di 150 milioni nel 2013". Si tratta, inoltre, spiega il ministro, di un provvedimento che non riguarda il settore privato.

Piccolo sacrificio delle donne che aiuterà il Welfare. Servirà a potenziare i servizi all'infanzia e per la non autosufficienza il "piccolo sacrificio a carico delle donne imposto dalla Ue". Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna spiega così l'aumento dell'età per la pensione vecchiaia delle donne.

Bersani: "Innalzamento inaccettabile e insensato". L'innalzamento dell'età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico è "inaccettabile e non sensato", soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse "parità di condizioni di lavoro e di vita" con gli uomini. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, a margine di un convegno, commenta con queste parole la decisione del Consiglio dei ministri di innalzare l'età pensionabile delle donne del settore pubblico. "Siamo da sempre affezionati all'idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti", spiega Bersani. Si tratta di prevedere "una soglia minima per l'età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita". Di sicuro, "questo modo di procedere non è accettabile, né sensato. In ogni caso, sarebbe del tutto inaccettabile se le risorse ricavate da questa misura non andassero ad un fondo ad hoc destinato a garantire alle donne italiane parità di condizioni di lavoro e di vita rispetto alle donne europee".

Taglio stipendi Rai. Via libera del Consiglio dei Ministri all'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi: il governo ha deciso di tagliare gli stipendi dei dirigenti Rai e di modificare il provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%.

Tetto stipendi manager fissato a 311mila euro sopra retribuzione base. Fissato dal Consiglio dei ministri anche il tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione, che non deve superare i 311 mila euro, retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Lo ha annunciato il ministro Brunetta, precisando che nella determinazione del limite non è computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato. Sono esclusi dall'applicazione del tetto Bankitalia e le autorità indipendenti.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

PREVIDENZA

Salvi i diritti

maturati entro il 2011

Le donne della Pa che entro il 31 dicembre dell'anno prossimo maturano il diritto a lasciare il lavoro potranno mantenerlo anche dopo la riforma

Salvi i diritti maturati entro il 2011

ROMA - Una clausola di salvaguardia per le statali che matureranno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2011. Lo prevede la bozza di riforma dell'età pensionabile per le statali che il Consiglio dei ministri esamina oggi.

La norma punta a consentire alle statali - che in base all'attuale normativa potrebbero andare in pensione a 61 anni anche durante il 2011 - di mantenere il requisito anche negli anni successivi, quando per tutte le altre scatta l'innalzamento a 65 anni di età.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Rai, star a peso d'oro

di Emiliano Fittipaldi

Esclusivo: da 1,2 milioni di euro di Vespa ai 400 mila di Pupo, ai 600 mila di Cappon, stipendiato per non lavorare

Fabio Fazio

L'alto dirigente della Rai fa l'occhietto furbo. "Emanuele Filiberto fa un'audience pazzesca, ma l'azienda oggi preferisce non stipulare contratti lunghi e onerosi. Il principe lo paghiamo ad apparizione: non buttiamo i soldi noialtri. Quanto gli diamo? Circa 20 mila euro a botta. Lordi, però".

Ventimila sono tanti o pochi per una serata su RaiUno? L'aristocratico di casa Savoia, piaccia o no, è da un annetto un Re Mida degli ascolti, e anche se in una serata guadagna quanto un operaio della Fiat in un anno intero, qualcuno a viale Mazzini pensa che se li meriti tutti. "È il mercato tv, bellezza", ti senti rispondere.

FOTO Cachet da divi, da Conti a Giletti

In effetti in Italia il duopolio e la grande generosità del concorrente costringono l'azienda di Stato a pompare da tempo gli stipendi di dirigenti, conduttori, show man e giornalisti. Nel mondo catodico non c'è crisi che tenga, le buste paga sono sempre in rialzo. Come le polemiche, ormai all'ordine del giorno. Il caso del contratto di Santoro, con stipendio da 700 mila euro lordi l'anno e conseguente liquidazione milionaria, ha scatenato una tempesta culminata con gli strali del ministro Roberto Calderoli. Il leghista pretende che gli stipendi d'oro di viale Mazzini siano sforbiciati. Non dice, però, quali.

Lo scorso dicembre Renato Brunetta annunciò che i compensi di giornalisti e conduttori si sarebbero dovuti inserire"nei titoli di testa e di coda", e da allora tutti chiedono maggiore trasparenza. In attesa che il governo e l'azienda pubblicizzino i dati, "L'espresso" ha ottenuto dai piani alti di viale Mazzini parte degli stipendi dei divi Rai. Sono le cifre segretissime dei contratti 2009-2010, dati che a volte sommano un fisso alle cosiddette indennità di funzione, stipendioni che - va detto - vanno divisi per il numero delle puntate e che sono legati (si spera) al ritorno pubblicitario del nome.

 

Partiamo dai dirigenti. Il presidente Paolo Garimberti e il direttore generale Mauro Masi hanno dichiarato di guadagnare, rispettivamente, 448 mila e 715 mila euro l'anno. Sappiamo che i sette consiglieri del cda prendono 98 mila a testa. Tra i vicedirettori quello meglio piazzato è Giancarlo Leone, che guadagna circa 470 mila euro l'anno, mentre l'astro nascente Lorenza Lei tocca solo i 350 mila, esattamente quanto il collega amato da Bossi Antonio Marano. Gianfranco Comanducci, amico storico di Cesare Previti e vicino al Pdl, prende circa 440 mila euro. Nel 2002 la sua retribuzione era di "soli" 235 mila euro. Tra incrementi retributivi, scatti di carriera, promozioni e gratifiche lo stipendio oggi è quasi raddoppiato.

Un altro che non si può lamentare è il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, che viaggia sui 400 mila euro l'anno, mentre il direttore di RaiUno Mauro Mazza, designato da Gianfranco Fini, prende 300 mila euro. Pure il giovane Marco Simeon, neo capo delle relazioni istituzionali, a fine mese può sorridere: il suo contratto tocca i 190 mila euro lordi. Sorprende, invece, che Claudio Cappon, l'ex direttore generale voluto da Romano Prodi, continui a percepire circa 600 mila euro senza avere - in pratica - alcun incarico di peso. "Io ho un contratto a tempo indeterminato. La Rai avrebbe due possibilità", spiega Cappon, "potrebbe liquidarmi dandomi i soldi che mi spettano o assegnarmi la direzione di una controllata. Per ora non ha fatto nulla, e il rischio di un contenzioso è alto". Come fa un'azienda pubblica a pagare 600 mila euro un manager a vuoto, è un mistero.

Qualcuno, per un ruolo impegnativo, prende molto meno. "È vero, guadagno 150 mila euro l'anno, a volte 180, dipende dal numero delle puntate. E mi sembrano più che sufficienti, sono soddisfatta così": Milena Gabanelli porta a casa con il suo "Report" ascolti a doppia cifra, ed è la giornalista meno pagata della lista de "L'espresso". Meno ricca, per esempio, di Monica Setta, l'eroina di "Il fatto del giorno", in onda ogni pomeriggio su RaiDue, che prende 200 mila euro.

Tra gli uomini, Giovanni Minoli, ex direttore di RaiEducational e oggi capo della struttura che si occuperà della programmazione in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia, ha uno stipendio che arriva, tra fisso e indennità, a 550 mila euro. Il numero di puntate che conduce e di cui è autore supera le 200 l'anno. Bruno Vespa, che è esterno, prende invece più del doppio: 1,2 milioni, mentre "Ballarò" porta nelle tasche di Giovanni Floris 450 mila euro l'anno. Anche il conduttore in forza a RaiTre uscendo dall'azienda oggi guadagna più di prima, assumendosi come contropartita, dicono i suoi, "i rischi insiti in una collaborazione a tempo". Il contratto di Minzolini non è nella lista, ma una fonte autorevole giura che è simile a quello di Gianni Riotta, "forse qualcosa di più". Riotta nel 2007 prendeva un fisso da 560 mila euro, con bonus che potevano far lievitare la busta paga fino a 610 mila. Chissà cosa ne pensa Lamberto Sposini, ex vice di Enrico Mentana al Tg5, che oggi come conduttore di "La vita in diretta" ha un contratto da circa 250 mila euro l'anno.

Veniamo alle star dell'intrattenimento. Il monte stipendi Rai supera di poco il miliardo di euro, e un decimo finisce nei conti correnti dei contrattisti esterni: alcuni vip vengono pagati attraverso i cosiddetti accordi di volume tra la Rai e altre società come Magnolia ed Endemol. Una delle dive più pagate è Antonella Clerici: il contratto in scadenza era di circa 1,5 milioni, cachet che comprendeva anche la conduzione del Festival di Sanremo. Il nuovo accordo, pare, sarà ritoccato al rialzo. Il suo successore all'Ariston dovrebbe essere Carlo Conti, che oggi guadagna 1,3 milioni l'anno. "Un affare", chiosano da viale Mazzini, "vista la mole di serate che dirige". Conti è l'uomo-ovunque: fa "L'eredità" tutti i santi pomeriggi, "I migliori anni" il venerdì sera, da un po' "Voglia di aria fresca", per non contare le serate Rai in cui gioca a fare l'ospite.

La famiglia Angela ha invece un profilo diverso, come diverse sono le buste paga di padre e figlio: insieme costano poco più di un milione di euro, ma 750 mila sono per Piero, solo 300 mila appannaggio di Alberto. Se tutti sanno che Fabio Fazio sfiora i 2 milioni l'anno per il suo "Che tempo che fa", seguito dai 700 mila di Serena Dandini impegnata a difendere le serate (sempre si RaiTre) di "Parla con me", nessuno sa che Pupo ha strappato un contratto da 400 mila euro l'anno, di poco inferiore a quello firmato da Max Giusti: il comico che conduce dal 2008 "Affari tuoi" ed è ora in onda con "Stasera è la tua sera" prende circa mezzo milione.

Massimo Giletti, eroe settimanale dell'Arena di "Domenica In" e giurato in "Ciak...si canta", guadagna invece 350 mila euro l'anno, 50 mila in più dell'ex zarina dell'azienda Alda D'Eusanio, in onda sempre la domenica ma su RaiDue. Molto meno guadagna la show girl che ha sostituito con grandi polemiche la Clerici alla "Prova del cuoco": la giovane Elisa Isoardi da Cuneo, classe 1982, prende per spiegare ricette e ospitate varie 180 mila euro tondi tondi. Non male, visto che il più anziano Osvaldo Bevilacqua, dal 1977 al timone di "Sereno variabile", può contare su 250 mila euro l'anno. Guarda tutti dall'alto in basso l'immenso Pippo Baudo: il mito resiste anche nel cachet, visto che i 900 mila euro l'anno sono riservati davvero a pochi.

(10 giugno 2010)

 

 

 

 

Camera, Governo battuto due volte

Passano due emendamenti Pd

Applausi all'approvazione delle due modifiche alla riforma della "governance" del Servizio sanitario nazionale. Prima firmataria, Livia Turco: "Più peso ai cittadini". Riforma che ritorna in commissione. Decisive le assenze nel Pdl

Camera, Governo battuto due volte Passano due emendamenti Pd La Camera dei deputati

ROMA - Governo battuto per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della "governance" della Sanità. L'assemblea di Montecitorio ha approvato due proposte di modifica al testo di cui è prima firmataria Livia Turco. Dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi.

Gli emendamenti riguardano la "governance" della Sanità e sono riferiti al primo articolo del testo. In dettaglio, si tratta dell'emendamento 1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e 1.34 (251 sì e 245 no). Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. Dopo la sospensione della seduta, l'annuncio che la riforma della governance della Sanità torna in commissione Affari sociali.

"Enorme soddisfazione" per Livia Turco. "Si tratta di due modifiche importantissime per il sistema sanitario - dichiara la prima firmataria dei due emendamenti e capogruppo in commissione Affari sociali alla Camera -. Grazie al Pd la voce dei cittadini avrà un peso maggiore nella gestione della sanità. Il primo emendamento su cui è andato sotto il governo permette ai sindaci di partecipare alla programmazione delle politiche socio-sanitarie; il secondo riguarda la diretta partecipazione alla stessa programmazione delle associazioni dei cittadini. Finalmente un coinvolgimento attivo da parte della cittadinanza che potrà incidere in base alle proprie necessità e opinioni".

La sconfitta della maggioranza sui due emendamenti è stata determinata prevalentemente dalle assenze nelle file del Pdl. "Nel Pdl che ha rumoreggiato ancora ieri contro la vicepresidente Bindi - spiega Erminio Quartiani, segretario d'aula del Gruppo Pd della Camera - ben 75 deputati in una votazione e 74 nell'altra non erano in aula". Dai tabulati della seconda votazione si evince che gli assenti Pdl erano 38, il 14,18% dei componenti del gruppo al netto dei deputati in missione (36). Sostanzialmente presente la Lega (mancavano solo cinque deputati e sei erano in missione). Il gruppo con la più alta percentuale di assenze è stato l'Udc, malgrado Pier Ferdinando Casini abbia sottolineato che il suo gruppo sia stato determinante nel risultato: all'appello mancavano sette deputati centristi, il 17,95% del gruppo.

(10 giugno 2010)

 

2010-06-06

le dichiarazioni del primo ministro del Regno Unito al Sunday Times

Cameron: "Per la Gran Bretagna

in vista anni di sacrifici"

L'appello ai cittadini "Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte, o il debito pubblico ci schiaccerà"

le dichiarazioni del primo ministro del Regno Unito al Sunday Times

Cameron: "Per la Gran Bretagna

in vista anni di sacrifici"

L'appello ai cittadini "Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte, o il debito pubblico ci schiaccerà"

Il primo ministro britannico David Cameron (Reuters)

Il primo ministro britannico David Cameron (Reuters)

MILANO - La Gran Bretagna va incontro ad "anni di sacrifici". L'economia del Paese si trova in uno stato peggiore di quanto si pensasse e i tagli, quando arriveranno, saranno "dolorosi". A suonare il campanello d'allarme è David Cameron, primo ministro del Regno Unito. Il neo premier conservatore, in un'intervista rilasciata al Sunday Times, è tornato a battere sul tasto "dell'enorme debito pubblico con cui abbiamo a che fare"."Se non facciamo qualcosa - ha spiegato Cameron - finiremo per pagare degli interessi sul debito di 50, 60, 70 miliardi di sterline. Sono cifre pazzesche, più di quanto spendiamo per l'istruzione dei nostri figli o per la difesa della nazione". Cameron ha poi attaccato le previsioni per la crescita economica - il 3% nel 2011 - stilate dal governo laburista: "Non ci sarà nessun trampolino per la ripresa", ha detto. Quindi la medicina. "Bisogna affrontare i conti dello stato sociale, del settore pubblico e la dimensione della burocrazia accumulata in questi anni".

APPELLO AI CITTADINI - "La qualità di un vero uomo di Stato è di assumere la buona decisione spiegando alla gente gli obiettivi che ci sono dietro ai sacrifici", ha detto Cameron. "Un debito enorme deve essere gestito. Incrociare le dita aspettando la crescita e sperando che scompaia non è una risposta", e poi ha aggiunto: "Il Paese è "scoperto". E gli interessi su questo scoperto si mangiano ciò che la nazione avrebbe dovuto spendere per altro. Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte nel corso di questo difficile viaggio", ha proseguito il leader dei conservatori. Secondo i dati dell'Ufficio di Statistica nazionale, il deficit pubblico ha raggiunto i 156,1 miliardi di sterline nel 2009/2010, pari all'11,1% del Pil, un dato record.

CLEGG: NON SI TORNA AGLI ANNI 80 - Allo stesso tempo, però, il vicepremier Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici, ha lanciato segnali distensivi: niente tagli selvaggi come al tempo della Thatcher. A colloquio con l'Observer, Clegg ha dispensato la sua dose di "zucchero". "Responsabilità nella spesa - ha detto - non significa tornare agli anni Ottanta: noi faremo le cose diversamente, non permetteremo il ritorno delle differenze tra nord e sud del Paese". Clegg ha poi ricordato che alcuni dei pacchetti di riduzione della spesa pubblica più rigorosi sono stati recentemente portati avanti da governi di "centro-sinistra" come i "socialdemocratici in Svezia, l'amministrazione di Clinton i USA e i liberali in Canada".

Redazione online

06 giugno 2010

 

 

 

MANOVRA

Calderoli: "Sacrifici anche dal calcio

Figc ridimensioni premi ai giocatori"

Il ministro della Semplificazione annuncia per giovedi in Cdm l'emendamento per i tagli agli stipendi Rai. Intanto Gasparri esclude la regolarizzazione di abusi e Brunetta dà l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne a 65 anni "già nel prossimo Cdm". Casini: "A forza di sanatorie, questo Paese perde il senso della legalità". Idv: "Schiaffo agli onesti"

Calderoli: "Sacrifici anche dal calcio Figc ridimensioni premi ai giocatori"

Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione

ROMA - Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, smentisce la volontà del suo gruppo di introdurre in sede parlamentare nella manovra economica un condono edilizio. "Non ci sarà nessun condono - dice Gasparri a SkyTg24 commentando le indiscrezioni di stampa degli ultimi giorni - e mi stupisco che se ne continui a parlare, dopo che la realizzabilità di un nuovo condono è già stata smentita". Intanto, il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta annuncia una decisione sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne già nel prossimo Consiglio dei ministri e Casini sulla questione dice: "Accettiamo la sfida dell'Europa, ma aiutiamo le donne che hanno una maternità". Intanto, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli comunica che l'emendamento sui tagli agli stipendi Rai sarà in Cdm giovedi prossimo. E, in clima Mondiali, rivolge al mondo del calcio l'appello a partecipare concretamente ai sacrifici degli italiani.

Calderoli: "Tagli stipendi Rai, giovedi in Cdm". Il ministro per la Semplificazione normativa annuncia che l'emendamento alla manovra per tagliare gli stipendi della Rai verrà portato giovedi in Consiglio dei Ministri. L'esponente leghista non anticipa i contenuti del testo. "L'emendamento è già scritto - spiega Calderoli -, ma prima di divulgarlo alla stampa preferisco che sia discusso in Cdm".

Calderoli: "Figc ridimensioni premi a calciatori". "E' giusto che anche il mondo del calcio partecipi ai sacrifici degli italiani di fronte alla crisi" premette Calderoli in una conversazione con l'agenzia Ansa. Poi, il ministro rivolge alla Figc e alle società di calcio il suo invito. "In vista dei Mondiali - dice Calderoli - faccio appello alla Figc affinché gli eventuali premi che spetteranno ai calciatori vengano ridimensionati rispetto alla crisi. Anzi sarebbe un bel gesto se calciatori e Federcalcio ne devolvessero parte a titolo onorifico". Quanto alle società di calcio, Calderoli chiede che "ridimensionino gli ingaggi", tenuto conto che i Cip 6 "hanno drogato il mercato. Sugli stipendi dei calciatori non possiamo intervenire, sul Cip 6 sì ". Calderoli fa riferimento alla schiera di petrolieri italiani proprietari di società calcistiche. Il Cip 6 è una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che stabilisce gli incentivi per l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate. Tra gli impianti che percepiscono gli incentivi sono previste anche le raffinerie.

 

Pensioni donne, Brunetta: "Troveremo soluzione". Brunetta ha ricordato che il governo ha previsto l'equiparazione tra uomini e donne a partire dal 2018. "Ma l'Europa dice che questo lasso di tempo è troppo lungo", ha detto Brunetta. "Si tratterà di trovare una giusta mediazione, penso che si troverà una soluzione equilibrata. Non il 2018, non il 2012, probabilmente - ha concluso - un'interessante via di mezzo".

Pdl: nessun già emendamento deciso. "Come ha già detto più volte il presidente della Commissione bilancio al Senato, Azzolini - precisa una nota diffusa dal gruppo Pdl del Senato - è prematuro parlare di emendamenti alla manovra economica. Siamo evidentemente in una fase interlocutoria. Stiamo valutando varie ipotesi che il vertice del gruppo Pdl potrà fare proprie e decidere di sostenere con convinzione. Ciò non toglie che ciascun parlamentare abbia il diritto, previsto dal regolamento, di presentare proposte di modifica, che non necessariamente saranno approvate. Questo vale anche per ipotesi di condoni che la sinistra in queste ore sta cavalcando pretestuosamente e che evidentemente non ci saranno".

La polemica non si placa. Ma la polemica, sul fatto che quantomeno l'ipotesi di un condono ci sia, non accenna a smorzarsi. "L'idea di far cassa con il terzo condono edilizio dell'era Berlusconi è l'ennesimo schiaffo in faccia agli italiani onesti". Il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario critica la poposta fatta da alcuni senatori del Pdl. "Il governo - ha aggiunto Belisario - dica immediatamente che è irricevibile, altrimenti si tratta del solito trucco, già utilizzato in occasione dello scudo fiscale, di far passare per iniziativa parlamentare una decisione presa a Palazzo Grazioli con il benestare di Tremonti".

Secondo Belisario "in realtà da Berlusconi e dai suoi complici continua a passare sempre il solito messaggio, eludere le leggi diffondendo così la filosofia della cultura dell'illegalità che l'Italia dei Valori non si stancherà di combattere. Speriamo - conclude - di non essere soli nella battaglia sia contro il condono edilizio che contro le cosiddette case fantasma che altro non sono se non un condono mascherato".

Anche Enrico Letta, vicesegretario del Pd, annuncia battaglia "contro le tentazioni di condono edilizio presenti nella manovra e già ventilate da senatori del Pdl".

"No ai condoni, sì a modifiche". Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini si dice disponibile a discutere con la maggioranza sulla manovra. Ma pone una condizione. "Se Berlusconi non fa più propaganda, accogliamo il suo invito a discutere. Se continua a fare propaganda - dice Casini a sky tg24 - allora non accetto il dialogo. Non abbiamo insultato nessuno". E poi, in merito alla proposta di correzioni della manovra con un nuovo condono, Casini aggiunge: "Non ci stiamo. Sono contrario al piccolo condono perché- afferma - a forza di condoni, questo Paese perde il senso della legalità e il tasso etico si abbassa brutalmente. Diciamo no ai condoni, sì alle modifiche. Io accetto di discutere in Parlamento - conclude - ma si tratta di fare le cose serie". Casini, poi, ha parlato anche della questione pensioni, dicendo che la sfita lanciata dall'Europa va accettata e bisogna alzare l'età pensionabile anche per le donne, "ma se le donne hanno una maternità - ha aggiunto il leader dell'Udc -, consentiamo loro di utilizzare una corsia di due anni o nel momento in cui hanno i figli o nel momento in cui andranno in pensione, cioè cerchiamo di aiutare le donne che hanno una maternità e diamo in questo modo una mano concreta alla famiglia".

(06 giugno 2010)

 

 

 

 

 

2010-06-04

Il blocco degli stipendi

costa 1.700 euro a testa

Il calcolo dei mancati aumenti previsti nella manovra, dagli impiegati, ai medici, ai prof. E i giudici perdono fino a 18mila euro in tre anni. Nell stesso periodo le università avranno 26.500 occupati in meno di LUISA GRION

Il blocco degli stipendi costa 1.700 euro a testa

ROMA - Da qui a tre anni gli stipendi degli statali perderanno, in media 1.700 euro. Soldi che sarebbero dovuti arrivare nelle buste paga dei dipendenti pubblici entro il 2012 grazie ai rinnovi contrattuali e alle normali progressioni di carriera, ma che il vento della manovra correttiva ha spinto via lontano. I redditi degli statali resteranno fermi, insensibili al costo della vita: così ha deciso la Finanziaria che dovrà mettere in sesto i conti dello Stato. Pochi tagli veri e propri, ma tanti pesanti freni: dalla sanità alla scuola, dai ministeri agli enti locali, alla magistratura.

Meno soldi, ma in diversi casi anche meno lavoro: uno studio della Flc-Cgil stima, per esempio, che alla fine di questo buio periodo, l'Università si sveglierà con 26.500 precari in meno, occupati mandati a casa alla scadenza del tempo determinato. Di questi 20 mila sono docenti a contratto.

Meno soldi, ma anche meno formazione: la manovra prevede che a partire dal gennaio 2011 le risorse destinate a tale voce siano tagliate del 50 per cento. Per la scuola, ciò vuol dire che i milioni a disposizione dagli attuali 8 diventino 4. E che - considerati tutti i lavoratori dalle elementari alle superiori - l'investimento pro capite sarà di 5 euro a lavoratore.

Meno soldi e quindi una minor capacità di spesa, con buona pace del rilancio dei consumi e dell'economia. Dal punto di vista degli stipendi, infatti, i conti si fanno presto: i rinnovi contrattuali del pubblico impiego - 3,3 milioni di dipendenti circa - si muovono in base all'Ipca (indice europeo armonizzato dei prezzi al consumo) che da oggi al 2012 darebbe diritto ad un recupero sull'inflazione del 6 per cento. Considerato che nel periodo in questione salterà anche il rimborso riconosciuto come "vacanza contrattuale", ecco che la perdita media della categoria si attesta, nei tre anni, a 1.700 euro lordi. Certo non per tutti il taglio sarà uguale: ci saranno variazioni legate alle diverse quote di parte fissa e variabile della retribuzione, alla diversa struttura degli incentivi, ma, comunque sia, il tutto si tradurrà in un mancato guadagno per ciascuna categoria.

 

La premessa vale anche per i magistrati, colpiti dalla Finanziaria nonostante la versione originaria del testo sia stata ammorbidita dopo un appello rivolto al Presidente della Repubblica. Qui, secondo le stime dell'Associazione nazionale magistrati, si arriva ad una perdita secca in busta paga fino a 18 mila euro lordi. I tagli veri e propri riguarderanno solo i magistrati con una discreta anzianità alle spalle, per via della riduzione del 5 per cento riferita alla quota di stipendio che supera i 90 mila euro, ma il blocco alla progressione economica e agli adeguamenti triennali colpiranno soprattutto le nuove leve. Considerati tutti i tagli e i mancati guadagni attribuiti alle funzione pubblica, Michele Gentile, responsabile del comparto per la Cgil considera che "l'intero settore mette sul piatto 1.850 milioni di euro: lo scippo della vacanza contrattuale vale da solo 600 milioni di euro". Un conto "troppo alto, inaccettabile se si considera che i tanto decantati tagli alla politica si sono fermati a 72 mila euro".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

PREVIDENZA

Pensioni, cosa cambia

con la manovra

Un anno di attesa per i dipendenti pubblici e 18 mesi per gli autonomi, addio alle finestre, liquidazioni a rate. Le novità dopo i provvedimenti del governodi ANTONELLA DONATI

Pensioni, cosa cambia con la manovra

ROMA - Un anno di attesa per i dipendenti pubblici e 18 mesi per gli autonomi, per poter avere la pensione. Per chi matura i requisiti dal 1° gennaio del prossimo anno non ci saranno più le finestre ma un'attesa prestabilita e uguale per tutti, anche per chi raggiunge i 40 anni di età. Le novità sul pagamento delle liquidazioni per gli statali, invece, sono già una realtà. Ecco in dettaglio quello che prevede il decreto con la manovra appena entrato in vigore

Da gennaio tempi lunghi sia per la vecchia che per l'anzianità - A partire da gennaio prossimo, dunque, chi matura il diritto all'accesso al pensionamento di vecchiaia, potrà incassare la pensione dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti in caso sia dipendente pubblico. L'attesa sarà, invece, di 18 mesi per artigiani, commercianti, coltivatori diretti e iscritti alla gestione separata.

Sparisce, dunque, il meccanismo dell finestre, in quanto non si tiene più conto di periodi standardizzati ma si fa riferimento solo alla data di presentazione della domanda. La pensione, quindi, scatta a scadenze personalizzate.

Attesa più lunga anche per chi ha 40 anni di contributi - Questo meccanismo non fa differenza neppure in caso di diritto alla pensione raggiunto con il massimo di contributi. Anche chi ha maturato i 40 anni, infatti, dovrà attendere 12 o 18 mesi per poterla incassare.

Nessuna novità per chi ha in corso il preavviso -Non cambia nulla nella decorrenza della pensione, invece, per i lavoratori dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva richiesti per il conseguimento del trattamento pensionistico entro la data di cessazione del rapporto di lavoro. Nessuno slittamento neppure per i lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento di limite di età.

 

Tempi ridotti per chi è in mobilità - Resta in vigore l'attuale sistema delle finestre, ma solo per 10.000 trattamenti l'anno, per chi è in mobilità ordinaria sulla base di accordi sindacali stipulati entro il 30 aprile 2010 e matura i requisiti per il pensionamento entro il periodo di pagamento dell'indennità, e per chi è in "mobilità lunga". Attesa ridotta anche per i lavoratori che, all'entrata in vigore del decreto, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore.

Liquidazioni, chi le prende a rate - Per quel che riguarda invece la liquidazione dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, le norme prevedono che questa venga pagata:

- in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro;

- in due importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro e il secondo importo annuale è pari all'ammontare residuo;

- in tre importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente uguale o superiore a 150.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 60.000 euro e il terzo importo annuale è pari all'ammontare residuo. Liquidazione ancora intera, invece, nel caso di collocamenti a riposo per raggiungimento dei limiti di età entro la data del 30 novembre prossimo.

Le novità sulle pensioni direttamente a casa - Sarà comunque più facile, da ora in poi, avere tutte le informazioni sullo stato della propria situazione contributiva. L'Inps ha infatti provveduto ad inviare lettere personalizzate a tutti i dipendenti con il Pin per l'accesso ai servizi on line che consentono anche di presentare la domanda di pensione direttamente sul sito dell'Inps e di seguire tutta la pratica. Per chi avesse già il Pin è sufficiente andare nell'area "servizi al cittadino". Chi non è ancora registrato, invece, può presentare la richiesta da questa pagina del sito.

© Riproduzione riservata (04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico"

Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro della Giustizia attacca la scelta dei magistrati: "Chiediamo a loro sacrifici così come al resto del Paese. Ma mi batterò contro i tagli agli stipendi delle giovani toghe"

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico" Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro Alfano

ROMA - "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, però mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perchè su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto". All'indomani della proclamazione dell'agitazione delle toghe contro la manovra economica, il ministro della Giustizia Angelino Alfano rimanda al mittente le critiche dei magistrati. Aprendo, però, sui tagli ai giovani magistrati.

Alfano ammette infatti che non tutto nella manovra è senza pecche. In particolare la questione dei tagli alle retribuzioni. "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese, quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema" precisa il Guardasigilli ai microfoni del Tg2 da Lussemburgo, dove si trova per il Consiglio Ue della Giustizia. Aspetto, questo, sottolineato anche dalle toghe. "Un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)" dice l'Anm.

Ieri le toghe avevano parlato di "misure eccessivamente penalizzanti", di "tagli iniqui alle retribuzioni" e di "destrutturazione del servizio giustizia". Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Poi l'Anm si concentra sul pacchetto di interventi decisi dal governo, che toccano le retribuzioni delle toghe. Sottolinenando come i magistrati più giovani subiranno "una riduzione di stipendio fino al 30%". Una critica, questa, che anche Alfano mostra di condividere.

E all'affondo di Alfano replica, immediatamente, l'Anm. Che nega la coloritura politica dell'agitazione: "Vedendo la manovra - dice il presidente dell'Anm, Luca Palamara - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico"

Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro della Giustizia attacca la scelta dei magistrati: "Chiediamo a loro sacrifici così come al resto del Paese. Ma mi batterò contro i tagli agli stipendi delle giovani toghe"

Manovra, Alfano ai magistrati: "Sciopero politico" Anm: "Lottiamo contro misure punitive"

Il ministro Alfano

ROMA - "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, però mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perchè su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto". All'indomani della proclamazione dell'agitazione delle toghe contro la manovra economica, il ministro della Giustizia Angelino Alfano rimanda al mittente le critiche dei magistrati. Aprendo, però, sui tagli ai giovani magistrati.

Alfano ammette infatti che non tutto nella manovra è senza pecche. In particolare la questione dei tagli alle retribuzioni. "Ai giovani magistrati si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il Paese, quindi mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema" precisa il Guardasigilli ai microfoni del Tg2 da Lussemburgo, dove si trova per il Consiglio Ue della Giustizia. Aspetto, questo, sottolineato anche dalle toghe. "Un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)" dice l'Anm.

Ieri le toghe avevano parlato di "misure eccessivamente penalizzanti", di "tagli iniqui alle retribuzioni" e di "destrutturazione del servizio giustizia". Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali, i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Poi l'Anm si concentra sul pacchetto di interventi decisi dal governo, che toccano le retribuzioni delle toghe. Sottolinenando come i magistrati più giovani subiranno "una riduzione di stipendio fino al 30%". Una critica, questa, che anche Alfano mostra di condividere.

E all'affondo di Alfano replica, immediatamente, l'Anm. Che nega la coloritura politica dell'agitazione: "Vedendo la manovra - dice il presidente dell'Anm, Luca Palamara - sicuramente emergono degli aspetti che ci portano a ritenere che sia mossa da intenti punitivi".

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-06-03

MANOVRA

Anm proclama lo sciopero dei magistrati

Berlusconi: "Con Tremonti lealtà e amicizia"

Contro le decisioni del Governo si mobilitano tutte le magistrature che esprimono il loro dissenso nei confronti di "tagli iniqui e penalizzanti". Berlusconi: "Certo del senso di responsabilità della maggioranza"

Anm proclama lo sciopero dei magistrati Berlusconi: "Con Tremonti lealtà e amicizia"

ROMA - La manovra varata dal Governo non piace all'Associazione nazionale magistrati che ha indetto uno sciopero di tutta la categoria contro gli effetti della misure 1 ritenute "ingiustamente punitive". Tempi e modalità dell'astensione dal lavoro delle toghe saranno decisi sabato dal 'parlamentino' del sindacato delle toghe. Il 'pacchetto' che i vertici dell'Anm proporranno tra due giorni al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza".

Intanto una nota del portavoce del presidente del Consiglio diffusa da Palazzo Chigi cerca di mettere a tacere le ipotesi di tensioni tra il premier e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ''Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, - è scritto nella nota- sta lavorando con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, su due punti essenziali: a) sulla manovra di stabilizzazione finanziaria. Una manovra basata sull'impegno europeo e poi sviluppata attraverso un comune e intenso lavoro di preparazione. Nell'ambito di una grave crisi finanziaria, la più grave nel mondo dopo quella del 1929, il Governo Berlusconi è fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia. Il Governo la presenterà in Parlamento forte delle sue convinzioni, certo del senso di responsabilità della sua maggioranza; b) su ciò che è necessario e possibile per rendere il nostro Paese competitivo sulla crescita, a partire da un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche''.

La nota si chiude con un riconoscimento al lavoro condiviso e al legame personale: ''Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale''.

La protesta dell'Anm. Mentre sembra essere tornato l'accordo tra il premier e il ministro dell'Economia, non si placa il malumore dei magistrati. Il comitato ribadisce "l'assoluta contrarietà alle misure eccessivamente penalizzanti per i magistrati contenute nel decreto legge che, invece, non incide su alcuna delle fonti di spreco delle risorse del settore più volte segnalate. Partecipare consapevolmente allo sforzo di risanamento richiesto al Paese non significa accettare tagli iniqui alle retribuzioni e un'ulteriore destrutturazione del servizio giustizia".

Per la giunta esecutiva centrale dell'Anm "questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali (già beneficiati da numerosi condoni), i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; e svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura".

Il pacchetto di interventi decisi dal governo, inoltre, "incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30%.

Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura; colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio: un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio)".

"Il governo metta in atto interventi strutturali". L'Anm rinnova al governo la richiesta di "interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metà degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro; il recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia, circa 1 miliardo di euro l'anno; la sospensione dei processi con imputati irreperibili (che costano decine di milioni di euro solo per il pagamento delle spese di patrocinio)". I magistrati - conclude la nota della Giunta - "intendono denunciare all'opinione pubblica e al Paese le gravi disfunzioni del sistema giudiziario, rappresentando le attività di supplenza di cui si fanno carico quotidianamente nell'interesse dei cittadini".

(03 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-02

La sferzata di Napolitano su manovra e legge bavaglio

''Penso che dal confronto ancora in corso possano uscire soluzioni, se non condivise da tutti, piu' accettabili per tutti''. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, commentando il dibattito politico e parlamentare sul ddl intercettazioni.

A chi gli chiedeva un commento sulla preoccupazione diffusa sui rischi per un'informazione limitata, Napolitano ha replicato che, ''mi pare che la discussione sia ancora del tutto aperta. Non c'e' stata nessuna scelta definitiva. Da parte della maggioranza si discute ancora di emendamenti. C'e' stato un rinvio in commissione. Mi auguro che ci sia il massimo avvicinamento possibile fra posizioni finora contrapposte. Siccome da parte dell'opposizione si intende dare, mi pare, un contributo alla soluzione dei problemi, penso che si possa arrivare a soluzioni piu' accettabili per tutti''. ''I problemi - ha aggiunto il capo dello Stato - sono molto complessi. Sono quelli della garanzia della liberta' di stampa e della liberta' d'indagine, e anche della garanzia del rispetto

della dignita' e della privatezza delle persone''.

Giorgio Napolitano ha anche parlato della manovra economica dell'esecutivo, dicendo che e' responsabilita' del Governo assicurare che le misure contenute nella manovra economica siano eque. ''Io posso solo auspicare che la manovra economica sia equa, sia attenta a tante esigenze, ma - ha detto Napolitano ai giornalisti - le manovre non le faccio io. C'e' un decreto del Governo che si e' assunto la responsabilita' e c'e' il Parlamento che lo discute. Non mi pronuncio nel merito del decreto. Non posso farlo e non intendo farlo''.

Il capo dello Stato ha spiegato che nei contatti che ha avuto col governo ha messo ''soltanto l'accento su alcune esigenze che

corrispondono a principi fondamentali della nostra Costituzione''. Si tratta dell'esigenza di promuovere la cultura, la ricerca, l'educazione e la formazione al massimo livello, ''condizioni per avere un futuro come Paese in Europa e nel mondo'' .

02 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-02

CONTI PUBBLICI

L'Idv presenta 'contromanovra' da 65 miliardi

33 per il risanamento e 32 per lo sviluppo

Presentatate da Di Pietro le misure alternative a quelle del governo. Tra i tagli quasi abolizione dei vitalizi, delle auto blu e della totalità delle province. Maggiore tassazione delle rendite, reintroduzione dell'Ici. Ma forte riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle impresedi ROSARIA AMATO

L'Idv presenta 'contromanovra' da 65 miliardi 33 per il risanamento e 32 per lo sviluppo

Il presidente dell'Idv Antonio Di Pietro

ROMA - Soppressione di tutte le province (a eccezione di Roma, Milano e Napoli), reintroduzione dell'Ici (fatte salve le esenzioni stabilite dal governo Prodi), blocco quasi totale delle auto blu, addizionale del 7,5 per cento sui capitali regolarizzati tramite scudo fiscale, eliminazione del vitalizio ai parlamentari e ai consiglieri regionali: sono alcune delle norme contenute nella 'contromanovra' presentata stamane dal presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro a Montecitorio. Una finanziaria da 65 miliardi di euro, dei quali 40 per il 2011 e 25 per il 2012, e che, ha spiegato l'ex pm, intende promuovere equità e sviluppo, oltre a ridurre la spesa. "Proponiamo una manovra biennale di più di 65 miliardi, di cui 33,5 dedicati alla riduzione del deficit e 32 allo sviluppo, in particolare attraverso la riduzione del carico fiscale a lavoratori e piccole e medie imprese". Di Pietro ha sottolineato come, al contrario, la manovra approvata dal governo sia "depressiva", e rischi di rallentare la ripresa (rischio tra l'altro segnalato nei giorni scorsi tanto dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini in occasione del Rapporto Annuale che dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi all'Assemblea Annuale).

"Proponiamo una manovra anticiclica pari a quasi quattro punti di Pil per il biennio 2011-2012, che riduca anche la pressione fiscale trasferendola almeno in parte dal lavoro, dalle famiglie e dalle imprese, alla rendita speculativa - ha detto Di Pietro - La manovra Tremonti non va in questa direzione ed è recessiva, anche se condividiamo alcune delle misure proposte. L'Europa ha bisogno di una politica espansiva concertata, che tenga a freno la speculazione e generi una crescita equilibrata". "I tagli - ha aggiunto il leader dell'Idv - devono essere, inoltre, accompagnati da riforme strutturali, dal fisco al welfare, per rilanciare la crescita, ridurre stabilmente il deficit dei conti pubblici ed ottenere il consenso delle popolazioni, consenso senza il quale ogni manovra rischierebbe di essere vanificata dalle resistenze di ampi settori di cittadini".

 

Le misure in dettaglio. La contromanovra dell'Idv prevede, come detto, misure di risanamento per l'ammontare di 33,5 miliardi di euro (24,1 miliardi nel 2011 e 9,4 nel 2012) e interventi per lo sviluppo per 32 miliardi (16 per le famiglie e 16 per le imprese). Le risorse arriverebbero dalla lotta all'evasione fiscale (27,8 miliardi, dei quali 20,6 nel 2011 e 7,2 nel 2012); dal taglio dei costi della politica (24,75 miliardi, dei quali 13 nel 2011 e 11,75 nel 2012), e dai tagli alla spesa pubblica (13 miliardi, dei quali 6,5 dal 2011). Tra le misure più rilevanti, prevista dall'Idv la completa soppressione delle province, con l'unica eccezione di Roma, forse con Milano e Napoli perché, spiega l'onorevole Antonio Borghesi, estensore della manovra, "altrimenti sarebbe necessaria una legge di riforma costituzionale, mentre mantenendo una o due province è sufficiente la legge ordinaria". Il risparmio previsto è di tre miliardi. Dal blocco quasi totale delle auto blu (fatte salve dieci vetture per la presidenza del Consiglio, per i Comuni con oltre un milione di abitanti e poche altre istituzioni) arriverebbero cinque miliardi. Anche l'Idv abrogherebbe gli enti inutili, ma non ritiene convincente la lista compilata dal ministero dell'Economia (stralciata poi dalla manovra su indicazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), e propone piuttosto quella stilata diversi anni fa dall'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, e che prevedeva l'abrogazione di 119 strutture).

Equità e lotta all'evasione fiscale. Ancora, l'Idv chiede la reintroduzione dell'Ici, dalla quale si otterrebbero 1,7 miliardi l'anno (rimarrebbero le esenzioni introdotte dal governo Prodi). Tasserebbe con l'aliquota del 20 per cento le plusvalenze finanziarie speculative (esclusi naturalmente i rendimenti dei titoli di Stato): si otterrebbero 1,2 miliardi l'anno. Intensificherebbe la lotta all'evasione fiscale: tra le misure previste un redditometro a riscossione immediata, attraverso il quale si procederebbe alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche e delle società di capitale minori (3 miliardi). Tasserebbe con un'addizionale del 7,5 per cento i capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale (arrivando così al 12,5 per cento previsto dalla legge per l'imposta sostitutiva applicata alle rendite finanziarie, e ottenendo 7,5 miliardi di euro).

Nuove entrate e tagli di spesa. L'Idv metterebbe poi all'asta le frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, "come hanno fatto altri Paesi: Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia", guadagnando così tre miliardi. Eliminerebbe il vitalizio per i parlamentari e i consiglieri regionali, ottenendo un miliardo l'anno. Ridurrebbe i consumi intermedi della Pubblica Amministrazione, anche attraverso un rafforzamento del ruolo della Consip (l'ente pubblico che bandisce le aste per gli enti pubblici, ottenendo quasi sempre ingenti risparmi sulle forniture, ndr), incassando così 5 miliardi l'anno. E poi abolirebbe i finanziamenti a opere ritenute inutili, a cominciare dal ponte sullo Stretto di Messina.

Misure per lo sviluppo: famiglie e imprese. La controfinanziaria dell'Idv ripartisce poi equamente tra famiglie e imprese misure per la riduzione fiscale e di promozione alla crescita per l'equivalente di 32 miliardi. Per le famiglie (16 miliardi) previsti aumenti delle detrazioni, alleggerimento del carico Irpef sui redditi bassi e medi da lavoro e pensione, estensione degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori atipici. Mentre i 16 miliardi destinati alle piccole e medie imprese verrebbero utilizzati per la riduzione del costo del lavoro e per permettere il pagamento dell'Iva al momento dell'incasso e non in anticipo, come avviene oggi.

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2010-06-01

2 GIUGNO

Napolitano: per risollevarsi dalla crisi

servono un grande sforzo e sacrifici

Nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa della Repubblica il Capo dello Stato torna a sollecitare un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche

Napolitano: per risollevarsi dalla crisi servono un grande sforzo e sacrifici Giorgio Napolitano

ROMA - Giorgio Napolitano lancia un nuovo appello agli italiani in cui chiede solidarietà e responsabilità per uscire dalla crisi. "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto il Capo dello Stato nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, tornando a sollecitare - dopo l'invito a un impegno condiviso 1 rivolto ieri alle amministrazioni pubbliche - un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.

"Un augurio affettuoso a quanti vivono e operano nel nostro paese per la festa che celebriamo insieme: festa dell'Italia che si unì e si fece Stato 150 anni orsono, festa della Repubblica che il popolo scelse liberamente il 2 giugno 1946", ha detto, "in questo momento, sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro".

"Parlo dei problemi del lavoro e della vita quotidiana, dell'economia e della giustizia sociale", ha aggiunto, "Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud. Si deve, guardando ai giovani, promuovere una migliore educazione e formazione, fare avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevare la produttività del nostro sistema economico: solo così si potrà creare nuova e buona occupazione".

"Il confronto tra le opposte parti politiche deve concorrere al raggiungimento di questi risultati, e non produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a se stesso", ha affermato il Capo dello Stato, "Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito - nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società - tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere". Quindi, ha concluso Napolitano, "ci accomuni un forte senso delle responsabilità cui fare fronte perché l'Italia consolidi la sua unità, si rinnovi, divenga più moderna e più giusta e si dimostri capace di dare il suo contributo alla causa della pace e della giustizia nel mondo."

(01 giugno 2010)

 

 

 

2010-05-31

ASSEMBLEA BANKITALIA

Manovra, Draghi promuove i tagli

"Evasione causa della macelleria sociale"

Per via Nazionale la manovra era "inevitabile", ma ne vanno monitorati gli effetti e soprattutto bisogna agire per favorire la ripresa. Per questo, servono riforme strutturali. Il mercato del lavoro deve offrire prospettive ai giovani. Dall'euro "non si torna indietro"di ROSARIA AMATO

Manovra, Draghi promuove i tagli "Evasione causa della macelleria sociale"

Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi

ROMA - La manovra economica approvata dal consiglio dei Ministri arriva al momento giusto e interviene in modo corretto, riducendo la spesa primaria, ma "la correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita". Nelle "Considerazioni finali" lette stamane all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi esprime un giudizio positivo sulle misure della finanziaria: "Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana". Una medicina amara, dunque, ma indispensabile sulla quale via Nazionale si riserva comunque "un attento scrutinio degli effetti, per garantire il conseguimento degli obiettivi". Soprattutto, Draghi ricorda che la crisi rende ancora più urgenti le riforme strutturali, necessarie al rilancio del Paese: "La caduta del prodotto accresce l'onere per il finanziamento dell'amministrazione pubblica; i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani". Riferendosi ai guasti dell'evasione fiscale, il governatore della Banca d'Italia, con una soprendente aggiunta 'a braccio' al testo scritto, parla di "macelleria sociale", espressione cara agli esponenti dell'estrema sinistra, che Draghi definisce "rozza ma efficace". "Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea", spiega. La sfida di oggi, conclude dunque il governatore, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita".

 

LE "CONSIDERAZIONI FINALI" DI DRAGHI

Una regolamentazione universale per la finanza. La lezione della crisi è però molto più ampia, e naturalmente va ben oltre i confini italiani, ricorda Draghi: "La crisi ci ha ricordato in forma brutale l'importanza dell'azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici. E' una lezione che vale per il mondo, per l'Europa, per l'Italia". Il governatore della Banca d'Italia sottolinea pertanto ancora una volta l'importanza di una regolamentazione "universale, almeno nei suoi principi fondamentali", "dell'industria dei servizi finanziari". "Rafforzare le difese del sistema è indispensabile, nei singoli paesi e a livello internazionale. Fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso", afferma Draghi.

Dall'euro non si torna indietro. C'è anche un'altra importante lezione che la Banca d'Italia invita a cogliere dalla crisi, e in particolare dai suoi ultimi sviluppi europei, con riferimento alla Grecia: "Se è stato illusorio pensare che la moneta da sola potesse 'fare' l'Europa, oggi l'unica via è quella di rafforzare la costruzione europea nella politica, con un governo dell'Unione più attivo, nella disciplina dei bilanci pubblici e nel progresso delle riforme strutturali, con un nuovo patto di stabilità e crescita al tempo stesso più vincolante e più esteso". Tenendo presente che, per via Nazionale, "l'euro vive con tutti i suoi membri, grandi e piccoli, forti e deboli". Dall'euro, insomma, ammonisce Draghi, "non si torna indietro".

Gli effetti della crisi: famiglie e imprese. Le conseguenze della crisi per l'Italia sono state drammatiche: nel biennio 2008-2009 il Pil è sceso di 6 punti e mezzo, "quasi la metà di tutta la crescita che si era avuta nei dieci anni precedenti", ricorda Draghi. E ancora: "Il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4 per cento, i loro consumi del 2,5 per cento. Le esportazioni sono caudte del 22 per cento". "L'incidenza della Cassa integrazione guadagni sulle ore lavorate nell'industria è salita al 12 per cento alla fine del 2009. L'occupazione è diminuita dell'1,4 per cento; il numero di ore lavorate del 3,7 per cento. I fallimenti d'impresa sono stati 9.400 nel 2009, un quarto in più rispetto all'anno precedente". Anche se una parte delle imprese si era invece attrezzata ad affrontare il peggio: "Stanno soffrendo sopratutto le imprese più piccole, spesso dipendenti da rapporti di subfornitura. Le aziende che avevano avviato processi di ristrutturazione prima della crisi hanno retto meglio l'urto; oggi presentano delle prospettive migliori", tanto da prevedere per il 2010 "un aumento del fatturato di 3 punti superiore a quello di imprese simili non ristrutturate". E' anche una questione di dimensioni: "Tra le imprese industriali con 50 e più addetti che hanno investito in ricerca e sviluppo nel triennio precedente la crisi, l'aumento previsto del fatturato è di oltre il 6 per cento".

Gli effetti positivi della politica economica. E' andata male, ma sarebbe potuta andare peggio. A fare la differenza è stata la politica economica, sottolinea Draghi: "La politica economica ha limitato il danno, in una misura stimabile in due punti di Pil, attribuibili per circa un punto alla politica monetaria, per mezzo punto agli stabilizzatori automatici inclusi nel bilancio pubblico, per il resto alle misure di ricomposizione di entrate e spese decise dal governo". E di conseguenza, "la crescita del disavanzo pubblico è risultata inferiore a quella delle altre economie avanzate".

Manovra tempestiva e "inevitabile". A questo punto però è diventato inevitabile prendere "misure dirette al rientro del disavanzo", che la crisi ha comunque ampliato. La manovra approvata dal governo va pertanto nella giusta direzione, a giudizio di via Nazionale: "Il rapporto tra debito pubblico e Pil era diminuito di 187 punti percentuali tra il 1994 e il 2007. In questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8 per cento. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana".

Ma va coniugata con il ritorno alla crescita. Tagliare la spesa è indispensabile, ma l'Italia deve tornare crescere. La sfida di oggi, sottolinea Draghi, è quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Una sfida che "si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità,; desiderio di sapere, solidarietà".

Gli evasori responsabili della "macelleria sociale". Per crescere servono anche le riforme. Innanzitutto deve essere combattuta in modo radicale l'evasione fiscale, gravoso freno alla crescita "perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Il governatore fa una piccola ma durissima aggiunta a braccio al testo scritto: "Credo che gli evasori siano tra i responsabili della macelleria sociale, espressione rozza, ma efficace". Il valore aggiunto sommerso, secondo stime dell'Istat, ricorda Draghi, ammonta al 16 per cento del Pil. Tra il 2005 e il 2008 è stato evaso il 30 per cento della base imponibile dell'Iva: "in termini di gettito, sono oltre tre miliardi l'anno, 2 punti di Pil". Tanto che "se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il Pil sarebbe tra i più bassi dell'Unione Europea". "Combattere l'evasione", a giudizio della Banca d'Italia, "deve essere una leva di sviluppo", anche attraverso la riduzione delle aliquote: "il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti".

Il mercato del lavoro: giovani sempre più a disagio. Tra le riforme non rinviabili c'è quella del mercato del lavoro, che deve "superare la segmentazione e stimolare la partecipazione", soprattutto dei giovani, il cui disagio, ricorda Draghi come già aveva fatto qualche giorno fa l'Istat nel Rapporto Annuale, è stato fortemente acuito dalla crisi. "Nella fascia di età tra 20 e 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13 per cento nella media del 2009. sottolinea il governatore della Banca d'Italia - La riduzione rispetto al 2008 della quota di occupati tra i giovani è stata quasi sette volte quella osservata tra i più anziani. Hanno pesato sia la maggiore diffusione fra i giovani dei contratti di lavoro a termine sia la contrazione delle nuove assunzioni, del 20 per cento". Urge allora una riforma vera, anche perché "i giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia", e perché la "disoccupazione persistente" nelle fasi iniziali della carriera lavorativa "tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse". Aprire il mercato del lavoro ai giovani non significa certo aggravare il conflitto generazionale, tutt'altro, rileva Draghi: "I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile".

Riforma pensioni. La relazione di Draghi contiene anche un apprezzamento per la riforma delle pensioni: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita". Nella stessa direzione "si muovono gli interessi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego". Per cui adesso, conclude Draghi, "il processo di riforma del sistema pensionistico potrà essere completato con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiore flessibilità nel pensionamento".

Combattere la corruzione, rilanciare il Mezzogiorno. Nelle "Considerazioni finali" il governatore torna più volte sulle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, e sul loro vero significato, che è uno solo: bisogna superare il divario tra Nord e Sud , che frena lo sviluppo dell'intero paese. E per farlo, occorre combattere la corruzione e la criminalità organizzata: "Studi empirici dimostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico. Stretta è la connessione tra la densità della criminalità organizzata e il livello di sviluppo: nelle tre Regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato (Sicilia, Calabria e Campania, ndr) il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per cento di quello del Centro Nord".

I valori dell'Italia unita. Così come sottolinea l'importanza di un'unione monetaria inclusiva anche dei paesi più deboli, Draghi chiede un'Italia che riscopra i suoi valori unitari, e senza temere di cadere nella retorica fa due esempi, riferiti al passato. "La più grande sfida sul piano delle riforme strutturali fu affrontata quando l'Italia appena unita entrò nel consesso europeo con il 75 per cento di analfabeti, contro il 30 per cento del Regno Unito e il 10 per cento della Svezia". Una sfida vinta, una vittoria "alla base del miracolo economico dell'ultimo dopoguerra". Draghi ricorda poi anche la grave crisi di bilancio del 1992: anche in questo caso una sfida difficile vinta dal paese, con tutte le sue componenti.

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Berlusconi: "Draghi riconosce il nostro impegno"

Bersani: "Da Draghi prospettiva ben diversa"

Analoga la posizione di Epifani: "La manovra parla di equità e solidarietà, la finanziaria no". Bonanni: "Bene l'attacco all'evasione fiscale". Marcegaglia: "Ha condiviso le stesse cose che abbiamo detto noi, in particolare sulla riduzione della spesa"

Berlusconi: "Draghi riconosce il nostro impegno" Bersani: "Da Draghi prospettiva ben diversa"

Il premier Berlusconi

ROMA - Il premier Silvio Berlusconi apprezza "il riconoscimento che Mario Draghi ha dato all'azione di governo in termini di riduzione della spesa e lotta all'evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit di bilancio" nelle sue Considerazioni finali. "E' dall'inizio della legislatura - prosegue Berlusconi in una nota di commento alla relazione di Bankitalia - che il governo ha fatto propria la sfida lanciata dal governatore per coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita. Un impegno che intendiamo proseguire, sostenuti anche dallo stimolo della Banca d'Italia. Concordo con Draghi: il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida".

"Ha promosso sostanzialmente la manovra", afferma con altrettanta soddisfazione il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, in Cina con la Missione Economica italiana. "In modo particolare ho apprezzato le considerazioni sul sistema previdenziale e sull'efficacia delle misure adottate tanto per le finestre mobili quanto per i regolamenti che dal 2015 determineranno l'aggancio tra l'età della pensione e l'aspettativa di vita", aggiunge Sacconi. Soddisfazione anche da parte di Confindustria: "Ha condiviso le stesse cose che abbiamo detto noi - afferma la presidente, Emma Marcegaglia - In particolare l'opinione che è essenziale ridurre la spesa pubblica, una riperimetrazione della spesa e il saperla coniugare con la crescita e la competitività".

Mentre il segretario del Pd Pierluigi Bersani sottolinea come, pur promuovendo la manovra, Draghi in realtà vada ben oltre: "Dalla relazione di Mario Draghi sono venute parole preoccupate e veritiere sulla situazione italiana. Un intervento che ha parlato di sforzo coerente ed unitario, di crescita, di riforme. E' un terreno ben più alto di quello che ci propone la manovra, una manovra che, al di là della sua inevitabilità, emerge dalla relazione come contraria alla ripresa, inconsistente dal lato delle riforme e aleatoria dal punto di vista delle prospettive di controllo della spesa".

 

Ancora più critico Sandro Gozi, responsabile delle politiche europee del Pd: "Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha confermato che la manovra varata dal governo non presenta alcuna strategia per il rilancio della crescita del nostro Paese. Oltre a ricordare quanto le famiglie italiane stiano pagando il peso della crisi, il governatore ha messo all'indice l'apartheid che continua a riguardare i giovani tra i 20 e i 34 anni, sempre più ai margini del mercato del lavoro, e ha bollato come 'macelleria sociale' gli effetti della corruzione e dell'evasione fiscale".

Anche il segretario della Cgil Guglielmo Epifani sottolinea come Draghi chieda di andare oltre i tagli alla spesa: "E' una relazione abbastanza onesta, che contiene due parole importanti, unite alla politica dei sacrifici: equità e solidarietà. Parole che non ho trovato nella manovra correttiva del governo". Quanto al riferimento ai giovani fatto da Draghi, il segretario della Cgil ha detto che "è una sfida che bisogna saper raccogliere".

Positivo anche il commento del segretario della Cisl Raffaele Bonanni, "Credo che sia importante che abbia detto che la vera macelleria sociale si fa quando si evadono le tasse e quando si perpetuano gli sprechi. Attraverso il contrasto

dell'evasione si può arrivare ad una riforma fiscale che è la cosa a cui miriamo noi. Quindi, ringrazio il governatore della Banca d'Italia". Analoga la posizione della Uil: "Condividiamo, in particolare, la denuncia sull'evasione fiscale, fatta dal governatore della Banca d'Italia, Draghi che l'ha definita la vera 'macelleria sociale'", dichiara in una nota il segretario confederale Antonio Foccillo.

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LA POLEMICA

Italia Futura attacca Tremonti

"Imperatore dei marziani"

Italia Futura attacca Tremonti "Imperatore dei marziani"

Giulio Tremonti

ROMA - Sul sito di Italia Futura, la fondazione di Luca di Montezemolo, è apparso questa mattina un durissimo editoriale contro il ministro Tremonti, firmato con uno pseudonimo. Il titolare del Tesoro viene definito "l'imperatore dei marziani".

Ecco alcuni stralci del pezzo.

"Questa mattina, proseguendo il censimento di coloro che dopo decenni di politica sembrano essere appena sbarcati da un altro pianeta, Zamjatin (pseudonimo usato dall'editorialista ndr) ha letto con attenzione l’intervista che il ministro dell’� economia Giulio Tremonti ha concesso ad uno dei principali quotidiani italiani (il Corriere della Sera ndr).

Eppure Zamjatin si è chiesto se l’intervistato fosse proprio il ministro dell’economia, o se invece si trattasse di un filosofo della storia che in questo difficile giorno voleva distrarre i lettori con considerazioni sui tempi lunghi dell’umanità e sul valore profetico che le sue visioni hanno mostrato nel corso degli anni. Sì, perché dall’intervista si apprende che il filosofo Tremonti già nel 2008 aveva scritto il copione della crisi nel suo libro "La paura e la speranza"; già nel 1997 aveva rinverdito le basi "dell’illuminismo giuridico" nel suo libro "Lo Stato criminogeno"; già nel 1994 aveva denunciato il "drammatico errore politico" della globalizzazione nel suo libro "Il fantasma della povertà". Così come Zamjatin vi ha trovato poche notizie sulla manovra economica ma certamente molti spunti per dottissime conversazioni estive.

Non tutti i popoli sono fortunati come gli italiani, che alla guida dell’economia si trovano un filosofo e non un semplice ministro. Ma per Zamjatin è stato inevitabile domandarsi se il filosofo della storia Tremonti, dotato di tanta capacità di previsione, sia lo stesso che in questo quindicennio è stato ministro delle finanze e dell’economia per un totale di circa otto anni. O se il Tremonti antielitario che oggi descrive il "tornante della storia … avvertito più dal basso che dall’alto, più che dai popoli che dalle élites" sia lo stesso che occupa da anni la presidenza dell’Aspen Institute che tanta élite riunisce con tanta efficacia. O se si tratti dello stesso uomo politico che ha incarnato molteplici parti in commedia sin da quando, ormai trent’anni fa, si è affacciato sulla scena del potere romano. Perché Tremonti è lo stesso che è stato dapprima nel motore del riformismo socialista con Reviglio, poi esponente del nuovismo post-democristiano con Segni, quindi transfuga nelle file del primo Berlusconi, poi ancora avversario della moneta unica europea, successivamente l’indimenticabile ministro della finanza creativa e della cartolarizzazione, quindi l’� uomo di riferimento della Lega nel cuore del berlusconismo, quindi l’oracolo che prevedeva ogni crisi internazionale, poi il ministro nuovamente indimenticabile dell’ennesimo condono, quindi colui che cinguettava con gli immortali spiriti anticapitalisti della sinistra per silenziare gli economisti e infine l’alfiere del rigore. Tutte incarnazioni diverse per un unico percorso personale, naturalmente legittimo ma altrettanto naturalmente lontano da ogni coerenza politica che non sia quella della più tenace promozione di sé. Un percorso che oggi raggiunge il suo apice, soprattutto laddove il ministro scopre che la vera anomalia italiana è "l’e vasione fiscale colossale". Non c’è dubbio. A Tremonti spetta a buon diritto la corona di Imperatore dei Marziani".

(31 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

2010-05-30

Manovra, i dubbi dei finiani

"Se Bondi critica problemi seri"

Il vicecapogruppo Pdl Bocchino dopo le critiche del ministro della Cultura ai tagli: "Impensabile togliere risorse al bene più prezioso del nostro Paese"

Manovra, i dubbi dei finiani "Se Bondi critica problemi seri"

Italo Bocchino

ROMA - "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma Italo Bocchino vicecapogruppo del Pdl alla Camera e presidente di Generazione Italia, esponente dell'ala finiana del Pdl. Ieri il ministro della Cultura aveva espresso perplessità sulla parte della finanziaria che impone pesanti riduzioni di bilancio a enti e isituti di cultura e ricerca: "Condivido l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti - ha detto Bondi - ma non sono d'accordo con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo".

"Da un lato - rileva Bocchino - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

(30 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

Calderoli: "Federalismo, no marce indietro

Piuttosto riduciamo i tagli alle Regioni"

Il ministro leghista: "Sui numeri Tremonti ha fatto un po' di terrorismo, la riduzione degli stipendi non è così forte"

di RODOLFO SALA

Calderoli: "Federalismo, no marce indietro Piuttosto riduciamo i tagli alle Regioni" Roberto Calderoli

MILANO - Ministro Calderoli, non solo l'opposizione dice che con questa manovra da lacrime e sangue sarà impossibile fare il federalismo fiscale. Lo sostiene anche il presidente della Lombardia Formigoni, e per tutta risposta lei annuncia l'anticipo a giugno dei decreti sui costi standard e sull'autonomia impositiva: ma come faranno i conti a quadrare?

"Sono sconvolto, chi parla di federalismo a rischio o è ignorante o in malafede. Per un mese hanno detto che costava troppo, poi sono passati alla tesi del tesoretto messo da parte da Tremonti con questa manovra per finanziarlo, e negli ultimi quindici giorni hanno concluso che non ci sono soldi per farlo. Io sono il primo a riconoscere che l'intervento sulle Regioni è stato pesante, e penso anche che qualcosa si possa migliorare".

Però?

"Formigoni e tutti questi signori si mettano d'accordo e prendano atto che questo anticipo di cui parlo non costa niente".

Un esempio concreto?

"Un pacemaker costa 220 euro in Campania e 430 in Trentino. Sembra che a Napoli siano più virtuosi, ma poi si scopre che in quella Regione su otto pacemaker acquistati solo uno viene impiantato, gli altri sette spariscono. Se fissiamo il costo standard a 250 euro, siamo sicuri che le Regioni virtuose risparmieranno, le altre salteranno in aria".

E l'autonomia impositiva?

"Per i Comuni c'è già, con la service tax che accorperà tutti i tributi locali e sostituirà le imposte in capo allo Stato. Confermo: si può partire a giugno".

Su questa manovra c'è stato un durissimo braccio di ferro nel governo e nella maggioranza, ha vinto Tremonti, e voi leghisti siete stati decisivi...

"Chi ha le responsabilità di gestire i numeri, perché fa il ministro dell'Economia, ha anche il dovere di farli condividere ai suoi compagni di squadra che magari non masticano alla perfezione la materia. Alla fine molti hanno capito quel che all'inizio non potevano capire. C'era il timore di un eccesso di terrorismo da parte di Tremonti, finalizzato a far passare la manovra".

E questo timore l'aveva anche il presidente del Consiglio?

"Beh, lui l'economia un po' la conosce, e quando io stesso ho avuto la possibilità di spiegargli bene che ci sarebbero stati sacrifici per tutti, altrimenti avremmo portato i libri in tribunale, ha condiviso l'entità e lo spirito di questa manovra".

Sacrifici per tutti, lei dice.

"Certo. Io ho voluto giocare d'anticipo cominciando a indicare i tagli alle indennità di parlamentari: il dieci per cento sulla parte di stipendio decisa dallo Stato, circa 5.500 euro, il resto dipende dall'autonomie delle Camere, e mi auguro che i presidenti dei due rami del Parlamento taglino sul resto".

Per ora, almeno, non è molto. Il grosso dei risparmi arriverà dai tagli ai dirigenti del pubblico impiego.

"Intanto non pagano il dieci per cento: hanno il blocco dello stipendio del cinque solo sopra i centomila euro, e solo nel secondo scaglione si arriva al dieci. E se qualcuno adesso si mette a scappare in pensione perché ha paura che gli venga rateizzato il Tfr, dico che non è un servitore dello Stato: se ne vada pure. Ci sarebbe un discorso da fare anche sugli stipendi dei consiglieri regionali".

Non sono equiparati a quelli dei parlamentari?

"Non sempre, le Regioni possono anche decidere diversamente e pagare i consiglieri più dei parlamentari. Se lo fanno, io sono per una soluzione "spintanea": gli tagliamo i trasferimenti dalla Stato".

C'è stata un po' freddezza con il Quirinale, non si capisce bene quale testo sia stato sottoposto al Presidente...

"Succede sempre, tutti i decreti legge stanno qualche giorno dal Capo dello Stato per i necessari aggiustamenti".

Bersani non la pensa così e parla di "spettacolo inverecondo".

"Grande scorrettezza, lui è stato al governo e sa benissimo come vanno queste cose".

Ma senza la Lega questa manovra sarebbe passata?

"Abbiamo sempre dimostrato un alto senso di responsabilità, una volta decisa una cosa, noi garantiamo che si farà. Dagli altri sono venuti dei distinguo troppo facili, e lo dice uno che all'inizio non era così caldo con l'euro. Ma se la moneta unica salta, non ci saranno più i risparmi delle famiglie, non ci sarà più niente".

(30 maggio 2010)

 

 

 

 

GOVERNO

Manovra, il giallo della firma

tensione premier-Quirinale

Sfiorato lo scontro diplomatico. Berlusconi: "Il mio ok dopo il Colle", ma poi arriva la retromarcia di Palazzo Chigidi CARMELO LOPAPA

Manovra, il giallo della firma tensione premier-Quirinale

ROMA - Le ultime scintille sulla manovra "lacrime e sangue" si accendono nella notte tra venerdì e sabato. Lo staff di Tremonti da un lato, quello del sottosegretario Letta dall'altro. Il ministero dell'Economia costretto, nelle battute conclusive, a tornare sui propri passi sulle sforbiciate agli stipendi dei magistrati e al finanziamento ai partiti (ridotto al 10 per cento), come sul condono dei presunti 2 milioni di alloggi fantasma. Tutt'altro che dettagli per Palazzo Chigi, il premier Berlusconi vuole spuntarla. E alla fine il suo plenipotenziario Letta sembra farcela. Ma sono ore in cui in cui torna a salire anche la tensione col Quirinale e non solo per una questione di tempi.

Il decreto da 24 miliardi di euro parte alla volta del Colle con un ritardo che ha già creato imbarazzi, dato che il testo, in teoria, il Consiglio dei ministri lo aveva approvato martedì. "La verità? In quella seduta lo abbiamo dato per approvato, "salvo intese" come si dice in gergo, lasciando di fatto carta bianca a Giulio" raccontava ancora ieri un ministro pidiellino. Gli uffici del presidente Napolitano attendono, chiedono lumi sulle misure solo abbozzate, richieste che sono dubbi. Fatto sta che, stretto tra l'intransigenza sui conti di Tremonti e l'attesa del Quirinale, il premier Berlusconi lascia Palazzo Grazioli alla volta di Porto Rotondo poco prima delle 10 abbastanza stanco, stressato. Come se non bastasse, ci sono anche i finiani già al lavoro su alcune "correzioni" da apportare al testo. Saranno emendamenti "aggiuntivi", dei quali Gianfranco Fini - perplesso su alcuni aspetti - ha iniziato a parlare con il "suo" Mario Baldassarri, presidente in commissione Finanze al Senato.

 

Sta di fatto che il Cavaliere parte salutando i cronisti con una gaffe pacchiana: "La manovra sarà firmata quando il Colle darà la sua valutazione". Un'anomalia, dato che la sua firma su quel provvedimento doveva essere stata apposta (sempre in teoria) in Consiglio dei ministri cinque giorni fa. Gli uffici del Quirinale non mancano di far notare l'irritualità di quanto dichiarato e, su input del solito Letta, poco dopo le 13.30 arriverà la nota di Palazzo Chigi che correggerà il tiro: "Il premier ha già firmato". Qualcuno, come il finiano Briguglio, dà all'accaduto una lettura politica: "Il presidente, per difendere il suo primato da Tremonti, ha dovuto trasformare la sua firma da atto burocratico in una sorta di sigillo reale". Altri, i berlusconiani, lasciano trapelare l'insofferenza ormai palese per la prassi della limatura dei decreti con l'ufficio giuridico del Colle. "Senza polemica, ma stiamo assistendo al progressivo passaggio da una Repubblica parlamentare a una presidenziale" fa notare il vicecapogruppo Pdl Osvaldo Napoli. Al Colle, incuranti delle polemiche, lavorano sulla manovra, riflettori puntati sul condono più o meno mascherato. Consapevoli che questa non è più la fase della moral suasion, ma quella in cui ognuno dovrà assumersi la propria responsabilità. Sarà un esame rapido, domani riaprono i mercati.

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L'EDITORIALE

Finanziaria colabrodo

senza equità né crescita

di EUGENIO SCALFARI

DOMANI la manovra arriverà finalmente in Parlamento. Domani il governatore Mario Draghi leggerà la sua relazione annuale alla Banca d'Italia. Domani, alla riapertura delle Borse, si vedrà se i mercati si saranno stabilizzati o lanceranno nuovi attacchi contro i fondi sovrani e contro l'euro.

Nel frattempo la manovra ha perso per strada alcuni pezzi. La soppressione delle Province è stata per ora abbandonata. I tagli e i congelamenti stipendiali di alcune categorie, tra le quali i magistrati, sono stati attenuati.

L'opposizione parlamentare, mai consultata durante l'iter del decreto, si è incattivita. La Cgil, anch'essa platealmente ignorata, ha preannunciato lo sciopero generale per il 25 giugno. Ma l'impianto e i saldi del decreto sono quelli approvati dal Consiglio dei ministri: 24 miliardi nel biennio 2011-2012 per riportare il deficit entro la soglia del 3 per cento fissata dalla Commissione europea e dal Consiglio dei ministri dell'Unione.

Si può dunque dare un giudizio sull'insieme di questi fatti, anche se non saranno pochi gli emendamenti che il decreto subirà nel corso del dibattito parlamentare. Ma affinché il giudizio sia adeguatamente documentato occorre articolarlo sui tre obiettivi che la manovra si propone: risanamento del bilancio, equità, crescita.

La Confindustria questo giudizio l'ha già dato: positivo per quanto riguarda il risanamento del bilancio, negativo per quanto riguarda la crescita. Analogo giudizio hanno dato la Cisl e la Uil.

La Cgil è stata negativa sia sulla crescita sia sull'equità. L'Europa ha plaudito sull'abbattimento della spesa pubblica ma ha raccomandato di far di più per la crescita; identica l'opinione del Fondo monetario e dell'Ocse. La Banca centrale europea teme una crescita troppo lenta. Timori analoghi ha manifestato Draghi parlando qualche giorno fa. Ascolteremo domani la sua relazione.

Intanto la speculazione attende con le armi al piede, incoraggiata dagli articoli dell'"Economist" e del "Financial Times". Vedremo domani se sui mercati splenderà il sole o diluvierà.

* * *

I 24 miliardi di aggiustamento erano e sono necessari. Semmai ci si può chiedere perché tanta urgenza. Potevano esser tagliati alla fine di giugno o addirittura in settembre e il governo avrebbe avuto più tempo per studiar meglio i provvedimenti e consultare l'opposizione e tutte le parti sociali.

Se la fretta ha avuto come motivazione la difesa dei titoli emessi dal Tesoro, a nostra opinione quella motivazione è sbagliata: la manovra di riduzione della spesa non incide sulle aste dei Bot e dei Btp, come non hanno inciso sull'andamento dei titoli spagnoli gli aggiustamenti di spesa approvati dal governo di Madrid.

Comunque, forse troppo in fretta, quell'aggiustamento Tremonti doveva farlo e l'ha fatto. Le vere ragioni della fretta derivano probabilmente dalla contrapposizione politica tra lui e Berlusconi che infatti - nonostante le smentite di rito - è arrivata ormai al calor bianco e non fa presagire nulla di buono. Ma questo è un altro discorso, che si sta svolgendo tutto in stretto gergo politichese e perciò di ardua traduzione.

* * *

Metà della manovra pesa sui dipendenti dello Stato, l'altra metà sulle Regioni e sui Comuni. Dal punto di vista geografico il peso maggiore si scaricherà sul Mezzogiorno perché la cosiddetta fiscalità di vantaggio in favore degli investimenti nel Sud è aria fritta come è aria fritta l'intero capitolo dedicato all'aumento della produttività: quando la domanda langue, l'investimento non è stimolato in misura apprezzabile e l'edilizia privata e pubblica sono ferme, la produttività resta un'aspirazione consegnata ad un improbabile e comunque lontano futuro.

Nel frattempo ci sono 2 milioni di giovani tra i 20 e i 30 anni di età che sono scomparsi dalla scena, hanno interrotto gli studi, non hanno alcuna formazione professionale, non si sono neppure iscritti negli elenchi dei disoccupati. Due milioni di fantasmi, in buona parte concentrati nel Sud e in Veneto, ai quali nessuno pensa salvo i genitori che debbono mantenerli. Una situazione assurda e inaudita, un bacino potenziale per le organizzazioni criminali come unica contropartita all'inedia.

La logica dei tagli e dei congelamenti previsti per i dipendenti pubblici è formalmente corretta: hanno avuto negli anni scorsi incrementi retributivi decisamente maggiori di quelli dei dipendenti privati e quindi possono "star fermi per un giro" per riallinearsi con i loro colleghi del privato.

Questa "fermata" si effettua tuttavia su livelli stipendiali molto bassi, pari mediamente a 1.200-1.300 euro netti mensili. Il taglio complessivo supera mediamente il 20 per cento se vi si comprendono liquidazioni e altri compensi; cioè riduce la media in prossimità dei 1.000 euro. E' vero che di altrettanto si riduce la spesa pubblica la quale, ricordiamolo, è cresciuta dal 2007 al ritmo di 2 punti di Pil all'anno. Ma l'incremento stipendiale degli statali rappresenta solo una parte dell'aumento di spesa e neppure la parte maggiore. Forse si sarebbe dovuto operare con più incisività sul resto.

Infine un'altra motivazione, in questo caso politica: gli "statali" votano in maggioranza a sinistra. Il loro scontento non peserà se non marginalmente sul consenso raccolto dal governo. "Abbasso gli statali" è uno slogan che viaggia in tandem con quello di "Roma ladrona": piace alla Lega e questa è una ragione in più per spiegare le scelte che il governo ha compiuto.

* * *

L'altra metà dell'aggiustamento grava su Regioni (8 miliardi), Comuni (3 miliardi), Province (0,6 miliardi). Lo Stato riduce per 11,6 miliardi i suoi trasferimenti. Gli Enti locali vedano loro dove tagliare, grasso ce n'è. Oppure aumentino le imposte di loro competenza. O infine taglino i servizi.

Credo che grasso da tagliare effettivamente ci sia e sarà un bene se verrà eliminato. Non vorrei che crescessero i debiti con le banche. Ma potranno anche affittare o vendere i beni demaniali in corso di trasferimento. Nel complesso questa parte della manovra non sembra pessima. Colpirà più i Comuni (che hanno però meno grasso) che le Regioni.

La Lega, una volta tanto, è divisa. Alcuni pensano che il centralismo di Tremonti faccia a pugni col federalismo; altri vedono nella manovra un colpo di frusta che affretterà il federalismo fiscale. La verità non sappiamo quale sia perché il federalismo è tuttora un oggetto misterioso. Una cosa peraltro è evidente: il federalismo avrà comunque un costo e un governo senza soldi non sarà in grado di affrontarlo fino a quando il fabbisogno non si sarà stabilizzato e il deficit non sarà rientrato nelle norme europee. Perciò se ne parlerà nel 2012 se tutto va bene. Aggiungo un'osservazione a proposito di federalismo: il passaggio all'autonomia fiscale e istituzionale, se sarà effettivo e non simulato, sarà un fatto rivoluzionario e accentuerà la disparità tra Regioni efficienti e Regioni - cicala, gran parte delle quali si trovano nel Sud.

Sull'inefficienza sudista sono state ormai scritte intere biblioteche e i numeri del resto stanno a dimostrare che non si tratta di opinioni ma di fatti. Pochi ricordano tuttavia che il livello di reddito disponibile per i meridionali è meno della metà del reddito del Nord. Dunque: gestione amministrativa inefficiente, livello delle risorse bassissimo.

Come sarà finanziato nel Sud il passaggio dall'inefficienza all'efficienza? Ci sarà una diminuzione di occupati, un taglio di consulenti, un taglio di pensioni di invalidità, insomma una compressione del potere d'acquisto dei meridionali. Questo è certo. E' anche inevitabile e necessario. Perfino utile. Ma quella è gente che si è arrangiata per sopravvivere. Chi li deve aiutare per non crepare di stenti? O debbono arruolarsi nella camorra e nella 'ndrangheta? Le donne nella prostituzione e i maschi nella malavita?

Ci vorrà dunque un trasferimento dal Nord al Sud in quella fase; sarà cospicuo e durerà per molti anni. Impegnerà le finanze pubbliche che dovranno "metter le mani nelle tasche". Di chi? Di quali contribuenti? Ci avete pensato?

Aggiungo un'altra osservazione: il nostro Sud è qualcosa di simile alla Grecia rispetto all'Europa. La speculazione lo sa. Perciò concentrerà il tiro sull'Italia in corrispondenza all'attuazione del federalismo.

Finirà nel solo modo possibile: un federalismo al Nord e un'accentuazione di centralismo statale al Sud. Italia a due velocità. Sono prospettive raccapriccianti.

* * *

Tutto ciò detto, credo che Tremonti abbia fatto quello doveva. Molti errori, molte lacune nel risanamento del bilancio, ma l'aggiustamento ci sarà. Non al cento per cento ma almeno al 51.

Questo risanamento vuol dire che i conti non erano sani. Ci si poteva pensare prima. Molti l'avevano previsto da un pezzo. Furono insultati e chiamati anti-italiani. Tutto ciò è arcinoto e Tremonti e Berlusconi lo sanno benissimo: il fatto che continuino a insultare la sinistra nel momento stesso in cui si dimostra che la sinistra non faceva che certificare la realtà, è semplicemente vergognoso.

Ora però è il momento di dare un giudizio sulla parte della manovra riguardante la crescita economica. Ebbene non c'è assolutamente niente da dire in proposito per la semplice ragione che provvedimenti per la crescita nel decreto non ci sono. Non ce n'è neanche l'ombra. Lo stesso ministro dell'Economia, nella conferenza stampa con cui ha presentato il decreto, ha detto che la ripresa sarà molto lenta.

Bisognerebbe stimolarla, ma ci vogliono soldi che non ci sono. Ne hanno dilapidati un bel po' nei due anni di governo ma ora la cassa è vuota, l'avanzo netto delle spese correnti è sotto zero, lo stock del debito è risalito al 117 del Pil.

Stimolare la ripresa, incrementare l'aumento del Pil, si ottiene con uno sgravio fiscale sul ceto medio, sul lavoro dipendente, sul cuneo fiscale. Per finanziarlo bisogna colpire l'evasione e i patrimoni. Non con un prelievo "una tantum" ma con un'imposta sulle cose per tassare di meno i redditi e accrescere così la domanda.

Lotta all'evasione e spostamento dell'onere tributario dalle persone alle cose per portare l'incremento del Pil dall'1 per cento almeno al 2.

Questo bisognerebbe fare. Tremonti non l'ha neppure pensato, perciò su questa questione merita uno zero. E' sperabile che il Parlamento lo obblighi a pensarci seguendo così le indicazioni dell'Ocse, del Fmi, della Commissione europea, della Bce, della Confindustria, della Cgil, dell'opposizione parlamentare. Del Capo dello Stato. E anche dell'odiato Mario Draghi.

(30 maggio 2010)

 

 

 

LA MANOVRA

Il Centro sperimentale senza fondi

Così il Paese perde la sua memoria

Lo storico istituto romano, che ha formato generazioni di registi, sceneggiatori, attori e tecnici di fama mondiale, rischia di morire per effetto dei taglidi FRANCO MONTINI

Il Centro sperimentale senza fondi Così il Paese perde la sua memoria

ROMA - Anche Gabriel Garcia Marquez ha studiato e si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC), richiamato dall'eccellenza e dal prestigio di una scuola, apprezzata a livello mondiale. Fondato nel 1935, il CSC ha formato intere generazioni di registi, sceneggiatori, tecnici e interpreti e ora rischia di morire per effetto della manovra del governo. Sono stati allievi del CSC Michelangelo Antonioni e Alida Valli ed anche oggi gran parte dei nomi che contano nel cinema italiano provengono da questa scuola, dalla generazione di Bellocchio e della Cavani a quella di Verdone, Virzì, Archibugi. Così come fra gli attori hanno frequentato il CSC Riccardo Scamarcio e Alba Rorhwacher. Il CSC è un importante polo produttivo specializzato nella realizzazione di documentari, cortometraggi ma anche film "normali" come per citare un esempio recente "Dieci inverni", opera prima molto premiata di Valerio Mieli, neodiplomato del CSC. E ancora il CSC è una biblioteca specializzata frequentata da studiosi di tutto il mondo; una casa editrice che produce libri e periodici di cinema ed è soprattutto l'ente incaricato di preservare, conservare e diffondere la memoria storica del cinema italiano. Infatti fa parte del CSC anche la Cineteca nazionale dove sono custoditi migliaia di film.

Si tratta insomma di una sede di attività rilevantissime dal punto di vista culturale e proprio perché prive di fini di lucro sostenute da sempre, ovvero fin dalla nascita del CSC, con fondi pubblici. Cosa accadrebbe se queste risorse venissero improvvisamente cancellate? La riposta è molto semplice e drammatica: il CSC semplicemente scomparirebbe.

Anche Francesco Alberoni, presidente del CSC è incredulo e allibito. "Tagliare i fondi statali - dice Alberoni - significa cancellare il CSC. Una decisione di questo tipo o è demenziale, scaturita dalla mente di qualche burocrate incompetente che ignora cosa sia il CSC, o peggio ancora criminale, frutto della volontà di ferire a morte il cinema italiano".

"Anche in termini semplicemente economici - dice Alberoni - cancellare il CSC significherebbe distruggere un patrimonio di decine e decine di milioni di euro, una cifra ben più consistente dei dieci milioni che lo Stato assegna ogni anno al CSC. Presso la Cineteca nazionale infatti sono conservati migliaia e migliaia di pellicole che richiedono un trattamento particolare. I film devono essere custoditi in appositi "cellari" a temperatura ed umidità costante per evitare il deterioramento. Tutto ciò richiede costi per il personale, per l'acquisto delle apposite strutture e per il pagamento delle bollette elettriche. Senza soldi saremmo semplicemente costretti a spegnere gli interruttori e mandare al macero i film".

A qualcuno verrebbe in mente di fare qualcosa di analogo con i libri della Biblioteca nazionale? E come se non bastasse il meglio, o l'assurdo, è che una legge dello Stato prevede che obbligatoriamente una copia di ogni film che viene prodotto in Italia debba essere depositata presso la Cineteca nazionale. Ma come si potranno conservare i film se si tagliano i fondi? "Non si può pensare che tutto ciò accada" commenta Alberoni. Ma evidentemente al governo qualcuno lo ha pensato.

© Riproduzione riservata (30 maggio 2010)

 

 

 

MANOVRA FINANZIARIA

Contributi azzerati a 29 enti

la cultura milanese in rivolta

Le Fondazioni nel mirino: "Così rischiamo di chiudere". E annunciano un appello al governo

di DAVIDE CARLUCCI

Contributi azzerati a 29 enti la cultura milanese in rivolta Il Toti, una delle attrazioni del Museo Leonardo da Vinci

È rivolta, tra le fondazioni culturali lombarde, per i tagli annunciati nella manovra finanziaria. Per 29 enti - su un totale nazionale di 232 - si chiudono i rubinetti, salvo la possibilità di accedere, in futuro, a eventuali contributi per chi ne farà "documentata e motivata richiesta". "Così rischiamo di chiudere", dicono i presidenti degli istituti, che stanno preparando un appello congiunto da mandare al governo. La penalizzazione potrebbe colpire eccellenze come la Triennale o il Museo nazionale di Scienza e tecnologia. E a farne le spese potrebbero essere turisti, scolaresche e studiosi: "Finora l'accesso alla casa di Manzoni era gratuito. Ora potremmo chiedere il pagamento di un biglietto o chiudere la biblioteca", annuncia Giammarco Gaspari, presidente della fondazione centro nazionale di studi manzoniani.

Nella lista nera, che il Governo nella serata di ieri promette già di rivedere, c'è di tutto, dal comitato nazionale "Un secolo di fumetto italiano" di Milano al "centro di cultura scientifica Alessandro Volta" di Como. Luisa Finocchi, direttrice della fondazione Mondadori, parla di "taglio indiscriminato" che "ci costringe tutti a misure drastiche: mi auguro che le istituzioni culturali si muovano in modo unitario". Il contributo ministeriale alla Mondadori, che raccoglie 26 fondi - dichiarati dalla Soprintendenza di interesse storico - di scrittori ed editori e materiale fotografico e audiovisivo dal 1844 a oggi, attualmente è (su un bilancio di oltre 700mila euro) di 25mila euro all'anno. "È lo stesso dal 1995 - dice Finocchi - Ma nel frattempo molti finanziamenti pubblici sono venuti meno. Non so come riusciremo ad andare avanti". Non basterà il nuovo fondo? "Ma noi già ora le nostre richieste si basano su rendiconti precisi e dettagliati. Nessuno è contrario alla valutazione della qualità. Ma chi valuta? E con quali risorse?". Nella lista dei tagli pure l'altra fondazione editoriale in città, la Feltrinelli, che aveva appena annunciato la costruzione di una nuova sede a Polta Volta.

LE ISTITUZIONI NEL MIRINO

Preoccupato anche Antonio Padoa Schioppa, il giurista che presiede l'istituto lombardo, l'accademia di Scienze e lettere di Milano: "I soldi che riceviamo ora, 60mila euro all'anno, servono solo ad accendere la luce e a pagare sei dipendenti. Per il resto lavoriamo tutti gratis. Ma a questo punto si chiude". L'istituto, voluto da Napoleone nel 1797 e inaugurato da Alessandro Volta nel 1803, è una delle più prestigiose espressioni della Milano figlia dell'Illuminismo: "Organizziamo ogni anno pubblicazioni e cicli di conferenze di alta divulgazione umanistica e scientifica, con la caratteristica oggi molto attuale dell'interdisciplinarietà", spiega Padoa Schioppa.

Annalisa Zanni dirige invece il museo Poldi Pezzoli, riconosciuto dal 1881 come ente di interesse nazionale. "Il contributo ministeriale era stato già decurtato del 12 per cento nel 2007 e nel 2008, e del 20 per cento nel 2009. Riceviamo 30mila euro ma abbiamo costi di gestione pari a 900mila euro all'anno. E anche la Provincia di Milano ha annunciato tagli". La fondazione pesa così sempre di più sulle casse del Comune di Milano, che contribuisce con 100mila euro. Sarà difficile organizzare mostre, come quella prevista a ottobre su Botticelli nella collezione lombarda, che di solito attirano visitatori da tutta Europa. "Ma noi terremo duro, con il rigore che ci ha sempre contraddistinti in quanto privati".

Nell'elenco dei tagli figura anche l'Istituto per la storia dell'arte lombarda, che sta censendo 20mila beni culturali degli enti sanitari della regione e le ville storiche della Brianza per preparare itinerari turistici tematici: un'attività che serve anche al turismo, come spiega Ferdinando Zanzottera, del consiglio di presidenza, che aggiunge: "I nostri contributi, per ragioni burocratiche, erano stati già eliminati e speravamo di riottenerli. Ora questa notizia ci lascia increduli".

(30 maggio 2010)

 

 

 

 

 

CONTI PUBBLICI

Manovra, il testo all'esame del Quirinale

Bersani: "Uno spettacolo inverecondo"

L'annuncio in una nota di Palazzo Chigi che corregge Berlusconi, che aveva detto: "Viene firmata quando il Colle dà la sua valutazione". Il segretario del Pd: "Siamo ai limiti estremi del quadro costituzionale". Bonaiuti: "Sia più responsabile"

Manovra, il testo all'esame del Quirinale Bersani: "Uno spettacolo inverecondo"

ROMA - "Il testo della manovra economica, già firmato dal Presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato". Lo comunica una nota di palazzo Chigi che corregge quanto affermato in precedenza da Silvio Berlusconi il quale, ai cronisti che gli chiedevano se avesse firmato il provvedimento, aveva risposto: "E' all'attenzione del capo dello Stato. Viene firmato quando il Colle darà la sua valutazione". Ma quella di cui parla il capo del governo sarebbe una procedura in verità non proprio ortodossa poiché, di prassi, al Colle giungono testi già firmati dal premier. Tant'è che ambienti del Quirinale fanno sapere che Napolitano sta esaminando la manovra trasmessa già firmata dal presidente del Consiglio. Come vuole la "regola".

Le parole pronunciate in mattinata da Berlusconi suscitano subito le critiche del leader dell'Idv Antonio Di Pietro: "Non si può coinvolgere Napolitano su un provvedimento di cui ancora non si hanno le linee definite, tirandolo dentro in questioni politiche. Mi auguro che il presidente raddrizzi queste affermazioni improvvide". Poi l'ex pm lancia l'allarme: "Temo che le tensioni possano sfociare in un'autentica rivolta sociale".

Parole pesanti arrivano dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Che ai microfoni di Sky Tg24 definisce la manovra come il "frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata che ci ha portato fuori binario nella spesa corrente, che ci ha ridotto gli investimenti e quindi abbassato la crescita e che non ha tenuto i conti a posto come si è visto. E adesso si ripropone una strada che per noi è sbagliata". Bersani parla di "uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" e di una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale". Tutto questo avviene, spiega, perché ci sono "delle differenze, per dirlo con un eufemismo, delle risse penso, dentro al governo e quindi vedremo carte cambiare in questi giorni. Vorrei sapere se ci sono ancora le norme che raddrizzano le procedure della Protezione civile, tanto per fare un esempio dei dieci che si potrebbero fare". E poi Bersani lamenta il fatto che "non si spieghi perché dobbiamo fare questa manovra. Non è mica una grandine questa manovra qui... Dire che è l'Europa che ce la chiede è una falsità, l'Europa ci chiede i conti a posto ma se i conti non sono a posto è tutta una responsabilità del governo".

 

Al leader democratico replica il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Bersani "dovrebbe essere più responsabile. La manovra taglia le spese, ma favorisce lo sviluppo. Altro che giochetti, come dice il segretario Pd". Più tardi, una precisazione del ministro della Cultura, Sandro Bondi, sul provvedimento: "Condivido l'esigenza di una manovra che imponga sacrifici a tutti - dice - ma non sono d'accordo con i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo". Sì dunque, sottolinea il ministro, a "profonde riforme della cultura come quella delle fondazioni liriche, ora in Parlamento, che modificherà definitivamente il settore. Ma no a tagli indiscriminati che non possono essere decisi se non con il mio ministero".

Nel colloquio avuto ieri con Napolitano, Berlusconi aveva rimarcato di non aver avuto ancora il modo di conoscere il provvedimento nella sua totalità e aveva sottolineato il fatto che sarebbe stato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in prima persona a portarlo avanti. Nel faccia a faccia al Colle, Berlusconi avrebbe accennato anche al nodo della successione di Scajola al ministero dello Sviluppo economico: il premier conterebbe di trovare un tecnico di rango, e dopo il "no grazie" di Emma Marcegaglia circola il nome di Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust. Che tuttavia precisa: la sua candidatura è nata solo sui giornali.

Le critiche continuano. Sulla tassa di soggiorno a Roma e in altre città italiane sdice "esterrefatto" il presidente degli albergatori italiani, Bernabò Bocca, "il turismo italiano è stanco di essere considerato un semplice bancomat fiscale a richiesta", aggiunge. Sembra sfumare, per ora, l'ipotesi di uno sciopero dei magistrati. Il parlamentino dell'Anm sarebbe orientato a non ricorrere a questa forma di protesta. "Bisogna mettere in campo iniziative, ma nei limiti della responsabilità - dice il segretario dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Cascini - organizzando nelle varie sedi azioni comuni con il personale amministrativo". Bocciatura, invece, per lo sciopero bianco: "E' senza via di uscita, se per una volta dici che non fai un'udienza senza il cancelliere, poi lo devi fare sempre".

Il governo, però, si difende. Parla il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Questa manovra è di spessore e di qualità".

(29 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Al Quirinale senza il decreto

l'imbarazzo di Berlusconi

Il testo della manovra arriva oggi, ma sul Colle c'è irritazione per avere appreso le notizie solo dai giornali. Per il dopo Scajola spunta il presidente Antitrust Catricalà

di FRANCESCO BEI

Al Quirinale senza il decreto l'imbarazzo di Berlusconi

ROMA - "Presidente, per dirle la verità Tremonti il decreto non l'ha fatto vedere nemmeno a me. Ma mi ha assicurato che arriverà ad horas". Con un pizzico di imbarazzo, ieri Silvio Berlusconi ha confermato al presidente della Repubblica quello che ormai in molti nel governo sospettavano:la manovra da 25 miliardi, 1 approvata all'unanimità martedì pomeriggio dal Consiglio dei ministri, semplicemente ancora non c'è. Il "vero" decreto è rimasto chiuso per due giorni al ministero di via XX Settembre, in attesa che Tremonti tornasse ieri sera da Parigi e stringesse gli ultimi bulloni.

Un ritardo - forse colmato già stamane con una rapida trasmissione dell'incartamento al Quirinale - che ha provocato una certa irritazione al capo dello Stato, costretto ad apprendere dai giornali le novità sulla Finanziaria. Così anche i dubbi che il presidente della Repubblica sembra avere su alcune parti del provvedimento, come il condono edilizio, al momento restano senza risposta: "Non sappiamo nemmeno se nel decreto quelle cose ci saranno veramente - si lascia andare un uomo del Colle - aspettiamo di leggerlo".

Il premier, nell'ora e mezzo di colloquio, ha riferito quindi a Napolitano dei colloqui avuti a Parigi al vertice Ocse, dove tutti i leader presenti "hanno considerato la nostra manovra necessaria per stabilizzare l'euro". Quanto al capo dello Stato, si è preoccupato di ribadire l'importanza che i saldi finali non vengano toccati, "perché l'obiettivo resta quello di rientrare sotto il 3 per cento nel rapporto deficit-Pil entro il 2012". L'altra questione che sta a cuore a Napolitano è riuscire ad ottenere la "massima condivisione possibile" in Parlamento sulle misure anticrisi, che devono essere "le più eque possibili". Ma Berlusconi, riferiscono i suoi, è sempre più scettico: "L'opposizione è già sulle barricate, avete sentito Bersani. Da noi ci sarà la massima apertura ma non mi aspetto niente".

Il problema del premier è che, dalla sua stessa maggioranza, aumentano le pressioni per cambiare il testo di Tremonti. Indicativo del clima interno è stato lo svolgimento teso dell'assemblea del gruppo parlamentare alla Camera, alla quale il ministro dell'Economia e Berlusconi hanno preso parte martedì sera. "Mi dispiace - ha esordito Tremonti - ma la manovra non posso farvela vedere. Sarebbe scortese nei confronti del Quirinale, voi capirete". Una frase che ha suscitato un brusio di disapprovazione in sala, visto che già da alcuni giorni i giornali ne avevano pubblicato ampie anticipazioni. "Quello che avete letto non è vero - ha replicato Tremonti - e le bozze sono uscite per l'infedeltà di qualche ufficio... sapete, quando si vanno a toccare delle sacche di privilegio c'è chi prova a sabotare". Una giustificazione che non ha convinto i deputati, tanto che alla fine della riunione nella sala sarebbero rimasti soltanto in trenta.

L'altra grana che il premier deve risolvere al più presto è quella della successione a Claudio Scajola. "Stiamo lavorando ma non ho ancora trovato la persona adatta", ha riferito il Cavaliere al capo dello Stato. Fosse per lui, Berlusconi avrebbe già nominato Paolo Romani, ma sa che Napolitano preferisce su quella poltrona delicata un esterno di prestigio. E, vista la difficoltà del momento, palazzo Chigi ritiene strategico mantenere un buon rapporto con il presidente della Repubblica. Andata buca la candidatura della Marcegaglia, il nome su cui si sta ragionando è quello di Antonio Catricalà, attuale presidente dell'Antitrust. A un giornalista suo amico, Berlusconi ha confidato di essere in cerca di "qualcuno che bilanci il peso di Tremonti". E Catricalà, legato a doppio filo a Gianni Letta (che resta l'unico contrappeso al ministro dell'Economia), potrebbe essere il candidato giusto. Il problema ora è convincere Catricalà a rinunciare al sogno di planare sulla poltrona di presidente della Consob.

(29 maggio 2010)

 

 

 

 

Via il doppio stipendio ai ministri

il Parlamento boccia la proposta

L'Assemblea nazionale dice no all'emendamento proposto dal socialista Dosiere che avrebbe impedito ai componenti del governo eletti in amministrazioni locali di continuare a prendere due retribuzioni

Via il doppio stipendio ai ministri il Parlamento boccia la proposta Il premier francese Fillon

PARIGI - I ministri francesi che ricoprono incarichi elettivi in amministrazioni locali continueranno a prendere il doppio stipendio. L'Assemblea nazionale ha infatti bocciato, con amplissimo margine, un emendamento al progetto di legge che riforma le collettività locali il cui scopo era proprio impedire che i componenti del governo fossero retribuiti due volte. Una scelta che fa discutere, tanto più in un momento in cui gran parte dei governi europei, compreso quello italiano, si sono impegnati a ridurre questo tipo di spesa.

"Il ridimensionamento del tenore di vita dei ministri francesi non avrà luogo", scrive il sito internet del settimanale francese Le Nouvel Observateur commentando la bocciatura della proposta fatta dal socialista Rene Dosiere. Se fosse passata, la nuova norma avrebbe fatto sì che i membri dell'esecutivo che sono anche sindaci o sono stati eletti in organismi locali non prendessero "nessuna remunerazione per i loro mandati locali, nessuna indennità, nessun vantaggio".

"In un momento in cui molti Stati europei hanno deciso di ridurre le spese dei loro ministri per accompagnare i piani di rigore - prosegue Le Nouvel Obs - Dosiere, che conosce bene i conti del governo, ha anche chiesto un aumento a 'zero volume' (senza cioè tener conto dell'inflazione) delle sue spese". Niente da fare. L'Assemblea nazionale ha fatto quadrato contro l'iniziativa, senza nemmeno "un commento da parte della maggioranza o del governo". "Questa decisione mostra in modo emblematico l'esistenza di una linea politica che avvantaggia sempre di più i privilegiati a scapito dei più deboli - denunciano in un comunicato i due portavoce dei Verdi, Jean-Louis Roumegas et Djamila Sonzogni - Questo voto ha un'importante valenza simbolica".

Con il cumulo delle cariche lo stipendio mensile di un ministro può passare in alcuni casi dai 14.000 ai 21.000 euro, aveva avvertito Dosiere, sottolineando che nel momento in cui i francesi "devono stringere la cinghia, i responsabili politici dovrebbero dare l'esempio". Il deputato ha inoltre evidenziato un aumento delle spese dell'Eliseo del 2,5% nel 2009, corrispondente a 114,287 milioni di euro. Il premier Francois Fillon aveva recentemente invitato la sua squadra di governo a ridurre le spese del 10%.

(29 maggio 2010)

 

 

 

 

 

Economia

FINANZIARIA

Manovra, scoppia il caso federalismo

Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo. Abbiamo risposto ad attacco speculativo contro i nostri Bot senza precedenti". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese"

Manovra, scoppia il caso federalismo Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprenditori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni ed anche ad un caso politico. Infatti Silvio Berlusconi, uscendo dal Quirinale, dice: "Non ne ho parlato con il presidente Napolitano, la manovra non è ancora arrivata perché non l'ho firmata".

In giornata il premier aveva difeso la Finanziaria. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta - ha detto - una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Una polemica con Confindustria che ieri lo aveva bacchettato sulla mancanza di riforme strutturali. "Non ho messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto un intervento efficace sui conti". Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perché alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale". "La speculazione - ha poi aggiunto - aveva deciso di attaccare la stabilità e la solvibilità dei nostri Bot. Un fatto mai successo in passato, c'era il rischio che venissero colpiti i salari, le pensioni, i ricavi delle imprese. Rischiava di farci male. Da parte del governo non c'è stato neanche un attimo di esitazione e abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta e senza mettere le mani in tasca agli italiani".

 

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia scrive che nella manovra manca "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino - il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che della maggioranza e, il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non più rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

Cei: "Sbagliato il federalismo senza solidarietà e unità nazionale". "Un federalismo fiscale, senza essere ancorato all'unità nazionale e a una crescita solidale, manca il suo obiettivo". E' quanto ha ribadito il presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, nella conferenza stampa a conclusione della 61esima assemblea generale dei vescovi italiani. Di fronte alla richiesta di un suo giudizio sul possibile fallimento del federalismo fiscale, il porporato ha risposto: "Bisogna salvaguardare due beni fondamentali: l'unità profonda del Paese, che è valore acquisito per tutti e da cui non si può e non si deve retrocedere per nessun motivo; e dall'altra la crescita solidale di tutte le parti del Paese. Un federalismo che non dovesse garantire questa crescita delle diverse parti del Paese in un vincolo di solidarietà, non raggiunge l'obiettivo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

Economia

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FINANZIARIA

Manovra, scoppia il caso federalismo

Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo. Abbiamo risposto ad attacco speculativo contro i nostri Bot senza precedenti". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese"

Manovra, scoppia il caso federalismo Berlusconi: "Non l'ho ancora firmata"

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprenditori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni ed anche ad un caso politico. Infatti Silvio Berlusconi, uscendo dal Quirinale, dice: "Non ne ho parlato con il presidente Napolitano, la manovra non è ancora arrivata perché non l'ho firmata".

In giornata il premier aveva difeso la Finanziaria. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta - ha detto - una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Una polemica con Confindustria che ieri lo aveva bacchettato sulla mancanza di riforme strutturali. "Non ho messo le mani nelle tasche degli italiani e abbiamo fatto un intervento efficace sui conti". Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perché alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale". "La speculazione - ha poi aggiunto - aveva deciso di attaccare la stabilità e la solvibilità dei nostri Bot. Un fatto mai successo in passato, c'era il rischio che venissero colpiti i salari, le pensioni, i ricavi delle imprese. Rischiava di farci male. Da parte del governo non c'è stato neanche un attimo di esitazione e abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta e senza mettere le mani in tasca agli italiani".

 

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia scrive che nella manovra manca "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino - il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che della maggioranza e, il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non più rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

Cei: "Sbagliato il federalismo senza solidarietà e unità nazionale". "Un federalismo fiscale, senza essere ancorato all'unità nazionale e a una crescita solidale, manca il suo obiettivo". E' quanto ha ribadito il presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, nella conferenza stampa a conclusione della 61esima assemblea generale dei vescovi italiani. Di fronte alla richiesta di un suo giudizio sul possibile fallimento del federalismo fiscale, il porporato ha risposto: "Bisogna salvaguardare due beni fondamentali: l'unità profonda del Paese, che è valore acquisito per tutti e da cui non si può e non si deve retrocedere per nessun motivo; e dall'altra la crescita solidale di tutte le parti del Paese. Un federalismo che non dovesse garantire questa crescita delle diverse parti del Paese in un vincolo di solidarietà, non raggiunge l'obiettivo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici

le donne più tardi in pensione

Tagli anche sulla sicurezza sul lavoro. Via libera al condono

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici le donne più tardi in pensione

Previsto il condono sugli abusi edilizi

Ecco i punti principali della bozza di manovra discussa dal Consiglio dei ministri. Il governo ha dato il via libera alla manovra, ma il testo non è stato illustrato ed è emerso che ci sarà bisogno di approfondimenti su alcune questioni prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il congelamento parte già da quest'anno e durerà vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009". Il turn over nella Pubblica amministrazione è confermato per altri due anni. Sforbiciata del 5.10% agli stipendi dei manager pubblici oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

Donne in pensione più tardi. L'elevamento dell'età pensionabile delle lavoratrici del Pubblico impiego a 65 anni avverrà in anticipo, a gennaio del 2016, anziché nel 2018 come precedentemente ipotizzato. Il provvedimento prevede un'accelerazione dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche con una diversa scansione dell'elevamento dell'età necessaria per andare in pensione fino ad arrivare alla soglia dei 65 anni. In particolare è previsto che dal primo gennaio 2010 il requisito anagrafico per andare in pensione sale di un anno, sarà di 62 anni al luglio 2011, di 63 a gennaio del 2013, di 64 anni a luglio 2014 e di 65 anni a gennaio del 2016.

Soglia di tracciabilità dei contanti. Sembra sia stato uno dei provvedimenti più controversi e non si capisce se il Consiglio dei ministri sia riuscito ma scioglierlo. La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7.000 euro. Questo è uno dei punti controversi. Secondo alcune fonti ci si sarebbe attestati a 7.500 euro, secondo altre si sarebbe scesi a 5.000. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

 

Enti locali. Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre dieci miliardi di euro in due anni (2011 e 2012). Ai Comuni e Province si chiede di ridurre le spese di un miliardo e 100 milioni nel 2011 e di due miliardi e 100 milioni nel 2012. I Comuni che collaboreranno riceveranno il 33% dei tributi statali incassati.

Tagli agli stipendi di ministri e parlamentari. A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali.

Tagli ai ministeri. Sforbiciata del 10%, ma su formazione o missioni si arriva a dimezzare la spesa. Giro di vite anche sulle auto blu. Dal testo approvato sarebbero saltati i tagli alla presidenza del Consiglio.

Tagli anche sulla sicurezza. Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi.

Tagli ai partiti. Cala del 20% (e non del 50% come inizialmente ipotizzato) il rimborso per le spese elettorali: non più un euro, ma 80 centesimi per ogni elettore.

Tagli alle retribuzioni dei magistrati. Lo stipendio verrà decurtato del 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Riduzione del 10% anche per i magistrati del Csm.

Manager e stock option. Aumentano le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Fondo per Roma Capitale. Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori". Tra le possibilità date al Comune di Roma ci sono l'introduzione di un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi della capitale e l'imposizione di altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici o una tassa di 1 euro sugli imbarchi. Il sindaco Gianni Alemanno parla di "notizie imprecise".

Ecco il condono. La regolarizzazione degli immobili fantasma, che consentirà di dichiarare eventuali cambiamenti catastali che non sono stati precedentemente comunicati, dovrà avvenire entro il 31 dicembre di quest'anno. Chi non ha dichiarato l'aggiornamento catastale di un immobile dovrà farlo e si vedrà così ridotte le sanzioni di un terzo. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi.

Pensioni. Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti.

Invalidità, via i nuovi tetti di reddito. Sono stati cancellati dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegno, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%".

Scuola. Congelato l'organico degli insegnanti di sostegno. Non ci sarà il blocco del turn over per l'università.

Farmaci. Acquisti centralizzati per le Asl in modo da trattare meglio il rpezzo con i fornitori. Modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul rpezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

Pedaggi su raccordi per le autostrade. Si introduce la possibilità di applicare un pedaggio su tratti di connessione con tratti autostradali.

Irap al Sud. Le regioni meridionali avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto, con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

Soppresse alcune Province. Le Province con un numero di abitanti inferiori a 220.000, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale, saranno soppresse a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province.

Società statali. A partire dal prossimo anno 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno utilizzati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

Enti soppressi. Vengono eliminati Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae e l'Ente italiano montagna. Non è chiaro se nell'elenco figuri anche l'Ice. Salta o viene ridotto il finanziamento a 72 enti. Spariranno anche il Comitato Sir (costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia) e la Rei (la finanziaria pubblica creata per sostenere il risanamento dell'industria elettronica).

Addio ai libretti al portatore. I libretti di deposito bancari o postali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. Arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-28

Manovra, scoppia il caso federalismo

La Lega: "Garantisce Berlusconi"

Formigoni attacca le misure del governo: "Così addio alla riforma". Il premier: "Decreti fiscali si faranno". Il Carroccio in trincea. Il Pd: "Il progetto è morto e Bossi sta zitto". Polemica indiretta tra Il premier e Confindustria: "Non vedono riforme? Leggano meglio il testo...". Ma i finiani: "Hanno ragione le imprese". Bocchino preannuncia emendamenti.

ROMA - Prima le critiche aspre di categorie ed Enti locali. Poi la tensione sul federalismo, e le polemiche indirette con gli imprendtitori. Il percorso della manovra si accompagna a forti fibrillazioni. E promette nelle prossime ore altre discussioni.

Berlusconi difende la manovra. "Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta", dando "una risposta immediata ad una crisi improvvisa". Così Silvio Berlusconi è tornato a difendere - polemizzando anche con gli imprenditori - la manovra economica. In un collegamento telefonico con Canale 5 ha ripetuto di "non aver messo le mani nelle tasche degli italiani e di aver fatto un intervento efficace sui conti.

Per il Cavaliere il governo si è dimostrato coeso, e l'unità della compagine è stata riconosciuta in questa occasione "anche da Fini, mentre la Lega da alleato forte e leale sostiene convintamente il provvedimento anche perchè alcuni contenuti corrispondono alla logica federalista".

Passaggio polemico, invece, sui dubbi di Confindustria, che ieri ha chiesto oltre al rigore le riforme e il rilancio dello sviluppo. Il premier ha risposto secco: "Suggerisco di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria. Ci sono norme che introducono rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo, dalla fiscalità di vantaggio fino a zone a zero burocrazia. La riforma più strutturale di tutte con il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale".

I finiani con Confindustria. Dà invece ragione agli imprenditori il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino. Che, sul sito di Generazione Italia, scrive come nella manovra manchi "quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo, come rilevato giustamente ieri da Emma Marcegaglia". "Senza la crescita economica - prosegue Bocchino -, il rapporto deficit/Pil è destinato a restare alto. Troppo alto. Per questo, dopo aver approvato questa manovra di tagli alla spesa, dovremo iniziare ad affrontare il tema delle riforme strutturali che il nostro Paese attende da troppo tempo".

 

"Metteremo tutto nero su bianco, con appositi emendamenti che discuteremo preventivamente sia all'interno del Pdl che all'interno della maggioranza e il giorno dopo l'approvazione di questa manovra, il Pdl deve presentare una proposta organica e condivisa di riforme strutturali per favorire la crescita economica. E' una questione non piu' rinviabile''.

La Lega e l'allarme di Formigoni. Al governatore lombardo, che oggi su Repubblica attacca la manovra sostenendo che così si dice addio al federalismo, risponde il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Sul federalismo Berlusconi ha parlato chiaro". "Il federalismo - aggiunge Cota - non solo non costa niente ma è proprio quella riforma strutturale di cui anche ieri è stata invocata la necessità all'Assemblea di Confindustria".

Stamattina, sul tema, il premier aveva affermato che i decreti attuativi del federalismo fiscale saranno approvati nei tempi richiesti"

Ma il Pd attacca: "Bossi è come le tre scimmiette: lui non vede, non sente e non parla. Ma sa fin troppo bene che il federalismo non c'è più. L'unica, vera riforma che il parlamento poteva varare nel corso di questa legislatura si è dissolta come neve al sole perchè la manovra finanziaria di Tremonti le ha inferto un colpo letale. Bossi lo sa e ci stupisce il suo assordante silenzio".

Dello stesso parere anche l'Udc, che con Maurizio Ronconi parla di "training autogeno" del Carroccio. "Oramai è una illusione che non può essere coltivata se non con esercizi di auto convincimento. Il federalismo non si farà perchè non ci sono più i soldi ma soprattutto perchè non è più consentito dal tacito ma solidissimo patto europeo".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Formigoni attacca la manovra

"Meno servizi e addio federalismo"

Il governatore della Lombardia: "Dovremo tagliare il 30% delle nostre spese. Avremo tre miliardi in meno nel biennio". La finanziaria è squilibrata e le risorse per il federalismo fiscale non ci sono più" di RODOLFO SALA

Formigoni attacca la manovra "Meno servizi e addio federalismo"

MILANO -"Ribadisco: questa manovra non è equilibrata e mette a forte rischio il federalismo fiscale".

Lei insiste, presidente Formigoni. Ma i leghisti non stanno prendendo affatto bene questo suo grido d'allarme.

"Non sono io a creare tensioni con i nostri alleati. Li ho fatti preoccupare certo, ma la realtà è questa: le risorse per il federalismo fiscale con i tagli annunciati non ci sono più. Bisogna prenderne atto. Lo dico al governo, in un'ottica di piena collaborazione: attenti, c'è qualcosa che non va. E lo dico da federalista convinto, almeno quanto la Lega".

È l'entità della manovra che la preoccupa?

"I numeri sono quelli, c'è poco da fare: 24 miliardi di risparmi. Ce lo chiede il nostro governo, oltre che l'Europa: va bene, accetto. Ma tutti i comparti dello Stato - ministeri, Regioni, province e Comuni - devono contribuire, con una ripartizione equa dei sacrifici. Purtroppo non è così".

E com'è?

"Per le Regioni i tagli sono di 4,5 miliardi nel 2011 e di 5,5 nel 2012. Dieci miliardi su un totale di 24: vuol dire che le Regioni dovranno sopportare più del 45 per cento del carico. Mentre i tagli di spese dei ministeri sono stati fissati al dieci per cento. Per questo parlo di manovra per noi insostenibile e priva di equilibrio.

Quindi?

"Lo abbiamo appena deciso, all'unanimità, alla conferenza delle Regioni: la quota di tagli dev'essere uguale per tutti gli enti dello Stato. Partiamo da una base comune: io penso si possa portare innalzare di due o tre punti quel dieci per cento. Questa è la nostra richiesta al governo".

Ma se i numeri non cambiassero, quale sarebbe l'impatto della manovra in Lombardia, la Regione che lei presiede?

"Saremmo costretti a tagliare 700 milioni nel 2011 e 800 nel 2012: in tutto un miliardo e mezzo di spesa bloccata per rispettare il patto di stabilità. Non è finita".

E cioè?

"È previsto, sempre per la Lombardia, un ulteriore taglio di 1,5 miliardi su altri finanziamenti, a cominciare da quelli legati alla leggi Bassanini che da una decina d'anni hanno trasferito alcune competenze dallo Stato alle Regioni. Fanno tre miliardi in meno nel biennio, e siccome il bilancio proprio della Lombardia (escluso cioè il comparto della sanità) è di dieci miliardi, significa che dovremo tagliare il 30 per cento delle nostre spese, con pesanti ricadute sui servizi sociali, l'istruzione, le politiche a favore delle imprese e quelle ambientali".

Lei ritiene che ci siano margini per trattare, sulla base delle proposte che avete avanzato?

"Abbiamo chiesto e ottenuto l'apertura di un tavolo tecnico-politico con il governo, per verificare tutti i numeri e ripartire le quote di tagli in maniera più proporzionata".

Sulle Province da abolire c'è un po' di confusione: lei come la pensa?

"Sarei un po' più coraggioso. Indicando un criterio: la virtuosità degli enti, si tratti di Province, Comuni, Regioni o ministeri".

In concreto?

"Quelli che sfondano il tetto fissato dal patto di stabilità vanno chiusi".

Addirittura?

"Gli si pone un aut aut: due anni di tempo per rientrare dai debiti, altrimenti i Comuni e le Province inadempienti vengono accorpati, e i ministeri - certo, anche loro - cancellati. Il principio è semplice: chi rompe paga. Quanto alle Province, dire che vanno abolite quelle piccole non ha senso".

Perché?

"Ci sono Province sotto i 220mila abitanti, ma virtuose: come Sondrio, per restare in Lombardia. Altre più grandi e spendaccione: sono queste da abolire. Vale anche per gli invalidi civili: nella manovra c'è un taglio indiscriminato del 15 per cento per tutte le Regioni, ma quelle come la nostra che hanno applicato correttamente la legge nazionale, e non hanno neppure un falsa pensione di invalidità, non devono essere penalizzate".

(28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

IL RETROSCENA

Il gelo degli imprenditori

sul Cavaliere dimezzato

di ALBERTO STATERA

Il gelo degli imprenditori sul Cavaliere dimezzato

È bastato lo slogan del partito "nonbastista" recitato a più riprese da Emma Marcegaglia nella sala dell'Auditorium di Renzo Piano dedicata a Santa Cecilia Martire a rendere insolitamente domo Silvio Berlusconi.

Il premier parla a una platea di "colleghi" imprenditori per la prima volta perplessi se non disincantati di fronte al suo pacato pallore oratorio. La manovra tremontiana è corretta, va bene per rallentare la spesa e arginare l'evasione "ma non basta", ha ripetuto come un mantra Emma, forse inconsapevolmente replicando il classico topos "benaltrista" del vecchio Partito comunista italiano ("Ci vuole ben altro", risuonava spesso alla fine dei Comitati centrali) sullo sfondo del Politburo confindustriale nel quale per la prima volta, tra gli anziani, spiccava, l'esile figura del giovane John Elkann.

Come stanco del solito copione dell'ottimismo a tutti i costi, quasi spento, il premier ha "regalato" a Emma il discorso scritto e ha tentato quel che di solito gli viene meglio: la divagazione forte e spiazzante, capace fin qui di infiammare le conformiste platee confindustriali. Arrabbiato era arrabbiato, mentre Emma parlava, si agitava sulla sedia e sbuffava: ma che vogliono, gli abbiamo dato tutto, la manovra l'abbiamo fatta con loro. Ma stavolta è come se l'adrenalina l'avesse tradito o se la sintonia con una parte importante del suo popolo avesse subìto un improvviso vulnus ai tempi della crisi globale. La manovra di Tremonti nasce con la Confindustria, con la Cisl e la Uil, ma da imprenditore e da presidente del Consiglio - garantisce un premier terreo, ma composto e verbalmente misurato - so che "non basta".

 

Sottoscrive a malincuore il "nonbastismo" confindustriale. Per questo ha offerto a Emma il ministero delle Attività produttive, che Scajola ha dovuto lasciare travolto dalle imprese della Cricca. "Se la volete ministro alzate la mano". E qui si consuma forse, nel deserto di tre braccia timidamente sollevate in una sala popolata di tremila anime, la fine di un'epoca. Quella che da Vicenza in poi vide consessi frementi applaudire al tempo stesso critiche motivate e apodittiche affermazioni di inesistenti successi lanciate dal premier.

Gelo sul tavolo del Politburo, sguardo verso le scarpe in prima fila del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, che aveva applaudito ripetutamente la relazione marcegagliesca, mentre ironizza in milanese stretto Fedele Confalonieri. Si compiace per la generosa proposta presidenziale soltanto Paolo Scaroni, regnante sull'Eni, ma alla ricerca di nuova collocazione e forse, in qualche ambulacro dell'Auditorium, Paolo Romani, detto "il sottosegretario di famiglia", non solo per la cura delle televisioni, ma anche perché assessore al comune di Monza, dove si occupa della valorizzazione dei terreni della famiglia Berlusconi, il quale spera di succedere a Scajola.

Interessanti quelle tre isolate mani sollevate nell'immenso Auditorium mentre il premier decreta "allora non ve la potete prendere con quei poveracci che stanno al governo" e invita i presenti a leggere il libro "Il governo del fare". Il più evidente sobbalzo berlusconiano, braccio a braccio in prima fila con Luca Montezemolo, era stato quando la presidente, osando dubitare della mistica del fare, aveva scandito: "Se la maggioranza dovesse ridursi, per litigi e divisioni, all'impotenza si chiuderebbe nell'insuccesso la lunga promessa di una politica del fare". Per il resto erano scivolati via solo con qualche sbuffo di fastidio i cento "Non basta". Non bastano il rafforzamento del fondo di garanzia, la moratoria sui mutui, i tavoli con il sistema bancario, il fondo per la capitalizzazione delle piccole e medie imprese. Non basta mettere in ordine i conti pubblici senza riforme strutturali. Non bastano le liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni, tema sul quale Emma evoca addirittura "un'opposizione dura", con la Confindustria che non esiterà a "mettersi di traverso". Non basta neanche la sforbiciata data ai costi della politica, "soltanto un buon inizio". E - figurarsi - non basta neanche lo pseudofederalismo tremontian-leghista. Emma comunque non va e non ha mai pensato per un momento di andare con Berlusconi. Perché i suoi non la lasciano, nonostante le frizioni interne nascoste con voti bulgari, o perché questo governo "non basta"?

E' come se nella Sala Santa Cecilia l'antipolitica abbia cominciato a scalfire persino l'icona dell'imprenditore-politico che ne ha fatto il "teatrino" di tutte le nefandezze, proponendosi come l'alternativa imprenditoriale. In due ore di banali filmini amatoriali (ma quanti soldi hanno assorbito dei 506 milioni che costa ogni anno la burocrazia confindustriale?), di rievocazioni storiche del simpatico professor Valerio Castronovo, nei dieci minuti di pallida performance del premier deluso dal suo popolo d'elezione, l'unica vera ovazione è scattata quando la presidente ha detto: "La politica dà occupazione a troppa gente ed è l'unico settore che non conosce crisi o cassa integrazione". E subito ci ha collegato un appello: "Nessuna fornitura e appalto deve più avvenire senza una gara pubblica. Basta con lavori e commesse ad amici e compari a prezzi gonfiati". Difficile scorgere l'espressione del sottosegretario Gianni Letta, campione con Guido Bertolaso dei "Grandi eventi". Ma come sempre sarà stato sorridente e pensoso.

Presa dal "nonbastismo", Emma ha dismesso ieri il "qualchecosismo", come lo chiamava Francesco Saverio Nitti, riferendosi a quelli che comunque "bisogna fare qualcosa". A Berlusconi non è andata proprio giù. Ora si accettano scommesse sul solito convegno dei Giovani a Santa Margherita Ligure fra due settimane. Gira voce che ci sarà il presidente Giorgio Napolitano, ma che il presidente Berlusconi, deluso, diserterà i nipotini ingrati.

(28 maggio 2010)

 

 

 

 

 

Berlusconi cita Mussolini all'Ocse

"Io non ho nessun potere"

Durante la conferenza stampa a Parigi il presidente del Consiglio riporta una frase dai diari del Duce. Bindi (Pd): "Ma allora che ci sta a fare a Palazzo Chigi?". Orlando (Idv): "Si prenda un periodo di riposo"

Berlusconi cita Mussolini all'Ocse "Io non ho nessun potere" Il tavolo della conferenza stampa a Parigi

PARIGI - Conferenza stampa del vertice Ocse a Parigi. L'Italia è presidente di turno. E Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini. ""Come primo ministro non ho mai avuto la sensazione di essere al potere, quando ero imprenditore e avevo 56mila collaboratori avevo la sensazione di avere del potere. In una vera democrazia sono al servizio di tutti, tutti mi possono criticare e magari anche insultare. Chi è in questa posizione non ha veramente potere", dice il presidente del Consiglio. Poi tira in ballo i diari del Duce, letti "recentemente": "Oso citarvi una frase di colui che era considerato come un grande dittatore: dicono che ho potere, ma io non ho nessun potere, forse ce l'hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient'altro". "Lo stesso succede a me, tanto che tutti hanno il diritto sia di criticarmi che di insultarmi...", aggiunge il premier. "Quindi - conclude - il potere se esiste non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governo dei vari Paesi". Il che non impedisce che Berlusconi vanti durante la conferenza stampa un gradimento altissimo: "Malgrado la manovra di sacrificio, il mio apprezzamento come primo ministro è oltre il 62%".

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LE REAZIONI. Le parole di Berlusconi suscitano immediate reazioni in Italia. "Citare Mussolini durante l'incontro dell'Ocse a Parigi - commenta il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando - è l'ennesima gaffe internazionale di un capo del governo che scherza su tutto, ormai privo di ogni freno inibitorio". E ancora: "Quello del presidente del Consiglio è l'atteggiamento di chi vive una profonda condizione di insicurezza. Noi riteniamo che Berlusconi debba dimettersi oppure si debba concedere un periodo di riposo per il bene dell'Italia. Limiti i danni che sta facendo alle credibilità del nostro Paese e ai diritti degli italiani e ci risparmi almeno il saluto romano e la camicia nera".

"Ma se Berlusconi non ha potere, cosa ci sta a fare a Palazzo Chigi? Oppure sta dando del gerarca a Tremonti?", si chiede Rosy Bindi, vicepresidente della Camera e presidente dell'assemblea del Pd. "Non vedo l'ironia - continua - nella citazione di un dittatore che ha dominato con durezza e violenza l'Italia e che ha usato con grande spregiudicatezza la comunicazione per mistificare la realtà e ingannare gli italiani che ha precipitato in una terribile guerra mondiale. Non vorrei che le parole del premier tradissero in realtà l'insofferenza, altre volte dichiarata, per i limiti e le articolazioni del potere che sono alla base dei sistemi liberaldemocratici. Ma prendere esempio da Mussolini per dolersene, in un contesto internazionale, è davvero surreale".

Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria del Pd, ricorda che "l'Italia ha una storia che nessuno, nemmeno il presidente del Consiglio, può permettersi di banalizzare o di distorcere. Non erano pochi i poteri di Mussolini e non lo sono stati per venti lunghi anni di dittatura con tutte le tragedie che questo ha comportato". "Berlusconi eviti di utilizzare per l'ennesima volta un incontro internazionale come una passerella per esibirsi in show di cattivo gusto - aggiunge l'esponente democratico - Nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani, a chi ha la responsabilità di governo è richiesto un di più di sobrietà e di serietà. Quanto all'attualità nessun governo ha mai avuto una maggioranza parlamentare così ampia. Questa forza nei numeri non ha evitato al governo un grave fallimento della sua politica economica, evidentemente non è questione di poteri ma di idee. Infine, a proposito i diari di Mussolini, se sono quelli che gli ha passato Dell'Utri, sono falsi".

Per il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, "le parole pronunciate da Berlusconi a Parigi suonano come un'umiliazione della democrazia e della Costituzione su cui il presidente del Consiglio ha giurato e che, lo ricordiamo, nasce proprio dalla vittoria sul fascismo". "Con l'autoparagone a Benito Mussolini - prosegue - Berlusconi conferma la sua tentazione di voler creare le condizioni per una svolta autoritaria, accentrando in sé tutti i poteri, e dimostra che il rischio concreto di una svolta antidemocratica in Italia esiste".

IL PRECEDENTE. Non è la prima volta che Berlusconi cita Mussolini. La gaffe più clamorosa risale al settembre 2003. In quella circostanza il Cavaliere consegnò a un giornalista straniero parole destinate a suscitare un'aspra polemica politica. Il concetto espresso era il seguente: "Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino". All'epoca il cronista del britannico The spectator saltò sulla sedia, al pari dell'opposizione che gridò all'apologia del fascismo. Poco dopo Berlusconi tentò di correre ai ripari: "Non ho mai inteso rivalutare Mussolini, ho reagito da patriota, da italiano vero, rispetto a una comparazione tra Mussolini e Saddam Hussein che non ho accettato. Ancora una volta la sinistra strumentalizza una chiacchierata estiva. Si tratta di una nuova puntata di un tormentone...".

Il caso cui fa riferimento Migliavacca risale invece al 2007, quando Marcello Dell'Utri annunciò di aver ricevuto dai figli di un partigiano deceduto cinque presunti diari manoscritti dal Duce, contenenti appunti dal 1935 al 1939. Alcuni storici come Francesco Perfetti li giudicarono autentici, altri come Giovanni Sabatucci, Valerio Castronovo, Emilio Gentile e Denis Mack Smith manifestarono scetticismo. In seguito L'espresso pubblicò i risultati di uno studio approfondito 2 che chiarisce come si tratti di un falso: Gentile e il presidente dei grafologi italiani Roberto Travaglini constatarono macroscopiche discrepanze storiche e una calligrafia non riconducibile a Mussolini. Questi diari non erano una novità: per la prima volta comparvero nel 1980, offerti in vendita al Time di Londra che li fece visionare ad alcuni esperti e li rifiutò. Nei primi anni '90 vennero proposti alla casa d'aste Sotheby's che ne certificò la falsità. Nel 1992 qualcuno provò a venderli all'editore Carlo Feltrinelli 3 e anche stavolta furono rifiutati. Nel 2004 toccò all'Espresso 4 che li fece analizzare da Gentile e Travaglini e non li comprò. Tre anni più tardi furono acquistati da Dell'Utri che malgrado l'opinione di tanti esperti continua a proclamarne l'autenticità.

(27 maggio 2010)

 

 

 

 

Taglio delle province, è ancora giallo

Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Via quelle sotto i 220 mila abitanti, ma il presidente dell'Upi assicura che Berlusconi gli ha detto che non c'è e poi lo stesso premier afferma che "non c'è nessun accenno". Congelamento dei salari pubblici fino al 2013 e tetto del 3,2% anche sui contratti già in vigore

Taglio delle province, è ancora giallo Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Il ministero dell'Economia

ROMA - Bisognerà attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. E' quanto emerge dal testo definitivo del decreto legge della manovra che, all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti".

Le norme danno facoltà ai Comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

Ma il giallo che sembrava risolto ha invece una nuova puntata. "Nessuna norma nella manovra riguarda l'abolizione delle province", ha detto questa mattina il presidente dell'Upi (l'associazione di categoria), Giuseppe Castiglione, durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco prima sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta.

Versione confermata nel tardo pomeriggio dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa tenuta a Parigi per il vertice dell'Ocse: "Nel decreto non c'è nessun accenno alle Province", ha detto rispondendo alla domanda rivoltagli sull'argomento da un giornalista.

I provvedimenti in 54 articoli. E' composto da 54 articoli e tre allegati, per un totale di 150 pagine, il testo finale del decreto legge messo a punto dal governo. Il provvedimento è suddiviso in tre diversi ''titoli'': il primo relativo alla stabilizzazione finanziaria (art. da 1 a 17), il secondo sul contrasto all'evasione fiscale e contributiva (art.17-39), il terzo su sviluppo e infrastrutture (art.40-54).

 

Salari pubblici congelati. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il ''congelamento'' dei trattamenti vale anche per ''il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche''. Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo ''in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale'' prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, inoltre, non consentirà ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Si stabilisce espressamente che ''la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto'' e che ''i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati'' dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal ''taglio'' sono salve le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco.

Gratis incarichi aggiuntivi dei dirigenti. Stop alla moltiplicazione dei salari per i doppi incarichi per i dirigenti pubblici. La manovra - è scritto nel testo finale del provvedimento - prevede la ''disapplicazione'' delle norme che autorizzano ''quote di salario'' legati ''all'espletamento di incarichi aggiuntivi''.

Taglio anche per i collaboratori dei ministri. I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. ''Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel provvedimento - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennita''.

Pedaggio anche sulla Salerno-Reggio Calabria. Non solo i raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio. ''Entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio''.

Sulle autostrade collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas ci sarà una maggiorazione di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, come scritto in burocratese, ''a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto''. L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria.

Sconti fiscali ai premi di produttività. Il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai ''premi'' dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Il testo, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali. Sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef ''le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale''.

Enti previdenziali nell'Inps. Gli istituti previdenziali Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo), Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all'Inail, e l'Ipost (Istituto postelegrafonici) è assorbito dall'Inps.

Sanatoria case "fantasma". Obbligo di denuncia al catasto, con sanzione ridotta a un terzo, per gli edifici rilevati con i rilievi aerei che non risultano iscritti. Eventuale attribuzione di rendita presunta con effetto retroattivo.

Evasione recuperata, un terzo ai Comuni. Il 33% delle maggiori entrate sarà attribuito ai Comuni che avranno partecipato all'accertamento e recupero.

Stretta sull'invalidità. Sale dal 74 all'80% la percentuale di invalidità per ottenere l'assegno. L'Inps effettuerà 100.000 controllo nel 2010 e 200.000 l'anno nel 2011 e 2012. Le Regioni dovranno concorrere alle spese per l'invalidità civile.

Corte Costituzionale: "Sacrifici anche noi". La Corte Costituzionale intende dare il proprio contributo ai sacrifici richiesti anche alle Istituzioni dalla manovra, impegnandosi ad aggiungere alla riduzione degli stipendi dei Giudici il taglio di altre spese della Consulta. "La Corte costituzionale - sottolinea la Consulta in una nota- intende proseguire nella linea di rigore e di contenimento della spesa per il proprio funzionamento, che ha già portato alla sua autonoma decisione di rinunciare, sin dal 2008, ad ogni incremento della dotazione che da quella data non è stata più rivalutata, con conseguente risparmio per le finanze pubbliche.

Inoltre, tenuto conto della manovra economica in via di elaborazione, ha già posto all'esame ulteriori misure di tagli alle proprie spese (per personale ed acquisto di beni e servizi) che, in aggiunta alla riduzione degli emolumenti dei Giudici della Corte, stabiliti per legge, possano ulteriormente contribuire alla riduzione della spesa pubblica".

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Autostrade, tangenziali e raccordi

ecco le arterie a rischio pedaggio

La manovra finanziaria prevede di intodurre il pagamento su 23 infrastrutture di competenza dell'Anas. Tra i tratti più importanti la Salerno-Reggio Calabria, il Grande raccordo anulare di Roma, l'autostrada Roma-Fiumicino, la superstrada tra Firenze e Siena e la bretella tra Torino e l'aeroporto di Caselle.

Autostrade, tangenziali e raccordi ecco le arterie a rischio pedaggio

ROMA - Undici autostrade e 12 raccordi autostradali per un totale di 23 autostrade su tutto il territorio italiano, tra cui la Salerno-Reggio Calabria, la Roma-Fiumicino, la Palermo-Catania e il Grande raccordo nazionale. Tante sono le autostrade dell'Anas dove attualmente non si paga il pedaggio e dove, in base alle disposizioni della manovra, potrebbe essere introdotto il pagamento.

Ecco l'elenco completo:

Autostrade: A3 - autostrada Salerno-Reggio Calabria; A18dir diramazione di Catania; A19 - autostrada Palermo-Catania; A19 dir - Palermo diramazione per via Giafar; A29 autostrada Palermo-Mazara del Vallo; A29 dir - autostrada Alcamo-Trapani; A29dirR/A - diramazione per Birgi; A29 racc. - diramazione per Punta Raisi; A29 racc bis - raccordo per via Belgio; A91 - autostrada Roma-Aeroporto di Fiumicino; A90 - autostrada Grande raccordo anulare

Raccordi autostradali: raccordo tangenziale nord città di Bologna; raccordo autostradale Salerno-Avellino; raccordo autostradale Siena-Firenze; raccordo autostradale di Reggio Calabria; raccordo autostradale Scalo Sicignano-Potenza; raccordo autostradale Bettolle-Perugia; raccordo autostradale Pavia-autostrada A/7 'Milano-Serravalle'; raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi; raccordo autostradale di Benevento; Raccordo autostradale Torino-aeroporto di Caselle; raccordo autostradale Ascoli-Porto d'Ascoli; raccordo autostradale Chieti-Pescara.

Immediate le reazioni. Secondo il Codacons "un pedaggio sulla Salerno-Reggio Calabria è semplicemente paradossale -afferma il presidente Carlo Rienzi - considerando i cantieri eternamente aperti da decenni e i disagi patiti dagli automobilisti che utilizzano tale arteria, dovrebbero essere i cittadini ad essere pagati quando si avvalgono della A3". "Per quanto riguarda il Grande raccordo anulare - prosegue Rienzi - un pedaggio è assolutamente impensabile, perchè avrebbe come conseguenza quella di spingere gli automobilisti della capitale, che magari utilizzano tutti i giorni il Gra, ad avvalersi di strade alternative, paralizzando in modo definitivo il traffico della città. Il sindaco Alemanno dovrebbe far capire al Governo che la situazione della viabilità romana è unica in tutto il mondo, e non consente in alcun modo di mettere a pagamento strade utilizzate quotidianamente dai cittadini".

Simile il tono del vicepresidente della Provincia di Bologna Giacomo Venturi, secondo cui "l'inserimento della tangenziale scombina i piani dell'amministrazione che per la quattro-corsie a nord della città aveva altri progetti: pedaggio sì, ma collegato alla realizzazione del passante nord e per finanziare il servizio ferroviario metropolitano".

(27 maggio 2010)

2010-05-27

ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA

Marcegaglia: "Pieno sostegno alla manovra

ma servono riforme per rilanciare lo sviluppo"

"Il Paese deve tornare a crescere in modo sostenuto". Appello ai sindacati: "Serve una grande Assise dell'Italia delle imprese e del lavoro. Incontriamoci entro l'estate". E al governo: non cada in "litigi e divisioni", avanti senza ripensamenti sulla strada delle liberalizzazionidi ROSARIA AMATO

Marcegaglia: "Pieno sostegno alla manovra ma servono riforme per rilanciare lo sviluppo"

La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

ROMA - Un sì convinto alla manovra, ma un appello al governo perché non si fermi a un risanamento obbligato, ma prosegua sulla strada del rilancio del Paese, mantenendosi unito "senza urne" e senza cadere nella trappola nei conflitti interni. E un altro appello a tutti i sindacati per "una grande Assise delle imprese e del lavoro" da convocare entro l'estate. Sono le linee principali della relazione che la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha presentato stamane all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Sciogliendo la riserva espressa nelle ultime ore, Marcegaglia ha espresso "pieno sostegno alla linea di rigore del ministro dell'Economia e approvata martedì dall'Esecutivo", dal momento che "la manovra varata dal governo contiene misure che Confindustria chiede da tempo". Pur apprezzando, Confindustria chiede però al governo di fare un importante passo in avanti, dal momento che "mancano, però, interventi strutturali per incidere sui meccanismi di formazione della spesa pubblica": "Servono riforme per rilanciare lo sviluppo". L'obiettivo primario del risanamento infatti è monco senza un serio progetto di crescita: "Vive in noi una grande ambizione - sottolinea la presidente di Confindustria - tornare a crescere in modo sostenuto". Al tempo stesso, al governo Marcegaglia chiede con forza di non fare un passo indietro sulle liberalizzazioni, altrimenti c"noi ci metteremo di traverso e sarà opposizione dura", minaccia.

Per "un'Italia capace di stare a testa alta nel mondo", occorre stringere le fila, e trovare coesione. In particolare, al governo Marcegaglia chiede ancora di mantenersi unito, superando "litigi e divisioni" che porterebbero all'impotenza. L'armonia è però necessaria anche tra imprenditori e sindacati, nessuno escluso: "Serve una grande Assise dell'Italia delle imprese e del lavoro. E' questa la proosta che rivolgiamo a tutte le organizzazioni sindacali e alle associazioni datoriali. Incontriamoci subito. Diamoci l'obiettivo di una grande intesa per la crescita. Entro l'estate". Un appello che però non implica nessun passo indietro rispetto alla linea scelta, e nessun passo verso le tesi della Cgil: "Il nuovo modello contrattuale funziona. Lo dimostrano i rinnovi conclusi. Ai sindacati voglio dirlo con sincerità, anche a quella parte che non ha firmato l'accordo nel febbraio 2009". Il passo indietro viene invece chiesto piuttosto a Epifani: "Arroccarsi dietro i no non aiuta a risolvere i gravi problemi del Paese. L'opinione pubblica fa sempre più fatica a capire la logica della distinzione per principio".

 

Le conseguenze della crisi. La relazione di Emma Marcegaglia ripercorre il periodo durissimo appena passato, e non ancora concluso: "L'ultimo anno e mezzo è stato durissimo. A marzo 2009 avevamo perso 26 punti di produzione industriale rispetto ai massimi pre-crisi. A marzo 2010 eravamo ancora sotto di oltre 20 punti". Una condizione che, confessa Marcegaglia, si è riflettuta sul proprio mandato di presidente di Confindustria: "Il mio mandato giunge oggi esattamente alla metà del suo tempo. Sono stati anni difficili, anzi difficilissimi. Per me è stata una responsabilità molto pesante". Tuttavia Marcegaglia taglia corto sulle polemiche interne di questi giorni, lanciando un caloroso grazie ai colleghi industriali: "Grazie al calore, alla passione, alla forza che tutti voi mi avete trasmesso. Non ho parole adeguate per esprimere ciò che mi avete dato".

Cento trimestri bruciati. "Per l'Italia il bilancio della crisi è stato pesantissimo. - ricorda Marcegaglia - Rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, abbiamo perso quasi sette punti di Pil e oltre 700mila posti di lavoro. Il ricorso alla Cassa integrazione guadagni è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati". Ma la ripresa è già iniziata: "E' in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo".

Venir fuori dalla bassa crescita. Non è certo però il momento di cantare vittoria: "Su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto". Soprattutto, il problema per l'Italia non è solo quello di uscire dalla crisi, ma anche quello di uscire dalla spirale di bassa crescita che l'affligge da molto più tempo: "Tra il 1997 e il 2007 il PIL è aumentato dell'1,4% l'anno contro il 2,5% del resto dell'Eurozona, il 3% degli Stati Uniti. Il reddito per abitante è arretrato di sette punti rispetto alla media dell'area euro. Uno scenario davvero poco incoraggiante".

Spezzare la spirale di crescita bassa. E allora bisogna andare oltre: "Bisogna spezzare la spirale fatta di scarsità di investimenti. Fuga di giovani. Imprese che faticano a crescere e la cui dimensione media tende a diminuire. Un ambiente sfavorevole alle iniziative imprenditoriali". Il governo, ribadisce Marcegaglia, ha fatto le scelte giuste, dall'inizio della crisi a oggi: "In condizioni molto difficili, il governo ha saputo frenare il disavanzo pubblico, e avviarne la riduzione, ora. Gli interventi delola Finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione".

I conti in ordine non bastano, servono le riforme. Tuttavia, rileva la presidente di Confindustria, "questa maggiore disciplina non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati". E inoltre "mettere i conti pubblici in ordine non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali". Confindustria ha consegnato a tutti i presenti un accurato studio sulle riforme necessarie: si chiama "Italia 2015. Le imprese per la modernizzazione del Paese". Gli interventi principali a giudizio di Confindustria sono però stati anticipati da Marcegaglia nella relazione: riguardano le infrastrutture (si chiede di "elevare stabilmente al 2,5% del Pil gli investimenti in opere pubbliche"), l'energia, la ricerca (l'Italia deve recuperare il ritardo), il capitale umano (si chiede di promuovere la meritocrazia), il fisco (si chiede di ridurre le tasse su imprese e lavoratori e di combattere seriamente l'evasione fiscale), la giustizia (si chiede un intervento serio sui tempi inaccettabili dei processi). "Sono alcune delle proposte essenziali per raccogliere e vincere la sfida che abbiamo lanciato a Parma: tornare a crescere stabilmente ad almeno il 2%", spiega Marcegaglia.

Ceduti alla Germania 32 punti di competitività. Riforme ineludibili perché "la bassa crescita italiana si traduce in bassi salari, penalizza il potere di acquisto delle famiglie, aggrava il problema del debito pubblico. Alla lunga, mina la democrazia e incattivisce la società". "La lenta crescita - prosegue Marcegaglia - nasce dal cattivo andamento della produttività. Nell'industria manifatturiera, tra l'avvio dell'euro e il 2007, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto in Italia del 19%, mentre si è ridotto del 7,5% in Francia e del 9,8% in Germania. Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve poi stupire se l'Italia cresce poco".

Ritornare alle liberalizzazioni, ridurre la spesa pubblica. La colpa non è tanto delle imprese che, sottolinea Marcegaglia, "operano in un contesto poco accogliente". Anche se naturalmente i margini di miglioramento sono molto ampi anche per gli imprenditori: le imprese piccole, ricorda la presidente di Confindustria, non riescono a fare ricerca e innovazione e a esportare. "Per queste ragioni le reti di impresa possono rappresentare uno strumento utile da usare per accrescere la competitività, stimolando la cooperazione a livello tecnologico, commerciale e produttivo". Al governo però Confindustria continua a chiedere con forza di sciogliere "il nodo irrisolto tra Stato e mercato": "Le liberalizzazioni mancate continuano a penalizzare il Paese". E minaccia: "Se il governo prosegue con questa marcia indietro noi ci metteremo di traverso". Fondamentale anche ridurre la spesa: "La spesa pubblica italiana deve diminuire di almeno un punto di Pil l'anno per i prossimi tre anni. Il programma pluriennale di riduzione dovrà proseguire fino a farla scendere ai livelli tedeschi pre-crisi. Non è impossibile. E' necessario. Nessuna voce è intoccabile. Non è più accettabile il ritornello che la spesa pubblica è incomprimibile".

Il governo si mantenga unito. Ma la spesa non deve solo ridursi, deve anche diventare efficiente. Per prendere le "decisioni all'altezza dei problemi" il governo deve rimanere unito: "Se la maggioranza dovesse ridursi, per litigi e divisioni, all'impotenza, allora non potrà esserci maggior crescita. E si chiuderebbe nell'insuccesso la lunga promessa di una politica del fare, proprio nel momento in cui la crisi ci obbliga a concentrarci su alcune scelte decisive per l'Italia".

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ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA

Berlusconi a Marcegaglia

"Vieni a fare il ministro dello Sviluppo"

Il premier chiede il "permesso" agli industriali: "Che ne direste?". E al loro no replica: "Allora non potete prendervela con il governo". E assicura: "Non abbiamo fatto alcuna marcia indietro sulle liberalizzazioni"di ROSARIA AMATO

Berlusconi a Marcegaglia "Vieni a fare il ministro dello Sviluppo"

Il premier Berlusconi e la presidente di Confindustria Marcegaglia

ROMA - Marcegaglia al posto di Scajola. La proposta arriva dal presidente del Consiglio Berlusconi, testimone la platea di Confindustria, riunita per l'Assemblea Annuale all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Appena Marcegaglia finisce la sua relazione, Berlusconi prende la parola, mostra il discorso scritto precisando che non lo leggerà, e dice: "Per la prima volta c'è al governo un imprenditore, che cerca di governare l'Italia come faceva con le sue imprese, con concretezza. Ma ho bisogno di essere aiutato. Quando ti ho proposto di venire ad assumere la responsabilità del ministero dello Sviluppo tu mi hai risposto: 'Come la prendono in Confindustria'? Ora ti ripropongo l'offerta, e agli industriali presenti chiedo: "Voi come la prendereste?". E propone una votazione per alzata di mano, ma non si alza alcuna mano in sala. "Dite di no? E allora poi non prendetevela con il governo...", conclude il premier, senza perdere il suo buon umore.

L'intervento di Berlusconi è poi proseguito per dieci minuti scarsi, una brevità che i presenti non sanno se attribuire al disappunto per il no alla proposta rivolta alla Marcegaglia, o a una certa freddezza con gli industriali. La stessa relazione della presidente, nel sottolineare l'apprezzamento nei confronti della manovra, ha parlato di "pieno sostegno alla linea di rigore del ministro dell'Economia", quasi a voler marcare la distanza con un Berlusconi che le indiscrezioni volevano più 'colomba' rispetto al Tremonti 'falco'. E comunque all'apprezzamento ha fatto seguire una lunga lista di "compiti" che il governo dovrebbe affrontare nei prossimi mesi, sottolineando come da sola la manovra non basti a far risalire il Paese.

 

Il premier ha mostrato comunque di apprezzare il contenuto della relazione, "tranne alcuni punti": "Non abbiamo fatto alcuna marcia indietro sulle liberalizzazioni, anzi continuiamo in questa direzione", ha protestato. Dando ampie assicurazioni sulla 'tenuta' del governo: "Avanti tutta, ce la faremo anche questa volta. La maggioranza è coesa. "Qui c'è Gianfranco Fini - ha aggiunto guardando il presidente della Camera seduto in prima fila - che può garantire che in Parlamento la maggioranza sarà coesa, voterà i provvedimenti del governo e rispetterà il mandato che ci è stato dato dagli elettori''.

Berlusconi ha rinnovato l'appello all'ottimismo: "Senza ottimismo e fiducia non andremmo da nessuna parte. In una situazione di crisi chi ci crede può migliorare le performance e le quote di mercato". E gli industriali lo sanno bene, ha ribadito Berlusconi, che si è complimentato con gli imprenditori per "la passione e la capacità di rischiare. In voi non ho mai incontrato atteggiamenti di scoramento".

Ma non ha risparmiato una dura critica ai governi precedenti: "Non ve la potete prendere con questi poveracci del governo che hanno ereditato la situazione da chi ha governato nei decenni precedenti ed è riuscito persino a moltiplicare per 8 il debito pubblico".

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QUIRINALE

L'appello di Napolitano agli industriali

"Insieme per far crescere il Paese"

Il messaggio del capo dello Statoall'assemblea di Confindustria: "Serve condivisione su obiettivi e linee da perseguire". Benedetto VXI: "Politici e imprenditori attutiscano gli effetti della crisi occupazionale"

L'appello di Napolitano agli industriali "Insieme per far crescere il Paese"

ROMA - "Dobbiamo fare crescere il paese più e meglio. Questo è possibile solo facendolo crescere insieme". Giorgio Napolitano lancia il suo appello all'unità del Paese in un messaggio video inviato all'assemblea di Confindustria. "Sono vicino all'impegno e ai valori che voi rappresentate", premette Napolitano nel suo discorso in cui più volte ha richiamato l'importanza della ricorrenza dell'Unità d'Italia accostandola a quella dei cento anni di Confindustria. Il capo dello Stato ha spiegato che sono di fronte al paese "scelte di medio e lungo periodo" e che ci vuole "condivisione su obiettivi e linee da perseguire". "Compio ogni sforzo, come è mio dovere, per rappresentare e valorizzare quel che unisce l'Italia, affinchè ciò prevalga su ogni esasperazione di pur legittime distinzioni di interessi e di posizioni politiche - continua il capo dello Stato - Occorre una maggiore consapevolezza in tutte le sfere sociali e in tutte le parti politiche, della portata delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare, insieme con l'Europa, in un mondo che è profondamente cambiato e tende ancora a cambiare".

Grande enfasi ha posto il presidente della Repubblica sul centocinquantenario dell'Unità: "Se nel 1860-61 non si fosse unita, l'Italia non sarebbe entrata nella modernità", "se non mantenesse salda la sua unità, l'Italia sparirebbe dalla scena europea e mondiale". Il capo dello Stato ha sottolineato che bisogna "rinsaldare l'unità" e superare "le incompiutezze". Per Napolitano un "contributo essenziale può venire dal mondo degli imprenditori", soprattutto per quelle qualità che secondo il presidente della Repubblica in questo momento sono indispensabili per il paese e che sono "europeismo, coesione nazionale e coraggio civile".

Benedetto XVI. "Chiedo ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori di fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale". Benedetto XVI si rivolge così ai vescovi italiani riuniti in questi giorni in assemblea generale in Vaticano. E lo fa puntando l'attenzione sulle conseguenze della crisi economica.

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

LA CONFERENZA STAMPA

Berlusconi difende la manovra

"Sacrifici necessari per salvare l'euro"

Il premier incolpa i governi della sinistra e della Prima Repubblica per le difficoltà dei conti pubblici. "Abbiamo ridotto la mano dello Stato e non aumentato le tasse". "Speriamo in collaborazione dell'opposizione"

Berlusconi difende la manovra "Sacrifici necessari per salvare l'euro"

ROMA - Accusa i governi passati, dagli Anni '80 agli esecutivi della sinistra. Ribadisce che la manovra non è un aggiustamento tradizionale dei conti. La definisce un intervento equilibrato, che taglia la spesa, riduce la mano dello Stato e penalizza chi ha di più. Sottolinea che non sono state aumentate le tasse. Annuncia misure di contrasto all'evasione fiscale. Dice che se arriveranno proposte valide dall'opposizione le accetterà. Infine nega che ci siano state divisioni nel governo. Silvio Berlusconi difende la finanziaria da 24 miliardi.

Accanto a lui c'è Giulio Tremonti, da molti considerato il vero vincitore della partita sul deficit. Ma che, da subito, non sembra voler prendersi sulle spalle l'intero carico di impopolarità delle misure varate. E infatti segnala che una manovra così, per la sua importanza, non può che essere in primo luogo del capo del governo.

Crisi provocata da speculazione . "La crisi è stata provocata dalla speculazione", e si tratta di "una situazione senza precedenti", dice il Cavaliere. "La manovra è chiesta dall'Europa, e i sacrifici richiesti sono indispensabili per difendere la nostra moneta. Difendere l'euro significa salvare il nostro Paese, la sfida è questa".

Colpa della sinistra. Ma per il Cavaliere la colpa è anche del "governo della sinistra" che ha fatto una "riforma costituzionale dissennata che ha fatto esplodere i costi della sanità". E anche a una domanda sulle polemiche nella maggioranza rispetto alla tassa di soggiorno a Roma la risposta è stata: "E' colpa della sinistra che ha dissestato i conti della capitale".

Meno Stato nell'economia

. "La migliore ricetta contro la speculazione è la riduzione della spesa pubblica e dell'intervento dello Stato nell'economia", dice Berlusconi, che parla di "un sistema irresponsabile" e della necessità di "provvedimenti equilibrati e inevitabili".

"Chiediamo agli statali un gesto di responsabilità". "Con la manovra chiediamo un atto di responsabiità ai dipendenti pubblici, i loro redditi sono aumentati rispetto a quelli privati". Il motivo per il presidente del Consiglio sta nel fatto che "i dipendenti pubblici non rischiano di andare in cassa integrazione e sono tutelati dal posto pubblico".

"Pensioni garantite". "Tutte le pensioni sono tutelate e garantite. Nessun intervento sull'entità delle pensioni, chiediamo solo a chi si appresta ad andare in pensione di restare un pò di più".

Mezzogiorno, evasione inaccetabile. "Nel Sud ci sono percentuali inaccettabili" di evasione" ad esempio "l'85% in Calabria e il 63% in Sicilia". Quindi "i controlli inseriti dalla manovra sono il primo rimedio al malcostume", ha detto il premier.

Tremonti e l'apprezzamento Ue. Il ministro dell'Economia ha citato in risposta alle critiche l'apprezzamento "quasi istantaneo di una grande agenzia di rating che vede una prospettiva di stabilità nel ungo termine". "Inoltre", dice, "abbiamo le dichiarazioni positive dell'Ocse e siamo in attesa di altri istituti che comunicano apprezzamento".

La manovra, ha aggiunto, è un "intervento giusto tempestivo ed efficace. Fatto per il bene comune contenuto nel bilancio pubblico. In una parola abbiamo fatto il nostro dovere. Non c'erano alternative per tempi e contenuti".

Poi conferma alcune indiscrezioni sul testo a proposito dell'Irap al Sud ("I nuovi insediamenti produttivi nel mezzogiorno "non la pagheranno") e sostiene che "per le Regioni l'intervento è pesante ma non insostenibile".

(26 maggio 2010)

 

 

 

 

 

"Hanno tentato di farmi fuori"

i sospetti del Cavaliere

Berlusconi teme un accordo contro di lui da parte di Tremonti, la Lega e i poteri forti. "C'è chi ha messo in gioco la fine del berlusconismo"

di CLAUDIO TITO

"Hanno tentato di farmi fuori" i sospetti del Cavaliere Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti

"C'E' QUALCUNO che stavolta sta giocando davvero contro di me". Trentasei ore vissute sull'onda dei sospetti. Ogni parola letta in controluce. E gli "alleati più leali" che si rivelano "non più affidabili". Per Silvio Berlusconi non si è trattato solo di discutere la manovra economica "più pesante della mia vita", ma anche di rivedere la gerarchia delle alleanze. Di allontanare i sospetti del "complotto". Riformulare le amicizie dentro il governo.

A cominciare dal rapporto con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e con la Lega di Umberto Bossi. E già, perché dietro ogni singola misura, si è giocato qualcosa di più di una semplice battaglia sui numeri. Come ha ripetuto ieri mattina lo stesso Cavaliere, "è stato messo in gioco il "berlusconismo"". E i protagonisti non sono stati solo il titolare del Tesoro e il sottosegretario Letta, Bossi e Gianfranco Fini. Secondo il premier, si sono improvvisamente attivate le lobby più potenti. Quei "poteri forti" che hanno cercato di coagularsi intorno ai protagonisti della vicenda. "Per farmi fuori, per preparare un altro governo, per profilare un'emergenza nazionale". L'ombra del "complotto", insomma, che ha innervosito il presidente del consiglio e che si è stesa persino sul "socio" più leale: il Senatur.

Da tempo, del resto, molti ministri hanno seguito il braccio di ferro tra Letta e il capo del Tesoro, come la rappresentazione plastica di un duello più ampio. Con il sottosegretario spalleggiato dall'uomo forte della finanza, Cesare Geronzi, una parte della gerarchia ecclesiastica e dai giornali d'area che in questi giorni hanno infatti agitato lo spauracchio di un esecutivo tecnico. Con Tremonti, invece, sostenuto dalla Lega, da alcune banche del nord, da una parte della Finanza cattolica che nel mondo tremontiano ha le sembianze di Ettore Gotti Tedeschi, presidente del potentissimo Ior, e da settori del centrosinistra. Uno scontro nel quale Berlusconi ha sempre svolto la parte dell'arbitro, ma che ora teme di non poter più controllare. "Forse - è stata la sua riflessione - qualcuno pensa di poter cambiare la posta".

Infatti, nonostante l'armistizio firmato in extremis, il capo del governo è stato durissimo con il ministro dell'Economia. "Giulio - ha ripetuto anche ieri sera il Cavaliere - ha costruito la manovra come se volesse smentire tutto quello che ho fatto in questi anni". Non solo. Tutti provvedimenti, a suo giudizio, sono stati concordati solo con i Lumbard, e in particolare con il ministro Roberto Calderoli, scatenando le ire di tutti gli altri dicasteri. Ma soprattutto il premier ha scorto un obiettivo ben preciso: "Hanno calcato la mano - si è lamentato - per mettere al riparo il federalismo fiscale. Pensano che l'Ue non accetterebbe la riforma federalista se prima non diamo garanzie sui conti. Ma i progetti della Lega non possono venire prima di tutto il resto". Il suo dubbio, dunque, è che il pacchetto "tremontiano" contenga in sé una sorta di "tesoretto" da utilizzare proprio per il federalismo fiscale. Sospetti che il titolare di Via XX Settembre ha respinto con decisione. Lo ha fatto l'altro ieri nell'ufficio di Berlusconi a Palazzo Chigi e lo ha ripetuto ieri prima della conferenza stampa congiunta. "Senza un intervento rapido, salta tutto: mi sono mosso su una linea molto delicata. Dopo quel che è accaduto in Grecia, dovevamo dare un segnale ai mercati. Lo faccio per il bene di tutti. Il mio rigore non ha altre ragioni se non la stabilità finanziaria del Paese e il suo futuro".

Eppure nella cena di martedì sera a Via del Plebiscito, Berlusconi ha sentito parlare l'intero stato maggiore leghista solo ed esclusivamente di federalismo fiscale. Ha ascoltato il Senatur definirlo "un'occasione da non perdere". Tant'è che proprio negli ultimi giorni ha provato ad accorciare le distanze con Fini. Una mossa tattica. Per frenare l'irruenza del Carroccio, ha rispolverato il "vecchio" alleato. "Se fate così - è stata la mossa compiuta con Bossi - cosa dico a Fini?". Ha persino incontrato l'odiato finiano Italo Bocchino e riesumato la commissione sui costi del federalismo suggerita dall'ex leader di An e che concluderà i lavori a fine giugno. Una sponda che stavolta Fini ha colto. Ma non per siglare la pace - "niente sarà più come prima" - bensì per dimostrare di avere ragione quando si lamenta che "il governo è a trazione leghista".

Sta di fatto, che fino al ritorno di Napolitano in Italia le misure verranno ulteriormente limate. Il premier ha imposto di alzare il tetto per la tracciabilità, ha elevare la soglia per imporre la tassa del 10% sugli stipendi pubblici (sopra i 150 mila euro) e ha reclamato di rinviare la cancellazione delle province. Tutti emendamenti che Tremonti sta apportando al suo testo. In più, ha imposto al suo ministro le parole d'ordine con cui presentare la manovra: "non siamo in recessione", "facciamo tutto per colpa della Grecia", "le tasse le abbasseremo". Ma il feeling tra i due sembra definitivamente rotto. E tutti se ne sono accorti martedì sera quando il Cavaliere, nella riunione a Via del Plebiscito, si è improvvisamente bloccato e lanciato un'occhiataccia di fuoco al ministro che gli sedeva accanto: "Giulio, perché scrivi quello che dico?". "Mi segno le barzellette che racconti".

(27 maggio 2010)

 

 

 

 

IL COMMENTO

L'iniquità irresponsabile

di MASSIMO GIANNINI

"Più di così non si poteva fare", dice Berlusconi della manovra approvata dal governo "salvo intese", con una formula da vecchio pentapartito della Prima Repubblica. Almeno su questo il presidente del Consiglio ha ragione: 24 miliardi sono tanti, per un Paese che da una decina d'anni perde competitività e produttività e langue con un tasso di crescita dello 0,5%. Tuttavia meglio di così non solo si poteva, ma si doveva fare. Su questo il premier ha torto marcio.

Non sono in discussione la necessità politica e l'urgenza economica di questa legge finanziaria fuori stagione, fatta di "sacrifici duri" e varata in corsa "per evitare che l'Italia faccia la fine della Grecia", secondo la definizione-shock usata tre giorni fa da Gianni Letta. Sono invece in discussione altri due aspetti, non meno essenziali: l'irresponsabilità ideologica e l'iniquità sociale. L'irresponsabilità ideologica è iscritta nel codice genetico del berlusconismo, come forma di negazione della realtà e di manipolazione della verità. Questa "manovra epocale", o "tornante della storia" secondo la prosa enfatica di Tremonti, è precipitata sul Paese in un improvviso clima di "emergenza nazionale". Per più di due anni il premier ha raccontato che la crisi non c'è mai stata, o che comunque era già finita. In meno di due settimane si scopre invece che rischiamo la bancarotta. Un drammatico cambio di fase. Per gli italiani è un trauma psicologico, per il governo un cortocircuito politico. L'unico modo per uscirne sarebbe stata una grande operazione di onestà, e dunque una forte assunzione di responsabilità. Berlusconi, in sostanza, avrebbe dovuto presentarsi in tv e dire: signore e signori, i fatti mi hanno dato torto, ho sbagliato la mia analisi sulla crisi, me ne scuso e vi chiedo di fare, tutti insieme, un grande sforzo per salvare il nostro Paese e la moneta unica.

Questo sarebbe stato un "discorso sul bene comune", comprensibile e condivisibile. Esattamente quello che è mancato in queste ore, e che deve essersi perduto in questi giorni nell'aspro braccio di ferro tra il premier e il suo ministro del Tesoro. Ieri, in conferenza stampa, Berlusconi ha continuato a negare l'evidenza, segnando una "cesura" arbitraria tra la crisi finanziaria partita due anni fa in America con i mutui subprime, trasformatasi poi in crisi mondiale per le economie reali, e la crisi "speculativa" contro l'euro esplosa in queste ultime settimane. Ha scoperto oggi che "abbiamo un debito pubblico insostenibile per colpa dei governi della Sinistra" (dov'è stato lui dal '94 in poi, e perché dal 2001 al 2006 ha azzerato l'avanzo primario che Ciampi aveva faticosamente portato al 5% del Pil?). Ha scoperto oggi che "abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", e per questo "dobbiamo ridurre la presenza dello Stato in economia". Una lettura auto-assolutoria, che finge di non vedere le connessioni di questo disastro globale, per occultare le omissioni del governo di fronte ad esso.

Tremonti, al contrario, non ha mai negato la crisi. Non ha mai nascosto le difficoltà della fase, anche se non ha brillato per originalità delle soluzioni. Davanti all'attacco speculativo contro i debiti sovrani dell'eurozona, e di fronte al perdurare di una recessione ostinata, il ministro è stato coerente. Ha impostato una manovra "pesante", che riduce in due anni il deficit a colpi di taglio alla spesa pubblica. E l'ha affidata al premier, perché se ne assumesse la responsabilità di fronte al Paese. Ma è esattamente questo che il Cavaliere non può accettare. Che tocchi a lui l'ingrato compito di associare la sua immagine alla parola "sacrifici". Che tocchi a lui farsi "commissariare" non da Tremonti ma dalla verità, cioè dall'interpretazione che Tremonti dà della crisi. Che tocchi a lui, in definitiva, fare quello che fanno tutti i governanti normali nelle normali democrazie occidentali: spiegare ai cittadini cosa succede, e "rendere conto" delle scelte che si fanno. Tutto questo cozza contro l'ideologia berlusconiana, nutrita di suggestioni narrative e di moduli assertivi che rifiutano a priori il principio di realtà e dunque non contemplano, neanche a posteriori, l'etica della responsabilità.

L'iniquità sociale di questa manovra discende dalla sua stessa irresponsabilità ideologica. È giusto tagliare la spesa pubblica corrente e improduttiva, che soprattutto i governi di centrodestra hanno fatto crescere in questi anni a ritmi superiori al 2% l'anno. Ma è evidente a tutti che mai come stavolta la stangata è squilibrata e "di classe". Pesa quasi per intero sulle spalle del pubblico impiego. Nessuno nega le sacche di inefficienza e i relativi "privilegi" che si annidano in questo settore: dall'impossibilità di essere licenziati o cassintegrati ai rinnovi contrattuali spesso superiori al tasso di inflazione programmata. Ma nessuno può negare che i livelli retributivi, nel settore pubblico, siano in assoluto già bassi e spesso bassissimi. Come si fa a chiedere il tributo più doloroso a quei 3 milioni e 600 mila dipendenti pubblici che guadagnano in media 1.200 euro al mese, senza chiedere nulla a chi ha redditi infinitamente superiori nel privato, nelle professioni, nelle imprese? E come si fa a non vedere che Germania, Frangia e Gran Bretagna hanno varato manovre ancora più severe, imponendo lacrime e sangue prima di tutto ai ceti più abbienti e alle banche?

Ma anche qui, in fondo, c'è una spiegazione ideologica che giustifica la scelta. Si parte dall'assunto forzaleghista che vuole i dipendenti fannulloni per definizione. E dunque, implicitamente, il governo gli propone uno scambio immorale: io ti rinnovo la tua "sinecura", ma in cambio ti congelo gli stipendi per tre anni. E qui si annida l'estremo paradosso di questa manovra che si profila come una vera e propria controriforma. Con la batosta sul pubblico impiego e la scure sugli enti locali, Berlusconi azzera in un colpo solo le uniche due riforme di cui poteva fregiarsi in questo primo biennio di governo: la riforma del pubblico impiego di Brunetta e la riforma federalista di Bossi. Il decretone di ieri le distrugge entrambe, almeno fino alla fine della legislatura.

Di buono, alla fine, resta la quantità dei tagli, non certo la qualità. Speriamo che basti a convincere i mercati che noi non siamo tra i "maiali" di Eurolandia. Ma di certo non basta a dire che il Paese "è in mani sicure". E meno che mai a pensare che "siamo tutti sulla stessa barca", come ha detto ieri il Cavaliere. In troppi, a partire dagli evasori fiscali che hanno scudato i capitali, non rischiano la pelle in mezzo alla tempesta perfetta. Se ne stanno sul molo, a godersi lo spettacolo.

m.giannini@repubblica.it

(27 maggio 2010)

 

 

LA MANOVRA

Taglio delle province, è ancora giallo

Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Via quelle sotto i 220 mila abitanti, ma il presidente dell'Upi: "Berlusconi mi ha detto che non c'è". Congelamento dei salari pubblici fino al 2013 e tetto del 3,2% anche sui contratti già in vigore. Niente retribuzioni aggiuntive per i doppi incarichi dei dirigenti

Taglio delle province, è ancora giallo Pedaggio sulla Salerno-Reggio

Il ministero dell'Economia

ROMA - Bisognerà attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. E' quanto emerge dal testo definitivo del decreto legge della manovra che, all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti".

Le norme danno facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

Ma il giallo che sembrava risolto ha invece una nuova puntata. "Nessuna norma nella manovra riguarda l'abolizione delle province", ha detto il presidente dell'Upi (l'associazione di categoria), Giuseppe Castiglione, durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco fa sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta.

I provvedimenti in 54 articoli. E' composto da 54 articoli e tre allegati, per un totale di 150 pagine, il testo finale del decreto legge messo a punto dal governo. Il provvedimento è suddiviso in tre diversi ''titoli'': il primo relativo alla stabilizzazione finanziaria (art. da 1 a 17), il secondo sul contrasto all'evasione fiscale e contributiva (art.17-39), il terzo su sviluppo e infrastrutture (art.40-54).

 

Salari pubblici congelati. Per il triennio 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potrà superare l'importo del 2010. Il ''congelamento'' dei trattamenti vale anche per ''il trattamento accessorio previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche''. Lo prevede uno degli articoli portanti del testo definitivo. Lo stesso articolo ''in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale'' prevede nello stesso periodo un taglio del 5% per i redditi superiori ai 90.000 euro annui, e del 10% sopra i 150.000 euro.

La scure sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, inoltre, non consentirà ai rinnovi contrattuali stabiliti nel 2008-2009 di superare la soglia del 3,2%. Si stabilisce espressamente che ''la disposizione si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto'' e che ''i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati'' dal mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Dal ''taglio'' sono salve le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco.

Gratis incarichi aggiuntivi dei dirigenti. Stop alla moltiplicazione dei salari per i doppi incarichi per i dirigenti pubblici. La manovra - è scritto nel testo finale del provvedimento - prevede la ''disapplicazione'' delle norme che autorizzano ''quote di salario'' legati ''all'espletamento di incarichi aggiuntivi''.

Taglio anche per i collaboratori dei ministri. I compensi ai collaborati dei ministri saranno tagliati del 10%. ''Le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - è scritto nel provvedimento - sono ridotte del 10%. La riduzione si applica sull'intero importo dell'indennita''.

Pedaggio anche sulla Salerno-Reggio Calabria. Non solo i raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio. ''Entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio''.

Sulle autostrade collegate con raccordi autostradali gestiti dall'Anas ci sarà una maggiorazione di 1-2 euro, a seconda delle classi di pedaggio, e scatterà da luglio, cioè, come scritto in burocratese, ''a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto''. L'aumento, che non potrà superare del 25% l'attuale pedaggio, durerà fino a quando non saranno stabiliti i criteri per l'introduzione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas. Servirà a investimenti e manutenzione straordinaria.

Sconti fiscali ai premi di produttività. Il fisco e la previdenza faranno lo sconto ai ''premi'' dati ai dipendenti che hanno contributo a far guadagnare la propria impresa o a renderla più competitiva. La novità scatterà dal 2011 e si applicherà su importi fino a 6.000 euro per redditi non superiori a 40.000 euro. Il testo, pur non indicando la percentuale di tassazione, introduce il concetto di premialità fiscale per la parte di salario collegato agli utili aziendali. Sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'Irpef ''le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegati ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili dell'impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale''.

Enti previdenziali nell'Inps. Gli istituti previdenziali Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo), Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all'Inail, e l'Ipost (Istituto postelegrafonici) è assorbito dall'Inps.

Sanatoria case "fantasma". Obbligo di denuncia al catasto, con sanzione ridotta a un terzo, per gli edifici rilevati con i rilievi aerei che non risultano iscritti. Eventuale attribuzione di rendita presunta con effetto retroattivo.

Evasione recuperata, un terzo ai Comuni. Il 33% delle maggiori entrate sarà attribuito ai Comuni che avranno partecipato all'accertamento e recupero.

Stretta sull'invalidità. Sale dal 74 all'80% la percentuale di invalidità per ottenere l'assegno. L'Inps effettuerà 100.000 controllo nel 2010 e 200.000 l'anno nel 2011 e 2012. Le Regioni dovranno concorrere alle spese per l'invalidità civile.

Corte Costituzionale: "Sacrifici anche noi". La Corte Costituzionale intende dare il proprio contributo ai sacrifici richiesti anche alle Istituzioni dalla manovra, impegnandosi ad aggiungere alla riduzione degli stipendi dei Giudici il taglio di altre spese della Consulta. "La Corte costituzionale - sottolinea la Consulta in una nota- intende proseguire nella linea di rigore e di contenimento della spesa per il proprio funzionamento, che ha già portato alla sua autonoma decisione di rinunciare, sin dal 2008, ad ogni incremento della dotazione che da quella data non è stata più rivalutata, con conseguente risparmio per le finanze pubbliche.

Inoltre, tenuto conto della manovra economica in via di elaborazione, ha già posto all'esame ulteriori misure di tagli alle proprie spese (per personale ed acquisto di beni e servizi) che, in aggiunta alla riduzione degli emolumenti dei Giudici della Corte, stabiliti per legge, possano ulteriormente contribuire alla riduzione della spesa pubblica".

(27 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-26

FINANZIARIA

Manovra, sì da un governo diviso

"Servono ulteriori aggiustamenti"

La conferenza stampa di presentazione della Finanziaria è stata rinviata a domani. Contrasti non appianati su tracciabilità, tagli a Palazzo Chigi, magistratura e manager pubblici, turn over in scuola e forze dell'ordine. Il no di Pd, Idv e Cgil di ROSARIA AMATO

Manovra, sì da un governo diviso "Servono ulteriori aggiustamenti"

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Via libera del Consiglio dei ministri alla manovra correttiva da 24 miliardi messa a punto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ma è un via libera con riserva, senza conferenza stampa finale, senza l'invio del documento finanziario alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione, e con l'ammissione che "ulteriori aggiustamenti" vanno fatti su misure tutt'altro che laterali. E che la tensione fosse alle stelle si era capito nel burrascoso - dicono i testimoni - vertice tra il ministro del Tesoro, il sottosegretario Letta e un riluttante Berlusconi preoccupato dal calo di consensi per il governo e per lui stesso. Poi l'esame del provvedimento, concluso in un'ora e mezza. Ma che ha partorito un voto di approvazione "con riserva di ulteriori aggiustamenti"

Aggiustamenti, per così dire, che riguarderebbero capitoli come i tagli di spesa per la presidenza del Consiglio e per la magistratura, la tanto pubblicizzata stretta sui manager pubblici, il turn over nella scuola e tra le forze dell'Ordine, la discesa della soglia della tracciabilità delle transazioni in contante che il premier considererebbe una misura "alla Visco".

La manovra prevede sedici miliardi di tagli alla spesa e otto miliardi di nuove entrate. "Non è una Finanziaria qualsiasi", ha detto stamane Tremonti, prima di aprire il confronto con le parti sociali e gli enti locali. E su questo sono sicuramente tutti d'accordo. Per il resto, i giudizi non potrebbero essere più diversi. Il Pdl la difende: si tratta di una manovra "forte", ha ammesso il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, ma "equilibrata socialmente e politicamente". Parlano invece di misure a carico dei più deboli, o se si preferisce dei "soliti noti", i lavoratori dipendenti, gli esponenti dell'opposizione, dal Pd all'Idv, e il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Nichi Vendola va oltre: per il governatore della Puglia si tratta di "macelleria sociale". Donadi (Idv) accusa apertamente il governo di aver mentito sullo stato dei conti pubblici, e ne chiede le dimissioni.

 

Gli enti locali sono sul piede di guerra non solo per i tagli sociali, o per i supposti squilibri delle misure: all'Anci e alla Conferenza delle Regioni non sta bene che il 50 per cento dei tagli pesino proprio su di loro, già penalizzati dai tagli dell'Ici e delle addizionali Irpef, che già nel 2009, come ha attestato la Corte dei Conti, hanno sottratto loro un quinto di autonomia impositiva.

Ci sono poi contestazioni legate a particolari misure della manovra. Protestano con forza i dipendenti pubblici, che si vedranno i salari congelati per i prossimi quattro anni. "Non un euro in più agli statali", ha detto Tremonti. Poco consola che ci sia anche l'annunciata riduzione degli stipendi e delle spese dei parlamentari. Protestano i dipendenti dei numerosi enti pubblici che verranno abrogati: la lista è lunghissima: si va dagli enti che da tempo sono finiti nel mirino di periodiche denunce per la palese "inutilità", a istituti di ricerca di rilievo, come l'Isae, l'Isfol e l'Ispels (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).

L'obiettivo, ha spiegato il ministro dell'Economia, è la correzione dei conti pubblici dello 0,8 per cento del Pil nel 2011 e dello 0,8 per cento nel 2012. "L'obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico", ha spiegato Tremonti. "La riduzione della spesa pubblica è un percorso obbligato - ha assicurato - primum vivere, deinde filosofare". E quindi con il pacchetto di misure approvate dal governo il disavanzo pubblico dovrebbe scendere dal 5% del Pil di quest'anno al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012, così come previsto dagli impegni presi con Bruxelles.

Tuttavia non sono previsti solo tagli alle spese. Otto dei 24 miliardi della manovra dovrebbero arrivare da nuove entrate. In particolare dalla lotta all'evasione fiscale dovrebbero arrivare 6-7 miliardi per il primo anno. Altre consistenti entrate dovrebbero venire dal condono edilizio. Un terzo degli incassi dalla lotta all'evasione fiscale andrà ai Comuni, se questi contribuiranno agli accertamenti. Una misura tesa a colmare almeno in parte il forte scontento degli enti locali.

Il Pd: "Misure da correggere". No del Pd alla manovra. ''Leggendo le prime bozze che circolano non mi pare ci sia molto. Anzi. Questa è una manovra depressiva. E' solo un giro di specchi'', afferma il segretario del Pd Pierluigi Bersani, dalla Cina. Più particolareggiato il giudizio di Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, per il quale "il ministro deve prendere atto degli errori commessi e correggere l'impostazione della manovra". "Ancora una volta - spiega Fassina - siamo di fronte all'ennesimo intervento senza alcuna riforma strutturale per la crescita, basato su tagli alla cieca, insostenibili per fondamentali diritti sociali e, al tempo stesso, insufficienti per gli effetti sugli sprechi. Soprattutto, un intervento pieno di propaganda sulle misure antievasione". "A pagare saranno ancora un volta i 'soliti noti': famiglie, lavoratori dipendenti, enti locali. Così non va", aggiunge la presidente del Pd Rosy Bindi.

Le accuse dell'Idv. "Dov'è l'equità chiesta da Napolitano?", chiedono i capigruppo Idv di Senato e Camera, Felice Belisario e Massimo Donadi. "Questa manovra -sottolineano- punisce come al solito i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli pubblici, massacra le regioni e avrà una ricaduta terribile sulla domanda interna. Insomma, esattamente il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare".

L'apertura dell'Udc. Diversa la posizione dell'Udc, che non esclude di votare la manovra, ma non "a scatola chiusa", spiega il leade del partito, Pier Ferdinando Casini. "Noi faremo tre cose - spiega Casini - esamineremo la manovra, avremo un contatto molto stretto con le parti sociali e in base al contenuto decideremo il nostro voto in Parlamento". Secondo il leader centrista "i sacrifici sono inevitabili ma non si deve partire dai soliti noti non bisogna penalizzare quelli che hanno già pagato tanto a causa della crisi del paese". I centristi chiedono "una lotta serrata contro l'evasione fiscale".

Il fronte del no degli enti locali. "E' una manovra insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare": il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, boccia senza appello la manovra. "Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva", ha aggiunto Errani, governatore dell'Emilia Romagna. "Abbiamo posto tre condizioni: abbiamo bisogno di una boccata di ossigeno sul 2010 - ha detto il presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani, Sergio Chiamparino - e abbiamo indicato già alcune modalità che sarebbero a saldi invariati. In secondo luogo abbiamo chiesto una rimodulazione del Patto di stabilità per il 2011 e il 2012; infine abbiamo chiesto di mantenere i tempi stabiliti per il decreto attuativo sul federalismo fiscale".

Stipendi della P.A. congelati per quattro anni. La manovra introduce un congelamento agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009".

Sindacati divisi: no di Cgil, Cisl e Uil possibilisti. I sindacati, come ormai di consueto, si sono divisi sul giudizio sulla manovra. Al termine dell'incontro con il ministro Tremonti il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha tenuto da solo una conferenza stampa, ("non si è fermato con noi perché andava di fretta", ha ironizzato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni) bocciando la manovra senza appello: "C'è un problema, c'è una parte del paese che può di più e a cui non viene chiesto niente, a differenza di quanto accade in Germania e Francia dove i sacrifici vengono chiesti a tutti". La Cgil potrebbe valutare anche lo sciopero generale, una volta verificato il contenuto definitivo della manovra. Mentre Bonanni e il segretario della Uil Luigi Angeletti si sono detti favorevoli alle misure, ma solo se ai tagli alla spesa pubblica corrisponderà un consistente taglio dei costi della politica.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

LA SCHEDA

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici

le donne più tardi in pensione

Tagli anche sulla sicurezza sul lavoro. Via libera al condono

Manovra, colpiti i dipendenti pubblici le donne più tardi in pensione

Previsto il condono sugli abusi edilizi

Ecco i punti principali della bozza di manovra discussa dal Consiglio dei ministri. Il governo ha dato il via libera alla manovra, ma il testo non è stato illustrato ed è emerso che ci sarà bisogno di approfondimenti su alcune questioni prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il congelamento parte già da quest'anno e durerà vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009". Il turn over nella Pubblica amministrazione è confermato per altri due anni. Sforbiciata del 5.10% agli stipendi dei manager pubblici oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

Donne in pensione più tardi. L'elevamento dell'età pensionabile delle lavoratrici del Pubblico impiego a 65 anni avverrà in anticipo, a gennaio del 2016, anziché nel 2018 come precedentemente ipotizzato. Il provvedimento prevede un'accelerazione dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche con una diversa scansione dell'elevamento dell'età necessaria per andare in pensione fino ad arrivare alla soglia dei 65 anni. In particolare è previsto che dal primo gennaio 2010 il requisito anagrafico per andare in pensione sale di un anno, sarà di 62 anni al luglio 2011, di 63 a gennaio del 2013, di 64 anni a luglio 2014 e di 65 anni a gennaio del 2016.

Soglia di tracciabilità dei contanti. Sembra sia stato uno dei provvedimenti più controversi e non si capisce se il Consiglio dei ministri sia riuscito ma scioglierlo. La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7.000 euro. Questo è uno dei punti controversi. Secondo alcune fonti ci si sarebbe attestati a 7.500 euro, secondo altre si sarebbe scesi a 5.000. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

 

Enti locali. Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre dieci miliardi di euro in due anni (2011 e 2012). Ai Comuni e Province si chiede di ridurre le spese di un miliardo e 100 milioni nel 2011 e di due miliardi e 100 milioni nel 2012. I Comuni che collaboreranno riceveranno il 33% dei tributi statali incassati.

Tagli agli stipendi di ministri e parlamentari. A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali.

Tagli ai ministeri. Sforbiciata del 10%, ma su formazione o missioni si arriva a dimezzare la spesa. Giro di vite anche sulle auto blu. Dal testo approvato sarebbero saltati i tagli alla presidenza del Consiglio.

Tagli anche sulla sicurezza. Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi.

Tagli ai partiti. Cala del 20% (e non del 50% come inizialmente ipotizzato) il rimborso per le spese elettorali: non più un euro, ma 80 centesimi per ogni elettore.

Tagli alle retribuzioni dei magistrati. Lo stipendio verrà decurtato del 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Riduzione del 10% anche per i magistrati del Csm.

Manager e stock option. Aumentano le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Fondo per Roma Capitale. Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori". Tra le possibilità date al Comune di Roma ci sono l'introduzione di un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi della capitale e l'imposizione di altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici o una tassa di 1 euro sugli imbarchi. Il sindaco Gianni Alemanno parla di "notizie imprecise".

Ecco il condono. La regolarizzazione degli immobili fantasma, che consentirà di dichiarare eventuali cambiamenti catastali che non sono stati precedentemente comunicati, dovrà avvenire entro il 31 dicembre di quest'anno. Chi non ha dichiarato l'aggiornamento catastale di un immobile dovrà farlo e si vedrà così ridotte le sanzioni di un terzo. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi.

Pensioni. Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti.

Invalidità, via i nuovi tetti di reddito. Sono stati cancellati dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegno, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%".

Scuola. Congelato l'organico degli insegnanti di sostegno. Non ci sarà il blocco del turn over per l'università.

Farmaci. Acquisti centralizzati per le Asl in modo da trattare meglio il rpezzo con i fornitori. Modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul rpezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a.

Pedaggi su raccordi per le autostrade. Si introduce la possibilità di applicare un pedaggio su tratti di connessione con tratti autostradali.

Irap al Sud. Le regioni meridionali avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto, con l'opportunità di ridurre o azzerare l'Irap.

Soppresse alcune Province. Le Province con un numero di abitanti inferiori a 220.000, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale, saranno soppresse a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province.

Società statali. A partire dal prossimo anno 500 milioni di dividendi che arrivano dalle società statali saranno utilizzati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

Enti soppressi. Vengono eliminati Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae e l'Ente italiano montagna. Non è chiaro se nell'elenco figuri anche l'Ice. Salta o viene ridotto il finanziamento a 72 enti. Spariranno anche il Comitato Sir (costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia) e la Rei (la finanziaria pubblica creata per sostenere il risanamento dell'industria elettronica).

Addio ai libretti al portatore. I libretti di deposito bancari o postali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. Arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

(25 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Manovra, via libera del Consiglio dei ministri

Regioni: "Insostenibile". Cgil: "Va cambiata"

Il governo ha varato la manovra da 24 miliardi. Stamane a Palazzo Chigi il confronto tra governo ed enti locali, poi quello con le parti sociali. Tremonti: "Non è la classica finanziaria, gestiamola insieme". Errani (governatore dell'Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni): "Gravi ricadute sui servizi delle Regioni". Epifani: "E' iniqua". Bersani: "Solo tagli, nessuna riforma. La favola è finita"

22:19 Governo: rientreremo nei parametri di Maastricht nel 2012

Nota di Palazzo Chigi: "La manovra nel biennio avrà effetti finanziari strutturali per complessivi 24 miliardi di euro. Obiettivo degli interventi è ricondurre il rapporto tra indebitamento e PIL nel 2012 al di sotto del 3 per cento, come previsto dal Trattato di Maastricht"

21:59 Resta il placet del Tesoro per la Protezione civile

La stretta sulla Protezione civile resta tra le misure previste dalla manovra. Secondo quanto si apprende la norma non sarebbe saltata dal provvedimento e conferma quindi il suo impianto iniziale

21:56 Indiscrezioni: tracciabilità contanti a 5.000 euro

La soglia per la tracciabilità dei contanti sarà fissata a quota 5.000 euro. E' quanto prevede, secondo quanto si apprende, la versione del decreto legge sulla manovra approvata dal Consiglio dei ministri. Nella bozza che è entrata in Consiglio dei ministri la soglia era fissata a quota 7.000

21:48 I punti che richiedono approfondimento

Nessun taglio alle spese per la Presidenza del consiglio dei ministri e alla magistratura, ancora da definire la stretta agli stipendi dei manager pubblici, la soglia della tracciabilità del contante (dovrebbe attestarsi a 7.500 euro), il turn over per la scuola e le forze dell'ordine. Sono questi alcuni punti su cui sarebbe emersa nel corso del consiglio dei ministri l'esigenza di un ulteriore approfondimento. Dubbi che hanno portato a un'approvazione con riserva della manovra che dovrà essere ancora sottoposta a limature prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale

21:43 Tagli ai parlamentari, decidono le Camere

Saranno le camere a decidere sui tagli agli stipendi dei parlamentari. La decisione è stata presa come "atto di cortesia" verso l'istituzione parlamentare visto che è stata espressa la volontà di varare misure in tal senso. In assenza di provvedimenti, tuttavia, il governo si riserva di intervenire successivamente

21:32 Conferenza stampa domani alle 15

Domani alle 15 la manovra sarà illustrata da Berlusc oni e Tremonti in una conferenza. Dopo il Consiglio dei ministri, il premier è tornato a Palazzo Grazioli, dove lo attendevano Bossi, Calderoli e Cota, per la cena di lavoro alla quale è anunciato anche Tremonti

21:30 Via le Province con meno di 220.000 abitanti

Saranno soppresse le Province con meno di 220.000 abitanti, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale. Il tutto - spiegano fonti - a partire dalla prossima legislatura provinciale. Le competenze e gli uffici saranno trasferiti ad altre Province

21:22 Niente norme sulla Protezione civile, resta l'Ice

Nessun provvedimento relativo alla riorganizzazione della Protezione Civile sarebbe stato discusso, e dunque approvato, nel corso del Consiglio dei Ministri che ha dato il via libera alla manovra finanziaria. Lo riferiscono fonti del dipartimento. Nella manovra non c'è neppure la soppressione dell'Ice, l'Istituto per il commercio con l'estero

21:15 Berlusconi: "Lo Stato deve costare meno"

La manovra dà un messaggio chiaro e cioè che lo Stato deve costare meno ai cittadini. Lo ha detto Berlusconi, al termine del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferiscono alcuni presenti

21:10 Conferenza stampa probabilmente domani

Nessuna conferenza stampa stasera, a Palazzo Chigi, per l'illustrazione della manovra appena approvata dal Consiglio dei Ministri. E' probabile che la conferenza stampa si tenga domani

21:07 Contributo solidarietà su pensioni d'oro

La bozza entrata in Consiglio dei ministri (al momento non si hanno informazioni sul testo approvato) prevede un contributo di solidarietà del 10% sulle pensioni d'oro. Il contributo si applica per il triennio 2011-2013 sulle pensioni che eccedono 13 volte il minimo Inps

21:00 Letta (Pd): "Chiediamo impegno a non mettere la fiducia"

Il vice segretario Pd Enrico Letta: "Affrontiamo la discussione sulla manovra senza pregiudiziali, leggeremo le norme, perché per adesso siamo agli annunci, e affronteremo nel merito le questioni. Chiediamo al governo di non mettere la fiducia e di porsi in condizione di discuterne"

20:51 Via libera del Consiglio dei ministri

Via libera del Consiglio dei ministri, salvo successive intese per perfezionare il testo, al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013. La riunione è durata circa un'ora e mezza

20:42 Tensioni Berlusconi-Tremonti

Tensione fra Berlusconi e Tremonti nel corso della riunione che ha preceduto il Consiglio dei ministri. Al centro del botta e risposta ci sarebbe stata ancora una volta, secondo quanto si apprende da fonti di governo, la soglia della tracciabilità dei pagamenti. Tremonti avrebbe insistito sulla necessità di introdurre un limite più basso per i pagamenti in contanti ai liberi professionisti, mentre il premier è contrario a misure che considera "alla Visco".

20:34 Aumentano pedaggi autostradali

Nuovi pedaggi autostradali nelle tratte Anas e possibile pagamento anche sul Grande raccordo anulare di Roma. Sarà un apposito dpcm a stabilire i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio su cui sarà sottoposta la maggiorazione tariffaria, che non potrà comunque comportare un incremento superiore al 25% del pedaggio dovuto

20:27 Tre nodi ancora da sciogliere

Sarebbero almeno tre i nodi ancora che il Consiglio dei ministri deve sciogliere. Lo riferiscono fonti governative secondo le quali si tratta della percentuale dei tagli ai ministeri (5 o 10%), della soglia relativa alla tracciabilità e della percentuale del taglio sugli stipendi dei dirigenti della Pubblica Amministrazione

20:26 Stipendi ministri e parlamentari -10%

A partire dal primo gennaio 2011 lo stipendio complessivo di ministri, sottosegretari e parlamentari è ridotto del 10% rispetto al trattamento del 2010. Nella bozza anche la riduzione delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. L'entità dei tagli sarà comunque decisa autonomamente dalle singole amministrazioni. I risparmi che si otterranno per gli anni 2011-2012 e 2013 andranno al fondo per le politiche sociali

20:04 Federalberghi: "Tassa Roma assurda"

"E' un'assurdità": è drastico il giudizio del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca sulla proposta di applicare una tassa di 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi di Roma, con lo scopo di favorire il rientro dai debiti della Capitale

20:00 Stop aumenti stipendi P.A. da quest'anno

Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici già a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013. "Il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio", previsto dagli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche "non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2009"

19:56 Fondo di 200 milioni per Roma capitale

Un fondo di 200 milioni per il "concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro" del debito di Roma. L'accesso al fondo è consentito a condizione che il Tesoro verifichi l'applicazione da parte del Comune di una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dalla conformazione ai costi standard per i servizi a una razionalizzazione delle partecipazioni societarie oltre che a una riduzione dei costi per il funzionamento dei propri organi, "compresi i rimborsi dei permessi retribuiti riconosciuti per gli amministratori"

19:54 Esenzione P.A. da alcune norme sicurezza sul lavoro

Esenzione per la pubblica amministrazione da alcune norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.La misura prevede che non si applichino alle amministrazioni pubbliche gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 81 del 2008 che riguardano il capitolo della valutazione dei rischi

19:53 Invalidità, via i tetti di reddito

Nell'ultima bozza sono stati cancellati, dall'articolo 9 sulla riduzione della spesa in materia di invalidità, i nuovi tetti di reddito che erano stati ipotizzati come requisiti per l'indennità di accompagnamento. E' invece confermata l'elevazione dal 74% all'80% della percentuale di invalidità per la concessione dell'assegn, per le domande presentate dal primo gennaio 2011. E' anche previsto un concorso delle Regioni alle spese per l'invalidità civile con un accantonamento dei trasferimenti, per il 2011, "nella misura del 45%"

19:37 Addio libretti al portatore, carta pago-P.A.

Nella bozza l'abolizione dei libretti di deposito bancari o postali al portatore: quelli esistenti alla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere eliminati entro il 30 giugno del 2011. C'è il varo della carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni. L'obiettivo, si legge, è favorire ulteriore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da parte di enti e pubbliche amministrazioni a cittadini e utenti. La promozione della realizzazione delle carte spetta al ministero dell'Economia

19:36 Cdm iniziato alle 19.30

Il Consiglio dei ministri per il varo della manovra è cominciato a Palazzo Chigi alle 19.30, con un'ora di ritardo.

19:28 Roma capitale, tassa per soggiorni in albergo

Un "contributo di soggiorno" fino a 10 euro per i turisti che alloggiano negli alberghi di Roma. E' una delle possibilità che la manovra dà al Comune di Roma per agevolare il rientro dai debiti della capitale. La manovra prevede anche la possibilità di introdurre altri tributi come un aumento del 4 per mille dell'Ici, a una tassa di 1 euro sugli imbarchi

19:27 Soglia tracciabilità contanti scende a 7.000 euro

La bozza prevede che la soglia per la tracciabilità del contante scenda dagli attuali 12.500 euro a 7000 euro

19:26 Fondi reperiti da enti inutili alle missioni di pace

I fondi che saranno reperiti dalla chiusura degli enti 'inutili' saranno "versati entro il 31 ottobre 2010 all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace". Lo prevede la bozza di manovra

19:24 Accelera età pensionabile donne nella P.A.

La manovra La bozza accelera l'aumento dell'età pensionabile delle donne nel settore pubblico a 65 anni. Si prevede che si arrivi a regime entro il primo gennaio 2016, anziché nel 2018, come precedentemente ipotizzato, in attuazione della sentenza della corte di giustizia europea. Gli scatti di un anno sono previsti ora a partire dal primo gennaio 2010 e, poi, dal primo luglio 2011, ogni 18 mesi. La misura potrebbe garantire risparmi strutturali per 2,5 miliardi l'anno

19:22 Sanatoria immobili fantasma entro 2010

La bozza prevede che la regolarizzazione degli immobili fantasma identificati dal fisco attraverso la mappatura aerea del territorio debba avvenire entro il 31 dicembre 2010. I possessori dovranno presentare una dichiarazione di accatastamento che avrà effetto a partire dal gennaio 2009: si dovranno quindi pagare le imposte sugli ultimi due anni e le sanzioni saranno ridotte a un terzo. La sanatoria sarà possibile anche su interventi edilizi che abbiano determinato una variazione della cubatura. Dal gennaio 2011 scattano i controlli di Comuni e Agenzia del Territorio e le contestazioni comportano l'applicazione di una rendita presunta e la richiesta retroattiva dei tributi

19:20 Epifani: "I milionari non danno niente"

"La mia critica non è all'esigenza della manovra, ma a come viene fatta". Lo ha detto al Tg3 il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, portando un esempio a sostegno della sua tesi: "Se lei o io guadagnassimo un milione di euro l'anno, non daremmo neanche un centesimo per il risanamento della finanza pubblica. Se fossi un infermiere o un dipendente della Fiat darei il mio contributo. C'è un problema. C'è una parte del Paese che può di più e a cui non viene chiesto niente". Secondo il leader della Cgil, "in Francia e in Germania" i sacrifici vengono chiesti a tutti, mentre in Italia "si concentrano solo su alcune categorie"

19:04 Un centinaio di pagine, 22 articoli

Un centinaio di pagine per un totale di 22 articoli. E' la 'consistenza' dell'ultima bozza della manovra economica che dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri

18:27 Berlusconi vede Tremonti e Letta prima del cdm

Berlusconi - a quanto si apprende - sta incontrando a palazzo Chigi Tremonti e Letta. All'incontro, che si sta svolgendo in attesa dell'inizio del Consiglio dei ministri che dovrà esaminare la manovra, non vi sarebbero altri ministri

18:11 Rateizzazione in 3 anni per il Tfr degli statali

Dovrebbe essere rateizzata in tre anni l'erogazione del trattamento di fine rapporto per gli statali. E' una delle misure illustrate oggi, a quanto si apprende, nel pre-consiglio dedicato alla manovra. Possibili modifiche anche sul criterio di calcolo della buona uscita

18:01 Casini: "Decideremo in Parlamento"

L'Udc analizzerà il contenuto della manovra e poi deciderà come comportarsi in Parlamento. Lo ha confermato Casini: "A scatola chiusa non si può votare nulla ma dietro l'angolo c'è la Grecia e quindi non si può scherzare. Noi faremo tre cose: esamineremo la manovra, avvieremo contatti molto stretti con le parti sociali e poi decideremo come votare in Parlamento"

17:55 Pdci: "Governo da prendere a calci"

"Dovrebbero essere presi a calci nel sedere per l'intero Stivale: per due anni questi signori del governo, con la maggior parte dei media dalla loro parte, ci hanno raccontato che andava tutto bene e che addirittura l'Italia aveva ricominciato la ripresa. Adesso, chiedono sacrifici a tutti, lavoratori, pensionati, donne e studenti. La verità è che i primi a dover sparire dalla faccia della terra sono proprio i componenti di questo governo, con in testa il loro presidente". E' quanto afferma Orazio Licandro, della segreteria nazionale del PdcI - Federazione della sinistra.

17:51 Bonelli (Verdi): "Manovra porterà disastro sociale"

"La manovra che il governo si accinge a varare è un vero e proprio disagio sociale che porterà alla povertà centinaia di migliaia di italiani". Lo dichiara il presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: "Il governo non si è minimamente posto il problema di tassare le grandi rendite finanziarie e della speculazione e ha deciso di scaricare tutta la crisi sulle fasce più deboli".

17:33 Zingaretti: "Rivedere patto di stabilità interno"

Nota sulla manovra del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. "La cosa che più mi inquieta - scrive Zingaretti - è che oggi si pensa ai tagli necessari per riallineare i conti pubblici, ma non si dice nulla sulla crescita e sulla produzione di ricchezza, unica condizione per uscire dal tunnel". Zingaretti ricorda come "da mesi noi rappresentanti delle Province insistiamo sulla necessità di salvaguardare con le nostre risorse le spese per edilizia scolastica, sicurezza stradale e assetto idrogeologico. Il ministro Tremonti ha parlato di un cambio di paradigma e di un coinvolgimento degli Enti locali. Lo prendiamo in parola e lo invitiamo a rivedere il Patto di Stabilità interno con nuovi criteri che premino i virtuosi e penalizzino gli sprechi e le amministrazioni in deficit".

17:21 Sacconi: "Per Cgil manovra iniqua? Grazie Cisl e Uil per disponibilità"

"La Cgil parla di manovra iniqua? Mi sarei stupito del contrario". Così il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, risponde alle critiche del sindacato sulla manovra. "Per fortuna, - ribatte il ministro - Cisl e Uil hanno dato ampia disponibilità a un consenso, nella misura in cui confermeremo l'equità e i contenuti e la capacità della stessa manovra di sostenere crescita con occupazione".

17:19 Cgil, Epifani convoca conferenza stampa per domani

Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha convocato una conferenza stampa sulla manovra economica per domani, alle ore 17,30. Otre a Epifani saranno presenti Rosanna Dettori, segretaria generale della Fp Cgil, e Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil.

17:16 Confagricoltura: "Tagli necessari, ma anche equità"

"Condividiamo la filosofia del provvedimento, che vara misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica. Gli sforzi sono incentrati sul contenimento del debito pubblico e sul taglio delle spese improduttive. Ma se sono necessari tagli e sacrifici, serve anche equità". Questo il commento di Confagricoltura sulla manovra economica. "Attenzione - chiede Confagricoltura - a non tagliare gli strumenti che permettono di competere, svilupparsi, dare occupazione e a non penalizzare ulteriormente l'agricoltura che già ha subito lo scorso anno un notevole contenimento dei trasferimenti pubblici".

16:52 Cia (Confederazione italiana agricoltori): "Per noi nessuna prospettiva"

"Una manovra fatta solo di tagli pesanti e indiscriminati, di nuove imposte e assolutamente priva di una strategia di rilancio dell'economia e del sistema imprenditoriale. Non troviamo traccia di validi provvedimenti strutturali che possono garantire una ripresa dello sviluppo. Per l'agricoltura, in grave emergenza, non ci sono prospettive. Il settore non può sostenere altri 'colpi di forbice'". Così il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi, in merito alla manovra correttiva del governo. "Siamo in presenza di misure confuse che di sicuro non risolveranno il problema della spesa pubblica, nè assicureranno alle imprese le leve per uscire dall'attuale difficile congiuntura".

16:47 Schifani: "Politica e istituzioni contribuiscano ai tagli"

"C'è la ferma volontà di contribuire a tagliare i costi della politica". Lo ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani, intervenendo alla presentazione di un libro di Tiziano Treu e Mauro Ceruti. I costi della politica "non coincidono con i costi delle istituzioni", dice Schifani, ma "senza alcun dubbio sia la politica sia le istituzioni devono contribuire in modo serio e significativo. Servono immediate misure per eliminare servizi troppo costosi sia per i parlamentari sia per i dipendenti".

16:39 Finiani, giudizio sospeso: "Tremonti ci spieghi"

Prima di esprimere un giudizio politico, i finiani vogliono leggere con attenzione la manovra economica 2011-2012. Carmelo Briguglio, vicepresidente del Pdl alla Camera e tra gli uomini più vicini a Gianfranco Fini, invita il ministro Tremonti a spiegare "la manovra economica ai parlamentari i quali, in nome e per conto del governo, dovranno a loro volta metterci la faccia e spiegarla a famiglie e imprese". Categorico Donato Lamorte, memoria storica di An: "Cosa posso dire se prima non ho visto le carte?". Italo Bocchino, vicepresidente del gruppo del Pdl a Montecitorio e tra i promotori di 'Generazione Italia: "Intanto, leggiamo questa manovra e poi vediamo". A giugno, fanno sapere gli organizzatori, ci potrebbe essere un incontro con Fini promosso da 'Generazione Italia'.

16:30 Casini e Bonanni a colloquio

Venti minuti di colloquio tra Pier Ferdinando Casini, leader Udc, e Raffaele Bonanni, segretario della Cisl. I due sono stati visti intrattenersi a Piazza Montecitorio, subito dopo l'esame della manovra economica da parte dei sindacati a Palazzo Chigi. Per una valutazione approfondita è stato fissato, per giovedì 3 giugno, un incontro tra una delegazione della Cisl e gli esperti dell'Udc. Nei giorni scorsi i centristi si erano dichiarati disposti a valutare la manovra del governo a patto che il rigore fosse coniugato con l'equità.

16:27 Sincacato polizia: "Con tagli sicurezza a rischio"

I tagli previsti dalla manovra finanziaria al comparto sicurezza e difesa "mettono seriamente a rischio la sicurezza dei cittadini e il controllo del territorio". Lo afferma il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia (Sap), Nicola Tanzi, sottolineando di aver chiesto al governo assieme alle altre organizzazioni sindacali di evitare tagli al comparto. Il rischio concreto, sostiene il segretario del Sap, è di non avere più un "adeguato controllo del territorio e un'efficace azione di prevenzione".

15:59 Cremaschi (Cgil): "Sciopero generale subito"

Giorgio Cremaschi, leader della sinistra interna della Cgil, invoca lo sciopero generale contro la manovra. "Pagano il mondo del lavoro, i pensionati, i deboli. - spiega il sindacalista -. L'attacco è prima di tutto nel salario dei lavoratori, che parte dai dipendenti pubblici e arriva a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato. Le regioni e i comuni dovranno imporre ulteriori tasse o ridurre i servizi. Le pensioni vengono colpite soprattutto per le donne. Una vera e propria grandinata di ingiustizie a cui chiediamo che si risponda subito con lo sciopero generale"

15:48 Faverin (Cisl-Fp): "Contrari a stipendi pubblici congelati"

"Non siamo affatto d'accordo con il blocco dei contratti per i dipendenti pubblici, ma purtroppo la cosa non ci sorprende". E' la posizione di Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Fp sulla manovra correttiva. "Una misura annunciata - dice il sindacalista -, ennesima spia di una situazione paradossale. Non è giusto che per incapacità dei politici, tocchi ai lavoratori andarci di mezzo: governi e amministrazioni locali si sono sempre dimostrati incapaci di accantonare le risorse per rinnovare i contratti, come avrebbe fatto ogni buon imprenditore. E invece continuano a comportarsi come pessimi datori di lavoro".

15:40 Marini (Regione Umbria): "Manovra irricevibile"

"La manovra finanziaria del governo per noi è assolutamente irricevibile". Lo afferma la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini. "E' vero che la Commissione europea impone a molti Paesi politiche di rigore e di rientro - sottolinea in una nota Marini - ma è anche vero che questa manovra cela una inefficace politica economica del governo italiano che tenta ora di scaricare i costi di una inefficiente gestione dell'economia nazionale soprattutto sulle Regioni".

15:38 Giovanardi: "No difesa interessi di parte"

"Deve esserci un senso della responsabilità, nessuno può permettersi di cavalcare la difesa di interessi corporativi, settoriali, sia pure importanti, sia pure comprensibili. Nel momento in cui vengono tagliati per l'ennesima volta i bilanci dell'amministrazione statale, vuol dire risorse in meno in tante direzioni utili per il Paese. Ognuno deve farsi carico di questa situazione". Così il sottosegretario Carlo Giovanardi sulla manovra del governo, a margine di un convegno sui bambini scomparsi

15:31 Bossi: "Taglio indennità parlamentari? Serve sacrificio"

Il leader della Lega Umberto Bossi non si scompone sul taglio delle indennità dei parlamentari. "Serve un sacrificio per tutto". Il leader del Carroccio, e ministro delle Riforme, dice di non aver preso visione della manovra ("la vedrò oggi ma so che è dura") e che oggi incontrerà Berlusconi e Tremonti per "gettare acqua sul fuoco" riferendosi al confronto dei giorni scorsi tra il premier e il ministro dell'Economia sui contenuti della manovra. In ogni caso, conclude Bossi, la manovra non incide sul federalismo in via di attuazione. "Il federalismo non costa niente".

15:23 Vendola: "E' macelleria sociale"

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola: ''Non mettono, come dice Berlusconi, le mani nelle tasche degli italiani. Mettono le dita negli occhi degli italiani. Siamo ad un livello di dramma sociale che viene occultato e nascosto dalla propaganda: è quello che accadrà pensando di tagliare un numero impressionante di risorse agli Enti Locali, con le Regioni che vengono sostanzialmente dissanguate".

15:21 Rossi: "Chi era ottimista prendeva in giro gli italiani"

"Non avevano detto che era tutto risolto? Evidentemente non era così. Chi era pessimista era soltanto realista, chi era ottimista, invece, prendeva in giro gli italiani". Lo ha detto il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, in merito all'entità della manovra economica del governo.

14:58 Pd accoglie appello Napolitano, ma per ora sulla manovra è no

L'appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non cade nel silenzio perché il Pd discuterà punto per punto la manovra quando, dopo l'ok del consiglio dei ministri, approderà al Senato. Ma per ora il giudizio del segretario Pier Luigi Bersani, in questi giorni in Cina per una serie di incontri, è negativo e l'ordine di scuderia è di incalzare il governo sulle sue contraddizioni e attaccare su provvedimenti "inaccettabili" come la sanatoria per le case.

14:54 Anci: "Per comuni e province sacrifici dal 2011"

"I sacrifici imposti a comuni e province saranno pari a 1 miliardo e 100 nel 2010 e 2 miliardi e e 100 nel 2012 ma in compenso ci è stata data garanzia del rientro di alcuni fondi che i comuni hanno fermi: dai 200 milioni per il sociale ai 300 milioni di minori trasferimenti per il 2009, si tratta in complesso di 500 milioni che i comuni devono avere". Lo ha detto il vicepresidente dell'Anci, Osvaldo Napoli, commentando l'incontro a Palazzo Chigi sulla manovra tra governo ed Enti locali. "Diciamo che nel 2010 ci salviamo, nel 2011 e nel 2012 ci sacrificheremo", ha commentato Napoli.

14:52 Iorio: "Preoccupati, da Regioni contributo al 50%"

"La manovra finanziaria del governo che si sta preparando è molto difficile. Per ora conosciamo solo il suo ammontare complessivo, che è di 24 miliardi di euro, in due anni, e sappiamo che le Regioni saranno chiamate ad una partecipazione molto rilevante, valutata intorno al 50% della cifra complessiva". Lo ha detto il Presidente della Regione Molise, Michele Iorio.

14:45 Bonanni: "Epifani è andato via prima perchè aveva fretta"

'Non è una scusa, Epifani aveva fretta, è andato via". Così il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha risposto al cronista che gli domandava perchè i tre leader sindacali non abbiano fatto, come tradizionalmente avviene, una conferenza stampa congiunta, dopo l'incontro con il governo sulla manovra 2011-2012.

14:42 Bersani: "La favola è finita"

"La favola è finita, ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, che era tutto a posto, invece non è vero niente. E la Grecia non c'entra nulla; è un problema nostro e non vedo riforme, non vedo niente". Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ai microfoni del Tg2 commenta l'imminente varo della della manovra finanziaria.

14:35 Protesta dei dipendenti di Palazzo Chigi

Protesta improvvisata da parte dei dipendenti pubblici di Palazzo Chigi per i tagli della manovra che oggi il governo è pronto a varare e sulla quale sono in corso da stamattina riunioni tra l'Esecutivo, gli Enti locali e le parti sociali. Riuniti nel cortile i dipendenti hanno riservato applausi ironici al ministro dell'Economia Giulio Tremonti e qualcuno ha anche urlato "Bravo, bravooo".

14:30 Verso proroga moratoria debiti Pmi con le banche

Si va verso una proroga della moratoria sui debiti delle Pmi verso le banche. E' quanto è emerso durante l'incontro tra governo e parti sociali sulla manovra - il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, portavoce di Rete Imprese Italia, ha avanzato la richesta di proroga. Attualmente il termine per presentare domanda scade il 30 giugno 2010.

14:06 Angeletti: "Sì a tagli ma chiarezza su costi della politica"

"E' necessario che siano definiti con chiarezza i tagli ai costi della politica e di funzionamento della pubblica amministrazione. Da ciò dipende il nostro giudizio". Così il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, rimanda il suo giudizio sulla manovra. Nel suo intervento all'incontro con il governo a Palazzo Chigi, Angeletti ha ammesso la necessità della manovra correttiva. "Piuttosto che aumentare le tasse - ha detto Angeletti - ci siamo dolorosamente convinti che non ci sono altre strade che tagliare la spesa pubblica".

13:59 Epifani: "Manovra iniqua, va cambiata in Parlamento"

"La manovra è iniqua e va cambiata in Parlamento", è il durissimo giudizio del leader Cgil Guglielmo Epifani, che durante l'incontro col governo non prende la parola e poi si presenta solo in conferenza stampa, non accompagnato dagli altri leader sindacali. "Il grosso dei sacrifici lo si chiede sempre ai lavoratori, pubblici e privati", dice Epifani, non c'e nessuna misura "di sostegno a occupazione e investimenti. Quindi è una manovra che non mantiene un profilo di equità".

13:56 Bonanni: "Con tagli sacrifici per chi ha di più"

"Ai tagli devono corrispondere sacrifici da parte di chi ha di più". Questa la posizione del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "Solo così la manovra sarà accettata dai cittadini ed ecco perché la Cisl darà un giudizio sulla manovra solo alla fine dopo aver letto i testi". Secondo Bonanni, gli interventi devono essere mirati a "colpire evasioni e passaggi contanti, tracciabilità che sia indispensabile e niente vulnus sulla privacy". Importante inoltre "inserire primi elementi di costruzione della riforma fiscale, mentre sul pubblico impiego e la scuola si devono dare risposte ai precari perché i vuoti organici vanno coperti". Per Bonanni "è positivo rafforzare il premio di produttività e positivi e importanti sono i segnali sul ripristino della fiscalità di vantaggio e le zone franche, anche se adesso si devono sfoltire i livelli amministrativi".

13:54 Ue, Rehn: "Misure Italia pietra miliare per ripresa europea"

Manovra: rehn, misure italia e altri paesi "pietra miliare ripresa europea" "Stiamo aspettando annuncio provvedimenti italiani" Le misure che si stanno prendendo nei paesi europei e in Italia sono "la pietra miliare della ripresa economica in europa". Lo ha detto il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn. "Stiamo aspettando che anche l'Italia, dopo altri paesi come Spagna e Portogallo, annunci le misure per il consolidamento del bilancio, che vedremo in dettaglio", ha aggiunto Rehn conversando con i giornalisti a Bruxelles.

13:33 Marcegaglia: "Manovra positiva se risponde anche su produttività"

"Se la manovra comincia a dare risposte sulla produttività, oltre che a tagliare la spesa pubblica, allora si tratta di un intervento positivo per il paese". E' quanto ha affermato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'incontro con il governo. Marcegaglia ha giudicato "giusta" la lotta all'evasione fiscale e ha auspicato che "i tagli alla politica siano veri. Se la manovra va in questa direzione - ha ribadito - allora sarà positiva".

13:25 Sacconi: "Cambierà detassazione salario produttività"

Il meccanismo fiscale per agevolare il salario di produttività verrà cambiato. Lo annuncia il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, all'incontro con le parti sociali sulla manovra 2011-2012. Attualmente il salario di produttività viene favorito con una detassazione al 10%.

13:10 Tremonti: "Pensioni, finestre di uscita non sono trappola"

Parlando alle parti sociali, il ministro Tremonti spiega che sulle pensioni il governo pensa di intervenire con una diversa modulazione delle finestre di uscita che non può diventare una trappola. Sullo stesso argomento si è espresso così anche il ministro Sacconi: "Sulle pensioni non è un intervento strutturale, ma solo uno spostamento dell'erogazione". Il leader Cgil, Gugliemo Epifani, aveva chiesto chiarezza su pensioni e buonuscita dei dipendenti pubblici

13:07 Bersani: "Manovra depressiva, tagli e nulla di strutturale"

"Leggendo le prime bozze che circolano, non mi pare ci sia molto. Anzi. Questa è una manovra depressiva. E' solo un giro di specchi". Così Pier Luigi Bersani commenta da Pechino, dove si trova per il forum politico Europa-Cina, le linee della manovra economica che il governo varerà questa sera. "Non si affronta nulla di strutturale, tagli indiscriminati e nessuna crescita".

13:04 Tremonti: "Taglio enti pubblici non è simbolico"

Il ministro Tremonti ha parlato alle parti sociali di un lungo elenco di società ed enti che, con i tagli previsti dalla manovra 2011-2012, saranno sciolti. Un taglio che "non sarà simbolico", avrebbe detto il ministro. Da Tremonti la conferma che ci saranno "parecchi tagli" e "significative riduzioni dei trasferimenti" agli enti locali. Inoltre, avrebbe detto ancora il ministro, "il federalismo fiscale farà risparmiare".

12:59 Tremonti: "Contratto statali, non un euro in più"

"Neanche un euro in più" per i dipendenti pubblici. Così si sarebbe espresso il ministro Tremonti, nell'incontro con le parti sociali, confermando il "congelamento dei contratti pubblici".

12:57 Tremonti, sgravi fiscali su salario legato a produttività

Nella manovra saranno confermati gli sgravi fiscali sul salario legato alla produttività. Lo avrebbe ribadito il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, alle parti sociali. "Nella manovra - ha detto Tremonti - ci sarà anche un sostegno al cambiamento del modello produttivo basato sul nuovo contratto".

12:54 Tremonti: "Primo obiettivo ridurre debito"

"Obiettivo principale della manovra è ridurre il debito pubblico". Lo ha detto il ministro Tremonti nell'incontro con le parti sociali, appena iniziato a Palazzo Chigi. Tremonti ha poi aggiunto che "in manovra c'è un maxi contrasto all'evasione fiscale". Il ministro avrebbe confermato che la correzione dei conti è "pari allo 0,8% nel 2011 e un ulteriore 0,8% nel 2012".

12:52 Polverini: "Discussione in conferenza delle Regioni prima di giudizi"

"Non ci sono state date cifre chiare. Come regioni abbiamo detto che vogliamo fare la nostra parte, soprattutto per la lotta agli sprechi, ma anche per i costi della politica". Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Vogliamo che la manovra sia equilibrata rispetto a tutti i livelli che debbono concorrere. Giovedì ci sarà una discussione alla conferenza delle regioni per poi esprimere un giudizio complessivo. Abbiamo chiesto un tavolo di confronto perché non vogliamo che le regioni, e quindi i servizi che queste offrono, ne escano penalizzate".

12:50 Alemanno: "Manovra pesantissima, rischi per Roma Capitale"

Per i 500 milioni di Roma Capitale "ci sono moltissimi rischi perché la manovra è pesantissima". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, di ritorno da Palazzo Chigi. "L'importante è che sia garantito un intervento strutturale - aggiunge Alemanno -. Qui non si parla di bilancio attuale ma l'intervento serve per mettere in sicurezza il piano di rientro per evitare che venga abbandonato a se stesso e vada in default".

12:48 Finocchiaro: "Manovra, vediamola poi giudizi"

Il Pd per ora non si esprime sulla manovra economica da 27 miliardi, che comincerà il suo iter parlamentare al Senato. "Prima vediamola - dice la Presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro - certo è che sul dl Grecia non abbiamo presentato neanche un emendamento. Abbiamo chiesto di discutere della manovra economica con Tremonti. Invece la maggioranza per tutta risposta ci impone il ddl intercettazioni, sul quale porranno la fiducia".

12:45 Palazzo Chigi, iniziato l'incontro con le parti sociali

E' iniziato l'incontro tra governo e parti sociali sui contenuti della manovra correttiva. Al tavolo oltre 60 sigle. L'esecutivo è al completo ad eccezione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Per Cgil, Cisl e Uil ci sono i segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Per Confindustria c'è il presidente Emma Marcegaglia. Presiede il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta

12:36 Chiamparino: "Abbiamo posto tre condizioni"

"Valuteremo nel direttivo già convocato quanto è emerso dall'incontro di stamane ma vorremo avere le cifre complessive per avere un quadro definitivo. Per il comparto dei Comuni e delle Province, si tratta di 1 miliardo e 100 per il 2011 e 2 miliardi e 100 per il 2012". I numeri li ha forniti il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, uscendo da Palazzo Chigi al termine dell'incontro in cui si è discussa la manovra. "Abbiamo posto tre condizioni: abbiamo bisogno di una boccata di ossigeno sul 2010 - ha detto Chiamparino - e abbiamo indicato già alcune modalità che sarebbero a saldi invariati. In secondo luogo abbiamo chiesto una rimodulazione del Patto di stabilità per il 2011 e il 2012; infine abbiamo chiesto di mantenere i tempi stabiliti per il decreto attuativo sul federalismo fiscale". Secondo Chiamparino, "tutti si sono detti disponibili a fare la propria parte alle condizioni che abbiamo detto: noi dal 2004 al 2009 abbiamo portato un contributo di oltre 4 miliardi ai saldi di finanza pubblica".

12:34 Manovra, iter parlamentare comincia al Senato

L'iter parlamentare della manovra economica 2011/12 comincerà al Senato. Lo rendono noto i capigruppo di Pdl e Pd, Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro, al termine della Conferenza dei capigruppo

12:27 Scopelliti: "Per le Regioni è dura"

''Servono maggiori dettagli, ma la situazione che si profila per le Regioni è difficile". Così il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti. A Palazzo Chigi "si è parlato prevalentemente di tagli. Ora con senso di responsabilità, bisogna trovare un punto di confronto''. Scopelliti ha anche detto che Tremonti non ha parlato dell'ipotesi di introdurre ticket per la sanità.

12:25 Tremonti: "Taglia alla P.A., si comincia dai ministri"

"I tagli alla pubblica amministrazione ci saranno cominciando dai ministri". dice il ministro Tremonti, accennando agli interventi che toccheranno le retribuzioni dei ministri e spiegando che i tagli partiranno proprio dai titolari dei diversi dicasteri.

12:23 Sacconi alle Regioni: "Rinnovare patto su ammortizzatori"

"Ci rivedremo presto per rinnovare e ridefinire il patto sugli ammortizzatori sociali in deroga, che è stato un significativo risultato della leale collaborazione stato-regioni-parti sociali e per dare attuazione alla nuova formazione". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, durante l'incontro a Palazzo Chigi sulla manovra. Sacconi ha voluto "richiamare l'attenzione su due ambiti che rappresentano il 90% delle attività delle regioni. Il primo è il fondo sanitario: dobbiamo proseguire lungo la strada intrapresa dalle regioni non virtuose di avvicinamento alle regioni virtuose". Il secondo è appunto quello della formazione ed ammortizzatori.

12:22 Tremonti: "Diversa fiscalità anticipa federalismo fiscale"

La fiscalità di vantaggio, con modalità diverse tra le regioni, non deve essere vista come "una forma di competizione ma come un anticipo del federalismo fiscale". Lo ha affermato il ministro Tremonti nel corso dell'incontro con le regioni e gli enti locali per presentare la manovra.

12:20 Chiamparino: "Non condono ma accertamento su case fantasma"

Non si è parlato di condono ma di accertamento fiscale sulle case fantasma, le cui mappe e i cui elenchi verranno consegnati ai comuni". Lo ha detto il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi sulla manovra.

12:16 Vasco Errani: "Manovra insostenibile"

Netto e negativo il giudizio di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, dopo l'incontro a Palazzo Chigi sui contenuti della manovra 2011/12. "E' insostenibile - dice Errani - per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva". ''Si profila un taglio di ben oltre 10 miliardi di euro - ha spiegato Errani - e anche su questo c'e' bisogno di chiarezza. Il Governo ora deve cercare un punto di sostenibilità dove ogni livello istituzionale fa la sua parte. E noi la vogliamo fare''. "Abbiamo dimostrato in questi anni - ha proseguito Errani - di essere pronti a fare la nostra parte. Occorrono politiche attive per dare risposte ai problemi del paese. La responsabilità che ciascun livello di governo sia equilibrata: oggi non mi pare sia così".

12:08 Fassino: "Manovra tesa ai tagli, non al rilancio. Valuteremo"

Al momento sembra che nella manovra predisposta dal governo prevalga una "logica di tagli", mentre bisognerebbe pensare anche a rilanciare la crescita. Così Piero Fassino, a margine di un convegno di italianieuropei. Quando gli viene ricordato il richiamo del capo dello Stato all'opposizione per un atteggiamento responsabile di fronte alla manovra, Fassino risponde: "Valuteremo con disponibilità e attenzione i provvedimenti. Ovviamente ci riserviamo di valutare nel merito: siamo disponibili a sostenere misure di lotta all'evasione fiscale ma diremo no a tagli che colpiscono i cittadini nella vita quotidiana o a nuove forme di condono".

12:02 Tremonti a Regioni: "Attenti ai conti o Ue taglia fondi"

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha ricordato alle regioni i rischi "europei" di una scarsa attenzione ai conti pubblici. Un aggiornamento del patto di Stabilità potrebbe impattare proprio sulle regioni che dei contributi Ue sono spesso beneficiari. "Il patto di stabilità - ha spiegato il ministro durante l'incontro - verrà modificato e reso più rigido. Si sta andando verso un processo di ridefinizione del calcolo dei contributi europei che possono essere ridotti a chi sarà in deficit eccessivo. Poichè siamo il terzo Paese a ricevere questi interventi dovremo essere molto attenti e intervenire in anticipo".

11:59 Tremonti: "Le tasse non aumenteranno"

Con la manovra che il governo si appresta a varare "non saranno aumentate le tasse". Il ministro dell'Economia lo ha ribadito più volte durante l'incontro a Palazzo Chigi con regioni, province, comuni e comunità montane.

11:55 Tremonti: "Discontinuità con la classica finanziaria"

La manovra "non è la classica legge finanziaria. E' un'intensa discontinuità di sistema che tutti dobbiamo comprendere". Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che poi sottolinea come gli interventi della manovra non prevedano "tagli lineari" ai ministeri e rispettino l'autonomia prevista per i diversi organi costituzionali, regioni comprese. Tremonti spiega che le riduzioni per i singoli ministeri saranno in maniera percentuale e la decisione su dove intervenire spetterà ai singoli ministeri. Il ministro ha poi fatto un riferimento esplicito all'articolo 121 della Costituzione, che indica gli organi dotati di autonomia costituzionale, tra cui le Regioni. Anche loro dovranno al loro interno individuare come intervenire nell'autonomia data.

11:53 Fazio: "Nessun taglio lineare nella Sanità"

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, spiega che, in sede di studio della manovra, "abbiamo lavorato su una serie di misure, e non su un taglio lineare, per limitare gli sprechi in Sanità. Per il resto, dovrete aspettare la serata di oggi". Il ministro ha risposto così ai giornalisti, a margine della conferenza stampa di presentanzione della 13esima edizione della Giornata nazionale per la donazione e trapianto di organi e tessuti

11:50 Tremonti: "Manovra, 12 miliardi per ciascun anno"

Confermando che la manovra per il 2011/12 è da 24 miliardi di euro, il ministro Tremonti spiega che la correzione strutturale sarà di 12 miliardi di euro per il primo anno, a cui si aggiungeranno altri 12 miliardi il secondo.

11:47 Di Pietro: "L'unica manovra è che Berlusconi se ne vada"

L'unica manovra per non finire come la Grecia è che Berlusconi se ne vada. Lo dice il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. "Se la responsabilità politica ha un senso, chi fallisce e chi dice bugie deve andare a casa. Berlusconi ha detto che l'Italia non era in crisi e poi ha detto che la crisi l'aveva già superata, ma oggi siamo in piena anticamera della Grecia. A casa Berlusconi e il suo Governo, se vogliamo salvare il Paese".

11:45 Tremonti: "Manovra correttiva prescinde da ripresa"

Per il ministro Tremonti, la "correzione va fatta a prescindere dalla ripresa economica perché ne va della stabilità finanziaria". Nell'incontro con le regioni e le autonomie locali il ministro ha ribadito che la manovra complessiva è da 24 miliardi nel 2011-2012.

11:41 Chiti: "Mani in tasca agli italiani si mettono eccome"

"Finiamola con questa storia che non si mettono le mani nelle tasche degli italiani. Il momento è grave e ci vuole serietà". Così Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, a Uno Mattina. "Se, come sembra, quasi la metà di questa manovra, 10 miliardi su 24, viene da tagli a comuni, province e regioni, come fanno a dare i servizi ai cittadini?". "I sacrifici ora sono necessari - commenta Chiti -, ma la manovra poteva essere minore: 11 o 14 miliardi, citando cifre fatte dal ministro Tremonti nei mesi scorsi. Siamo arrivati a 24 perché il governo ha aumentato la spesa corrente e sono diminuite le entrate fiscali". "Non si facciano condoni: se si regolarizzano case non registrate nel catasto, per cui non si sono pagate tasse, in cambio di una cifra minore del dovuto, mentre i contribuenti onesti hanno pagato tutto, non mi si dica che non è un condono".

11:38 Follini: "Manovra, per noi un rischio ma anche investimento"

"Votare la manovra economica del governo, per noi, è un rischio. Ma forse potrebbe essere anche un investimento, una scommessa sul futuro. A un'opposizione che sappia non lasciarsi intrappolare dai suoi riflessi condizionati si possono aprire scenari più promettenti". Lo scrive il senatore Pd Marco Follini nella sua rubrica sul 'Riformista'. "Ragionare sulla possibilità di un voto favorevole a me pare più un gesto di responsabilità verso il Paese che non un 'appeasement' verso il nostro principale avversario. La crisi è tale che impone a tutti un cambio di paradigma. Non sarebbe male se almeno ci provassimo".

11:20 Cicchitto: "Manovra forte ma socialmente quilibrata"

Il presidente dei deputati del Pdl sottolinea i punti fondanti del provvedimento. "L'impostazione di fondo della manovra economica è stata definita a livello europeo per mettere in sicurezza l'euro e i vari sistemi economici. Riguarda in primo luogo l'intervento sulla spesa pubblica e il governo l'ha impostata ricercando un vasto consenso sociale, dalle organizzazioni del lavoro autonomo ai sindacati, alla Confindustria, alle Regioni". Cicchitto poi riassume i contenuti della manovra: "C'è una fiscalità di vantaggio per il Sud, non esistono tagli dolorosi alla sanità. Si interviene a favore della produttività e delle reti d'impresa. Sul terreno della spesa si incide sugli aspetti clientelari delle pensioni di invalidità, per le pensioni viene mantenuta aperta solo una finestra, c'è un taglio lineare del 10% per ogni dicastero che però sarà gestito sul piano qualitativo da ogni ministro. Esistono interventi equitativi riguardanti il taglio dal 5 al 10% degli stipendi della dirigenza pubblica di fascia A, a quello riguardanti gli enti pubblici e le aziende e i consorzi municipali e vari altri costi della politica. L'altro aspetto decisivo è un'azione molto rigorosa sul terreno dell'evasione fiscale. Per parte nostra abbiamo raccomandato interventi riguardanti le forze dell'ordine e Roma capitale".

11:07 Tremonti: "Costi standard per la sanità"

Tremonti spiega che il governo sta lavorando con le Regioni a costi standard per la sanità. Nel corso dell'incontro con gli enti locali il ministro ha fatto riferimento al fatto che il continente produce più debito che ricchezza e che la manovra riduce il perimetro dell'area pubblica. Un accenno anche alle pensioni. Con la messa a regime il sistema previdenziale italiano è il più solido d'Europa.

11:05 Tremonti: "Non è finanziaria qualsiasi, gestiamola insieme"

"Questa non è una finanziaria qualsiasi. Dobbiamo gestirla tutti insieme". E' l'invito del ministro Tremonti agli Enti Locali e alle Regioni, che apre il confronto formale sulla manovra che proseguirà con quello con le parti sociali.

11:04 Tremonti: "Rigore sulle pensioni di invalidità"

Le pensioni di invalidità sono cresciute da 6 a 16 miliardi. Il governo con la manovra intende tornare ai criteri rigorosi del 1988, spiega il ministro Tremonti illustrando la manovra agli Enti Locali e alle Regioni a Palazzo Chigi.

11:00 Tremonti: "Blocco triennale per i dipendenti pubblici"

Tutti i dipendenti pubblici avranno il congelamento triennale generale delle retribuzioni. Lo ha detto - secondo quanto si apprende - il ministro dell'Economia Giulio Tremonti illustrando la manovra nel corso dell'incontro con gli enti locali e le Regioni a Palazzo Chigi.

10:58 Palazzo Chigi, al via l'incontro con le autonomie locali

Al via a palazzo Chigi l'incontro fra il Governo e le autonomie locali per illustrare la manovra, che, secondo le previsioni, dovrebbe essere approvata questa sera dal Consiglio dei Ministri. Sono presenti il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, quello della Semplificazione Roberto Calderoli, il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto, insieme al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Le regioni sono rappresentate daVasco Errani, presidente della Conferenza, dal vice presidente Michele Iorio, dai governatori delle Marche e del Lazio, Spacca e Polverini. Presente anche il coordinatore degli assessori al bilancio Romano Colozzi. In rappresentanza dei comuni il sindaco di Torino e quello di Roma, Sergio Chiamparino e Gianni Alemanno, il vicepresidente vicario, Osvaldo Napoli e il sindaco di Livorno e presidente dell'Anci Toscana, Alessandro Cosimi. All'incontro anche una delegazione dell'Upi e dell'Uncem.

 

 

 

Vendola attacca la manovra

"Grande opera di macelleria sociale"

Il governatore pugliese e leader di Sinistra e libertà risponde alle domande dei navigatori. "Con il taglio agli Enti locali tolgono ai cittadini senza prendersi responsabilità". Polemico con Bersani: "Non si risolvono problemi con le parolacce"

di ANNALISA CUZZOCREA

Vendola attacca la manovra "Grande opera di macelleria sociale" Nichi Vendola

ROMA - Una manovra economica che fa macelleria sociale, e contro cui bisogna organizzare una grande rivolta popolare. Un centrosinistra che non sa più parlare al Paese, che cerca la modernità nelle parolacce, e che nonostante questo continua ad apparire antico. Un'alternativa alle destre da costruire facendo una rivoluzione culturale, abbandonando l'ottica spartitoria del potere, riconnettendosi con l'Italia vera e smarrita. Nel videoforum di Repubblica Tv 1 - 380 messaggi in tempo reale - il leader di Sinistra ecologia e libertà e governatore della Puglia Nichi Vendola non fa sconti a nessuno: né al governo, né ai suoi alleati. Non perdona a Bersani la parolaccia contro il ministro dell'Istruzione Gelmini. Non perdona a Tremonti una manovra che colpisce sempre gli stessi, i deboli, i non colpevoli.

Cosa pensa di questa manovra?

"Giungono rumori di guerra da Palazzo Chigi. Hanno giocato a nascondino per due anni, hanno avuto paura di confrontarsi con quello che accadeva nel resto del mondo: l'esplosione di una bolla speculativa che riassumeva la follia di un ventennio di ubriacatura liberista. Hanno giocato a nascondere la crisi, l'Europa si è occupata prevalentemente di risarcire quei soggetti che ne erano stati i protagonisti, coloro che hanno portato il mondo sull'orlo di un precipizio. E oggi questa decisione determina i propri effetti. I giovanotti delle agenzie di rating bocciano la Grecia, la Grecia comincia a tremare, dopo la Grecia è il turno del Portogallo, della Spagna, e ora appaiono nuvole nere anche sul cielo d'Italia. Ma cos'è questa crisi? E' qualcosa che ha a che fare con le viscere della terra e del creato, l'ha portata la cicogna? E' la crisi di un mondo che è stato imprigionato da gruppi sofisticati di rapinatori, da un ceto mondiale di rapinatori travestiti da procacciatori finanziari, da acrobati della finanza internazionale. Ma come si può immaginare di proporre a un lavoratore o a un pensionato il sacrificio - fosse pure di un euro - se prima non si spiega come si intende cambiare questa logica perversa? Se non si pone fine all'allegra finanza degli speculatori e degli squali che attraversano gli oceani dell'economia mondiale producendo questo disastri? Se non si chiede scusa al lavoro che è stato umiliato, offeso e marginalizzato e non si ricostruiscono le regole del gioco a livello planetario?"

Il governo ripete che non metterà le mani nelle tasche degli italiani.

"Mettono le dita negli occhi degli italiani. Siamo a un livello di dramma sociale che viene occultato e nascosto dalla propaganda. Bloccare per anni i contratti dei lavoratori del pubblico impiego, 1100-1200 euro al mese, significa produrre un effetto depressivo sull'economia nazionale, ridurre la platea dei consumi e dei consumatori, stare dentro l'onda della recessione. Pensare di poter bloccare l'andata in pensione di chi l'aveva programmata, pensare di togliere agli enti locali un numero impressionante di risorse, è assurdo. Loro non mettono le mani nelle tasche degli italiani, ma io non avrò più un euro per pagare i servizi sociali o per pagare la viabilità. Quello che fanno è un'operazione di trasferimento a qualcun altro della responsabilità della più grande opera di macelleria sociale della storia italiana."

Chiarissima l'analisi, questa crisi è costretto a pagarla chi non l'ha causata. Ma ora cosa bisogna fare? Napolitano ha auspicato che l'opposizione in Parlamento condivida la manovra.

"Se le misure fossero eque, ma per essere eque bisogna riesumare una parola che è stata maledetta e proibita in Italia: la parola tasse. Al primo punto bisognerebbe mettere la possibilità di colpire i grandi patrimoni, la rendita parassitaria, le transazioni finanziarie. Colpire quegli evasori che avevano portato milioni di euro all'estero. Ma si possono scaricare 24 miliardi di euro per intero sul lavoro dipendente, sui pensionati, sulla povertà, sulla fragilità? Si parla molto dello scandalo dei falsi invalidi, si parla poco dello scandalo dei veri invalidi che devono scalare le alpi della burocrazia per veder riconosciuto il loro diritto all'accompagnamento. Questo è diventato un paese feroce, e con questa manovra finanziaria la ferocia si fa stato. Tremonti ci chiama a condividere cosa? Il suicidio degli enti locali, il suicidio delle regioni, delle province, dei comuni? No io non mi assumo questa responsabilità."

Uno spettatore le chiede la sua opinione sulle ricette di " flexsecurity" del Pd sul lavoro, ricette su cui peraltro il Pd all'ultima assemblea non è riuscito a trovare un accordo.

"La flessibilità è un obiettivo straordinario in una società che realizza la piena occupazione. In un Paese in cui la disoccupazione in gran parte del territorio è a due cifre la flessibilità è un trucco semantico, è soltanto la mafia delle parole che consente di chiamare flessibilità ciò che è precarietà. E la precarietà oggi non è solo una condanna per chi ha contratti atipici, l'intero mondo del lavoro è turbato da questo sentimento di precarietà. Il lavoro è scomparso dalla scena pubblica. I media parlano del lavoro solo nelle rubriche di cronaca nera. Abbiamo di fronte a noi la prima giovane generazione che è compiutamente al di fuori dell'idea del lavoro come prospettiva, come futuro. Una generazione compiutamente precarizzata non solo nella sua proiezione produttiva, ma nella sua immagine di futuro. Questa è una tragedia. Qui c'è il vero problema della sinistra: per contestare questa roba qui bisogna rimettere il lavoro al centro della scena sociale. Ll'economia non c'è se non c'è il lavoro, se non c'è la produzione di beni e servizi c'è un'economia cartacea, quella delle agenzia di rating, dei piccoli gangster travestiti da manager esterofili. Questo è un punto culturale, sociologico e politico che chiama in causa il mestiere della sinistra. La sinistra da troppo tempo non ha un mestiere perché non si occupa più sul serio di questo tema."

Come risponde a chi le chiede di lanciare la sfida al centrodestra, al governo e alle vecchie classi dirigenti del centrosinistra?

"A sinistra non è possibile immaginare ricette taumaturgiche. A sinistra si è consumata una gravissima sconfitta che non è solo quella elettorale, ma è una crisi di cultura, di prospettiva, di narrazione, di egemonia. Berlusconi non ha vinto mica perché è stato un bravo amministratore, ma perché ha dato forza a un racconto strabiliante assolutamente manipolatorio nei confronti della psicologia di massa. La sinistra cosa gli ha contrapposto? Berlusconi è stato la proiezione in politica di quello che è avvenuto nei lunghi pomeriggi televisivi, quando la formazione culturale di un paese è stata surrogata dalle Isole dei famosi, dai Grandi fratelli, da un'ideologia e da un'idea della vita e della società miserabile, meschina, mercantile. Non può pensare la sinistra che basti una parolaccia per recuperare un codice di comunicazione con la realtà, per recuperare l'alfabeto perduto, il vocabolario perduto. La sinistra non sa più parlare alla gente e non sa più capire la gente. Oggi potremmo usare l'occasione drammatica della crisi economica e sociale per provare a recuperare un rapporto di verità con il paese, con le sue sofferenze e le sue aspettative. Lì c'è il cantiere dell'alternativa, l'alternativa non può nascere dalle alchimie di palazzo, sperando che un pezzettino dell'altra parte si possa staccare e venire in soccorso. Di lì non nasce niente. Dobbiamo soprattutto parlare alla società italiana e alle giovani generazioni, essere la sinistra che dà speranza perché organizza le lotte. Una sinistra che fa un mestiere antico ma nelle forme più moderne e più flessibili. Invece riusciamo a usare il peggio della modernità - la parolaccia - continuando a sembrare conservatori. C'è bisogno che tutte le forze del centrosinistra si accorgano della propria inadeguatezza e si lascino aiutare nel rapporto forte con la società civile, con i movimenti e con le associazioni. Provino a costruire un cantiere di autorigenerazione."

E da cosa si parte?

"Ad esempio, l'immigrazione. Noi non possiamo immaginare sull'immigrazione un discorso di contenimento dei danni delle leggi razziali e del razzismo che è insito in questa classe dominante. L'Italia dei roghi di Ponticelli, l'Italia di Rosarno, della mensa negata a un bambino, del bianco Natale cantato perché bisogna fare il Natale dei bianchi, l'Italia di una sommessa e ordinaria pulizia etnica è un'Italia schifosa, melmosa, putrescente. Contro di essa bisogna far vivere l'altra Italia, quella che ha memoria della sua storia, storia di migranti. Non si può essere sceriffi di sinistra, non si può essere un po' meno razzisti perché non vincano i razzisti. Su questo tema il centrosinistra ha bisogno di riscostruire una politica, un racconto di verità."

Lei la questione morale l'ha guardata in faccia cambiando la sua giunta quando sono arrivate le inchieste sulla gestione clientelare della sanità in Puglia. Pensa che il Pd non stia facendo abbastanza?

"Secondo me c'è un'idea così diffusa di politica come cinismo e affarismo e c'è una tale soggezione della politica al mercato che la realtà è questa. Perché la politica è corrotta, perché è debole. Ha ceduto il passo ad altri poteri che prendono decisioni sulla vita di tutti e non in sedi democratiche, non in modo trasparente. La politica - per combattere la corruzione - deve innanzi tutto riprendersi sovranità sulle scelte di un Paese. L'Italia sta uscendo dalla chimica di base: l'ha deciso il parlamento, l'ha deciso il governo, l'ha deciso qualcuno? E dov'è un tavolo su questo. Mentre poi sul versante del nucleare io non ho capito: ho l'impressione che abbiamo fatto due patti, uno con Sarkozy e uno con Putin. La partita la stiamo giocando in due casinò differenti, e questo potrebbe costarci caro anche in tema di relazioni internazionali."

Lei ha definito i partiti ossi di seppia, non è ingeneroso da chi viene da una lunga storia di partito? Cosa sono e cos'hanno le sue fabbriche in più di un partito?

"I partiti sono diventati molto simili a quella metafora che il presidente del Censis De Rita usa per definire l'Italia: mucillagine. Sono la rappresentazione di un'Italia frammentata per interessi di corporazioni, di caste, di lobby o di campanili. Il partito come luogo di costruzione dell'interesse generale, di protezione dei beni comuni, dov'è? Le fabbriche cui ho offerto il mio nome, le fabbriche di Nichi, sono luoghi in cui è abolita la cosa fondamentale che ci ha berlusconizzati tutti: la vita politica fondata sulla competizione. Lì c'è la cooperazione, non si viene eletti a niente. Sono un tentativo di connessione tra la rete e la piazza, e hanno assunto l'idea che si può coniugare la politica alla bellezza. Sono l'idea che la politica dev'essere un principio di ricostruzione della comunità. Per me sono state un osservatorio su quanto è grande la speranza di cambiamento. Nella mia testa il partito è stato sempre un mezzo, non un fine. Io mi sento innamorato dell'idea che si può ancora contribuire a cambiare la vita e a cambiare il mondo. Vediamo gli strumenti utili per il cambiamento."

La sua vittoria è stata percepita come una minaccia, ora si parla di Vendola come colui che sta dando la scalata al Pd, si agita il fantasma di un ticket con Veltroni. Hanno paura di lei?

"Tutto questo è vero ed è molto triste. Per me è triste sentirmi percepito come l'altro gallo che entra nel pollaio, come un uomo in carriera, mi dà molto fastidio. Io mi percepisco come una persona che si sente profondamente sconfitta rispetto alle cose che pensa e che ha sognato tutta la vita, e che si ritrova a gestire un laboratorio importante e controcorrente - come quello pugliese - ma in un Paese che ha smarrito i propri codici civili. Mi sento disperato per le cose che accadono nel mio Paese e vorrei fare qualcosa perché si determinasse non la carriera di qualcuno, o la sostituzione di ceti dirigenti ad altri ceti dirigenti, ma la riforma intellettuale e morale - per dirla alla Gramsci - di questo Paese. E' un paese smarrito, è possibile che la discussione sia su di me, su quello che voglio fare domani o dopodomani? Io voglio dare un contributo nel modo che so offrire, che è quello della mia comunicazione con la gente e della voglia di sparigliare i giochi degli alchimisti del centrosinistra, degli strateghi della tattica che dominano la scena del centrosinistra."

Ma l'alternativa la possono costruire insieme Pd, Sel, Italia dei Valori, magari anche l'Udc o comunque si chiami?

"E' sufficiente la buona volontà o c'è un problema politico? Siamo davanti a elezioni importanti come le comunali di Napoli. Il fatto che il candidato del centrosinistra sia subito diventato assessore nella giunta Caldoro ci dice qualcosa? Il fatto che la contesa non sia sul profilo di una città ma sulla spartizione di posti di potere ci dice qualcosa? Dov'è più la discussione sul governo del territorio, sul risanamento delle aree periferiche, sulla sfida energetica, sulle nuove povertà, sull'inclusione dei bambini, sulle politiche per i migranti? Nel campo nazionale l'alternativa può cominciare subito, a condizione che sappiamo leggere tra le carte di Tremonti, se ci liberiamo dall'illusione di un Tremonti che si presenta come un neutro risanatore delle finanze pubbliche. Tremonti è la copertura migliore di un mondo, di una classe, di una politica e di un'economia che hanno fallito e che hanno fatto male al Paese. Bisogna combatterlo frontalmente."

Il Pd quindi questa manovra non la deve votare?

"Il Pd - insieme al resto del centrosinistra, ai sindacati, al tribunale per i diritti del malato - deve organizzare una grande rivolta popolare contro la manovra economica della destra. Per potersi sedere a quel tavolo e poter dire: " Facciamo una manovra condivisa" le prime carte che bisogna vedere sono quelle che parlano di tasse ai ricchi, altrimenti a quel tavolo non ci si può sedere."

Ci doveva essere una convention a Firenze per lanciare la sua candidatura alle primarie per la guida del centrosinistra nel 2012, oggi non sappiamo neanche se ci saranno quelle primarie. Se ci fossero lei si candiderebbe?

"Io mi batterò fino allo stremo perché ci siano le primarie. La convention a Firenze è saltata perché invece che essere l'inizio di una ricerca sulle parole che ci mancano era diventata una danza della morte dei partiti su questo oggetto misterioso. Per quello che mi riguardava era meglio fermarsi lì, mentre fuori dai partiti ci sono domande, esperienze, un sapere che noi faremmo bene ad accogliere. Le primarie sono il minimo per sopravvivere. L'idea di mettere in discussione l'unica forma che è stata inventata di dissequestro delle scelte politiche fondamentali sequestrate in segreterie di partiti che sono diventati la roba di cui ho parlato è un'idea folle. La sinistra non può vincere se va in un laboratorio di chirurgia estetica a trovare una maschera di Berlusconi di sinistra da mettere in faccia a qualcuno. La sinistra vince se contro Berlusconi è capace di convocare un popolo che si appassiona a un'idea di futuro."

(25 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-25

GOVERNO

Ecco la manovra, c'è anche il condono

Letta: "Sacrifici duri". Napolitano: "Siano equi"

Lunga la lista delle novità: tracciabilità del contante, per parlamentari e ministri -10%, ma solo sulla parte eccedente gli 80mila euro di stipendio. Tagli ai partiti. In arrivo il ticket e il pedaggio sui raccordi autostradali. "Salva" la scuola. Congelati gli stipendi dei dipendenti pubblici

Ecco la manovra, c'è anche il condono Letta: "Sacrifici duri". Napolitano: "Siano equi"

Il ministro Tremonti

ROMA - Tracciabilità dei pagamenti, stop agli stipendi degli statali. Mini taglio agli stipendi dei parlamentari. E, dopo gli scandali dei lavori del G8, una brusca ridimensionata all'autonomia della Protezione civile. Ma soprattutto, nonostante le smentite, la presenza, nella bozza, del condono edilizio (o meglio di una "sanatoria catastale"). Sono solo alcuni dei punti salienti di quella che sarà la manovra economica da 24 miliardi che domani sarà approvata dal Consiglio dei ministri e che questa sera ha ottenuto un sostanziale via libera della consulta economica del Pdl riunita nella sede del partito di via dell'Umiltà. Ora il ministro Tremonti è atteso a un incontro con i rappresentanti delle Regioni, a cui illustrerà nel dettaglio i termini della manovra in vista della riunione di domani mattina a Palazzo Chigi.

Che la manovra non sarà una cosa indolore lo dice chiaramente il sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta: "E' una manovra straordinaria che ci chiede l'Europa. Ci saranno sacrifici molto pesanti, molto duri che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia. Capiamolo così e ci capiamo tutti". Parole che lascino poco spazio all'immaginazione. Tanto che dal Quirinale arriva l'appello di Giorgio Napolitano che chiede "che i sacrifi siano ripartiti equamente". E si augura che "le decisioni siano prese responsabilmente dalla maggioranza e siano condivise dalle forze di opposizione in Parlamento, nel comune interesse".

Condono e sanatoria per ampliamenti. Nonostante la smentite il condono edilizio c'è. Anche e il governo parla di una "sanatoria catastale" che riguarderà l'obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale con sanzioni che saranno ridotte ad un terzo. Ai titolari degli immobili si concederà tempo fino al 31 dicembre di quest'anno per mettersi in regola. Chi non lo farà si vedrà attribuita una rendita presunta, "con la retroattività della rendita".

 

Tracciabilità del contante a 5 mila euro. Si rafforza la lotta all'evasione con l'introduzione di fatture telematiche per importi superiori a 3mila euro, la tracciabilità dei pagamenti con la soglia dei 5mila euro per l'uso dei contanti - invece dei 12.500 attuali - e infine con un intervento sulle compensazioni Iva. Un'altra novità riguarda l'obbligo di fattura elettronica per i pagamenti sopra i 3.000 euro.

Tetto sull'invalidità. Nella bozza viene fissato un tetto di reddito pari a 25mila euro per poter avere le indennità di accompagno per l'invalidità civile. Per gli invalidi coniugati c'è anche un limite di 'coppia' pari a 38mila euro. Per chi ha un reddito inferiore a 25mila euro l'indennità sarà corrisposta in misura tale da non superare il limite. Stop inoltre al meccanismo di rivalutazione automatica delle prestazioni per coloro che già ricevono le indennità ma superano i nuovi tetti al reddito. Inoltre sono in arrivo 100.000 verifiche straordinarie contro i falsi invalidi nel triennio 2010-2012. La manovra, infine, eleva la percentuale di invalidità per la concessione della pensione d'invalidità dal 74 all'80%.

Stipendi dei dipendenti pubblici. Tutti gli stipendi dei dipendenti pubblici resteranno fermi ai livelli dell'anno scorso fino al 2013, mentre sulle retribuzioni dei manager che guadagnano da 90.000 a 130.000 euro arriva un taglio del 5%, che sale al 10% per gli stipendi oltre i 130.000 euro.

Stipendio dei politici, solo un mini-taglio. Per i politici, invece, arriva un taglio degli stipendi del 10% per la parte eccedente gli 80 mila euro annui. Riduzione che potrà essere applicata da subito su ministri e sottosegretari non parlamentari. Per deputati e senatori, invece, saranno le stesse camere ad adottare i provvedimenti con propri regolamenti. La nuova ondata d'austerità colpisce anche composizione e compensi dei Cda di società pubbliche, consulenze e incarichi, spese per pubblicità e relazioni pubbliche, missioni internazionali, formazione, auto blu. Inoltre le risorse che si recupereranno dalle riduzioni di spesa di Quirinale, Senato, Camera e Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

Partiti politici. Sarà dimezzato il contributo di un euro a cittadino iscritto nelle liste elettorali per le elezioni alla Camera. Verranno inoltre soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento. Se un politico che è stato eletto ha incarichi nella pubblica amministrazione, per questi può percepire solo il rimborso delle spese e un gettone di presenza al massimo di 30 euro.

Stato di emergenza, servirà il placet del Tesoro. Sarà il Tesoro a dare il 'placet' alla richiesta della Protezione civile qualora sia necessario proclamare lo stato d'emergenza. Lo stato d'emergenza e quindi lo stanziamento dei necessari fondi dovrà essere proclamato ''di concerto con il Mef''.

Irap. La manovra prevede la possibilità di una fiscalità di vantaggio notevole per il Sud, dove viene "l'anticipazione della possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap con riferimento alle imprese avviate dopo il provvedimento, con possibilità di riduzione o azzeramento dell'Irap"

Scuola. Anche in considerazione dei tagli del passato la manovra economica che il Governo sta mettendo a punto 'risparmiera scuola e università. Per questo l'organico degli insegnanti di sostegno nel 2010-2011 dovrà rimanere invariato rispetto al 2009-2010. Nuovi finanziamenti anche alla scuola privata paritaria che potrà contare su 330 milioni per il biennio 2011-2012 (130 milioni il primo anno e 200 il secondo anno). Per la fornitura dei libri di testo gratuiti la manovra stanzia 103 milioni per il 2011 e altrettanti per il 2012.

Ticket. Nel capitolo della manovra dedicato al controllo della spesa sanitaria, si proroga l'esenzione del ticket. Secondo alcune bozze provvisorie potrebbe scattare dal primo luglio 2010 un ticket di 7,5 euro a ricetta, ridotto a 3 euro per i cittadini esentati dal pagamento delle prestazioni. Le cifre si dovrebbero poi ridurre rispettivamente a 6 euro e 2 euro a partire da gennaio 2011.

Pensioni di vecchiaia, nel 2011 slittano di 6 mesi. I lavoratori che nel 2011 avranno maturato un'anzianità contributiva inferiore ai 40 anni e vorranno accedere alla pensione d'anzianità, andranno a riposo il 1 luglio 2012.Chi, nel 2011, avrà maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne) potrà accedere al trattamento con uno slittamento di 6 mesi rispetto alla data in cui hanno maturato i requisiti (invece degli attuali tre). Per quanto le donne del pubblico impiego si va verso un'accelerazione dell'età pensionabile.

Pedaggio. Sarà possibile mettere un pedaggio sui tratti stradali che connettono con le autostrade. Una misura che servirebbe a reperire risorse per le infrastrutture.

Rifiuti. Niente rimborsi per l'Iva pagata sulla Tariffa di Igiene Ambientale, che in molti Comuni ha sostituito la Tarsu, la tassa sui rifiuti. Nella manovra ci sarà una norma interpretativa per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

Stock option. Su stock option e bonus scatterà un'aliquota addizionale del 10%. La stretta fiscale sarà applicata su quelle remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Soppressione di enti, tocca a Ice e Isae. La cura dimagrante sugli enti inutili contenuta nella manovra 2011-2012 toccherà anche l'Ice e l'Isae. I due istituti, il primo per il commercio con l'estero, e il secondo di studi e analisi economiche, verranno soppressi. Solo nell'Ice lavorano circa 800 persone e - dicono i dipendenti - la scelta è arrivata come una doccia gelata anche sui vertici dell'Istituto. Nel mirino finiscono anche altri istituti ed enti di ricerca pubblici facenti capo a ministeri come Isfol e Ingv. Il progetto prevede anche il riordino degli enti previdenziali pubblici con l'accorpamento di quelli minori in Inps e Inail, mentre l'Inpdap continuerebbe a mantenere l'assetto attuale.

Lotta all'evasione. Potenziata la partecipazione dei Comuni nella lotta all'evasione fiscale e contributiva: sarà incentivata con il riconoscimento di una quota del 33% delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo. È un'altra delle misure inserite nell'ultimo aggiornamento della Manovra 2011-2012. I Comuni sopra cinquemila abitanti dovranno istituire un Consiglio Tributario.

Regioni del Sud potranno rimodulare incentivi alle imprese. Le regioni del Sud potranno, con proprie leggi, rimodulare attuali forme di beneficio per prevedere agevolazioni, detrazioni e deduzioni a favore delle attività produttive.

Montezemolo: "Sottovalutata l'importanza della crisi". Un grande errore di valutazione, secondo Luca Cordero di Montezemolo, è stato fatto negli ultimi anni: "In questi due anni si è sottovalutata l'importanza della crisi e si è dato troppo per scontato che il Paese ne fosse immune"

Fmi: "L'Italia ancora vulnerabile". "L'Italia deve "mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e aumentare il tasso di crescita nel lungo periodo". Il Fondo monetario internazionale, nell'article IV, sottolinea che "concorda con l'obiettivo delle autorità di un consolidamento fiscale basato sulla spesa". Per il Fondo "il contenimento dei salari del settore pubblico dovrebbero essere un elemento chiave della strategia di consolidamento". Per l'Fmi la decisione del governo italiano di non adottare un'ampia politica di stimolo fiscale è stata "appropriata, alla luce dell'elevato livello del debito pubblico. Anche se i peggiori effetti della crisi sull'economia italiana sono per la maggior parte passati, restano delle vulnerabilità chiave". In particolare, il Fondo spiega che "l'elevato livello del debito pubblico e la deludente performance di crescita potrebbero rendere l'Italia vulnerabile a futuri shock esterni".

Per gli economisti di Washington le politiche per rinvigorire la crescita dovrebbero focalizzarsi "sulla rimozione dei colli di bottiglia strutturali, sul miglioramento della qualità dei servizi pubblici e sul rafforzamento del settore finanziario". Il Fondo, si legge ancora, "sottoscrive gli obiettivi fiscali delle autorità italiane di riportare il deficit sotto il 3% entro il 2012", tuttavia avverte "il consolidamento programmato non è abbastanza ambizioso". E spiega che l'aggiustamento di bilancio programmato è basato, tra l'altro su "un assunto ottimistico di una ripresa forte e duratura" oltre che su "misure addizionali che devono ancora essere annunciate". Il Fmi chiede anche che venga mantenuto un "monitoraggio delle finanze pubbliche a livello locale"

(24 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-05-22

LA MANOVRA

Berlusconi smentisce i tagli

"Non tocco pensioni e sanità"

"Nessun provvedimento punitivo, la sinistra calunnia. Non alzerò le tasse". Bersani: "Pagheranno ancora i ceti medio bassi"

Berlusconi smentisce i tagli "Non tocco pensioni e sanità"

ROMA - Il presidente del Consiglio nega l'esistenza di provvedimenti "punitivi" per i cittadini nella manovra che sta per essere varata dal governo. "Sono solo menzogne dei soliti pessimisti", ha detto Berlusconi, aggiungendo che "non sarà fatta macelleria sociale, non saranno toccate la scuola, le pensioni e la sanità. Né si alzeranno le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani, ma cercheremo con ogni mezzo di combattere le spese eccessive e naturalmente l'evasione fiscale".

Dal Cavaliere poi un durissimo attacco alle opposizioni. "E falso ciò che vanno dicendo le opposizioni", che secondo il premier "calunniano". Perché, promette il presidente del Consiglio, si metteranno a posto i conto grazie non a tagli ma con una politica "equa e prudente" che metterà mano agli sprechi.

"Di fronte allo tsunami che sta mettendo a dura prova tutti i Paesi europei - dice il premier -, il partito dei pessimisti, il solito partito dei pessimisti è tornato a farsi sentire e a diffondere le solite menzogne, i soliti veleni, attribuendo al nostro governo il proposito di varare a breve termine un insieme di provvedimenti economici punitivi che, per l'ennesima volta sono totalmente inventati".

Bersani all'attacco. Ma il leader del Pd torna ad attaccare il governo. Nella manovra non c'è niente di "strutturale", si va nella direzione di colpire come al solito "i ceti medio-bassi" e si ripropone un "mega-condono" mentre si promette lotta all'evasione fiscale. Per Bersani "non si vede nulla di nulla che metta mano a dei meccanismi e che ad esempio metta in condizioni questo paese di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alla rendita e alla ricchezza. Tutte le cose che si stanno dicendo di nuovo portano il carico sui ceti medi e bassi, a riduzione degli investimenti e una riduzione sugli enti locali.

 

Cgil: favorisce l'evasione. Quello che si sta delineando è una manovra "depressiva e iniqua che colpisce i deboli e favorisce evasione e illegalità". Lo sottolinea la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, commentando il menù delle misure della manovra 2011-2012 che lunedì prossimo dovrebbe essere presentata alle parti sociali. "Non c'è traccia di convocazione", spiega Camusso all'Agi precisando che "quelle che arrivano sono solo voci e non c'è ancora una proposta concreta: mi sembra che abbiano più problemi di quelli che vogliono raccontare".

La manovra, osserva la sindacalista, è "depressiva perchè è incentrata sui tagli e non c'è traccia di incentivi alla crescita nè di risposte ai problemi dell'occupazione. Più passano le ore - aggiunge - più è iniqua. Si parlava di combattere l'evasione e siamo arrivati al condono edilizio, una politica opposta che incentiva i comportamenti elusivi ed evasivi".

(22 maggio 2010)

 

 

 

 

IL DOSSIER

Statali e previdenza, due anni di una tantum

e spunta un condono edilizio da 6 miliardi

Stipendi pubblici, confermato il prelievo sulla parte che eccede gli 80mila euro annui. Stretta su sanità e enti locali. Le finestre per i pensionamenti dovrebbero scendere da 4 a 1. Pensioni d'oro: tassa del dieci% oltre i cinquemila euroDI ROBERTO PETRINI

Statali e previdenza, due anni di una tantum e spunta un condono edilizio da 6 miliardi

ROMA - Mail, tabelle, scambi concitati di telefonate, tecnici mobilitati: il lungo week end della "Finanziaria" 2011-2012 da 27,6 miliardi è cominciato ieri e, se la tabella di marcia imposta da Tremonti in modo ultimativo, sarà rispettata si concluderà nella notte di lunedì. Anche se, secondo voci circolate ieri, non è escluso che la data di martedì salti e si vada verso un mini rinvio. E nelle ultime ore è spuntata anche l'ipotesi di un condono edilizio ben più consistente di quello relativo alle cosiddette case fantasma: la sanatoria potrebbe essere allargata ad altre fattispecie e portare nelle casse dello Stato fino a 6 miliardi di euro.

"Sacrifici", aveva annunciato, per primo Calderoli, e per pensionati e statali sarà così. La parola chiave che emerge con maggiore nettezza nelle ultime ore è "una tantum", o meglio "due tantum", giacché il prelievo straordinario varrà per il 2011 e 2012. Le categorie interessate sono molte (sebbene alcuni avanzino questioni di costituzionalità): in primo luogo gli statali che guadagnano più di 80 mila euro lordi annui, si tratta di una platea di circa 20 mila individui tra i quali figurano dirigenti di prima fascia, magistrati, professori universitari, dirigenti di seconda fascia delle agenzie fiscali, diplomatici e prefetti. Per la parte eccedente gli 80 mila euro di queste buste-paga il prelievo una tantum sarà del 10 per cento. L'altra una tantum biennale riguarderà le pensioni d'oro: è possibile che il tetto oltre il quale si sarà sottoposti al prelievo del 10 per cento salga dai 3.500 ai circa 5.000 euro. Dalla "tassa" tuttavia resterebbe escluso il settore privato: un intervento sarebbe possibile sugli stipendi alti attraverso i sostituti di imposta, ma in questa fase viene categoricamente escluso ogni intervento patrimoniale.

 

Sta lievemente cambiando nelle ultime ore il profilo dell'intervento sulle finestre pensionistiche che frutterà 1,6 miliardi. Le finestre per l'uscita in "vecchiaia" (65 anni) dovrebbero scendere da 4 a 1 (e non essere solo dimezzate come si è detto fino ad oggi), mentre per quelle di anzianità si valuta un dimezzamento (da 2 a 1) oppure un mantenimento dell'attuale livello. Nell'ambito previdenziale, oltre alla riforma del sistema di erogazione delle indennità di accompagnamento per gli invalidi che saranno legate al reddito, si prepara una cancellazione degli enti previdenziali minori, come quelli dei marittimi, dei musicisti e dei dipendenti postali. Altri risparmi verranno dall'accorpamento degli enti di ricerca, come l'Isae e l'Isfol, da taglio alle consulenze, alle missioni e da un sforbiciata del 15 per cento alla spesa corrente. Oltre alla riforma del patto di stabilità per gli enti locali e tagli per 4 miliardi per Regioni e Comuni.

Resta confermato anche il congelamento del contratto di lavoro per gli statali, il blocco degli automatismi per il 2010, il raddoppio (da tre a sei mesi) dei tempi di attesa per ottenere la liquidazione e la conferma del blocco del turn over. Colpite anche le indennità di ministri e sottosegretari: il taglio sarà del 10 per cento, il doppio di quanto annunciato in un primo momento dal governo. Dalla manovra naturalmente non sarà esente la spesa sanitaria che dovrebbe subire un taglio di 2,5 miliardi con una stretta sui farmaci e l'istituzione dei centri di acquisto regionali. Resta in bilico l'ipotesi della reintroduzione di un ticket sulla specialistica da 7,5 euro.

Sulla lotta all'evasione si preannunciano misure "forti": oltre all'intensificazione degli strumenti di contrasto come il "redditometro", si parla di una reintroduzione della tracciabilità del denaro contante introdotta dal governo Prodi. Una misura che non sorprenderebbe perché nei giorni scorsi è stato reintrodotto l'obbligo di segnalare l'elenco dei clienti e dei fornitori.

© Riproduzione riservata (22 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

L'UNITA'

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2010-08-28

Roma, precari in sciopero della fame Tagli alla scuola: "Una truffa per tutti"

di ma.ier.tutti gli articoli dell'autore

Dopo la manifestazione di ieri a Palermo: il funerale della scuola contro i tagli della riforma Gelmini, la protesta dei precari siciliani della scuola si sposta a Roma, dove assieme ai colleghi del Lazio, chiederanno un dibattito pubblico con il ministro dell'Istruzione.

Sit-in a Montecitorio

La giornata nella capitale è cominciata con un sit-in davanti a Montecitorio, dove stamane assieme ad operatori precari, docenti e personale Ata, è arrivato anche Giacomo Russo, il precario palermitano da 10 giorni in sciopero della fame, assieme ad altri 2 colleghi. In piazza anche i rappresentati della Flc-Cgil (Federazione lavoratori della Conoscenza), l'organizzazione che ha il maggior numero di iscritti nel settore, del Cps roma (Comitato precari scuola), di Unicobas, della rdb-usb scuola. non si vedono invece rappresentanti di Cisl e Uil. Luigi Rossi, segretario nazionale Flc con delega ai precari: "Dei loro non c'è nessuno e ci hanno detto che non verranno".

Presidio al Miur

Stasera alle 19, dopo una riunione tecnica sempre in piazza Montecitorio, il presidio si sposterà a Trastevere davanti al ministero dell'istruzione, dove i precari romani, assieme al collega palermitano, faranno un presidio permanente fino a quando dal ministro non arriverà un segnale. "Ho dormito 10 giorni sotto al provveditorato di Palermo, ora dormirò sotto al Miur - dice Giacomo Russo - con me oggi dovevano venire a Roma dalla Sicilia anche gli altri due colleghi in sciopero della fame, Salvatore Altadonna e Pietro Di Grusa, ma le loro condizioni fisiche non glielo permettono. Di Grusa è in condizioni gravissime. "Voliamo che il ministro Gelmini si confronti con noi pubblicamente. Voglio che ci spieghi la sua riforma, e se non è in grado di sostenere un dibattito pubblico con un bidello sulla bontà delle misure, mi sa che qualcosa che non va. La nostra - sottolinea il precario siciliano - è una battaglia democratica. Non è possibile che per parlare di scuola in italia si debba arrivare a uno sciopero della fame".

"Una truffa per tutti"

In piazza montecitorio i lavoratori della scuola indossano magliette dove viene data la loro interpretazione del significato precari: ossia 'precari, professionisti, radiati, esasperati, cancellati, annullati, raggirati, ignorati'. E poi cartelli con su scritto 'giù le mani dalla scuola pubblica'. Francesco Cori del Cps romano e Anna Fedeli della Flc Roma-Lazio spiegano che alle 16.30, sempre nella piazza davanti alla Camera dei deputati, ci sarà una specie di assemblea pubblica, o meglio una 'riunione tecnica', per concordare le modalità di controllo delle nomine dei precari. "Ci saranno degli osservatori nelle sedi in cui verranno fatte le nomine - dice Fedeli - per verificare che non ci siano irregolarità, faremo dei controlli di trasparenza". La protesta, spiega ancora la rappresentante della Cil-Flc "è partita dalla Sicilia, ma oggi siamo qui a Roma, davanti alle sedi del Parlamento e del governo, perchè sono il luogo simbolo della decisione dei 'taglì. non si tratta solo di un fatto occupazionale, è in gioco la qualità della scuola pubblica".

Assieme ai lavoratori precari della scuola e ai sindacati, in piazza ci sono anche rappresentanti del Pd: la responsabile scuola Francesca Puglisi e i parlamentari Maria coscia, Beppe Lumia e Vincenzo Vita.

 

 

 

 

 

La protesta Gli insegnanti precari a Palermo non cessano di lottare, hanno portato "tombe" in piazza, un docente ha smesso lo sciopero della fame per non compromettere la salute ma la battaglia si estende: inizia il digiuno un'insegnante di Benevento e domani, venerdì 27, la protesta senza cibo si trasferirà davanti al ministero dell'Istruzione a Roma. Una decisione sofferta, dicono i precari, ma non c'era scelta.

Sciopero della fame a Roma. "Oggi Da domani cominceremo uno sciopero della fame davanti al Ministero della Pubblica Istruzione. Abbiamo fatto una scelta difficile, che ci metterà a rischio, ma non abbiamo altri mezzi per far sentire la nostra voce e andremo fino in fondo con coraggio e dignità". Lo ha annunciato Caterina Altamore, una precaria della scuola alla manifestazione di giovedì 26 agosto in Piazza Politeama a Palermo. "Chiederemo al ministro Gelmini - ha aggiunto - di fare marcia indietro sul decreto che distrugge la scuola pubblica in Sicilia, con il taglio dei docenti e del personale amministrativo. Al Presidente della Regione chiediamo un impegno forte e concreto per il ritiro della riforma 133, per una scuola a tempo pieno e quindi per la stabilizzazione di tutti i precari"

Funerale a Palermo. La riforma Gelmini in Sicilia farà venire meno circa 5.000 incarichi, tra docenti e non. Un migliaio di persone ha trasformato in "cimitero" piazza Politeama, nel centro della città: una decina di tombe, approntate con lapidi, fiori e lumini di cartapesta hanno fatto da sfondo al funerale della scuola pubblica, mentre alcuni insegnanti e collaboratori scolastici hanno recitato la parte dei cadaveri, distesi sulle finte tombe. Alla manifestazione hanno partecipato il Coordinamento precari scuola, Palermo 2013, comitati spontanei, ma manche Pd, Idv, Udc, e i sindacati.

Il Ministero: turn over La soluzione del ministero dell'Istruzione potrebbe risiedere in un turn over progressivo: lo ha detto al governatore Raffaele Lombardo il sottosegretario al Miur, Giuseppe Pizza, durante un incontro tenuto nella prefettura di Palermo.

"Non è con il turn over che si risolve la grave questione dei precari della scuola. Il ministro ritiri i tagli al personale, piuttosto che inviare un suo sottosegretario a proporre inutili soluzioni tampone per un problema che lo stesso governo ha creato", commenta l'europarlamentare Rita Borsellino, intervenuta a Palermo al sit-in di protesta.

Digiuno da Benevento. Per solidarietà con Daniela Basile, che da ieri sera ha avviato lo sciopero della fame, oggi anche Monica Sateriale, docente precaria di Benevento, ha iniziato il digiuno con il supporto di tutti i colleghi del presidio permanente in via Torre della Catena nella cittadina sannita. "Si proseguirà a oltranza - dice in una nota il Comitato Insegnanti Precari e Ata sanniti - fino a quando non sarà fatta chiarezza e non saranno sottoscritti impegni e valide soluzioni"

27 agosto 2010

 

 

 

Barroso: "Italia in difficoltà per i conti pubblici"

L'Italia, sul fronte della crisi, "per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi: ha un sistema bancario solido, non ha problemi di debito privato, un livello di concorrenza forte in diversi settori, un livello di disoccupazione stabile". Ma, avverte il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Durao Barroso, ha "grosse difficoltà sul debito pubblico e sul deficit di bilancio, e credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia".

Servono "posizioni coraggiose" in Europa, serve "coraggio" nell'affrontare la crisi da parte degli Stati membri e di tutte le istituzioni comunitarie. Lo invoca il presidente della commissione Europea, Jose Manuel Durao Barroso che, citando Einstein a margine del meeting di Rimini, sottolinea: "Ogni crisi può essere anche una benedizione. Dietro ogni crisi si nascondono opportunità di risolvere vecchi problemi con nuove soluzioni". In Europa, dice Barroso, "è possibile se c'è il coraggio di imparare le lezioni. Il messaggio che voglio lanciare è che abbiamo bisogno di una Euro

2010-08-21

Tante tasse, poco Welfare. Italia maglia nera

Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo, fatto di sole tasse, imposte e tributi, pari 7.359 euro, mentre in Germania la quota pro capite tocca i 6.919 euro. Tra i principali Paesi dell'area euro, solo la Francia sta peggio di noi. Ma si tratta di una situazione relativa, perchè i transalpini versano una media di 7.438 euro di tasse allo Stato ma vengono "ricompensati" con una spesa sociale pro capite pari a 10.776 euro. È quanto sostiene il Centro studi della Cgia di Mestre, sulla base delle tasse pagate nel 2009.

Sempre in termini di spesa sociale i tedeschi ricevono, invece, 9.171 euro pro capite l'anno, mentre agli italiani tra spese per la sanità, l'istruzione e la protezione sociale vanno appena 8.023 euro: vale a dire 2.753 euro in meno della Francia e 1.148 euro in meno della Germania.

Se si analizza invece il saldo, vale a dire la differenza pro capite tra quanto ricevuto in termini di spesa e quanto versato in termini di tasse, quello francese è positivo e pari a 3.339 euro. Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo, pari a 2.251 euro. In Italia, invece, si segna un saldo di 664 euro pro capite.

"La situazione è fortemente sconfortante - commenta il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - perchè dimostra ancora una volta come, pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e chi vive ai margini della società. È evidente a tutti - prosegue - che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva". A chi poi sostiene che probabilmente le tasse sono alte per colpa degli evasori fiscali, la risposta di Bortolussi è secca: "È innegabile che il problema dell'evasione fiscale pesi sull'Italia. Ma allora sarebbe anche opportuno studiare una strategia efficace - propone - affinchè venga fatta emergere l'economica sommersa e si faccia pagare chi è completamente sconosciuto al fisco".

Dagli Artigiani di Mestre arriva infine la sollecitazione "ad abbassare le imposte, combattere l'evasione fiscale e tagliare le intollerabili inefficienze presenti nella Pubblica amministrazione così come stanno facendo in tutti gli altri Paesi europei".

21 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-18

Cnr, dopo anni di lavoro e ricerca c'è solo il precariato. Per statuto

di Luciana Ciminotutti gli articoli dell'autore

Il capitale della conoscenza senza un futuro. Precari per tutta la vita. Succede al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) dopo l’approvazione del nuovo statuto che riguarda il destino professionale di quasi 4mila ricercatori. Dopo anni di apprendistato e contributi di sapere dati al principale organismo di ricerca pubblico nazionale e al Paese, una moltitudine di figure professionali che ruota intorno alla scienza italiana si ritrova alla porta senza alcuna possibilità di un contratto a tempo indeterminato. Il contestatissimo articolo 4 del nuovo statuto prevede che i vari contratti non standard (leggi precari) non possano superare in nessun caso i 10 anni nelle loro svariate forme: assegno di ricerca, borsa di studio, co.co.co. "Dopo sei fuori dall’ente, anche se sei un ricercatore valido e non di rado eccellente", spiega Mariangela Spera, ricercatrice precaria all’Istc (Scienze e tecnologie della cognizione).

E dire che dopo le proteste delle settimane scorse di ricercatori e sindacati, la norma è stata modificata e gli anni di precariato sono passati da 6 a 10. Altro cambiamento ottenuto con la mobilitazione, il conteggio del precariato entrerà in vigore con lo statuto, dunque non sarà retroattivo. Per Marinella Vicaretti, 36 anni, tecnologa al ministero dell’Ambiente, non è una vittoria: "Mi occupo di inquinamento atmosferico e sono precaria dal 2002, ora so che avrò altri 10 anni di precariato davanti e senza uno sbocco, mi dite che logica ha stare parcheggiati 20 anni in un ente?". "Noi – continua Vicaretti – avevamo chiesto lo stralcio di queste norme. Dunque no, non siamo soddisfatti". "Una cosa - aggiunge Spera - sarebbe stata progettare un limite alla precarietà in virtù di concorsi per il tempo indeterminato da fare in futuro, e una cosa è limitare la vita delle persone e dello stesso Cnr che con il continuo turn over vedrà sicuramente diminuire la qualità della ricerca".

Molto discussa è anche la norma che mette un rigido e invalicabile tetto di spesa per il personale. "Vogliono ridurre la pianta organica - dice ancora Spera - ma c’è a monte un progetto di svilimento della ricerca. Noi campiamo soprattutto sui progetti europei, siamo noi ricercatori a procacciare risorse al Cnr. D’ora in poi avendo meno persone e meno formate si vinceranno meno progetti europei e quindi arriveranno meno soldi nelle casse del Consiglio. E vogliono vendere questo statuto come un risparmio di risorse… Ci domandiamo come mai sia stato votato quasi dall’unanimità, persino dal presidente, quando è evidente che queste norme mortificano lo spirito e la natura dell’ente".

"I cambiamenti sono stati solo di facciata". Rosa Ruscitti, di Flc-Cgil, è lapidaria. "Noi chiedevamo di regolamentare il precariato per aiutare i giovani che si avvicinano alla ricerca. Invece ora non c’è modo di essere assunto a tempo indeterminato". Per questo le proteste non si fermeranno. Ora la questione è in mano alla Gelmini, che ha 60 giorni per convalidare lo statuto. "Cgil, Cisl e Uil scriveranno al ministro per chiedere ulteriori modifiche", conclude Ruscitti dando appuntamento a settembre sotto al Miur. "Il problema -ammette Vicaretti– è costruire forme di protesta visibili, se sciopera la ricerca per 3 giorni a chi interessa?".

18 agosto 2010

 

 

 

2010-08-12

Tirrenia, dichiarato fallimento Presidio di lavoratori spontaneo

Per la "grave e irreversibile stato di crisi finanziaria", il tribunale di Roma ha dato il via libera alla dichiarazione dello stato di insolvenza per Tirrenia, avanzata dal commissario straordinario Giancarlo D'Andrea. Si apre quindi per la società la procedura di amministrazione straordinaria nel solco della legge Marzano. È stata pubblicata oggi la sentenza del collegio presieduto dal presidente della sezione fallimentare Ciro Monsurrò e dei delegati Francesco Taurisano e Fabrizio Di Marzio, che ieri pomeriggio si era riunito in camera di consiglio.

Il Tribunale fallimentare di Roma ha fissato al 21 gennaio 2011 l'inizio della fase di ammissione al passivo di Tirrenia, le cui esposizioni debitorie ammontano a 660 milioni di euro e la cui liquidità è azzerata. Tutti i creditori, banche, fornitori ed ex controllante avranno tempo fino al 20 gennaio per far pervenire al Tribunale domanda per essere ammessi al passivo.

Un presidio spontaneo dei lavoratori Tirrenia è in corso dal primo pomeriggio presso il terminal Traghetti del Porto di Genova. Domani, venerdì, si terranno assemblee a partire dalle 9 indette da Filt-Cgil e FIT-Cisl con i lavoratori amministrativi di Tirrenia che potranno eventualmente decidere ulteriori iniziative per il pomeriggio.

La Uil-trasporti aveva presentato un ricorso sostenendo che doveva avere la competenza il Tribunale di Napoli, sede legale della società. Il tribunale di Roma ha deciso che era competente, il sindacato si riserva di presentare ricorso o meno.

"Si apre una nuova fase che non può essere condotta in modo sciagurato e non trasparente come fino ad ora ha fatto il Governo", sostiene il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso. "La legge non può essere considerata un alibi per disgregare la flotta in quanto fornisce tutti gli strumenti e i tempi necessari affinché sia assicurata la continuità e la salvaguardia del valore produttivo di Tirrenia".

Rispetto al fallimento, l'Adoc teme per le possibili ripercussioni chi doveva prendere traghetti Tirrenia o di società collegate e si dichiara pronta ad assistere i passeggeri, anche legalmente, qualora si presentassero problemi o inadempienze.

 

12 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-04

Cedolare secca sugli affitti Il governo la riduce ma non sa quanto

Il Governo abbassa l'aliquota della cedolare secca sugli affitti ma non ha ancora deciso quanto. Secondo quanto si apprende da fonti governative, il Consiglio dei Ministri ha deciso di abbassare l'aliquota rispetto all'iniziale 25%, ma il ministero dell'Economia sta facendo i conti per stabilire fino a che soglia l'aliquota potrà essere diminuita. Lo stesso ministro dell'Economia Giulio Tremonti, di fronte alle domande dei giornalisti, ha preferito rimandare ogni risposta: "Faremo un incontro con la stampa domani".

Non sono univoche le indicazioni dei ministri al termine del Consiglio dei ministri sull'entità della cedolare. Il ministro per le Politiche agricole Galan indica il 22%, il ministro della Difesa La Russa dichiara: "Io mi ricordo il 20%, ma non vorrei sbagliare". Calderoli aveva detto 20%.

"Affitti e cedolare secca: di male in peggio. Da un provvedimento sbagliato a uno che affossa completamente la possibilità di ridurre il livello degli affitti". Questo il commento di Franco Chiriaco, segretario generale del Sunia, alla notizia che il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del federalismo fiscale "smentendo se stesso ed introducendo una aliquota unica al 20% sia per i contratti a canone libero che per quelli a canone contrattato. Se le notizie fossero confermate dalla lettura del testo approvato, si tratterebbe di una ulteriore prova della assoluta indifferenza di questo Governo di fronte al dramma di centinaia di migliaia di famiglie in difficoltà" dice Chiriaco.

"Una aliquota unica al 20%, oltre ad essere un regalo alla proprietà immobiliare, renderebbe infatti ancor più conveniente di quanto non sia oggi l'utilizzo del contatto a canone libero, mantenendo così inalterato il livello degli affitti, che certo non si abbasserà per la riduzione della pressione fiscale, riduzione che verrà semplicemente "incassata" come gentile dono dalla proprietà".

04 agosto 2010

 

 

 

 

Accordo sugli esuberi Telecom Saranno 3.900 tutti volontari

Accordo fatto sugli esuberi Telecom. Al termine di una maratona negoziale durata oltre venti ore, governo, azienda e sindacati (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl) hanno trovato la quadra e raggiunto un'intesa che prevede 3.900 uscite, tutte volontarie, contro gli oltre 6.800 esuberi previsti dal piano triennale. La vicenda, che era cominciata sotto i peggiori auspici a metà luglio con l'avvio delle procedure di licenziamento per 3.700 dipendenti, si conclude dunque in modo positivo e con la soddisfazione di tutte le parti in causa. Nessuno, infatti, verrà licenziato unilateralmente, così come sembrava all'inizio. I 3.900 che verranno invitati a lasciare l'azienda da qui alla fine del 2012 lo faranno solo su base volontaria: di questi, 3.700 sono 'nuovì esuberi, mentre 200 sono "rimanenze" del triennio 2008-2010.

L'accordo prevede poi una sorta di rete d'emergenza per i lavoratori meno tutelati, fatta di corsi di formazione per la ricollocazione professionale all'interno dell'azienda e di contratti di solidarietà: ne beneficeranno 1.100 lavoratori non coperti da ammortizzatori sociali, 450 dipendenti della controllata Ssc e 470 addetti del servizio di informazioni abbonati 1254, che si trovano già in queste condizioni e che usufruiranno di un rinnovo di due anni. È infine prevista la possibilità di riallocare i 40 lavoratori ex Tils nel gruppo. Nell'arco del triennio, inoltre, Telecom si impegna a non effettuare societarizzazioni o esternalizzazioni per le attività di Customer Operations, e nemmeno l'esternalizzazione di attività informatiche o di staff, comprese HR Services e SSC (cioè per il settore delle risorse umane e dell'informatica).

"L'accordo è un segnale di maturità da tutte le parti: sindacato, azienda e governo", ha commentato il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, che con Maurizio Sacconi era sceso in campo con la convocazione del tavolo all'indomani dell'invio delle prime lettere di licenziamento.

In una fase in cui non si contano gli accordi separati, quello su Telecom vede invece la firma di tutte le sigle. E proprio la forza dell'unità sembra essere stato l'elemento vincente: secondo la Cgil, infatti, "la forte tenuta unitaria del sindacato è stata fondamentale per il risultato raggiunto", mentre la Cisl parla di "grande conquista del sindacato". A giudizio della Uil l'intesa segna il ritorno a un "buon sistema di relazioni industriali" e l'Ugl parla di "accordo che rimette al centro il lavoratore". Per l'azienda, infine, l'ad Franco Bernabè ha dichiarato che "la firma di questo accordo, che realizza interamente i nostri obiettivi di efficienza previsti nel Piano, garantisce il rispetto e la tutela dei lavoratori".

04 agosto 2010

 

 

2010-07-30

Tremonti attacca Vendola: sulla sanità la Puglia non diventerà la Grecia

"Ieri abbiamo dato al presidente della Regione Puglia un messaggio di serietà molto chiaro. Prima vengono i numeri, poi se vuole fa politica, ma se vuole fare una politica che trasformi la Puglia nella nuova Grecia, questo non sarà consentito da questo governo". Giulio Tremonti sintetizza così il messaggio "forte e chiaro" indirizzato da Palazzo Chigi a Nichi Vendola. La Puglia, avverte il ministro dell'Economia, "è su una via pericolosa, di amministrazione non responsabile e non vogliamo - scandisce - che con quella legislazione che segue una logica non responsabile, la Puglia finisca come la Grecia". Una deriva, vista dal governo, le cui conseguenze "poi le pagano i pugliesi, e gli altri citadini". "Non credo - aggiunge Tremonti - che la Puglia sia il luogo per esperimenti rivoluzionari. Siamo convinti che in questa fase storica, per il bene dei cittadini, prima vengono i numeri e poi la politica e non la politica prima e a prescindere dai numeri".

30 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-29

La Camera approva definitivamente la manovra

Disco verde in Aula alla Camera alla manovra. Dopo la fiducia di ieri, il voto finale di oggi ha definitivamente licenziato la manovra con 321 sì, 270 no, 4 astenuti. "È una manovra iniqua ed illegale, il secondo atto di viltà politica dopo quello di aver nascosto ai cittadini la crisi. È un provvedimento che non serve ai cittadini né tanto meno al nostro Paese. Non rimette i conti dello Stato in ordine, taglia risorse essenziali, aumenta le tasse, farà crescere il debito pubblico e non sostiene in alcun modo lo sviluppo" Lo afferma in aula, Renato Cambursano, capogruppo IDV in Commissione Bilancio, durante le dichiarazioni di voto finali sulla manovra economica.

"Questo governo e questa maggioranza - continua Cambursano - hanno fallito su tutta la linea e a pagare come sempre saranno i cittadini onesti che, a causa dei tagli agli enti locali, si ritroveranno a dover pagare più tasse per i servizi essenziali".

"Ad avere benefici saranno, invece, i soliti furbi, coloro che le tasse non le ha mai pagate. La manovra, infatti, condanna le famiglie, i pensionati, i giovani e le fasce sociali più deboli e salva solo gli amici del premier e quelli della Lega: i furbetti del quartierino, per i quali il governo ha predisposto la vergognosa norma salva-manager che depenalizza i reati fallimentari, e uno sparuto numero di imprenditori agricoli che non sono in regola con l`Ue" conclude il capogruppo di IDV in Commissione bilancio della Camera.

29 luglio 2010

 

 

 

L'Aquila, la ricostruzione di nuovo nelle mani della Protezione civile

Un'assemblea cittadina straordinaria - per il punto della situazione e l'esame dell'opportunità di nuove iniziative di mobilitazione - è stata convocata del presidio permanente di piazza Duomo, all'Aquila, per questo pomeriggio. L'iniziativa segue l'annuncio del premier che il governo riprenderà in mano la gestione della ricostruzione dopo il terremoto del 6 aprile 2009. L'assemblea sarà un'occasione di confronto che segue centinaia di commenti e dichiarazioni sui social network diffusi nelle ultime ore dopo la diffusione dell'annuncio di Berlusconi. "Avremo così modo di fare il punto della situazione - ha spiegato Sara Vegni del comitato '3e32' - e riordinare le idee dopo questo annuncio". L'assemblea valuterà anche eventuali nuove iniziative di mobilitazione. "C'è bisogno di certezza sui fondi a disposizione della ricostruzione - ha commentato Patrizia Tocci - e non del mero ritorno della Protezione civile".

29 luglio 2010

 

 

 

Pedaggi, il Tar del Lazio blocca gli aumenti per autostrade e Gra

Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto che ha disposto l'aumento dei pedaggi autostradali. I giudici hanno accolto le richieste della provincia di Roma, del Comune di Fiano Romano e della Provincia di Pescara. Il Tar del Lazio ha accolto i ricorsi contro l'aumento dei pedaggi sostenendo che al pagamento deve corrispondere un servizio, e dunque l'utilizzo di un'infrastruttura, e non può trattarsi di una mera tassa. "Il provvedimento impugnato - si legge nelle ordinanze - per essere coerente con la finalità enunciata deve assumere il carattere di corrispettivo per l'utilizzo di una infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell'infrastruttura".

29 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-28

Bersani : "Governo alla fine Pronti per la transizione"

Siamo "alla Colonne d'Ercole della vicenda berlusconiana" e per uscire dalla situazione di impasse politica, occorre "una fase di transizione, alla quale il Pd è disponibile a impegnarsi. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, durante le dichiarazioni di voto alla Camera sulla manovra.

"Io credo che qualcosa sta succedendo sul piano politico - ha detto Bersani - che richiede una discussione politica. Il Parlamento discuta e si chieda: a che punto siamo? Per noi - ha spiegato - siamo alle Colonne d'ercole della vicenda berlusconiana, ora si procede con navigazione a vista mentre il Paese chiede altro: vuole riforme e invece è inchiodata sulle intercettazioni, che in 15 minuti si risolvevano se non c'erano seconde intenzioni. Non si parla mai di lavoro".

Bersani ha quindi affermato che l'opposizione ha "l'obbligo di mettere in campo un progetto alternativo per Paese", in cui "chi ha di più dà di più", e in cui si affrontano "riforme che disturbano qualcuno". "A maggioranza invece - ha proseguito - chiedo: prendete atto della situazione, fate un passo verso una diversa prospettiva. Noi siamo disposti a una fase di transizione - ha speigato Bersani - che consenta una corretta democrazia, a partire dalla legge elettorale" e da alcune riforme economiche. "A voi chiedo - ha insistito il segretario del Pd - di essere responsabili: scegliete se andare avanti così, magari con qualche atto di arroganza, o se prendervi le responsabilità. Chi vince non ha un diritto divino ma una maggiore responsabilità. Mi auguro - ha concluso - che voi mettiate in campo una maggiore responsabilità".

28 luglio 2010

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Manovra, oggi la fiducia Il bluff dei tagli ai deputati

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Il governo pone la fiducia alla Camera sulla manovra che taglia stipendi ai pubblici dipendenti e servizi ai cittadini (si voterà oggi alle 17), e contemporaneamente l’ufficio di presidenza di Montecitorio annuncia un’intesa con il Senato per la riduzione degli emolumenti ai parlamentari. Il comunicato diramato in mattinata parla dell’iniziativa come di "un doveroso senso di responsabilità, e non dipende dal fatto che le spese per l’attività parlamentare siano eccessive o improduttive, trattandosi di costi essenziali per la democrazia". Vero per i parlamentari, meno vero per gli amministratori locali, che si vedono falcidiati i gettoni di presenza. Evidentemente c’è democrazia e democrazia. Gli uffici di presidenza di Camera e Senato (che formalmente deciderà domani) hanno deciso di agire su due voci degli emolumenti parlamentari, ambedue variabili. Una riduzione di 500 euro si effettuerà sulla diaria di soggiorno (4003 euro mensili), "nella prospettiva - recita la nota - di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione". Si starebbe cercando, insomma, un meccanismo per l’adozioone di un gettone di presenza ai lavori. Altri 500 euro verrebbero tolti alla voce "rapporto con gli elettori", che vale oggi 4.190 euro e viene erogata attraverso il gruppo parlamentare di appartenenza.

Insieme alla riduzione dei trattamenti dei parlamentari, gli uffici di presidenza hanno stabilito anche l’applicazione al personale della camera degli stessi tagli previsti dalla manovra per la dirigenza pubblica. Ovvero, la riduzione del 5% delle retribuzioni sopra i 90mila euro annui e del 10% sopra i 150mila euro, per il triennio 2011, 2012 e 2013. Per il medesimo triennio è prevista la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzioni: nessuna progressione di carriera. Tutto congelato per 36 mesi.

Le decisioni hanno già scatenato l’ira dei portaborse e i collaboratori, lavoratori precari su cui evidentemente graveranno i tagli. Non si tocca, invece, l’indennità dei parlamentari, che in questo modo non intaccano i contributi pensionistici. la soluzione adottata è a metà strada tra le due ipotesi avanzate all’inizio, che partivano da 550 euro mensili (cioè il 10% dell’indennità netta), e i 2.127 euro lordi (pari al 10% relativo a tutte le voci che compongono lo stipendio).

A questo punto non resta che aspettare il voto di fiducia di oggi pomeriggio, sulla stangata da 25 miliardi. Ieri è interventuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giudica "pesante, straordinaria e urgente" la manovra, anche se "non esaurisce l'importante compito della riduzione del debito pubblico". Un obiettivo che, per il presidente della Repubblica, "richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivi". Il via libera finale del provvedimento, che scade il 30 luglio, è previsto per domani. Il testo è rimasto invariato rispetto al Senato. Tra le principali novità, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager pubblici , la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri. Entrano anche le norme per la cosiddetta libertà d'impresa, che eliminano parecchi passaggi burocratici, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di"case-fantasma".

28 luglio 2010

 

 

 

 

Manovra, oggi la fiducia Il bluff dei tagli ai deputati

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Il governo pone la fiducia alla Camera sulla manovra che taglia stipendi ai pubblici dipendenti e servizi ai cittadini (si voterà oggi alle 17), e contemporaneamente l’ufficio di presidenza di Montecitorio annuncia un’intesa con il Senato per la riduzione degli emolumenti ai parlamentari. Il comunicato diramato in mattinata parla dell’iniziativa come di "un doveroso senso di responsabilità, e non dipende dal fatto che le spese per l’attività parlamentare siano eccessive o improduttive, trattandosi di costi essenziali per la democrazia". Vero per i parlamentari, meno vero per gli amministratori locali, che si vedono falcidiati i gettoni di presenza. Evidentemente c’è democrazia e democrazia. Gli uffici di presidenza di Camera e Senato (che formalmente deciderà domani) hanno deciso di agire su due voci degli emolumenti parlamentari, ambedue variabili. Una riduzione di 500 euro si effettuerà sulla diaria di soggiorno (4003 euro mensili), "nella prospettiva - recita la nota - di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione". Si starebbe cercando, insomma, un meccanismo per l’adozioone di un gettone di presenza ai lavori. Altri 500 euro verrebbero tolti alla voce "rapporto con gli elettori", che vale oggi 4.190 euro e viene erogata attraverso il gruppo parlamentare di appartenenza.

Insieme alla riduzione dei trattamenti dei parlamentari, gli uffici di presidenza hanno stabilito anche l’applicazione al personale della camera degli stessi tagli previsti dalla manovra per la dirigenza pubblica. Ovvero, la riduzione del 5% delle retribuzioni sopra i 90mila euro annui e del 10% sopra i 150mila euro, per il triennio 2011, 2012 e 2013. Per il medesimo triennio è prevista la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzioni: nessuna progressione di carriera. Tutto congelato per 36 mesi.

Le decisioni hanno già scatenato l’ira dei portaborse e i collaboratori, lavoratori precari su cui evidentemente graveranno i tagli. Non si tocca, invece, l’indennità dei parlamentari, che in questo modo non intaccano i contributi pensionistici. la soluzione adottata è a metà strada tra le due ipotesi avanzate all’inizio, che partivano da 550 euro mensili (cioè il 10% dell’indennità netta), e i 2.127 euro lordi (pari al 10% relativo a tutte le voci che compongono lo stipendio).

A questo punto non resta che aspettare il voto di fiducia di oggi pomeriggio, sulla stangata da 25 miliardi. Ieri è interventuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che giudica "pesante, straordinaria e urgente" la manovra, anche se "non esaurisce l'importante compito della riduzione del debito pubblico". Un obiettivo che, per il presidente della Repubblica, "richiederà un impegno di ben più lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia di indirizzi di governo sia di comportamenti collettivi". Il via libera finale del provvedimento, che scade il 30 luglio, è previsto per domani. Il testo è rimasto invariato rispetto al Senato. Tra le principali novità, il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre la riduzione delle retribuzioni dei manager pubblici , la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri. Entrano anche le norme per la cosiddetta libertà d'impresa, che eliminano parecchi passaggi burocratici, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di"case-fantasma".

28 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-26

Manovra, si discute alla Camera Il Pd: "Spenta la voce dell'Italia"

È in corso nell'Aula della Camera la discussione generale sulla manovra economica, il cui testo è stato già approvato dal Senato e scade il 30 luglio. Gli iscritti a parlare nel dibattito generale sono 200: tutti i deputati di opposizione più qualcuno di maggioranza. Trattandosi di un decreto legge, ciascuno ha a disposizione mezz'ora. È pertanto prevedibile per domani un voto per il "taglio" della discussione così da consentire al governo di presentare un proprio maxiemendamento su cui porre la questione di fiducia.

 

Il Pd

"Berlusconi e Tremonti vogliono spegnere la voce dell'Italia nel mondo. Come se non bastassero le improvvisazioni fin qui fatte dal governo ora dobbiamo incassare un ulteriore colpo alla nostra politica estera: il governo infatti ha deciso con la manovra economica di tagliare gli strumenti della diplomazia italiana", dice Sandro Gozi, responsabile Politiche europee del Pd. "Colpire in questo modo la carriera diplomatica incide in maniera ridicola sui conti pubblici ma in modo invece molto pesante -prosegue Gozi- su un corpo fatto di tante professionalità che lo Stato rischia di perdere a favore di multinazionali o grandi organizzazioni internazionali".

"La conseguenza immediata sarà quella di avere un'Italia sempre più debole in Europa e nel mondo, in un momento in cui con la crisi economica internazionale che persiste, servirebbe l'esatto contrario e cioè un intervento teso a rafforzare l'azione della diplomazia italiana ed a massimizzare l'efficacia del nostro impegno in politica estera. Per questo -conclude il deputato Pdl- sostengo la protesta di oggi dei nostri ambasciatori".

26 luglio 2010

 

 

 

Federalismo, Bossi insiste: "Voglio Irpef e Iva a Comuni"

"La Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile". Lo ha dichiarato Umberto Bossi ieri sera alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona). "Questo - ha aggiunto - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

 

"Il clima nella maggioranza non era evidentemente abbastanza caldo per cui oggi si è aggiunto Bossi a scaldare la temperatura. Di fronte a questa sparata su Iva e Irpef viene da chiedersi, come fanno a Roma, 'Ma Bossi c'è o ci fa?'". Lo afferma Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. "Non è possibile -aggiunge- che un leader politico come Bossi non sappia che la sua proposta è impraticabile e che le scelte del governo, di cui Bossi fa parte, vanno in tutt'altra direzione da quella da lui indicata. La provocazione bossiana dimostra ancora di più che l'esecutivo Berlusconi non esiste più". "Le affermazioni del capo della Lega sembrano già propaganda da campagna elettorale più che responsabili dichiarazioni di un ministro. E questa irresponsabilità -conclude- conferma che il nostro Paese è senza governo".

26 luglio 2010

 

 

 

2010-07-22

Missioni, governo sotto tre volte Vendetta Lega sulle quote latte

di Maria Zegarellitutti gli articoli dell'autore

Davvero una brutta giornata per il governo che ieri ha registrato alla Camera una sequela di sconfitte difficili da catalogare soltanto tra gli incidenti pre-agostani. Tre volte sotto in Aula sul decreto sulle missioni all’estero, poi in commissione Agricoltura con un parere sulla manovra che conteneva anche una critica per le proroghe delle multe alle quote latte, dove è scoppiata una vera e propria rissa tra Lega e Pdl. E per finire un ulteriore passo indietro sulla legge sulle intercettazioni con un subemendamento che ha fissato il termine di 45 giorni per l’udienza filtro e quindi la determinazioni degli atti di indagine di rilevanza. Se l’opposizione esulta la maggioranza ormai fatica a tenere sotto controllo la barca.

Una giornata iniziata male

Il governo è andato sotto tre volte (su due emendamenti del Pd e sulla richiesta di sospensiva del voto avanzata dal Pdl quanto ha visto che le cose si mettevano male) alla Camera dove sono stati approvato due emendamenti del Pd al decreto legge - poi licenziato con con voto bipartisan - sulla proroga delle missioni militari all’estero, per i quali l’esecutivo aveva espresso parere negativo. Il primo è passato con quattro voti di scarto: 258 sì e 254 no, più un astenuto. Tra i banchi dell’opposizione le presenze erano del 90%, mentre tra quelli del Pdl si sono contati 75 assenti (43 in missione e 32 assenti), mentre nella Lega erano 9 (6 deputati in missione e 3 assenti). Sul secondo emendamento ci sono stati 256 sì e 254 no, con tre astenuti. Entrambi gli emendamenti si riferiscono all'articolo 3 del decreto di proroga: il primo esclude la natura regolamentare dei decreti per il coordinamento delle missioni; il secondo specifica una competenza in capo a una direzione generale del ministero degli Esteri. Dario Franceschini, capogruppo Pd, quando si allontana dall’aula non nasconde la soddisfazione: "La maggioranza è stata battuta tre volte in aula grazie alla presenza massiccia del Pd e delle opposizioni. È sempre più evidente che riesce a stare insieme solo con i voti di fiducia. E la prossima settimana ci sono tre decreti legge prima delle intercettazioni". Cicchitto, Pdl, minimizza: "È una cosa assolutamente priva di significato, come si è visto dopo sono arrivati diversi ministri. Non c’è nessun segnale politico".

Diversi ministri sono arrivati, ma non Ignazio La Russa (al salone dell'aerospazio di Londra) e non il presidente della Commissione Difesa Cirielli. Federica Mogherini del Pd lo fa notare in Aula, definendo "inconcepibili" le due assenze di cui sopra, mentre in Transatlantico Stefano Stefani, leghista, è piuttosto nervoso: "Siamo stati battuti due volte, perché qui c’è gente che non ha voglia di lavorare e pensa di stare qui a giocare... In Aula non c’erano né il presidente della Commissione Difesa, né un sottosegretario". Il finiano Benedetto Della Vedova si scaglia contro "la cialtroneria di chi era assente senza giustificato motivo, una malattia da cui è difficile guarire, siamo andati sotto del tutto casualmente, senza una ragione politica il che è peggio secondo me".

La lite tra Lega e Pdl

]Non sono andati sotto casualmente (18 a 17), invece, in Commissione Agricoltura dove la Lega ha di fatto sfiduciato Galan sulle quote latte uscendo dall’Aula e mandando ko la maggioranza sul parere sulla manovra. La lite è esplosa sulla parte che conteneva le critiche sulle proroghe alle multe sulle quote latte e quando il Carroccio ha abbandonato i lavori. Viviana Beccalossi, capogruppo Pdl in commissione, che nei giorni scorsi aveva chiesto a Berlusconi "di non lasciarsi intimorire dalle sirene della Lega" e di intervenire per sbloccare la situazione, si è rivolta al leghista Ranieri urlandogli contro: "Ti sei fatto eleggere per proteggerti". Il ministro Franco Frattini, malgrado tutto, dice di "non essere preoccupato" per il voto del dl che ora passa al Senato.

22 luglio 2010

 

 

 

2010-07-20

L'Aquila, il sindaco: "Sono finiti i soldi. Ma Tremonti si fa negare"

"I soldi sono finiti". Lo ripete più volte il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente. Non è un mantra da "appestati", spiega ma "la realtà drammatica" nella quale si trovano gli Enti e le Istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione e ricostruzione del post terremoto. "La questione non è che finché c'era la Protezione Civile funzionava tutto e ora che ci sono gli Enti locali a gestire i problemi tutto è fermo -sostiene Cialente, intervenendo nella polemica sollevata da un albergatore abruzzese che minacciava di sfrattare i terremotati a causa del mancato pagamento da parte della Regione- la realtà è che i soldi sono finiti".

"In questo momento ci troviamo con 70 milioni di buco con tutti gli albergatori -prosegue Cialente- gli ultimi acconti sono stati pagati ad agosto, settembre e ottobre, ma sempre dalla Regione, soldi sempre gestiti dal presidente Chiodi. Chiaramente, allora, i soldi arrivavano". E poi cosa è successo? "Dal mese di novembre non è arrivata più una lira. Dopo di che -prosegue- ci sono arrivati 122 milioni di euro, con i quali abbiamo dovuto pagare parecchie cose, e per gli alberghi sono rimasti solo 20mln, per cui gli albergatori avanzano in questo momento 70 milioni". Non si tratta solo dell'albergatore che ha chiesto agli sfollati di liberare le stanze del suo hotel, continua Cialente, "tutti gli altri vengono tutti i giorni da me a reclamare, minacciare, vanno da Chiodi. Dobbiamo finire di pagare ancora il 2009 e gennaio 2010, e poi dobbiamo pagare i mesi successivi".

"Il problema è che i soldi dell'emergenza non so dove si trovino -continua Cialente nel suo sfogo- proprio questa mattina parlavo con il ministero e sembra che da qualche parte i soldi ci siano, che sia rimasto qualcosa alla Protezione Civile, ma la Protezione Civile dice di non averli".

"La situazione è drammatica e nessuno sembra volerlo capire", lamenta ancora il sindaco dell'Aquila. Come se ne esce? "L'unica è che Tremonti accetti di incontrarsi con me e con Chiodi, almeno vorremmo spiegare. Io ormai Tremonti lo chiamo due volte a settimana, ma non ho mai avuto il piacere di poterci parlare. Sembriamo un pò degli appestati, non so, la situazione è tragica".

Una situazione, sostiene Cialente, che rischia di avere conseguenze drammatiche anche sul tessuto economico della regione: "Oggi ho incontrato un imprenditore, fortunatamente abbastanza grande, che ha realizzato le case per conto della Protezione Civile e avanza ancora milioni e milioni. Mi diceva che con lo scoperto in banca, lui può tirare avanti fino alla fine di agosto. Chi sta fallendo sono le piccole imprese, che stanno alla canna del gas, in questo momento stanno subendo i pignoramenti, perchè sono legate soprattutto al contributo diretto e i soldi non ci sono".

20 luglio 2010

 

 

 

Abruzzo, terremotati fuori dagli hotel. Gli albergatori: la Regione non paga

Gli albergatori della zona di Teramo, in Abruzzo, non sarebbero più in grado di ospitare i terremotati aquilani perchè la Regione non pagherebbe le spese per l'accoglienza. Centinaia di sfollati rischiano così di dover lasciare entro pochi giorni le strutture provvisorie sulla costa adriatica. La vicenda è raccontata oggi dal quotidiano il Centro.

"Siamo allo stremo delle forze", si lamenta il titolare di un hotel di Alba Adriatica che parla a nome di tutti i suoi colleghi che dal 6 aprile del 2009 hanno messo a disposizione le loro strutture per le vittime del terremoto. "Fino a quando c'è stata la Protezione civile a gestire l'emergenza abbiamo ricevuto pagamenti posticipati, ma con regolarità". Dal 1º gennaio la competenza dei rimborsi è passata alla Regione e i bonifici bancari inviati sono diventati rarissimi. "Ne abbiamo ricevuti un paio, mentre prima ne arrivava circa uno al mese - spiega ancora l'albergatore - a queste condizioni non posso più ospitare nessuno. Rischio il fallimento". Quello dell'albergatore di Alba Adriatica non è un caso isolato. "Tutti i proprietari di strutture ricettive della costa si trovano nelle nostre stesse condizioni - tiene a precisare al Centro - e non hanno altra scelta possibilità che cacciare gli aquilani per recuperare qualche soldo con i turisti".

20 luglio 2010

 

Federalismi d'Italia, al via l'inchiesta de l'Unità. Prima tappa, Genova

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Duecentocinquanta chilometri di coste sinuose, promontori lussureggianti, spiaggette assolate, da levante a ponente, fino giù giù, ai confini francesi. La Liguria è tutto questo. Presto tutta l’area costiera potrebbe passare dal demanio alla Regione, come dispone il primo decreto attuativo sul federalismo demaniale, che trasferisce il patrimonio statale alle amministrazioni locali. Iniziamo da qui il nostro giro d’Italia sulle tracce del federalismo, la riforma su cui il centrodestra ha scommesso, e che in autunno sarà al centro del ring politico. Quali effetti avrà sulle mille comunità locali della Penisola? Quali interessi si muovono dietro le norme allo studio del Parlamento?

Il primo tassello è il federalismo demaniale. Secondo il testo approvato a fine maggio, anche il demanio marittimo può essere oggetto di attribuzione alle Regioni. Così la giunta appena rieletta guidata da Claudio Burlando potrebbe trovarsi a gestire uno dei gioielli naturali più invidiati del Paese. "Non ho paura che mi si diano responsabilità" assicura il governatore. A nord tutto sembra andare a passo veloce verso la devolution. "Per me l’importante è che l’Italia scelga – continua Burlando – Per troppo tempo si è rimasti in mezzo al guado. Al mondo ci sono Paesi centralisti che funzionano bene, e Paesi federali che funzionano altrettanto bene. Quello che non può funzionare è restare a metà".

Per la sua Regione è una bel salto: gestire il patrimonio costiero vuol dire incassare anche i ricchi canoni demaniali. " Una parte di quelle risorse servirà a pagare la gente che ci lavora, perché avere nuove funzioni significa anche svolgere più compiti – ammette il governatore – Ma la gran parte andrà alle opere di difesa a mare, di cui la Liguria ha estremo bisogno. Finora la Regione ha incassato solo il 10% dei canoni, e spesso ha dovuto fronteggiare gravi emergenze, come mareggiate e alluvioni, da sola, perché lo Stato interviene spesso in ritardo. Negli ultimi cinque anni abbiamo speso 13 milioni per le opere di difesa a mare di una parte limitatissima della costa. Servirebbero centinaia di milioni. Sono opere importanti, perché le mareggiate provocano danni incalcolabili all’attività economica".

Alla giunta genovese sarà trasferito anche il ricco patrimonio immobiliare disponibile dello Stato. Il gettito derivante dalla valorizzazione degli immobili dovrà essere destinato per il 75% all’abbattimento del debito locale e per il resto al debito nazionale. Per ora comunque, il condizionale è d’obbligo: la lista dei trasferimenti non è ancora redatta in modo completo. Senza contare la fitta rete di "paletti" previsti: non è entrato nei trasferimenti, ad esempio, il sostanzioso demanio militare ligure. Ma nel testo c’è anche una dura esclusione per Genova e dintorni: i porti. Quelli di rilevanza nazionale restano allo Stato. Per la Liguria, che da tempo combatte per partecipare al gettito prodotto dagli scali, è un colpo duro. Anche se qualche passo avanti si è fatto. "Almeno le aree non di diretta pertinenza del porto potranno essere sdemanializzate – spiega il governatore – Nel caso di Genova non è poco. Nell’area portuale c’è un po’ di tutto: bar, ristoranti, club sportivi, campi di calcio, associazioni. E’ importante che queste realtà possano avere come referente la Regione".

Certo, un passo avanti c’è: ma il caso porti resta una ferita aperta per i liguri, che vedono con sempre maggiore preoccupazione la concorrenza di Amsterdam e Rotterdam, dove ogni anno aumentano le merci italiane trasportate. Con i suoi venti chilometri di lunghezza, le sue banchine, le sue aree di carenaggio, il porto sta a Genova come la Fiat a Torino e in generale le banchine di La Spezia, la Darsena di Savona Vado corrispondono ai capannoni brianzoli o alle manifatture venete. Nel solo 2009 al porto di Genova sono arrivati e partiti quasi tre milioni di traghetti con i passeggeri, e 670mila navi da crociera sono attraccate alla banchina. Il traffico merci è tra i più alti d’Italia. A La Spezia nel 2008 hanno transitato un milione e duecentomila container. A Savona Vado è in progettazione una importante piattaforma intermodale, per incrociar le rotte del commercio mondiale. Tutto questo vuol dire tasse d’imbarco, Iva e accise.

Ogni anno i tre porti liguri producono un gettito di 4 miliardi di euro, che finisce tutto a Roma. "L’ho spiegato anche a Formigoni: la mia industria è il porto – conclude Burlando – Io scarico e carico le merci anche per la Lombardia e il Piemonte. Non ho Irpef o Irap: ho le tasse portuali, e se solo il 5% di quella somma fosse gestita dalla Regione, si eviterebbe che il potente ministro di turno magari conceda una mancia ai porti che vuole. Molte imprese liguri non fanno manifattura, ma shipping. Anche questo va considerato".

20 luglio 2010

 

 

Governo contro autonomie

di Marco Causi - Walter Vitali*tutti gli articoli dell'autore

Dopo il demanio, il percorso della Commissione per il federalismo fiscale sta affrontando un nodo decisivo: il giudizio sulla relazione del Governo relativa ai "numeri". L’intera relazione è pervasa da tre tesi, false e strumentali: la spesa pubblica discrezionale sarebbe ormai prevalentemente gestita a livello locale; amministrazioni territoriali sarebbero fiscalmente irresponsabili; da ciò avrebbe origine la dinamica esponenziale del debito pubblico. In uno scontro istituzionale di inaudita durezza, come quello voluto dal Governo sulla manovra, è difficile che sul federalismo si possa andare avanti. Il Pd chiederà innanzitutto alla Commissione di ribadire che i risparmi dovuti al passaggio dalla spesa storica ai costi standard potranno essere utilizzati per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Successivamente arriverà in Commissione il decreto sull’autonomia impositiva dei comuni. Secondo le poche notizie disponibili, in una prima fase cambierà poco. Solo in una seconda (quando?) le attuali imposte che gravano sugli immobili saranno unificate e trasferite ai comuni, i quali potranno anche autonomamente decidere una addizionale che avrà il carattere di una service tax . Il tutto è così nebuloso e pasticciato che risulta anche non giudicabile. Ad oggi abbiamo più domande che valutazioni. Ci sarà un riordino della fiscalità immobiliare? Come cambierà il carico fiscale sulle diverse categorie di contribuenti? Sarà garantita la perequazione verso i comuni meno dotati di basi imponibili? Sono gli interrogativi principali su cui il Pd avanzerà proposte, in coerenza con la legge che ha contribuito a elaborare.

* Parlamentari Pd in Commissione per il federalismo

20 luglio 2010

 

 

2010-07-18

Ignazio Marino: "Si colpisce il pubblico per favorire i privati"

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Tagli senza una visione strategica, senza riforme strutturali che portino a una modernizzazione del Paese". Parte da qui Ignazio Marino per spiegare la protesta dei camici bianchi contro l’ultima manovra di Giulio Tremonti. Parla di ospedali troppo vecchi, servizi ridotti al minimo, con gli interventi programmati spesso sospesi per far fronte alle emergenze. Parla di donne a cui non sarebbe più garantito il parto indolore, parla di malati gravi che dovranno magari rinviare l’intervento presso le strutture pubbliche. "Tutto questo mentre la Difesa può spendere 29 miliardi per cacciabombardieri, per elicotteri, per armamenti ad alta precisione", insiste il senatore Pd. Altrove hanno fatto diversamente: Angela Merkel ha rinunciato agli armamenti sofisticati per investire in ricerca, sanità e sviluppo. C’è modo e modo di tagliare: la politica sta in questo. Più lo si sente parlare, e più ci si accorge che una visione, in questi tagli indiscriminati, c’è eccome.

Senatore, verrebbe da dire che c’è molto di "strategico" nella manovra.

"Certo, la visione è quella di questo governo e questa maggioranza. Cioè distruggere i principali elementi di eguaglianza. La sanità pubblica, la scuola e la giustizia sono i pilastri che assicurano i diritti essenziali, in base alla Costituzione".

Che cosa si dovrebbe modernizzare?

"Faccio un esempio molto semplice. In Italia ci sono 1.066 ospedali, il 60% dei quali costruiti prima della seconda guerra mondiale. Non ci sono risorse per l’ammodernamento anche tecnologico. Questo indebolirà strutturalmente le nostre strutture. A quel punto sarà facile dire: adesso gli ospedali non sono più in grado di fornire servizi sanitari, passiamo al privato. Ma il privato, seppur legittimo, ha come obiettivo il profitto. Questo lo dobbiamo sapere".

A parte le riforme strutturali, cosa accade ai medici e ai cittadini con la manovra?

"Già oggi abbiamo 1.500 anestesisti in meno rispetto a quanti ne servirebbero per garantire i turni e le guardie mediche. In alcuni settori, come il parto indolore (500mila donne l’anno partoriscono), significa quasi l’azzeramento del servizio. Da gennaio per ogni 5 anestesisti che andranno in pensione, se ne assumerà uno. Cosa vuole che accada la servizio?".

Il ministro parla della necessità di tagliare gli sprechi.

"Ma di quali sprechi parla? Il governo non utilizza neanche le cifre che già abbiamo a disposizione. La commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale ha già fatto emergere scenari inaccettabili. Per esempio sui tempi di attesa per le fratture: a Bolzano l’83% dei pazienti attende poche ore, a Catanzaro l’81% aspetta 72 ore. Altro esempio: l’utilizzo improprio dei posti letto pesa per il 28% in media. Ma si tratta del 17% in Emilia Romagna e il 45% in Campania. Queste sono le criticità: ma non mi pare che si stiano affrontando".

18 luglio 2010

 

 

 

Manovra, medici in sciopero contro i tagli: "Chiediamo scusa ma è in gioco la sanità pubblica"

Domani, a causa dello sciopero nazionale unitario proclamato da medici, veterinari e dirigenti della sanità pubblica per protestare contro la manovra economica del Governo, negli ospedali e nei presidi territoriali pubblici potranno saltare visite specialistiche, esami diagnostici ed operazioni chirurgiche. Saranno comunque garantite le urgenze.

Alle 12 si terrà un sit in a piazza Montecitorio a Roma. Lo sciopero è unitario ed è stato proclamato da Anaao Assomed, Cimo-Asmd, Aaroi-Emac, Fp Cgil medici, Fvm, Fassid, Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials medici, Sds Snabi, Aupi, Sinafo, Fedir sanita`, Sidirss. "Chiediamo scusa ai cittadini per i disagi - spiega Massimo Cozza, segretario nazionale Fpcgil Medici - ma è in gioco il bene prezioso della sanità pubblica. Domani ci vogliamo far sentire, con il primo sciopero nazionale unitario da quando è in carica il Governo Berlusconi, andando anche in camice bianco davanti alla Camera dei Deputati, dove si avvia la discussione sulla manovra economica".

"Il governo e il Parlamento - denunciano i sindacati - hanno dimostrato di non avere alcun interesse per la salute dei cittadini di questo Paese e per i professionisti chiamati a tutelarla, perseguendo un progressivo impoverimento del servizio pubblico, destinato ad un ruolo residuale, povero per i poveri". In particolare sottolineano i sindacati, il testo finale del provvedimento non contiene alcuna risposta ai temi sollevati nell`ultimo mese, ovvero: "Nessuna risposta sul blocco del turnover che determinerà nei prossimi 4 anni una carenza di circa 30.000 medici e dirigenti sanitari necessari al funzionamento degli ospedali e dei servizi territoriali, anche a fronte del licenziamento della metà dei precari in settori fondamentali quali il pronto soccorso e i trapianti; "nessuna risposta sulla precarizzazione di tutti gli incarichi professionali, non rinnovabili a prescindere da merito e competenze, che spalanca le porte alla invadenza della politica"; "nessuna risposta sul congelamento della progressione economica prevista e finanziata dal Ccnl e non dalla spesa pubblica, e sulla mancata retribuzione dei turni notturni e festivi"; e "nessuna risposta alla richiesta di attenzione per i giovani medici esageratamente penalizzati nel trattamento economico e nelle prospettive di carriera".

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, "smetta di negare l'evidenza. I medici fanno bene a scioperare e io sarò con loro in piazza". Questo quanto afferma, in una nota, Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale in merito all'astensione dal lavoro, domani, con sit-in davanti a Montecitorio dei camici bianchi contro la manovra. "Trovo davvero superficiale - sottolinea Marino - la posizione del ministro della Salute che ha liquidato le conseguenze della manovra economica sull'efficienza del Sistema sanitario nazionale con un giro di parole. Non si tratta affatto

di lotta agli sprechi ma di veri e propri tagli che indeboliranno i nostri ospedali e i servizi vitali che essi rendono ai cittadini. Per questo domani mi unirò allo sciopero dei medici".

"Il ministro forse non ha letto con sufficiente attenzione il testo voluto da Tremonti - continua Marino - di fatto la prima conseguenza sarà il quasi totale blocco del turn over: per ogni cinque medici che andranno in pensione, infatti, sarà possibile

assumerne solo uno e questo produrrà un impatto molto negativo sulla qualità dei servizi e sull'assistenza ai nostri malati. I

sindacati hanno ragione, il Governo è rimasto del tutto indifferente al valore sociale di un mestiere che tutela un diritto costituzionale, il diritto alla salute".

18 luglio 2010

 

 

 

2010-07-17

Cgil: 660mila da inizio anno in cassintegrazione

Sono oltre 660mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione da inizio anno con pesanti riflessi in busta paga, pari a una decurtazione del reddito per una cifra di oltre 2,4 miliardi di euro. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di giugno. Un'analisi, inoltre, che alla luce degli oltre 660mila lavoratori stabilmente in Cig ricalcola il tasso di disoccupazione, contemplando anche gli inattivi, che passa così dal 9,1% (certificato dall'Istat per il primo trimestre) al 12,1%.

Il rapporto, afferma il segretario confederale della Cgil, responsabile Industria, Vincenzo Scudiere, "dimostra come la crisi produttiva sia grave e la manovra economica non faccia altro che ampliare i rischi di peggioramento delle condizioni di reddito e sociale delle famiglie". Secondo il dirigente sindacale, "il quadro che ne deriva denota l'urgenza di interventi da parte del governo anche a fronte degli effetti determinati dalla manovra economica che riducono gli spazi e le possibilità di finanziamento da parte delle Regioni".

Dall'analisi della Cgil, il ricorso alle ore di Cassa integrazione conferma la tendenza al ribasso per quella ordinaria e per quella straordinaria ma vede un poderoso aumento di quella in deroga (Cigd), ovvero lo strumento che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd a giugno, infatti, aumentano su maggio del 7,30%, attestandosi così al valore più alto degli ultimi 18 mesi, mentre per quanto riguarda il primo semestre 2010 l'aumento tendenziale è del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd.

Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) - pari a 336.931 lavoratori a zero ore - hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

 

 

17 luglio 2010

 

 

 

2010-07-16

Primo sì alla stangata Tremonti Pagano i deboli, si salvano i forti

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

"Fiducia chiama fiducia". Così Giulio Tremonti commenta l’ennesimo voto forzoso ottenuto in Senato sulla manovra: 170 sì e 136 no alla fiducia. Risultato tondo: nessun astenuto sulla stangata di mezza estate. Il ministro incassa, confermando una procedura blindata anche alla Camera, e scappa all’assemblea dell’Abi, dove a porte chiuse parla dell’austerità necessaria. Peccato che le cure dimagranti si chiedano sempre agli altri. Lo dice chiaro e tondo Anna Finocchiaro in Aula.

"È una manovra profondamente ingiusta che grava sui giovani italiani, sulle donne, sui redditi medio-bassi e non tocca i grandi patrimoni e le rendite - dichiara la presidente dei senatori Pd - non ci può essere austerity per chi guadagna 1.200 euro al mese e ci fa campare la famiglia e zero centesimi di contributo al Paese per chi ha straordinari patrimoni". Iniquità, poca Europa, e soprattutto poco rigore, visto "il marcio che ogni giorno i giornali ci squadernano daventi", attacca la senatrice. regioni Il duello in Aula è feroce: ma il testo passa senza incidenti nei due fronti. Il giro di boa per la manovra da 25 miliardi è fatto: ora la parola passa alla Camera, che dovrà completare l’esame entro il 30 luglio pena la decadenza.

Oggi e domani è prevista la mobilitazione del Pd contro la manovra. La vera questione aperta resta quella delle Regioni, chiamate a contribuire per 10 miliardi complessivi: un’enormità. Il fronte dei governatori affievolisce i toni della protesta, decidendo di non riconsegnare le deleghe, ma di chiedere subito un tavolo di confronto. Per evitare sorprese Tremonti decide di siglare un patto con Umberto Bossi, già ribattezzato patto del Toscano: un incontro di quaranta minuti avvolto da una nuvola di fumo. I ministri offrono ai governatori l’anticipo a luglio del decreto sul federalismo fiscale. Certo non pare un grande affare: un’entrata futuribile a fronte di un taglio certo da ora. Nel frattempo alzano i toni i Comuni, che in un primo tempo sembravano più tranquilli. Il consiglio nazionale dell’Anci giudica "negativa e insostenibile" la manovra.

I sindaci chiedono che l’autonomia fiscale dei Comuni possa entrare in vigore già dal 2011, e non dal 2012 come promesso al rpesidente Sergio Chiamparino. In ogni caso secondo uno studio Pd l’incrocio tra le norme della manovra e quelle sul federalismo comporteranno in media una diminuzione delle entrate di circa il 20% per gli enti locali. Per Tremonti la conquista più grande è quella "riforma delle pensioni senza un giorno di sciopero". In sostanza il decreto alza di un anno (almeno) la vita lavorativa introducendo la finestra cosiddetta a scorrimento, e la collega alla speranza di vita. "Voglio ricordare al ministro che su questo tema, dal ‘68 in poi, si è sempre concertato", gli ha replicato a stretto giro Cesare Damiano, il quale considera il testo "un potente attacco alle pensioni".

L’altro comparto colpito pesantemente è il pubblico impiego, dove si dimezzano le risorse per collaborazioni e consulenze, e si congelano i rinnovi contrattuali. Sbloccati solo in parte gli scatti di anzianità degli insegnanti. Proteste dai dirigenti e dai medici aderenti alla Cida e alla Confedir, che sciopereranno lunedì 19 luglio. Marcia indietro del governo sulla libertà di costruire senza vincoli: tornano i paletti legati al paesaggio. Ma nessun dietrofront sulla mini-naja voluta dal ministro Ignazio La Russa: tre settimane di servizio militare per i giovani interessati alla divisa. . "Mentre si tagliano i fondi alla cultura alla sanità e alla cooperazione - osserva il presidente dei Verdi Bonelli - nel maxi emendamento alla Manovra c'è lo spazio per una norma vergognosa ed indecorosa che, di fatto, destina 21 milioni di euro all'istituzione del corpo dei "giovani balilla"". Resta anche la proroga per le multe sulle quote latte, norma che ha alzato la tensione tra le varie anime della maggioranza. L'obiettivo della manovra è ridurre il deficit dal 5 per cento del Pil del 2010 al 3,9 per cento nel 2011 e al 2,7 per cento nel 2012. Non tutti gli osservatori ritengono raggiungibili questi obiettivi, soprattutto per via di una sopravvalutazione delle risorse della lotta all’evasione. In ottobre qualcuno si aspetta già una manovra bis.

16 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-15

Tremonti: "Fiducia dà fiducia"

"fiducia dà fiducia". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ai giornalisti che al Senato gli chiedono se anche alla Camera sarà posta la questione di fiducia.

Quanto alla possibilità che vi possano essere delle modifiche, Tremonti risponde negativamente scuotendo la testa.

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

Manovra, sì alla fiducia. Finocchiaro: "È iniqua". Le Regioni: insostenibile

L'aula del Senato ha approvato la manovra con il voto di fiducia al Governo. I voti favorevoli sono stati 170, i contrari 136. Pdl, Lega e Mpa hanno votato a favore. Pd, Idv, Udc, Api e Svp hanno votato contro. I senatori a vita non hanno partecipato al voto.

Presente in Assemblea il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Ora il decreto passerà alla Camera per la seconda lettura. "Questa manovra è fortemente iniqua e recessiva destinata ad impoverire il Paese di ogni prospettiva di crescita e sviluppo", ha detto la Presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, nel suo intervento in aula al Senato sulla manovra. Per Finocchiaro la manovra non prevede nulla "per le giovani generazioni. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è al 25,4% più del triplo del tasso nazionale e più alto di quello europeo che è del 19,8%". "Il riferimento all'Europa - dice Finocchiaro rivolgendosi a Tremonti - non può valere per il saldo contabile e non valere per il trattato di Lisbona, per l'istruzione, per il lavoro. Le parole austerità e rigore hanno un senso se insieme c'è un'altra parola: giustizia".

"Da qui a quando arriveranno le conseguenze di questa manovra ci sarà tempo di lavorare; noi non rinunciamo a cercare di cambiarla", si è espresso il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, arrivando alla sede della Conferenza per l'inizio dei lavori. "I tagli sono squilibrati", ha ripetuto Errani.

Un iter pieno di passi falsi

Con il sì del Senato alla fiducia sulla manovra si chiude il primo decisivo passaggio parlamentare per il decreto di correzione dei conti italiani. Un intervento da circa 25 miliardi di euro necessario per mantenere gli impegni con Bruxelles sul deficit. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria per mettere al riparo l'Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissima fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso.

In trincea, in primis, i governatori che hanno protestato duramente contro i pesanti tagli alle Regioni, arrivando a minacciare la restituzione allo Stato di deleghe importanti, dai trasporti all'ambiente. La partita, tuttavia, non è ancora chiusa. Oggi i governatori torneranno a riunirsi per valutare le mosse future, a maggior ragione adesso che non ci sono più spazi per intervenire in manovra.

Molte altre le altre categorie sul piede di guerra, a cui però è toccata miglior sorte: dai disabili che chiedevano modifiche alla soglia di invalidità, ai farmacisti che volevano una più equa distribuzione dei sacrifici, dai magistrati fino a Province e Comuni e sono state accontentante con la promessa di maggiori spazi per l'autonomia impositiva con il federalismo fiscale.

Numerosi anche gli incidenti di percorso durante l'iter a palazzo Madama. Per citare i più celebri, si può ricordare il dietrofont del governo sullo stop al requisito di 40 anni di contributi, bollato dal ministro Maurizio Sacconi come un "refuso", ma poi smentito dal collega Giulio Tremonti. E ancora, l'annosa vicenda delle "quote latte", che ha scatenato polemiche dopo l'annuncio di Bruxelles di una possibile procedura di infrazione a carico dell'Italia per la proroga della sospensione del pagamento delle multe. Marcia indietro dell'esecutivo anche sul taglio delle tredicesime per poliziotti, magistrati e altri comparti.

Dal Senato, tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Tremonti, la manovra esce migliorata e con i saldi invariati.

Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo che consentirà all'Italia di ridurre il deficit dal 5% del Pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2011. Tra le norme di maggior peso, c'è il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre 2 milioni di "case-fantasma".

Il testo passa adesso "blindato" a Montecitorio per il via libera definitivo, senza modifiche, e con un nuovo voto di fiducia entro fine mese.

15 luglio 2010

 

 

Draghi: "Riordino dei conti pubblici e crescita sono indispensabili"

"Il riordino dei conti pubblici e la crescita sono, insieme, condizioni essenziali per la stabilità finanziaria". Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all'assemblea dell'Abi, spiega così la sua idea sulla manovra. "All'obiettivo della crescita va orientata - avverte - la necessaria ricomposizione dell'intero bilancio pubblico". E per Draghi "muovono in questa direzione le riforme già avviate nella pubblica amministrazione e quelle che innalzeranno l'età di pensionamento".

Inoltre, dice Draghi, "il contenimento dell'evasione fiscale può essere un importante leva di sviluppo se correlato alla riduzione delle aliquote gravanti sui contribuenti onesti". Per Draghi bisogna poi evitare che "i debiti commerciali e quelli delle aziende di servizi pubblici controllate dalle amministrazioni non devono essere strumento di aggiramento dei vincoli di bilancio". "Un'accelerazione del rientro dagli squilibri nei conti pubblici è indispensabile", dice Draghi. Per lui, "l'effetto sulla ripresa sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani, che spesso costituiscono il benchmark per la determinazione del costo del credito da parte delle banche. Ma se la nube di incertezza che permane nei bilanci bancari non verrà rimossa le difficoltà di provvista continueranno".

"Consumi e investimenti restano deboli, perché i redditi reali ristagnano, le prospettive di occupazione sono incerte", afferma il governatore della banca d'Italia. "L'economia italiana - ha aggiunto Draghi - beneficia della ritrovata vivacità degli scambi internazionali. Il bollettino economico della Banca d'Italia, che viene diffuso oggi, presenta uno scenario per il biennio 2010-2011 in cui il volume delle esportazioni cresce del 9% quest'anno e del 5% il prossimo".

Le reazioni

Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, mostra di apprezzare l'intervento del governatore della Banca d'Italia. In particolare, il leader sindacale spiega di essere stato positivamente colpito da due passaggi: "l'insistenza con la quale Dragi ha parlato di crescita e non solo di stabilità finanziaria. La seconda, il fatto che abbia parlato dei numeri della manovra che non soddisfano il saldo complessivo".

15 luglio 2010

 

 

Crisi, l'Istat: nel 2009 i poveri sono quasi 8 milioni

Nel 2009, nell'anno della crisi economica, il numero dei poveri e delle famiglie in condizioni di povertà è rimasto stabile. Lo rileva l'Istat nel rapporto annuale sulla povertà in Italia, sottolineando che le famiglie in condizioni di povertà relativa (che serve per misurare le diseguaglianze) sono pari a 2 milioni e 657mila, rappresentando il 10,8% delle famiglie residenti. Si tratta, precisa l'istituto di statistica, di 7 milioni e 810mila poveri, il 13,1% dell'intera popolazione.

Sono due le ragioni per le quali il numero dei poveri non è né aumentato né diminuito. Nel periodo considerato, l'80% del calo dell'occupazione ha colpito i giovani, mentre due ammortizzatori sociali fondamentali hanno mitigato gli effetti della crisi sulle famiglie: la famiglia, che ha protetto i giovani che avevano perso il lavoro, e la cassa integrazione che ha protetto i genitori dalla perdita dell'occupazione (essendo i genitori maggioritari trai cassintegrati).

La linea di povertà relativa è pari a 983,01 euro Roma, 15 lug. (Apcom) - Lo scorso anno, sottolinea l'Istat, la linea di povertà relativa è risultata pari a 983,01 euro, circa 17 euro inferiore a quella del 2008. L'anno scorso, spiega l'istituto di statistica, la spesa per consumi ha mostrato una flessione in termini reali, particolarmente evidente tra le famiglie con livelli di spesa medio-alti.

Il fenomeno della povertà relativa continua a essere maggiormente diffuso nel Mezzogiorno (22,7%), tra le famiglie più ampie (24,9%), in particolare con tre figli (24,9%), soprattutto se minorenni (26,1%). È fortemente associato a bassi livelli di istruzione (17,6% che al massimo ha conseguito la licenza elementare), a bassi profili professionali (14,9%, operai) e all'esclusione dal mercato del lavoro: l'incidenza di povertà tra le famiglie con due o più componenti in cerca di occupazione (37,8%) è di quattro volte superiore a quella delle famiglie dove nessun componente è alla ricerca di lavoro (9%).

Due famiglie su cinque costrette a "tagliare" la spesa alimentare, tre su dieci comprano soltanto "promozioni", sempre più frequenti nella nostra catena distributiva; sei su dieci cambiano menù; una su dieci rinuncia a pranzi e cene fuori dalle mura domestiche (ristoranti, trattorie, tavole calde, fast food, pizzerie). È quanto evidenzia la Cia-Confederazione italiana agricoltori che, in occasione della presentazione del Rapporto Istat sulla povertà, anticipa i risultati di un'indagine sui consumi che verrà presentata nelle prossime settimane. Sono dati che dimostrano - afferma la Cia - le gravi difficoltà economiche delle famiglie che si impoveriscono sempre di più. Sta di fatto che nel 2009 è diminuita del 3 per cento rispetto all'anno precedente la spesa media per generi alimentari e bevande (461 euro al mese). In particolare calano gli acquisti di pane e cereali, di carne, di oli e grassi, di frutta e ortaggi, di zucchero, di caffè. Una tendenza negativa che si riscontra anche dalle stime preliminari del primo semestre 2010. Solo nel mese di aprile si è avuta una flessione dei consumi pari al 2 per cento.

La spesa mensile per generi alimentari e bevande rappresenta, in media, il 18,9 per cento di quella totale (il 16,4 per cento tra le famiglie del Nord, il 24,4 per cento nel Mezzogiorno). La crisi economica ha, comunque, spinto il 10,4 per cento delle famiglie -avverte la Cia- ad acquistare generi alimentari presso gli hard-discount, percentuale in netta crescita tra le regioni del Centro (dal 9,8 al 10,5 per cento).

Il supermercato -come risulta anche dall'ultima indagine Istat sui consumi- si conferma, tuttavia, il luogo di acquisto prevalente (68,4 per cento), soprattutto nel Centro-Nord (superiore al 70 per cento). Nel Mezzogiorno, invece, il 76,9 per cento delle famiglie continua ad acquistare presso il negozio tradizionale, con percentuali decisamente superiori alla media per tutti i beni (pane, pasta, carne, pesce, frutta e ortaggi).

Nella fotografia della Cia sui consumi alimentari, si rileva che la famiglia italiana acquista con maggiore consapevolezza e attenzione al prezzo, con l'obiettivo di spendere al meglio le sempre più esigue risorse disponibili. Si cercano alternative più convenienti, si rincorrono le promozioni, si compra in punti vendita dove gli stessi prodotti si trovano a quotazioni più basse (appunto negli hard-discount). Si guarda con interesse a saldi, sconti, offerte. E così gli acquisti domestici continuano a scendere e il carrello della spesa diventa ancora più povero.

15 luglio 2010

 

 

 

 

Le auto blu costano oltre 4 miliardi. Per Brunetta, si può spendere la metà

di Claudio TucciCronologia articolo14 luglio 2010Commenti (10)

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 16:44.

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Le 90mila auto blu, a carico dei contribuenti, costano oltre 4 miliardi di euro. La stima è arrivata dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, che ha evidenziato, come razionalizzando il parco auto a servizio di enti e ministeri, sia a gestione diretta, sia a noleggio, "si possa arrivare a spendere circa la metà".

Con il secondo passo del censimento avviato da Brunetta, in collaborazione con il Formez, presentato a Palazzo Vidoni, la rilevazione è arrivata a coprire il 50% delle amministrazioni (esclusi i comuni inferiori ai 30mila abitanti) pari al 61% dei dipendenti pubblici e al 47% delle auto immatricolate dalla pubblica amministrazione. L'avanzamento dell'indagine conferma il primo dato diffuso nel giugno scorso: sono circa 90mila i mezzi a carico delle casse pubbliche.

Si va, invece, affinando la classificazione proposta dal ministro per suddividere auto e competenze: le stime inducono a prevedere 7-10mila veicoli blu-blu (rappresentanza politico-istituzionale), 18-20mila auto blu (con autista a disposizione dei dirigenti), 60-65mila auto grigie (senza autista, a disposizione degli uffici per attività operative). L'indagine indica anche in 142mila euro il costo annuo totaleper un'auto blu-blu, che scende a 95mila se lo stesso mezzo é gestito totalmente con conducente. "Ogni auto di un eletto - ha detto Brunetta - costa al contribuente circa 150mila euro l'anno".

Il ministro evita di anticipare ricette per ridurre i costi del parco auto della pubblica amministrazione (un miliardo destinato a consumi, assicurazione, manutenzione, noleggi, 3 miliardi per il personale di cui 2 per gli autisti e uno per altri addetti), ma si sofferma sui 60mila dipendenti pubblici assegnati alla funzione di autista. "Quando vedo - ha sottolineato - 60mila persone utilizzate per portare in giro politici e burocratici mi disturba un pò, preferirei producessero beni e servizi per i cittadini".

Il passo successivo nell'indagine sarà la definizione di best practices, e la proposta di limitare il diritto di non registrare al Pra le autovetture e di prevedere sanzioni per l'uso improprio di lampeggianti e apparati speciali. Brunetta ha dato infine appuntamento alla fine di luglio per un nuovo aggiornamento sulle auto blu e annunciato per l'autunno un rapporto

finale da presentare in Parlamento.

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La ripresa del mattone arriverà. Ma dopo il 2011

di Claudio TucciCronologia articolo14 luglio 2010Commenti (2)

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 19:03.

Il mercato immobiliare soffre ancora e la ripresa è rinviata alla seconda metà del 2011. L'indagine nazionale Tecnoborsa, presentata, a Roma, conferma le difficoltà che sta vivendo il comparto del "mattone". Nel biennio 2008-2009 è proseguito il calo degli acquisti anche se con un ritmo meno sostenuto, le famiglie italiane che hanno comprato sono scese al 3,5% dal 4,2% del biennio precedente (-0,7 punti percentuali). E per il 2010-2011 si prevede un calo ulteriore (-1,2 punti). In rosso anche vendite (-1,6 punti) e locazioni (nella domanda, -3,4 punti e - 6,4, nell'offerta).

Il mercato immobiliare italiano, ha commentato il presidente di Tecnoborsa, Raimondo Soria, è ancora immerso in un clima d'incertezza, anche se "la situazione è molto più incoraggiante rispetto alle dinamiche che si registrano in numerosi altri Paesi europei e al contesto statunitense".

Dallo studio, che ha preso in considerazione 2.200 casi, emerge come la stragrande maggioranza, il 71,1%, di chi ha comprato o tentato di acquistare casa lo abbia fatto per entrare in possesso dell'abitazione in cui vivere, e si tratta di una fetta in crescita rispetto al precedente biennio (61,2 per cento). Sale anche la fetta di chi ha acquistato per investimento, raggiungendo l'11,8%, in forte aumento a confronto con l'indagine condotta nel 2008 (5,9 per cento). Un rialzo causato probabilmente, spiegano da Tecnoborsa, anche dal rientro dei capitali dovuto allo scudo fiscale.

Al contrario, è crollata la percentuale di ha acquistato una seconda casa, sia se si considerano quelle per le vacanze che quelle per parenti prossimi. In entrambi i casi, il calo si è attestato al 7,9 per cento. Si tratta del valore minimo registrato dalle indagini di Tecnoborsa. Tuttavia, si legge sempre nel rapporto, "la riduzione del numero delle transazioni non ha comportato un pesante calo dei prezzi immobiliari, che sono scesi meno delle aspettative".

 

 

2010-07-12

Visco: dal governo misure insufficienti

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

Su numeri così limitati non è poi molto difficile fare indagini. Del resto anche noi, in passato, avevamo scovato persone cui erano intestate fino a 200 automobili: sicuri prestanome, insomma. Ma il problema vero resta un altro: che l’evasione fiscale in Italia è un fenomeno di massa, e che la volontà politica per - almeno - ridurla drasticamente non c’è". L’economista Vincenzo Visco, più volte ministro per il centrosinistra, torna su un tema sul quale ha focalizzato la sua battaglia politica a partire dal dato-simbolo dell’associazione Contribuenti.it: ville per vip intestate a nullatenenti o a pensionati con la social card, "prestanome di facoltosi imprenditori, per evadere le tasse", dice l’associazione.

Al di là di questo dato, peraltro come dice lei facilmente accertabile, qual è la situazione oggi? Secondo il governo l’evasione è diminuita.

"Tutti i dati statistici, compresa la relazione della Banca d’Italia, dicono l’opposto. Anche gli industriali hanno posto con forza il problema, parlando di 124 miliardi di gettito evaso all’anno, in altri termini 8 punti di pil. E la base imponibile vale quasi il doppio. Ormai le stime sono convergenti. Del resto, è fisiologico: se non c’è un’adesione di principio alla lotta all’evasione - e con questo governo non c’è - non può che riprendere. La situazione in Italia è nota a tutti. Il problema è che non c’è mai la necessaria continuità di gestione per debellare l’evasione una volta per tutte. Durante i governi di centrosinistra le cose erano effettivamente cambiate, ma ci sarebbe stato bisogno di più tempo per stabilizzare i risultati. Una battaglia di questo genere necessita di strategie di lungo periodo, anche per avere un apprezzabile ritorno in diminuzione delle tasse. Tra il 1996 e il 2000 i dati pubblicati dimostrano che è stata ridotta di 10 punti, poi ha ripreso, ed è diminuita di nuovo nel 2007. Dopodiché hanno smesso di pubblicare le statistiche".

Tremonti è tornato sui suoi passi, ripristinando alcune misure del governo Prodi che aveva subito cancellato. La manovra viene annunciata come un giro di vite per gli evasori: basta così?

"Ci sono stati di recente dei segnali politici di adesione a misure che avevamo realizzato noi, ma di fatto piegate in modo tale che la gran massa dei contribuenti ne resta esclusa. Penso alla soglia della tracciabilità, innanzitutto, che è molto alta. Penso anche ad alcuni episodi eclatanti di lotta all’evasione. Segnali politici, appunto, ma dal punto di vista operativo nulla di davvero significativo. Segnali dettati dal fatto che la manovra pesa su alcuni settori soltanto, con i quali il governo cerca quindi di ravvivare il consenso. Hanno riabilitato delle politiche del centrosinistra che prima avevano demonizzato. Ma per riprendere una battaglia seria avrebbero dovuto ripristinare tutte le nostre misure, compresi gli investimenti in strumenti e persone negli uffici dedicati agli accertamenti. Perché il punto è lì: ci sono redditi tracciati, e alti no. Ma questo avrebbe avuto ripercussioni politiche micidiali, e ovviamente non è stato fatto".

Il governo della deregulation ha trovato un nuovo filone: azzerare le autorizzazioni ambientali per chi costruisce.

"Io non credo che il punto sia mettere troppi vincoli preventivi, in autorizzazioni e certificazioni. A patto però arrivi il momento dei controlli seri. Il rischio, invece, è che in tema di costruzioni di controlli non ne facciano mai: né prima, né dopo".

12 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-11

agli, le Regioni chiamamo Napolitano

Hanno informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e resta l'orientamento, se la manovra economica non cambierà, di trovare la strada per restituire allo Stato le deleghe per funzioni che non sono più in grado di esercitare. Il giorno dopo lo strappo con il Governo,alla Conferenza delle Regioni non si respira aria di rassegnazione.

Preoccupati per le ricadute sul territorio, i governatori si riuniranno in una conferenza straordinaria mercoledìprossimo, mentre la manovra sarà al vaglio dell'aula di Palazzo Madama, e non escludono di proseguire i lavori del Parlamentino anche il giorno dopo, il giovedi del voto di fiducia al Senato. Intanto, secondo quanto ha appreso l'Agi, dopo il muro contro muro andato in scena con il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è stato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni a informare telefonicamente il Capo dello Stato delle preoccupazioni dei Governatori. Vasco Errani lo aveva annunciato, quando a nome della Conferenza, aveva chiesto di incontrare le massime cariche dello Stato. Un colloquio telefonico di pochi minuti in cui Errani avrebbe illustrato le buoni ragioni delle amministrazioni regionali nel confronto con il Governo e la ferma intenzione di proseguire un dialogo vero ed efficace, evitando scontri istituzionali.

"Fermi restando i saldi, che non abbiamo mai voluto porre in discussione - ha commentato ieri Errani in una nota successiva all'incontro con il Capo del Governo - continuiamo a ritenere possibile un riequilibrio dei tagli previsti fra i diversi livelli istituzionali della Repubblica. Abbiamo semplicemente chiesto di rendere la Manovra finanziariamente sostenibile in primo luogo per i servizi ai cittadini e per le Imprese. Tagliare di circa l'80% i trasferimenti che sono stati la conseguenza della Legge delega Bassanini significa inevitabilmente perdere qualsiasi possibilità di esercitare le competenze assegnate. Ecco perchè le Regioni unitariamente hanno chiesto al Ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'Ordine del Giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il seguente punto: 'procedure per il trasferimento dalle Regioni allo Stato delle funziono amministrative già conferite ai sensi dei D.L. attuativi della Legge 59/97'".

10 luglio 2010

 

2010-07-10

Manovra, Tremonti chiude Porta in faccia alle Regioni

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

"È tardi, tardissimo, non c’è più tempo". È un Tremonti novello Cappellaio matto quello che si è presentato ieri al vertice con le Regioni, negando qualsiasi modifica alla manovra, mettendo a tacere lo stesso Berlusconi che ha ipotizzato l’apertura di un tavolo di confronto (negato perché, appunto, "non c’è più tempo"), e mettendo i governatori con le spalle al muro. Loro hanno già chiesto la convocazione della Conferenza Stato-Regioni, sede istituzionale per rimettere le deleghe al governo: con tagli per 10 miliardi, su trasporto pubblico, viabilità, politiche sociali, per le famiglie, fondo per le imprese, se la dovranno vedere ministri e sottosegretari. "Incontro molto negativo - dice il presidente della Conferenza e presidente dell’Emilia-Romagna Vasco Errani - Stiamo parlando di tagli che non colpiscono gli sprechi, ma i servizi ai cittadini". Una posizione unitaria, concordata con tutte le Regioni, che ha portato ad un’unica "concessione" da parte del governo: l’istituzione in tempi rapidi di una commissione "per andare a vedere dove sono gli sprechi, tra amministrazioni centrale e locali. E allora ci divertiremo", dice Errani. Resta negativo il giudizio sulla manovra anche da parte dell’Anci (i comuni), che ha incontrato premier e ministro dopo le Regioni, ma con alcuni distinguo e la firma di un accordo che funge da limitazione del danno: "C’è l’impegno - spiega il presidente e sindaco di Torino Sergio Chiamparino - perché entro il 31 luglio venga portato in Parlamento il decreto sul trasferimento delle imposte relative a comuni e province". Si accelera, insomma, sul federalismo municipale, e i tagli vengono rimodulati in modo da non pesare quest’anno in modo eccessivo. Ai Comuni, come richiesto, vengono anche attribuite le funzioni catastali. Al secondo punto dell’accordo, "l’avvio di un tavolo di monitoraggio entro ottobre, per il problema dello sfoltimento dei residui passivi, oltre all’intenzione di rimodulare il patto di stabilità". Soddisfatto Tremonti: "Questo è il modo di lavorare insieme". Evidente la frecciatina nei confronti delle Regioni riottose. FIDUCIA E CORAGGIO E la manovra va verso la fiducia, imposta da Berlusconi come l’ennesimo ricatto nei confronti dei finiani e dei malpancisti a vario titolo interni alla maggioranza ("o si approva o tutti a casa"), anche se ovviamente si sprecano le dichiarazioni di compattezza del Pdl. Dice Pierluigi Bersani, leader Pd: "La fiducia significa avere paura, non coraggio - Non reggeranno tre anni, ma le loro azioni potrebbero essere pericolose". La discussione generale sulla manovra alla Camera slitta dal 23 al 26 luglio. Ritirato, intanto, l’emendamento Alfano: "Una vittoria dell’opposizione", come dice il senatore Pd Giovanni Legnini. L’emendamento del governo introduceva la figura dell’ausiliario del giudice, e di fatto rinviava i processi di sei mesi per l’espletamento del procedimento di mediazione. Una norma che sembrava inserita ad hoc per sospendere il processo Fininvest-Cir.

10 luglio 2010

 

 

 

Telecom, 3700 licenziamenti nel giorno dello sciopero

di Marco Ventimigliatutti gli articoli dell'autore

Aprire la procedura di mobilità per 3700 lavoratori, nel giorno stesso in cui i tuoi dipendenti scioperano per 4 ore contro un piano che prevede 6.800 esuberi, è un’iniziativa che ha una duplice ed incredibile valenza, unendo alla sua assoluta gravità l’inconfondibile timbro della provocazione. È quello che è riuscita a fare ieri Telecom, in una giornata resa ancor più surreale dallo sciopero delle agenzie di stampa, che ha trasformato le indiscrezioni in una notizia ufficiale soltanto in serata, quando l’azienda ha dato conferma della sua iniziativa, con l’invio dei telegrammi alle organizzazioni sindacali contenenti la comunicazione dell’avvio della procedura di mobilità. "Mentre ci giungevano i dati sulla riuscita dello sciopero nazionale indetto in tutto il gruppo Telecom Italia - ha raccontato Alessandro Geneovesi, segretario nazionale di Slc-Cgil -, con un’adesione media intorno al 70%, l’azienda ci ha informati che nelle prossime ore saranno aperte le procedure per 3.700 licenziamenti, oltre la metà degli esuberi dichiarati dal recente piano triennale 2010-2012". TRATTATIVA DI 75 GIORNI Per il dirigente sindacale si tratta di "un comportamento vergognoso da parte di un’azienda che ha registrato più di 1,5 miliardi di euro di guadagni netti, che ha già circa mille lavoratori in contratto di solidarietà (quindi con stipendi integrati da risorse pubbliche) e che continua a remunerare a peso d’oro dirigenti e manager". Le modalità "carbonare" scelte da Telecom comportano fra l’altro una momentanea difficoltà a delineare del tutto le intenzioni dell’azienda. "Essendo stato inviato nell’ultimo giorno lavorativo della settimana - ha spiegato Genovesi - il contenuto del telegramma sarà noto ai più soltanto nella giornata di lunedì. In particolare, la lista dei siti produttivi interessati dagli esuberi ed il loro numero specifico. Resta il fatto che questo gesto inqualificabile fa decorrere i 75 giorni entro i quali va condotta la trattativa fra l’azienda ed i sindacati, alla scadenza dei quali 3700 famiglie potrebbero ritrovarsi di fronte allo spettro della disoccupazione. Insomma, vogliono metterci nelle condizioni di trattare con la pistola puntata alla tempia, ed a questo punto mi chiedo che cosa intenda fare il governo di fronte a questa escalation". Ed a proposito dell’esecutivo, il ministro del Lavoro è stato autore di un’improbabile dichiarazione a metà giornata, proprio mentre gli eventi stavano precipitando: "Il governo - ha detto Maurizio Sacconi - auspica che dopo questo sciopero le parti possano avviare un autentico confronto su un concreto piano industriale del principale gruppo di telecomunicazioni del Paese". Peccato che intanto alle Poste avevano il loro bel daffare a smistare telegrammi...

10 luglio 2010

 

 

 

I diplomatici scioperano contro la manovra

I diplomatici italiani scioperano il 16 luglio contro la manovra economica di Tremonti. Lo annuncia in una nota il Sindacato nazionale dipendenti del ministero degli Esteri (Sndmae) che rappresenta gran parte delle feluche e che scrive. "I diplomatici italiani non possono accettare quei tagli, alle risorse e al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina".

Per il Sndmae tante commesse all'estero e accordi internazionali come quelli ultimamente firmati in America latina da Silvio Berlusconi, il quale ha parlato di un guadagno per il Paese pari a un punto di Pil, non sarebbero stati mai raccolti "senza il lavoro assiduo, determinato, spesso testardo, senza il lavoro da professionisti dei nostri diplomatici. I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse", spiegato il sindacato. "Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali", ricorda il Sndmae.

"Il ministero degli Esteri", rivendica il comunicato, "produce molto più di quanto costi al Paese. Ha ragione il presidente Berlusconi quando ricorda che il bene comune non è fatto dalla somma dei pur legittimi interessi particolari e i diplomatici italiani chiedono di continuare a esistere come carriera di una Farnesina vitale, proprio per poter continuare a servire il bene comune", conclude la nota.

10 luglio 2010

 

 

 

2010-07-08

Trasporti, da stasera stop ai treni Domani niente bus e metro

Scatta da stasera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario, ma il giorno nero sarà domani, quando ad incrociare le braccia saranno anche i lavoratori del trasporto pubblico locale: a fermarsi bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità.

È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione.

TRENI

Lo stop dalle 21 di oggi. Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di domani. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il Leonardo Express o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21.

VENERDÌ NERO

Fermi treni ma anche bus e metro. Domani non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.

08 luglio 2010

 

 

 

 

 

Berlusconi: se la manovra non passa andiamo tutti a casa

"La scelta del governo di porre la fiducia sulla manovra è stato un atto di coraggio del governo. I saldi di questa manovra dovranno restare invariati. Se il Parlamento non ci approverà questa manovra andremo a casa". Lo ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un'intervista a Studio aperto.

STOCCATA A FINI

"Io ho in mente di continuare a governare e di andare avanti con passione determinazione e slancio e chi nel Pdl dovesse dissentire da questo impegno assoluto e morale dovrebbe prendere atto di non essere più in sintonia con i nostri elettori".

INTERCETTAZIONI

E' una "legge sacrosanta", ribadisce il premier, attando l'opposizione. "Ero e resto convinto che ricalca un ddl approvato con una maggioranza bulgara ai tempi del governo di sinistra. Eppure allora nessuno parlò di legge bavaglio e di attentato alla libertà. Per la sinistra la democrazia e la libertà esistono solo quando governano loro".

AQUILANI PICCHIATI

Dopo le proteste degli aquilani ieri a Roma, Berlusconi dice la sua sugli scontri con le forze dell'ordine. "Mi pare che ci sia stata molta strumentalizzazione". Il premier precisa di "non aver ancora visto il resoconto della poliza" ma spiega che "il governo ha fatto il miracolo per come è intervenuto subito dopo il terremoto, come nessun altro paese è riuscito a fare dopo una catastrofe

naturale. in meno di 10 mesi abbiamo dato una casa a chi l'aveva persa".

08 luglio 2010

 

 

 

 

Fininvest-Cir, in manovra norma per sospendere processo

Nell'emendamento presentato ieri dal governo alla Manovra che introduce la figura dell'ausiliario del giudice spunta una norma che potrebbe di fatto sospendere il processo Fininvest-Cir per nove mesi. La norma, destinata a far discutere, è contenuta nel comma 18 dell'emendamento 48.0.1000.

A confermare l'ipotesi è il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti che ribattezza la previsione del governo come "anti-Mesiano" dal nome del giudice "duramente attaccato dalle reti tv della famiglia Berlusconi per aver firmato la sentenza che obbliga la Fininvest a risarcire la Cir di 750 milioni per l'affare Mondadori".

GLI EFFETTI DELLA NORMA

"L'esecutività della sentenza civile di primo grado sul lodo Mondadori è stata sospesa in appello imponendo una fideiussione bancaria di 800 milioni alla Fininvest. I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno poi ammesso d'ufficio la richiesta di consulenza sul valore delle azioni e il deposito della relazione è previsto per il primo settembre, l'udienza è fissata per il 28 settembre. Con il comma 18 dell'emendamento presentato dal ministro Alfano alla manovra economica si creano i presupposti perchè possa essere presentata un'istanza dalla Fininvest per ottenere un ulteriore rinvio del processo per un periodo di sei mesi per esperire una procedura di mediazione". Lo spiega la senatrice Silvia Della Monica, capogruppo pd in commissione Giustizia.

In questo modo, aggiunge, "si consente alla famiglia Berlusconi di rallentare ulteriormente il corso del processo d'appello e ritardare il più possibile il pagamento dell'ingente risarcimento dovuto. Al di là del processo che interessa Berlusconi, gli effetti sulla giustizia civile dell'intero emendamento presentato da Alfano saranno devastanti per tutti gli altri cittadini italiani. lL giurisdizione sarà infatti svuotata, i tempi e i costi aumenteranno, creando una sorta di giustizia di classe. Inoltre, gli ausiliari del giudice, figura anomala e incostituzionale, saranno certamente più vulnerabili e soggetti forti pressioni esterne di quanto possa avvenire con un giudice togato". "questo- conclude della monica- potrebbe spiegare le ragioni per le quali la maggioranza in commissione giustizia al Senato non ha voluto più sottoscrivere un invito bipartisan al ministro alfano a ritirare l'emendamento da lui presentato e ha ripiegato su un parere condizionato".

L'AZIENDA: SDEGNO E STUPORE

La Fininvest in relazione alle dichiarazioni di Donatella Ferranti (Pd), ha espresso "tutto il suo stupore e il suo sdegno di fronte all'insinuazione secondo cui sarebbe interessata ad un rallentamento del processo d'appello per la vicenda lodo Mondadori". "Appare risibile il solo pensarlo - ha spiega la Fininvest - basta conoscere i fatti per sapere che è vero esattamente il contrario. La Fininvest infatti è pienamente convinta che le proprie buone ragioni verranno riconosciute, e ha rilasciato a favore di Cir una fideiussione pari a 806 milioni di euro: pertanto ha interesse, onde evitare anche ulteriori costi ed appesantimenti finanziari, che la trattazione nel merito rispetti un iter il più spedito possibile. Per tali motivi la Fininvest seguirà con assoluta coerenza questa impostazione".

08 luglio 2010

 

 

 

Un favore al Trota, un altro a Marina

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Un altro ministro che minaccia di andarsene (dopo Brancher, che lo ha fatto, e Tremonti, che non lo ha fatto). Stavolta è quello dell’Agricoltura Giancarlo Galan. Non gli va giù che in manovra la solita "manina" abbia infilato un emendamento che salva i "soliti" allevatori del nord disonesti: quelli che dovrebbero pagare le multe sulle quote latte. Ancora loro: hanno già intascato le risorse dell’ue, ora intascano quelle del governo italiano, mentre tutti gli altri pagano. Quando si dice. essere amici del "manovratore". La sospensione delle multe (che vengono però pagate a Bruxelles dallo Stato italiano) era stata promessa da Renzo Bossi, il figlio del leader della Lega, comunemente conosciuto come "la trota", agli allevatori che assediavano il Pirellone. E puntualmente è arrivato, nonostante la contrarietà del ministro, e anche di molte associazioni di agricoltori (sia Cia che Coldiretti). Galan si è precipitato in Senato, per fare pressioni sulla commissione. Ma è stato gentilmente pregato dal presidente e relatore Antonio Azzollini di tornarsene tranquillamente a casa, visto che la proposta si sarebbe discussa più tardi. Insomma, resta il braccio di ferro e resta per ora la minaccia di Galan.

Non è stato solo Bossi junior] ad essere accontentato. Anche il "monarca assoluto" del centrodestra, naturalmente Silvio Berlusconi in persona, ha avuto un trattamento di riguardo, per una norma secondaria ma decisiva: il testo prevede che sulla chiusura agevolata delle liti fiscali ultradecennali in cassazione sia l’amministrazione finanziaria a decidere. Le condizioni previste dalla norma disegnano quasi l’identikit del "caso" da risolvere: quello sollevato con il Lodo Mondadori, che consentì a Berlusconi e famiglia di impossessarsi della casa editrice. Una vera norma ad personam, che facilita ancora di più lo sconto già assicurato da un altro decreto in questi casi ai contribuenti, che pagano solo il 5% del dovuto.

Vantaggi per la famiglia del "Capo", e vantaggi per la capitale, che riesce addirittura a svincolarsi dai vincoli del patto di stabilità. Proprio mentre gli enti locali sono chiamati a pagare gran parte dei tagli. L'ammontare delle risorse per Roma Capitale "viene stabilito dal commissario e nasce dall'idea che è difficile fare una stima. Dunque, l'emendamento prevede che il commissario accerti quanto debito c'è e stipuli un contratto di servizio per stabilire i finanziamenti". È quanto afferma il relatore alla manovra Antonio Azzollini, spiegano l'emendamento a sua firma. Certo, è difficile fare la stima: chissà quante città potrebbero dire lo stesso. Grazie poi alla stretta sulla assicurazioni, chiamate a versare oltre 200 milioni, si crea un fondo di 50 milioni a cui poter attingere. Ma Gianni Alemanno ha avuto un ruolo a tutto tondo nell’ultima giornata di esame. Un altro comma dell’emendamento del relatore, infatti, prevede il raddoppio delle tariffe che il Comune di Roma fa pagare per i cartelloni pubblicitari, passando da un limite del 25% al 50%. Così, con una mancia a nord, la Lega ingoia quella a "Roma ladrona".

08 luglio 2010

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Dal Fisco alla sicurezza, le modifiche in zona Cesarini

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Salta la stretta sulle invalidità, ma sulle Regioni il taglio resta. Questo il bilancio annunciato nell’ultima giornata di "trattative" sulla manovra. Quasi tutta giocata fuori dalle aule parlamentari. Per lunghe ore il relatore del pdl Antonio Azzollini è rimasto nelle stanze del tesoro per concordare le modifiche "concesse" dal ministro. Solo in serata è tornato a Palazzo Madama, dove sono proseguite le votazioni in commissione. Il passaggio all’Aula è per oggi: il voto di fiducia mercoledì. modifiche Per gli invalidi la soglia torna all’originario 74%: resta poco chiaro se rimane in vigore il taglio all’accompagno. In cambio il relatore ha inserito una stretta sui controlli (da 200mila a 250mila), per eliminare le frodi. per quanto riguarda le richieste delle imprese, dovrebbe scattare il divieto di compensazione nel caso siano scaduti i tempi per il pagamento di ruoli non definitivi. Si dovrebbe chiarire una volta per tutte il fatto che non scatta nessun blocco se il ruolo non è definitivo.

Possibile anche un'attenuazione delle sanzioni. Su questi punti (tutti relativi alla lotta all’evasione, che per la prima volta viene cifrata e dunque le modifiche dovrebbero indicare anche le nuove coperture) la presidente degli industriali Emma Marcegaglia aveva avuto rassicurazioni in una telefonata del premier. Un episodio giudicato "inelegante" da parte del segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Il nuovo testo non era ancora pronto fino alla serata di ieri. Assieme alla nuova formulazione sul fisco, dovrebbe arrivare anche una novità sui certificati verdi, altro tema sollevato dalle imprese, visto che lo stop ai finanziamenti avrebbe messo a rischio centinaia di aziende impegnate sul fronte dell’energia rinnovabile. Insieme alle imprese, dovrebbe arrivare in commissione anche il nuovo testo sulle tredicesime.

È l’ultimo "refuso" (si fa per dire) che la commissione aveva esaminato. L’ipotesi era stata presentata dal relatore, ma a seguito di un chiaro input governativo. Stando a indiscrezioni, ci avevano lavorato gli uffici tecnici del Tesoro giorno e notte, per rispondere alle esigenze di chi chiedeva di rifinanziare le promozioni "congelate" dal testo. Una volta presentato, però la reazione dell’opinione pubblica è stata durissima. Così si è scelta l’onorevole via d’uscita del refuso. nodi Ma i nodi non finiscono qui. Resta la forte protesta dei militari sui tagli alla Difesa, dove si denuncia il rischio paralisi. Restano anche i nuovi pedaggi autostradali che sostituiranno dal 2011 i trasferimenti dello Stato. Per il viceministro alle Infrastrutture Roberto castelli è una scelta giusta, "perché così pagheranno anche gli stranieri". Come se i cittadini stranieri che lavorano in Italia non pagassero le tasse. Mah. Resta anche caldissimo il fronte dei farmaci. I grossisti sospenderanno oggi la consegna dei medicinali per protestare contro i tagli previsti dal governo. I distributori all'ingrosso chiedono "di essere convocati dalla commissione Bilancio del Senato per presentare una soluzione alternativa alla riduzione sproporzionata e mal ripartita dei margini commerciali previsto dalla manovra".

07 luglio 2010

 

 

2010-07-04

Scure di Tremonti, protestano pompieri, prefetti e polizia

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

Il taglio delle tredicesime sarebbe stato la beffa finale, ma il danno resta, ed è ingente. Tanto che, per la prima volta, sono tutti uniti: le rappresentanze sindacali dei prefetti, della polizia di Stato e dei vigili del fuoco annunciano una mobilitazione compatta contro la manovra e, "stanchi dell’assenza del ministro Maroni, chiedono un intervento urgente del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio dei ministri". Monta la protesta contro i tagli - 600 milioni in meno che si aggiungono al miliardo già tagliato nel 2008, ricorda il Siulp - che ha già portato poliziotti e carabinieri in molte piazze d’Italia solo l’altro giorno. E adesso i sindacati di polizia Siulp, Sap, Siap-Anfp, Silp-Cgil, Ugl-Polizia di Stato, Coisp, Anfp, il sindacato dei prefetti Sinpref, la Fns Cisl Vigili del fuoco, concordano: "La totale disattenzione del ministro Maroni ai problemi del personale del suo ministero è riuscita in un’impresa storica: l’unificazione di tutte le nostre rappresentanze sindacali", si legge in una nota congiunta. "La manovra - dicono - che porterà tagli al ministero dell’Interno per oltre 600 milioni e di cui il ministro Maroni si è totalmente disinteressato, risponde a logiche esclusivamente ragionieristiche ed è espressione della potente lobby dell’alta burocrazia del ministero dell’Economia. Gli ultimi emendamenti presentati dal senatore Azzollini tagliano addirittura le tredicesime, mentre vengono sperperate decine di milioni per una non precisata "mini naja" sperimentale presso il ministero della Difesa. Una iniziativa tanto pittoresca quanto costosa che non servirà neppure come titolo per futuri concorsi". Maroni, dal canto suo, si dice "sorpreso e mareggiato" per le proteste e assicura che "le riduzioni non incideranno sulla sicurezza".

Ma, intano, anche i Carabinieri si sono lamentati dei continui tagli al comparto sicurezza che, tradotti, significano meno pattuglie in strada, meno caserme e stazioni di polizia, meno dotazioni e strumenti di lavoro. Insomma, meno sicurezza. Le associazioni di polizia, vigili del fuoco e prefetti proclamano dunque "una mobilitazione generale e chiedono un immediato intervento" di Napolitano e di Berlusconi.

Proteste e proposte dell’Associazione nazionale Funzionari di polizia legate alla manovra sono raccolte in una pagina a pagamento apparsa ieri sul quotidiano La Repubblica con il titolo "Sicurezza a rischio". Tra i suggerimenti per migliorarla, aumentare l’efficienza nell’uso delle tecnologie e nell’impiego delle risorse umane, "restituendo i poliziotti alla polizia"; organizzare in modo più razionale le auto blu, i mezzi e i servizi di scorta; valorizzare e promuovere le professionalità interne; controllare la spesa immobiliare e, in particolare, le dismissioni e cartolarizzazioni; motivare al risparmio dirigenti e poliziotti.

In questo clima, l’emendamento Pdl sul taglio alle tredicesime (sul quale il governo ha fatto marcia indietro), ha definitivamente esasperato gli animi. La rabbia è rimbalzata anche in Rete, con centinaia di messagi apparsi sui social network. E persino sul Fan Club di Berlusconi si leggono messaggi di questo tenore: "Ma lo sa Azzolini che lo stipendio di un poliziotto è di 1.500 euro e che molte famiglie aspettano la tredicesima per ripianare i debiti contratti per sopravvivere durante l’anno? Fate uno scatto d’orgoglio e rinunciate voi politici e manager pubblici alla tredicesima. Sono profondamente deluso".

04 luglio 2010

 

 

 

"Niente tagli alle tredicesime"

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

"Se e quando il governo lo chiederà ritiremo l’emendamento: era solo un’opzione. Se ne riparla lunedì in Commissione". Non si scompone il presidente della commissione Bilancio del Senato e relatore alla manovra, Antonio Azzollini, alias l’uomo dei refusi. O forse, più facile, l’uomo che ci prova con tutti (gli emendamenti). Dopo le pensioni, e prima era già accaduto con i condoni edilizio e fiscale, stavolta la retromarcia investe il taglio alle tredicesime: quelle che, appunto con un emendamento presentato l’altro giorno da Azzollini, verrebbero decurtate a poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, magistrati, prefetti e docenti universitari. Berlusconi, ieri sera, ghe pensa lu: "Nessun taglio alle tredicesime", tuona. Fine della parabola breve della tredicesima mensilità. Che poi, spiega Azzollini, "è la possibilità di scegliere tra il congelamento degli aumenti o la riduzione delle tredicesime". Bontà sua. Di fatto, sono subito insorti non solo tutti i sindacati, l’intera opposizione, oltre alle categorie interessate, ma pure mezzo governo. Per Tremonti che non dice una parola parla il sottosegretario all’Economia Luigi Casero, Pdl: "Era solo una norma di salvaguardia per mantenere i saldi - dice - Ma non abbiamo nessuna difficoltà a ritirarlo, lunedì chiederemo al relatore di farlo". Per inciso, pare "non siano previsti nuovi emendamenti", quindi il testo che arriverà in aula sarà quello licenziato tra domani (massimo martedì) dalla commissione Bilancio. Insomma, ci risiamo. Contrordine, compagni: tra governo e maggioranza si va per tentativi ed errori. Dove questi ultimi sono evidenti, e i tentativi sono quelli di qualcuno (all’interno di governo e maggioranza) di far passare norme devastanti, come quella sullo stop ai 40 anni di contributi per andare in pensione, sconfessata dal ministro Sacconi.

Prima di Casero, sulle tredicesime era partita all’attacco la Lega: "Non siamo disposti a tagliare la tredicesima a polizia, carabinieri e vigili del fuoco - aveva detto con grande enfasi propagandistica Federico Bricolo, presidente del Carroccio al Senato - Nessuno può pensare di mettere le mani sui loro stipendi" (infatti, loro tutti si mobilitano contro i tagli della manovra, ndr. Ma la protesta è subito diventata trasversale. "Tremonti leverà quella norma - ha assicurato il ministro della Difesa Ignazio La Russa - con ogni probabilità eliminerà anche la possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito di promozioni". Una linea concordata con il ministro dell’Interno Maroni. E si è mosso anche il presidente del Senato Renato Schifani che ha chiamato Azzollini, per invitarlo "a riflettere attentamente sull’opportunità di ritirare al più presto l’emendamento".

Per il leader del Pd Pierluigi Bersani "ormai stanno impazzendo. Se un governo conservatore in Inghilterra attacca la rendita finanziaria, qui in Italia invece si attaccano le tredicesime di poliziotti e insegnanti. Tutto questo vuol dire che si è davvero persa la testa". L’Idv attacca, per bocca di Antonio Borghesi: "Se questa norma non viene eliminata, il governo completerà il massacro del settore che si trova già in gravissime difficoltà a causa della legge Brunetta del 2008". La Cgil offre un’altra chiave di lettura: "Le tredicesime sono garantite dai contratti nazionali, mica dal ministro dell’Economia - spiega il segretario confederale Michele Gentile - Io credo che stiano facendo il gioco delle tre carte, creando confusione ad arte con cose senza senso come questa delle tredicesime, che fa solo fare bella figura al governo che chiede il ritiro dell’emendamento, mentre stanno facendo passare delle enormità: tagli pesanti, blocco del turn over e una riforma delle pensioni che travolge tutti, e soprattutto le donne".

04 luglio 2010

 

 

 

Le imprese: violazioni in norme su fisco

"Le imprese fanno appello al Parlamento e al Governo, al Presidente Berlusconi e al ministro Tremonti affinchè vengano modificate queste norme, che, nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all'evasione".

Confindustria e Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti) ribadiscono le preoccupazioni già espresse nei giorni scorsi, in merito alle misure contenute nella manovra finanziaria relative alla riscossione (art. 38) e alla compensazione dei debiti e crediti fiscali (art.31).

La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni. Se passasse questa norma, il contribuente sarebbe costretto - pena il pignoramento - a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate. Ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese.

04 luglio 2010

2010-07-02

L'affondo "leghista" di Tremonti al Sud: "Non sanno spendere i fondi Ue, cialtroni"

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti se la prende con ''la cialtroneria e l'irresponsabilita''' di chi, al Sud, ''prende i soldi e non li spende'', e quindi invita a non puntare il dito ''su governi nazionali di destra o sinistra e sull'Europa''. Parlando all'assemblea Coldiretti, Tremonti ha ricordato come del programma di fondi comunitari 2007-2013 che prevedeva 44 miliardi ne sono stati spesi solo 3,6 miliardi. ''Non si puo' continuare con questa gente che non sa fare servizio pubblico per i cittadini'', ha aggiunto Tremonti.

E' ''passata la notte'' della crisi dell'euro e della stessa Europa vissuta lo scorso maggio ma ''la crisi continua tra paura e speranza''. Intervenendo all'assemblea Coldiretti, il ministro dell'economia Giulio Tremonti definisce quella vissuta al vertice Ecofin di maggio 'una crisi gravissima che non era la crisi della zona dell'euro, era la crisi stessa dell'Europa''.

''Quella notte e' passata, si sono fatte tante cose in positivo per la sicurezza dalla speculazione esterna'' e anche per una ''politica interna piu' organizzata e seria di prima'' ha spiegato.

Alla provocazione di Tremonti risponde il presidente della Conferenza stato-regioni Vasco Errani: ''Fare una commissione a costo zero sugli sprechi della Pubblica amministrazione, che guardi voce per voce, tazebao per tazebao''. ''Sulla manovra le regioni vogliono fare la loro parte - ribadisce Errani - Vogliamo costruire un accordo con il governo ma chiediamo un discorso di equita'''. ''E poi chiediamo anche di ribaltare il concetto - conclude Errani - Ci dicano quali sono i servizi essenziali che non possono essere tagliati e sulla base di questo ognuno fa la sua parte''.

02 luglio 2010

 

 

 

A rischio tredicesime di poliziotti, vigili del fuoco e alrti

Le tredicesime dei magistrati, dei militari, delle forze dell'ordine, dei professori e ricercatori universitari, di vigili del fuoco, dei diplomatici e dei prefetti sono in pericolo. Un emendamento alla manovra presentato in commissione Bilancio al Senato dal relatore Azzollini emendamento stabilisce che "le tredicesime possono essere ridotte" per assicurare "un risparmio di spesa". L'entità dei tagli verrà definita con appositi decreti. Per i magistrati il decreto sarà emanato "su conforme delibera degli organi di autogoverno".

 

In base al provvedimento potranno essere emanati distinti decreti per: dirigenti (e non) delle Forze armate e di polizia; vigili del fuoco (dirigenti e non); professori e ricercatori universitari; personale di magistratura; personale della carriera prefettizia; diplomatici; dirigenti penitenziari.

02 luglio 2010

 

 

 

Marcia indietro sulle pensioni, ritirato l'emendamento sulle aspettative di vita

Marcia indietro sullo stop ai 40 anni di contributi per accedere alla pensione. Il relatore di maggioranza alla manovra, Antonio Azzollini del Pdl, ha presentato in Commissione Bilancio al Senato un emendamento che corregge la precedente proposta di modifica non facendo più riferimento all'aspetto dell'anzianità contributiva. Inoltre torna tutto come prima: l'aggiornamento triennale legato alle speranze di vita partirà dal primo gennaio 2015 e non più dal 2016 come era scritto nel precedente emendamento.

Sulle pensioni "non c`è stato nessun refuso", dice Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd. "L`emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell`Economia. La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all`approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori".

Ierie era durata appena poche ore la novità proposta per emendamento alla manovra sulle pensioni che, dal 2016 (un anno dopo quanto previsto) avrebbe agganciato anche i lavoratori con 40 anni di contributi al sistema delle "quote" con l'allungamento dei tempi di età pensionabile legato all'aumento dell'aspettativa di vita. In pratica in alcuni casi per andare in pensione non sarebbero bastati 40 anni. La proposta, firmata dal relatore, Antonio Azzollini, è stata infatti "rigettata" dopo poco dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che arrivato di corsa in Senato, ha incontrato il relatore e poi spiegato: "la norma sui 40 anni è stata un refuso. La cancelleremo".

La novità aveva già allarmato i sindacati: Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil aveva spiegato che "l'emendamento peggiora la situazione perchè un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita". Si era registrato anche l'altolà di Raffaele Bonanni: "ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione con la manovra correttiva è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la finestra scorrevole di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni". E anche la Uil si era espressa in modo critico: "è un ulteriore aumento dell'età di pensione - dice il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti - che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

Poi il dietrofront del ministro: "ne ho parlato con il presidente della Commissione Azzollini - ha detto Sacconi ai giornalisti -. È stato per tutti e due un refuso. Non era intenzione né del governo né del presidente della Commissione Bilancio introdurre questa norma". Ma l'emendamento Azzollini introduce anche altre novità: l'aggancio all'aspettativa di vita che l'Istat ogni tre anni verificherà parte non più dal 2015 ma dal 2016 e riguarda anche le pensioni più basse, cioè quelle "sociali" che il precedente governo Berlusconi aveva innalzato a 516 euro (il vecchio milione di lire). Inoltre slitta di un anno, passando dal primo gennaio del 2015 al primo gennaio del 2016, l'adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita. L'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato pari a 3 mesi, evidenzia la relazione tecnica della Ragioneria dello Stato, presentata questa mattina in commissione Bilancio al Senato. Strada facendo si arriva a un adeguamento "cumulato" nel 2050 è pari a 3,5 anni. Cioè nel 2050 si dovrà stare al lavoro fino a 68,5 anni. I risparmi che arriveranno dall'adeguamento sono pari, tra il 2016 e il 2020, a circa 7,8 miliardi. Il "numero di soggetti annui che maturano i requisiti interessati nel periodo 2016-2020 è pari a circa 400mila in media".

02 luglio 2010

 

 

 

2010-07-01

Bersani sulla Manovra: insegnanti pagano, Berlusconi no

"Se 24 miliardi devono essere, 24 miliardi siano. Ma non è giusta una manovra che fa pagare mille euro agli insegnanti, centinaia di euro ai poliziotti e zero euro ai ricchi come Berlusconi". Lo afferma il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, in una conferenza stampa al Senato sulla manovra. Sulla quale Bersani invita il Governo a non porre la fiducia: "La democrazia aiuta a correggere gli errori. Se si va avanti a colpi di fiducia, gli errori non si correggono"

Tremonti nel 2008 varò una manovra triennale. Oggi c'è già bisogno di una manovra di 24 miliardi, colpa del Governo o della congiuntura internazionale? "Se il Governo avesse ascoltato l'opposizione - risponde Bersani - oggi non ci sarebbe bisogno della manovra oppure la manovra sarebbe molto più leggera".

01 luglio 2010

 

 

 

2010-06-28

Berlusconi: i lettori scioperino contro i giornali

Premier sempre più furioso. Contro chi non scrive quel che piace a lui. "Bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani per insegnare ai giornali a non prendere in giro i loro lettori", ha detto Silvio Berlusconi arrivando all'hotel Paulista che lo ospita a San Paolo, in Brasile dove è andato dopo il G20 canadese per incontrare imprenditori italiani e il presidente del paese latino americano Lula. "In particolare - ha proclamato il presidente del Consiglio - ho letto dei resoconti sul G20 che sono l'esatto contrario della riunione: veramente una presa in giro dei lettori". E ha aggiunto: "da molti mesi a questa parte c'è una disinformazione che vedo fare che è inconcepibile".

Davanti all'hotel alle domande dei giornalisti sui lavori in Canada arriva l'attacco ai mass media: "È andato tutto benissimo, salvo per quello che hanno riportato i giornali. Per insegnare ai nostri giornali a non prendere in giro i loro lettori, bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani. Ho letto dei rendiconti - dice riferendosi ai servizi sui vertici in Canada - esattamente contrari al reale risultato del G20". "Veramente - riprende Berlusconi - questa è una presa in giro dei lettori con una disinformazione che vedo fare da molti e che va avanti da molti giorni, da molti mesi a questa parte". Una situazione che il capo del Pdl censura come "inconcepibile".

Da notare che da un eventuale sciopero dei lettori contro i quotidiani, lui che ha i maggiori interessi nella sua televisione, non ci rimetterebbe cerco qualcosa. Anche se il problema vero sono le notizie poco gradite al premier e ai suoi. Come quelle sulla "cricca" degli appalti emersa grazie alle intercettazioni e poi resa pubblica dai giornali. Con suo sommo dispiacere, va da sé.

28 giugno 2010

 

 

 

Manovra, Formigoni minaccia. Il premier apre, ma Bonaiuti frena

"Siamo tutti pronti a restituire le deleghe". Lo afferma il presidente della Regione Lombardia a SkyTg24. Secondo Formigoni "non va concepito come un gesto di polemica. Noi siamo una parte della Repubblica italiana e vogliamo contribuire con le nostre idee, con le nostre proposte a disegnare una manovra che è indispensabile, ma nella quale i sacrifici vanno ripartiti in maniera equa tra tutti i comparti". "La nostra - aggiunge - è una proposta positiva di collaborazione al governo nel disegnare una manovra più sostenibile da parte di tutti i cittadini". Certo, prosegue, "i saldi non devono essere cambiati e noi regioni siamo pronte a fare la nostra parte, ma se si vanno a tagliare i contributi per il trasporto pubblico locale, per le imprese noi diciamo che si mettono in discussione comparti fondamentali della spesa pubblica".

Dal Sudamerica arriva la risposta di Berlusconi: "Rivedremo la manovra". È molto sintetico ma altrettanto importante il messaggio che Silvio Berlusconi fa arrivare dal Brasile alle Regioni che insorgono contro i tagli previsti dalla manovra e chiedono un incontro con il premier. Al suo arrivo a San Paolo, il presidente del Consiglio dedica poche ma decisive battute alla questione sollevata da Roberto Formigoni e aggiunge a quel "rivedremo la manovra" quello che appare come un invito a tornare in altra sede su un argomento così delicato. "Vediamo, ma adesso siamo qui", e dunque, fa capire, questioni come queste vanno rimandate al ritorno in Italia per la messa a punto.

28 giugno 2010

 

 

2010-06-23

Manovra, in piazza sindaci e Cgil Tagli ai ministeri e stangata sul Fas

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

"Basta spendere, la ricreazione è finita". L’avviso di Tremonti arriva insieme alla prima lista dei suoi tagli alle spese dei ministeri: solo per il Fas (il Fondo per le aree sotosviluppate) una mannaia richiesta soprattutto dalla Lega che significa meno 900 milioni per il 2011, meno 1 miliardo e 100 milioni nel 2013. Sarà molto difficile per SuperGiulio trovare la "quadra" con Regioni ed Enti locali, che chiedono di spalmare i tagli più equamente su tutti i livelli istituzionali (cioè sui ministeri), visto che sui loro bilanci pesano per il 90%.

Critiche e richieste di correzioni alla manovra anche da parte dell’opposizione: "Nella battaglia parlamentare cercheremo di correggere almeno le distorsioni più gravi", spiega il segretario del Pd Pierluigi Bersani al termine della direzione del partito, da cui, dice, "è venuta fuori con grande forza l’idea che il Pd deve prendere per mano gli italiani più colpiti dalla crisi". Allontanato lo spettro di nuovi condoni, l’onda lunga delle manifestazioni anti-manovra continua a salire. Oggi i sindaci degli 8mila Comuni italiani saranno davanti al Senato su iniziativa dell’Anci (presente anche la Cgil, ha aderito il Pd) con le fasce tricolori listate a lutto, mentre le Regioni incontreranno Tremonti da cui si aspettano "modifiche significative".

In piazza anche i dirigenti pubblici, contrari ai "tagli con l’accetta", mentre i prefetti, i medici ospedalieri, i diplomatici e i professori universitari hanno convocato un’assemblea pubblica a Roma. Dalla lista della stangata spuntano intanto oltre 40 milioni in meno per gli organi costituzionali, compreso 1 milione al Consiglio superiore della magistratura. Spicca un taglio di 31,2 mln per le istituzioni scolastiche non statali. L’università dovrà rinunciare a quasi 24 mln, di cui 9,8 destinati al diritto allo studio. Tagli per 2,7 mln a ricerca e innovazione. Ridotte le spese per le politiche di immigrazione (-18 mln), al ministero della Sanità saltano 8,3 mln. La cultura perde 58,2 mln, di cui quasi 50 per la tutela e la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.

BUS: PREZZI RADDOPPIATI Anche su Regioni e Comuni si profila una vittoria della Lega, che in un emendamento ha già chiesto di rimodulare i tagli, premiando gli Enti locali virtuosi, e dal Tesoro le aperture non hanno tardato. "Sui ministeri si può fare di più", dice il presidente dell’Anci e sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Perchè senza virate sostanziali, a pagare saranno i cittadini. Lo esemplifica senza mezzi termini il sindaco di Genova Marta Vincenzi: se la manovra passa così com’è, dice, il prezzo dei biglietti dei bus per il trasporto pubblico a Genova salirebbe da 1.20 a 2.80 euro. E poi: "150 bus in meno, tagli, licenziamenti - continua - I Comuni saranno costretti a svendite del patrimonio pubblico, aumenti di tariffe e tagli nei servizi pubblici". Per Chiamparino non basta nemmeno la proposta che premiano i virtuosi: "Con queste cifre, che dicono che su 16 miliardi di tagli di spesa 14,8, ovvero più del 90%, sono a carico di Comuni, Province e Regioni, non c’è premio ai virtuosi che tenga". Ribadisce: "I Comuni dal 2004 in poi hanno fatto le formiche portando 2,5 miliardi alla finanza pubblica, mentre tutti gli altri hanno fatto le cicale portando 5,5 miliardi di passivo". E conferma: "In realtà viviamo nello Stato più centralista d’Europa, altro che federalismo". Il governatore leghista del Veneto Luca Zaia riapre l’ipotesi della dissobedienza fiscale, che sarà anche "l’ultima spiaggia", ma "è l’unica realtà quando ti trovi a non aver più risorse perchè qualcuno te le porta via". Il voto sugli emendamenti è slittato ad oggi. Ma dall’esecutivo è arrivato un messaggio chiaro: "c’è poco spazio per modifiche".

23 giugno 2010

 

 

2010-06-22

Condono, dietrofront del Governo: "Ritireremo l'emendamento"

L'emendamento sul condono edilizio "sarà formalmente ritirato domani". Lo ha detto parlando il senatore del Pdl, Paolo Tancredi che ha firmato per primo la proposta di emendamento sul condono edilizio.

L'emendamento alla manovra chiede di riaprire i termini del condono immobiliare, varato nel 2003, fino al 31 dicembre 2010, ed estende la sanatoria agli abusi realizzati anche "in aree sottoposte alla disciplina di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio", quindi le aree protette. Dopo le molte polemiche, il senatore ha spiegato: "È un emendamento che è stato presentato insieme ad altri cento e che non avevo valutato - ha detto Tancredi - Insieme ad altri due senatori ne abbiamo firmati centinaia. Oggi ci siamo subito accorti che c'è stato un errore, almeno sulla parte che riguarda le aree protette. Poi sul condono edilizio si può fare un dibattito, perché porta risorse finanziarie e insieme abbiamo proposto anche l'abbattimento di palazzi abusivi al Sud". Tancredi ha quindi annunciato l'intenzione di ritirarlo, "ma formalmente bisogna attendere domani".

Ma è lo stesso ministero a smentire anche l'ipotesi di un condono minimo. "Il governo non accetterà mai la riapertura dei termini per il condono fiscale e per quello tombale proposta nell'emendamento presentato da alcuni senatori", fa sapere in una nota il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero. Intervento anche di Bonaiuti: sinistra bugiarda, la sanatoria non sarà sostenuta dal governo.

Tra le altre proposte della manovra: auto-denuncia per falsi invalidi, proroga della Tremonti-ter e dello "stop tasse" in Abruzzo con l'aumento dei tabacchi.

Le reazioni

"Come volevasi dimostrare la maggioranza getta la maschera e butta nel calderone della manovra finanziaria la misura che non manca mai in un governo Berlusconi, il condono edilizio, che questa volta si preannuncia come il peggiore di sempre", dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, "prevedendo addirittura che la sanatoria venga allargata agli immobili soggetti a vincoli ambientali e paesistici. L'illegalità e la criminalità vengono premiati anche questa volta da una destra che non ha scrupoli nel rendersi complice dello scempio del territorio del nostro Paese". "Quello contenuto nell'emendamento del senatore Tancredi - affermano i senatori Pd -sarà, se approvato, il quarto mega condono edilizio italiano, il terzo sotto un governo Berlusconi, e ha le potenzialità per essere il più devastante di sempre: potrebbe essere infatti la madre di tutte le sanatorie, la pietra tombale sugli abusi compiuti in ogni parte della Penisola, in sfregio a ogni più elementare norma di rispetto ambientale e paesaggistico. Non ci sarà rischio sismico o idrogeologico che tenga, tutte le richieste verranno accettate e il cemento selvaggio segnerà la vittoria sulle regole e sulla legalità".

"Il governo, e il ministro Tremonti in particolare hanno più volte ribadito nell'ultimo periodo che non ci sarebbe stato nessun altra sanatoria edilizia, e dunque è inaccettabile questa operazione, già fatta in passato, di affidare a qualche singolo parlamentare la pistola fumante del condono. Il governo - concludono Ferrante e Della Seta - non smentisca se stesso e intervenga affinchè venga ritirato immediatamente questo emendamento indecente che premia furbi e criminali".

"Il partito del condono non riposa mai", commenta l'Italia dei valori. "La tendenza del Pdl a sacrificare le ragioni della tutela ambientale a favore dell'abusivismo edilizio non si smentisce", aggiunge l'Idv nella nota. Critico anche Angelo Bonelli (Verdi), che definisce il testo "un atto criminale". L'emendamento prevede che la domanda possa essere inoltrata entro il 31 dicembre 2010 "anche qualora l'amministrazione abbia adottato il provvedimento di diniego". "A tal fine sono sospesi tutti i procedimenti sanzionatori di natura penale e amministrativa, già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato", specifica l'emendamento.

Il testo è uno dei 2.550 depositati entro venerdì scorso, dei quali la metà dalla maggioranza, e che saranno esaminati con l'articolato della manovra da domani dalla commissione Bilancio del Senato. Sempre Tancredi ha presentato un altro emendamento che, in caso di confisca di edifici abusivi da parte del Comune, prevede un diritto di prelazione nell'acquisto all'asta. Arriva dalla Lega anche uno scudo fiscale per i falsi invalidi, che hanno tempo 180 giorni dall'approvazione della legge per autodenunciarsi in cambio dell'estinzione dei reati.

 

 

 

 

 

 

2010-06-19

I no del Pd al Palalottomatica. La sinistra lancia la sua manovra: "Noi, per la crescita"

di Luciana Ciminotutti gli articoli dell'autore

"Io ho in testa questo Pd: mani, testa e cuore dentro i problemi della gente comune". Bersani chiede uno scatto d’orgoglio al suo popolo, chiamato a raccolta al Palalottomatica di Roma per una manifestazione contro la manovra finanziaria. La kermesse voluta dai democratici comincia con l’inno di Mameli e prosegue con un video composto da dichiarazioni di Berlusconi sull’economia italiana subissato dai fischi. E’ altro che la platea vuole ascoltare. Basta con la narrazione di un Italia che non esiste. Sul palco c’è il paese reale: come Mila Spicola, professoressa di Palermo (ripresa poi da Bersani nel suo intervento: "sono gli insegnanti delle periferie delle città gli eroi dei nostri tempi") che racconta la dura quotidianità in una scuola di frontiera, uno dei lavoratori dell’ex Eutelia, un rappresentante dei sindacati delle forze dell’ordine, Don Vinicio Albanesi della comunità Capodarco e Stefania Pezzopane, ex presidente della Provincia dell’Aquila che parla di una città in agonia nonostante la campagna mediatica di Berlusconi "costruita con il cinismo".

Ma è l’attore Fabrizio Gifuni a scaldare gli animi chiamando gli astanti "compagni e compagne", dicendo di avere "paura", di sentire che il paese è in pericolo perché si è compiuto quel che Pasolini chiamava "genocidio culturale". "Adesso tutti capiamo di cosa parlava Pasolini quando diceva che la tv sarebbe stata usata come clava dal nuovo potere fascista". Poi tocca a due amministratori, Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, entrare nei meandri della manovra di Tremonti, spiegare come e perché "incide nella carne viva e in gioco ci sono i servizi ai cittadini", dice Chiamparino. Che continua: "il problema sono i cittadini che si vedranno tagliare assistenza, trasporto pubblico, pratiche di sostegno per la casa e l’invalidità, tutto". La manovra, continua il primo cittadino di Torino è "insostenibile, iniqua, inaccettabile. Chiediamo al ministro un riequilibrio, saremo ragionevoli ma non arrendevoli". Gli fa eco Errani: "le regioni e gli enti locali sono pronti a fare la loro parte ma la manovra deve cambiare, non alzeremo bandiera bianca". In sala, nelle prime file, tutti i dirigenti del partito a cominciare da Walter Veltroni, Dario Franceschini, Piero Fassino, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro.

Assenti solo, per impegni all’estero, Franco Marini e Massimo D’Alema. Bersani dal palco annuncia "questa manifestazione è solo l’inizio" ed esorta "gambe in spalla, ora comincia la campagna d'estate che si svolgerà soprattutto nelle migliaia di feste che saranno la nostra vetrina vivente". E poi, ancora, tocca prepararsi per quella d’autunno, quella sulla Costituzione a cui il segretario tiene particolarmente. E’ citando per intero l’articolo uno della Carta che comincia infatti il suo discorso ("il premier non se lo ricorda, non arriva al secondo comma") ed è con il tre ("tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge") che lo conclude.

"Abbiamo la Costituzione più bella del mondo – dice tra gli applausi – se a Berlusconi non piace che vada a casa". E ancora sul presidente del consiglio: "è la teoria di un uomo solo al comando che non ci ha portati mai da nessuna parte. Ha risolto i problemi suoi, non quelli degli italiani". "La loro è una macchina – continua Bersani - tarata per fare consenso non per governare. Non riesce ad affrontare i problemi, a guardarli in faccia come facciamo noi. Cosa può fare il populismo davanti alle difficoltà reali? Ma noi non permetteremo che una crisi sociale acuta porti acqua al mulino della crisi democratica, al cancro dell'antipolitica e dell'antistato".

Ne ha anche per una "certa classe dirigente malata di conformismo" e per la Lega, "dura sull'Inno d'Italia e molle con il Cavaliere" e manda un messaggio a Bossi: "guarda Umberto che con il "Va pensiero" o tifando Paraguay non si mangia mica né si fa il federalismo". Ma è la manovra il punto cruciale del discorso del segretario democratico. "Sbagliata, depressiva, perchè non c’è nulla che sappia di crescita e di sviluppo e che riduce i consumi e gli investimenti. Più di 2000 emendamenti, di cui la metà i loro, e nemmeno un'idea". Tra l’altro, sottolinea Bersani, mette in entrata i soldi che dovrebbero arrivare dalla lotta all’evasione fiscale, "un pilastro virtuale. E se casca il pilastro virtuale casca la casa che è traballante". Il governo "dà una pistola in mano alle Regioni e ai Comuni perchè sparino al popolo".

La ricetta del Pd, invece, è pronta, solo che, si lamenta il segretario, nessuno li ha mai ascoltati,"in due anni nessuna discussione pubblica sulla crisi più grave degli ultimi 60 anni e parlamento zittito". Tra gli emendamenti presentati dal Partito Democratico meccanismi per rafforzare la tracciabilità dei pagamenti, soppressione delle Province nelle città metropolitane, cancellazione delle norme in deroga sugli appalti, soppressione dell’inutile ponte sullo Stretto, centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione. Riguardo la riduzione dei costi della politica Bersani chiede un accelerazione sulla riduzione del numero dei parlamentari. Il Pd in sostanza chiede "uno sforzo collettivo in cui chi ha di più dia di più, bisogna superare i divari".

E aggiunge il segretario tra gli applausi, "quanti turni vogliamo far fare agli operai prima di toccare un petroliere?". C’è rabbia nei cittadini, ormai il Pd non può più nasconderselo. "E’ possibile trasferire questa rabbia e questo scoramento in un’energia nuova , non perderemo tempo in politicismi - promette – ma andremo tra la gente a portare le nostre proposte. Noi abbiamo un’altra idea di politica economica, un’altra idea di Italia e di mondo", in pratica il Pd, per chi non lo avesse ancora capito, e qui Bersani riceve un’ovazione, è "un partito di governo, provvisoriamente all’opposizione".

19 giugno 2010

 

 

 

2010-06-18

 

 

 

 

2010-06-17

Tagliati i treni pendolari e aumentati i voli di Stato

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Più soldi per i voli di Stato, meno per i pendolari. "È la fotografia della politica di questo governo", commenta il reposnsabile Trasporti del Pd Matteo Mauri. Le cifre sembrano una beffa: +30% per i jet di Stato, esattamente -30% per i vagoni dei lavoratori. Come dire: meno ai poveri, più ai potenti.

La questione trasporti è solo un tassello di un mosaico che potrebbe risultare fatale per il paese. Che la manovra sia recessiva ormai lo sostengono in molti (Bankitalia per prima), tanto che presto ne arriverà un’altra. Nel frattempo già questa sta mettendo in subbuglio il Paese.

Medici, magistrati e Regioni sono sul piede di guerra, e sfornano cifre da paura. Sul fronte della sanità (che il premier aveva assicurato di non toccare) si mettono a rischio importanti prestazioni (i parti indolori e le interruzioni di gravidanza potrebbero diminuire del 20%) oltre che i redditi dei medici. Per i più anziani il danno economico è di 10mila euro, per i più giovani arriva a 40mila. Per non parlare del "dimagrimento" del personale: nei prossimi 4 anni usciranno 30mila medici.

Sul fronte dei governatori è tregua armata. Dopo gli scontri dell’altro ieri Roberto Formigoni usa toni rassicuranti, a seguito di un faccia-a-faccia con Silvio Berlusconi. il premier avrebbe promesso un tavolo, e qualche correzione alla durissima "dieta" che le Regioni sono chiamate a seguire. "Mi aspetto al più presto la convocazione del tavolo", ha detto Formigoni. Anche Vasco Errani nutre speranze, dopo un incontro con i parlamentari di maggioranza e opposizione.

Ma da Umberto Bossi arriva uno stop alla protesta dei governatori. "Formigoni non deve esagerare", ha detto il leader leghista. Che si è preso una replica secca del goveratore "lumbard". "Caro Umberto, non esagererò - ha risposto - a patto che il governo decida di ripartire i sacrifici in maniera proporzionale tra le regioni, le province e i ministeri". Un assit alle Regioni è arrivato ieri da Carla cantone dello Spi Cgil, che apprezza la proposta dei governatori su una revisione "intelligente" della spesa per le invalidità.

La "questione" pensionistica resta tra le più gravi. Lo dicono anche i numeri presentati dal tesoro al Senato. I risparmi di spesa nell’ambito delle spese sociali - si legge nella nota - ammontano a 3,7 miliardi, di cui 3,5 dalla previdenza. A parlare di manovra "iniqua e irragionevole" è anche l'Associazione nazionale magistrati, che parla di "ulteriore colpo di grazia al sistema sotto il profilo organizzativo". Oggi i magistrati di tutti i settori sospendere per un' ora, dalle 12 alle 13, le udienze. Si tratta delle prime iniziative del mondo giudiziario contro la manovra economica del governo, che vedranno dal 21 al 25 giugno prossimo le toghe attuare una sorta di sciopero bianco, e il primo luglio incrociare le braccia con una vera astensione dal lavoro

17 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-16

Manovra, il Pdl apre alle Regioni E Bossi bacchetta Formigoni

Dopo la protesta unanime della Conferenza delle Regioni, il Pdl apre qualche spiraglio sulla manovra. ''Le Regioni ci hanno illustrato le loro posizioni, che sono ben note, e ci hanno consegnato il documento da loro redatto. Ritengono eccessivi i tagli e chiedono una rimodulazione della manovra. Vedremo, nel confronto con il Governo, quali spazi ci siano'', ha dichiarato il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, subito dopo l'incontro con una delegazione delle Regioni guidata dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Vasco Errani, che ieri aveva qualificato il testo dell'esecutivo "irricevibile". ''Le Regioni sono consapevoli che la manovra va fatta - ha proseguito Gasparri - e che i saldi sono quelli. E' chiaro che le Regioni hanno una particolare rilevanza perche' gestiscono capitoli importanti, dalla sanita' ai trasporti''.

''Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - ha dichiarato il presidente dei senatori Pdl - nell'incontro che abbiamo avuto ieri, e' stato prudente ma attento all'ascolto e ci ha dato appuntamento per proseguire il confronto quando e come vorremo. Lavoreremo agli emendamenti - ha proseguito Gasparri - che e' un modo per segnalare i problemi. Entro venerdi' ne spunteranno tanti ma questo ovviamente non vuol dire mettere in discussione la manovra. Dovremo selezionare alcuni punti, tra cui questa discussione tra Governo e Regioni. Affronteremo tutto in commissione bilancio la prossima settimana, in vista dell'approdo in una la settimana successiva. E' un passaggio impegnativo ed infatti siamo impegnati''. Gasparri ha ricordato che ''l'Italia arriva a questo appuntamento in modo migliore rispetto ad altri Paesi, compresa la Germania, anche grazie alle manovre fatte nel corso dei questa legislatura''.

Sulla "rivolta" dei governatori interviene anche Umberto Bossi: "Formigoni non deve esagerare, il federalismo fiscale non viene toccato'', ha detto il ministro delle Riforme. ''Certo - ha aggiunto Bossi - le Regioni rischiano di avere meno soldi e chiedono piu' trasferimenti da parte dello Stato, questo e' il problema, non il federalismo fiscale, che porta con se comunque un vantaggio''. A proposito del rischio incostituzionalita', Bossi ha risposto: ''Non penso che ci sia''. E gli ha fatto eco anche Raffaele Fitto, che ha dichiarato: ''La manovra non e' incostituzionale, anzi: ottiene in queste ore numerosi riconoscimenti a livello internazionale. Il sacrificio c'e' per tutti, l'obiettivo e' ridurre la spesa pubblica''. Il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto, ha difeso la manovra attaccata dalle Regioni in questi giorni parlando davanti alla platea riunita in occasione della seconda Conferenza nazionale di Confservizi alla Residenza di Ripetta.

Sulla manovra sono intervenuti anche sette deputati del Pdl che - in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ai ministri dell'Economia, della Salute e del Welfare - chiedono di "evitare i tagli agli assegni di invalidita' per i Down".

A firmare il documento sono Michele Scandroglio, Viviana Beccalossi, Raffaello Vignali, Isidoro Gottardo, Mariella Bocciardo, Giancarlo Abelli e Roberto Cassinelli.''Il combinato disposto di quanto previsto dalla manovra e della circolare (n.30) e del 26 marzo 1977 del ministero del Tesoro - si legge nella lettera - di fatto esclude i portatori di sindrome di Down dalla fascia di protezione sociale''. Infatti ''con l'innalzamento da 74 a 85 punti quale tasso minimo di riduzione della capacita' lavorativa ai fini della concessione dell'assegno di invalidita' (256.67 euro nel 2010)'' i soggetti down vengono esclusi.

''Appare evidente - sottolineano - l'iniquita' della suddetta situazione'' e dunque ''la richiesta della societa' civile, delle comunita' della solidarieta' e di larga parte dei Parlamentari richiede una revisione o della circolare o di un intervento legislativo'' che modifichi la manovra in modo da ''ripristinare la protezione sociale''.

16 giugno 2010

 

 

 

 

Marcegaglia su Pomigliano "Il no della Fiom è incredibile"

Un no "incredibile", quello della Fiom, di fronte ad una azienda che "andando contro la storia" riporta produzione in Italia "investendo 700 milioni". Resta dunque solo da attendere il referendum tra i lavoratori di Pomigliano. Arrivando all'assemblea di Confcommercio, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia torna a commentare la situazione dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco.

"Aspettiamo il referendum del 22 e vediamo cosa succede. Secondo noi è incredibile - dice Marcegaglia - che di fronte ad una azienda che va contro la storia, prende produzioni dalla Polonia e le riporta in Italia, investe 700 milioni...è incredibile che davanti a una situazione di questo tipo ci sia un no. Attendiamo di capire - conclude - cosa vogliono fare i lavoratori".

"Dicono che diciamo solo "no" ma non è vero. Su Pomigliano la Fiom ha avanzato delle proposte alternative. È stato detto di "no" invece alle nostre proposte", ha ribattuto a Repubblica.tv il segretario generale della Fiom Cgil, Maurizio Landini.

Il diritto di sciopero "è un diritto costituzionale e non è un diritto a disposizione dei sindacati". Ma a Pomigliano la clausola sullo sciopero prevede in determinati casi "non solo che la sigla sindacale venga sanzionata, ma anche che il lavoratore che sciopera sia passibile di provvedimento disciplinare, fino anche al licenziamento, è una clausola - ha sottolineato Landini - mai stata sottoscritta da nessuna altra parte. Introduce un elemento che nega un diritto, è un elemento illegittimo. Non è un diritto a disposizione dei sindacati perché è un diritto costituzionale".

16 giugno 2010

 

 

 

Antitrust: "Bene la riforma dell'art. 41. Ora servono le liberalizzazioni"

Il presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà plaude all'iniziativa del governo che ha deciso di modificare l'articolo 41 della Costituzione per rendere meno difficoltoso l'avvio di nuove attività economiche. Catricalà lo ha detto leggendo alla Camera la relazione annuale sull'attività svolta. "Accogliamo con favore le recenti dichiarazioni del governo sulla volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni", ha detto il presidente dell'Autorità. Catricalà ha poi aggiunto: "Ben vengano le riforme costituzionali utili al fine. Condividiamo la necessità di anticiparne gli effetti per legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto ad intraprendere senza oneri burocratici".

"Il processo di liberalizzazione, storicamente, è stato altalenante e contraddittorio", è il monito lanciato dal presidente dell'antitrust, e siccome "abbiamo il dovere di segnalare che non possiamo più pagare il prezzo di politiche anticompetitive", ora "è necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza". Per catricalà "in alcuni settori si sono ottenuti risultati significativi, in altri si sono incontrati gravi ostacoli. nel complesso- spiega- l'opinione pubblica non sempre ha avuto modo di percepire i benefici delle riforme". secondo catricalà "la cultura dell'efficienza, del merito e della responsabilità non riesce ad affermarsi negli indirizzi legislativi, nelle prassi amministrative, negli atteggiamenti della politica, delle parti sociali e delle categorie produttive". Ecco quindi che "abbiamo il dovere di segnalare che non possiamo più pagare il prezzo di politiche anticompetitive". Quindi, invita: "È necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza".

15 giugno 2010

 

 

 

 

 

Pomigliano d'Arco, accordo separato Fiat spacca il sindacato La Fiom non firma

di Luigina Venturellitutti gli articoli dell'autore

CAccordo separato. La conclusione per Pomigliano d’Arco era già stata scritta, settimane fa, con la presentazione di una proposta aziendale da prendere o lasciare. Nessun margine di trattativa, nessun ripensamento, dunque nessuna sorpresa: ieri tutte le organizzazioni sindacali tranne la Fiom hanno firmato l’intesa per il rilancio dello stabilimento campano. Prima di passare alla fase operativa del piano, resta solo da adempiere la formalità del referendum tra i lavoratori, indetto per la prossima settimana, martedì 22 giugno.

Una consultazione dall’esito scontato, se il quesito posto ai dipendenti della fabbrica sarà lo stesso imposto dal Lingotto e subito adottato dal dibattito politico ed economico: vivere o morire, salvare il posto di lavoro a qualunque condizione o rinunciare ad un pezzo fondamentale del tessuto industriale ed occupazionale del Mezzogiorno. Ma la Fiat si è comunque riservata la possibilità di siglare l’accordo dopo la conclusione del referendum stesso.

Un "ricatto", l’hanno definito le tute blu della Cgil, che ieri hanno partecipato come "osservatori" al tavolo convocato dal management Fiat per tirare le fila dell’accordo che l’amministratore delegato Sergio Marchionne pretendeva in tempi strettissimi.

Dunque ci saranno investimenti per 700 milioni di euro e la produzione della nuova Panda sarà trasferita a Pomigliano dalla Polonia. Ma ci saranno anche deroghe consistenti all’attuale contratto nazionale di lavoro, ad alcune leggi dello Stato, e secondo l’interpretazione Cgil anche della Costituzione, a cominciare dalle sanzioni previste per i lavoratori e i sindacati che dovessero scioperare contro l’intesa.

L’unica variazione rispetto al testo originario è costituita dall’introduzione di una Commissione paritetica per esaminare i casi d’applicazione di particolare criticità. Un "comitato di raffreddamento" per la Fim e la Uilm. "Una foglia di fico su pessimi contenuti" per la Fiom, visto che la Commissione "si occuperà solo delle sanzioni ai sindacati, non ai lavoratori, e potrà decidere solo all’unanimità". Invece, in caso di disaccordo tra i componenti, spiega il responsabile auto Enzo Masini, "l’azienda procederà come vuole".

Così l’organizzazione dei metalmeccanici Cgil ha confermato il suo giudizio negativo, ed oggi incontrerà a Pomigliano i lavoratori e gli iscritti per decidere come comportarsi al referendum, "consultazione impropria ed illegittima perchè fatta sotto il ricatto della chiusura".

D’altro tenore i commenti a caldo del segretario Uilm, Rocco Palombella: "Fiat ci ha detto che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta". E del leader Fim, Giuseppe Farina: "Abbiamo fatto l’unica cosa sensata che un sindacato poteva fare, assicurando lavoro e reddito per i lavoratori e le famiglie".

Tra le reazioni politiche più entusiaste alla notizia dell’accordo separato si distingue quella del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: "È la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Subito seguito dal collega Maurizio Sacconi: "C’è un sindacato che coraggiosamente si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competitività, e c’è un sindacato paralizzato dal blocco ideologico. Purtroppo la Fiom non è più quella di una volta".

Tra i democratici, invece, i toni sono preoccupati: "Adesso bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità" sottolinea il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Si poteva arrivare, con la buona volontà di tutti, ad un accordo sull’assenteismo e sulla flessibilità senza sfiorare delicate questioni giuridiche".

16 giugno 2010

 

 

 

 

 

I punti discussi dell'accordo

1. Sciopero

Sanzioni disciplinari fino al licenziamento per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l’accordo con l’azienda.

2. Iniziativa sindacale

Sanzioni per sindacati e Rsu che proclamano iniziative di lotta contro l’accordo: sospensione dei contributi e dei permessi sindacali.

3. Malattia

In caso di picchi di assenteismo, l’azienda comunque non verserà i contributi per malattia, a prescindere dai controlli.

4. Permessi elettorali

Durante le elezioni, l’azienda non permetterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista.

5. Pausa mensa

Per l’azienda si può lavorare anche otto ore di fila senza la mezz’ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.

14 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-15

Le Regioni: manovra irricevibile. Formigoni: è anticostituzionale, va cambiata

La manovra è "irricevibile" e deve "cambiare". Lo ribadiscono i governatori, in un documento votato "all'unanimità", dopo una riunione straordinaria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. "La finanziaria - denunciano le regioni - e' stata costruita "senza condivisione ne' nelle misure ne' sulle entita' del taglio: si ripropone cosi' una situazione di assenza di coinvolgimento diretto nella definizione della manovra pur dopo l'approvazione delle leggi di contabilita' e finanza pubblica e di attuazione dell'art. 119 della Costituzione che hanno provveduto a declinare in legge un percorso preciso di condivisione con le autonomie territoriali delle manovre di finanza pubblica".

Nessuno, ha precisato il presidente Vasco Errani, ne mette in discussione la necessità, ma i "sacrifici" devono essere "proporzionalmente suddivisi" tra i singoli comparti della pubblica amministrazione. Mentre così com'è ora "per oltre il 50% si carica sulle Regioni e non è equa", ha affermato Errani. E ne faranno le spese anche malati con la sindrome di down e con alcune malattie psicologiche.

 

Per le Regioni questa manovra mette a rischio i servizi alle imprese e ai cittadini oltre che minare il percorso del federalismo fiscale. "Le Regioni - si legge nel documento - comprendono la necessità di una manovra tempestiva rispetto alla situazione economica attuale per dare risposta concreta ai mercati e all'Unione Europea sulle misure adottate dall'Italia, ritengono d'altro canto che il taglio indiscriminato sulle spese regionali non sia congruo nell'equilibrio del concorso dei singoli livelli istituzionali alla manovra, per di più i tagli indiscriminati difficilmente sono applicabili e probabilmente non daranno i previsti frutti benefici al Paese e pertanto la ritengono irricevibile".

 

 

I governatori, i quali hanno ribadito di voler fare "fino in fondo la nostra parte", hanno fatto notare di essere ancora in attesa della convocazione da parte del governo del tavolo: "La nostra posizione - ha aggiunto Errani - è tesa ad aprire un confronto serrato con il governo. E' una posizione istituzionale non segnata da ragionamenti di schieramento politico e non stiamo tutelando in modo corporativo le regioni. Stiamo spiegando che i tagli avranno una ricaduta sul sistema territoriale, le famiglie e le imprese" ed "è importante che le Regioni abbiano trovato unità e condivisione".

A dare la stoccata più violenta contro la manovra dell'esecutivo, concepita dal suo stesso partito, è Roberto Formigoni: "Questa manovra va cambiata, è possibile ed è doveroso farlo". Per il governatore della Lombardia è necessario "mantenere fermi i capisaldi" della manovra ma occorre "distribuire il carico dei sacrifici in modo proporzionale, come nelle famiglie un buon padre distribuisce il carico dei sacrifici su tutti i figli. Qui invece si carica su un figlio tutto il carico e il padre fa spallucce. Anzi, di più, siamo di fronte ad un padre sciammannato che ha aumentato il debito pubblico". Mentre le Regioni sono "figli virtuosi. Così non è sostenibile né equa e va cambiata", ha aggiunto Formigoni. Per poi sottolineare: "Così com'è attualmente uccide il bambino nella culla".

Formigoni ha sottolineato come la manovra contenga "oltre al danno anche la beffa: ci tolgono le risorse per esercitare le funzioni, ma non ci tolgono l'obbligo di offrire i servizi, con un rischio di incostituzionalità: la Corte costituzionale ha detto che ci deve essere un collegamento diretto tra i servizi e i fondi" che vengono trasferiti.

Coda polemica poi con il governatore del Piemonte Cota. Il quale afferma: "E' assurdo dire che questa manovra mette a rischio il federalismo fiscale. La mia posizione è che bisogna trovare il modo di evitare di penalizzare le Regioni virtuose, bisogna insomma distinguere tra chi si comporta in modo virtuoso e chi no. Condivido l'impostazione della manovra".

"Abbiamo discusso riga per riga il documento. Sul federalismo si dice che, con la manovra, sono sostanzialmente ridotti i margini di applicazione del federalismo fiscale. ed è gravissimo", puntualizza Errani ai cronisti che gli chiedono un parere sulle dichiarazioni di Cota.

Non bastasse, segnala il documento delle Regioni, le novità introdotte dalla manovra sulle invalidità comportano "l'esclusione di importanti tipologie psichiatriche" e delle persone affette da sindrome di down.

15 giugno 2010

 

 

Manovra, l'affondo di Formigoni: "Spazza via il federalismo"

"La manovra non mette a repentaglio il federalismo fiscale ma mi sembra che spazza via dal tavolo il federalismo fiscale". È quanto affermato dal Governatore della Lombardia, Roberto Formigoni durante la conferenza stampa al termine del tavolo di confronto tra Governo e presidenti di regioni da poco terminato al dicastero degli affari regionali a Roma. Al tavolo erano presenti i ministri Tremonti, Fitto e Calderoli. "Occorre salvare il federalismo fiscale - ha continuato Formigoni - e occorre che le regioni facciano partire questa operazione". Per Formigoni bisogna ricordare che: "il Paese ha concordato che il federalismo è necessario e da responsabilità ed equità e non può essere spazzato via".

10 giugno 2010

 

 

 

Errani: mobilitazione per una manovra più equa

Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, governatore dell'Emilia Romagna, sollecita una "manovra più equa" e sottolinea così la convocazione straordinaria della Regioni per martedì 15. "Spiegheremo, dati alla mano - sottolinea – ai cittadini, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni rappresentative del mondo produttivo, alle forze politiche e ai mezzi di informazione quali saranno le conseguenze della manovra recentemente varata dal Governo".

Dopo la conferenza si terrà un incontro con la stampa con tutti i governatori che parteciperanno all'incontro. Nel pomeriggio di martedì stesso incontreranno i rappresentanti delle forze economico-sociali.

"Nessuno mette in dubbio – ha spiegato Errani - la fase difficile attraversata dal Paese e la necessità di interventi finanziari adeguati, ma occorre costruire una manovra equa che coinvolga tutti i livelli istituzionali della Repubblica e che, soprattutto, abbia il minore impatto possibile sui servizi ai cittadini e alle imprese. Dopo gli incontri con le forze politiche, i capigruppo parlamentari di maggioranza e opposizione e dopo il confronto con le parti economico-sociali - ha concluso Errani - presenteremo le nostre proposte, partendo da una condivisa assunzione di responsabilità".

13 giugno 2010

 

 

 

 

Manovra, il Pd in piazza il 19: "Per un'altra politica economica"

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha annunciato su Internet la manifestazione nazionale del Pd per sabato 19 al Palalottomatica di Roma "per un'altra politica economica, per la crescita e il lavoro e contro una manovra ingiusta e sbagliata, per dare voce a tutti i protagonisti sociali colpiti dalle scelte del governo".

08 giugno 2010

 

 

 

 

Pomigliano d'Arco, accordo separato Fiat spacca il sindacato La Fiom non firma

Confermata la spaccatura sindacale su Pomigliano. Il nuovo accordo sullo stabilimento campano della Fiat non è stato infatti siglato dalla Fiom che ha ribadito la sua contrarietà all'intesa, già siglata dalle altre organizzazioni lo scorso venerdì. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento integrato, presentato dal Lingotto. Più voci e commenti nel Pd. Finché Bersani stabilisce la linea: bisognava raggiungere un accordo, ma ci sono molti problemi aperti.

La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto un 16/o punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdi' scorso avevano gia' dato un primo ok.

I sindacati dei metalmeccanici firmatari dell'accordo sullo stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco hanno promosso un referendum tra i lavoratori che si terra' il prossimo martedi' 22 giugno.

''La Fismic ha firmato l'accordo perche' e' giusto farlo e non perche' qualcuno ci ha mai ricattato'': lo ha detto Luigi Mercogliano, della segreteria regionale della Fismic, commentando la sigla all'intesa con la Fiat per l'investimento di 700 milioni di euro che portera' la Panda nello stabilimento di Pomigliano d'Arco (Napoli). Mercogliano, inoltre, ha annunciato che martedi' 22 giugno, ''la parola passera' liberamente ai lavoratori dello stabilimento con un referendum indetto al Giambattista Vico''. ''La Fiat ha inserito nel documento la commissione di prevenzione - ha concluso Mercogliano - e l'accordo salva lo stabilimento e l'occupazione di oltre 5 mila addetti della fabbrica, piu' tutti i lavoratori dell'indotto''.

Poi arrivano i commenti delle forze politiche. E il dibattito nel Pd.

Bersani: sì all’accordo ma è deluso. Alla fine, usando un gergo calcisitico, prevale la necessità di "portare a casa il risultato", ovvero salvaguardare lo stabilimento di Pomigliano. Pier Luigi Bersani attende tutto il pomeriggio prima di parlare dell'intesa tra Fiat e sindacati, bocciata dalla Fiom. Alla fine non nasconde la delusione per un accordo chiuso secondo lui in malo modo, puntando ancora una volta sulla divisione dei sindacati e, per di più, senza risolvere "elementi di problematicità" a suo giudizio evidenti nell'intesa raggiunta. E il segretario non ha apprezzato nemmeno le voci del Pd divise tra il partito pro-Cisl e l'ala più sensibile alle ragioni della Cgil. E a chi gliene chiede conto risponde: "questa è la voce del Pd". Cioé la posizione del segretario è quella ufficiale.

Bersani però aggiunge: "Tutti abbiamo detto che l'obiettivo è la salvaguardia dell'investimento...". Avrebbe evitato anche il senso politico che il Governo ha voluto dare all'operazione, cioé l'isolamento della Fiom oltre che l'effetto do "precedente" che già il ministro Maurizio Sacconi ha voluto sottolineare ("Un accordo che farà scuola"). Per il Pd la mancata intesa sarebbe stata un male maggiore, ma Bersani non si schiera con chi sembra isolare la Cgil. "Io ripeto che si potevano dare risposte sia sul fronte della flessibilità che su quello dell'assenteismo, senza sfiorare delicate questioni giuridiche. E se si legge attentamente l'accordo è evidente che ci sono punti problematici. Per questo dico che il governo non deve trasformare una vicenda eccezionale in un esempio. Detto questo ora dobbiamo sorvegliare che gli investimenti avvengano".

D’altronde alle prese di posizione filo-Cisl di Letta espresse sul Corriere della Sera hanno fatto seguito quelle di Giuseppe Fioroni ("Bisogna evitare che si continui a promettere 'il sol dell'avvenire" e nel frattempo si lascia la gente al buio e al freddo") e di Sergio D'Antoni ("Non cadere in facili estremismi"); sull'altro fronte si è schierato nettamente Sergio Cofferati: "Si ledono i diritti della Costituzione e della Carta Ue". E anche Rosy Bindi: "Serve supplemento di responsabilità da parte di tutti".

Anche Cesare Damiano, ex Cgil ed ex ministro del Lavoro, spiega che per lui l'accordo andava firmato, ma trovando "lo spazio per approfondire alcuni aspetti", perché "personalmente sono perplesso sul fatto che si possa mettere in discussione un diritto costituzionalmente garantito come il diritto allo sciopero". E aggiunge: "capisco che questo accordo può fare "scuola", mi rendo conto che la risposta non è quella di Sacconi, che è ossessionato dalle deroghe e eccitato dagli accordi separati...".

 

Fausto Racidi dei Giovani Democratici. "La Fiat e il Ministro Maurizio Sacconi sulla vicenda dello stabilimento di Pomigliano d'Arco stanno dando un pessimo esempio di cosa sia il fare impresa in Italia". Lo dice in una nota il segretario nazionale dei Giovani democratici Fausto Raciti.

Fassina e Amendola (Pd): Stefano Fassina, responsabile Lavoro della segreteria del Pd, ed Enzo Amendola, segretario regionale Pd Campania, esprimono rammarico per il mancato raggiungimento di un accordo pienamente condiviso da tutte le sigle sindacali e confidano che ora prevalga il sì come esito del referendum tra i lavoratori annunciato per il 22 giugno. "Con maggior senso di responsabilità da parte di tutti si sarebbe potuta aggiungere una piena condivisione delle condizioni per realizzare il piano Fiat a Pomigliano. Si sarebbero potuti cogliere gli obiettivi condivisibili di riduzione dell`assenteismo e di garanzia degli impegni sottoscritti, senza rischiare sconfinamenti sul terreno dei diritti costituzionali", commentano Fassina e Amendola in una nota.

 

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. "Nello stabilimento Fiat di Pomigliano c'è un sindacato che coraggiosamente si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida competitiva e un sindacato che invece è paralizzato da un blocco ideologico. La Fiom non è più quella di una volta una volta era un'aristocrazia operaia e una vera aristocrazia operaia non avrebbe mai commesso l'errore di allontanarsi dalla sua base".

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti è secco e duro: "Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri".

15 giugno 2010

 

 

 

 

I punti discussi dell'accordo

1. Sciopero

Sanzioni disciplinari fino al licenziamento per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l’accordo con l’azienda.

2. Iniziativa sindacale

Sanzioni per sindacati e Rsu che proclamano iniziative di lotta contro l’accordo: sospensione dei contributi e dei permessi sindacali.

3. Malattia

In caso di picchi di assenteismo, l’azienda comunque non verserà i contributi per malattia, a prescindere dai controlli.

4. Permessi elettorali

Durante le elezioni, l’azienda non permetterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista.

5. Pausa mensa

Per l’azienda si può lavorare anche otto ore di fila senza la mezz’ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.

14 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-10

Autonomie, mini-province. Ora non ci sarà nessun taglio

Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

10 giugno 2010

 

 

 

 

Sanità, governo battuto due volte alla Camera

Governo battuto, per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della governance della sanità. L'assemblea di Montecitorio ha, infatti, approvato due emendamenti di cui è prima firmataria Livia Turco. E dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi.

Gli emendamenti sono riferiti al primo articolo del testo, e sono l'1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e l' 1.34 (251 sì e 245 no). In base a questi testi i comuni saranno coinvolti, nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie. Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. La seduta è ora sospesa per mezz'ora.

10 giugno 2010

 

 

Rai, saranno resi pubblici i compensi dei conduttori

Via libera all'unanimità in commissione di Vigilanza Rai alla norma che prevede la pubblicazione dei compensi di conduttori, ospiti e opinionisti che lavorano nel servizio pubblico radiotelevisivo. Per Giorgio Merlo (Pd), vicepresidente della commissione, si tratta di "un atto di grande trasparenza e di coerenza nei confronti dei cittadini che pagano regolarmente il canone. Il voto unanime della commissione di Vigilanza su questo punto è la conferma che, senza alcun spirito moralistico e men che meno pruriginoso, è venuto il momento che i cittadini conoscano e giudichino i vari stipendi e compensi nella Rai. Capisco l'irritazione, forse, di qualche star nel vedersi pubblicizzare i compensi milionari, ma la stagione delle prediche dal piccolo schermo accompagnate dal silenzio sui compensi è definitivamente chiusa. Ora si apre la stagione della trasparenza".

L'emendamento al Contratto di servizio, presentato dal capogruppo del Pdl, Alessio Butti, è stato approvato all'unanimità dopo una lunga discussione in Commissione di Vigilanza. L'opposizione ha chiesto che la trasparenza dei compensi venisse estesa anche agli altri programmi, tra cui i telegiornali. In particolare ha chiesto che fossero resi noti i compensi di tutti conduttori e i costi dei format di servizio pubblico. Il presidente, Sergio Zavoli, ha proposto che sul sito Rai venissero pubblicati tutti i compensi, ritenendo la misura "piu equa e meno demagogica". Zavoli ha anche sottolineato la difficoltà di definire i programmi di servizio pubblico, definendo "indecenti" e non rientranti in questa categoria alcuni programmi del pomeriggio della Rai. "I programmi si servizio pubblico sono definiti dalla contabilità separata - ha spiegato Butti - Spetterà poi alla Rai, anche nell'ambito delle regole di mercato, come comportarsi in merito alla trasparenza".

09 giugno 2010

 

 

 

 

Manovra, il Pd in piazza il 19: "Per un'altra politica economica"

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha annunciato su Internet la manifestazione nazionale del Pd per sabato 19 al Palalottomatica di Roma "per un'altra politica economica, per la crescita e il lavoro e contro una manovra ingiusta e sbagliata, per dare voce a tutti i protagonisti sociali colpiti dalle scelte del governo".

08 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-06

Manovra di guerra Tagli agli stipendi e comprano armi

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

Fuori dai ministeri, tra gli statali che da qui ai prossimi tre anni dovranno sacrificare i loro stipendi per versare allo Stato 5 miliardi di euro contro la crisi, il grido pacifista si è già fatto largo: "Vendessero i cacciabombardieri di La Russa". In realtà più che di vendere si tratterebbe di non acquistarne di nuovi. Idea tutt’altro che peregrina. È quello che sta decidendo di fare la Germania in queste ore, per dire. Il Pd stima che si potrebbero risparmiare almeno 2 miliardi l’anno. Ovvero sei miliardi nei tre anni su cui opera la manovra. Una stima prudenziale, visto che la spesa in armamenti si aggira intorno ai 3,5 miliardi l’anno.

Nella manovra finanziaria di Tremonti, però, di tagli agli armamenti non ne troverete traccia. E sì che in programma il governo italiano non ha solo l’acquisto di nuovi cacciabombardieri. Sul bilancio dello stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d’arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026. Tutti passati inosservati sotto lo sguardo vigile del ministro dell’Economia.

Cifre astronomiche

Eppure parliamo di cifre astronomiche, che il governo si è impegnato a versare all’industria bellica per acquistare una varietà incredibile di nuove armi. La lista è lunga. Prendiamo solo qualche esempio. Partiamo proprio dai cacciabombardieri. Programma di ammodernamento numero 65. Un piano faraonico, che impegna l’Italia a comprare dagli Usa 131 cacciabombardieri F-35. Aerei progettati per essere invisibili ai radar (solo che nel frattempo i radar si sono evoluti). Roba da guerra fredda. Solo nel triennio interessato dalla manovra appena varata l’acquisto programmato sulle casse dello stato per circa 2,5 miliardi di euro. Totale della spesa prevista da qui al 2026: 15 miliardi. Che si sovrappone per altro alla spesa per l’acquisto, già programmato, di 121 Eurofighter (80 sono stati già comprati e c’è ancora un’ultima tranche). Ma andiamo oltre. Al programma numero 67, per esempio. Si chiama "Forza Nec": serve a dotare le forze armate di terra e da sbarco di un sistema assai sofisticato di digitalizzazione. Roba da Vietnam, ovvero da conflitti ad alta intensità - la guerra in Iraq era considerata a media intensità. Per ora siamo alla fase di progettazione, che da sola costa circa 650 milioni di euro. L’esborso finale, non ancora formalizzato, si aggirerà intorno agli 11-12 miliardi. Ma andiamo oltre. Passiamo ai sommergibili. Difficile prevedere una battaglia navale nel Mediterraneo che li richieda, eppure nella lista dei futuri armamenti non mancano due sommergibili di nuova generazione. Costo stimato: circa 915 milioni. Più della metà da versare già nei tre anni della manovra. Una cifra minore ma non per questo più sensata sarà spesa invece per comprare nuovi sistemi di contracarro di terza generazione: 120 milioni di euro.

Cifre da capogiro. Tanto che lo stato italiano fa fatica a stare dietro agli impegni presi. E l’industria bellica è costretta a ricorrere alle banche. Con il risultato che l’indebitamento fa lievitare ulteriormente i costi. Negli ultimi tre anni, l’Italia ha speso in armamenti circa 3,5 miliardi di euro l’anno. Una cifra destinata a lievitare, tanto più che nemmeno la manovra prova a scalfirla.

Una cifra molto opaca, secondo il Pd, che domani in Commissione difesa del senato presenterà una risoluzione per chiedere che il governo inizi a fare i conti con le armi e con i miliardi che i 71 fatidici programmi continuano a sottrarre al bilancio dello Stato. Sono tutti così indispensabili? Il Pd chiede di verificarne utilità, tempi d’attuazione e costi. E di adottare quella che definisce una "moratoria ragionata". Obiettivo: ottenere risparmi consistenti. E costringere il governo ad adeguare la spesa ai costi della crisi. E al modello di difesa adottato alla luce della Costituzione.

L’Italia ripudia la guerra, appunto. E però continua a buttare miliardi in armi, oltretutto (per fortuna) inutili. Negli ultimi 15 anni infatti le forze armate italiane sono state impegnate in 35 missioni di peacekeeping. "Ma se dobbiamo portare la pace, che ce ne facciamo dei bombardieri F-35?", osserva il capogruppo del Pd in Commissione Difesa, Gian Piero Scanu, primo firmatario della risoluzione, che illustrerà domani al senato: "Semmai - aggiunge - abbiamo bisogno di addestrare i militari, di provvedere alla manutenzione dei mezzi di trasporto che utilizzano".

Ecco appunto, di quelli invece la manovra si occupa: un taglio di quasi un miliardo in tre anni, che si aggiunge agli 1,5 miliardi di risparmi sul bilancio di esercizio già programmati dalla prima finanziaria del governo Berlusconi. Forse anche per questo quel grido d’allarme lanciato dal dipendente statale pacifista ormai comincia a diffondersi anche tra le forze armate. "Il rapporto difesa-industria va cambiato, ci sono costi e appetiti che lo rendono non ottimale, l’industria non può imporre ciò che vuole", ha denunciato pubblicamente lo stesso sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica, Maurizio Ludovisi.

"Fin qui il governo non ha ancora risposto: quale è il modello di difesa a cui finalizza la spesa?", osserva Roberta Pinotti, appoggiando l’iniziativa del capogruppo. "Non è che da domani debbano rientrare gli uomini in missione - spiega Achille Serra, vicepresidente della Commessioni -, ma spendiamo soldi per armi inutili ed è doveroso tagliare davanti alla crisi è doveroso".

06 giugno 2010

 

 

 

Un condono per mini abusi

Spunta un altro condono, questa volta sugli abusi "mini", quelli piccoli, "fatti per necessità". Qualche senatore del Pdl lo sta infilando in un emendamento pronto a piazzarlo non appena il decreto con la manovra economica arriverà alle Camere. "Iniziative di singoli con condivise dal partito", si affrettano a dire tra le fila dalla maggioranza. Ma tant’è. Per tentare di recuperare consensi di una parte del paese (è noto l’attaccamento italico alle proprie case)e far digerire una macelleria sociale da 24 miliardi, ecco il mini condono per abusi commessi "in stato di necessità".

Il terzo in 16 anni

L’ipotesi non piace a Maurizio Saia, finiano, relatore al Senato per la Finanziaria 2009: "Sono contrario perché convinto che è sì giusto e vero rispondere alla necessità di fare cassa per liquidità, ma bisogna ristabilire il giusto grado di legalità e certezza diritto. È folle comunque il ragionamento - continua - perché nel momento in cui chiediamo agli italiani sacrifici dobbiamo anche garantire certezze". Si dovrebbe.

Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, era stato perentorio, giorni fa: "Non ci sarà nessun condono". Ma la norma è allo studio e sarebbe anche molto vicina al Piano Casa voluto dal premier e realizzato solo in parte per l'opposizione di molte Regioni. Lo stesso premier, Silvio Berlusconi, ha aperto ad eventuali modifiche richieste "senza cambiare i saldi", ha detto. Ma "ritocchi" sono possibili.

E se la misura promette di aumentare il mal di pancia nella maggioranza, figuriamoci che cosa può pensarne l'opposizione. Le indiscrezioni sono state accolte da un fuoco di fila. Sarebbe la terza sanatoria varata da un governo Berlusconi in 16 anni. "Tremonti viene smentito dopo solo due giorni da senatori del suo stesso gruppo che parlano di mini condono per mini abusi un gioco di parole che nasconde chissà cosa", afferma Davide Zoggia, della segreteria del Pd. E ricorda che la misura che il ministro si ostina a definire un non-condono, sui palazzi cosiddetti non-accatastati, "in realtà nascondeva l’ennesimo regalo a chi non rispetta le regole". "Il condono è la macelleria legale di Berlusconi. Il lupo perde il pelo ma non il vizio", aggiunge il portavoce nazionale dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. "È un atto criminale contro l’ambiente e i cittadini che rispettano le regole", dice Angelo Bonelli per i Verdi.

Luigi Grillo, Pdl, presidente della Commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama conferma che se ne discuterà : "Sì, se ne discute in Parlamento. È un tema molto delicato e se c'è consenso si può fare, oppure partono polemiche infinite".

</CS><CS9.8>L’esame della manovra in commissione Bilancio del Senato inizierà martedì con la nomina del relatore, che dovrebbe essere Massimo Garavaglia (Lega Nord). Il giorno dopo inizieranno le audizioni di parti sociali e soggetti istituzionali.

06 giugno 2010

 

 

 

 

Il premier: l'opposizione ci insulta

"Sono convinto che gran parte dei cittadini capiranno l'importanza e il significato di questa svolta, che non produrrà un aumento delle tasse ma favorirà la ripresa con alcune misure come la fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno, l'azzeramento della burocrazia in alcune aree, vantaggi fiscali e finanziari per alcune reti di imprese riconosciute". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in un messaggio video ai Promotori della Libertà.

Il Governo è pronto al dialogo ma il premier è scettico sull'attegggiamento delle opposizioni. "Per rinvigorire lo sviluppo - afferma il presidente del Consiglio - siamo pronti al confronto con l`opposizione. E se da essa verranno alla manovra proposte migliorative non esiteremo a tenerne conto". "Fino ad ora però - aggiunge - devo dire che dall`opposizione sono venute solo critiche, accuse e insulti. Difficile pensare al dialogo a questa stregua". "Peccato - dice ancora il premier - perché le sinistre socialdemocratiche in Europa, hanno comportamenti del tutto diversi dalla nostra opposizione e sono orientate, per quanto riguarda le misure necessarie per fronteggiare questa crisi, alla solidarietà e alla condivisione".

05 giugno 2010

 

 

 

Manovra, si fermano le toghe. Alfano: "Sciopero politico". Oncologi contro la manovra

I magistrati hanno deciso la data dello sciopero contro la manovra. Le toghe si fermeranno il 1° luglio. "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico" ma "mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati" perché "si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il paese", ha ribadito il ministro della Giustizia Angelino Alfano.

Contro le misure del governo, alzano la voce anche gli oncologi italiani. "La manovra finanziaria abbasserà la qualità di cura per i malati oncologici italiani", è l'allarme lanciato dall'Aiom, l`Associazione italiana di oncologia medica, che inoltre sottolinea: "Le strutture già pesantemente in sofferenza, soprattutto al Sud, correranno il rischio di chiudere e cresceranno i viaggi della speranza, mentre abolirli, comporterebbe un risparmio del 10% sulla spesa". L'Aiom lancia l'allarme dal Congresso Asco, il più importante congresso mondiale di oncologia, in corso a Chicago fino all`8 giugno.

"Il nostro ruolo è offrire soluzioni - sottolinea il professor Carmelo Iacono, presidente Aiom - e la risposta è creare un sistema di rete, in modo che un centro possa supplire alle eventuali carenze dell`altro". "Il vero risparmio in oncologia - sottolinea Iacono - si ottiene lavorando sull`organizzazione: riducendo la sola migrazione sanitaria, otterremo un risparmio minimo del 10%. Una quota che potrebbe essere reinvestita sul territorio". Gli oncologi individuano alcune grandi criticità nella manovra. La prima è il taglio trasversale del personale. "Dai dati del nostro 'libro bianco' sappiamo che oggi la media dei reparti è di circa 6 medici oncologi strutturati e 13 infermieri professionali", spiega il presidente Aiom, aggiungendo: "Ma esistono situazioni ben peggiori, dove un'ulteriore riduzione si tradurrebbe inevitabilmente in un blocco delle attività". E questo - avverte l'Aiom - mette a rischio anche l`importante investimento compiuto negli anni scorsi nel parco tecnologico nazionale: risonanza magnetica (RM), tomografia (Pet) e scintigrafia sono rispettivamente presenti nel 90%, 32% e 61% delle strutture di oncologia medica italiane, perché "è illogico acquisire ulteriori nuovi macchinari in carenza di organici ma serve, quanto meno, far funzionare al massimo quelli che già abbiamo".

ALFANO AI MAGISTRATI

"Il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del paese", ha sottolineato il Guardasigilli, aggiungendo però che "su questo aspetto ce n'è uno su cui mi batterò, mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati". Secondo Alfano, infatti, le misure contenute nella manvora che riguardano i giovani magistrati e l'avanzamento delle carriere sono "un ambito di un problema di più ampio". "Si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il paese", ha sottolineato il Guardasigilli, quindi "mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema".

"Noi abbiamo individuato un punto di equilibrio - ha cercato di spiegare il ministro della giustizia - tra le esigenze delle indagini, l'esigenza della riservatezza a cui si abbina l'esigenza di non abusare dello strumento delle interecettazioni" su cui è auspicabile e possibile una condivisione "con chi ha cuore la riservatezza dei cittadini".

04 giugno 2010

 

2010-06-04

Manovra, si fermano le toghe. Alfano: "Sciopero politico"

"Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico" ma "mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati" perché "si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il paese". È quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia Angelino Alfano a proposito dello sciopero indetto dalla magistratura per protestare contro i tagli della manovra a stipendi e giustizia.

"Il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del paese", ha sottolineato il Guardasigilli, aggiungendo però che "su questo aspetto ce n'è uno su cui mi batterò, mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati". Secondo Alfano, infatti, le misure contenute nella manvora che riguardano i giovani magistrati e l'avanzamento delle carriere sono "un ambito di un problema di più ampio". "Si chiede un costo individuale troppo alto a fronte di un gettito complessivo abbastanza basso per il paese", ha sottolineato il Guardasigilli, quindi "mi impegnerò per risolvere nel percorso di conversione questo aspetto del problema".

"Noi abbiamo individuato un punto di equilibrio - ha cercato di spiegare il ministro della giustizia - tra le esigenze delle indagini, l'esigenza della riservatezza a cui si abbina l'esigenza di non abusare dello strumento delle interecettazioni" su cui è auspicabile e possibile una condivisione "con chi ha cuore la riservatezza dei cittadini".

04 giugno 2010

 

 

 

Pensioni: Marcegaglia, bene l'innalzamento età per donne nel pubblico

Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia saluta con favore l'innalzamento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego, sollecitato ieri dalla commissione Ue al Governo italiano, al quale è stato chiesto di anticiparlo al 2012.

"Il tema dell'innalzamento dell'età pensionabile per le donne, là dove ci sono ancora dei gap - ha detto la Marcegaglia conversando con i giornalisti nel corso della Missione di sistema in Cina - è un tema vero e va affrontato in un Paese come il nostro, dove l'età media è fortunatamente molto alta specialmente per le donne. Perciò, non sono affatto spaventata che le donne possano andare in pensione un pò più in là nel tempo. Poi vedremo con quale gradualità va affrontato il discorso".

04 giugno 2010

 

 

 

2010-06-03

Battibecco Bersani-Tremonti ad Annozero. Sciopero dei magistrati contro la manovra

I conti pubblici del 2010 tengono: sono in linea con le previsioni. Lo dice il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, spiegando che l'impegno con Bruxelles è quello di correggere i conti sul 2011 e sul 2012. Intervenendo alla trasmissione tv Annozero, il ministro spiega che il fatto di aver negato la necessità di una correzione per quest'anno nel corso di una passata puntata di Annozero era "una risposta a una polemica tipica della vecchia politica italiana per dire che i conti del 2010 non tengono. Invece, i conti sul 2010 tengono - sottolinea - e sono in linea con le previsioni". "Quello che conta per noi è l'Ecofin, l'Eurogruppo e l'Europa, naturalmente - dice Tremonti - anche Annozero è importante".

Il governo ammetta i propri errori nelle politiche economiche e di finanza pubblica, faccia "un'operazione di verita", altrimenti il Pd "non si mette nemmeno a discutere", gli replica duramente il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Altrettanto secca la risposta del ministro dell'Economia: "se si fa propaganda così non andiamo da nessuna parte".

Il battibecco è proseguito vivacemente su una questione che di giorno in giorno si fa più scottante. Nel pomeriggio, intanto, era arrivata anche la protesta dei magistrati: "la Giunta esecutiva centrale dell'Anm proclama, unitamente alle altre magistrature, lo sciopero contro gli effetti della manovra economica varata dal Governo e delibera l'organizzazione di giornate di mobilitazione e di protesta con sospensione delle attività di supplenza, con le modalità e i tempi che verranno proposti al Comitato direttivo centrale di sabato 5 giugno". Così in una nota della stessa Associazione Nazionale Magistrati.

"I magistrati - si legge nel comunicato - sono consapevoli della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma devono denunciare che le misure approvate dal Governo sono ingiustamente punitive nei loro confronti e di tutto il settore pubblico. È inaccettabile essere considerati non una risorsa, ma un costo o addirittura uno spreco per la giustizia. Questa manovra incide unicamente sul pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali (già beneficiati da numerosi condoni), i patrimoni illeciti, le grandi rendite e le ricchezze del settore privato; paralizza l'intero sistema giudiziario e scredita e mortifica il personale amministrativo; svilisce la dignità della funzione giudiziaria e mina l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; incide in misura rilevante sulle retribuzioni dei magistrati nella prima fase della carriera, soprattutto dei più giovani che subiscono una riduzione di stipendio fino al 30 per cento. Questo significherà allontanare i giovani dalla magistratura; colpisce in maniera iniqua, indiscriminata e casuale. Ad esempio, un pubblico dipendente (magistrato o altro funzionario) con uno stipendio lordo di 150.000 euro subirà un taglio di stipendio di 3.000 euro lordi l'anno (cioè il 2% dello stipendio), mentre un magistrato di prima nomina con uno stipendio lordo di circa 40.000 euro subirà tagli complessivi per circa 10.000 euro lordi l'anno (circa il 25% dello stipendio).

L'Anm chiede al Governo interventi strutturali che consentirebbero di ridurre le spese nel settore giustizia e di recuperare risorse per lo Stato, secondo le proposte più volte avanzate dalla magistratura associata: la soppressione dei piccoli Tribunali, delle sezioni distaccate di Tribunale e della metà degli Uffici del Giudice di pace; misure che consentirebbero di risparmiare, a regime, decine di milioni di euro; il recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia, circa 1 miliardo di euro l'anno; la sospensione dei processi con imputati irreperibili (che costano decine di milioni di euro solo per il pagamento delle spese di patrocinio).

I magistrati intendono denunciare all'opinione pubblica e al Paese le gravi disfunzioni del sistema giudiziario, rappresentando le attività di supplenza di cui si fanno carico quotidianamente nell'interesse dei cittadini". Contro la manovra anche "il Comitato Intermagistrature delibera una comune iniziativa di astensione dal lavoro di tutte le magistrature contro gli effetti della manovra economica varata dal Governo. Lo sciopero - si legge nella nota - sarà effettuato secondo le modalità e i tempi previsti dai rispettivi codici di autoregolamentazione, ma con il costante coordinamento tra le diverse associazioni. Il Comitato ribadisce l'assoluta contrarietà alle misure eccessivamente penalizzanti per i magistrati contenute nel decreto legge che, invece, non incide su alcuna delle fonti di spreco delle risorse del settore più volte segnalate. Partecipare consapevolmente allo sforzo di risanamento richiesto al Paese non significa accettare tagli iniqui alle retribuzioni e un'ulteriore destrutturazione del servizio giustizia".

03 giugno 2010

 

 

 

2010-06-02

Le vergogne della manovra La Casta si salva, gli invalidi no

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

La stangata sui deboli è servita. La manovra targata Tremonti - arrivata ieri in Senato - salva gran parte di ministri e sottosegretari, ma chiede sacrifici pesanti a migliaia di pensionati, invalidi e lavoratori pubblici, insegnanti inclusi. Altro che lotta alla casta: qui i potenti se la ridono mentre tutti gli altri fanno sacrifici. L’articolo 5 prevede la riduzione dei compensi degli organi costituzionali, di governo e degli apparati politici. Si dispone il taglio del 10% dei trattamenti economici dei "ministri e sottosegretari non parlamentari", Il risultato è che soltanto due degli attuali 22 ministri in carica si vedranno ridurre gli emolumenti: Ferruccio Fazio e Giancarlo Galan. Per gli altri, nulla.

Si attenderà che il Parlamento decida? Visti gli appelli piovuti per i sacrifici, ci si sarebbe aspettato che avessero già deciso. In ogni caso, con il governo Prodi si deliberò il taglio del 20% su tutti i ministri, e fu fatto. Parlamentari e non. Stessa cosa per i sottosegretari: pagano in 7 su una trentina di nomi. In tutto il governo verserà alle casse pubbliche 72mila euro, su una manovra complessiva di 24,9 miliardi. Si salvano Silvio Berlusconi, l’uomo più ricco d’Italia, e Giulio Tremonti, brillante fiscalista prima di dedicarsi alla guerra santa contro i mercatisti. Ma pagano da subito e con un contributo di 460 milioni nel triennio gli invalidi veri: quelli con una percentuale tra il 70 e l’85% che finora erano assistiti. Già da oggi le domande dovranno tener conto dei nuovi criteri. Per chi si avvia alla pensione (circa 140mila persone l’anno) è un vero inferno. I lavoratori dipendenti che raggiungeranno i requisiti dal primo gennaio 2011 dovranno aspettare un anno, gli autonomi un anno e mezzo (chi raggiunge i requisiti nel 2010 resta con le vecchie regole). Di fatto è uno scalino (si alza l’età pensionabile) inserito per legge, senza confronto sindacale. Per le donne del pubblico impiego si traduce in uno "scalone": passeranno da 60 anni a 62 e nel 2018 si ritroveranno a quota 66 anni. Le vecchie finestre si applicano ai lavoratori in mobilità, ma solo nei limiti di 10mila. Gli altri rischiano di restare senza alcun paracadute a fine mobilità: senza nulla per un anno. Se a queste disposizioni si aggiunge il decreto dell’altroieri sull’adeguamento delle pensioni alla speranza di vita, che allunga l’età pensionabile di altri tre mesi, ecco che alla fine il ritiro dal lavoro è proiettato all’infinito.

La maschera del premier

Ieri sera Berlusconi è entrato irruentemente nella trasmissione "Ballarò" per replicare a Massimo Giannini di "Repubblica" che loaveva accusato di non far nulla per l’evasione fiscale "Il mio gradimento è al 62% e quello del governo è vicino al 50%. Tanto vi dovevo perché non è accettabile sentire in una Tv di Stato certe menzogne. Non c'è mai stato da parte mia il sostegno all'evasione fiscale -ha scandito il premier - Sono menzogne assolute e con questa manovra si fanno passi avanti nella lotta all'evasione"". Subito dopo il premier ha riattaccato 'ripreso’ dal conduttore della trasmissione, Giovanni Floris, che ha stigmatizzato il fatto che "ciò che veramente è inaccettabile in una televisione di Stato è che si inizi un dialogo ma poi si insulti e si butti giù il telefono prima che arrivi la risposta". Sarà. Per il pubblico impiego arriva una gelata polare: tutto fermo dall’anno prossimo. Niente aumenti, niente rinnovi contrattuali. La scuola paga un prezzo salatissimo, con tagli agli stipendi e congelamento del numero degli insegnanti. "Tutto scuola" rivela che il comparto contribuirà con una riduzione dell’11% degli insegnanti, contro il 5% chiesto ai dirigenti. "La quota aggiuntiva di stipendio che un insegnante avrebbe guadagnato nel 2011 prima di questa manovra e che ora viene bloccata - spiega la rivista - sarebbe stata in media di 3 mila euro annui, su una retribuzione media annua di 24mila euro". Dopo la Cgil che manifesta il 12 giugno, anche Cisl, Uil e Snals annunciano una manifestazione per la scuola il 15 giugno. Ma ieri sono scesi sul piede di guerra anche i magistrati della Corte dei Conti. "La manovra - spiega il presidente dell'Anm dei giudici della Corte dei Conti, Angelo Buscema - è innanzitutto iniqua e inoltre lede l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, che viene trattata come un costo e non come una risorsa". La data sarà stabilità giovedì, assieme alle altre magistrature.

02 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-01

Manovra, si salva solo la casta Taglio al salario dei prof dell'11%

Sacrifici per tutti, ma non per la "casta". La manovra di risparmio varata dal governo imporrà una stretta maggiore sui salari a categorie come quella dei dipendenti pubblici, mentre, in proporzione, i manager del settore e i sottosegretari di Stato, che hanno stipendi ben più lauti, subiranno decurtazioni minori. È quanto rileva una indagine condotta dal mensile di settore Tuttoscuola, che ha analizzato che in percentuale i docenti avranno una riduzione, rispetto al salario che gli sarebbe spettato nel 2001, dell'11%, con punte del 15% a seconda degli anni di carriera. I sottosegretari si fermano invece al 6%, i dirigenti ministeriali al 2,5%, i capi dipartimento al 5,6%. La quota aggiuntiva di stipendio che un insegnante avrebbe guadagnato nel 2011 prima di questa manovra, spiega Tttoscuola, sarebbe stata in media di 3 mila euro annui.

Considerato che la retribuzione media attuale è di 24 mila euro all'anno e che con il previsto aumento di 3 mila euro avrebbe raggiunto, nel 2011, i 27 mila euro, il taglio è pari all'11%. Invece poichè il taglio del 10% degli stipendi dei manager pubblici riguarda non l'intero emolumento, ma soltanto una quota di stipendio al di sopra di un certo importo (150 mila euro), tra i 90 e i 150 mila il taglio sarà solo del 5%, mentre per la quota di stipendio fino a 90 mila euro non ci sarà alcun taglio. Nel frattempo, segnala la rivista, al ministero dell'Istruzione si prepara una fuga di direttori generali sia a livello centrale che nelle sedi locali. Il motivo? Economico. Oltre alla consistente riduzione di stipendio per un valore annuo che può arrivare anche a superare i 10 mila euro, vi sarebbe un effetto diretto sull'indennità di buonuscita (che si calcola proprio sull'ultimo stipendio). Questa ulteriore perdita, stimabile in 15-20 mila euro e accompagnata da una rateizzazione triennale poco favorevole, starebbe destando preoccupazione, tanto che potrebbe indurre, appunto, anche quotati dirigenti a lasciare.

01 giugno 2010

 

 

 

 

 

Crisi, Napolitano: servono sacrifici Appello all'unità della politica

"Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, sollecitando un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.

Solidarietà e unià, nella società e nella politica, per uscire dalla crisi. E' questo l'appello "alla responsabilità" lanciato da Napolitano. "Un augurio affettuoso a quanti vivono e operano nel nostro paese per la festa che celebriamo insieme: festa dell'Italia che si unì e si fece Stato 150 anni orsono, festa della Repubblica che il popolo scelse liberamente il 2 giugno 1946", ha detto, "in questo momento, sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro". "Parlo dei problemi del lavoro e della vita quotidiana, dell'economia e della giustizia sociale", ha aggiunto il Capo dello Stato.

"Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud. Si deve, guardando ai giovani, promuovere una migliore educazione e formazione, fare avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevare la produttività del nostro sistema economico: solo così si potrà creare nuova e buona occupazione". "Il confronto tra le opposte parti politiche deve concorrere al raggiungimento di questi risultati, e non produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sè stesso", ha affermato il Capo dello Stato. "Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito - nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società - tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere". Quindi "Ci accomuni un forte senso delle responsabilità cui fare fronte perchè l'Italia consolidi la sua unità, si rinnovi, divenga più moderna e più giusta e si dimostri capace di dare il suo contributo alla causa della pace e della giustizia nel mondo."

01 giugno 2010

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2010-05-31

Manovra, Napolitano chiede chiarimenti Scontro su tagli alla cultura Bondi: mi hanno esautorato

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha firmato il decreto legge contenente la manovra economica. Le misure previste entreranno in vigore appena il testo sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Sarebbe stata stralciata la lista dei 232 enti, fondazioni e istituti culturali da tagliare. Nel provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per il settore affidata però alla valutazione del Ministro dei Beni culturali. Intanto il presidente dell'Anm, Luca Palamara, ha annunciato che i magistrati sono "pronti allo sciopero", dopo la conferma dei tagli inseriti nella manovra.

Il presidente Napolitano aveva avanzato e rimesso alla valutazione del governo che ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale e economica una serie di osservazioni su delimitati aspetti di sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento. Secondo indiscrezioni, chiedevano proprio precisazioni sui tagli alla ricerca e cultura.

Fortemente contrario il giudizio dell'opposizione. La manovra economica del governo è "il frutto amaro di due anni di politica economica sbagliata". Pierluigi Bersani boccia senza appello le misure decise dall'esecutivo: "Se Bondi non ha visto un

dispositivo lungo tre pagine che distrugge metà delle istituzioni e delle fondazioni della cultura italiana, si può sapere che cosa ha approvato il Consiglio dei Ministri?Se l'approvazione è avvenuta 'salvo intese' Bondi si è dunque inteso con Tremonti? E se non è così, lo ripeto, che cosa ha mai approvato il Consiglio dei Ministri? Siamo evidentemente fuori da ogni regola, oltre che da ogni logica. Con tutta evidenza abbiamo un governo nel marasma", dice il segretario del Pd Pier Luigi Bersani a proposito della manovra economica varata dal governo.

31 maggio 2010

 

 

 

Manovra, Draghi: "Non basta rigore conti, serve rilancio crescita"

"Nell'unione monetaria, stagnazione, disoccupazione e, alla lunga, tensioni nel bilancio pubblico sono l'inevitabile conseguenza della perdita di competitività. La correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita". Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, all'assemblea annuale, fa le sue considerazioni finali. "La sfida di oggi", dice il governatore è "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita" e "si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità; desiderio di sapere, solidarietà. consapevoli delle debolezze da superare, delle forze, ragguardevoli, che abbiamo, affrontiamola".

MANOVRA

Parlando della manovra, Draghi sostiene che "nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana". quindi è "necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi" soprattutto nei tagli alla spesa.

GIOVANI

I giovani sono i più colpiti dalla crisi e il futuro per loro è tutt'altro che roseo, rischiano retribuzioni "permanentemente più basse". "La crisi ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro. nella fascia di età tra 20 e 34 anni- spiega Draghi- la disoccupazione ha raggiunto il 13% nella media del 2009. la riduzione rispetto al 2008 della quota di occupazione fra i giovani è stata quasi sette volte quella osservata fra i più anziani". Da tempo, ricorda il governatore, "vanno ampliandosi in Italia le differenze di condizione lavorativa tra le nuove generazioni e quelle che le hanno precedute, a sfavore delle prime. I salari di ingresso in termini reali ristagnano da quindici anni". Secondo Draghi, "una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente. questa condizione, specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse". insomma, conclude il governatore, "la riforma del mercato del lavoro va completata, superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione".

PENSIONI

"Occorre prolungare la vita lavorativa, anche per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile", afferma il governatore. "Il processo di riforma del sistema pensionistico- aggiunge- potrà essere completato con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiore flessibilità nel pensionamento".

CORRUZIONE

In Italia esiste una corruzione diffusa nelle amministrazioni pubbliche che finisce per frenare lo sviluppo. "Relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche - dice Draghi - in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata, sono diffuse". Una situazione davvero allarmante, certificata dalle periodiche graduatorie internazionali che "collocano l'Italia in una posizione sempre più arretrata". Ma, al di là dell'aspetto legale, il numero uno di via Nazionale si sofferma sugli effetti che la corruzione ha in termini di minor crescita: "Studi empirici mostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico". E a farne le spese è soprattutto il Sud dove maggiore è la presenza della criminalità organizzata. "Stretta - sottolinea Draghi - è la connessione tra la densità della criminalità e il livello di sviluppo: nelle tre regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per cento di quello del Centro Nord". Il governatore riconosce, tuttavia, che "l'azione di prevenzione e contrasto al riciclaggio prosegue. L'Unità di informazione finanziaria e la Vigilanza hanno intensificato la cooperazione con l'Autorità giudiziaria e le forze dell'ordine, soprattutto nei casi in cui più forte è la connessione con indagini penali".

31 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-30

Manovra, malumori di Bondi e Calderoli Bersani: spettacolo indecente

La manovra approda al Quirinale dopo essere stata già firmata dal Presidente del Consiglio. Napolitano farà le opportune valutazioni prima di dare il via libera al documento che il governo auspica possa essere pubblicato in Gazzetta già lunedì prossimo. Il ministro Bondi contesta "i tagli indiscriminati alla cultura, specie se la lista degli istituti tagliati dal finanziamento pubblico contiene eccellenze italiane riconosciute nel mondo. Avrei preferito concordarli".

"Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma Italo Bocchino vicecapogruppo del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. "Da un lato - aggiunge - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl".

Anche la Lega mette alcuni paletti. La riforma del federalismo fiscale "può partire a giugno", come conferma il ministro Roberto Calderoli che si dice "sconvolto" rispetto a chi parla di federalismo a rischio con la manovra economica decisa dal governo. Ma riconosce che "l'intervento sulle regioni è stato pesante" e pensa che "qualcosa si possa migliorare". In un'intervista alla Repubblica, Calderoli difende l'equità della manovra che prevede "sacrifici per tutti": "Alla fine molti hanno capito quel che all'inizio non potevano capire. C'era il timore di un eccesso di terrorismo da parte di Tremonti, finalizzato a far passare la manovra". Quanto alle misure per i dipendenti statali Calderoli incalza: "Se adesso qualcuno si mette a scappare in pensione perchè ha paura che gli venga rateizzato il Tfr, dico che non è un servitore dello Stato: se ne vada pure". Il ministro propone poi "un discorso da fare anche sugli stipendi dei consiglieri regionali": se le Regioni decidono di pagare i consiglieri più dei parlamentari, "io sono per una soluzione 'spintaneà: gli tagliamo i trasferiemnti dallo Stato".

Fortemente contrario il giudizio dell'opposizione. La manovra economica del governo è "il frutto amaro di due anni di politica economica sbagliata". Pierluigi Bersani boccia senza appello le misure decise dall'esecutivo: "Questa manovra -afferma in un'intervista al Corriere della Sera - bombarda i redditi medi e bassi, ma non risolve il problema dei conti pubblici, per cui tra un anno, o anche meno, saremo da capo a dodici". Secondo il leader del Pd, se l'Italia non ha i conti a posto "è totale responsabilità del governo" che "ha raccontato un sacco di frottole": "Quello che hanno raccontato loro presentandoci questa manovra è un insulto alla verità". Secondo l'ex ministro il paese ha piuttosto bisogno della riforma del fisco, di liberalizzazioni, di riforme che incidano sulla pubblica amministrazione, "spostando il carico su rendite, ricchezze ed evasione e alleggerirlo su imprese, lavoro e famiglie".

"La verità - sostiene Bersani - è che questo governo non ha mai avuto una politica economica, ma solo una politica di bilancio che è cosa assai diversa. Anche un bambino è capace di fare i tagli lineari". I tagli alle regioni e agli enti locali si riveleranno "o una catastrofe o un'illusione. Vuol dire togliere soldi all'istruzione, alla formazione professionale, ai servizi sociali, alle piccole imprese e ai trasporti". Bersani giudica anche "una vergogna" e una cosa "fuori da ogni logica costituzionale" il fatto che nessuno ancora sappia bene che cosa è stato varato in Consiglio dei ministri. Il Pd - conclude Bersani - presenterà delle correzioni in Parlamento: quanto allo sciopero della Cgil il partito andrà alle sue manifestazioni, "quelle organizzate da altri, se hanno delle piattaforme coerenti con i nostri programmi, allora i dirigenti e i militanti del partito democratico saranno presenti".

30 maggio 2010

 

 

 

 

Manovra, premier bluff sul decreto Bersani: spettacolo indecente

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Ci ha provato in ogni modo il Cavaliere a non metterci la faccia sulla dolorosa manovra con cui bisognerebbe cercare di raggiungere l’obbiettivo di riportare il deficit sotto il 3 per cento entro il 2012. E questo è "necessario" come ha detto più volte il Capo dello Stato. Ci ha provato nel più ambiguo dei modi, riferendo il succedersi degli eventi illudendosi di allontanare l’amaro calice colmato dal ministro Tremonti, e cercando di condividere in qualche modo con il Quirinale la responsabilità dei tagli.

All’uscita da Palazzo Grazioli, di prima mattina, è andato in scena il tentativo di reinterpretare le regole costituzionali che prevedono la firma del Capo dello Stato come l’ultima. Per l’emanazione. E sotto un testo di decreto, i sui contenuti sono tutti responsabilità del governo. Al presidente della Repubblica spetta il compito di confermarne la necessità e l’urgenza e di evidenziare le norme palesemente incostituzionali anche se la costituzionalità delle leggi è materia della Consulta. Il decreto deve quindi deve essere corredato, innanzitutto, dalla firma del presidente del Consiglio. Eppure Silvio Berlusconi ci ha provato a confondere le acque. "Il decreto è già all’attenzione del presidente della Repubblica. Viene firmato quando il Colle avrà dato la sua valutazione". Un confuso uso dei tempi per far credere che lui ancora non aveva detto l’ultima parola. Ma che se a Napolitano andava bene, e allora non avrebbe potuto fare altro che mettere la firma su un provvedimento di "difficile composizione".

IL GIALLO

Per alcune ore è stato giallo. La procedura è sembrata d’improvviso cambiare. Dopo un paio d’ore da Palazzo Chigi è partita una laconica e giustificativa nota. "Il testo della manovra economica, già firmato dal presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato". Con la necessaria bollinatura della Ragioneria come ha precisato Tremonti in polemica con i "velinisti". Allora Berlusconi la firma l’aveva messa ma aveva preferito rimuovere come si fa con le grandi difficoltà aspettando che qualcuno le risolva. Intanto da ambienti del Quirinale arrivava la conferma che il testo era stato trasmesso "firmato, come da prassi, dal presidente del Consiglio". L’atteggiamento del premier conferma le difficoltà che Berlusconi sta cercando di fronteggiare. Innanzitutto interne al governo, testimoniate dai quattro giorni che sono stati necessari per individuare la stesura definita di un provvedimento, approvato in Cdm martedì "salvo intese". Che si sia dovuti arrivati a sabato per trovare un accordo è la prova che quelle intese non c’erano. In queste ore il decreto è sottoposto al vaglio attento dei tecnici del Quirinale. La firma per ora non c’è. E non è detto che ci sia oggi. Napolitano si prenderà tutto il tempo "necessario".

Alcune correzioni sembra siano state apportate. Non sembra ci sia un condono diretto. La questione province accantonata. I magistrati, che domani incontreranno il sottosegretario Letta, hanno congelato il ventilato sciopero poiché sarebbero stati "ammorbiditi" i tagli alla pubblica amministrazione compreso quelli sugli stipendi dei magistrati anche se il giudizio resta molto critico. Manovra "iniqua e incostituzionale. Metteremo in campo iniziative ma con senso di responsabilità" annuncia il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini.

Critica con Berlusconi l’opposizione. L’Udc, Di Pietro, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani che parla di un iter della manovra "ai limiti estremi del quadro costituzionale" puntando il dito su "uno spettacolo inverecondo che avviene, evidentemente, perché ci sono delle differenze dentro il governo, per usare un eufemismo, cioè delle risse. Vedremo carte cambiate, carte cambiate in questi giorni".

29 maggio 2010

 

 

 

Ipost, premiato da Brunetta soppresso perchè efficiente

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

Soppresso perchè efficiente - addirittura premiato dal ministro Brunetta, mai tenero con i "suoi" lavoratori - e con i conti in attivo. È la paradossale situazione in cui si versa l’Ipost, l’ente di previdenza riservato ai lavoratori delle Poste, che si è ritrovato inaspettatamente nella lista nera di Tremonti, quella che nella manovra economica bolla come "inutili" alcuni enti statali, decidendone l’abolizione.

Nel caso dell’Ipost, per la precisione, si tratta dello "scioglimento" all’interno dell’Inps: i 300 dipendenti passerebbero direttamente all’Istituto nazionale di previdenza, mentre una trentina di interinali, precari a vario titolo con parecchi anni di "anzianità", famiglie a carico e mutui da pagare, rischiano il posto tout-court. Ma non sarebbero solo i dipendenti a passare sotto l’egida dell’Inps, e qui sta la "furbata" di Tremonti: verrebbe trasferita anche la cassa, costituita dall’avanzo di amministrazione dell’Ipost, circa 2 miliardi di euro, che sono soldi di e per i postali. E che, invece, andrebbero a rimpinguare le casse statali con destinazione generica.

Il paradosso sta anche nel fatto che l’Ipost, pur essendo un ente pubblico, non gode di alcun trasferimento statale, visto che il denaro gestito appartiene interamente ai lavoratori delle poste: l’istituto, insomma, non grava in alcun modo sullo Stato, cui adesso è chiamato in soccorso.

Quello che temono i lavoratori dell’Ipost, e i postali tutti (140mila i pensionati, 150mila gli attivi), è la fine della serie di interventi a carattere sociale che l’Ipost garantisce ai suoi assistiti: dai prestiti agevolati ai bonus bebè per i redditi bassi, dall’organizzazione di colonie per bambini alle case ad affitto agevolato per anziani.

"Non siamo una categoria di privilegiati, i nostri stipendi sono mediamente di 1000-1200 euro - dice Claudio Girdeni, impiegato - Per noi i servizi sociali che organizziamo e che ci paghiamo sono importanti. Se il governo volesse razionalizzare, riordinare la partita degli enti pubblici, saremmo aperti al confronto. Ma cancellarci con l’accetta non ha alcuna logica, non è certo una riforma studiata per il bene dello Stato".

I lavoratori, da martedì scorso in stato di agitazione (deciso unitariamente da Cgil, Cisl e Uil), lunedì mattina saranno in piazza, davanti ad una delle entrate dell’istituto, in viale Europa, per un’assemblea pubblica organizzata per sensibilizzare sulla questione.

29 maggio 2010

 

 

 

 

L'ultima di Tremonti: chiudere gli enti di ricerca

di Pietro Grecotutti gli articoli dell'autore

Il decreto che il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha portato al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per cercare di evitare all’Italia l’epilogo della Grecia è piuttosto vasto e articolato. È un libro di 150 pagine, i cui contenuti sono stati fortemente criticati sia dalla CGIL sia dai partiti del centrosinistra.

In quelle 150 pagine, elaborate dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e ai suoi collaboratori, ci sono varie tabelle. Una riguarda l’elenco degli enti inutili che vanno soppressi. Questo lungo elenco contiene, a sua volta, una piccola tabella che riguarda gli Enti di ricerca pubblica vigilati dal MIUR, ovvero del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca diretto, pro tempore, del Ministro Mariastella Gelmini.

In questa piccola tabella sono elencati, in apposita colonna, gli Enti pubblici di ricerca che vengono soppressi. Si tratta, nell’ordine: della Stazione Zoologica "A. Dohrn"; dell’Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica "F. Severi" (INDAM); dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF); dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS); dell’Istituto di studi giuridici internazionali.

Che ne sarà di loro? Nella colonna a fianco sono indicate le amministrazioni che subentrano nell’esercizio dei relativi compiti ed attribuzioni. Queste amministrazioni sono due. Una, nella quale rientrano tutti gli Enti elencati tranne uno, è il Consiglio Nazionale delle Ricerche. L’eccezione è la Stazione Zoologica "A. Dohrn" di Napoli, i cui compiti ed attribuzioni passano direttamente al MIUR.

Alcune note di metodo. Nessuno ha avvisato il Consiglio Nazionale delle Ricerche dei nuovi arrivi, anche solo per averne un parere. Nessuno, a quanto pare, ha avvisato il MIUR: che da un lato si vede spostare come birilli gli Enti su cui dovrebbe vigilare e dall’altro si vede assegnare compiti e attribuzioni dirette di uno di essi.

Ma veniamo al merito. Perché questi Enti vengono soppressi? Non se ne comprende la ratio.

Non sono certo Enti inutili. L’Istituto Nazionale di Astrofisica, per esempio, è stato valutato dal CIVR (il Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca che fa capo al MIUR, dunque al governo, come il miglior Ente di ricerca in fisica che abbiamo in Italia. Valutazione di fatto confermata a livello internazionale sulla base della produzione scientifica prodotta dai suoi ricercatori. Insomma è uno dei nostri centri di ricerca di eccellenza. Perché, dunque, inutile?

Discorsi analoghi si potrebbero fare per gli altri Enti. La Stazione Zoologica "A. Dohrn" è stato il primo laboratorio di biologia marina al mondo. Attraverso i suoi ricercatori (ci riferiamo a Giuseppe Montalenti) è giunto in Italia il pensiero neodarwiniano. È stata frequentata da svariati premi Nobel. E tuttora svolge ricerca di punta. Stando al decreto la Stazione potrebbe uscirne dissolta e i suoi ricercatori potrebbero ritrovarsi al Ministero a svolgere non si sa quali lavori.

Accorpandoli al CNR o, addirittura al Ministero, non c’è risparmio. I ricercatori, i tecnici e gli amministrativi non vengono licenziati. Saranno pagati con fondi pubblici da altre amministrazioni.

C’è, invece, formidabile una perdita netta di efficienza. Di distruzione di competenze. Di dissoluzione di conoscenze. Nella scienza moderna le conoscenze non appartengono solo ai singoli ricercatori. Ma appartengono a un’intera comunità. Se io abolisco il CERN e diffondo i suoi ricercatori nel mondo, non conservo la capacità di produrre nuove conoscenze in fisica delle alte energie di assoluto valore. Semplicemente la perdo, anche se ogni singolo ricercatore continuerà a fare fisica.

Allo stesso modo se diffondo i ricercatori dell’INAF nel CNR non guadagno nulla in termini di nuove capacità di produrre conoscenza e rischio di perdere molto. Di più. Se accorpo al Ministero (!?) i ricercatori della Stazione Zoologica perdo sia la capacità di produrre conoscenze di valore nell’ambito della biologia marina e, col tempo, perdo anche le competenze individuali.

Insomma, come ha scritto il Presidente dell’INAF, Tommaso Maccacaro, in un accorato appello al Presidente della Repubblica, in quella tabella ci sono scelte del tutto ingiustificate, che non tengono minimamente conto del merito, che non producono risparmio alcuno e generano solo inefficienza.

Se è vero il modo in cui un paese cura la ricerca è l’indicatore principale del modo in cui quel paese cura e costruisce il proprio sviluppo culturale ed economico, allora in quel decreto – elaborato in maniera tanto dilettantesca quanto arrogante – vengono tagliate, in un colpo solo, e sparse al vento fette di futuro e fette di eccellenze.

29 maggio 2010

 

 

 

Via 232 istituti e enti culturali/la lista

La manovra finanziaria prevedeil taglio dei fondi statati a 232 istituti ed enti culturali. Infatti l'art. 7 comma 22 del "Decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", spiega che a decreto approvato "lo Stato cessa di concorrere al finanziamento degli enti, istituti, fondazioni e altri organismi", indicati nell'elenco allegato: si tratta di 232 organismi.

L'articolo però contiene anche la realizzazione di un fondo destinato all'eventuale erogazione di contributi agli enti che ne facciano Â"documentata e motivata richiesta". Questo l'elenco completo:

1. Fondazione Alcide de Gasperi

2.CIME Consiglio Italiano per il Movimento Europeo

3.Centro Studi Americani

4.Associazione giovanile musicale AGIMUS

5.Ente Nazionale Assistenza Magistrale - E.N.A.M.

6.Fondazione "Guido d'Arezzo"

7.Fondazione italiana per la musica antica

8.Centro italiano di ricerche aerospaziali - CIRA SpA

9. Istituto italiano di studi germanici

10. Ente geopantologico di Pietraroia

11.Parco geominerario

12.Riserva naturale dello stato Isola di Vivara

13.Associazione italiana combattenti e reduci

14.Associazione italiana combattenti volontari antifascisti diSpagna

15.Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini

16.Federazione italiana volontari della libertà

17.Associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine diMalta

18.Associazione nazionale "Nastro Verde"

19.Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria inPuglia e Lucania

20.Comitato Nazionale per il centenario della nascita di CesarePavese

21.Comitato Nazionale un secolo di Fumetto Italiano

22.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascitadi Guglielmo Massaja

23.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bimillenario della nascitadi Vespasiano

24.Comitato Nazionale per le celebrazioni del millenario della Basilicadi Torcello

25.Comitato Nazionale "I Trattati di Roma"

26.Comitato Nazionale per le celebrazioni del quarto centenario dellamorte di Alberico Gentili

27.Comitato Nazionale per le celebrazioni del 550 anniversario dellanascita di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio 28.Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita diMario Soldati

29.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario di CasaRicordi

30.Comitato Nazionale le "Autonomie Locali"

31. Allegorein

32.Accademia Medica di Roma

33.Accademia Angelica Costantiniana

34.Accademia Nazionale di Agricoltura

35.Accademia Filarmonica di Bologna

36.Associazione Naz. Funzionari Direttivi

37.Associazione per la Riforma dello Stato

38.Associazione Romana Amici della Musica - ARAM

39.Associazione Fondo Alberto Moravia

40.Associazione Liberi Scrittori Italiani

41.Associazione Don Giuseppe De Luca - Roma

42.Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta

43.Centro Italiano di Ricerche e Informazione, ecc. - CIRIEC

44.Centro per la Cultura d'Impresa

45.Centro di Iniziativa e Ricerca sul sistema - CIRSES

46.Fondazione Bettino Craxi

47.Fondazione Guido D'Arezzo -Arezzo

48.Fondazione Maria e Goffredo Bellonci - Roma

49.Fondazione Nazionale Carlo Collodi - Pescia

50.Fondazione Ugo Spirito - Roma

51.Istituto Accademico di Roma

52.Istituto di Studi Filosofici

53.Istituto Naz. Tostiano

54.Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale - Bibl. GM Longhi

55.Istituto Domus Mazziniana - Pisa

56.Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini.Prato

57.Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea,Roma

58.Istituto Domus Galilaeana - Pisa 5

9.SocietàTarquiniense di Arte e Storia

60.Società Storia Patria Puglie

61.Società Reggiana Studi Storici

62.Società Dalmata Storia Patria

63.Società nazionale di scienze e lettere ed arti - Napoli

64.Unione Giuristi Cattolici Italiani

65.Unione internazionale degli Istituti di archeologia, Storia e Storia dell'Arte in Roma

66. Accademia degli Incamminati - Modigliana

67. Accademia dei Concordi - Rovigo

69.Accademia dei Fisiocritici - Siena

70.Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna -Bologna

71.Accademia delle Scienze di Ferrara - Ferrara

72.Accademia delle Scienze di Torino - Torino

73.Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria - Roma

74.Accademia di Studi Italo - Tedeschi - Merano

75.Accademia Etrusca di Cortona

76.Accademia delle Arti e del Disegno - Firenze.

77.Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti in Padova -Padova

78.Accademia Italiana della Cucina - Milano

79.Accademia Italiana di Scienze Forestali - Firenze

80.Accademia Lancisiana - Roma

81.Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Genova

82.Accademia Lucchese di Scienze lettere Arti - Lucca

83.Accademia Marchigiana di Scienze Lettere e Arti - Ancona

84.Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL - Roma

85.Accademia Nazionale di San Luca - Roma

86.Accademia Nazionale di Scienze lettere e Arti di Modena -Modena

87.Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo -Palermo

88.Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti -Mantova

89.Accademia Olimpica - Vicenza

90.Accademia Properziana del Subasio - Assisi

91.Accademia Pugliese delle Scienze - Bari

92.Accademia Raffaello - Urbino

93.Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze - Arezzo

94.Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria" -Firenze

95.Associazione Centro Studi Feliciano Rossitto - Ragusa

96.Associazione "Roma nel Rinascimento" - Roma

97.Associazione Malacologica Internazionale - A.M.I. - Roma

98.Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno D'Italia - Roma

99.Associazione per l'Economia della Cultura - Roma

100.Ateneo di Brescia Accademia di Scienze Lettere ed Arti - ONLUS - Brescia

101.Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo - Bergamo

102.Ateneo Veneto - Venezia

103.Biblia - ONLUS - Settimello

104.Centro "Pio Rajana" Centro di Studi per la Ricerca Letteraria Linguistica e Filologica - Roma

105.Centro Camuno di Studi Preistorici - Capo di Ponte

106.Centro di Cultura di Storia Amalfitana - Amalfi

107.Centro di Iniziativa Giuridica "Piero Calamandrei" - Roma

108.Centro di Studi sulla Cultura e l'immagine di Roma - Roma

109.Centro Internazionale di Etnostoria - Palermo

110.Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo Accademia Tudertina -Todi

111.Centro Studi sul Classicismo - San Gimignano

112.Centro Internazionale di Studi Rosminiani - Stresa

113.Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi - Napoli

114.Centro Nazionale di Studi Leopardiani - Recanati

115.Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Orientee l'Asia - Torino

116.Centro Studi Piero Gobetti - Torino

117.Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali ONLUS - Ravello

118.Ente Nazionale Giovanni Boccaccio - Firenze

119.Essmoi - Fondazione Giuseppe Emanuele e Vera Modigliani (Ente per la Storia del Socialismo e del Movimento Operaio Italiano) -Roma

120.Fondazione Domus Galilaeana - Pisa

121.Fondazione "Casa di OrianÂ" - Ravenna

122.Fondazione Casa Buonarroti - Firenze

123.Fondazione "Biblioteca Benedetto Croce" - Napoli

124.Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura "AndreaPalladio" - Vicenza

125.Fondazione "Centro Studi Filosofici di Gallarate" - Padova

126.Fondazione "Remo Orseri per la Collaborazione Culturale fra i Popoli" - Roma

127.Fondazione Accademia Musicale Chigiana - Siena

128.Fondazione Adriano Olivetti - Roma

129.Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico -Roma

130.Fondazione Arena di Verona

131.Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori - Milano

132.Fondazione Artistica Poldi Pezzoli - ONLUS - Milano

133.Fondazione Biblioteca Archivio Luigi Micheletti - Brescia

134.Fondazione Carlo Donat - Cattin - Torino

135.Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - C.D.E.C.- ONLUS - Milano

136.Fondazione Centro Nazionale di Studi Manzoniani - Milano

137.Fondazione "Centro Sperimentale di Cinematografia" (già FondazioneScuola nazionale di cinema)

138.Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo - SanMiniato

139.Fondazione Civico Museo Biblioteca Attore Teatro Stabile di Genova -Genova

140.Fondazione Claudio Monteverdi - Cremona

141.Fondazione di Ricerca Istituto Carlo Cattaneo - Bologna

142.Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi -Firenze

143.Fondazione Ezio Franceschini - ONLUS - Firenze

144.Fondazione Â"Festival dei Due Mondi di SpoletoÂ".

145.Fondazione Giacomo Brodolini - Roma

146.Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano

147.Fondazione Gioacchino Rossini - Pesaro

148.Fondazione Giorgio Cini - Venezia

149.Fondazione Giulio Pastore - Roma

150.Fondazione "Il Vittoriale degli Italiani" - Gardone Riviera

151.Fondazione Ing. Carlo Maurilio Lerici - Roma

152.Fondazione Istituto Gramsci - ONLUS - Roma

153.Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico - Roma

154.Fondazione Istituto Nazionale Studi sul Rinascimento -Firenze

155.Fondazione Istituto Nazionale di Studi Verdiani - Parma

156.Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci - Torino

157.Fondazione Istituto Storico "Giuseppe Siotto" - Cagliari

158.Fondazione Istituto Italiano Storia della Musica - Roma

159.Fondazione "La Triennale di Milano" - Milano

160.Fondazione "La Quadriennale di Roma" - Roma

161.Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco - Roma

162.Fondazione "Liberal" - Roma

163.Fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari

164.Fondazione Luigi Einaudi - Torino

165.Fondazione Luigi Einaudi per Studi di Politica ed Economia -Roma

166.Fondazione Museo Stibbert - ONLUS - Firenze

167.Fondazione Napoli Novantanove - ONLUS - Napoli

168.Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII - Bologna

169.Fondazione Palazzo Coronini Cronberg - Gorizia

170.Fondazione Pietro Nenni - Roma

171.Fondazione Rosselli - Torino

172.Fondazione Scientifica Querini Stampalia - ONLUS - Venezia

173.Fondazione Spadolini Nuova Antologia - Firenze

174.Fondazione Stauros Italiana - San Gabriele -Isola Abruzzo delGran Sasso

175.Fondazione Studi Storici Filippo Turati - ONLUS - Firenze

176.Fondazione Ugo da Como - Lonato

177.Fondazione Ugo e Olga Levi Centro di Cultura Musicale Superiore ONLUS- Venezia

178.Fondazione Università Internazionale dell'Arte - U.I.A. -Firenze

179.Fondazione Valentino Bucchi - Roma

180.Fondazione Verga - Catania

181.Gabinetto Scientifico Letterario Â"G.P. VieusseuxÂ" - Firenze

182.Giunta Centrale per gli Studi Storici - Roma

183.Istituto Abbatia Sancte Marie de Morimundo

184.Istituto Alcide Cervi - Reggio Emilia

185.Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo - Roma

186.Istituto di Studi Storici Postali - Prato

187.Istituto e Museo di Storia della Scienza - Firenze

188.Istituto Internazionale di Studi Liguri - Bordighera

189.Istituto Internazionale Jacques Maritain - Roma

190.Istituto Italiano di Numismatica - Roma

191.Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Firenze

192.Istituto Italiano di Studi Storici - Napoli

193.Istituto Italiano per la Storia Antica - Roma

194.Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Milano

195.Istituto Luigi Sturzo - Roma

196.Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte - Roma

197.Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici - Firenze

198.Istituto Nazionale di Studi Romani - ONLUS - Roma

199.Istituto Nazionale di Urbanistica - Roma

200.Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione inItalia - Milano

201.Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica - I.S.A.P. -Milano

202.Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Roma

203.Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda - ONLUS - Milano

204.Istituto per la Storia dell'Azione Cattolica e del MovimentoCattolico in Italia Â"Paolo VIÂ" - Roma

205.Istituto per la Storia e l'Archeologia della Magna Grecia -Taranto

206.Istituto per le Ricerche di Storia Sociale e Religiosa - ONLUS -Vicenza

207.Istituto Storico Italiano per il Medioevo - Roma 2

08.Istituto Storico Lucchese - Lucca

209.Istituto Veneto Accademia di Scienze Lettere ed Arti -Venezia

210.Opera di Dante - Ravenna

211.Osservatorio Parlamentare - Roma

212.Pro Civitate Christiana - Assisi

213.Scuola Archeologica Italiana di Atene - Roma

214.Società Chimica Italiana - Roma

215.Società Dantesca Italiana - Firenze

216.Società di Studi Valdesi - Torre Pellice

217.Società Entomologica Italiana - Genova

218.Società Europea di Cultura - S.E.C.I. - Venezia

219.Società Filologica Friulana - Udine

220.Società Geografica Italiana - Roma

221.Società Internazionale di Studi Francescani - Assisi

222.Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino - ONLUS -Impruneta

223.Società Italiana di Statistica - Roma

224.Società Italiana per il Progresso delle Scienze - Roma

225.Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente - Milano

226.Unione Accademica Nazionale - Roma

227.Opera nazionale Â"MontessoriÂ" - Roma

228.Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo

229.Casa Militare Umberto I

230.Fondazione museo internazionale delle ceramiche di Faenza

231.Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "L. daVinci"

232.Centro internazionale di radiocomunicazioni mediche (CIRM)

29 maggio 2010

 

 

2010-05-28

Berlusconi all'Ocse cita Mussolini

Non nasconde di vivere una situazione "atipica" visto che nonostante una manovra economica di "sacrifici" il suo gradimento è al 60%. Un consenso che però sembra non soddisfare il premier Silvio Berlusconi che nel corso della conferenza stampa al termine del lavori dell'Ocse, presieduti proprio dall'Italia e che hanno visto l'ingresso di tre nuovi Stati tra cui Israele, si lamenta per il poco potere che ha a disposizione chi ricopre il ruolo del primo ministro italiano. Seduto insieme al segretario dell'Ocse, i primi ministri della Slovenia e dell'Estonia e insieme a Benjiamin Netanyhau, il Cavaliere, per spiegare il limiti che ha il capo del governo in Italia, cita Benito Mussolini. Colui che era ritenuto un "grande dittatore", ma che però aveva solo la facoltà di "ordinare al suo cavallo di andare a destra o sinistra". Una frase tratta dai Diari del Duce che il Cavaliere cita per intero: "Dicono che ho potere - è il brano scelto - non è vero, forse ce lo hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo posso essere contento". Un esempio per far capire alla platea internazionale che "il potere se esiste non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governi".

Un tema, quello dei pochi poteri nelle mani del capo dell'Esecutivo, caro a Berlusconi che ci tiene a mettere in evidenza come nella sua posizione lui sia "al servizio di tutto e tutti" ricevendo "critiche e insulti". Il premier rincara quindi la dose nel lamentarsi dei pochi poteri:"Chi è nella posizione di capo del governo di potere vero non ne ha praticamente nulla". Come primo ministro - spiega - non ho mai avuto la sensazione di avere del potere, forse come imprenditore qualche volta, guidando un'azienda di 56.000 persone".

L'Italia e la divisione del potere però non sono l'unico argomento discusso dal premier. L'adesione di Israele all'Ocse rappresenta poi lo spunto per tornare a parlare di pace in Medio Oriente: "Sono pronto a rimettermi al lavoro per un nuovo piano Marshall per la Palestina". Un impegno che si concretizza anche nella disponibilità, ribadita da Berlusconi ancora una volta, di far tenere i negoziati di pace ad Erice. Con Netanyhau l'intesa è su tutta la linea, solo su un punto i due prendono posizioni diverse. Se il primo ministro Israeliano parla della bontà di un governo di unità nazionale, il Cavaliere guardando all'Italia boccia la proposta: "Abbiamo una vasta maggioranza - chiarisce - non ci serve un governo di grande coalizione".

La scena internazionale e il protocollo firmato dai Paesi dell'Ocse per la cooperazione fiscale gli offrono infine il pretesto per ricordare quanto fatto contro la crisi economica: "Il nuovo sistema delle regole non viola la sovranità nazionale", spiega il presidente del Consiglio che ci tiene inoltre a ricordare come i Paesi dell'area euro stiano reagendo" con risposte multilaterali all'attacco della speculazione internazionale".

Dall'Italia l'opposizione parte all'attacco criticando soprattutto l'associazione tra il Duce ed i pochi poteri del primo ministro a Roma. Ironica l'Italia dei Valori che lo invita a prendere un periodo di riposo; ad uno show di cattivo gusto fa riferimento il Pd, mentre la sinistra lo paragona proprio al dittatore del ventennio.

27 maggio 2010

 

 

 

Province, in forse norma su abolizione. Pedaggio sulla Salerno-R. Calabria

Mini Province, fuori dalla manovra. Finora si era appreso che bisogneva attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. È quanto emergeva dal testo definitivo del decreto legge della manovra. Ora però sembra esserci una retromarcia. E più tardi il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, conferma : "La riduzione effettiva si potrà attuare in modo più appropriato attraverso il ddl di riforma delle Autonomie locali nei limiti consentiti dalla Carta costituzionale".

Nessuna norma è prevista nella manovra, che riguardi l'abolizione delle Province, dice infatti il presidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione, durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco fa sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta. "Il governo ha detto con grande nettezza che la manovra non è il contesto nel quale affrontare la questione del riordino delle Province".

"Dall'ufficio di presidenza - continua Castiglione - era emersa la preoccupazione di una manovra molto pesante, da qui l'esigenza di parlare con il presidente del Consiglio e chiarire la posizione del governo sull'abolizione delle Province. Sono stato fortunato - prosegue - perchè Berlusconi aveva appena finito di partecipare all'assemblea della Confindustria e mi ha assicurato che niente del genere è previsto nella manovra e mi ha anche chiesto di riferirlo durante la conferenza stampa". Castiglione ha ribadito che una decisione del genere qualora fosse stata presa sarebbe stata incostituzionale e non avrebbe portato alcun risparmio. "Il governo ha deciso che la materia del riordino delle circoscrizioni provinciali sarà affrontato nella discussione già in atto sulla Carta delle Autonomie che all'articolo 14 parla di razionalizzazione e lo si farà coerentemente con l'articolo 133 della Costituzione", conclude.

La manovra sarebbe composta da 54 articoli e tre allegati, per un totale di 150 pagine. Il provvedimento - secondo il testo di cui l'ANSA è in possesso - è contenuto in 150 pagine, suddivise in tre diversi "titoli": il primo relativo alla stabilizzazione finanziaria (art. da 1 a 17), il secondo sul contrasto all'evasione fiscale e contributiva (art.17-39), il terzo su sviluppo e infrastrutture (art.40-54).

Statali, pensioni, invalidità, ticket, nuovi pedaggi per gli automobilisti: ecco cosa cambia per le tasche degli italiani.

Ticket e sanità

Dal primo luglio ticket sulle prestazioni sanitarie di assistenza. 7,5 euro per la ricetta, per i cittadini esenti il ticket sarà di tre euro e scenderà a 2 il prossimo anno.

In pensione più tardi

Le finestre per le pensioni di vecchiaia passano da 4 a 2. Dal 2011 i dipendenti che maturano il requiesto nel corso del primo semestre andranno in pensione il primo gennaio successivo.

Tfr ritardato

Il Trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi

dal pensionamento.

Pedaggio G.R.A.

Il Grande raccordo anulare, l’anello di asfalto che circonda Roma per oltre sessanta chilometri, potrebbe non essere più gratis. La finanziaria prevede un pedaggio.

Non solo raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio.

Pensioni di invalidità

A partire da gennaio le domande per gli assegni di accompagnamento non saranno accolte se il reddito personale supera i 25mila euro e 38mila nel caso di reddito cumulato.

Tagli a enti pubblici

Le Regioni contribuiranno alla manovra con un miliardo nel 2011 e 1,6 miliardi nel 2012. Tagli ai trasferimenti per 418 milioni e 1,1 miliardi dal 2011.

Soppressione enti (Isae)

Chiude l’Isae, Istituto di studi e analisi economica e le sue funzioni e i suoi dipendenti a tempo indeterminato passano al ministero dell’Economia. Soppresso anche l’Isfol.

Tagli ai ministeri

Tagli a tutti i ministeri. Le spese saranno ridotte dell’8% per il triennio 2011-2013. Esclusi il fondo ordinario delle università, le risorse per la ricerca.

... e ai parlamentari

Il trattamento economico di ministri e sottosegretari membri del Parlamento viene tagliato del 10% a partire dal 2010. Stessa sorte per i collaboratori diretti del ministero.

Blocco turn over

Per gli statali il blocco del turn over prorogato fino al 2013. Le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta.

Tagli alla Difesa

Passo indietro sulla Difesa Spa. Niente rinnovo contrattuale per il 2008 - 2009. Una misura che riguarda militari e Polizia. Risparmi dai 200 ai 700 milioni di euro.

Evasione fiscale

Nuovo redditometro sintetici a tappeto. Nel disegno di legge ci saranno nuove norme per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Torna anche la tracciabilità.

Condono edilizio

I 2,5 milioni di case fantasma presenti nel territorio potrebbero essere regolarizzate con il pagamento delle imposte relative agli ultimi anni. Atteso un gettito di 6 mld.

Blocco dei contratti

Non si rinnovano i contratti del pubblico impiego per il triennio 2010-2013. I statali riceveranno solo l’indennità di vacanza contrattuale.

Grandi eventi

Colpo alla Protezione Civile spa. Tutti i fondi destinati ai grandi eventi devono avere il benestare del Tesoro. Il ruolo di Bertolaso si riduce molto. La norma avrebbe fatto infuriare Letta.

27 maggio 2010

 

2010-05-27

Marcegaglia: bene manovra ma la politica riduca di più i suoi privilegi

Apprezzamento per la manovra appena varata dal governo viene espressa dal leader di Confindustria, Emma Marcegaglia all'assemblea annuale. "Gli interventi si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione", ha detto aggiungendo che "in condizioni molto difficili il governo ha saputo frenare il disavanzo pubblico prima e avviarne la riduzione ora".

"La sforbiciata data con la Finanziaria agli enti e ai costi della politica è sacrosanta ma è solo un buon inizio", afferma il presidente di Confindustria, sostenendo che "quando il Paese deve fare sacrifici è del tutto impensabile che non sia la politica per prima a ridurre energicamente i suoi privilegi". Le "rinunce - aggiunge - devono essere fatte da tutti". Quindi, aggiunge il numero uno degli industriali, "la diminuzione del 10% delle indennità dei membri del governo, guardata da un'ottica internazionale, è un timido esordio. È assolutamente opportuno che vi si adeguino gli organi costituzionali".

Nella sala scende letteralmente il gelo: quando Silvio Berlusconi chiede alla platea di Confindustria di dare il 'nulla osta' alla nomina di Emma Marcegaglia a ministro per lo Sviluppo, gli imprenditori restano immobili. In pochissimi alzano la mano come chiesto dal premier, che si trova con il coupe de théatre stroncato dalla platea dell'Assemblea di viale dell'Astronomia. "Nessuno alza la mano? Non volete? Allora - tenta il salvataggio in corner Berlusconi - non ve la potete più prendere coi poveracci al governo, che hanno ereditato questa situazione".

Eppure il premier aveva provato la solita carta dell'imprenditore tra gli imprenditori, aveva abbandonato il discorso scritto, aveva salutato il centenario "della nostra Confindustria", aveva assicurato di condividere in pieno, "salvo due o tre punti", l'intervento della presidente, aveva riconosciuto le difficoltà del Governo e chiesto esplicitamente "aiuto" alla Confindustria e alla Marcegaglia: "Per la prima volta c'è un premier imprenditore, che cerca di comportarsi come nella sua impresa, con concretezza, ma non basta. Perchè le difficoltà sono molte. Ho bisogno di essere aiutato" visto che "intervenire e cambiare la situazione è di una difficoltà assoluta ed estrema". Ma stavolta il colpo a sorpresa non è riuscito. Così come fredda è stata la risposta dei "colleghi imprenditori" alla richiesta di Berlusconi di "dare una mano" perchè "dopo la manovra possiamo fare di più, anche con vostri interventi personali. Conoscete l'indirizzo di Palazzo Chigi chi volesse darsi disponibile a contribuire all'operato del Governo sappia che ci siamo: "il Governo ha tante di quelle idee su come utilizzare le capacità degli imprenditori che nessuno resterà deluso".

Al premier non resta che provare a riscaldare la platea ricordando "tutto quello che abbiamo fatto in questi due anni nella direzione delle vostre richieste, e abbiamo fatto molto", e garantendo la stabilità della maggioranza e la coesione del Governo, coinvolgendo anche il 'duellantè Gianfranco Fini: "Sono sicuro che la maggioranza sarà coesa e unita" nei voti in Parlamento sulla manovra, "c'è qui Gianfranco Fini che potrà garantire come faccio io che alla Camera maggioranza sarà coesa e unita e rispetterà il mandato degli elettori". È "arrivato il momento - dice ancora Marcegaglia - nel quale i politici italiani, dal Parlamento giù giù sino all'ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le proprie dotazioni per le loro segreterie e collaboratori, disboschino esenzioni e agevolazioni".

27 maggio 2010

 

 

 

Tremonti: momento storico. Le famiglie contano i danni

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

"Non c’è alternativa a questa manovra. Una manovra fatta dal presidente del consiglio, non da una parte del governo". Giulio Tremonti presenta la sua ultima fatica a fianco del presidente del consiglio, rintuzzando le "cose scorrette" (secondo lui) scritte sui giornali. Quell’immagine di delfino pronto a salire sul trono, dell’uomo solo che lavora alle spalle del premier, va subito cancellata. Ma questo è l’unico accenno alle tensioni della maggioranza che il titolare del Tesoro si consente. Per il resto, procede sicuro come un treno, attaccando l’opposizione e annunciando la carrellata di ok incassati a livello internazionali (in primis Barroso: "imboccata la strada giusta"), oltre ai "placet" di alcuni sindacati e di Confindustria. Le proteste dei dipendenti pubblici, quelle dei presidenti di Regione, o degli invalidi restano fuori dagli ambienti ovattati di Palazzo Chigi.

"Abbiamo fatto la cosa giusta al tempo giusto", afferma il ministro sfogliando un testo che nessuno finora ha avuto modo di consultare: non un documento scritto, né alla stampa né alle parti sociali. Si chiama in causa l’Europa, la crisi greca, l’impossibilità del vecchio continente di continuare a garantire un welfare pubblico, visto che ci sono "poche culle e poche tombe".Lo Stato non ce la fa e deve dimagrire: questo l’assunto. Al privato, che pure molto toglie allo Stato tra evasione e sussidi, non si chiede nulla. Certo, c’è il pacchetto anti-evasione che "fa uscire la lotta all'evasione dalle urla alla effettiva, dura e concreta attività amministrativa'', spiega. Eppure quella "tracciabilità" con il limite di contanti fissato a 5mila euro convince poco. Silvio Berlusconi confessa che lui in tasca non porta neanche un contante, Tremonti aggiunge che fissare il contante a 100 euro (come aveva fatto in un primo tempo il governo Prodi) sarebbe da Stato di polizia.

"Il Paese non è abituato alle monete di plastica (le card, cdr) - spiega il ministro - Verrebbe vissuto come un’imposizione". C’entra qualcosa quella montagna da 270 miliardi di imponibile sottratto al fisco? In ogni caso con quella cifra si salvano sostanzialmente tutti: professionisti, commercianti, artigiani. Loro si salvano, i dipendenti pubblici sono chiamati a intervenire. "Ma meglio che all’estero - si difende - dove gli stipendi sono stati tagliati del 5%".

Tremonti elenca le misure, confermando in gran parte le anticipazioni e rinforzando il risultato di non aver aumentato le tasse. Se poi lo faranno Regioni (taglieggiate) e Comuni (a Roma si parla di tassa alberghiera), saranno altri a risponderne. Una sola misura non trova posto nella sua ricostruzione ad uso della stampa: la regolarizzazione delle case fantasma. Sarà proprio quella che gli consentirà, con un condono collegato magari inserito in Parlamento, di raggiungere le somme che si ripromette di incassare. I numeri macro confermano una manovra di 12 miliardi nel 2011 e di 24,9 nel 2012. Il testo è di 54 articoli divisi in tre capi. Il ministro ammette che i tagli alle Regioni sono pesanti (4,5 miliardi), "ma non insostenibili". "Nessun intervento sulla sanità, escludiamo i ticket", aggiunge.

Non è chiaro come faranno i governatori a tenere in ordine i conti, con questa falcidia. Secondo il ministro la responsabilità delle spese fuori controllo, soprattutto sugli invalidi (si arriva a 16 miliardi l’anno) va tutta addossata al centrosinistra, che con il titolo V ha affidato alle Regioni il compito di regolamentare la materia. Così lo Stato è intervenuto (alla faccia del federalismo), chiedendo a loro di accollarsi una parte dei costi di questa voce. Ma le amministrazioni non hanno nulla da temere: con l’arrivo del nuovo federalismo targato Bossi potranno fare come vorranno. Si comincia già con la norma che consente alle Regioni del sud di eliminare l’Irap e sostituirla con un prelievo da gestire in proprio, che per Tremonti è l’anticipo del federalismo. Non si comprende da dove prenderanno le risorse, in aree dalla capacità di gettito molto limitata. In ogni caso la norma è sottoposta all’ok europeo, che finora non ha mai consentito operazioni simili. Una pia speranza?

26 maggio 2010

 

 

 

 

La bancarotta resta dietro l’angolo

di Loretta Napoleonitutti gli articoli dell'autore

Olanda e Germania sono tra i pochi Paesi di Eurolandia che questa settimana non hanno dovuto presentare in fretta a furia misure d’austerità. A differenza dell’Italia, sulla quale sta per cadere la scure di Tremonti, queste nazioni sono solide e per ora non corrono il rischio di essere trascinate nel gorgo dell’insolvenza. Le altre, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna e Gran Bretagna, da settimane lottano per la sopravvivenza.

La situazione è gravissima: come un de-ja-vu della crisi dei mutui spazzatura americani, solo che questa volta alla radice c’è il debito sovrano. Due anni e abbiamo raggiunto l’ultimo anello della catena di Sant’Antonio della finanza globalizzata: a chi passare il debito? Alla Banca Centrale Europea (Bce)? Improbabile. Secondo uno studio della Royal Bank of Scotland, quello accumulato da Grecia, Spagna e Portogallo ammonta a circa duemila miliardi di euro, di cui almeno un miliardo si trova nei forzieri di Eurolandia. Economisti e analisti finanziari concordano che neppure la partecipazione attiva della Germania potrebbe sanarlo. Non ci sono abbastanza soldi. Ciò significa che per evitare il crollo del sistema bancario qualcuno dovrà fallire.

La prima in lizza è la Grecia. Sui mercati ormai tutti la danno per spacciata, solo la Bce le presta i soldi. I mille miliardi di euro messi a disposizione da Eurolandia non hanno convinto i mercati e senza di loro non si può procedere alla ristrutturazione del debito greco per ridurlo a cifre "pagabili". Non rimane che la bancarotta e la successiva ristrutturazione come è successo per Argentina e Islanda. Nell’attesa che si arrivi a questa decisione e per attutire al massimo il colpo, la Bce rastrella sul mercato le obbligazioni greche, naturalmente utilizzando i soldi di noi i europei. Salverà questo sacrificio il sistema bancario? Non è facile dirlo. Come avvenne nel 2008, i prestiti interbancari all’interno e verso Eurolandia si stanno atrofizzando, segno che i mercati temono il peggio.

Il Libor, il London Interbank Offered Rate, quello al quale le banche si approvvigionano a vicenda, è risalito ai massimi del 2009, quando si temeva un congelamento totale dei prestiti interbancari. Allora intervenne la Riserva Federale, ma la Bce non ha i muscoli monetari per farlo. Fa paura pensare di essere tornati a quei momenti tragici del dopo Lehman e ancora più si teme il parallelo con la grande depressione del 1929 quando ci trovammo di fronte ad una crisi con due picchi, il secondo, quello micidiale, coincise con il crollo delle banche. A tenere le redini del destino di Eurolandia non sono i ministri delle Finanze ma il mercato.

Ed è per accattivarsi le sue simpatie che si è lanciata l’austerità, parola impronunciabile fino a poche settimane fa. Eppure da anni gli indicatori economici sono fuori dei paletti imposti dal trattato di Maastricht, solo mesi fa si sarebbero potute introdurre misure meno drastiche e improvvisate senza avere il fiato del mercato sul collo. Ma ormai lo sappiamo bene, questa classe politica lavora solo quando c’è la crisi e in gioco c’è la sua sopravvivenza, non quella del Paese che rappresenta, il resto del tempo fa spettacolo e campagna elettorale.

Le misure varate rispecchiano questa triste verità. Fatta eccezione della Gran Bretagna, dove un nuovo governo di coalizione è stato da poco eletto sulla piattaforma di austerità, tutti gli altri Paesi hanno raffazzonato una serie di tagli che colpiscono quella fetta sempre più piccola della popolazione che paga le tasse e che invece bisognerebbe sostenere nei momenti recessivi. Chi negli ultimi vent’anni ha intascato più del 60% della crescita del Pil, dagli Hedge Funds al crimine organizzato, non viene toccato perché ha imboscato i guadagni, ha evaso il fisco o semplicemente opera nel mondo dell’illegalità. Ecco uno dei motivi per cui i cittadini europei questa austerità non la vogliono.

In Italia si cerca di addolcire la pillola con l’usuale propaganda: si abbattono i salari nominali e quelli sociali, ma ci si vanta di non aver aumentato le tasse. Viene spontaneo pensare che il motivo sia solo lo scarso numero di chi le paga. Si condanna l’ennesimo obbrobrio edilizio per poterlo accatastare invece di far pagare una penale salatissima a chi lo ha commesso e costringere costoro anche ad abbattere queste costruzioni come avviene in Inghilterra e nella maggior parte dei Paesi civili. Propaganda, demagogia, austerità, neppure il bavaglio alla stampa salveranno la nostra classe politica e i loro tirapiedi dalla crisi economica. Che si tratti della tanto attesa resa dei conti?

26 maggio 2010

 

 

 

Ma la speculazione si può fermare

di Paolo Leontutti gli articoli dell'autore

Il coro è unanime: l’Europa ci chiede di rientrare rapidamente nei parametri che legano deficit e debito al Pil per evitare il pericolo greco, e cioè la corsa speculativa contro i titoli di Stato dei paesi maggiormente indebitati o in deficit. E già non ci siamo: la speculazione guarda al deficit o al debito? In Italia dovrebbe guardare al debito, in Spagna e Portogallo al deficit, ma non è la stessa cosa, perché è molto più facile ridurre il deficit del debito.

Ergo: noi dovremmo essere sotto pressione più degli altri paesi, ma non lo siamo, come mostrano i rendimenti dei nostri BOT. In realtà, sia noi sia l’Europa sembriamo ipnotizzati dalla speculazione, e non ci è offerto altro ricorso se non quello di strozzare la ripresa, far crescere la disoccupazione, ridurre ancora di più il cosiddetto modello sociale europeo (istruzione, sanità, previdenza, sussidio di disoccupazione) e la sua "tecnostruttura" (l’impiego pubblico). Non nego che occorrano misure per ridurre la spesa pubblica o aumentare le entrate, ma queste misure sarebbero molto meno dure se, contemporaneamente, l’Europa e noi cercassimo di tagliare l’erba sotto i piedi alla speculazione finanziaria.

La Germania lo sta facendo alla grande: ha appena limitato la speculazione al ribasso contro i titoli di Stato in euro commerciati nel paese, e sta per approvare una legge che allarga la limitazione ad ogni speculazione al ribasso (gli Usa l’hanno proibita fin dal 2005). Ricordo cos’è la speculazione al ribasso: si vendono titoli nell’attesa di comprarli più tardi ad un prezzo più basso, e si possono vendere titoli anche senza possederli, per ricomprarli a prezzo più basso domani e consegnarli all’originale acquirente (naked shorting); questa seconda speculazione è quella più deleteria.

Quando la Merkel ha annunciato la nuova misura, il resto d’Europa non l’ha seguita. Non esiste una Consob europea, i mercati europei sono meno regolati di quello americano, né la Banca Centrale Europea poteva imporre una propria deliberazione in proposito. Nessuno ha spiegato perché la Germania si è mossa da sola, né chi stia proteggendo in Europa la speculazione al ribasso: il Parlamento sarà chiamato a votare su un decreto legge di austerity fiscale, senza che sia stato spiegato perché si sia di fronte ad una nuova crisi finanziaria.

Il caso della Grecia è chiaramente una scusa, perché per quanto grande quel debito, si tratta pur sempre di un’infima quota del debito europeo e del patrimonio europeo. C’è un grande difetto di trasparenza in Europa, ma non sappiamo nemmeno quali posizioni abbia sostenuto a Bruxelles il nostro paese in merito alla lotta alla speculazione, né se esiste una qualsiasi azione italiana per portare in Europa le stesse riforme che Obama sta mettendo in atto su banche e società finanziarie. Il timore è che non si voglia affatto lottare e il sospetto atroce è che la manovra di restrizione sul bilancio pubblico sia vista come un’opportunità per ridurre il ruolo dello Stato, sconfiggere lo Stato sociale o, alla peggio, passati due anni, tornare a largheggiare nella spesa pubblica in tempo per nuove elezioni.

26 maggio 2010

 

 

 

 

Via le mini-Province, sì a pedaggio sull'autostrada: ecco cosa cambia

Bisognerà attendere quattro mesi per la completa soppressione delle mini-province con meno di 220 mila abitanti e la delineazione delle aree delle nuove circoscrizioni. È quanto emerge dal testo definitivo del decreto legge della manovra che, all'articolo 5 stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti".

Le norme danno facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevede 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Ancora 2 mesi e saranno trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

Statali, pensioni, invalidità, ticket, nuovi pedaggi per gli automobilisti: ecco cosa cambia per le tasche degli italiani.

Ticket e sanità

Dal primo luglio ticket sulle prestazioni sanitarie di assistenza. 7,5 euro per la ricetta, per i cittadini esenti il ticket sarà di tre euro e scenderà a 2 il prossimo anno.

In pensione più tardi

Le finestre per le pensioni di vecchiaia passano da 4 a 2. Dal 2011 i dipendenti che maturano il requiesto nel corso del primo semestre andranno in pensione il primo gennaio successivo.

Tfr ritardato

Il Trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi

dal pensionamento.

Pedaggio G.R.A.

Il Grande raccordo anulare, l’anello di asfalto che circonda Roma per oltre sessanta chilometri, potrebbe non essere più gratis. La finanziaria prevede un pedaggio.

Non solo raccordi autostradali, ma anche autostrade in gestione diretta dell'Anas - come ad esempio la Salerno-Reggio Calabria - saranno sottoposti all'applicazione del pedaggio.

Pensioni di invalidità

A partire da gennaio le domande per gli assegni di accompagnamento non saranno accolte se il reddito personale supera i 25mila euro e 38mila nel caso di reddito cumulato.

Tagli a enti pubblici

Le Regioni contribuiranno alla manovra con un miliardo nel 2011 e 1,6 miliardi nel 2012. Tagli ai trasferimenti per 418 milioni e 1,1 miliardi dal 2011.

Soppressione enti (Isae)

Chiude l’Isae, Istituto di studi e analisi economica e le sue funzioni e i suoi dipendenti a tempo indeterminato passano al ministero dell’Economia. Soppresso anche l’Isfol.

Tagli ai ministeri

Tagli a tutti i ministeri. Le spese saranno ridotte dell’8% per il triennio 2011-2013. Esclusi il fondo ordinario delle università, le risorse per la ricerca.

... e ai parlamentari

Il trattamento economico di ministri e sottosegretari membri del Parlamento viene tagliato del 10% a partire dal 2010. Stessa sorte per i collaboratori diretti del ministero.

Blocco turn over

Per gli statali il blocco del turn over prorogato fino al 2013. Le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta.

Tagli alla Difesa

Passo indietro sulla Difesa Spa. Niente rinnovo contrattuale per il 2008 - 2009. Una misura che riguarda militari e Polizia. Risparmi dai 200 ai 700 milioni di euro.

Evasione fiscale

Nuovo redditometro sintetici a tappeto. Nel disegno di legge ci saranno nuove norme per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Torna anche la tracciabilità.

Condono edilizio

I 2,5 milioni di case fantasma presenti nel territorio potrebbero essere regolarizzate con il pagamento delle imposte relative agli ultimi anni. Atteso un gettito di 6 mld.

Blocco dei contratti

Non si rinnovano i contratti del pubblico impiego per il triennio 2010-2013. I statali riceveranno solo l’indennità di vacanza contrattuale.

Grandi eventi

Colpo alla Protezione Civile spa. Tutti i fondi destinati ai grandi eventi devono avere il benestare del Tesoro. Il ruolo di Bertolaso si riduce molto. La norma avrebbe fatto infuriare Letta.

27 maggio 2010

 

 

 

Toghe e medici in rivolta, Cgil: sciopero

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

La mobilitazione contro la manovra finanziaria varata a Palazzo Chigi è già partita. Ricercatori e magistrati, dipendenti pubblici e medici, sono sul piede di guerra. Ieri Tremonti la protesta se l’è trovata in casa, assemblea infuocata dei dipendenti dell’Economia. E la Cgil si prepara allo sciopero generale. Uno stop di quattro ore, anche contro l’arbitrato: "Proporrò che si tenga entro fine giugno con manifestazioni aul territorio, annuncia il leader Guglielmo Epifani. E scandisce un calendario di mobilitazioni, in progress, che parte il 2 giugno: "Per noi deve celebrare i valori della Costituzione, lavoro e libertà di informazione". Poi la manifestazione nazionale di pubblico impiego, scuola, ricerca, già convocata a Roma per il 12 giugno. Slogan: "Solo sulle nostre spalle".

Perché quello è il sentimento generale di fronte all’iniquità di una "manovra scombinata, che divide il paese nei sacrifici, grava sul lavoro pubblico in tutte le sue forme, dall’università alla sanità agli enti locali. Non tocca in alcun modo i redditi medio alti o i patrimoni, grava sui lavoratori con l’innalzamento dell’età pensionabile e sui cittadini con i tagli agli enti locali che si tradurranno in una diminuzione dei servizi. Non prevede uno straccio di riforma, non mette in campo nessuna azione di sostegno allo sviluppo o a difesa dei redditi. Non pensa al futuro".

Lo schema che sta dietro alla manovra studiata a Palazzo Chigi è chiaro, Epifani lo sintetizza così: "Se sono un cittadino che guadagna 500 mila euro l'anno non dò neanche un centesimo alla manovra di risanamento, se sono un ricercatore, precario, impiegato, insegnate dò molto. Se sono un lavoratore Fiat devo comunque lavorare di più per aiutare il mio paese". Uno schema inaccettabile. "I sacrifici non li può fare solo una parte del paese", avverte il segretario della Cgil. Anche perché si tratta di sacrifici pesantissimi. Con ricadute drammatiche sull’occupazione. I conti che abbozzano Domenico Pantaleo leader di Flc-Cgil, e Rossana Dettori, segretario di Funzione pubblica, parlano di 1000 precari della ricerca, 26.500 precari dell'università, 20 mila insegnanti e 45 mila precari del pubblico impiego che non avranno riconfermato il contratto perché la manovra ha deciso di dimezzare i fondi. Mentre per effetto del blocco del turn over salteranno 90 mila nuovi posti di lavoro. Per chi resta in servizio aumenta il lavoro e si bloccano i contratti. Mentre i tagli agli enti pubblici avranno una ricaduta drammatica sul lavoro delle cooperative sociali, che operano nei nidi e nell’assistenza agli anziani. La scuola sarà assai penalizzata.

La Cgil è la prima a pensare che ci voglia una manovra per correggere i conti pubblici, "anche perché noi, diversamente da altri, il debito pubblico non lo abbiamo mai dimenticato", spiega Epifani. Ma non così. La Cgil ha le sue proposte: una "addizionale di solidarietà per il futuro dei nostri giovani" sui redditi sopra ai 150mila euro; ripristinare l'Ici almeno sui redditi superiori a 90-100mila euro; aumentare dal 5 al 7% la tassazione per il rientro dei capitali.

Anche il resto d’Europa ha scelto un’altra strada, osserva Epifani: Zapatero ha appena varato una manovra aggiuntiva di 5 miliardi a cui corrisponde un prelievo sui redditi medio alti e Cameron "che non è un pericoloso estremista", tassa di 6 miliardi le banche, mentre anche Angela Merkel ha dato il via a una operazione di tassazione che ridistribuisce i sacrifici su tutti. "Di quell’equità ad ora nella manovra italiana non c’è traccia", attacca il segretario della Cgil, che si cita le parole del presidente della Repubblica. E chiede al Parlamento di tenere conto del suo richiamo. "Sacrifici e rigore sì - ripete con Napolitano - ma con equità". E politiche che sostengano sviluppo e occupazione.

27 maggio 2010

 

 

 

Corte dei Conti: attenti a difficoltà enti locali

La Corte dei Conti invita a "guardare con maggiore attenzione (e preoccupazione)" alle "prime difficoltà" che emergono nella finanza degli enti locali, "soprattutto in coincidenza con la impegnativa fase di attuazione del federalismo, in cui il processo di decentramento della spesa sarà completato da una maggiore autonomia fiscale". La magistratura contabile, nella Relazione al Parlamento sui primi esiti dell'esame dei rendiconti di comuni e province, evidenzia che nell'esercizio 2008 "emergono le prime difficoltà nella finanza degli enti locali che devono essere in parte messe in relazione alla crisi che iniziava a manifestarsi attraverso la pur lieve riduzione del Pil nominale".

27 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-26

Manovra, il Cdm dice sì. Cgil e Regioni la bocciano.

Lo Stato deve costare di meno, non sarà una manovra punitiva ed è un provvedimento che ci chiede l'Europa. Sarebbe stato questo il ragionamento che il premier avrebbe fatto in consiglio dei ministri, secondo quanto riferiscono fonti di governo. La conferenza stampa che doveva illustrare la manovra appena varata dal Cdm, però, non c'è stata. La manovra è stata approvata in via definitiva, ma come dice un ministro "devono essere effettuate ancora alcune limature a parti tecniche". Un testo definitivo del decreto legge che compone la manovra ancora non esiste. Proprio per una prima verifica di queste "limature", appena finito il consiglio dei ministri è iniziata a palazzo Chigi una riunione sulla manovra.

Il consiglio dei ministri era iniziato in ritardo di circa un'ora e mezza a causa di un incontro ristretto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ed il sottosegretario Gianni Letta per mettere a punto le questioni apparse ancora problematiche dopo il preconsiglio che si era tenuto nel pomeriggio.

La conferenza stampa di illustrazione della manovra sarà fatta dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti domani nel pomeriggio come riferisce un'altra fonte governativa.

Il ministro dell'Economia era ricorso a una citazione latina ("Primum vivere deinde philosophari") per illustrare nel pomeriggio alle parti sociali la necessità della manovra economica 2011-2012, indicando che "l'obiettivo fondamentale è quello di ridurre il debito pubblico". L'incontro, avvenuto a palazzo Chigi, serviva per concordare una "strategia comune" tra governo e parti sociali. O meglio, questo era l'obiettivo di Tremonti che si è visto però chiudere la porta in faccia dal segretario della Cgil Guglielmo Epifani: "È una manovra iniqua". Ma torniamo all'incontro. Per Tremonti ''la riduzione della spesa pubblica e' un percorso obbligato'' ma, ha aggiunto, nela manovra c'e' ''anche un maxi contrasto all'evasone fiscale''. Cosi' come un sostegno ''al cambiamento del modello produttivo basato sul nuovo modello contrattuale''. La manovra 2011-2012 comporta misure ''in parte di contenimento'' ma anche ''in parte di sviluppo'', avrebbe poi detto Tremonti, annunciando che ci sara' il congelamento dei contratti pubblici: il cedolino degli stipendi dei lavoratori del pubblico impiego restera' quello di prima, non un euro in piu'.

Il ministro dell'Economia ha anche parlato alle parti sociali di un lungo elenco di società e enti che, con i tagli previsti dalla manovra 2011-2012, saranno sciolti. Un taglio che ''non sara' simbolico'', avrebbe detto il ministro. Da Tremonti la conferma che ci saranno ''parecchi tagli'' e ''significative riduzioni dei trasferimenti'' agli enti locali. Inoltre, avrebbe detto ancora il ministro, ''il federalismo fiscale fara' risparmiare''.

Immediato lo sfogo di Vasco Errani: 'Non ci sono state fornite le cifre in modo chiaro e puntuale e anche questo e' un problema: e' difficile partecipare ad uno sforzo di governo della spesa pubblica senza sapere quali sono i riferimenti complessivi'', ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni al termine dell'incontro col governo sulla manovra a Palazzo Chigi.

''Ci sono rischi per l'attuazione del federalismo?'', gli e' stato chiesto. ''Se per esempio il governo si trattenesse tutte le risorse relative a quelli che erano i fondi per l'attuazione delle Bassanini - ha risposto Errani - il federalismo fiscale non avrebbe piu' nulla da attuare: c'e' bisogno di chiarezza per fare una manovra seria, che non sia recessiva, vogliamo fare la nostra parte ma in modo da poter svolgere ognuno la sua funzione''. Sul condono, infine, Errani ha detto che si parla di regolarizzazione catastale sulle case fantasma ma ''se si regolarizza una casa senza nessuna concessione edilizia - ha puntualizzato - si tratta di fatto di un condono''.

''Leggendo le prime bozze che circolano, non mi pare ci sia molto. Anzi. Questa e' una manovra depressiva. E' solo un giro di specchi''. Cosi' Pier Luigi Bersani ha commentato da Pechino, dove si trova per il forum politico Europa-Cina, le linee della manovra economica che il governo varera' questa sera. ''Non si affronta nulla di strutturale, tagli indiscriminati e nessuna crescita'', ha aggiunto.

Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha iniziato il suo intervento chiedendo chiarimenti sulle misure relative a finestre per le pensioni e buonuscita per i dipendenti pubblici. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, avrebbe replicato ribadendo che sulle pensioni non sono previsti interventi strutturali. Intervenire sulle finestre, avrebbe detto il ministro, ''e' solo uno spostamento dell'erogazione della pensione''.

''Il grosso dei sacrifici lo si chiede sempre ai lavoratori, pubblici e privati'' e non c'e nessuna misura ''di sostegno a occupazione e investimenti. Quindi e' una manovra che non mantiene un profilo di equità'', ha dichiarato a questo punto Epifani, aggiungendo che la manovra ''va quindi cambiata in Parlamento''.Per la Cgil, ha detto Epifani, ''non e' in discussione che ci voglia una manovra correttiva come fanno altri Paesi. Continuo a rammaricarmi - ha quindi aggiunto il leader della Cgil - del fatto che il governo aveva detto che eravamo in una situazione di tranquillita' e non era vero''. ''Un giudizio definitivo lo daremo alla lettura del testo'' ma ''non e' in discussione che vi voglia una correzione'', ha spiegato Epifani dopo l'incontro a Palazzo Chigi tra governo e parti sociali.

''La manovra mantiene un profilo di iniquita' sociale: un reddito da un milione di euro non viene toccato, ma un lavoratore pubblico che guadagna 1.500 euro si', cosi' come un lavoratore privato che deve andare in pensione''. Per la Cgil ''resta un giudizio di fondo: il grosso dei sacrifici e' per i lavoratori poubblici e privati''

Critica anche la posizione del giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino sulla manovra, che si e' dice ''sbalordito'' per ''l'azzeramento dell'Autorita' indipendente per la valutazione e la trasparenza nelle amministrazioni pubbliche, parte della riforma Brunetta nata da un accordo tra maggioranza e PD''. Ne ha parlato a Genova a margine delle celebrazioni per i 60 anni della Cisl. ''Che si debba dare il segnale del massimo rigore nei conti pubblici e' fuori discussione - ha affermato Ichino -. Quello che e' stupefacente e' che in questo momento in cui come forse non mai e' indispensabile saper distinguere tra sprechi e spese utili, rami secchi e corpo vivo dell'amministrazione pubblica, le rendite e la retribuzione del lavoro produttivo, il governo azzera cio' che e' stato fatto in questi due anni anche con un forte, responsabile, costruttivo contributo dell'opposizione, perche' viene azzerata l'Autorita' indipendente per la valutazione e la trasparenza nelle amministrazioni pubbliche, strumento cardine per quella distinzione''.

''Si torna cosi' a porsi nelle condizioni per cui i tagli diventano indiscriminati, i cosiddetti tagli orizzontali - ha proseguito Ichino - che non distinguono tra cio' che va tagliato e potrebbe essere tagliato anche molto di piu' e cio' che invece ferisce nel vivo il corpo produttivo del Paese. Questo e' un errore clamoroso che non possiamo perdonare al governo''.

''Questo e' il momento di andare a fondo nella liberalizzazione dei servizi alle famiglie e alle imprese invece di tornare indietro con misure di tipo corporativo. Questo e' il momento di fare la riforma del Welfare e del mercato del lavoro, altro che come dice Sacconi, 'in un periodo di crisi non si fanno le riforme'. Il periodo di crisi e' il momento in cui si devono fare le riforme. Anche per questo aspetto c'e' un dissenso profondo rispetto alla linea del governo'', ha detto il giuslavorista. ''Il messaggio positivo che dobbiamo lanciare ai mercati per ridare fiducia nel sistema Italia non e' solo l'equilibrio dei conti pubblici, ma e' anche la capacita' dell'Italia di tornare a crescere, ad essere competitiva sul terreno internazionale. Per questo non bastano i conti pubblici in ordine - ha proseguito Ichino - ma occorre anche guarire quel male oscuro di cui soffre da vent'anni la nostra economia, che negli ultimi vent'anni e' cresciuta la meta' della media del resto dell'UE ed in questo periodo di crisi ha perso piu' di quanto abbiano perso in media gli altri Paesi europei''. ''Questo male oscuro lo si cura incidendo nelle piaghe e nelle tare del nostro sistema e quindi questo e' il momento di fare le riforme''.

25 maggio 2010

 

 

 

Manovra, Letta: sacrifici duri. Napolitano: "Serve equità"

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

"La manovra conterrà sacrifici molto pesanti, molto duri, che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria, con una temporaneità già definita, per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia". Con queste parole Gianni Letta "blinda" la Finanziaria lacrime e sangue di Giulio Tremonti, una stangata che pare tornata al livello di 24 miliardi in due anni, senza contare però gli effetti correttivi già in vigore da quest’anno. Nella tumultuosa vigilia degli incontri ufficiali previsti per oggi (giornata infernale: prima i tavoli con enti locali e parti sociali, poi il consiglio dei ministri) poche ore prima del difficilissimo vertice in casa Pdl, il sottosegretario alla presidenza del consiglio lancia un allarme da ultima spiaggia. Del tipo: la casa brucia, bisogna correre ai ripari. La speculazione è in agguato, l’Italia rischia tanto quanto gli altri Paesi mediterranei. Gli fa eco il neogovernatore del Piemonte Roberto Cota, che fa appello alla "responsabilità di tutti". Infine, poco prima dell’incontro in via dell’Umiltà, interviene Maurizio Gasparri. "Chi ha di più dovrà sacrificarsi", dichiara spargendo un "fumo" di equità su una manovra che in realtà colpisce soprattutto il lavoro dipendente. Nel Palazzo della politica il cerchio si è già chiuso ieri sera: Pdl e Lega, Stato centrale e Regioni: tutti blindano il titolare dell’Economia. Anche se sotto la cenere i carboni sono ancora ardenti, per via dei tagli dolorosissimi che si preparano per il Paese.

La scure si abbatte sulla parte più debole della popolazione. Finora il tesoro aveva parlato di falsi invalidi. Ieri sera il ministro ha annunciato un taglio agli invalidi veri: per ottenere l’assegno la percentuale di invalidità sale dal 74 all’80%. Quanto alla sanità, sembra scongiurata l’introduzione di nuovi ticket. Si punta all’ implementazione del progetto tessera sanitaria, prosecuzione dei piani di rientro per le regioni, sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle regioni commissariate fino al 31 dicembre 2010, potenziamento del meccanismo di acquisti centralizzati, e controllo della spesa farmaceutica. In generale il comparto sanità è chiamato a contribuire con un taglio alla spesa sui farmaci e una riduzione dei trasferimenti di 418 milioni di euro per 2011 e di 1,132 miliardi per il 2012. Forte l’intervento sulla spesa per i farmaci, con il recupero extra sconti praticati dai grossisti ai farmacisti e la riduzione della distribuzione ospedaliera di farmaci. Il testo prevede anche pesanti interventi sulle pensioni. Slittano di sei mesi le finestre d’uscita e si prevede un’accelerazione dall’adeguamento dell’età pensionabile delle donne della pubblica amministrazione. Invalidi, malati e infine lavoratori dipendenti. I pubblici avranno stipendi bloccati ai livelli del 2009. Deboli restano i dipendenti pubblici, i cui stipendi restano fermi al 2009 per i prossimi tre anni. Accantonata la riforma Brunetta, i rinnovi sono sospesi, gli scatti di anzianità degli insegnanti cancellati (risparmi per 322 milioni all’anno). In sostanza hanno la stessa sorte degli altri dipendenti pubblici, così come al dicastero di Viale Trastevere è chiesto il taglio dei costi di funzionamento del 10% . Non si bloccano gli insegnanti di sostegno.

Ma Tremonti ha una freccia al cuo arco: punta a far pagare la politica, ascrivendosi il merito dell’assalto alla casta. In un solo colpo decreta il taglio del 10% degli stipendi di ministri e sottosegretari, e dimezza il contributo pubblico ai partiti. Sforbiciata anche per i dirigenti pubblici (con diverse quote), misura che eprò è a forte rischio incostituzionalità. Da un euro a voto a 50 centesimi. La somma recuperata è di circa 170 milioni. Se le disposizioni resteranno tali, il Pdl passerà a 31, il Pd a 27 e la Lega si fermerà a poco più di sei milioni. Sono chiamati a contribuire gli enti locali, con un taglio di 800 milioni ai Comuni e di circa 4 miliardi alle Regioni. Il taglio dei costi della politica andrà a finanziare le casse integrazioni. Nonostante le smentite, resta il condono sotto le mentite spoglie della regolarizzazione delle case fantasma, con una sanzione ridotta di un terzo. Altri risparmi riguardano lo svuotamento dei fondi inutilizzati negli ultimi tre anni e l’abolizione di enti pubblici.

25 maggio 2010

 

 

 

 

Ticket, pedaggio Gra: cosa cambia

Statali, pensioni, invalidità, ticket, nuovi pedaggi per gli automobilisti: ecco cosa cambia per le tasche degli italiani.

Ticket e sanità

Dal primo luglio ticket sulle prestazioni sanitarie di assistenza. 7,5 euro per la ricetta, per i cittadini esenti il ticket sarà di tre euro e scenderà a 2 il prossimo anno.

In pensione più tardi

Le finestre per le pensioni di vecchiaia passano da 4 a 2. Dal 2011 i dipendenti che maturano il requiesto nel corso del primo semestre andranno in pensione il primo gennaio successivo.

Tfr ritardato

Il Trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi

dal pensionamento.

Pedaggio G.R.A.

Il Grande raccordo anulare, l’anello di asfalto che circonda Roma per oltre sessanta chilometri, potrebbe non essere più gratis. La finanziaria prevede un pedaggio.

Pensioni di invalidità

A partire da gennaio le domande per gli assegni di accompagnamento non saranno accolte se il reddito personale supera i 25mila euro e 38mila nel caso di reddito cumulato.

Tagli a enti pubblici

Le Regioni contribuiranno alla manovra con un miliardo nel 2011 e 1,6 miliardi nel 2012. Tagli ai trasferimenti per 418 milioni e 1,1 miliardi dal 2011.

Soppressione enti (Isae)

Chiude l’Isae, Istituto di studi e analisi economica e le sue funzioni e i suoi dipendenti a tempo indeterminato passano al ministero dell’Economia. Soppresso anche l’Isfol.

Tagli ai ministeri

Tagli a tutti i ministeri. Le spese saranno ridotte dell’8% per il triennio 2011-2013. Esclusi il fondo ordinario delle università, le risorse per la ricerca.

... e ai parlamentari

Il trattamento economico di ministri e sottosegretari membri del Parlamento viene tagliato del 10% a partire dal 2010. Stessa sorte per i collaboratori diretti del ministero.

Blocco turn over

Per gli statali il blocco del turn over prorogato fino al 2013. Le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta.

Tagli alla Difesa

Passo indietro sulla Difesa Spa. Niente rinnovo contrattuale per il 2008 - 2009. Una misura che riguarda militari e Polizia. Risparmi dai 200 ai 700 milioni di euro.

Evasione fiscale

Nuovo redditometro sintetici a tappeto. Nel disegno di legge ci saranno nuove norme per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Torna anche la tracciabilità.

Condono edilizio

I 2,5 milioni di case fantasma presenti nel territorio potrebbero essere regolarizzate con il pagamento delle imposte relative agli ultimi anni. Atteso un gettito di 6 mld.

Blocco dei contratti

Non si rinnovano i contratti del pubblico impiego per il triennio 2010-2013. I statali riceveranno solo l’indennità di vacanza contrattuale.

Grandi eventi

Colpo alla Protezione Civile spa. Tutti i fondi destinati ai grandi eventi devono avere il benestare del Tesoro. Il ruolo di Bertolaso si riduce molto. La norma avrebbe fatto infuriare Letta.

23 maggio 2010

 

 

 

2010-05-25

Manovra, Letta: sacrifici duri. Napolitano: "Serve equità"

Il governo accelera e non nasconde più le carte. Anzi dice senza mezzi termini dall'autorevole voce di Gianni Letta che la manovra sarà "dura, con sacrifici molto pesanti" anche se, si spera, temporanei. A circa 24 ore dal varo della manovra da 24 miliardi, l'impianto si delinea sempre più anche se le voci - soprattutto sui condoni - si rincorrono tra smentite e cambi di rotta. Ma che si debba fare sul serio ormai tutti, compresa l'opposizione, ne sono convinti.

Lo è lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dall'America sottolinea come "in tutta Europa occorre ridurre il debito pubblico" e che per farlo "occorrono sacrifici distribuiti con equità tra i cittadini". Il capo dello Stato si è anche appellato a maggioranza e opposizione affinché la prima prenda decisioni "responsabilmente" e la seconda le "condivida".

Il rischio-Grecia, spiega ancora Gianni Letta che, per primo, risponde all'appello di "metterci la faccia" accanto alla parola "sacrifici", rivolto dal nipote (il vicesegretario del Pd, Enrico) al Governo, c'è e va evitato. E allora, "per salvarci", quei sacrifici "siamo costretti a prenderli" anche se - dice il sottosegretario alla presidenza del consiglio -"spero in maniera provvisoria e con una temporaneità anche già definita".

Sarà il premier Silvio Berlusconi ad illustrare le misure economiche messe a punto per il 2011-2012 domani mattina a parti sociali ed enti locali, per arrivare al varo della manovra, salvo imprevisti, in un consiglio dei ministri domani stesso alle 18. Una manovra che, tra oneri da rifinanziare per il 2010 e i 12 miliardi previsti rispettivamente per il 2011 ed il 2012 dovrebbe in realtà arrivare a toccare l'ammontare complessivo dei 27 miliardi e che sembra in linea più con il risanamento senza austerity francese che con la drastica maxi-manovra tedesca.

Si accelera, dunque ed il ministro Giulio Tremonti - che ha convocato la consulta economica del Pdl per cercare la condivisione sulla manovra con i tre coordinatori del partito i capigruppo, i vice ed alcuni ministri - vince la sua battaglia del rigore su almeno tre punti della partita: taglio del 10 per cento degli stipendi ai manager pubblici, finestre di accesso alle pensioni, tracciabilità del contante. In un vorticoso giro di consultazioni tra tecnici e politici in filo diretto con Berlusconi ad Arcore, la manovra economica sta prendendo corpo ed il portavoce del premier Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, spiega a sua volta che "non si metteranno le mani nelle tasche degli italiani e non ci saranno quindi nuove tasse", senza però negare che anche per l'Italia "è arrivato il momento dei sacrifici". Si parte dall'assunto, spiega Bonaiuti, che "in un periodo di riduzione generale delle spese è giusto che chi guadagna di più dia un segnale equo al Paese". Ma si evitano, come aveva assicurato anche il premier Berlusconi nel fine settimana, interventi di "macelleria sociale". La consultazione con imprese e sindacati è stata continua, anche se l'incontro con le parti sociali, che era previsto per oggi, slitta a domani, a ridosso della riunione del consiglio dei ministri.

Fredda, anche se in attesa di poter conoscere i contenuti, l'opposizione che, al momento con il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, già definisce la manovra "un pasticcio" che "non ha nulla di strutturale e che, quindi, non ci metterà al sicuro in termini di finanza pubblica".

24 maggio 2010

 

 

 

icket, pedaggio Gra: cosa cambia

Statali, pensioni, invalidità, ticket, nuovi pedaggi per gli automobilisti: ecco cosa cambia per le tasche degli italiani.

Ticket e sanità

Dal primo luglio ticket sulle prestazioni sanitarie di assistenza. 7,5 euro per la ricetta, per i cittadini esenti il ticket sarà di tre euro e scenderà a 2 il prossimo anno.

In pensione più tardi

Le finestre per le pensioni di vecchiaia passano da 4 a 2. Dal 2011 i dipendenti che maturano il requiesto nel corso del primo semestre andranno in pensione il primo gennaio successivo.

Tfr ritardato

Il Trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi

dal pensionamento.

Pedaggio G.R.A.

Il Grande raccordo anulare, l’anello di asfalto che circonda Roma per oltre sessanta chilometri, potrebbe non essere più gratis. La finanziaria prevede un pedaggio.

Pensioni di invalidità

A partire da gennaio le domande per gli assegni di accompagnamento non saranno accolte se il reddito personale supera i 25mila euro e 38mila nel caso di reddito cumulato.

Tagli a enti pubblici

Le Regioni contribuiranno alla manovra con un miliardo nel 2011 e 1,6 miliardi nel 2012. Tagli ai trasferimenti per 418 milioni e 1,1 miliardi dal 2011.

Soppressione enti (Isae)

Chiude l’Isae, Istituto di studi e analisi economica e le sue funzioni e i suoi dipendenti a tempo indeterminato passano al ministero dell’Economia. Soppresso anche l’Isfol.

Tagli ai ministeri

Tagli a tutti i ministeri. Le spese saranno ridotte dell’8% per il triennio 2011-2013. Esclusi il fondo ordinario delle università, le risorse per la ricerca.

... e ai parlamentari

Il trattamento economico di ministri e sottosegretari membri del Parlamento viene tagliato del 10% a partire dal 2010. Stessa sorte per i collaboratori diretti del ministero.

Blocco turn over

Per gli statali il blocco del turn over prorogato fino al 2013. Le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta.

Tagli alla Difesa

Passo indietro sulla Difesa Spa. Niente rinnovo contrattuale per il 2008 - 2009. Una misura che riguarda militari e Polizia. Risparmi dai 200 ai 700 milioni di euro.

Evasione fiscale

Nuovo redditometro sintetici a tappeto. Nel disegno di legge ci saranno nuove norme per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Torna anche la tracciabilità.

Condono edilizio

I 2,5 milioni di case fantasma presenti nel territorio potrebbero essere regolarizzate con il pagamento delle imposte relative agli ultimi anni. Atteso un gettito di 6 mld.

Blocco dei contratti

Non si rinnovano i contratti del pubblico impiego per il triennio 2010-2013. I statali riceveranno solo l’indennità di vacanza contrattuale.

Grandi eventi

Colpo alla Protezione Civile spa. Tutti i fondi destinati ai grandi eventi devono avere il benestare del Tesoro. Il ruolo di Bertolaso si riduce molto. La norma avrebbe fatto infuriare Letta.

23 maggio 2010

 

 

 

 

Aumentano i nuovi poveri Rapporto Cgil sui Diritti globali 2010

La crisi tocca anche i ceti medi: 1,8 milioni di famiglie giovani, a reddito medio alto, soffrono a causa del mutuo per la casa, che porta il 56,5% di loro ad arrivare con difficolta' alla fine del mese, e il 54% a non poter accantonare un solo euro. E' l'allarme del Rapporto sui diritti globali, 2010, presentato oggi a Roma e che vede anche una ''ricetta'' presentata dal leader della Cgil, Guglielmo Epifani: e' necessario costruire "un nuovo modello sociale ed economico per rispondere tempestivamente ed efficacemente alle urgenze del nostro mondo". Il rapporto e' stato realizzato anche quest'anno dalla Cgil, insieme ad Arci, Actionaid, Antigone, Cnca, fondazione Basso, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente.

- EPIFANI: "Se e' vero, come molti sostengono - spiega Epifani - che la crisi puo' essere anche una opportunita', allora il ventunesimo secolo dovra' caratterizzarsi come il secolo della prosperita' condivisa e della riduzione dei differenziali di reddito, non a causa dell'impoverimento dei Paesi piu' ricchi ma in ragione della crescita di quelli piu' poveri".

- DEBITI DELLE FAMIGLIE ITALIANE

Secondo il Rapporto, nel 2009 le famiglie italiane si sono indebitate per 524 miliardi di euro, piu' del 2008, 21.270 euro per ogni cittadino. Per i lavoratori dipendenti, il debito annuo e' di 15.900 euro, il 79,4% per la casa e il resto per consumi diversi.

- IMMIGRATI E LA CRISI

La crisi ovviamente riguarda anche gli immigrati. Secondo il rapporto, essi tagliano sulle rimesse al paese di origine: meno 10% nel 2008, con un invio mensile medio di 155 euro a fronte dei 171 del 2007.

- SFRATTI, E' VERA EMERGENZA SOCIALE

Entro il 2011, si stima che 150 mila famiglie italiane saranno sfrattate e perderanno cosi' la loro casa. L'affitto incide sui redditi dei pensionati e lavoratori dipendenti tra il 30 e 70%. Nel 2008 risulta un 18,6% in piu' di sfratti esecutivi rispetto al 2007. In Italia i

senza tetto sono stimati tra 65 mila e 120 mila.

- 85% IMMIGRATI A CONTRATTO CASA ILLEGALE

Le famiglie straniere in affitto sono 1 milione e 300 mila, pari a 4 milioni di persone. L'85% ha un contratto non registrato o registrato per un canone inferiore al reale, ''l'affitto di posti letto avviene in piena violazione delle norme, l'addebito di spese

condominiali va spesso oltre il consentito e il legale, gli alloggi sono senza dotazioni minime ne' certificazioni''.

- ANZIANI IN CASE IN CONDIZIONI MEDIOCRI

Il 77,4% degli over 65 abita in case di proprieta', 8 su circa 10 milioni di anziani, tuttavia nel 32,9% dei casi le abitazioni sono in condizioni mediocri o pessime, costruite prima del 1961 (il 48%) e prima del 1945 (il 27%), non sono state sottoposte a interventi di manutenzione, l'11,5% delle case e' riscaldato con dispostivi di fortuna, e il 37% non dispone di un ascensore.

- ... E CON TASSE PIU' ALTE RISPETTO A UE

Tasse pesanti per gli anziani nel nostro paese rispetto ai coetanei europei: a parita' di reddito annuo lordo di 13.700 euro, un pensionato italiano si porta a casa 11.631 euro, uno tedesco e uno francese l'intera somma di 13.700 euro, uno spagnolo ha un netto di 13.426, un inglese di 13.480.

- SEGIO, PER MANAGER STIPENDI MILIONARI

Secondo il coordinatore del Rapporto, Sergio Segio, "mentre la crisi brucia utili e ricchezza, impoverendo il convento, i frati sono sempre piu' pasciuti", "i manager hanno portato a casa stipendi e bonus milionari". Nell'elenco dei piu' pagati, Segio mette i manager Pirelli: ''per primo Carlo Puri Negri (ex vicepresidente esecutivo di Pirelli Re) con 14 milioni di euro, nonostante la

societa' abbia chiuso l'anno con un passivo di 104 milioni; poi vengono Claudio De Conto (ex direttore generale di Pirelli) con 7,3 milioni e Marco Tronchetti Provera (presidente di Pirelli) con 5,6 milioni". Segio cita anche i top manager Fiat, nell'anno delle ristrutturazioni e degli annunci di lacrime e sangue: l'ad Sergio Marchionne, ha percepito 4 milioni e 782 mila euro, poco meno dell'ex presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo che ha incassato, sempre nel 2009, cinque milioni e 177 mila euro"

24 maggio 2010

 

 

 

2010-05-23

Tcket, pedaggio Gra: cosa cambia

Statali, pensioni, invalidità, ticket, nuovi pedaggi per gli automobilisti: ecco cosa cambia per le tasche degli italiani.

Ticket e sanità

Dal primo luglio ticket sulle prestazioni sanitarie di assistenza. 7,5 euro per la ricetta, per i cittadini esenti il ticket sarà di tre euro e scenderà a 2 il prossimo anno.

In pensione più tardi

Le finestre per le pensioni di vecchiaia passano da 4 a 2. Dal 2011 i dipendenti che maturano il requiesto nel corso del primo semestre andranno in pensione il primo gennaio successivo.

Tfr ritardato

Il Trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi

dal pensionamento.

Pedaggio G.R.A.

Il Grande raccordo anulare, l’anello di asfalto che circonda Roma per oltre sessanta chilometri, potrebbe non essere più gratis. La finanziaria prevede un pedaggio.

Pensioni di invalidità

A partire da gennaio le domande per gli assegni di accompagnamento non saranno accolte se il reddito personale supera i 25mila euro e 38mila nel caso di reddito cumulato.

Tagli a enti pubblici

Le Regioni contribuiranno alla manovra con un miliardo nel 2011 e 1,6 miliardi nel 2012. Tagli ai trasferimenti per 418 milioni e 1,1 miliardi dal 2011.

Soppressione enti (Isae)

Chiude l’Isae, Istituto di studi e analisi economica e le sue funzioni e i suoi dipendenti a tempo indeterminato passano al ministero dell’Economia. Soppresso anche l’Isfol.

Tagli ai ministeri

Tagli a tutti i ministeri. Le spese saranno ridotte dell’8% per il triennio 2011-2013. Esclusi il fondo ordinario delle università, le risorse per la ricerca.

... e ai parlamentari

Il trattamento economico di ministri e sottosegretari membri del Parlamento viene tagliato del 10% a partire dal 2010. Stessa sorte per i collaboratori diretti del ministero.

Blocco turn over

Per gli statali il blocco del turn over prorogato fino al 2013. Le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta.

Tagli alla Difesa

Passo indietro sulla Difesa Spa. Niente rinnovo contrattuale per il 2008 - 2009. Una misura che riguarda militari e Polizia. Risparmi dai 200 ai 700 milioni di euro.

Evasione fiscale

Nuovo redditometro sintetici a tappeto. Nel disegno di legge ci saranno nuove norme per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Torna anche la tracciabilità.

Condono edilizio

I 2,5 milioni di case fantasma presenti nel territorio potrebbero essere regolarizzate con il pagamento delle imposte relative agli ultimi anni. Atteso un gettito di 6 mld.

Blocco dei contratti

Non si rinnovano i contratti del pubblico impiego per il triennio 2010-2013. I statali riceveranno solo l’indennità di vacanza contrattuale.

Grandi eventi

Colpo alla Protezione Civile spa. Tutti i fondi destinati ai grandi eventi devono avere il benestare del Tesoro. Il ruolo di Bertolaso si riduce molto. La norma avrebbe fatto infuriare Letta.

23 maggio 2010

 

 

 

 

 

Manovra, Tfr congelato per tre anni

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Quel centinaio di articoli che circolano nelle stanze del Palazzo sono una bomba a orologeria. Nella bozza della manovra Giulio Tremonti ha azzerato tutti i centri di potere fin qui costruiti dai suoi alleati/concorrenti. In una fitta rete di articoli viene demolito l’impero Bertolaso: aboliti i grandi eventi, depotenziati gli interventi d’emergenza, ordinanze sottoposte al controllo del ministero dell’Economia, limitate le deroghe per le assunzioni. Come dire: il plenipotenziario delle calamità non esiste più.

Sarà forse per questo che voci parlamentari riferiscono di un Tremonti accerchiato da colleghi di governo inferociti, incluso il "semprecalmo" Gianni Letta? Se Letta piange, La Russa non ride. E con lui il suo attivissimo sottosegretario Guido Corsetto, vero "inventore" della Difesa Spa, oggi abrogata con un tratto di penna. Senza tanti giri di parole se ne va la "scatola magica" da cui Corsetto prometteva di far sgorgare fiumi di risorse per lo Stato, con diritti d’immagine su marchi e divise militari e con la gestione degli immobili. Così come si riduce il fondo per il riordino delle carriere militari (cui attinge anche la polizia): colpiti gli ambienti vicini all’area finiana. Furioso pare sia anche Renato Brunetta, che si è visto congelare tutte le sue "rivoluzioni". L’accusa per il ministro è sempre la stessa: fa il gioco della Lega. Il partito di Bossi è pronto ad accettare anche una tosatura agli enti locali, pur di blindare il titolare del Tesoro e correre verso il federalismo. Ma la pressione su Tremonti è diventata quasi ingestibile: i conti vanno peggio di quanto si dica e il governo è in tumulto. La data di martedì per il varo a questo punto appare sempre più incerta.

Ministri a parte, la manovra fa piangere soprattutto i cittadini, in particolare quelli meno rappresentati dal Carroccio (i dipendenti pubblici) e chi rispetta le regole. L’impianto complessivo si basa, come sempre, su una tantum. Dopo lo scudo, ora arriva la sanatoria edilizia, che le indiscrezioni cifrano per 5-6 miliardi, una somma assolutamente irrealistica dopo i condoni già passati. Indiscrezioni inquietanti anche sul fronte dei pubblici. Gli uffici starebbero preparando una misura sulle liquidazioni molto dura: il Tfr sarebbe spalmato in tre anni, anziché erogato entro tre (o sei) mesi dal pensionamento. Per l’intera platea degli statali si prospettano anni di impoverimento. Nella scuola si prevede che "per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario gli anni 2010-11-12 (cioè già da quest’anno, ndr) non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali".

Niente scatti, niente progressioni: tutto perso. Sui rinnovi contrattuali si scrive che "non si dà luogo, e senza possibilità di recupero". La spesa per consulenze, convegni, sponsorizzazioni, missioni e formazione è dimezzata rispetto ai livelli del 2009: l’Italia torna indietro. Il testo circolante conferma il taglio per ministri e membri del governo (-10%). Sui dirigenti è previsto un taglio del 5% sulla quota variabile e nessun aumento al rinnovo. In generale, poi, c’è il taglio del 10% sugli stipendi superiori ai 75mila euro. Ma tutta questa partita potrebbe subire una frenata per via delle minacce di ricorsi già partite dalle associazioni di categoria. Stangata nella sanità: ticket di 7,5 euro per i non esenti e di 3 euro per gli attuali esenti. Sembra sfumare l’ipotesi di un pedaggio sul Grande raccordo anulare. Nebbia fitta sul fronte fiscale, anche perché l’81% delle imprese chiuderà in perdita, dunque niente acconti.

23 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-22

Manovra, un condono edilizio da 6 miliardi di euro

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Silvio Berlusconi frena. Una manovra approvata in corsa, con lo sprint impresso da Giulio tremonti per arrivare al varo già martedì, non va giù al premier, che chiede prima un passaggio nel partito per "una sintesi politica". Così potrebbe slittare la data di martedì, fino a ieri indicata come quella del varo. Resta il fatto che al Tesoro si corre: oggi potrebbe arrivare sui tavoli dei tecnici una nuova bozza, rimasta finora sulle scrivanie di un circolo ristretto di collaboratori del ministro. Sarà quella la base della manovra, e non è detto che gli assi portanti siano molto diversi da quelli filtrati finora. In ogni caso, che si slitti o meno, i dipendenti del Tesoro sono chiamati tutti al lavoro nel fine settimana.

Medici e dirigenti

Berlusconi fiuta il malcontento che già si propaga nella società. I dirigenti sono pronti alla guerra, e accusano la misura annunciata dal governo (il prelievo del 10% sugli stipendi oltre gli 80mila o 100mila euro) di incostituzionalità. Il fatto è che una manovra così colpirebbe un solo settore, escludendo l’universalità. Insomma, perché si rifiuta un’aliquota fiscale più alta oltre i 100mila euro, che pagherebbero tutti, pubblici e privati? I dirigenti si dicono pronti anche allo sciopero, anche se finora si sono limitati a chiedere un incontro al ministro Renato Brunetta. Resta oscura la platea su cui si abbatterà il prelievo. Lo subiranno anche in Banca d’Italia? "Non credo proprio che si voglia intervenire per legge - commenta un dirigente di Via Nazionale - la banca sa autoregolamentarsi benissimo: è l’unica istituzione pubblica che è riuscita a chiudere 39 filiali, senza scioperi e senza drammi". Come i dirigenti, scendono in trincea anche i medici per gli annunciati tagli alla sanità. L’Anaao-Assomed annuncia lo stato di agitazione. L’Associazione ricorda che "secondo le indiscrezioni i tagli riguarderebbero blocco dei contratti dei dipendenti pubblici fino al 2013; riduzione del 10% degli stipendi superiori a 75mila euro lordi l’anno; il blocco del turnover; reintroduzione dei ticket e tagli al Servizio sanitario; contributi di solidarietà sulle pensioni superiori a 3.500 euro; differimento del pensionamento di 6 mesi con chiusura di una finestra". Una raffica di tagli sugli operatori, che potrebbe avere ripercussioni anche sui malati. In vista anche la riduzione della spesa per l’acquisto di medicinali, che potrebbe portare a risparmi fino a 5 miliardi.

Tracciabilità

Finora non siamo che alle ipotesi. Tra le indiscrezioni più recenti, una riguarda la possibile reintroduzione della tracciabilità, misura introdotta dal governo Prodi, a cui lavorò intensamente l’allora viceministro Vincenzo Visco, ma che fu molto osteggiata dall’allora opposizione in Parlamento. Tanto da essere depotenziata e poi abolita con il nuovo governo. Ora una possibile retromarcia. Verrebbe reintrodotto il divieto da parte dei professionisti di accettare somme in contanti oltre una certa soglia. Oggi tale limite è fissato a 12.500 euro. Resta sul tavolo anche il condono edilizio, cioè la regolarizzazione degli immobili fantasma. Sarebbero circa due milioni le case nascoste al fisco, che potrebbero produrre per lo Stato un incasso fino a 6 miliardi. Confermato alla vigilia lo stop ai rinnovi contrattuali dei pubblici, il congelamento degli scatti e delle progressioni. Allo studio anche l’accorpamento degli enti previdenziali, con l’accorpamento di quelli più piccoli in quelli più grandi, e la formazione di un super-inps. Ancora possibile il taglio agli emolumenti dei politici per il 10 o 15%. Ma resterà così anche dopo il passaggio in Parlamento?

22 maggio 2010

 

 

 

Pd: pagheranno i ceti medio-basso

"Non si vede uno straccio di manovra strutturale, nulla che mette mano al meccanismo per spostare il carico. Il carico è di nuovo sui ceti medio-bassi". Così, dal palco dell'assemblea del Pd, il segretario Pier Luigi Bersani attacca gli annunci sulla manovra da parte del governo. "Dice che non metterà - afferma Bersani - le mani in tasca e poi si parla del ritorno di ticket sanitari. Di che tasche sta parlando?E poi c'è un mega condono in arrivo"

22 maggio 2010

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2010-09-13

Semplificare non è la virtù delle Regioni

di Giorgio SantilliCronologia articolo13 settembre 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:31.

Nelle regioni rosse del centro-nord la legge regionale per il piano casa scadrà a fine dicembre. Mestamente si avvia a esaurimento uno strumento che non è mai decollato e nessuno in Emilia Romagna, Toscana e Umbria ha finora posto la questione di una proroga o di un rinnovo. Dall'altra parte, se si fa eccezione per Giuseppe Scopelliti, che ha approvato di recente il disegno di legge (la Calabria era l'ultima regione a non averlo fatto), gli altri neogovernatori del centro-destra non si sono certo fatti in quattro per mettere il piano casa in cima alle liste delle priorità.

Renata Polverini, per esempio, aveva lamentato i troppi vincoli posti dalla legge Marrazzo, ma per ora nulla ha fatto per rimuoverli. Anche per il leghista Cota la legge Bresso aveva bisogno di correzioni, ma le modifiche non sono ancora pronte. Vedremo se le inziative allo studio si concretizzeranno nelle prossime settimane.

L'inchiesta del Sole 24 Ore conferma che anche sotto il profilo dell'attuazione e delle domande presentate, il piano casa è stato finora un flop su tutto il territorio nazionale, con una parziale eccezione in Sardegna e Veneto, dove hanno pesato sicuramente le azioni di comunicazione e i road show degli assessori per far conoscere lo strumento. Grande delusione per gli ampliamenti, curva piatta per la demolizione e ricostruzione.

Le ricerche più autorevoli (Cresme e Ance) hanno previsto che le domande sarebbero arrivate solo a ripresa del mercato edilizio avviata e che effetti si sarebbero prodotti solo dalla seconda metà del 2011. C'è da chiedersi, però, se i segnali così forti di disinteresse che arrivano dalla realtà non parlino invece di un fallimento definitivo.

È il caso ora di chiedersi se la partita - che presenta scadenze diverse nelle regioni - sia finita qui o non sia giusto invece rilanciarla. Se il piano casa debba restare uno strumento svuotato o non si possa fare invece qualcosa per rilanciarlo, magari cambiandone direzione e finalità. Se non possa, in altre parole, essere reso utile nell'attuazione delle politiche edilizie e urbanistiche anche di quelle regioni e di quei comuni che lo hanno esplicitamente boicottato o implicitamente frenato. Una domanda che va posta, in prima battuta, proprio a quelle amministrazioni di centro-sinistra che hanno approvato con solerzia formale le leggi previste dal protocollo d'intesa con il governo, ma non hanno mai creduto veramente nell'idea berlusconiana. Il cruccio riguarda in particolare la demolizione e ricostruzione, il meno berlusconiano e il più "di sinistra" degli strumenti del piano casa. Il premio di cubatura del 35% per chi butta giù vecchi manufatti e li ritira su rispettando i vincoli urbanistici ed energetici è praticamente l'unico strumento attivo e vigente per una riqualificazione delle nostre città e delle nostre periferie su vasta scala e senza oneri per il bilancio pubblico. È davvero la scelta migliore archiviarlo senza che abbia mai funzionato? O non merita piuttosto di essere aggiustato, riformato, meglio incentivato, adeguato alla realtà, come chiedono Ance e Finco che ritengono il tetto del bonus troppo basso e propongono di portarlo al 50% per garantire il decollo della norma?

 

Si può rispondere che è meglio aspettare strumenti migliori o la riforma della legge urbanistica. Posizioni legittime, ma poco realistiche. La legge urbanistica aspetta una riforma da mezzo secolo e tutti i tentativi sono falliti. Altri strumenti legislativi non si vedono all'orizzonte e sarebbero impraticabili con il fallimento del piano casa. Ogni regione è libera di regolarsi come vuole, ovviamente. Non sarebbe superflua, però, una riflessione comune regioni-governo per convergere su un progetto nazionale a tutto campo di riqualificazione del patrimonio edilizio. Magari mettendoci l'adeguamento antisismico incentivato e l'impatto energetico come obiettivi complementari da raggiungere.

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Avanti tutta dell'Anas: arriva il bando di gara da 150 milioni per il videopedaggiamento

di Nicoletta CottoneCronologia articolo13 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 13:26.

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Non saranno caselli da demolire col piccone come aveva minacciato di fare il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ma un sistema di "free flow", un flusso libero sullo stile di quello delle Ztl. È un sistema di rilevazione satellitare o con videocamere quello su cui punta l'Anas per il sistema di pedaggiamento su autostrade e raccordi autostradali previsto dalla manovra, per il quale è stato pubblicato oggi il bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale. Per il deputato Enrico Gasbarra (Pd) "il bando di gara dell'Anas è il primo passo per un incredibile balzello elettronico che sarebbe una vera tassa per milioni di automobilisti e per il trasporto merci".

Quasi 1.300 chilometri di strade e autostrade gestite da Anas diventeranno a pagamento. "Questa norma - ha spiegati il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci - prevede inanzitutto che le autostrade gestite direttamente da Anas, che sono quasi 1.300 chilometri, tra cui ricordiamo la Salerno-Reggio Calabria, il Raccordo anulare di Roma e l'autostrada per l'aeroporto di Roma Fiumicino, vengano assoggetate a pedaggio e che quindi non siano più gratuite. C'era, inoltre, una norma che prevedeva, nel tempo intercorrente necessario per attivare un sistema di pedaggi sui 1.300 chilometri di strade, di introdurre un onere, un pedaggio forfettario di un euro (o 2 euro in base alla classe di pedaggio).. Questo è il provvedimento transitorio che è stato oggetto di esame da parte del Tar". Conclude Ciucci: "attualmente il decreto è sospeso, non annullato, e attendiamo le decisioni finali della gisutizia amministrativa. Rimane pienamente in vigore e, quindi, Anas è tenuta a dare attuazione a quanto prevede la legge, ovvero al principio generale che la rete autostradale Anas diventa a pedaggio".

Si va avanti, dunque, nonostante il no del Tar Lazio, confermato dal Consiglio di Stato all'aumento transitorio dei pedaggi dai uno a due euro, a seconda della classe di pedaggio, Nei giorni scorsi il presidente di Anas aveva sottolineato che la partita dei rimborsi chiesti dalle associazioni di consumatori (circa 8 milioni di euro) si aprirà solo se il decreto venisse dichiarato illegittimo "toutcourt

L'appalto, da 150 milioni di euro, prevede la fornitura di un sistema di esazione dinamico, senza barriere, da installare per ogni autostrada e raccordo autostradale in gestione diretta Anas. Si va dalla progettazione dell'impianto alla fornitura e installazione delle infrastrutture. Compresi anche impianti, licenze e attività per conseguire il rilascio in esercizio del sistema, servizi di controllo e manutenzione del sistema e dei componenti, servizi di gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi, oltre a servizi di "training on the job" alle strutture Anas per la gestione dei sistemi di esazione, fino al subentro nella gestione stessa. La gara, precisano dagli uffici di via Mozambano, sarà assegnata all'offerta più vantaggiosa che dovrà prevenire all'Anas entro il 30 settembre alle 12mmediata l'ondata di proteste da parte dei consumatori e dell'opposizione. Ma non solo. Netto no è giunto dalla presidente della Regione, Renata Polverini, dal sindaco della provincia di Roma, Zingaretti e dal sindaco della capitale Gianni Alemanno. "Se sbagliare è umano - sottolineano i presidente di Adusbef e Federconsumatori - perseverare è diabolico. Infatti, non comprendiamo minimamente perchè l'Anas continui a ricercare oboli e pedaggi per servizi che come è stato certificato dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, non sono dati ai cittadini e quindi, in quanto tali, non tariffabili". I presidenti delle due associazioni, Rosario Trefiletti e Elio Lannutti annunciano anche una denuncia alla Corte dei Conti "per le spese che Anas produrrà per questa gara inutile e dannosa". È anche già in atto una raccolta di firme per una eventuale class action,

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Norme complesse e vincoli frenano il piano casa. Pochi i progetti presentati nelle città

di Eleonora Della Ratta, Cristiano Dell'Oste, Michela FinizioCronologia articolo13 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:04.

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Meno di 2.700 progetti in 63 città: i numeri sono quelli che sono. A un anno e mezzo dalla firma dell'intesa stato-regioni, pochissime famiglie hanno utilizzato il piano casa per ingrandire le proprie abitazioni. Un'indagine del Sole 24 Ore tra un campione di capoluoghi di provincia fotografa la tendenza: ogni municipio ha ricevuto in media 42 istanze e, se si escludono i centri del Veneto e della Sardegna, il dato si abbassa a 20.

"L'idea è ottima, ma finora è stato un fallimento", rileva Andrea Marani, vicepresidente dell'Ance, l'associazione dei costruttori. "L'effetto anticiclico sull'edilizia non c'è", aggiunge Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, l'istituto di ricerche che nella primavera dell'anno scorso stimò un effetto potenziale da 60 miliardi per il piano casa.

Qualcosa, è evidente, non ha funzionato. Innanzitutto, il mosaico di leggi regionali e delibere comunali ha richiesto troppo tempo per essere completato. In Abruzzo il termine assegnato ai consigli comunali è scaduto solo prima delle ferie, mentre in Calabria – ultima a varare la legge – si è appena aperto. E in alcune città, come Ragusa o Siracusa, il comune ha da poco definito i criteri da seguire per avviare i lavori.

Quasi tutte le leggi, poi, escludono i condomìni e i capannoni. I cantieri, quindi, si concentrano su villette e palazzine, meglio se collocate in periferia, dove il tessuto urbano è meno fitto ed è più facile rispettare le distanze minime dai vicini. Anche le vecchie cascine, spesso, sono tagliate fuori, perché il cambio d'uso è vietato.

Senza contare che le normative sono oggettivamente complicate. I proprietari hanno sì la possibilità di superare i limiti del piano regolatore, ma la deroga non è (né potrebbe essere) in bianco: bisogna pur sempre rispettare i vincoli e le regole di settore. A Imperia, ad esempio, sono state chieste 27 autorizzazioni paesaggistiche per lavori legati al piano casa, e per dieci di queste l'iter è ancora in corso.

Altro elemento critico è la necessità di raggiungere standard elevati di efficienza energetica: in Piemonte, quando si fa un ampliamento, bisogna adeguare tutto l'edificio. Richiesta sensata, ma che comporta maggiori spese. Ed ecco spiegato perché a Verbania la maggior parte degli ampliamenti siano varianti di progetti non ancora ultimati. La complessità si riflette anche nel tasso di bocciature. A Bologna sono risultate inammissibili 5 Dia su 17, a Sassari il 40% delle 167 istanze di ampliamento. "È una percentuale più alta del normale – spiega il dirigente Giovanni Agatau – e dipende da diversi fattori: la difficoltà di interpretare la norma, ma anche il fatto che alcuni edifici sono stati oggetto di abusi non sanati. A volte è la necessità di reperire i posti auto a bloccare i piccoli lavori come la chiusura di un balcone: la legge impone un metro quadrato di parcheggio ogni 10 metri cubi".

Ancora meno numerosi degli ampliamenti sono i lavori di demolizione e ricostruzione. "Il bonus volumetrico del 35%, previsto dall'intesa nazionale e ripreso da diverse leggi, non è sufficiente a compensare i costi di abbattimento e ricostruzione", spiega Angelo Artale direttore generale di Finco, sigla che rappresenta la filiera delle costruzioni. "Siamo favorevoli alla sostituzione urbanistica, utile a riqualificare il patrimonio edilizio senza consumare suolo, ma è chiaro che così non funzionerà". Altri ostacoli arrivano dai requisiti imposti dalle normative, come spiega ad esempio Federico Pugina, responsabile sportello edilizia di Rovigo: "Ci sono difficoltà da parte dei professionisti nell'applicazione delle metodologie di calcolo previste dalla legge regionale 4/2007 sull'edilizia sostenibile per attuare l'intervento".

Una misura di "riciclo" edilizio che si è rivelata efficace, invece, è quella della legge lombarda che consente di sfruttare i locali non utilizzati: a Brescia, Como, Varese e Monza un quarto delle domande riguarda questa tipologia di interventi.

In uno scenario così difficile, la Sardegna e il Veneto registrano un numero di istanze sensibilmente più alto delle altre regioni, grazie soprattutto a leggi più permissive (si veda l'articolo più in basso). "Forse qualcosina si sta muovendo – osserva Alessandro Montagna, assessore a Verona – l'attenzione sta crescendo, la gente sa che il termine scadrà a luglio del 2011 e si informa".

Proprio il fattore tempo è stato il più trascurato. "Il grosso delle domande arriverà in prossimità della scadenza, perché le famiglie non hanno fretta di investire, tanto più in un momento di incertezza economica – osserva Bellicini –. Certo, se si voleva contrastare subito la crisi, non era questa la via giusta, perché l'impatto economico si sentirà solo tra il 2012 e il 2014". E forse si è partiti da una premessa sbagliata: "In Italia non mancano le case – osserva Artale – mancano le case moderne, ma questi incentivi non favoriscono la realizzazione di edifici più efficienti".

Molte regioni stanno studiando correttivi, ma i costruttori temono che anche stavolta si vada nella direzione sbagliata. "Per far partire subito i cantieri servirebbe una detrazione fiscale a favore di chi avvia i lavori – osserva Marani – e poi bisognerebbe liberalizzare il cambio d'uso, che consentirebbe di recuperare edifici industriali e rurali oggi inutilizzati".

 

 

 

2010-09-12

Tremonti: faremo la riforma del fisco con le parti sociali

Cronologia articolo12 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:13.

ROMA

L'idea del governo di cambiare un sistema tributario fermo da decenni non è tramontata. Al contrario "la riforma fiscale non è una magica riduzione ma una razionalizzazione del sistema da realizzare con le parti sociali". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dalla scuola di formazione politica del Pdl a Gubbio, rilancia sul processo di modifica del sistema fiscale, ricordando che il governo Berlusconi non ha aumentato le tasse e che "non ha mai elevato un'aliquota o inventato una tassa; altri l'hanno fatto con grande successo di pubblico e di critica".

Sull'altra grande riforma già in atto, quella federalista, Tremonti sottolinea come il federalismo sia "equo e solidale e serva a tenere unito il Paese". Senza risparmiarsi una stoccata critica agli enti locali e alla conferenza dei servizi: "Ormai è il luogo dove si sviluppa il bancomat per i comuni".

Riforma fiscale, federale e non solo. Si deve lavorare alla semplificazione di regole e cavilli. Stop ai "chilometri di Gazzette Ufficiali". Tremonti critica l'enorme eccesso di vincoli che bloccano la crescita. Un eccesso di regole, afferma, è un "costo demenziale". E coglie l'occasione per ribadire un vecchio concetto: "In Italia dobbiamo introdurre la regola che la libertà è la regola e il divieto è l'eccezione. Tutto è libero tranne ciò che è vietato e non può essere l'opposto".

Il ministro torna poi a puntare il dito contro lo spreco dei fondi pubblici al Sud, invocando per il Mezzogiorno "una regia generale dello Stato" e sottolineando "l'importanza di una Cassa per il Mezzogiorno". Nel mirino del ministro finiscono i fondi stanziati dal Cipe che non sono stati spesi, fra cui 5 miliardi per la ricerca al Sud.

Particolare attenzione, poi, all'Europa, alla crisi e in particolare alla necessità di un nuovo patto di stabilità e crescita con una sessione di bilancio comune. "È un passaggio di rilievo costituzionale fondamentale: chi non lo vuole - avverte - esca dall'euro". Secondo Tremonti, inoltre, l'Italia per essere più forte in Europa dovrebbe "concentrare la sua presenza all'estero".

Una battuta anche sulle privatizzazioni. Tremonti critica aspramente il modus operandi dei governi passati nel settore, formulando alcuni interrogativi: "Perché si è fatto lo spezzatino dell'Enel? Mi chiedo: a chi conveniva? Certo, non ai consumatori. In Francia c'è un gigante e noi abbiamo lo spezzatino. Già la parola indica quali appetiti abbia scatenato". Tra gli altri temi affrontati la necessità di andare avanti con il nucleare: "Non possiamo proseguire con i mulini a vento". Infine, Tremonti fa un richiamo alla logica della serietà e della responsabilità. "Dalla crisi in poi - osserva - tutti stanno facendo politiche di contenimento della spesa pubblica. Non per oscure ragioni ragionieristiche, ma per una cosciente scelta politica". Tutti i paesi hanno adottato politiche di responsabilità, come la Germania, e di austerità, come l'Inghilterra, "in Italia la politica di responsabilità è iniziata nel 2008 con la manovra triennale".

Intanto, sulla recente polemica tra dati Ocse e quelli Istat arriva il parere di Pier Carlo Padoan, capoeconomista e vicesegretario generale dell'organizzazione: "L'Ocse dice che il Pil italiano segna -0,3%, per l'Istat +1%. A chi credere? Beh, credete all'Istituto di statistica". Il dato Ocse, infatti, è riferito a un contesto più generale, ha aggiunto Padoan parlando ieri al meeting di Perugia della Confesercenti.

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Piano del governo in 8 punti per rilanciare il Mezzogiorno

Cronologia articolo12 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:16.

Infrastrutture, lotta alla criminalità, formazione e riforma degli incentivi. Sono i primi quattro capitoli del piano per rilanciare il Mezzogiorno in 8 punti, di cui fanno parte anche Banca del sud, università, servizi pubblici locali e burocrazia, che è stato ufficializzato ieri a Bari dal ministero degli Affari regionali, Raffaele Fitto nel corso dell'inaugurazione della Fiera del Levante. Un intervento a vasto raggio, nelle intenzioni del governo, che sarà varato entro l'autunno, probabilmente a novembre. Ad annunciare la tabella di marcia è stato lo stesso Fitto sottolineando che la disponibilità finanziaria è di 100 miliardi: puntiamo a un dialogo stretto con le regioni e le parti sociali. Uno dei pilastri del piano è rappresentato dalla riforma degli incentivi alle imprese: il governo intende procedere a una razionalizzazione favorendo il meccanismo automatico di concessione e abbattendo contemporaneamente il ricorso al fondo perduto. Novità sono in arrivo anche per il credito d'imposta.

Intanto da Gubbio, intervenendo alla scuola di formazione del Pdl, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, è tornato a parlare di fisco: "La riforma fiscale non è una magica riduzione ma una razionalizzazione del sistema da realizzare con le parti sociali".

Servizi u pagina 5

 

 

 

 

 

Municipi e consiglieri gli scogli di Roma capitale

Cronologia articolo12 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:17.

ROMA

Il numero dei consiglieri, il taglio dei municipi e lo status degli amministratori di Roma capitale. Sono i nodi su cui da martedì prossimo si riaccenderà il confronto in commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale. E potrebbe trattarsi di un confronto non poi così pacifico come lascerebbe intendere la struttura snella del provvedimento licenziato in prima lettura questa estate dal governo.

In primo luogo perché il clima in commissione bicamerale è mutato: il Pd, per voce del suo stesso capogruppo in commissione, Walter Vitali, ha dichiarato ieri al Sole 24 Ore che non sarà più disposta a giocare semplicemente di rimessa, limitandosi ad emendare i decreti emanati dal governo. In secondo luogo perché il provvedimento depositato ufficialmente in parlamento il 6 agosto scorso è già accompagnato da una lunga serie di osservazioni formulate dal Campidoglio, dalla provincia di Roma e dalla Conferenza Stato-città.

Secondo il Consiglio comunale, ad esempio, il dlgs sarebbe quasi integralmente da riscrivere. Basta leggere il testo delle modifiche proposte dal Campidoglio per capire che dei sette articoli proposti dall'esecutivo ben pochi sarebbero immuni da interventi correttivi. Modifiche per altro fatte proprie nella quasi totalità dall'Anci ma integralmente bocciate dall'Economia, "in quanto suscettibili di produrre maggiori oneri per la finanza pubblica". Qualche segnale di apertura invece dai tecnici del ministro Roberto Calderoli che hanno "rimesso alla valutazione politica", dunque della stessa commissione bicamerale alcune delle modifiche proposte dal Consiglo comunale di Roma. Bocciata, invece, anche dal ministero delle Riforme la modifica di elevare da 48 a 60 il numero dei consiglieri in Campidoglio.

L'aumento dei consiglieri, però, sarà proprio uno dei tre nodi da sciogliere, visto che la conferenza unificata ha vincolato il suo parere positivo all'impegno del ministro Calderoli di proporre in Consiglio dei ministri, al momento dell'approvazione definitiva del provvedimento, gli emendamenti relativi ai consiglieri, al numero di municipi e alle indennità dei consiglieri stessi. Altra questione aperta la riforma dei municipi. Il decreto intende trasformare gli attuali 20 in non più di "circoscrizioni di decentramento". La proposta del Campidoglio, fatto propria anche dall'Anci, dalla provincia e dalla Conferenza unificata, cerca di rendere più graduale il taglio. Senza individuare da subito il numero definitivo verrebbe riservata all'assemblea capitolina la possibilità di individuare il numero dei municipi sufficiente a garantire le funzioni di loro competenza e un risparmio dei costi. Fermo restando che le circoscrizioni dovranno essere in numero inferiori agli attuali municipi.

Più complessa ancora la partita sulle indennità degli amministratori. Rispetto alla proposta del governo il tetto per gli oneri da corrispondere a ogni singolo amministratore per i permessi retribuiti non dovrebbe essere il valore mensile, ma quello annuale con l'inclusione anche dei gettoni di presenza. Non solo. Tra le modifiche proposte c'è anche quella che vorrebbe introdurre un gettone di presenza per i consiglieri dei municipi che partecipano ai consigli e alle commissioni consiliari.

Se ne saprà di più in bicamerale martedì prossimo. Dopo le relazioni di Annamaria Bernini (Pdl) e Linda Lanzillotta (Api) il dibattito entrerà nel vivo e, secondo le indicazioni dell'ufficio di presidenza della scorsa settimana si dovrebbe concludere per il prossimo 20 settembre, quando il capo dello Stato farà visita al primo cittadino di Roma. Ma la strada si annuncia in salita, per ammissione del Pd. Tanto più che la partita su Roma capitale non si chiuderà qui perché il decreto sui poteri e i tributi arriverà solo più avanti.

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I NODI DA SCIOGLIERE

I membri dell'assemblea

Lo schema di decreto proposto dal Governo prevede che a comporre l'assemblea capitolina siano il sindaco e 48 consiglieri. Il consiglio comunale propone invece di elevare questo limite fino a 60 consiglieri. Una proposta di modifica che ha trovato da subito la ferma opposizione dell'Economia e del ministero per le Riforme e il federalismo fiscale

Il taglio dei municipi

Il Campidoglio ha proposto un taglio meno drastico degli attuali 20 municipi. Il governo con il decreto sottoposto all'esame della bicamerale concede sei mesi di tempo all'assemblea capitolina di prevedere nel suo statuto non più di 12 "circoscrizioni di decentramento". La modifica avanzata dal comune e appoggiata dall'Anci e dalla Conferenza unificata prevede invece che l'individuazione del numero dei municipi, comunque inferiore a quello attuale, debba garantire l'efficacia e l'efficienza delle funzioni che le circoscrizioni sono chiamate a svolgere. Il tutto garantendo la riduzione di costi. Su questa modifica ci sarebbe l'intenzione manifestata dal ministero per le Riforme di sostenerla al momento dell'approvazione definitiva del decreto da parte di Palazzo Chigi

Le indennità dei consiglieri

Oltre alla riscrittura integrale dell'articolo 5 la modifica proposta dal consiglio comunale vorrebbe prevedere per i permessi e le licenze retribuite spettanti ai consiglieri dell'assemblea capitolina un tetto annuale e non mensile dell'importo dell'indennità e dei gettoni di presenza. Anche questa modifica sembrerebbe aver ottenuto il sostegno del ministero di Calderoli

 

 

 

Una rete potenziale di oltre 5mila sportelli

Isabella BufacchiCronologia articolo12 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:16.

ROMA

La Banca del Mezzogiorno, uno dei più attesi e complessi interventi nell'agenda del governo Berlusconi per il Sud, prende forma con l'acquisizione del Mediocredito centrale, ora di Unicredit, da parte dei principali attori dell'iniziativa che sono Iccrea, Poste italiane e per una piccola quota del Tesoro (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Il marchio storico Mcc cambierà ma non la sostanza della sua attività, che spazia dai servizi di consulenza agli strumenti di garanzia, dal credito agevolato ai finanziamenti a medio-lungo termine e project finance. Per la Banca del Mezzogiorno, però, questo non è un punto di arrivo ma di partenza: occorrerà creare la rete degli sportelli per distribuire in maniera capillare i prodotti della nuova banca. Le potenzialità sono enormi: le Poste dispongono di circa 4.500 uffici postali nel Sud mentre le banche di credito cooperativo, in prima linea nel processo di creazione della nuova banca, sono presenti nel meridione con 150 istituti e oltre 1.200 sportelli. La Banca del Mezzogiorno ha però le porte aperte per accogliere il maggior numero di soci e banche aderenti, anche dal mondo delle popolari.

Per la Banca del Mezzogiorno, sarà un autunno caldo. La due diligence per stabilire i termini dell'acquisizione è iniziata nei giorni scorsi e durerà circa tre settimane. La vendita di Unicredit a Poste, Iccrea e Tesoro dovrebbe concludersi celermente, forse entro la fine dell'anno. "Sono tutti già d'accordo", ha confermato ieri una fonte bene informata: i compratori e i venditori hanno tutti lo stesso obiettivo di chiudere in fretta. L'acquisizione da parte di Iccrea e Poste del Mediocredito centrale "è un'opportunità interessante", ha sottolineato ieri il presidente del Comitato promotore della Banca del Sud e vice presidente di Federcasse, Augusto Dell'Erba, interpellato dall'Agi. "Stiamo trattando - ha detto -. Se riusciremo a portare a termine l'operazione insieme a Poste sarebbe un'accelerazione perché una cosa è iniziare da zero, fare un'operazione di start-up, chiedere una licenza bancaria, altra cosa è averla già". L'acquisto del Mediocredito centrale getta fondamenta solide per la costituzione di questo speciale istituto di secondo livello che nasce con il compito di stimolare l'occupazione nel meridione favorendo la nascita di nuove imprese, l'internazionalizzazione e gli investimenti in ricerca e innovazione. L'operazione riserva poi un ruolo di notevole rilievo a Poste italiane, che finora aveva seguito il progetto con un approccio di basso profilo: l'acquisizione, stando a fonti bene informate, sarà realizzata da Poste assieme a Iccrea. E non a caso l'operazione coincide con il trasferimento della quota del 35% di Poste dalla Cassa depositi e prestiti al Mef che dovrà concludersi entro fine anno. Non è escluso che il ministro del'Economia Giulio Tremonti abbia progetti importanti di sviluppo e di crescita per Poste, una realtà già molto importante con 145.000 dipendenti e ricavi totali di oltre 20 miliardi di euro nel 2009. La performance di Poste italiane è ora molto positiva: gli ultimi otto anni di bilanci sono stati con utili in costante crescita, dopo 50 anni in rosso. Il colosso guidato da Massimo Sarmi, ad che ha un rapporto stretto e di intensa collaborazione con Tremonti, è oggetto di studio da parte delle poste inglesi e francesi, che hanno non pochi problemi. Anche il Mef sta seguendo con interesse gli sviluppi del modello inglese: il governo Cameron ha intenzione di privatizzare la Royal Mail, che ha bilancio in rosso profondo. Tremonti intanto ha annunciato che lancerà un esperimento con la distribuzione degli utili ai dipendenti di Poste. E non da ultimo con l'operazione Mediocredito Centrale-Banca del Mezzogiorno, Poste - che già offre una vastissima gamma di prodotti finanziari e assicurativi - si avvicina al traguardo della licenza bancaria.

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Nella bozza sul federalismo spunta la riduzione dell'Irap

di Eugenio BrunoCronologia articolo08 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2010 alle ore 08:05.

Nuova accelerazione della Lega sul federalismo. Il Consiglio dei ministri-flash di ieri ha avviato l'esame del decreto attuativo sulla finanza regionale. Il provvedimento è il più importante dei tre che il Carroccio conta di varare entro l'autunno insieme ai dlgs sul fisco provinciale e sui costi standard per sanità, istruzione e assistenza. Nella "bozza" che la Semplificazione ha messo a punto e che sarà sottoposta oggi al ministro dell'Economia Giulio Tremonti, compare anche una riduzione dell'aliquota Irap.

Così facendo i ministri leghisti hanno voluto soprattutto lanciare un segnale politico a una maggioranza sempre più in fibrillazione: voto o non voto sul federalismo si va avanti comunque. In realtà in Cdm una discussione vera e propria non c'è stata, né è stato presentato alcun testo.

L'obiettivo è quello di avviare il prima possibile il tavolo con le regioni per approvarlo a Palazzo Chigi entro una decina di giorni. Da quanto si apprende la "bozza" che arriverà oggi sul tavolo di Tremonti ricalcherà il copione anticipato nelle scorse settimane da questo giornale. Per il finanziamento delle loro funzioni fondamentali (sanità, istruzione e assistenza) le regioni potranno contare sulla miscela di Iva e Irpef invocata da Umberto Bossi e sull'Irap, magari ridotta.

La conferma è giunta da una nota di Palazzo Chigi. Che parla sia dell'attribuzione alle regioni ordinarie "di una quota dell'Irpef, di una compartecipazione all'Iva e di un'addizionale all'Irpef, oltre che di tributi propri", sia dell'introduzione di "strumenti di flessibilità e manovrabilità in grado di garantire loro il pieno esercizio delle funzioni e la definizione di una propria politica economica".

L'imposta sul reddito delle persone fisiche compare dunque in duplice forma. Da un lato, come una quota fissa per ognuna delle cinque aliquote Irpef, così da mantenere la progressività dell'imposta; dall'altro, come addizionale manovrabile in su e in giù dai governatori. A questo si aggiungerà una compartecipazione all'Iva corposa sì ma inferiore a quella attuale che ha ormai superato il 44 per cento. La voce "tributi propri" invece va letta in primis come Irap. Che almeno in una prima fase continuerà a esistere. Come più volte spiegato da Tremonti, infatti, gli spazi per eliminarla da subito non ci sono perché si aprirebbe nelle casse dell'erario un buco di 30 miliardi. Da qui l'idea della Semplificazione di provare almeno a ridurla. Non scomputando il costo del lavoro come finora immaginato ma abbassando l'aliquota attualmente fissata al 3,9 per cento. Una proposta su cui l'ultima parola spetterà a via XX Settembre. Domani ricominceranno i lavori della commissione parlamentare bicamerale presieduta da Enrico La Loggia. L'ufficio di presidenza dovrebbe fissare il calendario per l'esame di due dei tre provvedimenti varati prima dell'estate in via preliminare. Relativi, rispettivamente, a fabbisogni standard di comuni e province e Roma capitale. Laddove per il fisco municipale bisognerà attendere ancora qualche settimana.

LE IMPOSTE IN GIOCO

78,3 miliardi

Gettito Ire

Si tratta delle entrate al giugno 2010 secondo quanto comunicato dal Dipartimento per le politiche fiscali. L'autoliquidazione ha fruttato 3.524 milioni di euro (+392 milioni di euro, pari a +12,5%) ripartiti tra acconto e saldo

3,2 miliardi

Addizionale Ire

Le entrate dalle addizionali regionali sono arrivate a 3.282 milioni di euro

(+31 milioni di euro, pari a +1,0%). Dai soggetti privati derivano 1.873 milioni di

euro (+18 milioni di euro, pari a +1,0%) e dalle amministrazioni pubbliche 1.409

milioni di euro (+13 milioni di euro, pari a +0,9%).

48,7 miliardi

Gettito Iva

Nel primo semestre è in crescita di 1.437 milioni di euro, pari a +3,0%: 42.098 milioni di euro (+52 milioni di euro, pari a +0,1%) derivanti dalla

tassazione degli scambi interni;

6.671 milioni di euro (+1.385 milioni di euro, pari a +26,2%)

d e r i v a n t i d a l l a tassazione delle importazioni.

10,9 miliardi

Gettito Irap

Il gettito di periodo dell'imposta regionale sulle attività produttive è stato di 10.675 milioni di euro (+373 milioni di euro, per un incremento pari

al +3,6%).

Dai soggetti privati sono stati raccolti 5.454 milioni di euro (+341 milioni di euro,

pari a +6,7%) mentre dalle amministrazioni pubbliche la raccolta è stata di 5.221 milioni di euro (+32 milioni di euro, pari a +0,6%).

 

 

Passi di federalismo, avviato l'esame del provvedimento sull'autonomia delle entrate regionali

Cronologia articolo7 settembre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 19:03.

Il Consiglio dei ministri di oggi, "previa illustrazione da parte del ministro Calderoli" ha avviato l'esame preliminare dello schema di decreto legislativo di attuazione della legge 42/2009 in materia di federalismo fiscale, sull'autonomia di entrata delle Regioni.

Il comunicato stampa di palazzo Chigi precisa che lo schema finale di Palazzo Chigi, prevede l'attribuzione alle Regioni ordinarie di una quota dell'Irpef, di una compartecipazione

all'Iva e di un'addizionale all'Irpef, oltre che di tributi propri.

Il decreto prevede strumenti di flessibilità e manovrabilità per le Regioni, in grado di garantire loro il pieno esercizio delle funzioni e la definizione di una propria politica economica. Con la determinazione dei fabbisogni standard e i conseguenti risparmi di spesa - viene spiegato - sarà ridotta la pressione fiscale. (N.Co.)

2010-09-05

Per le banche più rischi su 90 miliardi, con la crisi aumentano i crediti deteriorati netti

di Vittorio CarliniCronologia articolo05 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2010 alle ore 08:04.

MILANO- Crediti problematici. Prestiti che, certo, non sono sinonimo di mancata riscossione. Ma che, con diversi livelli di rischio, possono perdere di valore. Sono i crediti deteriorati: una voce di bilancio delle banche, lievitata durante la crisi. Alla fine del giugno scorso, i tredici principali istituti di Piazza Affari vantavano, al netto delle rettifiche, 90,138 miliardi di prestiti problematici; un anno prima erano 65,5 miliardi.

Un bel balzo in avanti, come risulta anche dall'aumento del loro peso sui crediti alla clientela: al 30 giugno 2009, i prestiti deteriorati erano il 4,52% dell'esposizione netta; l'anno successivo, la percentuale è salita al 6,22 per cento.

Un risultato su cui, al di là della diversificazione europea di diverse banche, incide anche la difficoltà del nostro tessuto industriale, strutturalmente sano ma colpito dalla difficile congiuntura. "L'aumento dei crediti deteriorati – commenta UniCredit – è la dimostrazione che, da un lato, le banche hanno erogato prestiti alle imprese; e dall'altro che, a causa della crisi, questi denari hanno difficoltà a tornare indietro". "Una tensione finanziaria – specifica il presidente delle piccole imprese di Confindustria, Vincenzo Boccia – da superare. Bisogna spingere banche e aziende a lavorare insieme. L'invito, peraltro già presentato all'Abi, è di avere sempre più una valutazione qualitativa, e meno quantitativa, nell'erogazione del credito".

Fin qui lo stato generale dell'arte e le sue implicazioni politico-industriali. Ma quali le dinamiche particolari? Ogni banca, è ovvio, è storia sé. Banco Popolare, per esempio, è tra gli istituti che hanno visto salire di più, semestre su semestre, i propri crediti deteriorati netti: da 4,4 a 9,2 miliardi. Qui, però, pesa il consolidamento di Italease e va dato atto alla società di aver prodotto un buono sforzo nei primi sei mesi dell'anno per sottrarsi alla spada di Damocle: le esposizione nette sono scese del 5,3 per cento.

 

La stessa Intesa Sanpaolo, che al 30 giugno 2010 aveva 20,8 miliardi di prestiti problematici, nella relazione semestrale sottolinea che "nel secondo trimestre dell'anno i crediti deteriorati netti sono in flessione dell'1,1 per cento". Un segnale di speranza che si ritrova, per esempio, anche nella Popolare di Milano: "La qualità del credito beneficia dei primi segnali di ripresa – scrive la società – con una flessione di 118 milioni dei prestiti dubbi netti rispetto a marzo 2010". "Si tratta, ben inteso a livello di dato complessivo su tutte le banche considerate – commenta Maila Bozzetto, consulente finanziario indipendente di Imad2 –, di numeri che, per ora, non spaventano. Il livello di crediti deteriorati sugli impieghi netti è accettabile. Né penso che questa situazione possa attribuirsi ad una debolezza peculiare del sistema bancario italiano".

 

"Nel nostro paese – fa da eco Carlo Gentili, fondatore di Nextam partners – gli istituti hanno affrontato meglio la crisi. Non abbiamo avuto esempi clamorosi di utilizzo di leva finanziaria che, invece, ha creato problemi, soprattutto nel mondo anglosassone". Ciò detto, Gentili esprime una preoccupazione: "Il credito deteriorato netto in crescita significa, anche, minori accantonamenti e utili più alti. La scommessa delle banche è che, puntando sul miglioramento della congiuntura economica, si possa allentare un po' l'attenzione sul fronte del credito per, magari, dare qualche dividendo in più".

Già, allentare l'attenzione. A ben vedere gli operatori non sembrano guardare (almeno non adesso) alla qualità del credito: semestre su semestre, le performance dei titoli non sono state legate alla minore, o maggiore, quantità di prestiti dubbi. "Con l'attuale alta volatilità – dice Bozzetto – rilevano più elementi macro-economici. Inoltre, tra i titoli bancari c'è forte correlazione: a seconda di com'è il dato congiunturale, si acquista, o si vende, l'intero comparto. Non c'è selezione".

E sì che, analizzando i numeri, una distinzione sullo stock dei crediti balza all'occhio. Alcune banche più locali hanno un basso rapporto prestiti dubbi su impieghi: quello del Credem, per esempio, è al 2,8% mentre la Pop. Sondrio vanta un 3,2 per cento. In alcuni casi "guardare negli occhi" l'imprenditore, piuttosto che sfruttare automatismi di back-office nell'erogazione del credito, può essere un vantaggio. Sempre che la crisi non torni a mordere. In quel caso sarebbero guai per tutti.

 

2010-08-31

Mutui, un fondo contro la crisi Venti milioni per 5.000 famiglie

Dal 2 settembre l'aiuto per i debitori in difficoltà stanziato con la Finanziaria 2008

Mutui, un fondo contro la crisi Venti milioni per 5.000 famiglie

Dal 2 settembre l'aiuto per i debitori in difficoltà stanziato con la Finanziaria 2008

MILANO - Fino a 18 mesi senza pagare le rate e senza nessun successivo aggravio: una boccata di ossigeno per le famiglie in difficoltà nel rimborso dei mutui, di cui però usufruiranno solamente 5.000 nuclei familiari, dato che a disposizione ci sono 20 milioni di euro. Dal 2 settembre diventa operativo il fondo di solidarietà per i mutui prima casa previsto dalla finanziaria 2008. Sono serviti 32 mesi per redigere il regolamento di attuazione, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 18 agosto scorso e che pur lasciando aperti molti dubbi interpretativi sui quali il ministero del Tesoro darà risposta successivamente, identifica chi ha diritto all'agevolazione e le modalità di intervento del fondo.

Chi ne ha diritto

Può fare domanda di sospensione chi abbia in corso un mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale (in sostanza, quella in cui si fissa la residenza), per un massimo di 250 mila euro, stipulato da oltre un anno e con un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) non superiore a 30 mila euro.

Hanno diritto i debitori a) che abbiano perso il posto di lavoro e siano rimasti disoccupati per almeno tre mesi (sono quindi esclusi i cassintegrati); b) che abbiano subito in famiglia il decesso o l'invalidità permanente di uno dei componenti, purché questi apportasse almeno il 30% delle entrate familiari; c) che possono documentare spese di ristrutturazione dell'immobile o di assistenza medica o infermieristica per almeno 5.000 euro all'anno; inoltre, ma l'ipotesi appare teorica, possono chiedere la moratoria i debitori a tasso variabile che hanno registrato nel tempo un aumento del 20% della rata mensile rispetto a quella precedente; la quota sale al 25% se riferita alle rate semestrali.

Su internet

La documentazione necessaria per presentare la domanda sarà pubblicata su http://www.dt.tesoro.it/it/doc_hp/fondomutuipc.html. Fino a ieri per la verità sul sito c'era solo il link al regolamento.

La graduatoria

Il consiglio che si può dare a chi è interessato a sospendere la rata del mutuo è quello di monitorare costantemente il sito del ministero e presentare la domanda il prima possibile, perché i soldi stanziati andranno esauriti in breve e la graduatoria seguirà l'ordine di presentazione delle domande. La stima di 5.000 mutui pecca forse di ottimismo ed è fatta considerando mutui con debito residuo da 100 mila euro per metà fissi e per metà variabili: in media l'esborso del ministero del Tesoro per ogni mutuo sarà di circa 4.000 euro, di qui la stima.

L'intervento del Fondo

In che cosa consiste l'intervento del Fondo? Il Fondo rimborserà alle banche per 18 mesi un tasso di interesse pari non a quello del mutuo ma a quello del solo parametro di riferimento: se un prestito variabile è ad esempio indicizzato all'euribor 1 mese più una maggiorazione (tecnicamente si chiama spread) dell'1,3%, il Tesoro pagherà l'equivalente dell'Euribor, ma non lo spread. È da vedere se le banche rinunceranno pacificamente al margine di guadagno.

Slitta la scadenza

Infine, va chiarito un concetto per non creare equivoci: le rate vengono sospese, non cancellate. Sospendere per 18 mesi significa che la scadenza del mutuo slitta di 18 mesi.

Moratoria Abi

Il fondo di solidarietà non è l'unica strada per sospendere il mutuo: quasi tutte le banche italiane hanno infatti aderito alla moratoria Abi, un'opportunità di cui a fine giugno avevano già usufruito 24 mila famiglie. A differenza della moratoria pubblica in questo caso in presenza dei requisiti si ha automaticamente diritto all'agevolazione; la platea dei potenziali utilizzatori è più ampia, il beneficio però è minore: infatti il debitore può optare per sospendere solo il rimborso di capitale e deve comunque pagare la quota interessi, oppure può differire il pagamento dell'intera rata, ma nel periodo di sospensione maturano ulteriori interessi.

 

C'è tempo fino al 31 gennaio prossimo: oltre che sul sito dell'Abi (www.abi.it) qualsiasi filiale di banca dovrebbe essere in grado di dare delucidazioni sulle modalità di applicazione, che variano da istituto a istituto.

La rinegoziazione del mutuo

C'è una terza strada per chi si trova in difficoltà finanziarie ma non talmente gravi da impedire il pagamento almeno di una rata ridotta: rinegoziare il contratto con la propria banca, allungando la durata residua o passando dal tasso fisso al variabile, oggi sensibilmente più economico. È una strada da percorrere anche se le banche non sono obbligate ad accettare.

Gino Pagliuca

30 agosto 20102010-08-29

Si riparte dall'ex Dpef e dalla legge di stabilità

Dino PesoleCronologia articolo29 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2010 alle ore 08:05.

ROMA

"Decisione di finanza pubblica" (il vecchio Dpef), da presentare in Parlamento entro il 20 settembre; "legge di stabilità" (la vecchia Finanziaria), da predisporre entro il 15 ottobre. Due adempimenti che, in ossequio alla nuova legge di contabilità, attendono ora per la prima volta concreta attuazione da parte del governo. Al ministero dell'Economia si cominciano a scaldare i motori per la messa a punto dei due documenti che comunque costituiscono un atto dovuto da onorare. Il timing non dovrebbe subire variazioni, ammesso naturalmente che il governo superi indenne l'appuntamento con la fiducia chiesta da Silvio Berlusconi sui cinque punti programmatici definiti nel vertice del Pdl del 20 agosto.

Si parte dalla manovra biennale da 24,9 miliardi approvata a fine luglio, per confermare con il nuovo quadro programmatico gli obiettivi di un deficit al 3,9% del Pil nel 2011 e del 2,7% nel 2012, contro il 5% di quest'anno, così come previsto dagli impegni assunti in sede europea dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Il target per quel che riguarda il Pil, stando alle ultime stime della Commissione, dovrebbe attestarsi attorno allo 0,8% nel 2010 e all'1,4% nel 2011. Alla nuova "finanziaria" il compito di tradurre nei relativi indicatori contabili (saldo netto da finanziare, limite massimo del ricorso al mercato) gli effetti delle misure introdotte nel decreto correttivo sul bilancio a legislazione vigente.

La "decisione di finanza pubblica" dovrà altresì indicare – e questa è una novità – la quota di indebitamento per la spesa in conto capitale riferita alle amministrazioni locali, e "per il complesso delle province e dei comuni, articolata per regioni, in coerenza con l'obiettivo aggregato individuato per l'intera amministrazione pubblica". In sostanza, si va delineando un quadro programmatico triennale in stretto collegamento con il processo di attuazione del federalismo fiscale.

Per quel che riguarda la "finanziaria", Tremonti considera archiviata la stagione del rituale "assalto alla diligenza" che ha impegnato per decenni il Parlamento in estenuanti votazioni nel corso della sessione di bilancio. Del resto il confronto-scontro si è ormai spostato sui decreti che anticipano la manovra. Da questo punto di vista la riforma della contabilità è perentoria: la "finanziaria" non potrà contenere norme "localistiche e microsettoriali", ma limitarsi a stabilizzare gli obiettivi di finanza pubblica. Un provvedimento a prevalente carattere "tabellare", dunque per stabilizzare gli effetti finanziari "con decorrenza nel triennio successivo considerato dal bilancio triennale". Nessuna norma di delega o di carattere "ordinamentale e organizzatorio". Le misure per lo sviluppo e le eventuali riforme (Tremonti ha citato espressamente interventi fiscali a favore della famiglia, lavoro e ricerca) si spostano dunque sui provvedimenti collegati, il cui peso è destinato a crescere nel tempo. Provvedimenti per i quali c'è tempo fine a febbraio. Sull'intero percorso che va delineandosi per i conti pubblici, vi sarà un costante aggiornamento dello stato dell'arte con Bruxelles. Tremonti sarà a Bruxelles il 6 e 7 settembre per una riunione straordinaria dell'Ecofin. A fine settembre seguirà il tradizionale Ecofin informale, quindi è probabile che un confronto a tutto campo con il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, non vi sarà prima degli appuntamenti in agenda per ottobre e novembre.

La posizione di Bruxelles è nota e il presidente Josè Barroso ha precisato il senso delle sue affermazioni di due giorni fa al meeting di Cl: l'Italia ha punti di forza quale il basso debito privato o la solidità del sistema bancario, e di debolezza in particolare l'elevato debito pubblico. Nessuna critica alla politica di bilancio, poiché la commissione "ha riconosciuto a più riprese che la gestione prudente della finanza pubblica italiana durante la crisi, inclusa l'ultima manovra di bilancio, è stata essenziale a proteggere l'economia e il sistema finanziario dalla turbolenza dei mercati finanziari".

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Le Casse cambiano portafoglio nel segno della prudenza

di Vitaliano D'AngerioCronologia articolo29 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2010 alle ore 08:05.

La lezione è servita. Per le Casse previdenziali dei professionisti gli imperativi del 2009 sono stati la ristrutturazione degli investimenti "alternativi", che avevano causato ingenti danni alle gestioni 2008, e il mantenimento di un basso profilo di rischio.

I dati sul patrimonio – che serve per garantire le pensioni in essere e future – rappresentano comunque una situazione molto differenziata. Soprattutto se si prende in considerazione un rapporto un po' particolare ma a suo modo significativo: quello tra il monte titoli, il patrimonio immobiliare e il numero degli iscritti, pensionati compresi. Così (si veda la tabella) si scopre che i commercialisti possono contare su 55mila euro in titoli e 5mila in immobili, mentre i veterinari hanno solo 7.500 euro pro capite in titoli e 233 in immobili.

Se ci concentriamo sulla composizione dei portafogli mobiliari delle Casse di previdenza, si può dire che mentre nel 2008 lo squilibrio era dettato dalle obbligazioni strutturate, nel 2009 si è assistito a un core holding delle obbligazioni e, in particolare, quelle bancarie. Tra gli enti più esposti verso questa categoria di titoli l'Enpaia, la Cassa di previdenza di addetti e impiegati del settore agricolo, che a fine 2009 deteneva in portafoglio 580 milioni (valore nominale) in bond bancari ovvero il 74% circa dei 783 milioni di titoli inseriti tra le immobilizzazioni. Anche per la Cassa degli infermieri le obbligazioni hanno inciso per il 56% sul totale degli investimenti. In particolare, il portafoglio obbligazionario era per il 62% circa investito in titoli strutturati e per il 36% in obbligazioni Pil e inflation linked. Anche per l'Enpam, la Cassa dei medici, la parte più consistente degli investimenti diretti è rappresentata dal comparto obbligazionario che incide per il 66% sul totale, pari a 4,17 miliardi, di cui 1,1 miliardi in titoli di stato.

Prevalgono nelle scelte gestionali degli enti di previdenza i titoli obbligazionari e, come è avvenuto in passato, talvolta l'entità di questo investimento è troppo sbilanciata verso una sola categoria.

Sui rendimenti del patrimonio mobiliare delle Casse di previdenza, nel 2009, a registrare il miglior risultato (calcolato con il metodo time weighted) è stata la Cassa dei commercialisti, che ha messo a segno un rendimento netto del 9,77% a fronte di un patrimonio mobiliare pari a 3.138 milioni, il cui valore di mercato – sempre a fine 2009 – era pari a 2.784 milioni. Il portafoglio era, per il 37,2%, affidato alle gestioni patrimoniali, che hanno reso il 10,7%, e la parte rimanente (62,7%) in strumenti finanziari acquisiti direttamente, al cui interno il comparto obbligazionario incide per il 35,46% con un rendimento netto del 10,31 per cento. Proseguendo nell'analisi dei consuntivi 2009 delle Casse private emerge una buona notizia. Le Casse che nel 2008 avevano registrato performance con il segno negativo sono tornate a produrre ricchezza per il futuro dei loro associati. In particolare, torna positivo il rendimento del portafoglio mobiliare dell'Epap, l'ente pluricategoriale a cui fanno capo quattro categorie di professionisti (geologi, attuari, chimici e agronomi) che nel 2009 ha avviato una profonda ristrutturazione del portafoglio titoli con la dismissione della quasi totalità del patrimonio, che ha comportato però perdite su titoli per 27,3 milioni e il successivo investimento. Sono stati dettati ai nuovi mandati limiti stringenti sulla concentrazione di singoli emissioni e emittenti e sulla qualità del rating, per il quale non sono previsti rating al di sotto dell'investment grade. Per quanto riguarda invece le obbligazioni Lehman tuttora in portafoglio, l'ente ha effettuato quella che in gergo contabile si chiama "ripresa di valore" e ha pertanto rivisto al rialzo la valutazione del titolo, che è passata dal 15% al 27% del nominale.

Chi invece ha preferito lo smobilizzo dell'investimento in Lehman è stato l'ente degli psicologi, che a marzo ha venduto l'obbligazione del valore nominale di 10 milioni per 2,21 milioni. La gestione degli investimenti mobiliari 2009 degli psicologi presenta un rendimento positivo (3,89% quello netto) e alcune novità nella politica degli investimenti. Dalla seconda metà del 2009 l'ente ha infatti elevato al 20% l'entità degli investimenti immobiliari, prima fissata al 5 per cento. La rivalutazione nelle strategie di investimento a favore di questa tipologia va ricercata nel fatto che il settore immobiliare ha consentito agli altri enti previdenziali di contenere gli effetti della crisi finanziaria del 2008. Tuttavia sono ancora molto contenuti gli investimenti nel comparto immobiliare da parte delle cosiddette "nuove Casse".

Tra le "vecchie Casse" c'è chi poi, come gli avvocati, ha deciso di fare pulizia nei conti. L'ente che nel 2008 aveva utilizzato il decreto anticrisi per congelare a fine 2007 il valore di alcuni titoli in portafoglio, nel 2009 ha cambiato strategia e ha registrato svalutazioni al lordo delle riprese di valore per 207 milioni riferite per 174 milioni a titoli azionari italiani e esteri. Tra le svalutazioni dei titoli italiani spiccano i 55,9 milioni attribuiti al titolo Generali, seguita da Mediobanca (24,7 milioni) e Telecom Italia (22 milioni).

Geometri e veterinari, infine, registrano rendimenti netti della gestione mobiliare non particolarmente soddisfacenti e ancora con il segno negativo.

 

 

 

 

 

2010-08-28

Trichet si smarca dalla politica ultra-espansiva di Bernanke: il problema è il debito

di Vittorio CarliniCronologia articolo28 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 15:08.

Ha dato il "la" Ben Bernanke, affermando che la sua Fed è "pronta a misure straordinarie" per contrastare il rallentamento dell'economia. Poi ha continuato, sempre nella valli del Wyoming a Jacson Hole, Jean Claude Trichet. Il presidente della Banca centrale europea, nel simposio tra banchieri ed economisti organizzato dalla "riserva" di Kansas City, ha però preso una strada un po' diversa (leggi l'intervento in iglese): ha sottolineato che i governi rischiano di dar vita "a un decennio perduto", se ritardano nel contrastare la crescita dei debiti pubblici causati dalla crisi finanziaria. Certo, non c'è lo stop alle misure espansive di politica monetaria. Tuttavia, l'accento è posto su un maggiore rigore riguardo alle finanze pubbliche.

Le lezioni del passato

"La lezione che arriva dal passato - dice Trichet - ci insegna che affrontare l'eredità dei disavanzii pubblici non è soltanto un dovere ma anche la condizione necessaria per poter sostenere un recupero dell'economia". "Il primo nostro obiettivo devess'ere quello di non permettere che si ricada in un altro decennio perduto", come quello che, almeno sul fronte borsitisco, si è ormai concluso.

Il richiamo all'austerity fiscale contrasta, da un lato, con l'impostazione del presidente Barack Obama, che ha come primo obiettivo la spinta all'economia costi quel che costi ( o quasi); ma, dall'altro, si mette di traverso alla chiamata "alle armi" della liquidità formulata dal collega Bernanke. Mr. Bce ha mantenuto ferma l'impostazione di Eurotower di non indicare né propri outlook economici né strategie di politica monetaria in una settimana che vede appuntamenti rilevanti di diverse istituzioni su questi temi.

La riduzione del debito

Sul più lungo periodo, Trichet ha sottolineato che "la riduzione del debito tra i consumatori, i governi e gli imprenditori è essenziale per garantire il ritorno alla stabilità". L'impostazione di Trichet è, ovviamente, influenzata dalla storia recente del debito pubblico in Eurolandia, e non solo. "Alla fine di quest'anno il livello del debito pubblico, in Europa, sarà salito del 20% rispetto al 2007, mentre in Giappone e negli Stati Uniti sarà cresciuto del 40%", ha detto Trichet. Il quale, poi, ha dato un uleriore affondo: "Qualcuno - ha detto -suggerisce che nel breve periodo l'outlook economico suggerisce più deficit-spending e che il dibatito sul debito, per adesso, deve essere accantonato". Vivere all'infinito con i debiti è sbagliato

"Così facendo -ha aggiunto il presidente della Bce - rischiamo di instradarci lungo una china molto pericolosa",; rischiamo di finire come il Giappone quando le banche contribuirono a rendere debole l'economia, mantenendo in vita aziende tecnicamente fallite o non "protestando" prestiti non più esigibili. "Così l'opzione di "vivere con il debito" all'infinito non è una soluzione. Porterà solo ad avere più guai".

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Al ministero richiesti aiuti per 78 milioni

Cronologia articolo28 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 08:08.

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ROMA

Sono decine e decine le imprese italiane che in questi mesi stanno navigando tra il rischio di insolvenza e l'attivazione di un piano per il rilancio. A settembre si riunirà il primo comitato del ministero dello Sviluppo economico che dovrà deliberare sull'erogazione dei 70 milioni del Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà. Il fondo è limitato alle medie e grandi imprese – tra 50 e 250 addetti – e la sua capienza sulla carta è già esaurita visto che la ventina di domande pervenute a Invitalia, l'agenzia incaricata di effettuare l'istruttoria, prevedono complessivamente interventi per 78 milioni. Il contributo che può offrire il fondo, che prevede aiuti sotto forma di garanzia statale sui finanziamenti bancari contratti dall'impresa, appare dunque solo una goccia nell'oceano.

La maggioranza delle richieste di garanzie è rivolta a progetti di ristrutturazione (68 milioni) mentre solo 10 milioni riguarda operazioni di salvataggio. Nei piani presentati a Invitalia si riportano numeri e interventi per tentare la risalita: riorganizzazione del portafoglio prodotti, ristrutturazione delle attività che possono essere riportate a livelli competitivi, diversificazione verso nuove attività redditizie. I progetti contengono anche il dettaglio degli interventi finanziari, le previsioni di vendita e capacità produttiva, analisi dei costi operativi, mercato di approvvigionamento delle materie prime, piano occupazionale compresa la previsione del costo medio annuo per addetto. Andrea Bianchi, direttore generale del ministero per la politica industriale, "spiega che quasi la totalità delle domande arrivate riguarda le medie imprese, anche in considerazione del fatto che per le "grandi" la procedura è più complessa e richiede la notifica della misura alla Commissione europea". Questo strumento – aggiunge Bianchi – "va considerato un'opzione intermedia tra il Fondo di garanzia per le Pmi e i meccanismi per le grandi imprese come la legge Prodi". Le aziende in lizza per la garanzia statale arrivano da diversi settori – metalmeccanico, costruzioni, nautica, information technology – e sono per due terzi attive in regioni del Centro-nord. Da sottolineare tuttavia alcuni limiti che caratterizzano il Fondo. Innanzitutto i tempi necessari affinché, alla stregua di un fondo rotativo, si rialimenti: le aziende infatti hanno a disposizione una finestra molto ampia, da due a cinque anni, per restituire il finanziamento. Va inoltre considerato che il fondo può rischiare nei casi più critici di essere l'anticamera del fallimento, garantendo solo una boccata d'ossigeno di pochi mesi ad aziende in condizioni quasi irreversibili, che poi potrebbero non offrire copertura al ministero. Il 2010, va detto, è stato un anno fitto di piani, concepiti in casa o con l'aiuto di consulenti, concordati con ministero dello Sviluppo e del Lavoro. Tra gli esempi più significativi passati per il dicastero che attualmente è ancora guidato ad interim dal premier Berlusconi vanno citati almeno Ideal Standard, Oerlikon Graziano, Saint Gobain, Keller Elettromeccanica. Complesso il piano di quest'ultima che per restare a galla punta a chiudere un ramo d'azienda focalizzandosi su un preciso settore di attività, il "revamping" delle carrozze ferroviarie.

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2010-08-26

Berlusconi: "Andiamo avanti, mai più ritorno alle ammucchiate. Estate stagione ingannevole"

Cronologia articolo26 agosto 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 11:32.

"Anche oggi si può cogliere la fotografia di due situazioni contrapposte: da un lato, il governo del Fare; dall'altro, i politici di professione e i loro giornalisti di riferimento che discutono tra loro di ammucchiate fuori del tempo. Come si può pensare, nell'anno di grazia 2010, a resuscitare alleanze dal collante incerto, dai programmi ancora più incerti, dalle prospettive addirittura incertissime? Grazie al nostro ingresso in campo, gli elettori oramai e definitivamente si sono abituati ad una chiarezza semplificativa che non potrà mai più essere abbandonata".

Lo afferma in un audiomessaggio ai Promotori della Libertà il premier Silvio Berlusconi, che poi aggiunge: gli elettori "vanno a votare sapendo in anticipo quale sarà il premier per cui indicano la loro preferenza, quale sarà l'alleanza delle forze che costituiranno il Governo e sanno soprattutto quale sarà il programma dall'inizio alla fine della legislatura".

"I cinque punti che il Popolo della Libertàe il governo - aggiunge Berlusconi - intendono portare con priorità in settembre dinnanzi alle due Camere, confermando tutto il programma approvato dagli elettori, sono la continuazione concreta di una politica tutta tesa ai fatti: su quei punti e per quei punti sono stati eletti tutti i rappresentanti del Popolo della libertà che su quei punti e per quei punti saranno chiamati ad impegnarsi per portare a termine una legislatura fruttuosa e feconda di risultati positivi".

"Sono sicuro che questo debba avvenire ed avverrà. Tutto il resto sono soltanto chiacchiere, chiacchiere e basta". Berlusconi avverte, peraltro, che "l'estate è stagione ingannevole, con il suo caldo e con le sue lunghe giornate dedicate per convenzione alle vacanze e al riposo forzato" e "tutto questo spiega come questa estate, l'estate del 2010 passerà alla storia per il ritorno alla vecchia politica del teatrino e appunto delle chiacchere".

 

 

2010-08-25

Quattro leve per la crescita

di Carmine FotinaCronologia articolo25 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2010 alle ore 08:04.

Oltre il ring della politica e il confronto sulla sopravvivenza della legislatura inizia già a delinearsi l'agenda economica per l'autunno. Sul governo e sulla tenuta della maggioranza si addensano incognite che potrebbero paralizzare o rallentare alcuni interventi, ma ad ogni modo in calendario sono fissati i primi appuntamenti per ricominciare a parlare di sviluppo. Una stagione virtuosa di riforme, è la richiesta avanzata dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in un'intervista al Sole 24 Ore del 13 agosto (oggi la Marcegaglia sarà al Meeting di Rimini, dove interverrà anche il ministro Giulio Tremonti).

Un progetto di futuro contro la recessione è invece la formula con la quale l'ad di Intesa Sanpaolo Corrado Passera ha aperto nei giorni scorsi la kermesse riminese. Si ripropone così il dibattito tra rigore fiscale e politiche di crescita in una fase in cui, mentre export e ordini delle imprese offrono buoni segnali, le prospettive di investimento restano asfittiche e i consumi sono debolissimi. Trovare una sintesi perfetta è impresa titanica ma, al netto di un'escalation dei dissidi della maggioranza, alcune linee sono già tracciate. Ricerca; liberalizzazioni secondo la ricetta del ministro dell'Economia Tremonti (ovvero semplificazioni); Mezzogiorno e infrastrutture; energia con la transizione verso il nucleare: in autunno si ripartirà da qui.

 

La ricerca è l'unica voce della spesa pubblica sulla quale, a detta di Tremonti, si deve fare uno sforzo in più. Alla ripresa si lavorerà per portare al traguardo il Piano nazionale della ricerca 2010-2012 messo a punto dal Miur e sul quale già prima dell'estate era atteso l'esame del Cipe. Le risorse preventivate dai tecnici della Gelmini ammontano a 15,7 miliardi, incluse quelle che dovranno essere gestite da altri ministeri e dalle regioni, ma l'ultima parola sulle somme che verranno effettivamente impiegate, in gran parte a valere su fondi europei, spetta al Tesoro.

Più articolato il mosaico delle liberalizzazioni. Sfumata la nomina di Paolo Romani, il ministero dello Sviluppo economico resta orfano di un titolare a quasi quattro mesi dalle dimissioni di Claudio Scajola e il disegno di legge annuale sulla concorrenza, consegnato a luglio a Palazzo Chigi, giace ancora nel cassetto. Del resto Tremonti preferisce puntare sulle semplificazioni piuttosto che su una nuova "lenzuolata". La Scia, segnalazione certificata di inizio attività per imprese ed edilizia, è già entrata nella manovra convertita in legge a luglio. Ma il menu è più ricco. Alla ripresa torna in commissione al Senato il ddl Brunetta-Calderoli con un mix di interventi anti-burocrazia che va dalle cartelle cliniche alle pagelle elettroniche. Senza dimenticare che nell'altro ramo del Parlamento proseguirà il cammino dello Statuto delle imprese, una carta a tutela delle pmi messa a punto da una squadra di parlamentari bipartisan. C'è più tempo a disposizione – ma si inizierà comunque a ragionarci – per mettere a punto i regolamenti che dovranno attuare ulteriori misure di semplificazione per il "sistema produttivo e la competitività delle imprese" inserite in manovra. Piatto forte del "pacchetto d'autunno" sarà ovviamente anche il Mezzogiorno. Dopo un percorso accidentato, con tanto di passaggio di consegne dall'ex ministro Scajola al ministro per i Rapporti con le regioni Raffaele Fitto, il piano per il Sud dovrebbe finalmente vedere la luce partendo da un base minima di 7 miliardi da riprogrammare tra vecchi fondi Fas ed europei 2000-2006 mai spesi o bloccati. Il focus sarà sulle grandi infrastrutture, a partire dal Ponte sullo Stretto e dal completamento della Salerno-Reggio Calabria, ma per attrarre nuove imprese si potrebbero anche mettere in moto le zone a burocrazia zero coniate da Tremonti in sostituzione delle zone franche con vantaggi fiscali promosse in precedenza dal ministero dello Sviluppo.

 

L'urgenza del rigore e il quotidiano confronto sulla politica economica hanno per qualche mese assopito il dibattito sul nucleare. Anche questo tema, tuttavia, alla ripresa d'autunno rientrerà prepotentemente in gioco: entro ottobre il Consiglio dei ministri dovrà approvare il documento strategico che sarà concordato da Sviluppo economico, Ambiente e Infrastrutture. Si tratterà di definire quante centrali, e con quale tecnologia, dovranno entrare in attività. Non un documento qualunque: sarà la premessa per riattivare un ciclo di investimenti in campo energetico, un'altra piccola spinta per riagganciare la crescita.

 

 

Quei conti che non tornano

Cronologia articolo26 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 lle ore 08:34.

L'ultima modifica è del 26 agosto 2010 alle ore 08:04.

I numeri parlano chiaro. A eno di novità dell'ultima ora, l'anno prossimo il fondo statale per le università si fermerà sotto quota 6 miliardi, mentre i soli stipendi a docenti e tecnici ne costano 6,5. Dal governo arrivano promesse di intervento, si è parlato di 400 milioni, ma vista la situazione di miracoli non è aria. C'è chi parla, con insistenza crescente, di sistema universitario statale tecnicamente in dissesto.

 

Per capire meglio la situazione, però, bisogna guardare anche altri numeri. Il problema c'è, ma non è uguale per tutti. Il Politecnico di Milano dedica agli stipendi il 65% dei fondi statali, le università di Urbino e di Siena il 105. Ci sono atenei che raccolgono da bandi europei e progetti privati l'80% delle risorse dedicate alla ricerca, altri dipendono quasi esclusivamente dalla "generosità" statale. Ci sono facoltà che hanno lo stesso numero di ordinari di 10 anni fa, altre che li hanno triplicati mentre gli iscritti diminuivano. Se la "meritocrazia", visti i tempi di magra, non può distribuire premi, è bene però che stia attenta a distribuire le penalità.

 

2010-08-23

La ripresa economica passa per Emilia Romagna, Lazio e Toscana

Cronologia articolo23 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2010 alle ore 11:14.

La ripresa economica passa soprattutto per le regioni del Centro. Alla fine di quest'anno, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo aumenteranno la ricchezza prodotta, in media, dell'1 per cento. Più contenuto il rialzo delle regioni del Nord, ferme a + 0,7 per cento. Si conferma lenta invece la crescita per le regioni meridionali, dove il Pil, il prodotto interno lordo, é stimato in progressione dello 0,5 per cento. Le previsioni sono contenute nel rapporto sui Pil regionali, pubblicato da Confcommercio. Complessivamente, il Pil italiano crescerà nel 2010 dello 0,7%, dopo il calo del 5% del 2009 e dell'1,3% del 2008. Il rialzo si dovrebbe poi attestare all'1% nel 2011.

Più consistenti dovrebbero essere i rialzi previsti per il prossimo anno, con le regioni centrali che segnerebbero una crescita del Pil dell'1,2%, quelle del Nord-Ovest dell'1,1%, quelle del Nord-Est dello 0,8% e il Sud dello 0,8 per cento. Tra le regioni, gli aumenti più consistenti quest'anno dovrebbero essere registrati dal Lazio (+ 1,1%), Toscana (+ 1%) e Lombardia (+ 0,9 per cento). Crescite più contenute per Basilicata (+ 0,2%), Calabria (+ 0,3%), Sicilia, Molise e Liguria (tutte a + 0,4 per cento).

Secondo lo studio, poi, se il biennio di crisi 2008-2009 ha investito soprattutto le aree più industrializzate e più orientate all'export, ha comunque confermato il divario tra Nord e Sud. Il Nord Ovest ha avuto cadute di Pil in percentuale più alte nel 2009 rispetto al Sud, ma si aspetta una ripresa più consistente. Se si guarda alla ricchezza pro capite (ma i dati elaborati dalla Confcommercio sono del 2007, quindi del periodo pre crisi) è evidente la distanza tra le regioni italiane con gli abitanti del Mezzogiorno fermi a 17.660 euro a fronte dei 31.416 del Nord Ovest e dei 31.063 del Nord Est. Per il Centro la media Pil pro capite è di 28.785 euro, comunque superiore alla media nazionale (26.018 euro). Ed è significativo come la regione meno produttiva (la Campania) segnali un Pil pro capite di poco superiore alla metà di quella più produttiva (la Valle d'Aosta) con 16.879 euro per abitante contro i 33.496 della Valle d'Aosta.

 

 

 

 

2010-08-21

Vola la spesa per le pensioni d'invalidità, +18,9% nel 2009. È crescita ininterrotta dal 2007

Cronologia articolo21 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2010 alle ore 15:26.

Cresce la spesa per le pensioni di invalidità: nel 2009 è aumentata del 18,9% a 15,504 miliardi contro i 13,054 del 2008 (13,050 nel 2007). Dal 2007 in poi la spesa è risultata sempre in rialzo. Il dato è fornito dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese" a cura del ministero dell'Economia.

È boom di pensioni di invalidità al Mezzogiorno. Sui 2,6 milioni di trattamenti complessivi, poco meno della metà - 1,1 milioni - viene erogata al Sud e alle Isole; 540mila vengono assegnate al Centro e 950mila al Nord. Su ogni 100 abitanti ci sono 5,5 pensionati di invalidità al Sud, 4,5 al Centro e 3,4 al Nord. L'importo mensile medio delle prestazioni agli invalidi civili è di 369,44 euro.

Per le sole pensioni, escluse cioè le indennità di accompagnamento, in testa alla classifica c'è la Campania con 124.354 assegni.

La regione più sana è la Lombardia. La regione nella quale sono erogate il minor numero di pensioni di invalidità, in rapporto alla popolazione, è la Lombardia: 3,27 ogni 100 abitanti. Il top è invece in Umbria (6,52 ogni 100 abitanti) ma è complessivamente nel Sud che si concentra quasi la metà dei trattamenti: 1,1 milioni contro i 2,6 totali di tutta l'Italia.

Fonte: ministero dell'Economia, "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese 2009".

 

 

 

 

 

2010-08-20

L'economia stenta e la Bce rinvia la stretta mentre i rendimenti dei Bund vanno ai minimi storici

di Antonia BordignonCronologia articolo20 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 15:41.

La Bce non ha intenzione, per ora, di stringere i cordoni della borsa e continuerà a fornire liquidità illimitata a tasso fisso alle banche fino alla fine dell'anno. A lanciare questo messaggio è stato, manco a dirlo, il falco per eccellenza, Axel Weber, presidente della Bundesbank e membro del consiglio dei governatori della banca centrale europea. In una intervista a Bloomberg, Weber ha sottolineato che non ci sono rischi di inflazione (come si sa una delle massime ossessioni dell'Eurotower) nel medio periodo e che il dibattito sulle misure di exit strategy è tranquillamente rinviato al primo trimestre 2011. La fragilità della ripresa mondiale, americana in particolare, del resto, allontana la stretta monetaria ma accresce l'incertezza degli investitori.

Sul mercato dei titoli Stato, infatti, una nuova ondata di acquisti si è riversata stamani sui Bund tedeschi, ritenuti i più sicuri dell'Eurozona, schiacciando i rendimenti decennali al nuovo minimo storico del 2,262% e i trentennali al 2,895 per cento. Sono risaliti, invece, i rendimenti dei titoli di stato di Grecia, Irlanda e Portogallo, i paesi dell'Eurozona più indebitati e considerati più a rischio. Anche lo spread di rendimento tra Btp decennali italiani (3,78%) e Bund tedeschi (2,29%) si è inerpicato fino a 149 punti, a ridosso dei massimi dello scorso fine settimana.

I timori sulla consistenza della crescita economica mondiale hanno alimentato, quindi, una domanda di "sicurezza" che si è riversata soprattutto sui Bund, i titoli del paese dell'eurozona che meglio ha reagito alla crisi e dove i segnali di ripresa sono più solidi. Dall'inizio dell'anno i rendimenti dei Bund hanno perso infatti oltre 100 punti base (l'1%) dal picco del 2010 del 3,43% toccato il 4 gennaio. Anche i ieri i dati macroeconomici hanno confermato che l'economia americana non riparte e sono tornate in primo piano le preoccupazione di una ricaduta nella recessione.

Uno scenario che penalizza ovviamente i titoli di Stato dei paesi periferici dell'eurozona e tende ad ampliare ulteriormente i differenziali di rendimento rispetto ai Bund della virtuosa Germania. In particolare, i rendimenti decennali dei titoli greci sono saliti di 10 punti base al 10,75%, alzando al 847 punti lo spread con i Bund. La Grecia è in attesa di 6,5 miliardi di euro di aiuti richiesti ufficialmente alla Ue e alla Bce e che dovrebbero arrivare dopo le misure di risanamento adottate dal governo di Atene e che hanno portato a una riduzione del deficit pubblico del 39,7%, a 12,1 miliardi, nei primi sette mesi dell'anno.

 

 

 

Ricerca e industria. Un brevetto senza ministro

Cronologia articolo20 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:07.

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L'Italia ha un rinnovato Codice della proprietà industriale, entrato in vigore con la pubblicazione del decreto legislativo approvato dal governo il 30 luglio scorso. Finalmente un testo unico raggruppa leggi sparse un po' ovunque e innestate sul Codice del 2005, superato a destra dagli eventi, dalle norme europee e anche nel mirino, per qualche lacuna, della Corte di giustizia. Marchi e brevetti marceranno più velocemente, avranno di fatto una validità continentale, procedure amministrative e giudiziarie di tutela più dirette e, si spera, anche più efficaci di oggi.

Ma, inspiegabilmente, è stata persa l'occasione di allineare l'Italia al resto del mondo industrializzato nei diritti sui brevetti dei ricercatori universitari. Che non spettano agli atenei, come ovunque e come, tra l'altro, nel privato alle imprese, ma ai ricercatori stessi. Una decisione dell'ultim'ora, strana, secondo alcuni incostituzionale, ma di cui è difficile chiedere ragione: la legge è firmata dal premier e da dieci ministri, ma non da quello dello Sviluppo economico, che nell'esecutivo, dopo le dimissioni di Scajola, non esiste.

 

 

 

 

 

Il conto della crisi. Le Pmi hanno rinegoziato 42 miliardi di debiti con le banche

di Simone FilippettiCronologia articolo20 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:09.

ll costo della recessione sull'"Azienda Italia"? Quarantadue miliardi di debiti finiti in ristrutturazione per le medie e piccole aziende, quelle Pmi che sono l'ossatura del tessuto industriale del Paese. Ma il prezzo della crisi è stato salato anche per le banche, costrette a stralciare oltre il 35%. Un terzo dei crediti erogati è andato in fumo.

Dopo l'abbuffata di finanza degli anni del boom (e della bolla) molte aziende si sono trovate stracariche di debito, spinte dal cocktail di denaro a basso costo e boom dell'M&A. Poi, con la crisi e il credit crunch, hanno iniziato a saltare i famigerati covenants (i parametri di oscillazione tra debito e liquidità generate fissati dalle banche): anche aziende sane e robuste si sono all'improvviso ritrovate con un debito che, prima sopportabile, è diventato insostenibile. Nell'ultimo anno e mezzo, sostanzialmente dall'inizio della recessione, 65 tra le principali aziende italiane hanno dovuto mettere una toppa al problema dei troppi debiti. Dal più semplice sforamento dei parametri, alle rinegoziazioni, fino alle soluzioni stra-giudiziali per evitare le insolvenze. Quest'ultima è stata la formula più utilizzata, introdotta dalla nuova legge fallimentare. L'elevato numero di rinegoziazioni e ristrutturazioni è il segnale indiretto delle ferite lasciate dalla crisi. La cifra, elaborata da un report che circola tra le banche d'affari milanesi, tiene conto di un campione di medie e piccole aziende "eccellenti", quotate e non.

Le cause

Complice la peggior recessione degli ultimi cento anni, redditività e flussi di cassa delle aziende sono caduti e le stime sulle performance future fatte pre-crisi sono diventate carta straccia. A quel punto la struttura finanziaria è diventata sproporzionata e numerose aziende hanno sfiorato il dissesto: di qui lunghe ed estenuanti trattative con le banche che hanno dovuto rinunciare a una fetta consistente di crediti, ma l'alternativa sarebbe stata il default di molte aziende. La prima ondata ha interessato quelle società strapagate dal private equity, appesantite dai debiti delle acquisizioni attraverso leverage buy out: l'incidenza di debiti (30 miliardi su 47 aziende) e degli stralci (il 41% del totale calcolabile) è molto più alte sulle società non quotate.

I debiti del private equity sul Made in Italy....

Tradizionalmente i fondi comprano società private (per poi magari portarle in Borsa): non è dunque un caso che i debiti affliggano maggiormente società in mano al private equity. Dopo averle caricate di leva per comprarle, gli stessi fondi si sono visti costretti a rinegoziare quello stesso debito. Una buona fetta di Made in Italy si è trovata in questa situazione: un big mondiale come Ferretti, il costruttore di yacht di lusso, schiacciato da 1,1 miliardi di esposizione finanziaria dopo l'acquisizione a leva da parte di Candover (uscita azzerando il valore), alle azienda di distributori automatici Argenta (comprata da Cognetas e Investitori Associati da precedenti fondi e con 400 milioni di debito) e N&W (un altro caso di passaggio di mano tra fondi, per 470 milioni di debito); al gruppo alimentare Fiorucci (200 milioni) fino alla Comital, la casa del Domopak (237 milioni). E ancora l'azienda di piccoli elettrodomestici Saeco, che per salvarsi è stata venduta alla olandese Philips, ha dovuto azzerare 300 milioni di debiti su un totale di 535.

...e l'abbuffata delle big cap

Emblema della bulimia di finanza degli anni passati e della necessità di dover correre ai ripari rinegoziando è la Carlo Tassara, la holding del finanziere franco-polacco Romain Zaleski: oltre 6 miliardi di esposizione, la più alta tra quelle censite dallo studio, anche se non esattamente una società industriale nè una Pmi. La tempesta finanziaria ha obbligato la Tassara a invocare il soccorso delle banche che hanno cancellato quasi metà del debito. Interventi anche sui maxi debiti del gruppo immobiliare Risanamento (2,8 miliardi) e Seat (2,7 miliardi). Altri big hanno ancora trattative in corso, come quella sui 770 milioni di debito della Lucchini, il gruppo siderurgico già salvato cinque anni fa dal magnate russo Alexei Mordashov.

Perdita secca

Hanno perso fino all'ultimo centesimo erogato i creditori di It Holding e Mariella Burani Fashion Group: il gruppo di moda di Tonino Perna e quello della famiglia modenese sono finiti in fallimento. Lo stesso è accaduto alla società di tlc di Arezzo Eutelia. Interamente dei creditori, a fine ristrutturazione, è diventata invece Global Garden Product. Per la prima volta in Italia, infatti, nell'ambito di una simile operazione di una società non quotata i creditori sono diventati azionisti al 100% nel capitale. E fuori dal giro dei nomi più noti, il caso delle Funivie Folgarida Marilleva, soffocata da 138 milioni di debiti: anche sulla storica azienda che gestisce gli impianti risalita delle Dolomiti le banche hanno dovuto stralciare più della metà dei loro crediti.

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"Governo nazionale per le riforme socio-economiche"

Emilia PattaCronologia articolo20 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:02.

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ROMA

"Quello che serve al Paese è un governo che affronti il nodo della crisi sociale ed economica e dia risposte strutturali per consolidare la ripresa". Altro che elezioni o governi per cambiare la legge elettorale. "L'emergenza non è certo la legge elettorale, fermo restando che bisogna restituire al cittadino il diritto di scegliere il parlamentare che lo rappresenta e cancellare la vergogna delle liste bloccate. Di fronte a dati che parlano di una povertà tornata ai livelli del '94 e di fronte alla borsa altalenante il bene dell'Italia e degli italiani non è certo quello di sommare alla crisi economica in atto una crisi politica".

Giuseppe Fioroni, ex popolare del Pd, denuncia con il suo partito i rischi di uno scioglimento anticipato delle Camere nel pieno della crisi ("vogliamo fare la fine della Grecia?") e invita governo e maggioranza ad assumersi fino in fondo la responsabilità di quanto sta accadendo dopo la rottura tra Berlusconi e Fini. "Intanto bisogna verificare se la maggioranza si è sciolta o no – dice –. Viviamo in una situazione paradossale che non ha precedenti: la crisi è l'argomento del giorno da molti giorni e non c'è stato un momento di verifica in Parlamento. Vengano in Aula".

E se alla fine si dovesse effettivamente constatare che la maggioranza non c'è più? Governo tecnico o urne?

È un dibattito sul nulla, che tira per la giaccia il capo dello Stato quando la Costituzione su questo punto è sufficientemente chiara. La posizione di Napolitano è ineccepibile. Se la maggioranza implode, e va sottolineato che si tratta della maggioranza più vasta che si sia mai vista, un Parlamento responsabile ha il dovere di tentare di mettere in piedi un governo che sappia affrontare la crisi economica e sociale del paese evitando l'instabilità politica. Siamo alla fine della seconda repubblica e proprio per questo serve un soprassalto di responsabilità della politica nei confronti del Paese.

Una sorta di governo di "emergenza nazionale" per le riforme sociali ed economiche, insomma. Ma con o senza il Pdl?

Tutto il Parlamento deve essere coinvolto. Ma non è che il Pd ha paura di andare alle elezioni?

Guardi che chi vuole le elezioni a tutti i costi è la Lega. È Bossi il vero dracula di Berlusconi, l'unico che ne trarrebbe vantaggio. E forse non vuole neanche che il federalismo fiscale sia davvero attuato, così può farsi un altro giro elettorale con lo specchietto per allodole...

Fini e un eventuale terzo polo. Può essere lui l'alleato moderato che manca al Pd?

Fini ha combattuto una battaglia significativa all'interno della sua maggioranza ma Fini è la destra del nostro Paese, sia pure una destra moderna. Un conto sono gli scenari di governi di responsabilità nazionale, ma chi parla di una coalizione da Fini a Vendola per la guida del Paese parla di cose né semplici né scontate. I riferimenti valoriali sono diversi. La coalizione di centro-sinistra andrà costruita all'insegna del ruolo centrale del Pd e sulla base di proposte programmatiche autorevoli forti e credibili che sappiano coinvolgere e motivare quel blocco sociale senza il quale in Italia non si va al governo: artigiani, commercianti, sindacati, Confindustria, cooperatori e coltivatori. Quell'Italia profonda e laboriosa che ora guarda con scarsa attenzione al Pd ma che per ben due volte ha creduto in Prodi.

Prima il programma poi la leadership, dunque. Magari un novello Prodi...

Con la leadership non si evita la fatica della politica, è il progetto politico che deve creare il leader e non viceversa. Certo occorre un candidato premier che sia in grado non di mettere insieme le tifoserie dello stesso recinto ma di rompere i recinti attraendo gli scontenti del Pdl.

Mi faccia un nome.

È un cane che si morde la coda. Ammesso che la personalità in questione ci sia, con tutti i candidati già in pista per le primarie – da Chiamparino a Vendola a De Magistris – è come invitarlo a non scendere in campo.

Come si sta da cattolici nel Pd di Bersani. Nei mesi scorsi gli ex popolari erano dati in grande sofferenza...

Nessuna sindrome di emarginazione. Sui temi etici anche nei partiti del centro-destra convivono posizioni diverse. Sono temi su cui inevitabilmente la libertà di coscienza prevale sull'appartenenza partitica. Non è furbizia ma esercizio pieno della democrazia.

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2010-08-18

Energia solare e fisco. Chi deve pagare le tasse e chi no

di Gian Paolo TosoniCronologia articolo12 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 08:05.

La produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica sia ai fini dell'autoconsumo personale o aziendale, sia per la vendita vera e propria è una attività che coinvolge privati e imprese. Il crescente interesse a tale forma di produzione di energia è giustificato dalla forte sovvenzione (tariffa incentivante) che il sistema energetico nazionale elargisce ai soggetti che installano queste tipologie di impianti.

Tre esempi diversi di trattamento fiscale e Le istruzioni per l'uso per i privati e le imprese

Tariffa incentivante

I soggetti che producono energia da impianti fotovoltaici sono destinatari di una tariffa incentivante erogata dal Gse pari a circa 0,40 euro per kw. Il contributo è soggetto alla ritenuta d'acconto del 4% quando il percettore è una impresa commerciale o un professionista. Le imprese agricole individuali e le società semplici sono escluse da tale prelievo.

Persone fisiche

Un privato (o un ente non commerciale) può installare un impianto fotovoltaico di potenza non superiore a 20 kw per far fronte ai bisogni energetici domestici quando l'impianto è posto direttamente al servizio della abitazione.

Può optare per il servizio di scambio sul posto che consiste nell'operare una compensazione tra l'energia elettrica prodotta con i propri pannelli fotovoltaici e automaticamente immessa in rete e l'energia elettrica prelevata per le proprie esigenze familiari. Secondo le regole fissate dalla Autorità sull'energia e gas con la delibera n. 74/2008 tutta l'energia prodotta viene immessa in rete e quella consumata viene fornita e fatturata dal fornitore territorialmente competente. Il costo sostenuto per l'acquisto di energia verrà rimborsato dal gestore dei servizi elettrici (Gse) mediante un contributo in conto scambio sul posto pari al minore tra il valore dell'energia prodotta e quello dell'energia consumata al netto dell'Iva; l'Iva è l'unico onere che rimane a carico del contribuente. Ove la produzione di energia immessa in rete risulti superiore, la differenza è riportata a credito negli anni successivi. Il privato riceve anche il contributo per aver realizzato l'impianto e cioè la tariffa incentivante. Entrambe le somme riscosse sono irrilevanti fiscalmente.

Il privato può anche non optare per il servizio di scambio sul posto e cedere l'energia al Gse. In questo caso i proventi derivanti dalla vendita dell'energia eccedente quella consumata rilevano fiscalmente come redditi diversi e cioè come attività commerciale occasionale. In questo caso la circolare dell'Agenzia delle Entrate n.46/2007 non è adeguata alla nuova procedura del cambio sul posto in quanto considera l'ipotesi in cui il privato incassava dal Gse la sola differenza tra energia prodotta e consumata, mentre ora riceve il rimborso del costo della energia consumata a titolo di contributo e la differenza a titolo di energia venduta. Il meccanismo dovrebbe funzionare così: se il privato produce 15 e consuma 10, riceve dal Gse 10 a titolo di contributo per scambio sul posto irrilevante fiscalmente e 5 a titolo di cessione di energia che rappresenta un reddito diverso, fuori campo Iva in assenza del presupposto soggettivo.

Se invece il privato installa un impianto di potenza superiore a 20 kw oppure l'impianto non è collocato al servizio della abitazione dovrà considerare ceduta l'energia immessa in rete. Tale operazione realizza una attività commerciale rilevante ai fini dell'Iva e delle imposte dirette e quindi il titolare dell'impianto deve aprire la partita Iva con tutti gli adempimenti conseguenti. La tariffa incentivante non è soggetta a Iva ma è rilevante ai fini delle imposte dirette.

Imprese

Qualora la formula dello scambio sul posto sia adottata da una impresa, la gestione fiscale è facile. Tutta l'energia prodotta immessa in rete viene fatturata al Gse con applicazione dell'Iva (aliquota 10%) e rappresenta un ricavo rilevante ai fini delle imposte dirette. Il costo dell'energia consumata sostenuto nei confronti del fornitore territoriale è deducibile e la tariffa incentivante che rappresenta un contributo in conto esercizio, assoggettato alla ritenuta del 4%, è esclusa da Iva ma rilevante ai fini delle imposte dirette.

Professionisti

La gestione fiscale dell'energia autoprodotta da un lavoratore autonomo è per alcuni aspetti simile a quella delle imprese. Tutta l'energia ceduta deve essere fatturata; però trattandosi di attività commerciale e non di lavoro autonomo (non può essere dichiarata nel quadro RE del modello Unico), è necessario tenere la contabilità separata. L'energia consumata è una spesa deducibile nella attività professionale. La circolare n. 46/E/2007 precisa che per i lavoratori autonomi la tariffa incentivante concorre a formare il reddito soltanto per la parte corrispondente alla energia prodotta in eccesso.

 

 

 

 

Scoperta una maxi evasione da 91 milioni di euro nelle televendite di opere d'arte

Cronologia articolo18 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 10:47.

Una maxi evasione di 91 milioni di euro è stata scoperta dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, che ha accertato un particolare sistema di frode fiscale realizzato nell'ambito della commercializzazione di opere d'arte attraverso il "sistema delle televendite". I finanzieri hanno verificato omesse fatturazioni e dichiarazioni di redditi e Iva ad alcuni dei principali operatori del settore delle televendite di arte, consentendo di scoprire ricavi non dichiarati al fisco, oltre ai 91 milioni di euro, anche di altri 55 milioni di Irap e 18 milioni di euro per violazione all'Iva.

Gli oggetti venduti venivano accompagnati da una documentazione che però non aveva alcun valore fiscale. Le indagini sono state avviate dopo una serie di denunce e hanno consentito, tra l'altro, di accertare anche l'omesso versamento alla Siae di oltre 2 milioni di euro. Quattro sono state le verifiche, delle quali una nei confronti di un pensionato "evasore totale" sprovvisto di partita Iva e della documentazione contabile e fiscale dell'attività che, tra il 2004 e il 2009, ha fatto incassare oltre 9 milioni di euro mai dichiarati al fisco.

Il pensionato era un ex corniciaio che nel corso della sua attività era entrato in contatto con il pittore Emilio Vedova, che gli aveva donato alcune delle sue opere. L'ex corniciaio le aveva poi vendute in nero, dando vita a una vera e propria attività di commercio parallela.

Le fiamme gialle hanno individuato anche nove evasori paratotali. Sono ancora al vaglio le analisi sulle varie operazioni commerciali nei confronti dei clienti e i fornitori sparsi su tutta

 

 

 

2010-08-17

"Pensioni al sicuro con l'ultima riforma"

Marco RogariCronologia articolo17 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2010 alle ore 08:04.

"Le stime sull'anticipo della cosiddetta gobba indicata al tempo della riforma Dini sono state formulate più di 12 mesi fa: a tutt'oggi noi non registriamo l'avverarsi di quelle previsioni". Il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, quasi scandisce le parole nel sottolineare come il sistema previdenziale italiano sia stabile e al riparo dagli strascichi della crisi economica. Anche perché – sottolinea – "a luglio, con la manovra estiva, è stata introdotta la più grande e definitiva riforma che attendeva il nostro sistema pensionistico".

Presidente, la gobba che riforma Dini fissava al 2035 è arrivata con grande anticipo sotto la spinta della crisi. Il governo ha puntellato l'impalcatura pensionistica con nuovi interventi. C'è però chi sostiene che il rapporto spesa-Pil rimanga una spina nel fianco della previdenza.

Al momento le previsioni sull'anticipo della cosiddetta gabba non sono affatto confermate. Intanto con la manovra estiva, approvata nelle scorse settimane dal parlamento, è arrivata la riforma delle riforme.

Vuol dire che i pensionati attuali e futuri possono sentirsi al sicuro?

Gli interventi di luglio sono la chiusura di un cantiere iniziato ai primi anni '90 con la riforma Amato e proseguito con i successivi interventi che si sono succeduti nel corso degli anni. A questi macro-interventi vanno aggiunti 22 micro-interventi di manutenzione normativa, perché non va dimenticato che la previdenza è qualcosa da tenere costantemente sotto osservazione.

Il futuro rimane incerto: resta ad esempio da risolvere il problema dei tassi di sostituzione, ovvero dell'adeguatezza degli importi delle pensioni future.

Con la manovra di quest'anno, credo che sia stata messa la parola fine al cantiere delle pensioni, perché sono state adottate due misure che mettono al riparo e stabilizzano il nostro sistema pensionistico. La prima è la finestra a scorrimento, o finestra mobile, che qualcuno ha anche denominato lodo Mastrapasqua. Questo intervento di fatto ha reso un po' meno diseguale il dispositivo delle finestre adottato dalla legge Prodi-Damiano: dopo due anni si è capito che funzionava ma andava reso più omogeneo e meno sperequativo tra le varie persone anche in relazione alla loro uscita dal mondo del lavoro. L'operazione sulle finestre deve essere considerata risolutiva?

È il secondo intervento adottato con la manovra che deve essere considerato la riforma delle riforme, ovvero quello che aggancia l'età pensionabile all'aspettativa di vita e, soprattutto, che l'aggancia in via automatica. Tutti lo chiedevano sia in Italia che all'estero. L'Italia è stato il primo e unico paese Ue che ha collegato l'età pensionabile all'aspettativa di vita in modo automatico certificato dall'Istat. A questa misura si somma la finestra mobile.

Alcuni esperti affermano che, nonostante l'importanza degli interventi appena varati, sarebbero necessarie altre misure per favorire la correzione della linea di tendenza della curva della spesa.

Mi permetta una battuta: è chiaro che terminando un cantiere aperto da tantissimi anni c'è il rischio che ci sia qualche maestranza che rimane senza lavoro. A parte la battuta, io credo che sia significativo anche ciò che sta accadendo in Europa: nessuno dei diversi tentativi di intervenire sulle pensioni portati avanti da Francia, Grecia, Gran Bretagna e Germania ha introdotto un elemento virtuoso che aggancia in via automatica l'età della pensione con l'aspettativa di vita.

Sta dicendo che l'Italia godrebbe di una sorta di leadership previdenziale nella Ue?

Come ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, questa è la riforma che tutto il paese chiedeva, è che da tanti anni l'Europa ci chiedeva. Oggi il resto d'Europa ci guarda con interesse, non le nascondo che già da altri paesi europei qualcuno ha chiesto all'Inps di venire a conoscenza di queste norme.

Non tutti i nodi sembrano risolti, basti pensare al problema dell'incerta copertura previdenziale dei più giovani.

Completata la grande riforma, io credo che oggi ci si debba dedicare a un altro aspetto importante, quella della conoscenza, della cultura previdenziale. Noi dobbiamo colmare un gap d'informazione. Questo è un compito che in parte spetta all'istituto, lo abbiamo fatto con l'invio di 20 milioni di lettere a tutti i nostri assicurati attivi mandando il famoso mezzo Pin per controllare il proprio estratto conto previdenziale.

Il bilancio 2010 dell'Inps risentirà degli effetti della crisi economica?

Abbiamo messo i conti sotto controllo: dal mio arrivo l'istituto chiude i bilanci con avanzi finanziari mai registrati negli ultimi 40 anni: 13,5 miliardi nel 2008, 7 miliardi nel 2009. Anche quest'anno probabilmente chiuderemo con un avanzo finanziario. Abbiamo poi realizzato una grande operazione di recupero crediti: con la lotta all'evasione siamo passati da zero a 4,6 miliardi l'anno scorso e arriveremo a 6 miliardi quest'anno. In settembre sarà costituita anche un'unità contro il fenomeno delle truffe costato all'Inps nei primi sette mesi dell'anno almeno 100 milioni di euro.

Dopo il varo delle ultime misure c'era chi aveva ipotizzato una grande fuga verso i pensionamenti.

Non c'è stata alcuna fuga: con gli ultimi interventi il sistema ha trovato stabilità e c'è anche una maggiore consapevolezza al momento del pensionamento.

 

 

 

 

2010-08-16

Torna la "gobba pensioni"

Cronologia articolo15 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2010 alle ore 08:04.

Il crollo dell'economia italiana ha anticipato di 25 anni il picco di spesa previdenziale in rapporto al Pil. Il rapporto toccherà quest'anno il 15%, con 25 anni di anticipo rispetto alle stime effettuate dal governo ai tempi del varo della riforma Dini. Quando venne dato il via libera alla legge che portò l'Italia al sistema contributivo (il 15° compleanno è proprio in questi giorni) le previsioni indicavano il picco nel 2035, verso il termine della fase di transizione al nuovo regime. Ma la recessione ha anticipato l'appuntamento. A stabilizzare la spesa previdenziale negli anni a venire saranno i nuovi coefficienti di trasformazione e le ultime misure introdotte dal governo nella manovra correttiva: la finestra unica per il pensionamento e il collegamento del momento del ritiro effettivo dal lavoro all'aspettativa di vita.

 

 

 

 

2010-08-12

Via al grande occhio fiscale

Cronologia articolo12 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 08:05.

La maxi banca dati per scovare l'evasione fa il primo passo. E si apre il grande occhio fiscale. È stata infatti siglata ieri la convenzione tra agenzia delle Entrate e Inail che rende operativo il protocollo, firmato la settimana scorsa, per promuovere un miglioramento dell'attività ispettiva attraverso la collaborazione con i soggetti che si occupano di vigilanza e controllo. Una strategia di condivisione delle informazioni a tutto campo che chiama in causa anche ministero del Lavoro e Inps. L'obiettivo è totalizzare entro fine anno almeno 300mila controlli, per far emergere più di 100mila lavoratori in nero e recuperare un extragettito contributivo da 1,4 miliardi.

Il nuovo strumento non parte comunque da zero: Inps, Inail e ministero del Lavoro hanno già iniziato a operare fianco a fianco, con 150mila verifiche nei primi sei mesi dell'anno. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi parla di "tolleranza zero, tradotta prima di tutto nel piano straordinario di vigilanza in agricoltura ed edilizia. Più che limare le unghie alle zanzare, queste attività sono impegnate nella caccia agli elefanti dell'irregolarità e dell'illegalità ancora diffusi". Secondo il direttore delle Entrate Attilio Befera "questa convenzione segna una tappa importante sulla strada di una lotta all'evasione sempre più condivisa, in sinergia con altri enti, per scovare gli illeciti fiscali con analisi di rischio puntuali e coordinate". Lo scambio dei dati consente "di intercettare in maniera sempre più mirata le sacche di evasione, potenziando la selettività dei controlli e incoraggiando la tax compliance dei contribuenti".

 

 

Berlusconi lancia segnali di pace ai finiani: unità Pdl se prevale spirito costruttivo. Di Pietro apre a governo tecnico

Cronologia articolo11 agosto 2010Commenti (15)

Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2010 alle ore 15:53.

Giornata di avvicinamento e di corteggiamenti. Tra Berlusconi e Fini. Con Cicchitto che fa da paciere con i senatori finiani. Con il Cavaliere che si dice pronto e disponibile a ricucire a patto che prevalga lo spirito costruttivo. E con i finiani che salutano positivamente il nuovo clima, sempreché si interrompano le campagne mediatiche contro il presidente della Camera. Questo mentre Bossi continua a incitare al voto al voto. Di Pietro che apre per la prima volta a un governo tecnico. E Bersani che invita gli alleati a essere pronti e a fare fronte unico. E' il quadro sintetico di questa caldissima giornata politica agostana.

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Berlusconi apre ai finiani. Fedeltà al mandato degli elettori e "spirito costruttivo", quale quello dimostrato nelle dichiarazioni "di alcuni senatori del centrodestra". Sono queste, secondo Silvio Berlusconi, le condizioni per "ritrovare l'unità" nel Pdl con la pattuglia finaina. "Se vi sarà questo spirito costruttivo contenuto nelle dichiarazioni di alcuni senatori del centrodestra, che accolgo con grande soddisfazione e disponibilità - sottolinea il premier - sarà certamente possibile ritrovare quell'unità che, ove mancasse, non potrebbe che portare a scelte dolorose e definitive".

I finiani: basta attacchi mediatici. "La disponibilità del presidente del Consiglio a ricercare una nuova unità del centrodestra nel rispetto del programma che ci vincola con gli elettori è un segnale positivo. Auspichiamo che questo segnale serva a recuperare un clima di reciproco rispetto tra istituzioni che vanno valorizzate e non dimissionate con richieste peraltro irricevibili". E' quanto dichiarano in una nota Italo Bocchino, Silvano Moffa e Pasquale Viespoli di "Futuro e libertà per l'Italia" chiedendo inoltre che "si blocchi l'aggressione quotidiana nei confronti di Fini e si esca da questa fase di esasperato conflitto".

Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, manda segnali di pace ai finiani del Senato. Che oggi hanno anche diffuso una nota distensiva in cui auspicano che il confronto tra le due sponde del partito torni sui contenuti. "Agosto - scrivono - è il mese delle polemiche sterili e dannose. Settembre deve essere il mese della responsabilità e dei fatti concreti, nell'interesse del paese". E Cicchitto mostra di gradire il messaggio. "Ha un carattere costruttivo e sarebbe un errore sottovalutare o trascurare. E costituisce un contributo - certamente ancora sul piano metodologico - alla costruzione di un percorso di confronto tra le varie posizioni".

Il dietrofront dell'ex pm. Intanto il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, cambia rotta. Qualche giorno fa aveva bollato come "un'illusione" l'idea lanciata da Pierluigi Bersani di un governo di transizione in vista dell'appuntamento con le urne. Ora invece Di Pietro apre all'ipotesi di un "governo tecnico di emergenza" ma solo a una condizione: che prima di presentarsi davanti agli elettori si modifichi la legge elettorale. "Noi ci battiamo affinché si vada al più presto alle urne in autunno - spiega il leader dell'Idv - e siamo disposti ad allearci perfino con il diavolo pur di ridare al Paese una speranza per il futuro". Ma il numero uno della Lega, Umberto Bossi, rispedisce al mittente qualsiasi ipotesi di governissimo ribadendo il concetto già espresso ieri. "No ai governi tecnici che non sono una buona soluzione per le democrazie; occorre tornare subito alle urne e far decidere al popolo"

Un fronte unico per il centro-sinistra. Insomma l'opposizione sembra ritrovare una strada univoca. E oggi anche il segretario del Pd, Pierluigi Bersani,è tornato a chiedere "una strategia comune di cui siamo già pronti a proporre e a discutere le basi politiche e programmatiche". Quindi la richiesta al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di venire a riferire in Parlamento. "Pretendiamo - attacca il numero uno di Largo del Nazareno - di sentirgli dire che cosa intenda fare in questo indecoroso marasma che lui stesso ha provocato e alimentato".

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2010-08-10

La stagione turistica non decolla, allarme consumi dai conti del colosso Tui Travel

Cronologia articolo10 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 15:50.

L'austerity pesa sulle vacanze e sui conti dei grandi tour operator. Tui Travel, numero uno in Europa, ha annunciato conti peggiori del previsto a causa della forte frenata nelle prenotazioni dei suoi mercati di riferimento: quello tedesco e quello inglese.

Le famiglie quest'anno hanno scelto di ridurre il loro budget per le vacanze o puntare su operatori low cost e questo ha impedito a Tui travel di controbilanciare le forti perdite della prima metà dell'anno.

Nel terzo trimestre dell'anno, il periodo di punta per l'industria turistica, le vendite di Tui travel sono calate del 4% e la società ha riportato una perdita di 81 milioni di sterline, contro un utile di 32 milioni dello stesso periodo dell'anno scorso. Il dato ha avuto un impatto devastante alla Borsa di Londra dove il titolo Tui Travel è arrivato a perdere oltre il 10% scendendo ai minimi degli ultimi due anni.

Sui conti della società ha avuto un peso notevole il blocco del traffico aereo dello scorso maggio. Le ceneri di un vulcano islandese sono costate al primo Tour operator in Europa 105 milioni di sterline. La precedente stima era di 90.

La situazione è così negativa che Tui ha diffuso un profit warning sull'intero esercizio: il risultato si attesterà ai livelli più bassi della forchetta previsionale precedentemente fornita. "In più - aggiunge la società con un comunicato - è molto difficile fare previsioni sull'evoluzione della dinamica delle prenotazioni last minute sui prossimi 12-18 mesi, a causa della generale situazione economica".

Tui Travel non è il solo operatore del settore a lamentare una stagione deludente. Anche la catena di hotel Intercontinental ha fatto sapere che il clima rimane incerto. Le difficoltà del settore turistico, che non sembrano toccare l'Italia, sono un campanello d'allarme sulla tenuta dei consumi e di conseguenza sulla ripresa dell'economia europea.

 

 

Muore la politica nell'estate delle faide

Cronologia articolo10 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 08:20.

L'ultima modifica è del 10 agosto 2010 alle ore 09:01.

È davvero un brutto Ferragosto per la Repubblica italiana, un pantano tra politica e propaganda che alla fine ci lascerà tutti più logori e più sporchi. Tutti: e chiunque si illuda di ricavarne, o magari davvero ne ricavi nel solleone, un effimero vantaggio estivo, presto si troverà a pagare il dazio comune del logoramento e della sporcizia.

Della vicenda del presidente della Camera Gianfranco Fini, e della casa ex patrimonio di An a Montecarlo finita al suo giovane cognato, i lettori sanno. È vicenda opaca e quanto prima il presidente Fini se ne libererà tanto meglio, e se ha da prendere a calci nel sedere qualcuno del suo ambiente, anche se familiare, lo faccia e in fretta.

Di vicende simili, purtroppo, la nostra politica è ricolma, da troppi anni ormai priva di senso del limite, in un brodo acido di clientele, affari, cricche, finanza, transazioni, camarille e favoritismi che affliggono la cosa pubblica e arricchiscono un nuovo ceto di mediocri affaristi, ormai ubiqui.

Accanto alle notizie sulla vicenda di Montecarlo va anche però narrato il contesto in cui la campagna contro Fini va dispiegandosi: nostro dovere è sempre dare i fatti, il loro contesto e le loro radici, il resto è propaganda, di questa parte oggi, di quell'altra domani, sempre propaganda fracassona. Quando il premier Silvio Berlusconi, un anno fa, venne fatto bersaglio di una campagna dove ogni vicenda, sia pur scarsamente rilevante, veniva ingigantita ad anatema, questo giornale fu tra i pochissimi che chiese il ritorno all'equilibrio. E venne infatti accusato e criticato senza ragione. Chi, ad esempio, si chiedesse oggi che cosa è rimasto dello "scandalo" Noemi Letizia, quali accuse serie ne sono davvero scaturite, a che cosa di determinante ha portato quel safari mediatico, si troverebbe con in mano poco o nulla: e infatti nessuno più ne parla. Analogo test potremmo citare su Gianni Letta, trascinato nelle torbide vicende primaverili da "amici" e nemici, senza che nessuno - o quasi - invocasse per lui un filo di garantismo.

È giusto e opportuno che i leader, tutti i leader, provino a mantenere morale e comportamento i più rigorosi possibili, se non vogliono peggiorare il già pessimo credito che la politica ha nel paese. Quel però che non aggiunge né serietà né equilibrio è la caccia al nemico di oggi, ex amico protetto di ieri. Tutti raccomandano in Rai, ma chi rompe con il governo viene denunciato come un lestofante dagli amici perduti. Follini, Casini e Fini erano specchiati dirigenti politici quando aderivano alla maggioranza, nefasti cacicchi quando l'han lasciata. E chi ricorda il trattamento riservato a Umberto Bossi e ai leghisti quando ruppero con Berlusconi nel 1994? Un modello non utile a capire, utilissimo a dividere e intimidire, usato a destra e sinistra con eguale cinismo (e a proposito - quali che siano le responsabilità di Fini - che spettacolo i suoi vecchi collaboratori, gli intellettuali da poco e i lottizzati da niente che tutto gli devono, costretti a dare la loro coltellata furtiva in un'intervista per poi dire: vedete? l'ho colpito, pronti a mendicare la mancia dal nuovo capo).

Si obietterà infatti: anche la sinistra, e la stampa che la fiancheggia, usano coprire di contumelie gli alleati del premier, salvo poi paragonarli a Giovanna d'Arco non appena se ne allontanano. Vero: e potremmo citare casi grotteschi di squalificati ex vassalli, redenti di botto a guru e interlocutori. Oggi il ministro della cultura Bondi è per la sinistra un lacchè risibile: siate sicuri, denunciasse Berlusconi in un'intervista ne farebbero il nuovo Sartre.

L'obiezione non cambia il ragionamento. La caccia all'uomo per intimidire, le accuse ad personam, i dossier preparati e poi rilasciati al momento adatto non sono libertà di stampa. Sono dosi massicce di populismo, rancore e odio che alla fine renderanno tossica l'aria del paese. saremo nemici tutti di tutti e quando Berlusconi lascerà Palazzo Chigi, Fini la Camera e ogni vendetta di clan sarà consumata riparlarsi sarà impossibile.

La crisi economica intanto, i mercati che non leggono le pagine livorose di questi giorni incalzano. E in che clima, in che contesto, con che interlocutori faremo le riforme e salveremo il paese?

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Come cambiano le pensioni: procedure unificate per la previdenza complementare

di Antonino Cannioto e Giuseppe MaccaroneCronologia articolo10 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 08:30.

La previdenza complementare viaggia a rilento rispetto alle attese. La Covip è intervenuta per uniformare le procedure relative non solo alla modulistica e alle comunicazioni ma anche all'iscrizione e al versamento della relativa contribuzione. Con la delibera del 22 luglio scorso ha uniformato la comunicazione che i fondi inviano ogni anno, entro il 31 marzo, ai propri iscritti. Scopo della comunicazione unificata è quello di mettere in evidenza la situazione contributiva personale maturata al 31 dicembre dell'anno prima.

La commissione ha definito tre schemi di comunicazione (che i lettore trova correlati a questo articolo) a seconda che si tratti di fondi pensione negoziali, aperti e Pip in regime di contribuzione definita. I fondi possono adottare i nuovi schemi o studiare soluzioni alternative ma analoghe. Ogni organismo personalizzerà la comunicazione con il proprio marchio.

In particolare, va indicata la posizione maturata dall'iscritto nel fondo, le operazioni effettuate nel corso dell'anno e i costi effettivamente sostenuti. Inoltre occorre specificare la linea di investimento adottata e i rendimenti realizzati negli ultimi tre, cinque e dieci anni mettendo in chiaro la valutazione del rischio e l'andamento dei mercati finanziari in cui il fondo investe. Se la posizione individuale dell'iscritto non è incrementata da oltre un anno e il montante accumulato risulta inferiore a 100 euro, il fondo può interrompere l'invio della comunicazione periodica.

La previdenza complementare è un capitolo delicato non solo per i lavoratori ma anche per le aziende, che devono fare l'informazione iniziale e poi gestire la scelta del dipendente. Il datore di lavoro si deve districare, in particolare, tra le differenti regole dei fondi pensione che riguardano la determinazione dell'imponibile su cui calcolare il contributo, le aliquote e il relativo versamento.

Ricevuto il modello di scelta, è necessario leggere le informazioni che ogni fondo pubblica sul proprio sito, anche se questo può non essere sufficiente poiché, in alcuni casi, si rimanda alle disposizioni del Ccnl. Occorre poi verificare le modalità di redazione della denuncia periodica e della sua trasmissione al fondo, la tempistica dei versamenti e le regole per determinare l'imponibile su cui calcolare i contributi.

 

 

 

 

Check up alla pensione in dieci mosse

Salvatore PadulaCronologia articolo09 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 08:03.

e Giuseppe Rodà

Se, calendario perpetuo alla mano, hai trascorso le ultime settimane facendo calcoli su "quando andrò in pensione?", vai direttamente a pagina 11 e troverai la guida pratica a tutte le ultime novità che spostano in avanti la decorrenza dei trattamenti. Se, invece, cominci a pensare che il problema della pensione non sia il "quando ci andrò?", ma anche il "quanto sarà la mia rendita?", allora mettiti comodo e leggi questa pagina. Troverai i consigli per fare il tuo check up previdenziale.

Regola numero uno: la pensione si costruisce in gioventù. Contano gli anni di contributi e la misura dei contributi pagati, visto che il calcolo dell'importo dell'assegno dipenderà interamente, almeno per i più giovani, da quanto si versa. Il punto è che in questo scenario bisogna imparare a utilizzare al meglio tutte le possibilità – e sono molte – offerte oggi dalla normativa previdenziale.

In questo senso, per chi già lavora, il punto di partenza è considerare che cosa contiene il proprio cassetto previdenziale. Munitevi, quindi, dell'estratto conto contributivo: potrete, in primo luogo, monitorare la vostra posizione assicurativa.

Approccio necessario, ma non sufficiente. Perché per tutti lo snodo cruciale diventa quello del risparmio previdenziale. In uno scenario che vedrà il "tasso di sostituzione" delle pensioni – vale a dire il rapporto tra l'ultima retribuzione e la prima rata di pensione – ridursi dall'attuale 90% netto al 65-70% del 2050, non c'è tempo da perdere. Che siano i fondi pensione oppure i piani individuali di previdenza oppure altri strumenti finanziari, non restate a guardare. Perché una cosa è certa: la pensione del futuro sarà molto, molto più bassa di quella che ogni mese incassano oggi i vostri genitori.

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I numeri

È l'incremento degli iscritti a forme di previdenza complementare tra gennaio e giugno. Le adesioni sono oltre 5,1 milioni (3,7 milioni tra i soli dipendenti)

È il numero delle domande di riscatto laurea accolte dall'Inps nel 2009, con una crescita del 120% rispetto al 2007 (anno pre-riforma)

Le verifiche da non scordare

ESTRATTO CONTO

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La prima regola è avere sempre sotto controllo la propria posizione previdenziale, che va costantemente monitorata per evitare brutte sorprese – come possono essere i periodi assicurativi "scoperti" oppure i contributi figurativi svaniti nel nulla – quando ormai è troppo tardi. Tutti gli istituti di previdenza, dall'Inps all'Inpdap alle casse privatizzate, forniscono, in genere, questo servizio.

Nel caso dell'Inps, va ricordato che proprio in queste settimane è partita l'operazione-trasparenza, che nell'arco di alcuni mesi consentirà l'invio di due milioni di lettere ad altrettanti assicurati, con le quali si viene informati sulla possibilità di controllare online il proprio estratto conto assicurativo.

In questo modo, diventa possibile segnalare immediatamente eventuali anomalie riscontrate sulla propria posizione e sui contributi. È evidente il vantaggio di risolvere eventuali problemi subito e non al momento del pensionamento, quando è spesso difficile recuperare documenti per ricostruire la posizione corretta.

Per accedere al proprio "fascicolo previdenziale" – cosa che possono fare tutti gli assicurati e non solo i destinatari delle lettere – occorre ottenere dall'Inps un codice pin (composto da 16 caratteri) collegandosi al sito www.inps.it oppure tramite il call-center 803.164.

RISCATTO LAUREA

2

È fondamentale pensarci per tempo. Anzi, possibilmente il giorno successivo a quello in cui si consegue la laurea. Gli anni riscattati, infatti, sono utili sia per la determinazione della misura della pensione, sia per il raggiungimento del diritto al trattamento. Ciò è particolarmente importante perché, in base alle regole attuali, si può ottenere la pensione di anzianità con 40 anni di contribuzione, indipendentemente dall'età anagrafica. Con il riscatto del corso legale di studi, quindi, si potrà tagliare in anticipo di diversi anni il traguardo pensionistico. Il costo del riscatto sarà tanto più contenuto quanto più basso è il livello retributivo. È evidente, quindi, che ci sarà un'elevata convenienza a effettuare questa operazione nei primi anni di carriera. Inoltre, va detto che il riscatto può ora essere fatto anche da chi non è occupato: in questo caso, il costo è commisurato all'imponibile minimo Inps di artigiani e commercianti (nel 2010, in particolare, il riscatto di un anno costa il 33% di 14.334 euro). Il tutto può essere pagato fino a 120 rate, senza interessi. La convenienza è anche legata al fatto che i contributi da riscatto laurea – così come tutti i versamenti a titolo oneroso per ricongiunzione e prosecuzione volontaria – sono integralmente deducibili dal reddito complessivo Irpef, ottenendo un risparmio pari alla propria aliquota marginale (dal 23 al 43%, a seconda degli scaglioni). Se il riscatto viene invece pagato dai genitori del neolaureato, questi possono detrarre dall'Irpef il 19% degli importi versati.

ALTRI RISCATTI

3

Altra possibilità da non sottovalutare è quella che consente, a titolo oneroso, di "sanare" eventuali periodi scoperti da contribuzione per il fatto che i contributi non sono stati versati e sono ormai colpiti dalla prescrizione.

Controllando l'estratto conto contributivo si possono individuare eventuali buchi assicurativi, che diventa poi possibile colmare. In questi casi, però, occorre ricordare che è necessario possedere documenti dell'epoca di data certa (buste paga, estratti del libro matricola e così via), non sempre facilmente reperibili.

RICON- GIUNZIONI

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Occhio a tutti i contributi. Capita spesso, nell'arco della vita lavorativa, di svolgere periodi più o meno brevi di attività, con iscrizione a un ente di previdenza diverso da quello presso il quale è stata versata la parte più consistente dei propri contributi. Si pensi a chi ha svolto brevi periodi di supplenze scolastiche e poi si è occupato come lavoratore dipendente di un'azienda privata. Oppure al professionista che può contare su alcuni anni come lavoratore dipendente. Posto che, in genere, tutti i periodi contributivi valgono ai fini del raggiungimento dei requisiti per la pensione, resta il fatto che, in alcuni casi, può essere conveniente riunire presso un unico ente la propria posizione.

La casistica di ricongiunzioni e trasferimenti di contributi è piuttosto ampia e può essere gratuita oppure onerosa. È possibile la ricongiunzione gratuita, su domanda, dei periodi assicurativi giacenti presso enti previdenziali esclusivi, sostitutivi ed esonerativi (stato, Inpdap e così via) verso l'Inps (persino per chi è privo di contribuzione presso l'Inps medesimo). Attenzione, però: se la domanda è stata presentata dal 1° luglio 2010 in poi, secondo la legge 122/2010, la gratuità non è più possibile neanche in questo caso. Oppure, a determinate condizioni, è possibile la ricongiunzione dei periodi assicurativi giacenti presso l'Inps verso altre forme di previdenza. Questa ricongiunzione, che è onerosa, presuppone quindi il possesso di contributi in almeno due enti previdenziali.

TOTALIZ- ZAZIONE

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Non va scordata la totalizzazione, lo strumento che consente di utilizzare, al momento del pensionamento, periodi contributivi posseduti presso altre gestioni pensionistiche, oltre a quella principale.

Si tratta di una validissima alternativa alla ricongiunzione dei contributi che, come si è visto, in molti casi è a pagamento, mentre la totalizzazione oggi è completamente gratuita. Inoltre, può essere richiesta al momento del pensionamento.

Nella pratica, la totalizzazione consente di cumulare tutti i contributi versati, in modo da poter ottenere un'unica pensione.

La totalizzazione può essere utilizzata da lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni mezzadri, parasubordinati, liberi professionisti.

Con la totalizzazione si può ottenere la pensione di vecchiaia, la pensione di anzianità con 40 anni di contributi, la pensione di inabilità e la pensione indiretta ai superstiti. Per totalizzare sono necessari alcuni requisiti relativi all'età (65 anni) e un periodo minimo di contribuzione di 3 anni (non richiesti invece per la ricongiunzione) in ciascuna gestione oltre a quella principale.

CONTRIBUTI VOLONTARI

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Un altro aspetto da curare con attenzione è quello della continuità contributiva. Per evitare "buchi", anche di pochi mesi, tra un lavoro e l'altro, può essere importante chiedere l'autorizzazione ai versamenti volontari (che è subordinata alla cessazione o interruzione del rapporto di lavoro). Si tratta di un'iniziativa da prendere subito, perché la copertura con il versamento di contributi volontari non è possibile per periodi pregressi. Lo scopo della prosecuzione volontaria è, quindi, essenzialmente quello di consentire all'assicurato, nel caso di cessazione o sospensione del rapporto di lavoro, di ottenere il diritto alla pensione, oppure, se questo diritto risulta già conseguito, di aumentare l'importo dell'assegno. È opportuno ricordare che per ottenere il via libera alla prosecuzione volontaria è necessario avere cinque anni di contributi oppure almeno tre anni nei cinque anni che precedono la data di presentazione della domanda.

SERVIZIO MILITARE

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Con il venir meno dell'obbligo di leva, gli interessati sono ormai pochi. È bene, però, sapere che sia il servizio militare sia il servizio civile possono essere utilizzati ai fini previdenziali. In particolare, su domanda dell'interessato, si può ottenere l'accredito di contributi figurativi. La cosa è importante, anche perché – in genere – l'operazione è del tutto gratuita (esistono alcuni casi di riscatto oneroso del servizio militare nel settore pubblico).

L'accredito figurativo si ottiene presentando all'Inps una richiesta in carta semplice, completata con la copia autentica dello stato di servizio per gli ufficiali e con la copia autentica del foglio matricolare per soldati e sottufficiali (documenti rilasciati dal competente distretto militare). È sufficiente anche un'autocertificazione del periodo di svolgimento del servizio militare. In tal caso l'Inps deve acquisire la convalida dal distretto militare. Da segnalare che la richiesta può essere fatta anche all'atto della presentazione della domanda di pensione, in quanto non esistono termini di prescrizione.

CONTRIBUTI FIGURATIVI

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L'accredito della contribuzione figurativa è previsto a tutela di determinati eventi (oltre al servizio militare e civile, gravidanza e puerperio, malattia, disoccupazione indennizzata, cassa integrazione e così via) durante i quali l'assicurato rimarrebbe altrimenti scoperto di contributi. I contributi figurativi sono utili sia per il raggiungimento del diritto della pensione (a esempio: i 40 anni di contributi per la pensione di anzianità, con esclusione di quelli di malattia e di disoccupazione indennizzata solo per il requisito minimo contributivo dei 35 anni) sia per la misura della pensione stessa.

Generalmente, i contributi figurativi vengono accreditati d'ufficio dall'Inps nei casi di disoccupazione indennizzata e cassa integrazione, mentre vanno accreditati su domanda negli altri casi.

È, quindi, fondamentale ricordarsi di chiedere l'accredito dei contributi figurativi in tutti i seguenti casi:

- malattia e infortunio;

- assenza dal lavoro per donazione sangue;

- congedo per maternità durante il rapporto di lavoro;

- congedo parentale;

- riposi giornalieri per allattamento;

- assenze dal lavoro per malattia del bambino;

- congedo per gravi motivi familiari;

permessi per assistenza a familiari affetti da handicap grave;

- periodi di aspettativa per lo svolgimento di funzioni pubbliche elettive o per l'assunzione di cariche sindacali.

FONDO O TFR

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Bisogna evitare di considerare la pensione come qualcosa di tanto lontano da non doverci porre subito attenzione. Questa è la parte più complessa del check up previdenziale. Ma certamente è la più importante, perché la pensione che riceverò domani dipende, in gran parte, dalle scelte che faccio oggi. Scelte decisive per poter contare, in prospettiva, su una rendita che sia non troppo distante dall'ultimo stipendio. E soprattutto – visto il progressivo aumento della vita media – su un reddito che dovrà garantirmi un'adeguata sostenibilità fino a 15-20 anni dopo il pensionamento. È evidente che, specie se si è tra i più giovani, non è possibile ignorare questa prospettiva.

Che fare, allora? Fondo pensione oppure Tfr? I lavoratori più anziani, prossimi alla pensione, potrebbero avere oggettivamente solo vantaggi relativi con il passaggio alla previdenza complementare. Eppure, anche questa è una scelta da valutare con attenzione, soprattutto per chi appartiene a una categoria dotata di fondo. Per un doppio ordine di motivi: da un lato, l'iscrizione al fondo negoziale consente di vedersi "accreditata" una quota di contributi versata dal proprio datore di lavoro (oltre, eventualmente, a quote aggiuntive individuali); dall'altro, in un'ottica di medio periodo, il rendimento del fondo potrebbe essere migliore rispetto a quello del Tfr (dal 2003 al giugno 2010, il rendimento medio dei fondi negoziali è stato di 2-3 punti superiore a quello del Tfr, nonostante la brusca perdita registrata nel 2008, l'anno della crisi dei mercati).

Per i giovani il discorso è diverso. Forse, con più lungimiranza, si deve accettare lo scenario che solo la previdenza complementare potrà garantire quella quota aggiuntiva di reddito che la pensione contributiva non riuscirà più a offrire.

PIP E RISPARMIO

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Se non si dispone di un fondo di categoria, o non si è un lavoratore dipendente, non si deve pensare che il problema dell'importo della pensione non ci riguardi. Anche in questi casi è consigliabile non stare alla finestra. Bisogna informarsi e saper scegliere. La riforma della previdenza complementare ha meglio definito regole e funzionamento di prodotti – i fondi pensione aperti e i piani individuali pensionistici (Pip) – che hanno una specifica vocazione previdenziale (e, nel caso dei lavoratori dipendenti, "accolgono" anche il Tfr). Il punto è che, fondo o non fondo, il tema del risparmio previdenziale deve diventare per tutti una priorità. Solo così si potranno evitare in futuro spiacevoli sorprese.

 

 

 

La manovra lancia il redditometro sulle spese sospette

di Antonio CriscioneCronologia articolo08 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 08:03.

Tempi duri per i finti poveri, ma con un debole ingiustificabile verso auto di lusso, club esclusivi o cabinati ancorati nei porti della penisola. L'amministrazione finanziaria, anche sulla base degli strumenti messi a disposizione dalla manovra appena approvata, prepara una vera e propria mossa a tenaglia per mettere alle strette i renitenti fiscali. Seguendo infatti la norma del redditometro, il fisco contesterà ai contribuenti come reddito la somma delle spese quando queste sono rilevanti e ricorrerà al modello statistico attualmente in fase di elaborazione quando le spese rintracciate saranno meno cospicue.

In pratica, quando i dati certi a disposizione del fisco sono sufficienti per farsi un'idea del reddito della persona sottoposta a controlli, si preferirà passare a contestare solo questi elementi e si chiamerà il finto povero a giustificare le spese sostenute. Di questo tenore sono gli esempi forniti in questa pagina, nei quali a fronte di un reddito che non si discosta molto da quelli che sono quelli medi dichiarati ogni anno al fisco dai contribuenti italiani, si può invece attribuire al contribuente una somma di spese piuttosto rilevante.

Negli esempi elaborati dall'agenzia delle Entrate si vede infatti come il reddito attribuito in via sintetica al contribuente corrisponda esattamente alla somma delle spese effettuate. Con la nuova formulazione della norma, però, le spese vengono tutte attribuite come reddito nell'anno in cui sono state sostenute, mentre in passato venivano ripartite in cinque annualità. Un caso significativo è quello riportato nella scheda degli acquisti di auto: la norma permette ora di superare la distinzione tra spese e incrementi patrimoniali, ovvero gli investimenti.

Un cambiamento che costringerà coloro che saranno sottoposti a controllo (e poi probabilmente ad accertamento) attraverso il redditometro a una dimostrazione – spesso difficile – che i redditi che sono serviti a sostenere la spesa sono stati conseguiti in più annualità oppure a rientrare in qualche modo. Una possibilità di rientro che la stessa agenzia delle Entrate in qualche modo sembra voler non solo consentire, ma incoraggiare, perché la dimensione di "massa" del redditometro, più che nel numero di accertamenti (comunque costantemente in crescita) si fonda sulla compliance, cioé la capacità di convincere all'adempimento spontaneo.

Vanno in questo senso infatti sia il fatto che sul sito delle Entrate sarà a disposizione un software per arrivare a controllare in prima persona i risultati che il redditometro fornisce se applicato alle proprie spese, sia l'annuncio dato dal direttore centrale all'accertamento, Luigi Magistro, che in futuro i cittadini con una rilevante differenza tra reddito ricostruibile per via sintetica e reddito dichiarato al fisco si vedranno recapitare lettere che segnalano questa circostanza, invitandoli se del caso a provvedere.

Nella seconda parte di quest'anno, invece, prenderà forma il modello matematico statistico che non contesterà la somma delle spese dichiarate, ma da queste ricostruirà un reddito complessivo più ampio. Un primo prototipo, come annunciato dalle Entrate (si veda il "Sole 24 ore" del 14 luglio), dovrebbe essere già stato approntato, ma sarà verosimilmente testato alla ripresa di settembre.

Il nuovo modello statistico sostituirà la versione attualmente in uso che considera poco più di una manciata di beni, presi non nel loro ammontare, ma attraverso l'applicazione di alcuni moltiplicatori fissati da un decreto ministeriale che viene aggiornato ogni due anni. In futuro sarà una complessa funzione statistica che, mettendo in regressione le spese sostenute (e rintracciabili per il fisco), porterà ad attribuire un reddito "normale" al cittadino che invece avrà dichiarato somme poco credibili. Sarà questo il modello di redditometro di cui sarà disponibile il software applicativo sul sito delle Entrate. Un modello che parte dallo studio di 800mila soggetti la cui situazione reddituale viene ricostruita sulla base delle spese, della situazione familiare e della collocazione territoriale.

 

 

 

Ripartono le grandi opere: appalti in aumento del 72%

di Alessandro LebriniCronologia articolo08 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 08:02.

Le grandi opere trainano il mercato degli appalti di lavori con una crescita del 72%. Segnali di ripresa arrivano anche dalle amministrazioni comunali che mettono a segno degli incrementi nonostante le difficoltà di spesa legate al patto di stabilità.

I dati dei primi sette mesi del 2010, forniti dall'osservatorio Cresme Europa Servizi, mostrano una crescita dei valori messi in gara rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Gli 11.671 bandi per 19,965 miliardi corrispondono a una conferma sostanziale del numero di opere e a un aumento del 14,9% dei valori a base d'asta. Si blocca l'emorragia di avvisi partita ormai dal lontano 2005, ultimo anno di crescita del numero di appalti promossi dalla pubblica amministrazione, quando si toccò la quota di oltre 33mila gare. Nel 2009 sono state 18.800.

Una piccola ripresa trova conferma dal risultato delle amministrazioni comunali, che tornano in positivo sia per il numero di avvisi che per i valori dei lavori. In particolare i 6.722 appalti per 4,541 miliardi corrispondono a una crescita dell'1,9% per la quantità di gare e del 22,3% per gli importi.

Il boom delle grandi opere è merito soprattutto delle concessionarie autostradali che hanno totalizzato 2,6 miliardi con una crescita del 195%. In rialzo del 38% anche le ferrovie con 682 milioni e le regioni con 385 milioni (+17%).

Certamente pesa sul bilancio totale e settoriale il bando da 2,3 miliardi della Pedemontana lombarda che si è chiuso, come termini di partecipazione, il 2 agosto. Alla scadenza fissata dall'omonima Spa hanno risposto cinque gruppi formati dalle principali imprese di costruzioni d'Europa (Pedemontana non comunica i nomi in questa fase di esame della documentazione).

Il vincitore del maxiappalto realizzerà le tratte B1, B2, C e D della nuova autostrada regionale, 60 chilometri di viabilità locale e 120 di piste ciclo ambientali. Per Pedemontana lombarda si tratta del secondo grande affidamento dopo l'aggiudicazione del primo lotto della tangenziale di Como, della tangenziale di Varese e della tratta A8-A9 del collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo al general contractor formato da Impregilo, Astaldi, Aci Scpa-Consorzio Stabile e Pizzarotti per 629 milioni. Anche al netto del maxibando, comunque, il confronto tra 2009 e 2008 sarebbe positivo, sia pure di poco: 17,7 miliardi contro 17,3. Certamente un segno importante. Quasi un terzo dei valori dei lavori pubblici (6,29 miliardi) è stato promosso nel nord-ovest dove, rispetto all'anno scorso, la cifra aumenta del 43 per cento. Calo del 17% sia nel nord-est (2,9 miliardi) che nel Centro (2,5 miliardi) mentre crescono il sud continentale (+10%) e le due isole in termini più consistenti (+55%).

A conferma che l'inversione di tendenza non è un segnale effimero c'è anche il dato mensile di luglio che fa segnare un incremento del 24% rispetto al luglio 2009. Anche in questo caso c'è un buon dato dei comuni, mentre nei settori infrastrutturali del trasporto sono le ferrovie a spingere maggiormente (+255%).

 

 

 

 

 

 

Caccia grossa agli evasori e le spese per le vacanze diventano spie del reddito

di Gianni TrovatiCronologia articolo10 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 23:02.

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Con un reddito da call center denunciato al fisco non si possono calcare le orme di Lord Byron o Thomas Mann, che furono frequentatori stagionali delle spiagge d'élite al Lido di Venezia, e neppure più prosaicamente riprodurre le gesta di un Briatore in sedicesimo con barca e ormeggio in Sardegna. A ricordare questa verità semplice sono i controllori dell'agenzia delle Entrate, spediti in spiagge, porti, alberghi e in tutti i luoghi dove le abitudini dei turisti non vanno d'accordo con le loro dichiarazioni dei redditi.

Difficile dare dei numeri precisi perché l'attacco all'evasione balneare, avviato a luglio, vive proprio in questi giorni il suo momento di picco, e non si concluderà prima di settembre: "Le operazioni – spiega però Luigi Magistro, direttore centrale accertamento dell'agenzia delle Entrate – passano al setaccio circa mille operatori economici con fatturati per centinaia di milioni di euro, e raccoglieranno informazioni rilevanti su decine di migliaia di contribuenti loro clienti".

Il capitolo centrale del lavoro estivo degli ispettori è legato all'accertamento sintetico "tradizionale", che pone sotto esame tutte le spie di "capacità contributiva" e le mette a confronto con il reddito dichiarato. Il principio, banale ma efficace, è che per spendere bisogna aver guadagnato, e che di conseguenza l'affitto per una stagione di una "capanna" al Lido di Venezia (arriva fino a 10mila euro di media, secondo le rilevazioni dell'Agenzia) o un posto barca da 200mila euro sulla costa laziale devono trovare dati coerenti nella dichiarazione dei redditi di chi li utilizza.

L'operazione estiva alimenterà una buona fetta dei 25mila accertamenti sintetici previsti per il 2010 (l'anno prossimo saranno 35mila, secondo il piano fissato nella manovra d'estate 2008). Nel paniere può entrare di tutto, dai pacchetti di viaggio ai corsi di vela, e la massa dei dati raccolti fra spiagge e ombrelloni servirà anche ad alimentare le basi statistiche su cui poggerà il nuovo redditometro, introdotto dalla manovra d'estate. Il nuovo strumento, che si applicherà a partire dalle spese dell'anno scorso, allarga infatti il raggio d'azione a un'ampia gamma di spese, che si tradurranno in reddito presunto in base a indicatori che cambiano con la tipologia familiare e la sua zona di residenza. Il legame con accertamento sintetico e redditometro non esaurisce però gli obiettivi del pacchetto estivo dei controlli. "Il dato strategico – sottolinea Magistro – è il carattere trasversale di queste operazioni, che permettono di cogliere svariati tipi di evasione. Si pensa sempre alla partita Iva, ma per esempio ci sono i redditi sommersi dei dipendenti con secondo lavoro in nero, che possono essere colti solo quando spendono". Infine, naturalmente, ci sono i controlli per verificare che la congruità agli studi di settore sia fondata su dati veri. "Il fatto nuovo – conclude Magistro – è che tutto questo rientra in una strategia organica, pianificata dal centro con una serie di istruzioni operative per garantire ovunque gli stessi standard nelle verifiche".

Questo spiega anche la geografia dei controlli, che in queste settimane si estendono a tutta Italia ma si concentrano soprattutto dove il turismo è di alto livello. Oltre agli 805 porti turistici del paese (un terzo solo in Sicilia e Sardegna), il grand tour degli ispettori fa tappa per esempio in Costa Smeralda, sulla costiera amalfitana, ma non disdegna i luoghi della migliore movida in Veneto, Romagna e nel Lazio.

Sul versante delle entrate da attività economica ci sono, prima di tutto, i "classici", come gli operatori troppo avari di fatture e scontrini: a Napoli l'agenzia ha trovato un albergo fiscalmente "inesistente", perché il pernottamento non sfociava mai in una ricevuta, a Cervia uno stabilimento balneare dichiarava attivi da fame (411 euro contro i 36mila euro di reddito accertato), e sulla costa domizia del litorale campano c'era anche chi dichiarava incassi estivi più magri di quelli autunnali.

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Spese estive "spie" del reddito

Gianni TrovatiCronologia articolo10 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 08:05.

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MILANO

Con un reddito da call center denunciato al fisco non si possono calcare le orme di Lord Byron o Thomas Mann, che furono frequentatori stagionali delle spiagge d'élite al Lido di Venezia, e neppure più prosaicamente riprodurre le gesta di un Briatore in sedicesimo con barca e ormeggio in Sardegna.

A ricordare questa verità semplice sono i controllori dell'agenzia delle Entrate, spediti in spiagge, porti, alberghi e in tutti i luoghi dove le abitudini dei turisti non vanno d'accordo con le loro dichiarazioni dei redditi.

Difficile dare dei numeri precisi perché l'attacco all'evasione balneare, avviato a luglio, vive proprio in questi giorni il suo momento di picco, e non si concluderà prima di settembre: "Le operazioni – spiega però Luigi Magistro, direttore centrale accertamento del l'agenzia delle Entrate – passano al setaccio circa mille operatori economici con fatturati per centinaia di milioni di euro, e raccoglieranno informazioni rilevanti su decine di migliaia di contribuenti loro clienti".

Il capitolo centrale del lavoro estivo degli ispettori è legato all'accertamento sintetico "tradizionale", che pone sotto esame tutte le spie di "capacità contributiva" e le mette a confronto con il reddito dichiarato. Il principio, banale ma efficace, è che per spendere bisogna aver guadagnato, e che di conseguenza l'affitto per una stagione di una "capanna" al Lido di Venezia (arriva fino a 10mila euro di media, secondo le rilevazioni dell'Agenzia) o un posto barca da 200mila euro sulla costa laziale devono trovare dati coerenti nella dichiarazione dei redditi di chi li utilizza.

L'operazione estiva alimenterà una buona fetta dei 25mila accertamenti sintetici previsti per il 2010 (l'anno prossimo saranno 35mila, secondo il piano fissato nella manovra d'estate 2008). Nel paniere può entrare di tutto, dai pacchetti di viaggio ai corsi di vela, e la massa dei dati raccolti fra spiagge e ombrelloni servirà anche ad alimentare le basi statistiche su cui poggerà il nuovo redditometro, introdotto dalla manovra d'estate. Il nuovo strumento, che si applicherà a partire dalle spese dell'anno scorso, allarga infatti il raggio d'azione a un'ampia gamma di spese, che si tradurranno in reddito presunto in base a indicatori che cambiano con la tipologia familiare e la sua zona di residenza.

Il legame con accertamento sintetico e redditometro non esaurisce però gli obiettivi del pacchetto estivo dei controlli.

"Il dato strategico – sottolinea Magistro – è il carattere trasversale di queste operazioni, che permettono di cogliere svariati tipi di evasione. Si pensa sempre alla partita Iva, ma per esempio ci sono i redditi sommersi dei dipendenti con secondo lavoro in nero, che possono essere colti solo quando spendono". Infine, naturalmente, ci sono i controlli per verificare che la congruità agli studi di settore sia fondata su dati veri. "Il fatto nuovo – conclude Magistro – è che tutto questo rientra in una strategia organica, pianificata dal centro con una serie di istruzioni operative per garantire ovunque gli stessi standard nelle verifiche".

Questo spiega anche la geografia dei controlli, che in queste settimane si estendono a tutta Italia ma si concentrano soprattutto dove il turismo è di alto livello.

Oltre agli 805 porti turistici del paese (un terzo solo in Sicilia e Sardegna), il grand tour degli ispettori fa tappa per esempio in Costa Smeralda, sulla costiera amalfitana, ma non disdegna i luoghi della migliore movida in Veneto, Romagna e nel Lazio.

Sul versante delle entrate da attività economica ci sono, prima di tutto, i "classici", come gli operatori troppo avari di fatture e scontrini: a Napoli l'agenzia ha trovato un albergo fiscalmente "inesistente", perché il pernottamento non sfociava mai in una ricevuta, a Cervia uno stabilimento balneare dichiarava attivi da fame (411 euro contro i 36mila euro di reddito accertato), e sulla costa domizia del litorale campano c'era anche chi dichiarava incassi estivi più magri di quelli autunnali.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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Verifiche coast to coast

EMILIA ROMAGNA

6 milioni

Introiti evasi

Sono bastati meno di 80 controlli in pochi giorni per far riermegere, all'agenzia delle Entrate di Ravenna, 6 milioni non dichiarati al Fisco da stabilimenti balneari, ristoranti, alberghi e discoteche. Un villaggio vacanze di Viserba dichiarava una perdita di 24mila euro nel 2005 ma ne aveva occultati 110 mila

LAZIO

50

Task force

Trentacinque ispettori delle Entrate e 15 della Siae costituiscono il team incaricato dei controlli in discoteche e locali del litorale laziale. L'operazione ha l'obiettivo di verificare il biglietto di ingresso, la registrazione degli incassi, i versamenti del diritto d'autore ed eventuali lavoratori irregolari

CAMPANIA

10mila

Reddito medio dichiarato

A fronte di redditi medi di circa 10mila euro, sono stati constatati rilievi che evidenziano redditi mediamente quattro volte superiori. In un caso, il controllo ad uno stabilimento, che dichiarava una perdita di esercizio di 4mila euro, ha portato alla scoperta di ricavi in nero per circa 80mila euro

LIGURIA

400mila

Non dichiarato

Ad Alassio i proprietari di un ristorante, anche se emettevano le ricevute ed acquistavano con fattura, dal 2007 non avevano mai presentato la dichiarazione. Giro d'affari: 400mila euro. Il precedente proprietario non aveva dichiarato la plusvalenza di 300mila euro da cessione d'attività

SARDEGNA

2.200

I controlli

Sono oltre 2mila i controlli estesi a tutta la regione da Agenzia delle Entrate, Guardia di finanza e Inps. Al setaccio gli stabilimenti e le attività commerciali di Alghero, San Teodoro, Villasimius, Orosei, della costa Smeralda e di altre 60 località. Monitorate, oltre agli esercizi, anche le agenzie immobiliari

VENETO

10mila

Il costo delle capanne

L'affitto di una capanna attrezzata al Lido di Venezia può arrivare a 10mila euro a stagione. Spesso i circoli esclusivi e gli approdi di lusso si "travestono" da enti no profit. Dichiarano di offrire servizi solo ai soci, ma in realtà gestiscono attività commerciali, bar e ristoranti, aperti al pubblico e su Internet

Gli esempi

CONTRIBUENTE CON CAPANNA IN AFFITTO AL LIDO DI VENEZIA

Reddito complessivo dichiarato E 12.000

Reddito sinteticamente accertabile E 90.500

Spese puntuali da informazioni in possesso dell'anagrafe tributaria (flussi strutturati) e da campagna di raccolta dati sul territorio. Valori in euro

CONTRIBUENTE CON BARCA IN SARDEGNA

Reddito complessivo dichiarato E 14.600

Reddito sinteticamente accertabile E 93.650

Spese puntuali da informazioni in possesso dell'anagrafe tributaria (flussi strutturati) e da campagna di raccolta dati sul territorio. Valori in euro

 

 

 

Se il lusso si traveste da no profit: fisco a caccia dell'evasione nascosta sotto l'ombrellone

Cronologia articolo9 agosto 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 18:20.

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Ondata di controlli ad agosto sulle coste italiane, con gli 007 del Fisco al lavoro sulle spiagge, nei porti e negli stabilimenti balneari. L'annuncio è arrivato direttamente dalla Agenzia delle Entrate che ha spiegato l'obiettivo della campagna estiva: "Raccogliere elementi utili a ricostruire il reddito dei clienti, tenendo conto delle spese sostenute per ferie e vacanze e valutare gli incassi degli operatori economici".

A fare da sfondo a tutta l'operazione, che si svilupperà da Nord a Sud del Belpaese, è il piano straordinario di accertamenti sintetici previsto dalla manovra d'estate 2008, che ha fissato in 25mila il numero di controlli da realizzare con questo metodo nel 2010 e in 35mila quelli in agenda per il 2011.

Nel mirino finiranno ben 805 porti turisti attivi lungo i circa 8mila chilometri di coste italiane (di cui quasi un terzo solo in Sicilia e Sardegna) interessati dal piano estivo delle verifiche e degli accessi. Qui, spiegano le Entrate, "non è raro trovare circoli esclusivi e approdi di lusso travestiti da enti no profit, che dichiarano di offrire servizi solo ai soci, ma in realtà gestiscono vere e proprie attività commerciali".

I controlli fiscali saranno focalizzati anche sugli stabilimenti balneari. Per ora, la medaglia d'oro del finto povero, è toccata a un locale di Cervia, sulla riviera adriatica, con un attivo dichiarato di 411 euro, a fronte dei 36mila euro di reddito accertati dalle Entrate.

Uno spazio di rilievo nell'agenda dei verificatori sarà riservato pure ai controlli sulle attività alberghiere e di ristorazione e sui locali notturni. La movida più bollente avviene di solito nelle discoteche di Veneto, Lazio ed Emilia Romagna, dove non mancano, ricordano dalle Entrate, i soliti "furbetti" che dichiarano "falsi conti in rosso, non emettono regolarmente i biglietti d'ingresso e impiegano lavoratori irregolari". (di Claudio Tucci)

 

 

 

 

Da settembre parte l'operazione anagrafe nazionale per sei milioni di studenti

di Claudio TucciCronologia articolo9 agosto 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 18:08.

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Arriva l'anagrafe nazionale degli studenti. A cinque anni dalla sua approvazione legislativa, il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha finalmente firmato il decreto operativo che da il via libera ufficiale alla rilevazione "centralizzata" degli oltre 6 milioni di studenti italiani. Già da settembre, tutte le scuole, a partire dalla primaria, dovranno comunicare a viale Trastevere i dati "sensibili" e del percorso scolastico e formativo dei ragazzi.

"Si tratta di uno strumento utile - ha commentato il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna - che consente di seguire passo, passo il percorso scolastico del giovane". Per il numero uno della Flc Cgil, Domenico Pantaleo, "preoccupa invece la possibilita che l'anagrafe possa contenere informazioni private dello studente, che potrebbero addirittura risultare discriminatorie".

La banca dati, costituita presso il ministero dell'Istruzione, dovrà contenere infatti i dati anagrafici e gli esiti del percorso del ragazzo, con particolare riferimento agli esami finali di ciclo e di qualifica. Per "le finalità di rilevante interesse pubblico - scrive il decreto - l'anagrafe può contenere anche dati idonei a rivelare lo stato di salute, le convinzioni religiose o di altro genere e dati indispensabili ad individuare il soggetto presso il quale lo studente assolve l'obbligo scolastico (scuole paritarie, strutture ospedaliere, case cicondariali, e così via.)". Quest'ultime informazioni saranno regolate, dopo parere del garante per la privacy, da un provvedimento ministeriale ad hoc.

Il ministero dell'Istruzione assicura, inoltre, che i dati acquisiti saranno utilizzabili dai propri uffici di statistica e in ogni caso sempre "in forma anonima" e con il preciso "fine di monitorare l'evasione dell'obbligo di istruzione, gli abbandoni scolastici, la irregolarità di frequenza e ogni altro fenomeno riconducibile alla cosiddetta dispersione scolastica, al fine di predisporre opportune azioni di prevenzione".

 

 

 

 

 

 

 

2010-08-06

Per la Corte dei Conti la manovra frena la crescita

di Claudio TucciCronologia articolo24 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 12:50.

La manovra di Tremonti (in Aula al Senato il 6 luglio) porta con sé "un elevato rischio di impatto negativo sulla crescita economica". È questo l'allarme lanciato nella Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato 2009, illustrata, a Roma, dai presidenti di sezione, Gian Giorgio Paleologo e Maurizio Meloni che hanno evidenziato, come conseguenza, il pericolo "di un assottigliamento degli effetti attesi sul disavanzo, soprattutto per via della flessione del gettito fiscale connessa a un più basso livello di attività economica".

La Corte dei Conti ha dato, comunque, il suo "ok" ai conti dello Stato 2009 e il presidente Tullio Lazzaro, alla sua ultima udienza di parifica visto che andrà in pensione a fine mese, ha ricordato come solo "l'affidabilità e la certezza di risultanze contabili complessive consentano di aumentare il quoziente di fiducia nell'attività del governo, in tema di finanza pubblica".

I magistrati contabili, pur riconoscendo gli effetti negativi della crisi, hanno evidenziato, tuttavia, alcune perplessità sui risultati ottenuti dagli interventi messi in campo lo scorso anno dal Governo. "Gli indici relativi all'esercizio 2009 - scrive il procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia nella sua requisitoria sul Rendiconto - hanno disatteso sia l'auspicio di una progressiva riduzione del debito pubblico, sia deluso l'aspettativa di un miglioramento dei conti pubblici".

"Il Pil - ha ricordato Ristuccia - ha registrato una flessione del 5%; l'indebitamento netto è salito a 80,8 miliardi pari al 3,3% del Pil, l'avanzo primario è sceso a -0,6% del Pil e il debito pubblico ha raggiunto la cifra di 1.760,76 miliardi, pari al 115,8% del Pil. La crisi economica, e la conseguente flessione del reddito, oltre ad alcuni sgravi fiscali hanno rallentato la crescita delle entrate fiscali (+1,9% è la variazione rispetto al totale entrate del 2008) e la pressione fiscale è salita al 43,2% del prodotto, in aumento di 3 decimi di punto rispetto al dato relativo al 2008, risentendo del rallentamento dell'attività economica.

Positivo, invece, il giuidizio sulla lotta all'evasione. Nel 2009, ha evidenziato Ristuccia, é stato raggiunto un livello di riscossioni superiore rispetto al già significativo risultato registrato nel 2008, con un incremento del 19,8% (a 7,043 miliardi) frutto soprattutto "di linee operative adottate dall'Agenzia delle Entrate, mirate e calibrate alle caratteristiche e peculiarità del contribuente e alla realtà economica e territoriale in cui esso opera". Dall'azione della Guardia di Finanza sono stati individuati 7.513 evasori totali, per 13,7 miliardi di redditi imponibili non dichiarati, con incrementi del 5,3 e del 3,8% rispettivamente in confronto al 2008. Importanti, le attese future. Per il quinquennio 2009-2013, evidenza la relazione della Corte, ci si aspettano circa 37 miliardi di maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione. La Corte si è poi soffermata sul costo eccessivo dell'apparato amministrativo locale. "La struttura amministrativa delle regioni e degli enti locali - ha sottolineato Ristuccia - è pletorica, ripartita in numerosissimi, e spesso, inutili, centri". Si tratta - ha aggiunto - di un sistema che sopravvive grazie anche ai corposi trasferimenti agli enti locali, che oscillano annualmente tra i 15 e i 20 miliardi. Si pensi, ha poi proseguito, che "il mantenimento dell'apparato burocratico delle province costa al cittadino italiano circa 43 euro pro-capite (nella regione Calabria 83,5 euro)". E, quindi, ha concluso Ristuccia, "se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini, tra le quali purtroppo anche quelle più deboli, appare ancora più necessario affrontare con decisone e concretezza i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di pubblico denaro come la gran parte del Paese invoca da tempo".

 

 

 

 

Debiti a quota 62 miliardi per i comuni e 11,5 per le province

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 12:20.

Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro. Così scrive la Corte dei conti nella sua relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali 2008-2009. Si tratta di un dato che fa suonare il campanello d'allarme, anche se, precisano i giudizi contabili, il disavanzo "cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio". Più spinta è invece la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 miliardi. Praticamente, spiega la Corte, "il debito dei comuni grava sulla popolazione residente per quasi 1.100 euro pro-capite e incide sul Pil per il 3,97 per cento. Quello delle province, pesa invece per 200 euro a testa e rappresenta lo 0,75% del Pil".

Critica è anche la sostenibilità del debito. Specie, è scritto nella relazione, per il peso degli interessi e per quello delle quote capitale "che risulta in parte coperto con risorse di natura straordinaria".

Scorrendo le 359 pagine del documento, emerge anche come siano in aumento gli enti in disavanzo: nel 2008, sono passati da 63 a 82, con l'ammontare del disavanzo complessivo in crescita di oltre il 20 per cento. Una situazione, sottolineano i giudici contabili, che "non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti".

Nel 2009 l'importo dei debiti fuori bilancio è in aumento, ma tale andamento sconta la non completezza degli enti interessati alle rilevazioni. Bisogna però stare attenti. "La patologia dei debiti extra bilancio - sottolinea lo studio - rischia di diventare un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei conti". Nelle province l'importo dei debiti riconosciuti riguarda maggiormente quelli originati da sentenze, seguiti da quelli per acquisto di beni e servizi. Nei comuni la situazione si presenta simile anche se con una minore incidenza dei debiti da sentenze.

Il fenomeno del dissesto appare nel complesso circoscritto, anche se a seguito dell'introduzione del divieto di indebitamento per la copertura di spese correnti è divenuto maggiormente problematico finanziare il risanamento. E ciò, spiega la Corte, dimostra come sia sempre più arduo "raggiungere il risanamento senza intervento erariale". Va comunque detto che rispetto al passato, le nuove situazioni sono circoscritte per numero e dimensioni. Secondo la Corte poi gli organi straordinari hanno accumulato ritardi nelle procedure di liquidazione e nelle concessioni dei mutui per il ripiano delle passività pregresse. La procedura semplificata di liquidazione con definizione transattiva consente di concludere più rapidamente il risanamento, riducendosi significativamente la massa passiva. Tuttavia però, evidenza il rapporto, "in assenza di mutui con oneri a carico dello Stato per il risanamento, gli enti hanno scarso interesse a dichiarare il dissesto che rappresenta un fallimento politico e incide per il risanamento sui cittadini elettori, per cui può verificarsi il rischio che enti in gravi condizioni ritardino la dichiarazione di dissesto, aggravando ulteriormente la situazione".

Crescono dello 0,8% le spese delle Regioni

 

 

Crescono dello 0,8% le spese delle regioni

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 13:33.

Crescono le spese delle regioni. Nel 2008-2009, scrive la Corte dei conti, gli esborsi complessivi sono aumentati dello 0,8 per cento. Salgono le spese correnti: +2,6%, anche se con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. I consumi intermedi registano un significativo +4,7%, mentre è in calo la spesa per interessi e quella in conto capitale. Quest'ultima, a sorpresa, segna una flesione di poco inferiore al 10 per cento.

Confrontando poi i rendiconti 2009, emerge anche come il volume di risorse in entrate delle regioni a statuto ordinario ammonti a 152 miliardi, in calo di circa 2 miliardi e mezzo rispetto al periodo precedente. Mostrano una contrazione anche gli accertamenti complessivi, a quota 122,4 miliardi. Le riscossioni sono state pari a 125,6 miliardi, in calo di 12,5 miliardi, a causa, spiegano i giudici contabili, "dei risultati nelle regioni del Centro e del Sud".

Scorrendo le 448 pagine della relazione, spicca anche come le entrate tributarie costituiscano il 35% delle entrate totali regionali e presentano aumenti specie per Irap e addizionale Irpef, che assieme continuano a rappresentare il pilastro fondamentale dell'autonomia tributaria delle regioni, assicurando il 95% del gettito dei tributi propri.

La sanità pubblica si conferma poi il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale, assorbendo circa il 73% di risorse. La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+ 0,4 per cento). Il patto per la salute prevede misure di contenimento della spesa per il personale e per l'assistenza ospedaliera, anche attraverso il ridimensionamento della rete ospedaliera. Nel 2009 il rapporto tra i costi complessivi del Ssn e il Pil si è attestato al 7,2 %, mantenendo il trend di crescita degli ultimi quattro anni. Gli incrementi dei costi sono superiori a quelli dei ricavi, per cui continuano a registrarsi disavanzi che si concentrano nell'area Centro-Sud.

Per le regioni interessate ai piani di rientro, scrive ancora la Corte, è emersa la necessità di rideterminare i risultati consolidati a livello regionale e i mezzi di copertura a fronte di carenze informative e lacune nei sistemi di controllo interno. Il debito degli enti del Ssn costituisce la parte più significativa del debito delle amministrazioni locali, peraltro si registra in diverse regioni l'allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, il ricorso ad anticipazioni e operazioni di cartolarizzazione. I costi complessivi fanno registrare un costante aumento e a fine del 2009 ammontano a oltre 110 miliardi di euro.

 

 

Rischio aumenti per l'alimentare

di Marika GervasioCronologia articolo06 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:03.

Il blocco delle esportazioni di grano dalla Russia e le sue conseguenze sui mercati globali è la conferma che la dipendenza dell'Italia dall'estero per quanto riguarda commodity come i cereali rende il paese vulnerabile ed esposto alle fluttuazioni delle importazioni creando forti danni non solo all'industria alimentare, ma anche ai consumatori. Lo sostiene Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura commentando l'andamento al rialzo del prezzo del grano come "un recupero, ma solo in parte, delle quote perse l'anno scorso anche se il prezzo attuale non è ancora remunerativo per i produttori italiani".

La produzione italiana insufficiente per i consumi interni di pasta e prodotti della panificazione, secondo Vecchioni, lascia il paese in balìa della volatilità dei mercati per questo è importante una politica agricola comunitaria che dia stabilità all'approvvigionamento di cereali intervenendo su due fronti: antinflazionistico, controllando il prezzo al consumatore, e di sostegno all'industria agricola con incentivi ai produttori. "Le imprese cerealicole italiane – spiega Vecchioni – hanno una grandissima potenzialità, ma sono poco competitive a livello internazionale per i costi di produzione troppo elevati". Sugli effetti delle forti riduzioni di cereali nei paesi del Mar Nero (circa 30 milioni di tonnellate di cereali in meno nell'area dell'Est Europeo stima l'organizzazione degli imprenditori agricoli) che hanno fatto lievitare il prezzo del grano tenero Vecchioni è cauto: "C'è già chi paventa aumenti dei prezzi della pasta. È prematuro fare analisi del genere su situazioni tutte da verificare. Bisognerà poi vigilare che non ci siano forzature e speculazioni. Per questo Confagricoltura ha avviato un progetto di sinergie di filiera per raggiungere accordi che possano dare certezze sia ai produttori che agli industriali e garanzie di forniture di prodotto con determinate caratteristiche qualitative. Non frenerà le tensioni sui mercati internazionali ma darà delle certezze su quelli nazionali".

Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan rassicura: "Al momento non si ravvisano in Italia comportamenti speculativi, né tanto meno reazioni da parte degli operatori che possano indurre a ritenere che siano in atto fenomeni di ritenzione dell'offerta. Il ministero terrà comunque alta l'attenzione scoraggiando con tutti i mezzi a sua disposizione qualsiasi atteggiamento che possa ostacolare gli scambi e condizionare le dinamiche mercantili" E aggiunge: "I fondamentali di questa campagna di commercializzazione non sono gli stessi che spinsero, nel 2008, i prezzi del grano a livelli record, innescando rincari a catena su pasta, farine, pane e mangimi. L'offerta non presenta gli stessi squilibri di due anni fa, con i raccolti 2010 di frumento che le previsioni attestano, a livello mondiale, su volumi comunque consistenti. Un effetto calmiere dovrebbe inoltre venire dalle giacenze di vecchia produzione, con le scorte mondiali stimate in questo avvio di campagna ai massimi da otto anni. Quanto ai mercati nazionali, è auspicabile che il recupero dei listini, rispetto ai livelli di crisi della scorsa annata, avvenga in maniera graduale e soprattutto non traumatica. Sbalzi troppo repentini dei prezzi aumenterebbero, infatti, i rischi di rincari a catena lungo l'intera filiera produttivo-distributiva, inaccettabili soprattutto in una fase in cui i consumatori stanno ancora pagando i costi della crisi economica mondiale". Dalla distribuzione arriva la conferma che, almeno per il momento, non ci sono state richieste di aumento dei prezzi da parte dei fornitori sui prodotti derivati dal grano e comunque, come spiega Giuseppe Brambilla di Civesio, amministratore delegato di Carrefour, è troppo presto per capire se ci saranno rincari nei super e ipermercati, visto che c'è già un certo quantitativo di merce stoccata nei magazzini.

Gli effetti del blocco dell'export dalla Russia si stanno facendo sentire sui mercati telematici che, i vertici di Italmopa, l'associazione degli industriali mugnai italiani, "sono già impazziti e i prezzi del grano aumenteranno in tutto il mondo" anche se "è prematuro sapere quale sarà l'impatto sui mercati reali". Secondo Coldiretti l'importazione in Italia di grano dalla Russia rispetto allo scorso anno è triplicata raggiungendo i 32 milioni di chili nel primo quadrimestre del 2010. "La carenza di prodotto sul mercato potrebbe creare tensione – afferma Stefano Serra, amministratore delegato di Infogranarie servizi –, oltre all'aumento dei prezzi delle farine, ma l'aumento dei prezzi potrebbe spingere i produttori italiani a ricominciare a vendere".

 

 

 

È di 93 milioni il conto delle consulenze esterne nella scuola

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 11:57.

Una raffica di voci di spesa per circa 93 milioni di euro. È il conto delle consulenze che scuole e uffici scolastici regionali hanno dovuto pagare, nel 2009, per attività e iniziative extra scolastiche. Trentaquattro milioni in meno rispetto all'anno prima (quando la parcella toccava quota 127 milioni), per poco più di 60mila incarichi (30mila in meno rispetto al 2008), che hanno spaziato dalla formazione degli insegnanti, ai corsi di recupero, alla realizzazione di siti web, palestre e laboratori didattici. Ma anche per noleggiare bus, fare viaggi di istruzione, corsi sportivi o di musica, lingue, bridge, scacchi, pittura.

In media, si è speso circa 1.550 euro a programma, con picchi fino a oltre 160mila euro per attività di assistenza ad alunni diversamente abili o per interventi edilizi urgenti e non più procrastinabili. In realtà, si tratta di quasi tutte spese "obbligate", che derivano cioè dai fondi ad hoc messi a disposizione da viale Trastevere per potenziare l'offerta formativa (legge 440) o dai finanziamenti ricevuti per Pon e Pof.

Sembra comunque non finire mai l'elenco (quasi 4mila pagine web), delle piccole e grandi spese fatte dalle istituzioni scolastiche, pubblicate sul sito di Palazzo Vidoni (www.innovazionepa.gov.it), dal titolare Renato Brunetta, dal quale emerge come, nel 2009, presidi e direttori scolastici regionali abbiamo centellinato le risorse disponibili per pagare consulenti esterni: le spese "promesse" hanno superato quota 117 milioni di euro, mentre quelle effettivamente erogate sono state 92 milioni e 763mila euro. Circa 25 milioni in meno, quindi.

Sbirciando tra le pieghe degli incarichi, spicca la spesa di 165mila euro sostenuta dall'istituto comprensivo Via Cuoco, a Roma, per garantire assistenza sociale agli alunni diversamente abili. Non sono mancati poi incarichi affidati per far conoscere ai ragazzi i pericoli sulla strada. Attività quanto mai attuale, vista l'entrata in vigore, qualche giorno fa, delle nuove norme di modifica del codice della strada, che interessano anche gli studenti impegnati nella conquista del patentino. L'istituto tecnico commerciale e per geometri Oriani di Faenza, Ravenna, ha speso oltre 7mila euro per corsi di sicurezza sulla strada. Moltissime anche le attività sportive proposte, come, pure, in campo musicale. La scuola media Pascoli di Voghera, Pavia, ha comunicato di aver speso circa 2mila euro per avviare alla musica i propri ragazzi. Al circolo didattico di Città Sant'Angelo, Pescara, si sono spesi 432 euro per corsi di tennis, mentre alla scuola media Alighieri, di Bari, sono stati spesi 2765 euro per lezioni aggiuntive d'inglese. Si è insegnato a giocare a bridge all'istituto tecnico Russel e Newton, di Firenze: costo annuo 826 euro. E continuando a sfogliare le pagine sulle consulenze delle scuole capita, pure, di imbattersi in incarichi per interventi edilizi e di progettazione. Diverse migliaia di euro di spesa, soprattutto da Napoli in giù. Un ennesimo segnale che l'edilizia scolastica rappresenta un problema da risolvere al più presto.

 

 

 

Consulenze tagliate dell'80%

di Eugenio BrunoCronologia articolo25 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:02.

ROMA - Consulenze, viaggi, convegni, auto blu e formazione. Sono alcune delle voci di spesa che i ministeri italiani dovranno ridurre nel prossimo biennio in una percentuale che oscilla, a seconda dei casi, dal 50 all'80 per cento. Per raggiungere l'obiettivo imposto a tutti i dicasteri dalla manovra correttiva: tagliare del 10% il budget a disposizione per il triennio 2011-2013.

Stando a una delle ultime bozze di decreto legge che sarà oggi pomeriggio sul tavolo di Palazzo Chigi ogni ministero dovrà diminuire del 10% le "dotazioni finanziarie iscritte a legislazione vigente nell'ambito delle spese rimodulabili". E, grazie all'adozione del principio della massima flessibilità di bilancio, toccherà ai singoli ministri decidere dove e quanto economizzare. Fermo restando che alcuni settori sono esentati dallo stesso provvedimento. Cioè il fondo di finanziamento ordinario per le università e le risorse per informatica, ricerca e 5 per mille. A cui bisogna aggiungere le missioni internazionali di pace per finanziare le quali è prevista la possibilità di utilizzare le risorse per i rimborsi all'Onu.

A questa riduzione si arriverà innanzitutto attraverso le sfoltite che il dl impone alle amministrazioni pubbliche. A cominciare dal divieto di sponsorizzazioni e dalla riduzione dell'80% della "spesa annua per studi ed incarichi di consulenza", inclusi quelli conferiti a dipendenti interni rispetto all'esborso sostenuto nel 2009, e di quella per "relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza". Fatta eccezione per i convegni organizzati dagli atenei e dagli enti di ricerca oppure le mostre gestite dagli organismi vigilati dai Beni culturali. Un risparmio analogo andrà realizzato nelle spese per le cosiddette auto blu. Visto che, alla "limitazione delle autovetture di servizio, con esclusione dei Vigili del fuoco e del comparto sicurezza", si aggiungerà un taglio dell'80% "per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi". Laddove sarà del 50% la sforbiciata sulle uscite per "missioni", sia in Italia che all'estero, e quelle per le attività formative. Tutte disposizioni che varranno anche per le società inserite nel conto economico consolidato della Pa in base all'individuazione fatta ogni anno dall'Istat. Spa pubbliche che, se non quotate, dovranno abbassare del 10% le retribuzioni da corrispondere ai membri dei loro organi. Contemporaneamente viene imposto un doppio vincolo agli enti pubblici: riduzione a 5 dei membri del cda e a 3 dei revisori; tetto di 30 euro per il gettone di presenza di chi partecipa a un organo collegiale.

Ulteriori risparmi deriveranno dalla soppressione di alcuni enti. In primis l'Isae, le cui funzione saranno assorbite dal ministero dell'Economia. E poi l'Ice, l'Ente italiano montagna, l'Isfol, l'Istituto per gli Affari sociali, il Comitato microcredito, la Commissione accesso documenti amministrativi e Difesa Servizi spa. Prevista, infine, la soppressione del finanziamento pubblico per tutti quegli organismi che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l'utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello stato. In ogni caso verrà creato un fondo, di importo inferiore, che dovrebbe servire per fare fronte a eventuali situazioni di comprovata necessità.

 

 

 

 

Nella pubblica amministrazione cartellino rosso ai capi del personale legati a sindacati e partiti

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 17:56.

Non può fare il capo del personale chi negli ultimi due anni ha avuto rapporti con sindacati e partiti politici. Lo ha chiarito il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, firmando una circolare che ricorda le incompatibilità previste dalla legge per ricoprire l'incarico di direttore delle risorse umane nella pubblica amministrazione. "Si vuole evitare - scrive Brunetta - ogni possibile influenza sulla gestione delle risorse".

Un principio che vale per tutte le amministrazione statali e dovrà essere seguito, come "direttiva" anche dagli altri enti pubblici, compresi quelli locali. Per quanto riguarda invece gli incarichi, la nota fa riferimento "alle strutture deputate alla gestione del personale". Vale a dire gli uffici che si occupano del reclutamento, dello sviluppo di carriera, delle relazioni sindacali. Nella dizione, rientrano quindi i direttori del personale e i Capi dipartimento degli affari generali e personale, mentre non sono soggetti alle nuove disposizioni quei dirigenti che hanno anche compiti relativi al personale. Come il caso per esempio dei dirigenti scolastici, a cui fanno capo tutte le competenze di gestione dell'istituto, comprese quindi i rapporti con insegnanti e Ata. In queste ipotesi, però, ricorda la Funzione pubblica, sarà cura di ciascun dirigente "evitare la ricorrenza di situazioni di conflitto d'interesse".

Il futuro direttore non dovrà essere stato dirigente sindacale e non dovrà aver agito, in virtù di mandato scritto, in nome e per conto dell'associazione quale funzionario delegato. Non dovrà inoltre aver fatto parte di un partito politico, a prescindere dal ruolo ricoperto. Sono vietate anche le collaborazioni e le consulenze. L'impedimento si manifesta nel caso in cui l'incarico o la collaborazione sia in corso al momento della nomina a capo del personale. Ma anche se si siano manifestati negli ultimi due anni. Gli estremi del periodo di incompatibilità scattano, da un lato, dalla scadenza del mandato o del rapporto di collaborazione e, dall'altro, dal termine iniziale di efficacia del provvedimento di incarico dirigenziale. In ogni caso, prima di firmare l'incarico, il candidato dovrà dichiarare di non trovarsi in questa situazione di incompatibilità. Il rischio è l'apertura di un procedimento disciplinare, che può portare - nei casi più gravi - anche al licenziamento senza preavviso.

 

 

 

 

 

2010-08-05

Record di incassi dalla lotta all'evasione fiscale: 4,9 miliardi in sette mesi

di Claudio TucciCronologia articolo5 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 11:06.

Nuovo traguardo per la lotta all'evasione. Nei primi sette mesi del 2010, lo Stato ha incassato circa 5 miliardi di euro. Precisamente, 4,9 miliardi, il 9% in più rispetto ai 4,5 miliardi dello stesso periodo 2009. L'annuncio è arrivato, a Roma, dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera che ha parlato di "risultati positivi" che, ha aggiunto, "rappresentano una nuova meta sulla via del recupero dell'evasione e che vede un sempre più crescente consenso sociale".

Befera ha detto di avere in mente un obiettivo ambizioso da raggiungere a fine anno. "Contiamo di recuperare almeno 8 miliardi. Anzi, lavoriamo per superare questo traguardo". Alla fine dello scorso anno, ha detto, "siamo arrivati a 9,1 miliardi e siamo avviati a migliorare questi numeri". Befera ha sottolineato come i risultati positivi siano frutto di più componenti, dal potenziamento dell'Agenzia, all'impegno dei singoli funzionari, alla nuova serie di strumenti che governo e parlamento hanno fornito per rendere più forte la lotta all'evasione. Tra questi, ha aggiunto, "vanno ricordati in particolare quelli dell'ultima manovra che ha potenziato il redditometro e l'accertamento sintetico oltre ad accelerare la riscossione e introdurre un'ulteriore stretta sulle compensazioni".

Il Fisco ha evidenziato poi come siano saliti a 2,2 miliardi (+10% rispetto a gennaio-luglio 2009) i versamenti effettuati direttamente dai contribuenti che hanno scelto di utilizzare gli istituti definitori. Vale a dire, l'adesione, l'acquiescienza, la conciliazione giudiziaria. Complessivamente, ci sono stati 151mila accertamenti, con una maggiore imposta accertata pari a oltre 9,8 miliardi, in linea con i risultati dello stesso periodo 2009. Mentre gli accertamenti sintetici hanno fatto registrare un forte aumento sia del numero che della maggiore imposta accertata: + 57 per cento. Un significativo balzo in avanti è stato conseguito anche dai controlli automatizzati delle dichiarazioni dei redditi e Iva, che, hanno ricordato dal Fisco, "ha fatto incassare allo Stato 900 milioni di euro, pari a + 28% delle entrate dello stesso periodo dello scorso anno".

Le Entrate, ha detto il direttore centrale Servizi ai contribuenti, Aldo Polito, stanno poi proseguendo sulla via della semplificazione del linguaggio del fisco per venire incontro ai contribuenti. Dal prossimo anno, il restyling della modulistica (si confrontino nuove e vecchie versioni) interesserà, fra l'altro, le comunicazioni di regolarità/irregolarità, le richieste di documenti per i controlli di 730 e Unico, le comunicazioni degli esiti dei controlli formali. Sono state già "semplificate" invece le avvertenze delle cartelle di pagamento, attualmente scaricabili dal sito internet delle Entrate.

 

 

 

 

Sugli affitti un maxi-bonus fiscale, sconto medio per i contribuenti al 22,6%

di Saverio Fossati e Gianni TrovatiCronologia articolo5 agosto 2010Commenti (7)

Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 08:11.

L'aliquota al 20% che sembra aver prevalso nella giostra di ipotesi che hanno accompagnato i lavori preparatori della cedolare secca alza la convenienza del nuovo regime per i proprietari immobiliari, e anche la posta della scommessa anti-evasione collegata alla nuova "tassa piatta" sugli affitti.

Il 20% "tutto compreso" amplia la platea dei proprietari che a partire dall'anno prossimo troveranno conveniente scegliere il nuovo regime, facendole abbracciare tutti i canoni di mercato presenti in Italia. Anche per i canoni concordati, a cui l'attuale regime riconosce un forte sconto sull'imponibile, sarà difficile sopravvivere al confronto con il nuovo prelievo.

Oggi le richieste del fisco sulle locazioni sono tassate in base all'aliquota marginale Irpef, applicata sull'85% del canone, per cui dipendono dal reddito del proprietario: in media gli italiani che danno in affitto una casa pagano all'erario il 30,4% dell'entrata per cui il nuovo prelievo, che si applicherà sull'intero canone (senza lo sconto a forfait del 15% che oggi ripaga il proprietario per le spese di manutenzione), determina uno sconto medio del 22,6% rispetto al vecchio regime.

Come sempre accade quando una tassa piatta ne sostituisce una progressiva, i vantaggi crescono insieme al reddito del contribuente. Il proprietario romano illustrato nel secondo esempio in tabella, per esempio, guadagna 110mila euro l'anno, è sul gradino più alto del prelievo Irpef e nel suo caso la cedolare secca cancellerebbe 46,5 euro ogni 100 oggi pagati sull'affitto. Il cittadino di Napoli ritratto nel terzo esempio, che denuncia un reddito complessivo da 22mila euro, si vedrebbe invece alleggerita l'imposta "solo" del 16 per cento.

Il profilo della nuova cedolare emerso dai lavori di ieri in consiglio dei ministri insidia da vicino anche la convenienza dei canoni concordati. I proprietari che aderiscono agli accordi comunali per assicurare affitti leggeri oggi pagano l'imposta (sempre con aliquota marginale) sul 58,5% del canone, ma l'abbattimento dell'aliquota al 20% (presente in questo caso fin dalle prime versioni del provvedimento) rischia di azzerare l'appeal del meccanismo. Lo dimostra l'ultimo esempio a destra nell'infografica, basato sui canoni concordati previsti in una città media come Pisa: con un reddito annuo da 40mila euro, il proprietario otterrebbe dalla cedolare uno sconto del 13 per cento. L'aliquota che scende al 20%, però, come accennato rende ancora più ambiziosi i piani della lotta ad ampio raggio contro l'evasione immobiliare, essenziale per pareggiare i conti con l'Irpef attuale. Con la cedolare secca al 23% ipotizzata alla vigilia del decreto attuativo sarebbe caduto un quarto dell'imposta generata dal mattone, cioè circa 1,8 miliardi sui 7,5 calcolati da Economia e Territorio. Ma dato che la strategia della cedolare prevedeva l'emersione degli affitti in nero, stimata in quasi un miliardo (seconde case escluse), sarebbe stata sufficiente l'emersione del 60% dell'evasione per andare in pari con il gettito.

Ora, però, con un prelievo ancora più leggero, il pareggio dei conti richiederebbe di far emergere una quota ancora più importante dei 500mila contratti che ogni anno sfuggono al fisco. Il mancato pareggio, va detto, non si traduce ovviamente in una perdita per i comuni, perché la cedolare entrerà nel calderone dei tributi immobiliari che saranno divisi fra stato e sindaci, ma è ovviamente importante per garantire la sostenibilità del sistema.

Anche per questo il decreto ipotizza una maxi-sanzioneper chi ha dato in affitto un immobile evitando di avvisare il fisco (in basso nell'infografica). Se non si regolarizza entro fine anno, una volta pizzicato dai controlli dovrà ridurre ai minimi il canone, fissandolo al triplo della rendita catastale. La sanzione, che si aggiunge a quelle previste per gli omessi versamenti (si veda l'articolo in basso), può abbattere il canone anche di due terzi (l'immobile dell'esempio romano passerebbe a circa 7mila euro l'anno), rendendo molto concreta la tentazione della denuncia da parte del locatario.

 

 

 

Sorpresa, ancora più lunghi i tempi per vendere casa. E in Lombardia raddoppiano (ma non a Milano)

di Enrico BronzoCronologia articolo4 agosto 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 19:40.

"Nei primi sei mesi dell'anno si evidenzia una sostanziale stabilità dei tempi di vendita nelle grandi città e nell'hinterland delle grandi città e un leggero aumento nei capoluoghi di provincia". Così il testo di un'analisi realizzata da Tecnocasa diffusa mercoledì 4 agosto che ha preso in esame l'andamento dei tempi medi di vendita degli immobili negli ultimi sei mesi.

Il Sole 24 ore online ha voluto vedere dietro queste cifre comparando anche i dati di un'anno fa e calcolando le variazioni semestrali per evidenziare dei trend consolidati. Questi i risultati, leggibili anche in una mappa interattiva:

1) Nei capoluoghi di provincia, dove l'aumento dei tempi di vendita è stato dell'8,4% (un po' più di un "leggero aumento", ndr), 23 città (si veda la tabella) da due semestri vedono crescere i tempi di vendita contro solo sei città in cui invece scendono (Siena; Trieste; Livorno; Savona; Parma e Cuneo). I tempi di vendita nei capoluoghi di provincia hanno una media a luglio di 181 giorni contro i 167 di gennaio 2010 .

2) Tra le dieci grandi città, cinque hanno trend negativi e nessuna positivo. Questo considerando i due ultimi semestri. Se invece esaminiamo solo l'ultimo semestre ecco allora che Bologna e Milano si mettono in luce per la loro dinamicità: -13,9% la prima (da 158 a 136 giorni) e -13,7% (da 179 a 155 giorni). A Roma salgono i tempi di vendita (+4,4%) ma diventano i più bassi d'Italia con 131 giorni (nel 2° semestre 2009 era in testa Napoli con 118, diventati 136). Gli ultimi dati di luglio mostrano che nelle grandi città le tempistiche di vendita sono intorno ai 154 giorni contro i 156 giorni registrati a gennaio mentre i comuni dell'hinterland delle grandi città hanno fatto registrare 184 giorni contro i 188 di gennaio 2010

 

 

 

Il Senato mette il turbo alle opere

Valeria UvaCronologia articolo05 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 08:04.

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ROMA

È il disegno di legge del ministro Calderoli sulla semplificazione il treno più veloce su cui prenderanno posto a breve le proposte di Giulio Tremonti per rilanciare le opere pubbliche. Al disegno di legge all'esame del Senato guardano anche gli altri ministeri e i parlamentari della maggioranza.

La strada l'ha indicata il ministro dell'Economia nell'intervista di ieri al Sole 24 ore. Per avvicinarsi all'obiettivo di realizzare opere pubbliche "senza ritardi e costi doppi", Tremonti ha lanciato la doppia proposta di mettere un tetto alle riserve e ai rialzi delle imprese e frenare le opere compensative, quelle che si promettono ai comuni per autorizzare il passaggio di opere più grandi. Il ministro ha anche indicato la "riflessione" già avviata sulla semplificazione come strada per questa iniezione anti burocrazia, da preferire a un nuovo disegno di legge.

Il disegno di legge Calderoli già contiene una piccola modifica al codice degli appalti per rendere più veloce il subentro del secondo classificato in gara in caso di fallimento dell'appaltatore. Nessuna traccia, invece, tra le varie proposte di modifica che stanno prendendo forma dell'altra proposta di Tremonti di frenare le riserve. Anche se al ministero delle Infrastrutture riconoscono che "potrebbe essere uno spunto su cui cominciare a ragionare".

È qualcosa di più di un nuovo spunto, viceversa, l'altra proposta del ministro dell'Economia di bloccare i costi delle opere mettendo un altolà alle richieste compensative dei comuni: la stessa idea è già stata scritta, nero su bianco, nel parere che la commissione lavori pubblici del Senato presideuta da Luigi Grillo - uno dei più attivi in questo processo di riforma - ha dato la scorsa settimana proprio al Ddl Calderoli.

Il momento chiave sarà settembre, quando il testo del disegno di legge sulla semplificazione, già approvato dalla Camera, entrerà nel vivo del dibattito anche al Senato. Relatore è Andrea Pastore, Pdl, che è anche a capo della commissione bicamerale per la semplificazione. Un primo pacchetto di modifiche è già di fatto definito. Ci hanno lavorato prima le Infrastrutture, con un tavolo tecnico voluto da Matteoli insieme con costruttori e stazioni appaltanti, poi in Parlamento con il presidente della commissione Lavori pubblici, Luigi Grillo (Pdl), che ha messo a punto il parere. "Da settembre – annuncia – queste osservazioni saranno trasformate in altrettanti emendamenti al ddl semplificazione". Dentro non c'è solo il tetto alle opere compensative, ma anche, ad esempio, il tentativo di attirare i capitali privati "semplificando la strada per la finanza di progetto anche su opere non previste dalle amministrazioni". O ancora la richiesta di snellire i passaggi dalla delibera Cipe che stanzia i fondi alla messa in gara. Passaggi che oggi possono durare più di un anno. Lo conferma il presidente dell'associazione grandi imprese, Mario Lupo, che dopo l'intervista ha scritto ieri a Tremonti: "Siamo disponibili a ragionare sugli snellimenti proposti dal ministro – spiega – ma i veri impedimenti sono nelle tante precisazioni e prescrizioni che il suo ministero chiede di inserire nelle delibere Cipe, anche dopo l'approvazione". Anche Calderoli sta seguendo questa partita. Dal dicastero della Semplificazione si guarda con interesse alla proposta di Tremonti sulle riserve definita "molto innovativa". Per ora, però, niente anticipazioni. Solo la conferma che si sta "lavorando per arricchire il Ddl, anche perché – spiegano i tecnici – adesso per intervenire sugli appalti non c'è più neanche la strada dei decreti correttivi al codice".

Anche alla Camera si stanno studiando semplificazioni: dal disegno di legge Lupi, già all'esame della Commissione Ambiente, è venuta ad sempio la spinta riformatrice della conferenza di servizi, con la punizione delle assenze, recepita nella manovra in vigore dal 3 agosto. Sempre nel ddl Lupi sono previsti snellimenti sull'autorizzazione paesaggistica, anche per le opere pubbliche.

L'INTERVISTA

Sul Sole-24Ore

Ieri l'intervista del ministro in cui si annunciava un piano di rilancio per le grandi opere

Il decalogo per accelerare

1) Riserve

Prevedere un limite massimo alle richieste delle imprese di aumentare il prezzo delle opere in base a imprevisti o errori progettuali.

2) Opere strategiche

Per passare rapidamente dallo stanziamento dei finanziamenti all'appalto viene introdotto l'obbligo di pubblicare il bando

di gara entro 30 giorni dalla delibera Cipe.

3) Opere compensative

Tremonti ha suggerito di mettere un tetto massimo alle richieste degli enti locali che condizionano il sì all'opera statale sul proprio territorio alla realizzazione di lavori pubblici compensativi.

4) Piccole gare

Per velocizzare l'aggiudicazione si studia la possibilità di tornare all'esclusione automatica delle offerte anomale, anche nelle gare oltre il milione

5) Subentro

Nel ddl semplificazione c'è l'obbligo in caso di blocco del cantiere di far subentrare il secondo classificato senza

rifare la gara

6) Trattativa privata

Raddoppiare la soglia per l'affidamento diretto con gara a cinque, passando dagli attuali 500mila a un milione di euro

7) Qualificazione imprese

Prorogare dal 2010 al 2013 la possibilità per i costruttori di utilizzare per il nulla osta degli appalti i lavori svolti negli ultimi dieci anni e non più solo negli ultimi cinque

8) Capitali privati

Rendere più semplice la possibilità per i privati di presentare proposte di finanziamento di opere pubbliche con capitale private anche al di fuori delle opere segnalate dalla Pa

9) Autorizzazione paesaggistica/1

Nelle opere pubbliche il "sì"

del sovrintendente deve essere espresso all'interno della procedura

di valutazione di impatto ambientale

10) Autorizzazione paesaggistica/2

Il Ddl Lupi cancella i 30

giorni di attesa necessari

per far diventare efficace l'autorizzazione paesaggistica una volta rilasciata

 

 

 

Fatture con frode alla Ue, arresti e sequestri per 700 milioni in Calabria

Cronologia articolo5 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 09:30.

I militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro stanno eseguendo in varie regioni d'Italia un'operazione contro un'organizzazione criminale operante in Calabria e responsabile di aver frodato l'Unione Europea attraverso l'emissione e l'utilizzo di fatture false. I militari hanno arrestato cinque imprenditori della piana di Gioia Tauro e sequestrato beni per 700 milioni. I reati contestati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla truffa per il conseguimento indebito di ingenti contributi pubblici, al riciclaggio, alla frode fiscale.

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Calderoli esulta: quarto passo per la riforma

Cronologia articolo05 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 08:05.

ROMA.

"E quattro". Il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, non trattiene la soddisfazione. Il consiglio dei ministri s'è appena concluso con l'approvazione in prima lettura del decreto legislativo sul federalismo municipale, testo che ora dovrà passare al vaglio delle commissioni parlamentari e della Conferenza unificata. Per lui si tratta di un'altra bandiera, la quarta appunto, piantata sul sentiero che porterà dritti al federalismo fiscale realizzato.

Secondo Calderoli questo decreto attuativo, concordato e limato fino all'ultimo dopo aver incassato il consenso dell'Anci, è forse il più importante. "Porterà a garantire un'autonomia fiscale ai Comuni, assicurando così che le risorse vadano direttamente là dove vengono prodotte" dice Calderoli, che è anche coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord. E subito aggiunge "l'autonomia, più la responsabilizzazione determinata dai fabbisogni standard ed il contrasto dell'evasione fiscale partendo dal basso rappresentano gli strumenti in grado di salvare questo paese e di premiare i bravi amministratori, mandando invece a casa, e per sempre, i cattivi amministratori".

Soddisfatto anche il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, il primo ad essere consapevole che dopo questo passaggio ora il filo del dialogo dovrà essere ripristinato proprio con i governatori, fermi su una linea del Piave per la conferma dei tagli ai trasferimenti statali decisa con la manovra biennale. "Con questo decreto e dopo quelli del federalismo demaniale e della definizione dei fabbisogni standard per Comuni e Province – dichiara il ministro davanti ai giornalisti che lo incontrano a Montecitorio – il governo dà prova evidentissima della sua capacità di fare riforme condivise che uniscono e non dividono il paese insieme con tutto il sistema delle Autonomie locali".

A mostrare il pollice girato verso il basso sul nuovo decreto legislativo è invece il Pd. Secondo Stefano Fassina, responsabile economia e lavoro del partito, l'unico aspetto positivo sta nella parziale restituzione di autonomia impositiva ai Comuni. Ma per tutto il resto non ci siamo: "Innanzitutto, sul piano politico è grave che si rinneghi la manovra approvata la settimana scorsa sui trasferimenti da avviare a fiscalizzazione – spiega Fassina – perché i Comuni non recuperano, neanche nel medio periodo, i 2,5 miliardi tagliati dalla manovra". Insomma, i conti non tornano e in questo modo si pregiudica il finanziamento dei fabbisogni standard: "ossia dei diritti fondamentali". Ma Fassina va oltre e contesta anche le soluzioni individuate per fiscalizzare i trasferimenti "in particolare la super-patrimoniale per imprese e famiglie, sono inaffidabili, inique e molto poco autonomiste. Insomma – è la sua conclusione – si pianta l'albero storto dell'autonomia finanziaria dei Comuni". Dalle categorie le reazioni al nuovo decreto non sono univoche. Se la Cisl avverte che ora si tratta di valutare bene l'impatto delle misure in termini di pressione fiscale complessiva sui cittadini, Confedilizia punta il dito contro la cedolare secca sui canoni d'affitto, fissata al 20% e in vigore dal prossimo anno. Secondo il presidente, Corrado Sforza Fogliani rimane il problema della penalizzazione dei contratti a canone calmierato "per i quali noi temiamo che la cedolare secca non sarà una scelta generalizzata se il governo non ripristinasse per questi contratti le attuali agevolazioni in caso di scelta del regime, pur sempre opzionale, della cedolare".

Sull'aliquota unica sono arrivate anche le critiche del sindacato inquilini (Sunia). Per il segretario generale, Francesco Chiriaco, la cedolare secca "affossa completamente la possibilità di ridurre il livello degli affitti". Il perché, dal suo punto di vista, è presto detto: "Una aliquota unica al 20%, oltre ad essere un regalo alla proprietà immobiliare, renderebbe infatti ancor più conveniente di quanto non sia oggi l'utilizzo del contatto a canone libero, mantenendo così inalterato il livello degli affitti che, certo, non si abbasserà per la riduzione della pressione fiscale". Per l'associazione sindacale dei piccoli proprietari immobiliari (Asppi) con questa cedolare "i benefici si concentreranno sui proprietari che godono di redditi medio-alti". Per questo, scrive in una nota il presidente Alfredo Zagatti, "è indispensabile che si mantenga la libertà di scelta sul regime fiscale da adottare".

D.Col.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

2010-08-04

Respinta la sfiducia a Caliendo. Alla Camera è lite fra finiani e Pdl

Cronologia articolo4 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 18:12.

Alla fine l'aula ha respinto la mozione di sfiducia al sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, presentata da Pd e Idv. Ma dopo un pomeriggio di forti tensioni alla Camera, culminate in una rissa verbale. Pdl e Lega hanno votato contro, Udc, Fli (i finiani) e Api si sono astenuti, Pd e Idv hanno votato a favore. I sì sono stati 229, i no 299 e 75 gli astenuti. Anche la deputata del Pdl, Chiara Moroni, si è astenuta e, a quanto si apprende, sarebbe pronta a passare nelle file di Futuro e libertà.

"Questo è il segnale che resistiamo". Umberto Bossi ha allontanato, dopo il no alla sfiducia a Caliendo, le ipotesi di elezioni anticipate. È possibile andare al voto ora? "Penso di no", ha detto il leader della Lega. Bossi in ogni caso ha bocciato sia l'eventualità di governi di transizione sia la possibilità di uno spazio per il terzo polo. "Se cade il governo noi andiamo ad elezioni con Berlusconi. La Lega non solo vince, anzi stravince".

Tuttavia per la prima volta, da inizio legislatura, il governo non ha più la certezza della maggioranza assoluta di 316 deputati. I voti contrari alla mozione infatti sono stati soltanto 299 cui vanno sommati quelli di tre deputati in missione (il repubblicano Francesco Nucara e i due Pdl Roberto Antonione e Gaetano Pecorella) che portano i numeri della maggioranza a 302.

Acque agitatissime, ovviamente, alla Camera per la votazione della mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo, con tanto di rissa durante l'intervento del leghista Marco Reguzzoni. Marco Martinelli del Pdl e Aldo Di Biagio del gruppo Futuro e libertà sono venuti alle mani nel retro dell'aula. Già prima Martinelli aveva lanciato la tessera che i deputati usano per votare in faccia a Di Biagio. Che ha reagito scagliandosi contro il pidiellino.

I due hanno lasciato l'emiciclo dalle porte secondarie per continuare la discussione fuori ma sono stati fermati dall'intervento dei commessi e del deputato finiano Enzo Raisi. Martinelli rientrato in Aula è stato richiamato dal presidente della Camera Gianfranco Fini ed ha reagito al richiamo lasciando l'Aula. Martinelli ha poi abbandonato l'aula urlando all'indirizzo degli ex colleghi: "merde, merde, sono delle merde...". "Giacomo Caliendo - ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano - non ha diritto diessere condannato sulla base di un'indagine che si sta rivelando debole e sulla base di una mozione strumentale. Non ha diritto di essere giudicato sulla base di un'indagine che viene considerata da tanti una fumisteria". Il sottosegretario Caliendo, ha aggiunto il ministro, "deve continuare a svolgere il proprio lavoro. Un lavoro che ha svolto in modo proficuo fino ad oggi. Sono il ministro della Giustizia e quindi non posso occuparmi del merito di questa indagine. Ma credo che anche questa vicenda della P3 sia soltanto il frutto di un'elaborazione dei pm".

Parole ritenute gravissime dall'Idv. Che ha chiesto le dimissioni anche del ministro, "per ragioni politiche - dice il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro - a prescindere dal risultato dell'inchiesta della magistratura a cominciare dalle pressioni sulla Corte costituzionale" fatte da caliendo "per non fare dichiarare incostituzionale il lodo Alfano, il suo lodo, signor ministro, il lodo che lei ha fatto per non far processare il suo datore di lavoro".

Il premier Silvio Berlusconi ha detto che sarebbe pronto ad andare al voto subito se il governo non dovesse avere più i numeri. Il presidente del Consiglio minaccia le elezioni anticipate per "mostrare muscoli che non ha", ha detto Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, nella dichiarazione di voto in Aula alla Camera annunciando il sì del suo partito alla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo.

Giacomo Caliendo, 68 anni, originario della provincia di Napoli, ex magistrato, attuale sottosegretario alla Giustizia, è accusato dalla Procura di Roma per violazione della legge Anselmi sulle società segrete. "Non ho mai avuto alcuna disinvoltura nei rapporti - ha poi commentato Caliendo - perché non ho mai frequentato le persone sbagliate, ma solo Pasquale Lombardi che era un incensurato e che non aveva mai dato adito a sospetti". Il sottosegretario, nel dirsi "soddisfatto" del voto alla Camera che ha respinto la mozione contro di lui, ha ribadito all'Ansa di "non aver mai avuto rapporti con iscritti alla P2" in passato e nega di aver frequentato Flavio Carboni. "Quando andai a casa Verdini a pranzo in settembre - spiega - non sapevo che ci fosse anche lui".

Con il no alla mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia, la Camera dei deputati ha iniziato la pausa estiva dei lavori. Le commissioni riprenderanno la settimana che inizia il 6 settembre. L'aula invece è riconvocata per il pomeriggio di mercoledì 8 settembre quando sarà data lettura in assemblea del calendario del mese. A definirlo, come ha informato il presidente della Camera Gianfranco Fini prima di mandare in vacanza i deputati, sarà una conferenza dei capigruppo già convocata per la mattina dello stesso mercoledì 8 settembre.

Infine, con le votazioni di oggi sulla conversione in legge del decreto energia e della legge sul rafforzamento dell'agenzia per la sicurezza ferroviaria, anche palazzo Madama ha chiuso i battenti per la pausa estiva dei lavori parlamentari. Le commissioni del Senato torneranno a riunirsi martedì 7 settembre, l'aula invece è convocata una settimana più tardi: il 15. Già stabiliti i primi provvedimenti in assemblea alla ripresa:mozione sugli animali da compagnia e il collegato al ddl lavoro.

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Via libera al federalismo municipale. Governo al lavoro sulla cedolare secca. Slitta la nomina Consob

di Claudio TucciCronologia articolo4 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 17:22.

Dalla cedolare secca sugli affitti con aliquota tra il 20 e il 25%, alla stretta per chi affitta in nero, passando per la devoluzione ai municipi degli incassi sulle imposte sugli immobili, fino ad arrivare alla tassa unica per i comuni. Confermando le anticipazioni del Sole24Ore in edicola ieri, il Consiglio dei ministri, in una riunione lampo, durata circa 30 minuti, ha dato il via libera all'esame preliminare del Dlgs sul federalismo municipale. Il provvedimento ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni, a settembre, poi, del Parlamento per tornare infine al consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Con il varo del decreto si conclude la prima tornata del processo attuativo del federalismo.

Per l'Anci, "È stata ricostituita una situazione di normalità europea, riportando i comuni a un livello accettabile di autonomia finanziaria e, al pari di quanto accade nella maggior parte delle città europee e mondiali, è stata attribuita ai comuni la leva sugli immobili".

Il provvedimento prevede la devoluzione ai comuni del gettito delle imposte sugli immobili ubicate nel loro territorio. I trasferimenti erariali verranno ridotti in misura pari al gettito devoluto. In particolare, saranno trasferite: l'imposta di registro e di bollo, quella ipotecaria e catastale, l'Irpef in relazione ai redditi fondiari (escluso il reddito agrario), l'imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione degli immobili, i tributi speciali catastali, tasse ipotecarie, e la cedolare secca sugli affitti.

Da gennaio 2011, scatterà la cedolare secca sugli affitti. L'aliquota dovrebbe essere tra il 20 e il 25% e come ha spiegato il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, "riguarda gli affitti normali, non quelli agevolati". I tecnici del Tesoro sono ancora impegnati nel valutare l'impatto finanziario delle nuova aliquota, prima di decidere se sarà del 20 o del 25 per cento. In ogni caso, la cedolare sostituirà l'Irpef sugli affitti, il registro e il bollo. Il nuovo regime, tuttavia, sarà facoltativo. La cedolare potrà essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione. Raddoppiano le sanzioni per chi non dichiara le abitazioni in affitto. Dal 2014 arriverà poi l'imposta municipale che toccherà il possesso degli immobili, prima casa esclusa, e il loro trasferimento in caso di vendita, donazione o eredità. La fiscalità immobiliare dei comuni, stimata in circa 15 miliardi, confluirà nel "Fondo sperimentale di riequilibrio" che dopo cinque anni lascerà il posto al "Fondo perequativo" previsto dal federalismo fiscale. Allo Stato è attribuita una compartecipazione sul gettito dei tributi. La percentuale sarà definita da un decreto del Tesoro.

E' slittata invece la nomina di Antonio Catricalà alla guida della Consob

 

 

 

 

A luglio corre la cassa integrazione straordinaria. In calo le richieste da edilizia e commercio

Cronologia articolo4 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 16:00.

Sono aumentate del 9,8% a luglio le richieste di cassa integrazione rispetto a giugno. L'incremento è attribuibile all'aumento di ore autorizzate per cassa integrazione straordinaria (cigs +26,3%): infatti le domande per cassa integrazione ordinaria (cigo) sono rimaste pressoché stabili rispetto a giugno (+1,6%), mentre le autorizzazioni per cassa integrazione in deroga (cigd) sono addirittura in leggera flessione rispetto al mese precedente (-3,4%). Secondo l'Inps, i dati pubblicati oggi confermano l'effetto stagionalità sul ricorso alla cig.

 

In valore assoluto, nel mese di luglio sono state autorizzate 113,7 milioni di ore di cassa integrazione con un aumento del 28,4% rispetto allo stesso mese dello scorso anno: nel dettaglio 27,7 milioni di ore di cigo (-48,6% rispetto al 2009), 52,4 milioni di ore per la cigs (+178,1%) e 33,6 milioni di ore di cigd (+113,8%).

"La dinamica della cassa integrazione ha assunto una certa riconoscibilità – ha a ffermato il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua – il lieve aumento del luglio di quest'anno corrisponde quasi perfettamente a quello di luglio 2009, quando rispetto al mese precedente si registrò un incremento del 9,6%. Più o meno lo stesso di quest'anno. La dinamica stagionale quindi spiega l'andamento congiunturale. Anche per i dati tendenziali si confermano i trend ormai stabilizzati: progressiva contrazione delle richieste di cassa integrazione ordinaria e aumento quasi speculare delle domande di cassa integrazione straordinaria; a conferma che l'elasticità del sistema sta garantendo una protezione efficace al mondo del lavoro. Sorprende un po' la flessione delle richieste di cassa integrazione in deroga, ma anche in questo caso la stagionalità può spiegare: l'estate ha fatto ripartire le attività commerciali e turistiche che valgono circa un quarto delle domande di cigd".

 

Richieste in calo da edilizia e commercio

L'analisi per classe di attività economica segnala che industria e artigianato hanno richiesto più cig (+17,6%), mentre edilizia e commercio segnalano una flessione più o meno accentuata (rispettivamente -2,6% e -26,6%).

Per quanto riguarda le domande di disoccupazione si conferma la flessione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: 81.200 domande contro 84.800 (-4,2%), in questo caso l'ultimo dato disponibile è di giugno. Stesso andamento per le domande di mobilità (sempre dati di giugno): 6.300 domande contro le 6.900 del 2009 (-9%).

 

 

 

 

 

Federalismo con aliquote ridotte

di Marco MobiliCronologia articolo

4 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 08:10.

Approda al Consiglio dei ministri di oggi il quarto decreto attuativo del federalismo fiscale. Dalla cedolare secca al 25% sugli affitti all'introduzione dell'imposta unica municipale, il provvedimento anticipato ieri dal Sole 24 Ore introduce una vera e propria rivoluzione per la fiscalità degli enti locali.

Lo schema di decreto attuativo, che ha ottenuto ieri sera il via libera della riunione tecnica del preconsiglio, conferma l'attuazione della fiscalità dei comuni in due fasi: la prima partirà dal prossimo 1° gennaio con la devoluzione in un fondo sperimentale di riequilibrio di una quota dei tributi applicati alla fiscalità immobiliare, cui si aggiungerà la cedolare secca sugli affitti.

La seconda fase prevede l'arrivo dal 2014 dell'imposta municipale propria e la municipale secondaria facoltativa in cui verranno assorbiti una serie di tributi erariali, inclusa l'Ici e una lunga serie di balzelli propri della fiscalità locale. Non solo. Viene espressamente previsto che la nuova municipale non potrà mai essere in nessun caso applicata alle abitazioni principali.

Nella messa a punto del testo che verrà sottoposto oggi all'esame collegiale di Palazzo Chigi è stata comunque oggetto di continua riscrittura la tassazione della nuova municipale che si applicherà dal 2014 sulle compravendite. Dopo aver ipotizzato un abbattimento dal 10/11% complessivo tra registro e ipocatatstali anche fino al 7%, nella versione finale predisposta dall'Economia l'aliquota dell'imposta municipale propria applicata in via ordinaria è tornata all'iniziale ipotesi anticipata ieri dal Sole 24 Ore del 9 per cento.

In caso di trasferimenti che hanno per oggetto la prima abitazione (escluse case di lusso, ville e castelli) o beni ereditati l'aliquota complessiva del 3% viene ridotta al 2. Ma anche in questo secondo caso non si possono escludere ulteriori ritocchi da parte di via venti settembre. L'imposta sulle compravendite in ogni caso non potrà mai essere inferiore a 1.000 euro.

Novità anche sull'imposta municipale applicata al possesso dell'immobile. Nella stesura dello schema di decreto attuativo viene previsto che l'aliquota sarà determinata già entro il 30 novembre 2010 con decreto del presidente del consiglio dei ministri e non si applicherà alle abitazioni principali e alle loro pertinenze, come box, cantine e altro. La misura dell'imposta, si legge ancora nel decreto, dovrà comunque garantire la neutralità finanziaria ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Saranno di fatto tassati tutti gli altri immobili, nonché le case di lusso come ville, castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici. I comuni, inoltre, avranno la possibilità di aumentare o diminuire il prelievo di 0,3 punti percentuali (in sostanza fino al 3 per mille). Inoltre nel caso in cui l'immobile sia concesso in locazione, l'imposta municipale di possesso è ridotta della metà; mentre nel caso di contratto di locazione di immobili a uso abitativo, sul canone di locazione stabilito dalle parti continuerà a potersi applicare la cedolare secca.

La riduzione della metà della municipale di possesso è prevista anche per gli immobili diversi dall'abitazione principale utilizzati per attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali.

Su quest'ultima "rivoluzione", nella tassazione degli immobili il decreto che verrà licenziato oggi dal Consiglio dei ministri conferma l'introduzione della cedolare al 25% sugli affitti degli immobili a uso abitativo. Con la possibilità di una cedolare ridotta al 20% nei casi di contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa.

Altra novità dell'ultima ora riguarda l'esplicita esclusione dall'applicazione della cedolare secca alle locazioni di unità immobiliari a uso abitativo effettuate nell'esercizio di un'attività d'impresa o di arti e professioni o da enti non commerciali. Il reddito di questi contratti, si legge ancora nello schema di decreto, non potrà essere inferiore al reddito determinato con l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ogni categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante una stima diretta.

Confermata, infine, la stretta sanzionatoria, cui si aggiunge un giro di vite sotto l'aspetto più strettamente commerciale, per l'emersione degli affitti in nero o fittizzi (si veda il servizio qui a fianco).

 

 

 

 

2010-08-03

Cambiano le pensioni. Quelle di anzianità si salvano solo per le donne nel pubblico impiego. Ecco le novità in manovra

di Gianni TrovatiCronologia articolo03 agosto 2010Commenti (10)

Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:04.

Le pensioni che escono dalla cura della manovra correttiva rilanciano gli assegni di anzianità al femminile, ma solo fra le dipendenti degli uffici pubblici. Per tutti gli altri, invece, le novità sono destinate ad ampliare progressivamente gli spazi per la vecchiaia, soprattutto con l'adeguamento automatico dei requisiti all'aspettativa di vita. Già oggi, le vie verso l'uscita di anzianità sono chiuse per chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 30esimo compleanno (si veda Il Sole 24 Ore del 1° agosto).

Con il nuovo assetto disegnato dalla legge 122/2010, la platea degli aspiranti pensionati è divisa in due grandi famiglie. La prima, maggioritaria, raccoglie gli uomini e le dipendenti pubbliche, che maturano i requisiti per l'assegno di vecchiaia a 65 anni e hanno quindi maggiori chance di sfruttare i meccanismi delle "quote" o la finestra che si apre dopo 40 anni di contributi. La seconda famiglia sarà invece limitata alle dipendenti private e alle lavoratrici autonome (al netto delle particolarità delle singole casse professionali), che mantengono il diritto alla vecchiaia a 60 anni e quindi possono puntare all'anzianità solo se iniziano a lavorare prima di aver compiuto 20 anni (per questa ragione il loro caso non è contemplato nelle tabelle in pagina).

Tra i dipendenti, oggi è di anzianità il 61% degli assegni al maschile e solo il 14% di quelli destinati a donne; con il nuovo sistema la situazione si dovrebbe parzialmente riequilibrare. Il meccanismo sarà a regime dal 2012, mentre per questo e il prossimo anno le dipendenti pubbliche mantengono a 61 anni l'asticella della vecchiaia (come mostra la tabella più in alto).Entrano in vigore dal 2011, invece, le regole che impongono di aspettare 12 mesi dalla maturazione dei requisiti prima di poter effettivamente lasciare il lavoro; chi è nato nel 1950 ed è entrato in ufficio nel 1980, per esempio, maturerà i requisiti nel 2015 ma non potrà salutare i colleghi prima del 2016. Le soglie effettive della vecchiaia si alzano quindi a 66 anni per uomini e impiegate statali e a 61 per le dipendenti del settore privato, e per gli autonomi l'asticella si alza di ulteriori sei mesi perché per loro l'attesa tra i requisiti e l'uscita è fissata a un anno e mezzo. Ancora più movimentato è il quadro delle pensioni di anzianità; oltre allo slittamento di 12 o 18 mesi imposto dalla manovra correttiva appena approdata in Gazzetta Ufficiale, infatti, questo terreno deve ancora scontare del tutto gli effetti prodotti dalla riforma del 2007 che ha introdotto le "quote" minime (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) per lasciare il lavoro. Per questo e il prossimo anno la quota che consente di abbandonare l'ufficio è fissata a 96, con 60 anni di età , mentre dal 1° gennaio 2013 si dovrà salire a quota 97, e l'età minima salirà a 61 anni. I nati nel 1952 che hanno iniziato a lavorare a 24 anni potranno andare in pensione nel 2013, mentre con la stessa storia professionale i nati nel 1953 dovranno aspettare il 2015. Rispetto al quadro in vigore fino a maggio, si tratta di andare in pensione di anzianità con due anni di "ritardo". Nemmeno questa griglia, comunque, è definitiva, perché la manovra introduce l'aggiornamento automatico dei requisiti in relazione alle dinamiche dell'aspettativa di vita. Il primo appuntamento è fissato per il 2015, e se la demografia non farà salti, dal 2028 potrebbe essere necessario un altro anno aggiuntivo di lavoro.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

 

Il Consiglio di Stato conferma lo stop all'aumento dei pedaggi

di Nicoletta CottoneCronologia articolo3 agosto 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 15:18.

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Lo stop agli aumenti dei pedaggi autostradali deciso lo scorso 29 luglio dal Tar del Lazio è stato confermato dal Consiglio di Stato. La quarta sezione di Palazzo Spada ha respinto la richiesta con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri chiedeva di sospendere in via cautelare d'urgenza il provvedimento del Tribunale amministrativo che ha congelato il decreto attuativo della manovra con cui il Governo, il 25 giugno, ha disposto l'introduzione facoltativa, a partire dallo scorso primo luglio, del pedaggio sui raccordi e le autostrade gestite direttamente dall'Anas e aumenti (in media tra l'1,5 e il 2% con punte del 5% per effetto dell'aumento dei canoni dovuti all'Anas) dei canoni dovuti dalle stesse concessionarie che possono poi rivalersi sugli utenti.

E il valzer dei pedaggi non è finito: i giudici del Consiglio di Stato hanno fissato al 31 agosto l'udienza per discutere la sospensione del decreto del Tar del Lazio impugnato da Palazzo Chigi.

"Adesso, al più presto, l`Anas si adegui alla decisione presa dal Tar e confermata dal Consiglio di Stato - ha chiesto il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti - di diminuire i pedaggi, perché chi amministra la cosa pubblica deve rispettare la legge senza atteggiamenti servili con i potenti e lassisti con le persone normali".

Per il presidente del Codacons, Carlo Rienzi "da oggi gli aumenti dei pedaggi introdotti dal governo sono illegittimi e se non verranno ripristinate le vecchie tariffe potrebbero configurarsi addirittura dei reati a danno degli utenti, quali appropriazione indebita e truffa aggravata".

Ora quindi vacanzieri e pendolari non dovranno più pagare il balzello degli aumenti imposti dalla manovra sui raccordi dell'Anas. Anche se l'Anas ha comunque fatto cassa con il primo fine settimana di esodo.

 

 

 

Lo Stato deve alle aziende 37 miliardi di euro, una somma pari al 2,5 per cento del Pil

di Claudio TucciCronologia articolo3 agosto 2010Commenti (3)

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 15:42.

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Circa 37 miliardi di euro. A tanto ammonta il debito presunto accumulato dalla pubblica amministrazione nei confronti di imprese e fornitori a causa dei ritardi nei pagamenti. Una cifra esorbitante, pari al 2,5% del Pil, il prodotto interno lordo, in gran parte legata a una "cattiva gestione" del sistema sanitario e a quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani. L'allarme è stato lanciato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che, in una determinazione del 7 luglio, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio scorso, ha bacchettato le amministrazioni, stazioni appaltanti, chiedendo "un'applicazione rigorosa" delle disposizioni sui pagamenti contenute nel Dlgs 231/2002.

Dall'analisi dei dati riferiti al 2009, ha ricordato l'Authority, è emerso che i tempi di pagamento oscillano in un range che va da un minimo di 92 giorni a un massimo di 664. Praticamente, più di un anno e mezzo dopo. Il ritardo è per lo più imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte delle stazioni appaltanti e, più in generale, a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 per cento). Sono state inoltre rilevate sensibili differenze sul piano territoriale: i ritardi che superano i due mesi sono segnalati dal 36,4% delle imprese del Nord-Est, percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest e al 63,3% nel Mezzogiorno.

Tutto ciò perché, ha spiegato l'Authority, esistono "prassi" applicative della legge troppo disinvolte, come l'individuazione unilaterale di termini di pagamento superiori a quelli previsti, l'inclusione di termini di pagamento in deroga tra gli elementi di valutazione delle offerte. Alcuni capitolati speciali poi prevedono anche la riduzione (arbitraria) del tasso di interesse di mora. Troppo alti i rischi che si corrono. Per l'amministrazione appaltante, il dover corrispondere interessi di mora con conseguente aumento delle risorse inizialmente stimate per l'appalto.

Ma a subire un danno sono anche aziende e mercato. La necessità, infatti, di sopportare i costi occulti legati alla mancata regolarità nei pagamenti, è scritto nella delibera, "distorce il confronto concorrenziale, disincentivando la partecipazione di operatori economici, anche qualitativamente competitivi". Senza considerare, è aggiunto, "gli effetti esponenziali sul sistema economico delle imprese, dal momento che il ritardo nei pagamenti incide non solo direttamente sugli operatori economici aggiudicatari, ma, indirettamente, produce effetti a cascata sull'intero indotto". Vale a dire su quell'insieme di imprese che svolgono attività a valle, sotto forma di subappaltatori o subfornitori, già penalizzati dalla crisi.

 

 

Federalismo e comuni non sarà un'avventura

Cronologia articolo3 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:37.

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Il federalismo fiscale abbandona il terreno della sola battaglia politica e ideologica, non di rado fumosa e strumentale, per farsi concreto, nero su bianco, con il decreto legislativo che il governo si appresta ad approvare nelle prossime ore.

Il testo all'esame del consiglio dei ministri ha il merito di definire con chiarezza uno dei pilastri portanti della nuova architettura federalista: il sistema delle imposte che dal 2014 terrà in piedi le casse dei sindaci, garantendo loro l'autonomia delle proprie entrate. L'altro pilastro - i costi standard per le spese delle regioni, a partire dalla sanità - dovrebbe eliminare l'eccesso di inefficienza spendacciona e allineare in un ragionevole arco di tempo gli spreconi ai virtuosi: arriverà all'inizio dell'autunno, ma ne sentiremo parlare ancora nel corso dell'estate.

A scorrere la bozza del decreto si coglie tutta l'importanza di questo passaggio dalla categoria dell'astratto a quella del concreto. Qui si parla di case, della semplificazione delle tasse che ci pagheremo sopra ma anche del regime fiscale agevolativo che avremo per affittarle.

La manovra è congegnata in due fasi, la prima delle quali diventa particolarmente attraente grazie alla cedolare secca sugli affitti, scommessa storica che molti governi prima di ora avevano promesso o tentato di varare senza mai riuscire ad arrivare in porto (in verità, neanche ad avvicinarsi al porto). Se il disegno è questo, si capisce perché i sindaci abbiano preferito il confronto costruttivo rispetto all'aventino regionalista. Viene confermato, per esempio, che la prima casa non sarà tassata dopo l'abolizione dell'Ici. Anche Silvio Berlusconi, poco propenso a legare il nome del suo governo all'istituzione di nuove imposte, può digerire meglio questo insieme di interventi.

Ci saranno ancora piccoli punti da limare, da qui a domani e poi nel passaggio dei pareri parlamentari (non vincolanti), ma il dado è tratto ormai. Anche il fondo perequativo, che dovrebbe togliere ai ricchi per dare ai poveri, viene qui definito per la prima volta con una versione "sperimentale" di cinque anni: un modo per uscire dalla politica delle chiacchiere ed entrare in quella del fare, consentendo al tempo stesso ai comuni di verificare che il gettito derivante dalla nuova fiscalità sostituisca i trasferimenti attuali senza traumi eccessivi.

 

 

 

 

 

La cedolare sugli affitti è al 25% e andrà ai comuni insieme ad altre imposte

di Marco MobiliCronologia articolo03 agosto 2010Commenti (10)

Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:04.

Da gennaio 2011 cedolare secca sugli affitti al 25% e sanzioni raddoppiate per chi non li dichiara al fisco. Non solo. La cedolare secca sarà una delle imposte devolute ai comuni come quelle di bollo, di registro, ipotecarie, catastali, l'Irpef relativa ai redditi fondiari, le imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie. Una fiscalità immobiliare, stimata in circa 15 miliardi, che confluirà nel "Fondo sperimentale di riequilibrio" che dopo 5 anni lascerà il posto al Fondo perequativo previsto dal federalismo fiscale.

Ad arricchire il Fondo arriverà dal 2014 la nuova imposta municipale che si sdoppia in "municipale propria" e in "municipale secondaria facoltativa": quella "propria" si applicherà dal 2014 agli immobili diversi dall'abitazione principale e al trasferimento di beni; quella "secondaria facoltativa" sarà frutto di consultazioni popolari indette dai sindaci e riguarderà principalmente i tributi e balzelli comunali oggi in vigore per l'occupazione di aree pubbliche o le affissioni, solo per fare alcuni esempi.

Sono queste le principali novità che il governo si appresta a varare con il quarto decreto attuativo del federalismo fiscale, quello sull'autonomia fiscale dei comuni. L'appuntamento è fissato con il Consiglio dei ministri di domani e concluderà, di fatto, la prima tornata del processo attuativo del federalismo fiscale. Dopo la pausa estiva la partita riprenderà con le regioni con i costi standard.

Intanto si lavora alla rifinitura del testo. Secondo le ultime ipotesi la cedolare secca sarebbe, dunque, pari al 25% anche perché sarà sostitutiva dell'Irpef, delle addizionali, nonché dell'imposta di bollo e di quella di registro dovute sui contratti di locazione. Inoltre sarà applicabile anche ai contratti per i quali non esiste obbligo di registrazione. Il passaggio alla cedolare scatterà il 1° gennaio 2011, salvo ripensamenti, e sarà l'agenzia delle Entrate a fissare le modalità di versamento dell'acconto, pari all'85% per l'anno d'imposta 2011 e al 90% a partire dal 2012, e del successivo saldo.

L'arrivo della cedolare sarà accompagnata da un forte giro di vite contro il sommerso: per chi non denuncerà al fisco i redditi da locazione, infatti, saranno raddoppiate le sanzioni fino a un massimo di 2.000 euro nei casi di omessa dichiarazione e fino al 400% della maggiore imposta nel caso di redditi dichiarati al fisco in misura inferiore. E non ci sarà nessuno sconto per i soggetti stanati dal fisco o dai comuni stessi: per loro non si applicheranno le sanzioni in misura ridotta previste nei casi di accertamento con adesione o di rinuncia all'impugnazione dell'accertamento. La cedolare secca, secondo la bozza del decreto, andrà ad alimentare la seconda sezione del "Fondo sperimentale di riequilibrio". Dal 2014 nella stessa sezione confluirà anche una quota della nuova imposta "municipale propria" sulle compravendite. Nella prima sezione del fondo, invece, saranno devolute le imposte ipotecarie e catastali relative agli atti soggetti ad Iva e le addizionali sull'accisa dell'energia elettrica, nonché le altre imposte già citate e una parte della "municipale propria" sul possesso. Nel riparto delle somme, previo accordo con la Conferenza stato-città, si terrà conto dei fabbisogni standard e della partecipazione dei comuni nella lotta all'evasione. Per i municipi con popolazione inferiore a 5.000 abitanti saranno fissate modalità forfettizzate e semplificate.

Per rafforzare le entrate comunali si prevede, inoltre, che nelle loro casse finiscano i maggiori redditi dell'emersione delle "case fantasma", così come il 50% a titolo di compartecipazione dei comuni nella lotta all'evasione (da poco la manovra lo aveva elevato dal 30 al 33%). Lotta che sarà potenziata anche con l'accesso dei comuni al catasto elettrico (per controllare utenze e intestatari), all'anagrafe tributaria, all'elenco dei domicili fiscali e a quello dei soggetti che svolgono attività di impresa o di lavoro autonomo.

Dal 2014, poi, arriverà la nuova imposta municipale. Esclusa l'applicazione sull'abitazione principale, questa colpirà il possesso di immobili e la loro compravendita. Mentre nel primo caso l'aliquota sostitutiva dell'Ici applicabile dal 2014 è ancora da definire, sui trasferimenti le aliquote applicabili sarebbero già definite nel 3%, se oggetto del trasferimento è l'abitazione principale dell'acquirente o un bene ereditato; del 9% in tutti gli altri casi.

Alla municipale propria i comuni potranno affiancare anche una "municipale secondaria facoltativa" che potrà essere introdotta previa consultazione popolare. Andrà a sostituire tasse come quella sull'occupazione del suolo pubblico, quella sulla pubblicità e le affissioni o l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. Il decreto fissa anche i criteri della nuova imposta facoltativa, dal presupposto del tributo alle modalità di pagamento, dagli elementi di calcolo alle esenzioni e agevolazioni.

 

 

 

 

 

2010-08-02

Addio alla pensione di anzianità per chi inizia a lavorare a 30 anni. Gli interventi sulla previdenza

di Gianni TrovatiCronologia articolo01 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 08:04.

MILANO - Un appunto prima di tuffarsi nei calcoli sulle nuove pensioni, rese ufficiali dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della manovra correttiva (è la legge 122/2010, pubblicata venerdì): chi ha iniziato a lavorare dopo aver compiuto i 30 anni getti in un angolo "quote" e calcolatrici e si metta il cuore in pace. Per lui c'è solo l'uscita di vecchiaia, che per ora fa scattare i requisiti a 65 anni (e il riposo un anno dopo). L'unica eccezione, dopo l'emendamento "europeo" che ha equiparato uomini e donne negli uffici pubblici, sono le lavoratrici del settore privato (sono il 24,6% degli occupati), che raggiungono il diritto a 60 anni e la finestra d'uscita a 61: per poter contare sulla pensione di anzianità, loro devono aver iniziato a versare i contributi prima dei 24 anni.

Il pensionometro

Per tutti gli altri è aperta la giostra dei calcoli sulle pensioni, che alla coda delle vecchie norme sulle "quote", cioè la somma di età e anzianità necessaria a centrare l'uscita anticipata, mescolano le novità su pubblico impiego, finestre e speranza di vita. Il "pensionometro" pubblicato qui mostra gli effetti combinati di tutti questi interventi per i lavoratori dipendenti: rispetto a loro, gli autonomi (al netto delle particolarità legate alle varie casse professionali) devono aspettare un anno e mezzo in più, perché l'età minima per andare in pensione è più alta (61 anni oggi, 62 dal 2013, contro i 60 anni oggi e 61 dal 2013 che regola l'addio dei dipendenti) e le finestre d'uscita si aprono sei mesi dopo.

Le quote

Il primo fattore da considerare sono le "quote" introdotte dalla riforma del 2007, che non ha ancora terminato la lunga strada verso l'applicazione a regime. Fino alla fine del 2012, i requisiti per la pensione di anzianità dei dipendenti maturano per chi ha almeno 60 anni di età e 36 di anzianità (quota 96), mentre dal primo gennaio 2013 l'età minima sale a 61 anni (quota 97). Per gli autonomi, come accennato, occorre un anno di età in più.

Le finestre

Raggiunti i requisiti, bisogna aspettare l'apertura della finestra; qui interviene la prima novità della manovra correttiva, che a partire dall'anno prossimo impone ai dipendenti di aspettare 12 mesi dalla maturazione dei parametri all'uscita effettiva (per gli autonomi i mesi sono 18). Un lavoratore nato nel marzo del 1950 ed entrato in ufficio a 26 anni raggiunge quota 96 (61 anni di età + 36 di anzianità) nel 2011, ma per salutare i colleghi dovrà aspettare l'aprile del 2012. Il dato chiave nel meccanismo delle quote è l'età anagrafica. Chi è nato nel 1951 e ha iniziato a lavorare nel 1975, per esempio, otterrebbe la quota 96 nel 2011, ma il diritto scatta solo con il 61esimo compleanno, cioè nel 2012: ancora un anno di attesa per l'apertura della finestra e per il 2013 il riposo è garantito. Il meccanismo non riguarda i lavoratori della scuola e gli iscritti alle casse di previdenza private. La vecchiaia

L'anno supplementare di attesa previsto dalla manovra riguarda anche chi punta alla pensione di vecchiaia, investita dalla riforma nel nome della Ue per le lavoratrici del pubblico impiego: per quest'anno e il prossimo l'età per la vecchiaia rimane a 61 anni, ma dal 2012 balzerà a 65, equiparando il loro regime a quello dei colleghi maschi. La novità non tocca naturalmente le regole per l'anzianità, e nemmeno quelle per il pensionamento dopo 40 anni di servizio, che rimangono valide per tutti.

La speranza di vita

La manovra introduce però un'ulteriore meccanismo, che dal 2015 modificherà il tempo da trascorrere al lavoro in proporzione alla speranza di vita della popolazione. Il primo aggiornamento è in calendario per il 2015 (in questo caso la quota di lavoro aggiuntivo non potrà essere superiore ai tre mesi), il secondo sarà nel 2019 e poi si verificherà ogni tre anni. Con le dinamiche attuali, il meccanismo dovrebbe aumentare di un anno la permanenza al lavoro a partire dal 2028 (si veda anche il Sole 24 Ore del 19 luglio).

Liquidazioni a rate

L'altra novità per i dipendenti pubblici, uomini e donne, è la dilazione in rate annuali delle liquidazioni "alte". Per le uscite successive al 30 novembre, la prima rata non potrà superare i 90mila euro, la seconda sarà al massimo di 60mila e la le eventuali quote aggiuntive saranno rimandate al terzo anno. Le anzianità maturate dall'anno prossimo, poi, vedranno calcolare la liquidazione con le stesse regole seguite per i dipendenti privati.

 

 

La cura su tagli e tasse non aspetta il 2011

Giovanni ParenteCronologia articolo02 agosto 2010

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Storia dell'articolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2010 alle ore 08:02.

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Pronti, via. Per vedere i primi effetti della cura sui conti pubblici non bisognerà aspettare il prossimo anno. La manovra economica - appena convertita dal parlamento con la legge 122/2010 - si riferisce al 2011/2013 ma è per una buona parte subito operativa. Le esigenze di risanamento e di rilancio hanno trovato la traduzione normativa in misure ad efficacia immediata. Alcune erano in vigore già dal 31 maggio con il testo originario del decreto legge, altre invece sono state introdotte dalla conversione. Una caratteristica che riguarda non solo le disposizioni fiscali ma anche, ad esempio, quelle sugli immobili e il pubblico impiego.

Austerità in busta paga

I primi protagonisti nell'attuazione della manovra saranno i dipendenti pubblici. Per loro si blocca subito il meccanismo dei rinnovi contrattuali (appuntamento rinviato al 2013), vengono ridotti gli stipendi che superano i 90mila euro e quelli negli uffici di diretta collaborazione dei ministeri. Azzeramento immediato anche per una serie di gettoni e indennità, come quelle dei funzionari che hanno ruoli di controllo autorizzati dalla presidenza del consiglio in enti diversi dall'amministrazione di appartenenza. Ci sono ancora tre mesi, invece, per vedersi accettata la domanda di pensionamento senza incappare nella liquidazione a rate che colpisce le buonuscite superiori a 90mila euro.

Lo sguardo al passato

Ci sono misure che gioco-forza non produrranno solo effetti da ora o per il futuro. Oltre all'ampliamento della base imponibile Ires per le imprese assicuratrici del ramo vita che riguarda già quest'anno d'imposta, il nuovo redditometro (che verrà delineato completamente dopo i passaggi attuativi) utilizzerà come parametro i redditi dichiarati con Unico 2010 e quindi relativi allo scorso anno. Debutterà così il sistema di accertamento che avrà come cartina di tornasole le spese sostenute. E, sempre in tema di contrasto all'evasione, c'è una strettissima connessione temporale con gli anni passati nella vigilanza a cui agenzia delle Entrate e guardia di Finanza saranno chiamate sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per più di un periodo di imposta. La formulazione originaria nella manovra escludeva i casi di perdita determinata da compensi erogati ad amministratori e soci. La conversione esclude anche le situazioni in cui sia intervenuto un aumento di capitale di pari importo. Mentre, tra le novità della conversione, c'è la possibilità di chiedere subito la rateizzazione delle somme dovute al Fisco dopo l'adesione all'accertamento con un'ipoteca pari al doppio del debito con l'erario.

I ripensamenti

Impatto immediato anche per i dietrofront, con cui il passaggio parlamentare ha cancellato o corretto le norme (entrate in vigore il 31 maggio) contenute nel testo originario del Dl 78. Come per le sospensive. Si torna al passato con una durata dei provvedimenti emessi dalle commissioni tributarie non più circoscritte a 150 giorni ma che dureranno fino al deposito della sentenza di primo grado. Anche nel "pacchetto-previdenza" che contiene il carico più rilevante di novità (anche se l'applicazione partirà dal 2011 in poi), c'è stato un passo indietro. Torna al 74% la soglia di riduzione della capacità lavorativa per il riconoscimento dell'assegno di invalidità. L'innalzamento del l'asticella all'85% è durato così appena due mesi. E stessa sorte è toccato all'obbligo di ritiro dei certificati verdi invenduti da parte del Gse (Gestore servizi energetici). Anche se il ripristino del meccanismo contiene una "proiezione" sui prossimi anni: un decreto del ministero dello Sviluppo economico dovrà assicurare che dal 2011 l'importo complessivo derivante dal ritiro sia inferiore del 30 per cento rispetto a quello del 2010, agendo sulla leva del contenimento dei certificati in eccesso.

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Il vocabolario dei cambiamenti

A

Accertamento con adesione

La garanzia per ottenere il beneficio della rateizzazione delle somme dovute all'amministrazione finanziaria per effetto dell'accertamento con adesione, qualora superino i 50mila euro, può essere prestata mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore, accettato dall'amministrazione finanziaria, pari al doppio del debito erariale o della somma oggetto di rateizzazione.

Antiriciclaggio

Le movimentazioni di contante frequenti o ingiustificate, specialmente se di importo eccedente i 15mila euro debbano essere considerate dagli intermediari come elementi per inviare una segnalazione di operazione sospetta pur non eccedendo le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore.

Assicurazioni

Viene ampliata la base imponibile Ires per le imprese di assicurazioni ramo vita. In particolare, la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorra a formare il reddito dell'esercizio a fini Ires per una parte corrispondente al rapporto (non superiore al 98,5 per cento) tra ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e i proventi, anche se esenti o esclusi, compresa la quota non imponibile dei dividendi. In deroga al principio dell'irretroattività della legge tributaria prevista dallo Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), le disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso.

C

Codice fiscale

Esteso l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale per i soggetti non residenti relativamente a determinati atti e operazioni.

Concordato fallimentare

In sede di transazione fiscale anche le somme relative a ritenute operate e non versate possono essere oggetto solo di dilazione di pagamento, così come era già previsto per l'Iva la proposta di transazione fiscale deve essere depositata unitamente alla documentazione richiesta per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Il debitore deve rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale si assume personalmente la responsabilità di attestare che la documentazione rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell'impresa, in particolar modo per l'attivo del patrimonio. La transazione fiscale conclusa nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione è revocata di diritto se il debitore non esegue integralmente – entro 90 giorni dalle scadenze previste – i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Consolidato nazionale

Le rettifiche del reddito complessivo di ciascun soggetto partecipante al consolidato vanno effettuate con un unico atto. La consolidante può chiedere che dai maggiori imponibili rettificati siano scomputate le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. A tal fine, deve essere presentata apposita istanza all'ufficio competente per l'accertamento entro il termine di proposizione del ricorso.

F

Fondi immobiliari chiusi

Definito un nuovo regime con l'istituzione di un'imposta sostitutiva a carico delle società di gestione del risparmio (Sgr) che hanno dato vita fondi comuni d'investimento immobiliari, che si applica – a seguito delle modifiche apportate dalla disposizione in esame al regime civilistico di tali fondi – al momento dell'adeguamento o del non adeguamento alla nuova normativa. Le disposizioni di attuazione sono collegate all'emanazione di un decreto del ministro dell'Economia entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione.

I

Imprese apri e chiudi

Osservate speciali le imprese che cessano l'attività entro un anno dalla data di inizio al fine di individuare le posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'agenzia delle Entrate, della Guardia di finanza e Inps in modo da assicurare una vigilanza sistematica sulle situazioni a specifico rischio di evasione e frode fiscale e contributiva.

Imprese in perdita sistemica

Agenzia delle entrate e Guardia di finanza saranno chiamate ad assicurare una vigilanza sistematica sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale, non determinata da compensi erogati ad amministratori e soci, per più di un periodo d'imposta e non abbiano deliberato e interamente effettuato nello stesso periodo uno o più aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse.

L

Limiti all'uso di contante

Ridotta da 12.500 a 5mila euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore. Posticipato di 2 anni (dal 30 giugno 2009 al 30 giugno 2011) il termine entro cui i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5mila euro devono essere estinti (o il loro saldo va contenuto entro tale importo).

O

Operazioni intracomunitarie

Nella dichiarazione di inizio attività per l'attribuzione della partita Iva, i soggetti che sono intenzionati ad effettuare operazioni intracomunitarie devono specificare anche la volontà di effettuare tali operazioni. Gli uffici dell'agenzia delle Entrate, nei trenta giorni successivi all'attribuzione della partita Iva, possono negare l'autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie nei confronti di soggetti che hanno dichiarato tale volontà.

R

Rateizzazioni

Consentita la rateizzazione delle imposte dovute a titolo di conguaglio di fine anno e del canone Rai, senza applicazione di interessi, per i soggetti con basso reddito.

Redditometro

L'amministrazione finanziaria può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.La spia rossa si accenderà quando il reddito accertato risulterà superiore al 20% del reddito dichiarato al fisco. La misura impatta sugli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto al 31 maggio scorso. E sarà riferita già ai redditi del 2009.

S

Sanzioni per violazioni

del tetto di utilizzo contanti

Esclusa l'applicazione delle sanzioni per le violazioni tra il 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto legge) e il 15 giugno 2010 sulle limitazioni di importo per l'uso del contante e di titoli al portatore.

Sospensive

Dietrofront sulla sospensive concesse dalle Commissioni tributarie provinciali. Il testo originario della manovra prevedeva che non potessero durare oltre 150 giorni. Ora gli effetti della sospensione torneranno a cessare dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado.

Sottrazione fraudolenta

al pagamento di imposte

Modifiche al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Le nuove norme riducono a 50mila euro – da un ammontare originario di 51.645,69 euro – l'importo complessivo (dovuto all'erario per imposte sui redditi, Iva, interessi o sanzioni) rilevante per la determinazione della soglia di punibilità. È introdotta una circostanza aggravante specifica se le somme al cui pagamento il contribuente intende sottrarsi siano superiori a 200mila euro (il quadruplo della nuova soglia di punibilità). In circostanze simili la pena è aumentata sia nel minimo che nel massimo: da un anno a sei anni, invece che da sei mesi a quattro anni.

Stock option

Introdotta un'addizionale del 10% sui compensi sotto forma di bonus e stock option, che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione, attribuiti ai dirigenti e ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel settore finanziario.

T

Transfer pricing

Il contribuente può evitare attraverso la presentazione di apposita documentazione l'applicazione della sanzione amministrativa (in misura compresa tra il cento e il duecento per cento della maggiore imposta accertata) per le infrazioni relative all'applicazione di prezzi di trasferimento diversi da quelli di mercato. Il tipo di documentazione da consegnare sarà indicato in apposito provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate (da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge 122/2010). In sede di prima applicazione delle disposizioni in esame, i termini per la presentazione della comunicazione da parte del contribuente per i periodi d'imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge sono fissati in novanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate.

IMMOBILI

C

Compravendite

Dal 1° luglio scorso, i rogiti per le unità immobiliari devono contenere: l'identificazione catastale; il riferimento alle planimetrie depositate al catasto; la dichiarazione degli intestatari sulla conformità di dati catastali e planimetrie allo stato di fatto. La dichiarazione può anche essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. La circolare 2/2010 dell'agenzia del Territorio ha chiarito che in presenza di difformità di scarsa rilevanza tra lo stato di fatto di un immobile e la sua configurazione catastale (come spostamenti di porte o tramezzi) non è obbligatorio presentare la dichiarazione di variazione in catasto poiché tali interventi non modificano la rendita

Costruzioni fantasma

Entro il 31 dicembre 2010, i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati al catasto devono presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. Se i diretti interessati non adempiono alla prescrizione, sarà l'agenzia del Territorio a procedere. Lo stesso obbligo riguarda anche i titolari di immobili su cui sono state effettuate variazioni di consistenza o di destinazione d'uso

L

Locazioni

Dal 1° luglio scorso, la richiesta di registrazione dei contratti di locazione o affitto di immobili, così come la cessione, risoluzione o proroga, anche tacita, degli stessi contratti deve contenere l'indicazione dei dati catastali. La mancata indicazione comporta l'applicazione della sanzione amministrativa (dal 120 al 240% del dovuto) prevista per chi omette la richiesta di registrazione di elementi rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro

R

Ristrutturazioni

A partire dal 1° luglio scorso è stata introdotta una ritenuta del 10% sui bonifici disposti dai contribuenti per pagare le spese sostenute in relazione ai lavori di ristrutturazione o interventi di risparmio energetico per poi usufruire dei bonus fiscali del 36% e del 55 per cento. Sulla disposizione sono arrivati mercoledì scorso i chiarimenti dell'agenzia delle Entrate con la circolare 40. Quindi, la ritenuta va operata dalla banca sull'importo del bonifico al netto dell'Iva al 20 per cento. Inoltre, in considerazione della complessità degli adempimenti che i sostituti devono effettuare per garantire la corretta applicazione della ritenuta e delle obiettive condizioni di incertezza sull'ambito di applicazione della norma, il provvedimento ha precisato che in sede di prima applicazione della disposizione sussistono le condizioni per escludere l'irrogazione di sanzioni per eventuali violazioni della norma

C

Contratti pubblici

I rinnovi contrattuali per il pubblico impiego sono bloccati per il triennio 2010/2012, cioè per i primi tre anni coperti dalla riforma che fa coincidere il periodo giuridico e quello economico. Le tornate contrattuali successive non possono mettere in atto recuperi degli aumenti persi con il blocco triennale.

Nei rinnovi contrattuali già firmati e relativi al biennio 2008/2009 sono cancellate le clausole che consentono aumenti superiori al 3,2 per cento.

G

Gettoni negli organi collegiali

Sono azzerati i compensi negli organi collegiali di enti pubblici o privati che ricevano contributi dal bilancio pubblico (sono escluse le società, le università, gli enti di ricerca, la sanità, le camere di commercio, le fondazioni e le Onlus). Nei casi in cui era previsto un gettone di presenza, questo ora non può superare i 30 euro.

I

Incarichi ai funzionari

Il compenso ai funzionari pubblici per gli incarichi svolti negli organi collegiali degli enti controllati (per esempio gli enti pubblici non economici, le università, le scuole), è girato all'amministrazione di appartenenza. Queste risorse rientrano nei fondi destinati nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale. La norma si applica anche agli incarichi in corso.

L

Liquidazioni

Per le cessazioni successive al 30 novembre, le liquidazioni (indennità di buonuscita, dell'indennità premio di servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennità equipollente una tantum) superiori a 90mila euro vengono erogate in più rate annuali. La prima rata è di 90mila euro, e segue le attuali regole sulle scadenze e gli eventuali interessi di mora; la seconda, erogata 12 mesi dopo la prima, non può superare i 60mila. L'eventuale quota di liquidazione eccedente i 150mila euro viene erogata 12 mesi dopo la seconda.

M

Magistrati

Via libera alle assunzioni dei 250 magistrati ordinari che hanno vinto i concorsi già chiusi a fine maggio 2010. I limiti di spesa fissati dalla disposizione introdotta durante l'iter di conversione parlamentare della manovra ammontano a 6,6 milioni di euro per l'anno in corso, 16 milioni di euro per il 2011, 19,2 milioni di euro per il 2012 e 19,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.

Manager pubblici

La quota dello stipendio dei dipendenti pubblici eccedente i 90mila euro annui lordi viene ridotta del 5%, quella eccedente i 150mila euro viene ridotta del 10 per cento.

Le indennità dei vertici degli uffici di diretta collaborazione dei ministri sono ridotte del 10 per cento. Questa riduzione opera da subito sul valore complessivo dell'indennità.

Le indennità per gli incarichi dirigenziali sono congelate fino a fine 2013. Anche in caso di cambio del titolare, l'indennità prevista per l'incarico non può superare il valore registrato al 30 aprile 2010.

I dirigenti di livello generale delle amministrazioni pubbliche non possono ricevere indennità ad hoc nel caso di conferimento di incarichi aggiuntivi.

Gli incarichi di livello dirigenziale possono essere non confermati anche in assenza di una valutazione negativa. I titolari interessati possono vedersi assegnare un altro incarico di livello inferiore, con indennità più contenuta.

O

Organi di vertice

Vengono tagliati del 10% i compensi dei componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo. Sono comprese le Authority e i commissari di governo.

S

Società pubbliche

Vengono tagliati del 10% i compensi dei consiglieri di amministrazione, dei sindaci e dei revisori dei conti.

T

Trattenimenti in servizio

I trattenimenti in servizio del personale che ha raggiunto l'età per il pensionamento possono essere autorizzati solo se rientrano nei limiti del turn over (la regola generale consente un'assunzione ogni cinque cessazioni).

ALTRO

B

Bancarotta

La bancarotta non si applica ai pagamenti e alle operazioni in esecuzione del concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione o di un piano attestato.

C

Certificati verdi

Confermato l'obbligo di acquisto da parte del Gse dei certificati verdi invenduti che era stato abolito nella versione iniziale.

Curatore fallimentare

Il curatore fallimentare ha l'obbligo di comunicare, entro quindici giorni dall'accettazione della nomina, i dati necessari a garantire l'eventuale ammissione al passivo della procedura concorsuale.

I

Invalidità

Ritorna al 74% il tasso minimo di riduzione della capacità lavorativa ai fini della concessione dell'assegno di invalidità. Il testo originario della manovra aveva previsto invece l'elevamento in relazione alle domande presentate dopo il 31 maggio 2010.

L

Libertà d'impresa

Sarà possibile avviare un'impresa semplicemente con l'invio di una segnalazione certificata di inizio attività (Scia) . Vengono esclusi i casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, compresi gli atti concernenti le reti di acquisizioni del gettito, anche derivante dal gioco, nonché quelli imposti dalla normativa comunitaria. Una volta presentata la Scia, l'amministrazione competente avrà 60 giorni per adottare motivati provvedimenti di divieto della prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi della stessa, sempre che l'interessato non si conformi alla normativa vigente entro un termine fissato che non potrà comunque essere inferiore a 30 giorni.

P

Previdenza

Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 208, della legge 662/1996. Le attività autonome a cui si fa riferimento per l'assoggettamento previdenziale prevalente sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni Inps. Restano esplicitamente esclusi dall'applicazione della disposizione i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoria l'iscrizione alla gestione separata dell'Istituto nazionale della previdenza sociale.

PUBBLICO IMPIEGO

FISCO

 

 

2010-07-30

Via libera alla manovra. L'abc delle misure dai tagli all'Abruzzo, alle zone a burocrazia zero

di Claudio TucciCronologia articolo29 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 17:47.

Via libera definitivo della Camera alla manovra. Il sì è giunto con 321 sì, 270 no, e 4 astenuti. Sul decreto l'esecutivo ha incassato una doppia fiducia, prima al Senato e poi alla Camera. Agevolazioni fiscali per le reti d'imprese, maglie più strette per la "scia" e giro di vite su pubblico impiego e falsi invalidi. E' salita a 62 articoli la manovra da oltre 25 miliardi. Il testo, nel giro di boa al Senato, ha imbarcato anche l'adeguamento dell'età pensionabile alle aspettative di vita dal 2015 (non più 2016) e l'accelerazione dell'innalzamento dell'età per andare in pensione per le donne nel pubblico impiego, che scatterà dal 2012.

Confermata, poi, un'emersione per gli immobili "fantasma", mentre scende, a 5mila euro, il tetto della tracciabilità del contante. In arrivo anche nuove regole per il redditometro, con i controlli che scatteranno quando il reddito dichiarato sarà inferiore del 20% rispetto a quello accertato dal Fisco.

Fra le novità proposte dalla manovra trova spazio pure il quindicesimo censimento della popolazione e delle abitazioni, il nono dell'industria e dei servizi, il sesto dell'agricoltura e il censimento delle istituzioni non profit. Sul ricco piatto della manovra, ci sono poi disposizioni tributarie, antifrode e antiriciclaggio, misure per arginare il fenomeno delle imprese "apri e chiudi" o in perdita sistemica, ma anche interventi contro la microevasione diffusa. Disco verde anche a una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option e a una fiscalità di vantaggio per il Sud in caso di nuove iniziative produttive e incentivi per il rientro in Italia dei "cervelli" emigrati all'estero.

Ecco comunque in 69 voci tutte le novità contenute nella manovra estiva di Tremonti.

 

 

 

Via libera alla manovra. L'abc delle misure dai tagli all'Abruzzo, alle zone a burocrazia zero

di Claudio TucciCronologia articolo29 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 17:47.

Articoli

Abruzzo (articoli 14, comma 14-ter e 39)

I comuni della provincia dell'Aquila in stato di dissesto sono autorizzati a escludere dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità per il triennio 2010-2012 gli investimenti in conto capitale deliberati entro il 31 dicembre 2010, anche a valere sui contributi già assegnati negli anni precedenti, fino a un massimo di ...

 

Accertamento con adesione (articolo 52-bis)

In caso di accertamento con adesione, si prevede che la garanzia in questione possa essere prestata anche mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore pari al doppio del debito erariale (ovvero pari al doppio della somma da rateizzare), valore che deve essere accettato dall'amministrazione finanziaria. La disposizione si ...

 

Antiriciclaggio (articolo 37)

Introduce disposizioni in materia di trasparenza degli assetti proprietari e di gestione dei soggetti che chiedono di partecipare alle procedure di appalto pubblico, attribuendo al Tesoro il potere di autorizzare quelli provenienti dai paesi che sono inseriti nella black list, ovvero di derogare a tale lista per specifici paesi o settori ...

 

Apertura o chiusura rapporti con operatori finanziari (articolo 34)

Arriva l'obbligo per i non residenti di indicare il codice fiscale per l'apertura o la chiusura di rapporti continuativi con operatori finanziari. ...

 

Assegno d'invalidità (articolo 10)

Resta all'attuale 74% (che non sale più quindi all'85%) il limite per accedere al beneficio economico dell'assegno mensile di invalidità civile. Per potenziare i controlli contro i "falsi invalidi", viene esteso, poi, l'istituto della rettifica, previsto in ambito Inail, anche alla normativa assistenziale relativa all'invalidità civile. ...

 

Assicurazioni (articolo 38, commi da 13-bis a 13-quater)

Diventa più leggera la stretta fiscale sulle riserve tecniche obbligatorie delle imprese assicurative per il ramo vita, rispetto a quella approvata in commissione Bilancio del Senato con un emendamento del relatore. Nella versione definitiva del maxiemendamento alla manovra, cambia la percentuale massima del rapporto tra ammontare dei ...

 

Assunzione nuovi magistrati (articlo 48-bis)

Arrivano 61,3 milioni in quattro anni per le assunzioni di giovani toghe. Il ministero della Giustizia in aggiunta alle facoltà assunzioni previste dalla normativa vigente per l'anno 2010, è autorizzato ad assumere magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del ...

 

Autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi, le preclusioni (articolo 31)

A decorrere dal 1° gennaio 2011 la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, per i quali è scaduto il termine di pagamento. In caso di inosservanza del divieto sanzione pari ...

 

Autotrasporto (articolo 51, comma 7)

Proroga al 31 dicembre 2010 il termine per l'emanazione di un decreto del ministro dei Trasporti, di concerto con il ministrodello Sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata, recante disposizioni tese a impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, ...

 

Casellario dell'assistenza (articolo 13)

Sarà istituito presso l'Inps, quale banca dati unitaria e generale delle prestazioni di natura assistenziale erogate su tutto il territorio nazionale. La norma specifica poi alcuni requisiti reddituali necessari per accedere alle prestazioni previdenziali. Si chiarisce, in primo luogo, che tali prestazioni siano collegate al reddito, per ...

 

Cedolino unico per gli statali (articolo 4, commi da 4-bis a 4-undecies)

Si prevede che le competenze fisse e accessorie erogate al personale delle amministrazioni centrali dello Stato siano imputate alla competenza del bilancio dell'anno in cui vengono pagate. La norma viene emanata per armonizzare le nuova disciplina sul cedolino unico introdotta dall Finanziaria 2010 con la nuova legge di contabilità (196 ...

 

Censimento (articolo 50)

La norma reca la disciplina relativa al 15° censimento generale della popolazione e delle abitazioni; al 9° censimento generale dell'industria e dei servizi e al censimento delle istituzioni no profit, nonchè al 6° censimento generale dell'agricoltura. ...

 

Certificati verdi (articolo 45)

Ripristinato l'obbligo per il Gse di riacquistare i certificati verdi per la produzione di energia da fonti rinnovabili in eccesso sul mercato, ma anche il taglio del 30% della spesa sostenuta dal Gestore dei servizi energetici a decorrere dal 2011 per il ritiro dei certificati in scadenza nell'anno, rispetto a quella sostenuta nel 2010. ...

 

Comunicazioni telematiche Fisco (articolo 21)

Introdotto l'obbligo di comunicare, per via telematica, alle Entrate operazioni rilevanti ai fini Iva, di importo pari o superiore ai 3mila euro. ...

 

Concessioni autostradali (articolo 47)

Arrivano modifiche alla normativa sull'approvazione delle concessioni autostradali, differendo al 31 luglio 2010 il termine per la loro approvazione ex lege, in luogo della procedura ordinaria nonché, mediante una norma di interpretazione autentica, avente quindi efficacia retroattiva, prevedendo che il mancato adeguamento dei ...

 

Concessioni di grande derivazione d'acqua (articolo 15, commi da 6 a 6-quinquies)

Si prevede, a decorrere dal gennaio 2010, per i comuni e i consorzi dei bacini imbriferi montani, un aumento delle basi di calcolo dei sovracanoni per le concessioni di grandi derivazioni di acqua per uso idroelettrico, fissandole rispettivamente in 28 e in 7 euro, suscettibili di aggiornamenti biennali. ...

 

Concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 48)

Norma per favorire e promuovere l'erogazione di nuovi finanziamenti all'impresa in difficoltà sia da parte di intermediari bancari e finanziari, sia da parte di soci. Introdotti elementi di flessibilità ed efficienza nella disciplina degli accordi di ristrutturazione del debito. ...

 

Consolidato nazionale (articolo 35)

Inserisce due nuovi articoli per ricondurre l'accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato. L'accertamento è ricondotto a un atto unico, emesso dall'ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante, al posto dell'attuale doppio livello di accertamento. ...

 

Contenimento spese pubblico impiego (articolo 9)

Ricco il menù in arrivo per ridurre i costi del lavoro pubblico. Il piatto forte sarà il congelamento degli scatti d'anzianità fino al 2013. Anche se si specifica che il tetto alle retribuzioni in questione non coincide più con il trattamento "in godimento nell'anno 2010", bensì col trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, ...

 

Contrasto di interessi (articolo 25)

Vengono assoggetti a una ritenuta del 10% a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, i pagamenti effettuati mediante bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. La ritenuta d'acconto deve essere operata da Poste Italiane o dalle banche del ...

 

Contrasto alle frodi intracomunitarie (articolo 27)

Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie con lo scopo di contrastare le frodi. L'obiettivo è quello di regolare in sede di registrazione ai fini Iva la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie attraverso un regime di autorizzazione curata dagli uffici delle Entrate. ...

 

Contratto di produttività (articolo 53)

Per l'anno 2011 la quota di retribuzione erogata in attuazione di contratti collettivi (anche aziendali o territoriali) e correlata a incrementi della produttività, di redditività ed efficienza organizzativa, all'andamento economico e agli utili d'impresa, sia sottoposta a una tassazione sostitutiva dell'Irpef e delle relative ...

 

Controllo spesa sanitaria (articolo 11)

Si prevede che le regioni sottoposte ai piani di rientro alla data del 31 dicembre 2009 che non abbiano completato, entro il medesimo termine, gli interventi strutturali di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del servizio sanitario previsti, pur avendo garantito l'equilibrio di bilancio, possano portarli a compimento. Le ...

 

Cura dimagrante per ministri e sottosegretari e rimborsi ai partiti politici (articolo 5)

A partire dal prossimo 1° gennaio, a ministri e sottosegretari, che non siano parlamentari, arriva un taglio del 10% al trattamento economico complessivo. Attualmente, la misura interessa 9 unità, 2 ministri e 7 sottosegretari. Taglio del 10% anche ai compensi dei componenti gli organi di autogoverno della magistratura e del Cnel. Dalla ...

 

Disposizioni antifrode (articolo 36)

Si demanda al Tesoro l'individuazione una black list dei Paesi a maggior rischio di riciclaggio, di finanziamento del terrorismo e in cui lo scambio di informazioni in materia fiscale sia difficoltoso. I destinatari delle misure previste devono evitare o porre fine a rapporti continuativi, operazioni o prestazioni professionali con ...

 

Disposizioni finanziarie (articolo 55)

Autorizzata la spesa di 36 milioni di euro per il 2010 per la proroga del piano di impiego delle Forze armate nel controllo del territorio in concorso con le Forze di polizia e per la corresponsione al personale delle Forze di polizia impiegate nel presidio del territorio insieme al personale delle Forze armate di un'indennità pari a ...

 

Disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 4 a 8 e da 10 a 13)

Razionalizzate le modalità di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'elezione di un domicilio diverso dalla residenza. Disposizioni volte a consentire anche per la notifica delle cartelle e di altri atti di riscossione coattiva l'utilizzo della posta elettronica certificata. Gli agenti della riscossione sono autorizzati alla ...

 

Dividendi società statali (articolo 16)

Si prevede che utili e dividenti realizzati, negli anni 2011 e 2012, da società partecipate e istituto di diritto pubblico, non compresi nel perimetro istituzionale delle amministrazioni pubbliche, siano riassegnati, fino a un massimo di 500 milioni di euro, in un apposito Fondo, gestito dal Tesoro. Serviranno a pagare gli interessi sul ...

 

Documentazione dei prezzi di trasferimento (articolo 26)

Vengono introdotte misure per aumentare l'efficacia dell'azione di controllo dell'amministrazione finanziaria sulle operazioni rientranti nella disciplina sui prezzi di trasferimento. Prevista una documentazione standard per riscontrare la conformità del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese. Si tratta di un ...

 

 

Entrata in vigore (articolo 56)

Il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della manovra. ...

 

Estinzione liti tributarie (articolo 48-ter)

Si prevede che, per le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, il pagamento del previsto importo del 5% del valore della controversia estingua il giudizio a seguito di idonea attestazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria da cui risulti: a) la regolarità della istanza; e b) il pagamento integrale di ...

 

Expo Milano 2015 (articolo 54)

Una quota non superiore al 4% delle risorse autorizzate per l'Expo Milano 2015, destinate al finanziamento delle opere, può essere utilizzata per far fronte alle spese di funzionamento della società, ferma restando la partecipazione pro-quota alla copertura delle medesime spese da parte degli azionisti. Prevista anche una relazione ...

 

 

Fisco di vantaggio per il Sud (articolo 40)

Possibilità per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote dell'imposta sulle attività produttive, con proprie leggi, fino ad azzerarle o a concedere esenzioni, detrazioni e deduzioni relative alla stessa imposta, in favore delle nuove iniziative produttive. Le leggi regionali ...

 

Fondazioni bancarie e valutazione titoli (articolo 52)

Arriva una norma d'interpretazione autentica diretta ad attribuire al Tesoro la vigilanza su tutte le fondazioni bancarie. Previste anche delle incompatibilità per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione, controllo presso la fondazione. Si stabilisce poi l'applicabilità anche per l'esercizio in corso alla data di ...

 

Fondi immobiliari chiusi (articolo 32)

Prevede l'istituzione di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi a carico delle società di gestione del risparmio (Sgr) che hanno istituito fondi comuni d'investimento immobiliari, che si applica - a seguito delle modifiche apportate dalla disposizione in esame al regime civilistico di tali fondi - al momento dell'adeguamento o ...

 

Gas naturale (articolo 51, commi da 1 a 6)

La norma introduce misure di semplificazione delle procedure per l'installazione di impianti di rifornimento del gas naturale (metano) al fine di promuovere l'utilizzo degli autoveicoli alimentati con tale combustibile, che consentono un risparmio economico, oltre a ridurre l'inquinamento ambientale. L'eliminazione di una serie di ...

Immobili "fantasma" (articolo 19)

Parte un aggiornamento a tappeto del Catasto, con l'attivazione dell'Anagrafe immobiliare integrata. E' prevista, poi, l'apertura ai comuni a una gestione "partecipata", con il Territorio, delle funzioni catastali. Il Territorio, dal canto suo, dovrà concludere entro il 30 settembre 2010 l'individuazione degli immobili "fantasmi", quelli ...

 

Imprese "apri e chiudi", contrasto al fenomeno (articolo 23)

Arriva una specifica azione di vigilanza fiscale sulle cosiddette imprese "apri e chiudi". La norma prevede che le imprese che cessano l'attività entro un anno dall'inizio siano considerate ai fini delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Gdf e dell'Inps. Lo scopo è quello di assicurare una ...

 

Imprese in perdita sistemica, contrasto al fenomeno (articolo 24)

La disposizione prevede una specifica azione di vigilanza fiscale sistematica sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per più di un periodo d'imposta e che non abbiano deliberato (e interamente liberato) aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali nello stesso periodo. A tal ...

 

Incentivi per il rientro di ricercatori (articolo 44)

Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che tornano a svolgere la propria attività in Italia. Necessario il possesso di titolo di studio universitario o equiparato, il fatto di non essere occasionalmente ...

 

Indebita percezione di prestazioni sociali agevolate e altre disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 1 a 3)

Iniziative per contrastare con maggiore efficacia l'indebita percezione di prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate in relazione al diritto allo studio. Previsti scambi informativi fra Inps, ministero del lavoro. Agenzia delle entrate ed enti che erogano le prestazioni. Gli enti erogatori dovranno trasmettere all'Inps i ...

 

Interventi salva euro (articolo 17)

Il consiglio Ecofin di maggio scorso ha previsto un meccanismo di sostegno dell'area euro che prevede la costituzione di una speciale "società" (special purpose vehicle, Spv), della quale tutti gli Stati membri saranno azionisti e garantiranno eventuali emissioni di obbligazioni. La norma in esame autorizza l'Italia ha partecipare al ...

 

Lotta all'evasione (articolo 18)

Prevede la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario e contributivo. Tra gli altri compiti, spicca quello che potranno segnalare a Fisco, Guarda di Finanza e Inps eventuali irregolarità contributive e fiscali. Per quanto riguarda l'accesso alle banche dati del Fisco e alle dichiarazioni dei contribuenti, servirà ...

 

Micro-invalidità conseguenti a incidenti stradali (articolo 10-bis)

In arrivo nuove norme contro le false attestazioni - intese al riconoscimento del risarcimento del danno da parte delle imprese assicuratrici - relative a micro-invalidità conseguenti a incidenti stradali. La norma estende, a carico dei medici, per le ipotesi di false attestazioni suddette le sanzioni penali previste per i casi di false ...

 

Microevasione diffusa (articolo 28)

Per contrastare la microevasione diffusa sul territorio l'Agenzia delle entrate eseguirà controlli su quei soggetti che hanno percepito e non dichiarato redditi da lavoro dipendente e assimilati sui quali risultano versati contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute. Si punta anche a un maggior grado di ...

Mini-naia (articolo 55, commi da 5-bis a 5-sexies)

Si prospettano per i giovani stage di 3 settimane nelle Forze armate. Previsto un costo di 20 milioni. ...

Nuovi sistemi di pagamento della Pubblica amministrazione (articolo 4, commi da 1 a 4)

Spetterà a Via XX Settembre promuovere la realizzazione di un servizio nazionale per pagamenti su carte elettroniche istituzionali, inclusa la tessera sanitaria. L'obiettivo è favore una maggiore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da parte di enti e pubbliche amministrazioni a cittadini e utenti. A regime, il ...

Patto di stabilità interno e comune di Roma (articolo 14)

La norma prevede che il concorso alla Manovra per le autonomie locali è determinato in 6,3 miliardi per il 2011, di cui 4 miliardi a carico delle regioni a statuto ordinario. Più salato il conto 2012-2013, dove il "contributo" sale a 8,5 miliardi l'anno, che sarà determinato sentendo anche la conferenza Stato-Regioni. Il concorso di ...

Pedaggi autostradali (articolo 15)

Che saranno applicati su tutte le autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di Anas, a partire dal 1° luglio. Gli importi e le modalità di applicazione dovranno essere decise dal Governo entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Nel frattempo (ma fino al 31 dicembre 2010), Anas può applicare una ...

Pensioni e buonuscita (articolo 12)

Si modifica il regime delle decorrenze per il pensionamento di vecchiaia ordinario, prevedendo un nuovo regime per le decorrenze del pensionamento anticipato. Per i lavoratori dipendenti, si prevede il diritto alla decorrenza del trattamento decorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti previsti, mentre per gli autonomi, la soglia sale ...

 

Pensioni e buonuscita (articolo 12)

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 19:28.

Si modifica il regime delle decorrenze per il pensionamento di vecchiaia ordinario, prevedendo un nuovo regime per le decorrenze del pensionamento anticipato. Per i lavoratori dipendenti, si prevede il diritto alla decorrenza del trattamento decorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti previsti, mentre per gli autonomi, la soglia sale a 18 mesi. Si dettano, poi, norme per armonizzare queste norme con le decorrenze delle pensioni dei lavoratori che accedono alla totalizzazione dei periodi assicurativi e si specifica che, sui trattamenti derivanti da totalizzazione, le nuove norme si applichino ai soggetti che maturino il diritto al relativo trattamento a decorrere dal 1° gennaio 2011.

Nello specifico, si prevede che i predetti lavoratori accedano al pensionamento con le medesime decorrenze previste, nel sistema generale, per i lavoratori autonomi. Inoltre, si prevede che in caso di pensione ai superstiti, la pensione decorra dal primo giorno del mese successivo a quello di decesso del dante causa. In caso di pensione di inabilità, dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di pensione in regime di totalizzazione. Queste norme valgono per i lavoratori che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010. E' prevista una deroga, fino a un massimo di 10mila unità, per i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, di mobilità lunga ovvero percettori di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore. Vigilerà l'Inps. Eliminato, poi, il "refuso" che agganciava i 40 anni di contributi all'aspettativa di vita resta la norma sull'età per l'adeguamento che viene nuovamente fissata al 2015: l'aggiornamento triennale legato alle speranze di vita (riguarda anche gli assegni sociali) partirà dal 2015 e non più dal 2016. Le dipendenti pubbliche interessate al 2012 dall'innalzamento dell'età pensionabile sono 20mila- 25mila. Si salva chi ha maturato i requisiti di età e anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2009.

Novità anche sul fronte del Tfr. Se l'importo è inferiore ai 90mila euro, sarà erogato in un unico importo annuale. In due importi annuali, se la prestazione è compresa tra i 90mila e i 150mila euro, in 3 importi annuali, se si superano i 150mila euro. In tal caso, il primo e secondo importo sono pari a 90mila e 60mila e il terzo importo annuale sarà pari alla somma rimanente. La norma conferma la possibilità di posticipare la prima scadenza utile per il pagamento del primo importo annuale. Specifica importante. La nuova disciplina del Tfr non trova applicazione per le prestazioni derivanti da collocamento a riposo entro il 30 novembre 2010, a condizione che la cessazione dell'impiego avventa entro la stessa data.

 

 

 

Pesca marittima (articolo 54-bis)

Per armatori imbarcati su navi da pesca, ivi compresi i soci lavoratori di cooperative della piccola pesca, è previsto un trattamento di sostegno pari all'80% dei salari minimi garantiti in caso di sospensione dell'attività di pesca, per la crisi economica. ...

Quote latte (articolo 40-bis)

Arriva la proroga del versamento dei tributi per le multe delle quote latte. La misura, già approvata dalla commissione Bilancio, prevede la sospensione dei versamenti per altri sei mesi, dal 30 giugno al 31 dicembre 2010. ...

Razionalizzazione spese Pubblica amministrazione (articolo 8)

Si riduce dal 3% al 2% il limite delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso ad amministrazioni statali. Sono fatte salve le spese obbligatorie riconducibili al Codice dei beni culturali e quelle relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Bisognerà studiare con l'Agenzia del demanio tutte le ...

Redditometro (articolo 22)

Delega alle Entrate per riscrivere il "redditometro". L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato è inferiore del 20% rispetto a quello accertato in via sintetica dal "redditometro". (Attualmente scatta se inferiore del 25 per cento). ...

Regime fiscale di attrazione europea (articolo 41)

La norma riconosce alle imprese residenti in altro Stato membro dell'Unione europea che intendono svolgere in Italia una nuova attività economica la possibilità di scegliere la normativa fiscale statale applicabile fra quelle esistenti all'interno dell'Unione. Si prevede inoltre che a tale scopo le suddette imprese dovranno interpellare ...

Reti d'imprese (articolo 42)

L'agevolazione fiscale prevista dalla manovra per le reti d'imprese potra' essere fruita "nel limite complessivo di risorse pari a 20 milioni di euro per l'anno 2011 e di 14 milioni di euro di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 32" della manovra sulla ...

Riduzioni di spesa per Presidenza del Consiglio dei Ministri e Bankitalia (articolo 3)

Arrivano misure di contenimento delle spese ad hoc. La presidenza del consiglio dei ministri, sul bilancio 2010, dovrà raggiungere un risparmio non inferiore a 17 milioni attraverso una riduzione di posti negli organici dirigenziali. Un risparmio di ulteriori 3 milioni dovrà uscir fuori dalla "dieta" alle strutture di missione e non meno ...

Rifinanziamento del fondo infrastrutture (articolo 46)

Disciplina la revoca di mutui assunti dalla Cassa depositi e presiti con oneri interamente a carico dello Stato e interamente non erogati ai soggetti beneficiari. ...

Riscossione, accelerazione (articolo 29)

Processo di accelerazione della riscossione delle somme dovute in seguito ad accertamento dell'Agenzia delle entrate in materia di imposte sui redditi e di Iva. Riduzione dei tempi intercorrenti tra la notifica degli avvisi di accertamento e quelli di notifica della cartella di pagamento. La fase che precede l'esecuzione forzata, le ...

Riscossione Inps (articolo 30)

Dal 1° gennaio 2011 il recupero delle somme dovute all'Inps viene effettuata tramite un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. A pena di nullità l'avviso deve contenere il codice fiscale dell'interessato, il periodo di riferimento e la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale e sanzioni, ...

Riutilizzo impegni di spesa non utilizzati (articolo 1)

Si prevede il de-finanziamento delle autorizzazioni di spesa totalmente inutilizzate negli ultimi 3 anni. L'obiettivo è recuperare risorse da destinare al Fondo ammortamento titoli di Stato. ...

Scia, segnalazione certificata di inizio attività (articolo 49)

Maglie più strette per la "Scia", che in futuro sostituirà ogni genere di autorizzazione per avviare un'impresa, che avrà più paletti. Nel maxi-emendamento è infatti previsto che ogni autorizzazione sarà sostituita da una segnalazione dell'interessato ma "con la sola esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici ...

Servizi di linea (articolo 54-ter)

Si prevede che i servizi di linea di competenza statale non possano essere soggetti a obblighi di servizio, come, invece, previsto dalla normativa comunitaria in materia, e a fronte del loro esercizio, non venga erogata alcuna compensazione o altra forma di contribuzione pubblica. ...

Soppressione enti pubblici inutili (articolo 7)

Chiuderanno i battenti l'Ipsema, l'Ispesl (l'Inail prenderà le relative funzioni), l'Ipost (che confluirà in Inps) e l'Enam (riassorbito dall'Inpdap). Si prevede, poi, una riorganizzazione dell'ordinamento degli enti pubblici di previdenza e assistenza, con tagli, anche, al consiglio di indirizzo e vigilanza. Lo Ias, Istituto di affari ...

Spese dei ministeri, taglio del 10% (articolo 2)

Arriva, a partire dal 2011, una "sforbiciata" lineare del 10% alle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente, di ciascun ministero. Il ministero dell'Istruzione, per esempio, subirà un taglio, fino al 2013, di circa 310 milioni di euro, che peserà, per quasi la metà, sui fondi destinati all'istruzione scolastica. ...

Stock option ed emolumenti variabili (articolo 33)

Prevista una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option ed emolumenti variabili che eccedano il triplo degli emolumenti fissi della retribuzione. L'addizionale è prelevata dal sostituto d'imposta al momento della corresponsione dei compensi. La norma è stata varata in considerazione degli effetti distorsivi ...

Tracciabilità pagamenti (articolo 20)

Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, con possibilità di variazione in relazione alla media europea, il tetto alla tracciabilità del contante. Riscritte anche le sanzioni, prevedendo un inasprimento dei valori minimi e massimi riferibili alle infrazioni che superano i 50mila. Per le violazioni inferiori a questo importo, scatta ...

Zone a burocrazia zero al Sud (articolo 43)

Sono istituite zone a burocrazia zero nel Meridione per favorire nuove iniziative produttive. I provvedimenti amministrativi – esclusi quelli di natura tributaria – saranno adottati da un Commissario di Governo, che, se necessario, convoca apposite conferenze di servizi. Se entro 30 giorni dall'avvio del procedimento non viene emanato ...

 

 

 

 

 

2010-07-28

Sì della Camera alla fiducia sulla manovra. Ecco i nodi irrisolti

di Claudio TucciCronologia articolo28 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 18:56.

Sì della Camera alla fiducia alla manovra di Tremonti. I voti favorevoli sono stati 329, i contrari 275. Era presente al voto anche il premier, Silvio Berlusconi. Il decreto legge vale 25,068 miliardi, nel biennio 2011-2012 e, secondo i tecnici di Montecitorio, le entrate contribuiranno per circa 10,5 miliardi, mentre le minori spese per 14,5 miliardi. Domani è previsto il voto finale e poi rapidamente la pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale".

Resta però una scia di polemiche sulle questioni irrisolte. Fuori da Montecitorio, è in corso la protesta della Cgil contro la manovra, che viene bocciata su tutta la linea. In particolare, il sindacato di Corso d'Italia, a Roma, che ha portato in piazza un centinaio di lavoratori, ha contestato il ricorso al voto di fiducia, giudicato "un atto di debolezza e di arroganza del governo". Particolarmente dure le critiche sui provvedimenti che riguardano il sistema pensionistico, definiti "una vera e propria manomissione".

In mattinata, da registrare anche l'intervento del direttore delle Entrate, Attilio Befera, che aveva evidenziato come i provvedimenti di attuazione delle norme fiscali contenute nella manovra saranno emanati "a settembre". Un tempo ritenuto sufficiente, visto che, ha aggiunto Befera, che le norme fiscali "produrranno i previsti effetti di gettito dal 2011".

Tra i punti critici della manovra, c'è anche la norma troppo rigida nei confronti delle istituzioni culturali. Secondo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, la disposizione va cambiata, perché mette a rischio le attività espositive dei musei di Roma come Macro e Maxxi. La modifica, ha aggiunto Alemanno, non si potrà fare con la manovra perché blindata dalla fiducia. "Lo faremo dopo - ha detto - in collaborazione con il ministro dei Beni cultuarali Sandro Bondi". Federcultura intanto ha stimato una perdita per il settore, legata ai tagli della manovra, pari a circa 1,1 miliardi di euro e ha annunciato per settembre iniziative "eclatanti".

Guarda invece alla finanziaria d'autunno il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo per rimpinguare i fondi per i parchi nazionali, che passeranno dai 54 milioni del 2010 ai circa 30, nel 2011, per effetto del taglio del 50% previsto nella manovra per i contributi ordinari degli enti pubblici in cui rientrano anche gli enti parco. Trenta milioni di euro circa che, secondo il ministero dell'Ambiente, non basteranno comunque e servirà un'integrazione". Complicata è pure la partita con i diplomatici e i tagli previsti non sono stati mandati giù neppure governatori delle Regioni che domani torneranno a riunirsi per discutere della manovra. L'obiettivo sarebbe quello di approvare un nuovo documento in cui si evidenziano i problemi che la manovra comporta soprattutto per quanto riguarda il personale e i contratti.

Sul piede di guerra, pure, l'intero comparto della sicurezza, visto che il congelamento agli stipendi pubblici colpisce anche le forze di polizia e della difesa. Per lenire l'impatto sul personale pubblico impegnato nel settore, è stato approvato un ordine del giorno che, appoggiato dai ministri Maroni e La Russa, propone al governo di non considerare ai fini del tetto "le indennità operative delle Forze armate, l'indennità pensionabile delle Forze di polizia, l'assegno funzionale e l'omogeneizzazione retributiva, gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, le indennità per trasferimento, missione e presenza qualificata in servizio".

Rischia invece di creare problemi con l'Europa la querelle sulle quote latte. Bruxelles ha già mandato un avvertimento in merito alla norma che proroga a fine anno il pagamento delle multe. La Commissione chiede all'Italia rassicurazioni sul fatto che le norme non siano in contraddizione con la linea europea e con gli impegni presi dal governo italiano su un'applicazione rigorosa ed effettiva del sistema delle quote latte. La norma ha scatenato le proteste anche delle grandi organizzazioni agricole (Coldiretti, Confagricoltura e Cia) che ritengono ingiusto un "premio" a quelli che hanno definito i "furbetti" quando il Governo non ha concesso la proroga di alcune agevolazioni al settore.

 

 

 

2010-07-27

Montecitorio sforbicia gli stipendi dei parlamentari. Ecco come saranno tagliate le buste paga degli onorevoli

di Claudio TucciCronologia articolo27 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 12:33.

Cura dimagrante in arrivo per gli stipendi di deputati e dipendenti della Camera. Per gli "onorevoli" la sforbiciata sarà di mille euro netti al mese, mentre per gli impiegati la riduzione della busta paga avverrà in due modi. Il taglio sarà del 5% per le retribuzioni sopra i 90mila euro e salirà al 10% per quelle che superano i 150mila euro. Sempre per gli impiegati della Camera è prevista anche la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico degli stipendi.

La decisione, valida per il triennio 2011-2013, è arrivata stamane dall'ufficio di presidenza di Montecitorio, che ha voluto così adeguarsi, a stretto giro di posta, alle indicazioni contenute nella manovra economica. La palla passerà ora al Consiglio di presidenza del Senato, che dovrebbe comunicare nelle prossime ore scelte analoghe. Si tratta, spiegano dalla Camera, di "un doveroso senso di responsabilità", con cui si voluto, aggiungono, "partecipare allo sforzo complessivo cui è chiamato il Paese".

La soluzione prescelta è stata, di fatto, un compromesso tra le due versioni di tagli per gli onorevoli circolate nei giorni scorsi, che vedevano "oscillare" la forbice tra i 550 euro al mese, vale a dire il 10% dell'equivalente indennità, e i 2.127,19 euro lordi al mese, e cioè, il 10% relativo a tutte le voci che compongono la busta paga del parlamentare. Quest'ultima ipotesi era stata caldeggiata anche dal presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Con la scelta di oggi, invece, il taglio per i deputati inciderà per 500 euro sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e per i restanti 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati anche ai "portaborse". Intatta, invece, l'indennità parlamentare (che rappresenta, nel linguaggio comune, il vero e proprio "stipendio" del politico), pari a 5.486,58 euro. Salve anche le spese telefoniche (3.098,74 euro l'anno) e quelle di trasporto e viaggio. Per quest'ultima voce, per esempio, è previsto per il parlamentare un rimborso forfattario di 3.323,70 euro al trimestre, per gli spostamenti dall'aeroporto Fiumicino a Montecitorio, e vicecersa. Comunque nel complesso gli onorevoli deputati continueranno a prendere oltre 18mila euro. a i tagli ai "costi della politica" decisi da Montecitorio non sono finiti qui. La Camera si è impegnata, pure, a un risparmio, in tre anni, complessivamente pari a 60 milioni di euro e a un taglio delle proprie spese non vincolate. Il risparmio previsto di 60 milioni nel triennio 2011-2013, spiegano da Montecitorio, si aggiunge ai risparmi, stimabili in oltre 300 milioni, conseguiti dalla Camera in termini di riduzione della dinamica di crescita della dotazione nel quinquennio 2006-2010.

 

 

 

 

2010-07-26

Il Senatur propone che Irpef e Iva vadano nelle casse dei comuni. Poi il ministro Calderoli smentisce

Cronologia articolo26 luglio 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2010 alle ore 16:26.

Il Senatur Umberto Bossi propone che l'Irpef e l'Iva siano "girate nelle casse dei Comuni". "La situazione è difficile". Alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona) ieri sera il leader del Carroccio ha detto che "la Lega ha già portato a casa 15 miliardi per i Comuni, ma bisogna trovare l'accordo con Tremonti e vedrete che ce la farò. Potrebbero girare nelle casse dei nostri Comuni l'Irpef e anche l'Iva, anche se in questo caso la situazione è più difficile".

Tutto falso, dice il ministro per la Semplificazione normativa, Calderoli. "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle regioni. I tributi destinati ai comuni saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al parlamento".

Il federalismo, ha detto Bossi, è alle porte. "Questo - ha aggiunto - è l'obiettivo di questa estate: il federalismo fiscale, non vado nemmeno in ferie se non chiudo la partita e sapete che io sono un uomo di parola: piano piano porteremo a casa quello che si può. Tranquilli fratelli padani: il federalismo è alle porte".

Immediata la risposta del Pd. "Bossi vuole convincere Tremonti a girare nelle casse dei comuni l'Irpef e anche l'Iva? O Bossi ha preso in giro i comuni o, cosa molto più probabile, è stato lui a essere preso in giro da Tremonti". Boccia spiega che il leader del Carroccio "dovrebbe sapere che l'imposta che finanzierà il federalismo, secondo la legge delega approvata in parlamento, é l'Iva e che l'Irpef non si tocca perché é l'unica imposta redistributiva del nostro paese e resterà nelle mani dello stato centrale".

Tutto questo, spiega l'esponente democratico, è "scolpito nella legge delega sul federalismoed è la sintesi dell'accordo ottenuto proprio dal partito democratico, che non a caso dopo quella battaglia vinta si astenne. Ad oggi ai sindaci - conclude - è stato ritagliato il solo ruolo di esattori. Saranno loro infatti, se non cambiano le tesi di tremonti su comuni e regioni, ad aumentare le tasse dal 1° gennaio dall'anno prossimo". (N.Co.)

 

 

 

Tremonti annucia "prudenza" sul federalismo fiscale e dice che eliminare l'Irap "è difficile"

di Claudio TucciCronologia articolo21 luglio 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 16:30.

"Saremo prudenti. Non abbiamo la minima intenzione di rischiare nella realizzazione del federalismo fiscale". Lo ha assicurato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso dell'audizione in commissione bicamerale per il federalismo, nell'ambito dell'esame della relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali.

Tremonti ha ricordato che molti aspetti della finanza pubblica locale sono ancora da definire. "Fino ad oggi - ha detto - i bilanci non si parlavano. È difficile che sia affidabile un sistema contabile in cui esistono nomenclature diverse. Cerchiamo di uniformare i bilanci sulla base di conoscenze che dobbiamo acquisire, ma che ancora non abbiamo".

Il titolare del Tesoro ha ribadito come il pesante debito pubblico italiano non sia derivato dai governi locali, ma dalla centralizzazione della finanza pubblica. Del resto, ha ricordato il ministro, il federalismo fiscale potrà essere anche una "chance" per le regioni, così come per i comuni e le province.

Tremonti è tornato, poi, a criticare l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive e ha annunciato che il Governo "sta cercando di ragionare" sull'imposta, per cancellarla. Ma, per ora, sottolinea, "non è facile perchè è un tributo grande, che finanzia la sanità".

Parlando invece dell'imposta di prelievo unica comunale, il numero uno di Via XX Settembre ha evidenziato come sarà "un'opportunità" che i comuni potranno cogliere, "lasciando fuori la prima casa che é un bene costituzionale". Il punto, ha spiegato Tremonti, non è introdurre un'imposta in più, ma eliminare le 24 che attualmente ci sono. L'idea, ha detto, "ci sembra di grande interesse perché semplifica la vita della gente, significa una sola coda, un solo pagamento". In ogni caso, ha aggiunto, "sarà un'autonoma scelta che si farà comune per comune. Non sarà imposto con una norma scritta sulla Gazzetta ufficiale".

Una stoccata infine alla regioni, sulla spesa per l'invalidità, che, secondo il ministro, in cinque anni è passata da 6 a 16 miliardi. Le regioni hanno dimostrato "particolare umanità", ha sottolineato Tremonti, ma, ha subito aggiunto, "un conto è dare un assegno a chi ne ha bisogno, un conto è dare un assegno e poi girarlo a piè di lista a un altro".

 

 

 

2010-07-22

Scontro tra Tremonti ed enti locali. Il decreto sul federalismo blocca i fondi a comuni e province che non collaborano

di Nicoletta CottoneCronologia articolo22 luglio 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2010 alle ore 12:02.

È arrivato il primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto attuativo del federalismo fiscale sui fabbisogni standard di Comuni e Province. Il testo ora passerà all'esame della Conferenza Stato-Regioni e della commissione bicamerale per il federalismo fiscale per poi tornare dopo l'estate in Cdm per il via libera definitivo. Si tratta del secondo decreto legislativo della delega sul federalismo fiscale.

Il testo prevede il blocco ai fondi per i comuni e per le province che non collaborano all'attuazione del federalismo. La Sose (Società per gli studi di settore), infatti, potrà chiedere ai comuni e alle province di fornire, entro 60 giorni, tutti i dati necessari alla definizione dei fabbisogni standard. Chi non dovesse collaborare sarà "sanzionato con il blocco, sino all'adempimento dell'obbligo, dei trasferimenti a qualunque titolo erogati".

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha rassicurato sui tempi del decreto per l'autonomia fiscale degli enti locali che oggi hanno bocciato all'unanimità i tagli alla manovra: arriverà entro fine mese "nel rispetto dell'accordo firmato con i Comuni". Dunque non ci saranno slittamenti oltre la data prevista del 31 luglio. Anche se "non è facile" e sarà "da scrivere molto meglio". Il ministro ha anche annunciato che si sta studiando "la cedolare secca sugli affitti, pensiamo di dare un grande recupero di gettito ai comuni (si legga l'intervista doppia ai sindaci di Bergamo e Crotone)".

Per il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli in questo modo i trasferimenti dello Stato agli enti locali non avverranno più con il criterio della spesa storica. "Oggi si mette la parola fine al criterio della spesa storica. Si interrompe quel vizio del nostro Paese che aveva trasferito risorse non in base alle effettive esigenze ma sulla base della spesa storica, così chi più spendeva, e male, più riceveva. Questo ha determinato sperequazione nei trasferimenti che non ha una logica se non le motivazioni politiche dei vari governi".

Il problema, assicura Calderoli, "è stato affrontato in maniera molto seria: i fabbisogni standard sono costruiti interloquendo con Comuni e Province, e con la Sose spa per ricavare effettivamente gli indicatori di riferimento per la valutazione dell'azione pubblica". Un terzo delle funzioni con le relative risorse verranno trasferite nel 2011, un terzo nel 2012, e nel 2013 si completa l'operazione: "L'andata a regime avverrà entro tre anni". Intanto sul federalismo il presidente della conferenza delle regioni, Vasco Errani, è tornato a chiedere un percorso organico che coinvolga le autonomie. "Vogliamo aprire subito un confronto sul federalismo fiscale, vogliamo accelerare ma in un percorso trasparente con una discussione preventiva sui decreti attuativi". Le regioni chiedono di "partecipare alla discussione" anche di questo provvedimento che riguarda comuni e province "convinti che sia importante, ma deve entrare in modo coordinato nell'impianto generale". Per il governatore dell'Emilia Romagna, "la legge 42 prevede che la perequazione deve essere fatta dalle regioni che é fondamentale perché l'impianto sia sostenibile". Altrimenti, avverte, "il federalismo rischia di non reggere e non si possono fare errori su una partita così decisiva".

Le Regioni, ha detto il ministro dell'Economia, "scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo". Per Tremonti "l'atteggiamento allegro e sereno del presidente Errani dimostra che la realtà è un po' diversa da quella che si è voluta forzare. Noi con la municipale - ha aggiunto riferendosi alla futura imposta unica - stiamo con i campanili. Le Regioni sono un po' più lontane, scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo".

 

 

 

Per gli statali si cerca l'accordo

Davide ColomboCronologia articolo22 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2010 alle ore 08:07.

ROMA

Mercoledì prossimo, 28 luglio, si capirà se esistono le condizioni per raggiungere l'auspicata intesa tra governo e sindacati con cui affrontare la fase di blocco dei contratti dei dipendenti pubblici fino al 2012. L'appuntamento è stato fissato ieri dal commissario straordinario dell'Aran, Antonio Naddeo, al termine della presentazione del rapporto semestrale sulle retribuzioni nella Pa, occasione per fare il punto sulla più recente attività negoziale svolta dall'agenzia. Al centro della convocazione c'è il nodo del riordino dei comparti di contrattazione che, in applicazione della riforma Brunetta (l. 15 e dlgs 150/2009), dovranno passare dagli 11 attuali – cui si aggiungono altre aree minori di contrattazione e le otto aree dirigenziali – ai quattro nuovi, con sole quattro aree dirigenziali.

La razionalizzazione cui s'è lavorato nelle ultime settimane dovrebbe portare a due comparti per la Pa centrale, con i ministeri, le agenzie e gli enti da una parte (più, forse, l'università) e la scuola dall'altra, mentre gli altri due comparti per la Pa periferica raggrupperebbero da un lato le regioni con tutta la sanità e, dall'altro, di dipendenti di comuni e province.

"Spero nella massima convergenza di tutte le forze sindacali, perché è un momento non solo difficile ma anche estremamente importante per il paese" ha detto il ministro della Pa e l'innovazione, Renato Brunetta, che ieri ha anche riconosciuto il lavoro svolto dall'Aran: 30 contratti nazionali rinnovati sui 58 previsti per il quadriennio 2006-2009, con incrementi stipendiali per i 187.436 dipendenti coinvolti che variano tra il 4,85% (biennio 2006-2007) al 3,2% (biennio 2008-2009); in linea con l'inflazione. In questi ultimi rinnovi sono state già seguite le linee guida indicate dalla riforma, con la valorizzazione delle retribuzioni collegate al risultato, il rafforzamento della responsabilità dirigenziale e la responsabilità discitplinare. Antonio Naddeo ha chiarito che il blocco della contrattazione nazionale non farà decadere i contratti integrativi in essere: le amministrazioni, a risorse date, potranno aggiornarli rispettando però i nuovi paletti della riforma, pena nullità. L'accordo cui punta il ministro, oltre ai quattro comparti di contrattazione, dovrebbe poi accendere il disco verde ai rinnovi delle rappresentanze sindacali unitarie (rsu). Certo, ha riconosciuto Brunetta, "se avessimo avuto a disposizione i 6,5 miliardi bloccati dalla manovra correttiva per il triennio il quadro sarebbe stato diverso, ma comunque ci sarebbe stato bisogno di un accordo quadro per la gestione della transizione". Insomma per palazzo Vidoni non ci sarà nessuna "vacanza sindacale" per i tre milioni e 600mila dipendenti pubblici, una massa salariale di 170 miliardi annui, più o meno il 12% del Pil. E quando, nel 2012, si riaprirà la trattativa per il primo rinnovo del contratto triennale si sarà anche chiuso il disallineamento tra le retribuzioni di fatto della Pa e quelle del settore privato: "Un assurdo economico – ha detto Brunetta – che ha consentito per oltre 15 anni una crescita salariale maggiore proprio nel settore più protetto dai rischi del mercato", considerazioni che sono state criticate dalla Cgil ma anche da Cisl e Ugl. La prima rivendica i rinnovi contrattuali, la seconda invita Brunetta a non fare la media del pollo e a non giustificare il blocco come un provvedimento di giustizia sociale, mentre per l'Ugl "non si può dire che il congelamento dei salari pubblici serve a equiparare i loro stipendi con quelli del settore privato".

 

 

 

Dopo gli stress test, mercato e analisti promuovono due banche italiane su cinque

di Vito LopsCronologia articolo26 luglio 2010Commenti (3)

Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2010 alle ore 15:26.

Sono state tutte promosse le cinque banche italiane sottoposte agli stress test europei. Questo il verdetto del Cebs, il Comitato di supervisione sulle banche europee, di venerdì scorso. La lente di ingrandimento dei mercati finanziari, però, ha emesso un altro verdetto: gli istituti promossi a pieni voti sono soltanto due, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare mentre Unicredit, Banca Mps e Ubi Banca hanno sì superato l'esame, ma non convinto del tutto gli analisti e, a ruota, i mercati finanziari. Non a caso, i titoli che oggi, lunedì, in una giornata contrastata sui mercati, hanno viaggiato sin dall'apertura in netto rialzo sono Intesa Sanpaolo e Banco Popolare che hanno poi chiuso con un balzo superiore al 4 per cento. Mentre Unicredit (+0,37%) e Ubi Banca (+0,56%) hanno mostrato un andamento più incerto. Come Banca Mps che ha accelerato nel finale (+1,72%) dopo un cammino altalenante.

L'effetto stress test - mentre è emerso che sei banche tedesche hanno omesso di pubblicare i dati completi sull'esposizione in debiti sovrani - ha messo al lavoro anche molti analisti finanziari che in mattinata hanno pubblicato una serie di report e indicazioni sugli istituti di credito italiani. Lavoro che è seguito alla pubblicazione della classifica delle banche italiane agli stress test, da cui è emerso che sono differentemente attrezzate a livello patrimoniale per reagire ai crush test ipotizzati dal Cebs che ha dipinto uno scenario avverso che comprende una contrazione del Pil Ue del 3% rispetto alle attuali stime della Bce, una caduta del 20% delle Borse nel 2010 e nel 2011, considerando anche l'ipotesi aggiuntiva di rischio sovrano.

Intesa Sanpaolo. Onda d'urto che Intesa Sanpaolo respingerebbe chiudendo, secondo le anlisi del Cebs, il 2011 con un Tier 1 (rapporto tra capitali propri e attività totali) pari all'8,2%, il valore più alto tra le banche italiane analizzate. Grazie a questi risultati gli analisti di Chevreux hanno inserito Intesa Sanpaolo nella sua "European selected list". Alla base dell'upgrade c'è la considerazione che la banca sarebbe in grado di essere profittevole e distribuire dividendi in un contesto negativo.

Promossa anche Banco popolare che riporterebbe in uno scenario avverso un Tier 1 del 7%, ampiamente al di sopra della soglia del 6% fissata dal Cebs per il superamento dei test. Dopo questo risultato, sembrano allontanarsi i timori circa la necessità per il gruppo di ricorrere ad un aumento di capitale (l'anno scorso il gruppo ha sottoscritto 1,45 miliardi di euro in bond ibridi). Banco Popolare non dovrebbe quindi ricorrere a un aumento di capitale. Secondo quanto dichiarato dal suo amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti che ha rilasciato sabato un'intervista al Sole 24 Ore, ha intenzione di vendere alcuni asset non strategici nella seconda parte dell'anno, per sostenere il capital ratio. Oggi, lunedì, gli analisti di Intermonte hanno alzato il rating dell'istituto da neutral ad outperform, fissando il target price a 5,5 euro per azione (rispetto agli attuali 4,72 euro).

UniCredit. Il Tier 1 dell'istituto guidato da Alessando Profumo, nello scenario pessimista ipotizzato dal Cebs, si attesterebbe su un solido 7,2 per cento. Il dato, però, non è bastato per dare nuova linfa al titolo in Borsa. Secondo gli analisti di Websim il giudizio è neutrale con target price a 2,25 euro (rispetto agli attuali 2,02).

Ubi banca. All'indomani (finanziario) della pubblicazione degli stress test il titolo Ubi banca è il più penalizzato fra gli istituti italiani coinvolti nella maxi-valutazione europea con un ribasso superiore all'1 per cento. L'istituto - che l'anno scorso ha sottoscritto un 1,9 miliardi di euro in bond ibridi - non sta prendendo in considerazione un aumento di capitale e continuerà a distribuire dividendi, secondo quanto comunicato dall'amministratore delegato Victor Massiah. Ma l'impatto degli stress test, da cui è emerso un Tier 1 al 6,8% in caso di scenario avverso, non è piaciuto agli analisti. "È stato superiore al previsto a causa di un maggiore costo del credito. Anche le perdite previste sul trading book sono state ben superiori - spiegano gli analisti di Equita -. Sul risultato degli stress test ha inciso negativamente anche la minor base di partenza del trading income che nel 2009 aveva contribuito per solo il 7% al risultato operativo rispetto al 15% della media di settore. In ogni caso, anche se il risultato dello stress test è deludente, la posizione di capitale di Ubi è ben sopra il livello di guardia", concludono gli analisti, che per il 2010 stimano un Core Tier 1 all'8% circa.

Banca Mps. Anche l'istituto senese non ha superato a pieni voti l'esame europeo. Secondo i criteri di valutazione utilizzati dal Cebs il Tier 1 si attesterebbe al 6,2% nell'ipotesi pessimistica paventata dall'organismo di regolamentazione europeo. Tuttavia, dai nuovi test elaborati da Breakingviews Reuters, più restrittivi (secondo cui fallirebbero il test 23 banche rispetto alle 7 riscontrate dal Cebs) - il Tier 1 di Banca Mps scivolerebbe al 5% e l'istituto avrebbe bisogno di un'iniezione di capitale di 1,2 miliardi di euro.Tuttavia, Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps, oggi, lunedì, corso della conferenza stampa di presentazione del bilancio di missione 2009. ha smentito le voci di chi riteneva necessario un aumento di capitale sottolinenado che gli stress test hanno fornito un "ottimo" risultato per l'istituto.

Banco popolare.

 

 

 

Irap nel mirino di Tremonti

Eugenio BrunoCronologia articolo22 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2010 alle ore 08:04.

ROMA

Le strade del federalismo e dell'Irap s'incroceranno presto. Lo dice la legge delega ma ora lo conferma anche Giulio Tremonti. Dinanzi alla bicamerale che deve esaminare i decreti attuativi il ministro dell'Economia ha ammesso che si sta ragionando sulla sorte dell'imposta pur ammettendo che sarà "difficile toglierla".

È un Tremonti rilassato e disponibile al confronto, per ammissione della stessa opposizione, quello che si è presentato ieri pomeriggio dinanzi alla commissione guidata da Enrico La Loggia (Pdl). Pronto a rispondere alle 10 domande preparate dal Pd. Nel farlo il ministro è tornato più volte sui contenuti della relazione sul federalismo depositata il 30 giugno. Ad esempio nel ricordare che il sistema italiano è un "albero storto", precisando però che nel documento non c'è scritto "che il debito pubblico è stato causato dai governi locali" bensì che "è stato causato dalla centralizzazione di tutta la finanza italiana in uno solo posto".

Proprio le autonomie hanno rappresentato il cuore del suo intervento. A cominciare dalle regioni. Per le quali "si troverà la quadra", ha garantito, quando ci si siederà allo stesso tavolo per parlare del decreto sulla finanza regionale atteso a settembre. In quella sede ci si interrogherà sulle sorti dell'Irap: "Se butti giù una trave sulla strada non è colpa di chi non va avanti ma di chi ha messo la trave. Ci ragioniamo ma l'Irap è difficile da togliere perché è un grande tributo e un grande errore". Altro tema caldo la "municipale" sugli immobili data in arrivo entro luglio. Che non sarà una patrimoniale sulla prima casa perché "è un bene costituzionale" e arriverà in due fasi: nella prima i comuni si vedranno attribuire i gettiti sui tributi immobiliari oggi in capo allo stato; nella seconda potranno accorpare in un'unica imposta almeno 17 tra tributi e tariffe se non tutte e 24 le forme di prelievo. Con una grande semplificazione per i cittadini che "faranno una sola fila e un solo versamento".

Qualche ora prima il ministro era sembrato più teso durante l'audizione mattutina dinanzi alla commissione Bilancio della Camera. Sui conti pubblici Tremonti ha escluso che sarà necessario intervenire con un'altra manovra correttiva. Nel 2010 l'economia "andrà meglio del previsto, considerando l'andamento dell'export e degli altri indicatori". È la risposta al possibile scostamento ipotizzato dal servizio del bilancio della Camera (0,1% del Pil, con la possibilità che lo scarto sia ancor maggiore se l'andamento dell'economia non sarà in linea con le previsioni governative). "Una stima che è nel margine possibile di errore, ma ben altri numeri si sono visti e questo francamente è molto marginale", osserva Tremonti. "Mi dispiace per chi lo spera, ma non credo ci sarà il crollo del paese in autunno". Tremonti difende l'impianto della manovra, che "per la prima volta tocca i privilegi di alcuni papaveri. Nel complesso, l'Italia ha accettato la manovra con altissimo senso di responsabilità e serietà". Il testo approvato dal Senato è blindato, e si va anche alla Camera verso un nuovo voto di fiducia: "La fiducia dà fiducia", ripete il ministro. Il Parlamento ha svolto un buon lavoro e la manovra "esce meglio di come è entrata". La scelta di operare soprattutto nel taglio della spesa è stata per molti versi obbligata: "Alzare le tasse sarebbe stato un suicidio". In replica allo sciopero di due giorni fa dei medici, Tremonti (e successivamente il ministro della Salute, Ferruccio Fazio) nega che in manovra il blocco del turn over sia esteso anche alla sanità. Quanto infine alla norma che modifica la legge fallimentare, è una misura "che non va a vantaggio dei bancarottieri ma dei lavoratori". Le tesi esposte dal ministro non convincono l'opposizione. "Tremonti - osserva il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - dovrebbe essere più cauto, considerato che sulle previsioni sbaglia spesso. Non lo so a quali papaveri alluda. Quelli che conosco io sono i grandi ricchi in termini di capitali, patrimonio e redditi. Questi non pagano un euro". La manovra - aggiunge il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani - è "iniqua perché i costi del risanamento sono solo a carico di una parte del paese, quello più debole e questo mette la coesione sociale a rischio".

 

 

 

 

Stallo allo sviluppo economico. Bloccati i pagamenti degli aiuti alle imprese

Carmine FotinaCronologia articolo22 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2010 alle ore 08:04.

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Abolire o riformare gli aiuti alle imprese? Il dibattito tra i superesperti di politica industriale non passa mai di moda ma non appassiona più di tanto chi, dopo averli ottenuti sulla carta, non ha ancora ricevuto un soldo.

Fioccano lettere ed e-mail di protesta di aziende che sollecitano il ministero dello Sviluppo per sbloccare pagamenti e avviare strumenti per ora solo annunciati. Lo stallo di un dicastero che ha perso il titolare da oltre due mesi (le dimissioni di Scajola risalgono ormai al 4 maggio) ha esasperato una difficoltà già esplosa con gli scontri interni tra la direzione incentivi e le altre strutture tecniche del dicastero.

La lettera inviata da oltre 140 imprese a Berlusconi, premier e ministro ad interim, sui ritardi del programma Industria 2015 (si veda Il Sole 24 Ore del 17 luglio) è solo una goccia nell'oceano. Il vecchio armamentario delle agevolazioni destinate prevalentemente al Sud – legge 488, patti territoriali, contratti d'area – è finito da tempo nel cassetto e non vengono emanati nuovi bandi. Scelta saggia si dirà vista l'opacità di quegli strumenti e l'inefficacia dei risultati, se non fosse che il nuovo arsenale per ora esiste solo su carta, burocraticamente congelato negli uffici ministeriali.

Era il 5 gennaio quando l'allora ministro Scajola lanciava i nuovi "contratti di innovazione" che avrebbero "attivato investimenti per due miliardi". Perso il ministro, il nuovo meccanismo di aiuto non è mai decollato. Idem per i contratti di sviluppo, presentati nel 2009 (con la legge sviluppo) come rivoluzione dell'ormai desueta contrattazione di programma ma ancora in attesa del decreto attuativo.

Non che per i vecchi contratti di programma le cose vadano meglio. Anzi. La Svimez calcola che i 95 contratti approvati nel periodo 2000-2006 hanno visto, al 31 dicembre scorso, erogazioni per 1.164 milioni su un contributo pubblico complessivo di 3.758 milioni. Nell'arco del 2009 sono stati sbloccati in tutto solo 74 milioni. Una ventina di contratti, già finanziati con oltre 500 milioni, sarebbero giacenti.

 

Nel 2008 la disciplina è cambiata – con estensione dei contratti di programma a tutto il territorio nazionale – ma è come se non fosse mai avvenuto: lo scorso 6 luglio, ha comunicato Invitalia, l'agenzia che gestisce le procedure, "a seguito della carenza di disponibilità di risorse finanziarie il ministero dello Sviluppo economico" ha sospeso le domande per contratti in Abruzzo, Molise e regioni del Centro-nord. Bilancio magro anche per i contratti di localizzazione, strumento ancora limitato al Mezzogiorno, finalizzato ad attrarre investimenti dall'estero. Nel 2009 sono state bloccate nuove deliberazioni mentre degli 11 contratti attivati dal 2003, su agevolazioni per 216 milioni, si registrano erogazioni per meno di un terzo: 68 milioni.

Languono i numeri ma non se la passano bene nemmeno le idee. Perché la riforma complessiva del sistema incentivi, prevista dalla legge sviluppo 2009, è stata rinviata a data da destinarsi. Bozze differenti, maturate all'interno dello stesso ministero, sono state rispedite al mittente dal Tesoro che, con la poltrona di Scajola vacante, ha preferito soprassedere e studiare daccapo il dossier.

Ma non è tutto. Le "zone franche urbane" coniate dall'ex ministro di via Veneto sono diventate "zone a burocrazia zero" e hanno smarrito la parte considerata dai comuni più efficace per attrarre nuove imprese, cioè le esenzioni fiscali.

Intanto la manovra si è proiettata in avanti introducendo una prima forma di fiscalità di vantaggio in vista del federalismo fiscale. Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia potranno modificare le aliquote Irap, ma dovranno sopportare il calo di gettito che ne deriverà. Impossibile però non chiedersi, visti i tagli imposti dalla manovra e l'esplosione del deficit sanitario in alcune di queste regioni, se davvero i governatori oseranno abolire l'imposta.

 

 

 

 

 

"Nessuno caccerà gli sfollati. Ma gli albergatori hanno bisogno di risorse finanziarie certe"

di Stefano NatoliCronologia articolo21 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 19:35.

"L'albergatore di Alba Adriatica ha ragione a lamentarsi, ma gli aquilani possono stare tranquilli: nessuno li caccerà dagli alberghi, nessuno li inviterà a lasciare le camere, né tantomeno li obbligherà a farlo entro la fine di questa settimana". Getta acqua sul fuoco delle polemiche il presidente di Federalberghi Abruzzo, Gianmarco Giovannelli, in merito alla vicenda di un imprenditore alberghiero che - assicurando di parlare anche a nome di molti altri suoi colleghi – ha raccontato di essere a rischio fallimento e di essere costretto a mandar via dal suo albergo gli sfollati del terremoto dell'Aquila.

"L'oggetto dell'appello, però, è giusto", precisa Giovannelli, "gli imprenditori sono allo stremo. Hanno bisogno di risorse finanziarie certe per poter andare avanti ed onorare l'impegno preso all'indomani del terremoto". Il presidente di Federalberghi si dice "fiducioso" circa l'incontro di venerdì prossimo a Roma fra il presidente della Regione, Gianni Chiodi e il ministro dell'economia, Giulio Tremonti: "Siamo certi che il governatore e il ministro non deluderanno le nostre aspettative. L'importante è che si arrivi in tempi brevi a restringere i tempi di pagamento per dare alle imprese risorse finanziarie certe".

Sono 3.000, attualmente, gli aquilani che vivono in albergo dal giorno del sisma: 2000 in provincia dell'Aquila, 700 in provincia di Teramo, i restanti nelle province di Pescara e Chieti.

I costi del terremoto. Il portale "Il capoluogo.com" ha nel frattempo resi noti oggi i costi del terremoto che il 6 aprile dell'anno scorso ha provocato 308 morti, 1.600 feriti e circa 65.000 sfollati. I fondi stanziati ammontano complessivamente a circa 6,8 miliardi di euro: il grosso - 6,13 miliardi – è stato messo a disposizione nel 2009, la parte restante - 750 milioni di euro – è stata stanziata quest'anno. I dati emergono dal rendiconto generale che la Protezione civile ha inviato all'Unione europea per specificare come sono stati spesi i 493 milioni di euro (7,2% dei fondi totali) erogati dalla Ue - lo stanziamento più alto mai effettuato nell'ambito del Fondo di solidarietà europeo - quale contributo per far fronte alla gravità dei danni provocati dal terremoto. Oltre 1,7 miliardi di euro sono stati spesi solo per affrontare l'immediato post-sisma : un miliardo e cento milioni per le abitazioni temporanee dei terremotati rimasti senza casa e 608 milioni per l'emergenza ripartiti fra Regione Abruzzo (180 milioni), Comuni (169,9), Protezione civile (128,9), amministrazione centrale e Forze armate (127) e organizzazioni di volontariato (2,7 milioni). I 608 milioni sono stati impiegati principalmente per assistenza alla popolazione (412,9 milioni) per il personale (76,6 milioni) e per la rimozione di situazioni di pericolo (56,8 milioni). Dei 412 milioni utilizzati per l'assistenza alla popolazione, oltre 180 milioni (43,74%) sono finiti nelle casse degli alberghi.

 

 

 

 

 

2010-07-20

Tremonti sull'economia Ue: "Non siamo sul Titanic, ma il biglietto di prima classe non basta"

Cronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 13:41.

"Non siamo il Titanic, ma nessuno si illuda avendo il biglietto di prima classe ed essendo magari sceso per giocare sul ponte della seconda classe, di restare tra i passeggeri di prima classe". Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nel corso di una lezione su "La crisi economica e l'Europa" all'Università di Friburgo, torna a parlare della situazione dell'economia continentale - sulla quale la crisi ha inciso in maniera pesante - e lo fa utilizzando una battuta ormai celebre. Il ministro ha parlato inltre dell'illusione che la crisi di un paese possa essere aggirata o limitata senza adeguati sforzi e un approccio coordinato in chiave europea, ricordando che nessuna economia, nemmeno la più avanzata, può vivere di rendita nel contesto attuale. "Il dovere politico di rigore sui bilanci pubblici deve essere totale e maggiore, per tutti gli stati e in tutti gli stati, ma è falsa l'illusione - ha precisato Tremonti - che i costi generati dalla crisi in un paese possano essere limitati a quel paese". Secondo il ministro, la crisi non è terminata, ha solo mutato la sua forma ed è passata dal privato al pubblico: "Negli ultimi 15-20 anni la finanza ha cessato di essere solo un mezzo strumentale dell'economia reale ed è diventata qualcosa di indipendente, di superiore e non un mezzo ma essa stessa un fine". Tremonti ha concluso con un'altra battuta: "A me sembra di essere come dentro un videogame: arriva un mostro, lo marchi, ti rilassi; arriva un secondo mostro, più grande del primo".

 

 

I professori universitari continueranno ad andare in pensione a 70 anni

di Claudio TucciCronologia articolo20 luglio 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 16:28.

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Nessun pensionamento "accelerato" per i professori universitari, mentre diventa obbligatoria per chi vuole diventare ricercatore la conoscenza della lingua inglese. Sono alcune delle novità, anticipate dal Sole24ore.com, del pacchetto di emendamenti che in serata (il termine scade alle ore 19) il relatore Giuseppe Valditara (Pdl) presenterà al ddl università, contestato ieri a Padova, che giovedì inizierà l'esame in aula al Senato, per il via libera definitivo, che dovrebbe arrivare martedì o mercoledì della prossima settimana.

In tutto una decina di modifiche, che hanno ricevuto l'ok da parte del Governo, che mirano, soprattutto, a semplificare ulteriormente alcuni adempimenti amministrativi degli atenei, dalle chiamate dei docenti, alla maggiore flessibilità sull'organizzazione del lavoro interno. Quest'ultima possibilità, però, sottolinea Valditara, viene limitata ai soli atenei virtuosi e servirà, comunque, il via libera di Viale Trastevere.

L'attesa era tutta su un eventuale "emendamento" che anticipasse a 65 anni l'età di pensionamento dei "baroni", così come richiesto, tra l'altro, qualche giorno fa, dallo stesso ministro Gelmini. Fumata nera. La richiesta di modifica non è entrata nel pacchetto Valditara, con la conseguenza, quindi, che rimane a 70 anni il limite massimo d'età per i docenti per lasciare la cattedra.

Tra gli altri emendamenti che saranno presentati dal relatore, spicca quello che impone agli atenei di accantonare le risorse per i ricercatori a contratto. Questi soldi, ha spiegato Valditara, serviranno per garantire il secondo rinnovo dei contratti triennali. Valditara ha evidenziato anche di aver "strappato" al ministro Gelmini l'impegno a rimpinguare il fondo ordinario di funzionamento degli atenei (che il prossimo anno subirà una sforbiciata di 1,3 miliardi) e, soprattutto, la possibilità di recuperare gli scatti d'anzianità per docenti e ricercatori, bloccati dalla manovra di Tremonti fino al 2013. Il costo di quest'ultima operazione è di circa 300 milioni, nel triennio, 36, per il 2011, 101, per il 2012 e 162, per il 2013, che, secondo Valditara, potrebbero essere recuperati dall'aumento dell'accise sui tabacchi.

 

 

 

 

Un fondo perequativo per i comuni

Eugenio BrunoCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 08:02.

ROMA - Due decreti subito per chiudere la partita con i comuni entro luglio e i restanti tre a settembre per esaminare il fascicolo delle regioni nella sua interezza. È la tabella di marcia sul federalismo fiscale messa a punto dal governo. Che prenderà il via giovedì, quando il consiglio dei ministri darà il via libera preliminare al dlgs sui fabbisogni standard degli enti locali, e proseguirà la settimana prossima con il varo del provvedimento sull'autonomia tributaria dei sindaci. Dove, accanto all'imposta "municipale" sugli immobili e alla cedolare secca al 23%, dovrebbe trovare spazio anche la perequazione dalle città ricche a quelle povere affidata a una "cassa" stato-Anci.

 

Dunque si comincerà con mettere i paletti alla spesa di sindaci e presidenti di provincia. Fissare i fabbisogni standard significa individuare la quantità efficace ed efficiente dei servizi da erogare ai cittadini nelle funzioni che la legge 42 considera "fondamentali" per i comuni (amministrazione, polizia locale, istruzione pubblica, viabilità e trasporti, territorio e ambiente, servizi sociali) e le province (amministrazione, istruzione pubblica, trasporti, territorio, tutela ambientale, sviluppo economico). Gli standard individuati con il meccanismo descritto nell'articolo qui accanto andranno poi finanziati e perequati al 100 per cento.

Con quali risorse? Con i tributi propri dei singoli enti e un fondo perequativo ad hoc. E qui entra in gioco il decreto sull'autonomia fiscale atteso entro la fine del mese o al massimo per i primi giorni di agosto. Ai comuni andranno tutti i tributi immobiliari. In due tempi. All'inizio i sindaci si vedranno attribuire i 15 miliardi di gettito dell'Irpef sugli immobili e delle imposte ipotecaria, catastale, di registro e di successione, che si sommeranno ai 10 attualmente incassati con l'Ici sulla seconda casa. In un secondo momento i primi cittadini potranno accorpare tutte le forme d'imposizione in un un'unica tassa nella quale far confluire tutti gli altri "balzelli" già oggi comunali (dalla Tarsu alla Tia fino alla tassa di occupazione suolo pubblico)

Il fine esplicito è quello di semplificare la vita ai contribuenti che al posto di 24 forme d'imposizione tra tributi, addizionali e compartecipazioni potranno trovarsene davanti una sola. Da versare a un unico referente: i comuni appunto. Che in questa seconda fase si vedranno recapitare anche gli introiti della cedolare secca sugli affitti al 23 per cento. Dove non basteranno i tributi propri interverrà la perequazione. In una misura che si presume meno ampia man mano che l'autonomia tributaria darà i suoi frutti. Il meccanismo dovrebbe essere quello auspicato dall'associazione dei sindaci. Poiché il gettito dei tributi immobiliari risulta molto diverso lungo lo Stivale un fondo stato-Anci si preoccuperà di riequilibrare le entrate fiscali tra le città più "ricche" e quelle "povere". In modo da livellare i gettiti e garantire la copertura integrale dei fabbisogni standard su tutto il territorio.

I primi cittadini dovrebbero poter contare su un altro strumento per reperire fondi aggiuntivi: l'emersione degli immobili fantasma. Proseguendo la strada già avviata con la manovra i comuni potranno accedere agli elenchi e alle mappe delle case sconosciute al fisco. Non si partirà da zero visto che l'Agenzia del territorio ha già censito 2 milioni di particelle non dichiarate. A quel punto le stesse amministrazioni municipali potranno mandare l'avviso di accertamento ai presunti proprietari e costringerli ad emergere dal nero. Riservandosi il diritto di scegliere se regolarizzare o meno le abitazioni fantasma magari approvando una variabile al piano regolatore. Un'ipotesi questa che non piace al presidente dell'Anci Sergio Chiamparino (si veda il Sole 24 ore di ieri).

Chiusa la partita municipale l'esecutivo potrà dedicarsi all'avvio di quella regionale. A differenza di quanto dichiarato giovedì scorso dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli il decreto con il percorso per l'approdo ai costi standard dovrebbe slittare a settembre quando si discuterà anche di autonomia finanziaria delle regioni (oltre che delle delle province). In modo da sedersi al tavolo con i governatori una volta sola.

eugenio.bruno@ilsole24ore.com

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I PARAMETRI Gli elementi che fanno la differenza tra un comune "ricco" e uno "povero" dal punto di vista della fiscalità immobiliare

1)Affitti - valori: una quota importante della fiscalità immobiliare è data dall'Irpef generata dagli affitti. Nelle grandi città (soprattutto a Roma e in quelle del Nord) un'unità immobiliare può produrre un'Irpef più che doppia rispetto a un piccolo centro, specie del Mezzogiorno. Queste differenze rimarrebbero anche con l'introduzione dela cedolare secca

2)Affitti - volumi: importante è anche la percentuale di case affittate (con contratto regolare). Questo fattore, insieme alla presenza di evasione, determinerà anche gli effetti della cedolare secca. La condizione migliore si incontra nei comuni con minor tasso di evasione

3)Seconde case: le seconde abitazioni (che pagano l'Ici, oltre all'Irpef) sono un ottimo acceleratore per il fisco immobiliare, anche perché gli affitti brevi raggiungono in media valori più elevati (anche se discontinui). Favoriti in questo senso i comuni turistici

4)Mercato delle compravendite: la ricchezza fiscale cresce con il numero di compravendite effettuate nel territorio comunale. Meno rilevante, da questo punto di vista, sono i livelli di mercato, perché le imposte vengono pagate sui valori catastali. Anche questo fattore aiuta le grandi città

5)Rendite catastali: il loro livello determina il valore dell'Ici e quello dell'imposta di registro pagata sulle compravendite. Favorite le città dove i valori sono più aggiornati

6)Il patrimonio immobiliare: il rapporto fra popolazione e unità immobiliari è un elemento più costante, ma comunque fondamentale. Avvantaggia i comuni con un numero di unità immobiliari più alto in proporzione agli abitanti

 

 

 

Mezzogiorno senza risposte

Roberto TurnoCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 08:02.

La manovra non dà risposte al sud e il federalismo fiscale sarà il banco di prova delle reali volontà politiche del governo sul rilancio del mezzogiorno. "È lì, col federalismo, che si gioca la partita decisiva". Michele Iorio, governatore del piccolo Molise in quota Pdl e vice presidente della conferenza delle regioni, accoglie con favore le più recenti aperture del governo alle regioni. Ma mette in guardia: la manovra va cambiata, e a fondo.

Presidente Iorio, il governo rilancia il tavolo con le regioni dopo la manovra. È d'accordo?

È quello che le regioni hanno sempre chiesto. Spero che l'obiettivo del governo sia cambiare la manovra nella sostanza.

Però le porte sono chiuse: i saldi non si toccano...

Così com'è la manovra è insostenibile perché, se non corretta, renderà ingestibili le deleghe di nostra competenza. In Molise, ad esempio, diventerebbe ingestibile il trasporto pubblico locale dei treni. Bisogna che il governo ci metta mano, altrimenti non potremo neppure reperire finanziamenti autonomi della regione.

Si pensa di premiare le regioni virtuose. Teme per il sud?

Se per virtuosità intendiamo lo stato economico degli enti, è evidente che per il sud sarebbe penalizzante. Se invece per comportamenti virtuosi intendiamo gli impegni che si stanno assumendo in questa fase in molte regioni del sud, allora credo che si possano trovare soluzioni concordate. "Virtuosità" vuole dire anche riequilibrare nord e sud.

Sembra un rilancio: la manovra non basta al sud?

In questa fase non c'è alcun provvedimento in questa direzione. Io conto che il governo ponga la questione del mezzogiorno all'interno delle decisioni che si prenderanno sul federalismo fiscale. È lì che si gioca la partita. Oggi non conosciamo i provvedimenti che saranno assunti. Ma io credo che il federalismo fiscale possa essere una opportunità per il sud se lo si realizza in tutte le parti: virtuosità, spesa sui modelli standard, ma anche riequilibrio e solidarietà. A quel punto vedremo, anche con altre iniziative annunciate come il tavolo di Fitto sui fondi non utilizzati e da utilizzare. Iniziative apprezzabili, certo. Ma ad oggi, ripeto, si ha la sensazione che i provvedimenti adottati non tengono conto dei problemi del mezzogiorno.

Sulla sanità, intanto, dopo le promesse avete incassato risultati?

Finora no. Siamo in attesa di decisioni. Che ormai però sono indispensabili perché tra risanamento della sanità e patto di stabilità, siamo arrivati a un incrocio micidiale. E guardi che la sanità sta diventando un problema serio anche al nord.

La sua regione intanto rischia le super addizionali. Spera di riuscire a evitarle?

Certo, e lo abbiamo chiesto da subito. Non credo che l'aumento delle tasse sia compatibile con una situazione di difficoltà e di crisi come l'attuale. Tra l'altro sono sicuro che le proposte del Molise in discussione al tavolo tecnico col governo, siano in grado di risolvere i problemi della sanità nella nostra regione e dunque di evitarci le addizionali oltre il tetto massimo.

 

 

 

Al Sud l'industria arretra

Carmine FotinaCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio

2010 alle ore 08:01.

ROMA - Non ci sono solo le incertezze su Termini Imerese e Pomigliano o le vertenze sul distretto del mobile e sul polo della cantieristica. E non c'è solo il rischio di fuga delle multinazionali. Ciò che resta dell'industria nel Mezzogiorno è un tessuto di imprese che con la crisi dell'ultimo biennio sembrano aver perso il treno, già estremamente lento, del recupero. Oggi la Svimez presenta il rapporto annuale abbinando deindustrializzazione e disoccupazione al Sud con numeri pesanti: nel solo 2009 sono stati persi 61mila posti nell'industria manifatturiera con un calo annuo del 7%, oltre tre punti in più rispetto al Centro-nord. Nel 2008-2009 sono andati in fumo 100mila unità di lavoro mentre l'universo industriale settentrionale, a più alta intensità di fabbriche, reggeva almeno parzialmente l'urto con il ricorso massiccio alla cassa integrazione.

 

Il biennio alle nostre spalle ha modificato gli standard di efficienza allargando i vecchi divari. Mentre le imprese manifatturiere del Centro-nord avviavano la transizione verso una struttura più evoluta, quelle meridionali finivano per privilegiare un utilizzo più flessibile del fattore lavoro o peggio, nel caso di micro-imprese, lambivano pericolosamente l'economia informale. La struttura di ricerca guidata dal direttore Riccardo Padovani e dal vicedirettore Luca Bianchi aggancia le statistiche alla complicata attualità. "Le cronache di questi mesi sugli stabilimenti Fiat di Termini e Pomigliano – si legge nel rapporto – evidenziano il rischio di spiazzamento che la nuova divisione internazionale del lavoro può determinare in aree che non possono essere concorrenziali sul costo del lavoro". Aree che, attraverso la chiusura di grandi impianti, potrebbero andare incontro a "forme di desertificazione" del tessuto di piccole industrie collegate.

Dall'analisi Svimez su un campione di imprese presenti nelle indagini Unicredit, emerge che solo una quota risicata mette a segno miglioramenti competitivi. Da un lato ci sono poche, e sempre meno, grandi imprese, quasi sempre di proprietà esterna all'area, dall'altra una messe di piccole aziende locali orientate al mercato interno, per le quali l'innovazione è residuale. Tutto questo, annota la Svimez, mentre gli aiuti alle imprese, soprattutto quelli a sviluppo regionale, sono in costante diminuzione. Il risultato è un arretramento anche rispetto alle aree deboli di altri paesi Ue. Nel 2004-2008 la variazione cumulata del prodotto industriale è risultata negativa del 2,4%, a fronte del +2,8% nel Centro-nord e in presenza di incrementi medi complessivi del 9,8% per la Ue a 27. Mentre le zone in ritardo di Germania e Spagna facevano crescere l'export rispettivamente del 14,5 e 9,4%, le regioni italiane dell'ex Obiettivo 1 si fermavano al 6,9%. E nel 2009 la caduta di output industriale è stata, con l'eccezione di Germania e Finlandia, quella di entità più ampia.

Differenziali che si estendono anche al mercato del lavoro. Campania, Basilicata, Sicilia e Calabria si collocano tra le ultime 10 nel ranking dei tassi di occupazione giovanile con valori al di sotto del 16%. La "questione giovanile" è il tema forte del capitolo Svimez sugli impatti sociali della crisi. Al Sud è stata colpita soprattutto la generazione di chi ancora cerca lavoro o lo ha appena trovato: nel 2009 gli occupati dai 15 ai 34 anni sono diminuiti di 175mila unità (-9% a fronte del -6% al Centro-nord). Molti di loro, insieme agli emigranti di "ritorno" che hanno perso il lavoro al Nord, finiranno per aggiungersi all'esercito di donne e uomini, quasi 6,5 milioni, che gravita tra lavoro sommerso e ricerca estemporanea di lavori saltuari, fuori dai canali monitorati.

L'eredità della crisi è destinata a pesare ancora a lungo su sviluppo e contesto sociale. Per il Sud, che con la recessione è ritornato in termini di Pil ai livelli di inizio anni duemila, si prospetta ora la sfida del federalismo fiscale. Un'occasione per guadagnare efficienza, ridurre sprechi e magari concentrare più saggiamente le risorse per la crescita. Con un caveat non da poco segnalato dalla Svimez: nella definizione di costi standard il legislatore dovrebbe considerare numerosi altri elementi, "dal peso dei fattori di scala e della struttura della popolazione e del territorio, all'incidenza delle attività produttive, ai differenziali di reddito pro capite".

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I NUMERI-4,5% Pil

È il calo del prodotto interno lordo nel Mezzogiorno registrato nel 2009. L'anno precedente la diminuzione era stata dell'1,5%

0,35% Incentivi

È il peso degli aiuti di stato per l'industria rispetto al Pil. La media della Ue a 27 è pari a 0,54%. In Germania si passa allo 0,63%, Francia e Spagna si posizionano a 0,5%

-3% Lavoro

Calo dell'occupazione al Sud nel 2009, di intensità tripla (-3%) rispetto al -1,1% del Centro-nord. In termini assoluti 194mila occupati in meno nel Mezzogiorno

 

2010-07-19

Dal blocco del turnover ai precari, l'abc delle misure che non piacciono ai medici oggi in sciopero

di Nicoletta CottoneCronologia articolo19 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 13:11.

Dirigenti medici, veterinari, sanitari e amministrativi in piazza contro la manovra, con un sit-in dinanzi a Montecitorio. È iniziato questa mattina e si protrarrà per 24 ore la protesta contro la manovra finanziaria del governo che, dopo il placet del Senato, inizia il suo cammino in commissione Bilancio alla Camera. A causa dello sciopero saranno sospesi 40mila interventi chirurgici e non saranno effettuate migliaia di visite specialistiche e di prestazioni diagnostiche. Per tutto il giorno si bloccherà anche tutta l'attività veterinaria connessa al controllo degli alimenti nei mercati del bestiame e nelle macellazioni. Sarà comunque garantita l'attività di urgenza. A non piacere a medici e veterinari sono soprattutto alcuni commi dell'articolo 9 della Finanziaria, che contiene una serie di norme in materia di pubblico impiego. E dunque anche i medici e veterinari dipendenti del Ssn.

"Contestiamo questioni di sistema e di categoria - spiega al Sole24ore.com Costantino Troise, segretario nazionale Anaao-Assomed - per esempio il blocco del turnover significa 30mila medici in meno nei prossimi 4 anni e il licenziamento del 50% dei precari impegnati per lo più in pronto soccorso e in delicate attività come i centri trapianti. Nei prossimi anni poi il sistema dovrà anche rispondere a un aumento della domanda di cure legata al taglio dei servizi sociali. Si allungheranno le liste d'attesa e il diritto alla salute sarà legato alla capacità economica del singolo". Settemila medici in meno, calcola Anaao-Assomed, solo nei servizi di pronto soccorso. "C'è anche una forte penalizzazione dei giovani - spiega Troise - con la perdita della progressione economica che può essere quantificata fino a 40mila euro nel triennio. Peraltro le progressioni economiche sono già pagate dal contratto nazionale". Non piace anche la norma che segnala che un incarico può non essere rinnovato anche se una commissione terza ha dato un giudizio posivito sul merito.

Di parere opposto il ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Per lui la manovra "non ha toccato la sanità, non ha previsto ticket e neppure tagli". Nella manovra, sottolinea, "non si prevede blocco del turnover nelle Regioni con i conti a posto e si pensa ai contratti a tempo per valorizzare il merito". Il ministro nel corso della giornata ha ribadito che "la manovra in discussione al parlamento non prevede il blocco del turn over del personale del servizio sanitario nazionale". Peccato, però, sostiene Troise, "che non sia stato esplicitato, come richiesto dalle associazioni di categoria, che turnover e tagli ai precari non interessano la sanità". "La sensazione della manovra è quella di una marginalizzazione della sanità - sottolinea al Sole24ore.com Aldo Grasselli, segretario nazionale delle Federazione veterinari e medici - che viene considerata un bancomat: si taglia la sanità per diminuire il debito pubblico, senza riflettere sulle ricadute sui cittadini che per la sanità dovranno spendere di più. Razionalizzare le spese è indispensabile, ma non deve essere fatto con tagli lineari che colpiscono nello stesso modo regioni sprecone che hanno fatto bancarotta e regioni virtuose che hanno ridotto all'osso la spesa".

Ecco nel dettaglio le norme che non piacciono ai medici.

Blocco della contrattazione (articolo 9, commi da 17 a 19). Sospese senza possibilità di recupero le procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, facendo salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale. Rideterminate le risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, che comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle Amministrazioni.

Disapplicazione adeguamenti retributivi precari (articolo 9, comma 21). Disapplicazione, per gli anni 2011, 2012 e 2013, dei meccanismo di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato.

Finanziamento del Ssn (articolo 9, commi 16, 17 e 24). In relazione alle economie relative al personale dipendente e convenzionato del Servizio sanitario nazionale e derivanti dai successivi commi 17 e 24 viene ridotto di 418 milioni di euro per il 2011 e di 1.132 milioni annui a decorrere dal 2012 il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato. Il comma 24 estende al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale le norme sulla soppressione delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012.

Incarichi dirigenziali, conferma (articolo 9, comma 32). Le pubbliche amministrazioni che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, possono conferirgli un altro incarico, anche di valore economico inferiore.

Precari, riduzione della spesa (articolo 9, comma 28). Viene ridotta del 50% rispetto all'anno 2009 la spesa delle pubbliche amministrazioni per personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Stessa riduzione per la spesa relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonchè al lavoro accessorio.

Trattamento economico del personale (articolo 9, commi da 1 a 4). Viene bloccato il trattamento economico individuali per gli anni 2011, 2012 e 2013 dei dipendenti, anche di qualifica dirigenziale . Riduzione - dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 - dei trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici superiori a 90mila euro annui. Nello stesso periodo le risorse per il trattamento accessorio del personale non possono superare l'imposrto dell'anno 2010 e sono comunque proporzionalmente ridotte in base alla riduzione del personale in servizio. No all'applicazione di disposizioni normative e contrattuali che autorizzino la corresponsione, a favore dei dirigenti pubblici, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi. I rinnovi contrattuali relativi ai dipendenti pubblici per il biennio 2008-2009 non possono prevedere miglioramenti economici per il medesimo biennio superiori al 3,2 per cento.

Turnover, le limitazioni (articolo 9, commi da 5 a 12). Nuove limitazioni alle assunzioni di personale a tempo indeterminato da parte delle pubbliche amministrazioni. Estese al 2012 e 2013 i limiti alle assunzioni di personale a tempo determinato già previste dalla legislazione vigente per gli anni 2010 e 2011 (20% della spesa relativa al personale cessato nell'anno precedente). Nel 2014 la spesa per le assunzioni potrà salire al 50%, per poi tornare al 100% a decorrere dal 2015.

 

 

 

 

 

Fazio: blocco del turn over nella sanità solo nelle quattro Regioni in rosso

Cronologia articolo18 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 20:22.

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha ribadito che nella manovra "non si prevede blocco del turn over nelle regioni con i conti a posto e si pensa ai contratti a tempo per valorizzare il merito". I ricambi del personale verranno congelati, ha assicurato, "solo nelle quattro regioni in profondo rosso (Lazio, Campania, Calabria e Molise, ndr)". La manovra, ha sottolineato poi il ministro, "non ha toccato la Sanità. Non ha previsto ticket e neppure tagli. Piuttosto si deve cercare di azzerare gli sprechi dove ancora esistono" anche perché "dove si spende di più, l'assistenza è peggiore". Oggi i medici scioperano contro la manovra.

 

 

 

 

 

 

L'età della pensione non si ferma

Cronologia articolo19 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 08:00.

L'età della pensione sarà sempre più mobile. Con la norma contenuta nel maxiemendamento approvato giovedì scorso dal senato e ora all'esame della camera, i requisiti anagrafici per avere diritto al trattamento di anzianità e vecchiaia saranno agganciati alle rilevazioni dell'Istat sulla speranza di vita. L'effetto è che nel 2028 servirà un anno in più per accedere a tutti i trattamenti. A questo si aggiungerà anche l'attesa prodotta dalle "finestre": l'altra novità contenuta nella manovra che, a partire dal 1° gennaio dell'anno prossimo, posticipa di 13 mesi per i lavoratori dipendenti e 19 per gli autonomi iscritti all'Inps il tempo necessario per godere della prestazione previdenziale. Nel sistema ad età scorrevole si inserisce un'ulteriore novità per chi lavora nel settore pubblico. In base alle richieste dell'Unione europea, l'equiparazione a 65 anni per la "vecchiaia" tra uomini e donne sarà anticipata già nel 2012.

 

 

 

La manovra conferma la cura dimagrante per l'università

di Claudio TucciCronologia articolo18 luglio 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 19:30.

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Tremonti conferma la dieta per l'università italiana. Nel 2011, il fondo ordinario per il funzionamento degli atenei riceverà in dote, dallo Stato, 5,9 miliardi di euro, in calo del 17% rispetto al 2010 (quando l'assegno pesava 7,2 miliardi). Nel 2012, il fondo salirà a poco più di 6 miliardi, ma non potrà più contare sui, complessivi, 750 milioni (di cui 400, per il 2011) di aumento previsti nelle primissime bozze della manovra, cancellati, in fretta e furia, dalla versione ufficiale del provvedimento, ora al giro di boa conclusivo alla Camera.

Fumata nera anche per il recupero degli scatti d'anzianità dei professori e ricercatori, bloccati fino al 2013. Servivano circa 300 milioni di euro (36, per il 2011, 101, per il 2012 e 162, per il 2013), ma l'Esecutivo non è riuscito a trovare queste risorse. Se ne riparlerà, forse, con la finanziaria d'autunno, ha rilanciato, al Sole24ore.com, il senatore Pdl Giuseppe Valditara, che è anche relatore del ddl di riforma degli atenei, che la prossima settimana tornerà in pista in aula al Senato (il termine per la presentazione degli emendamenti scadrà martedì 20, alle ore 18).

La manovra da 24,9 miliardi conferma, anche, il taglio lineare del 10% di tutte le spese dei ministeri, Viale Trastevere inclusa, che significherà, per gli atenei, un ulteriore "alleggerimento" di circa 70 milioni, fino al 2013, sulla voce "istruzione universitaria". A essere più colpite, evidenzia la senatrice Pd ed ex vice-ministro dell'Istruzione, Mariangela Bastico, saranno tutte le "spese" che rappresentano il valore aggiunto della didattica, come le attività di laboratorio, i corsi di perfezionamento, le convenzioni università-lavoro.

Gli atenei dovranno, poi, fare i conti con la conferma del "blocco" del turn over, che penalizza, soprattutto, i precari. Anche i fondi per le borse di studio subiranno un "ritocco", riducendosi di un terzo. E se la manovra, poi, esclude le università dall'ulteriore riduzione del 20% (rispetto alle spese 2009) dei costi per studi e consulenze, dall'altra, mette mano al portafogli per quanto riguarda relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, che dovranno essere contenute di un analogo 20%, rispetto sempre all'anno prima. Bisognerà, invece, sforbiciare del 50% le spese per le "missioni estere", con penalizzazione per i viaggi e gli stage di istruzione fuori dall'Italia (tipo, progetti Erasmus e simili). Sacrifici minori arriveranno per gli stipendi superiori ai 90mila euro lordi l'anno, che subiranno una diminuzione del 5%, che salirà al 10%, per i redditi che vanno oltre la soglia dei 150mila euro. A essere interessati, saranno soprattutto gli ordinari, mentre non subiranno danni i professori associati e i ricercatori, che, in media, arrivano a percepire, rispettivamente, 62.750 e 43.790 euro l'anno. Sempre i docenti al top della carriera, poi, dovranno fare i conti anche con la dilazione del Tfr. Pure qui, l'asticella è rappresentata dal valore dello stipendio. Se inferiore a 90mila euro, la buonuscita arriverà in unica soluzione. Per cifre superiori, l'assegno sarà diviso, in rate, in 3 anni.

La manovra di Tremonti accelera, invece, sul rientro dei giovani ricercatori che hanno trasferito la propria residenza all'estero per motivi di lavoro. Per loro, è prevista un'agevolazione fiscale niente male: l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro autonomo o dipendente del 90% degli emolumenti derivanti dall'attività di ricerca o docenza svolta in Italia e della conseguente acquisizione della residenza fiscale nel territorio italiano. Il "bonus" decorrerà dal 1° gennaio 2011, per 3 anni, e arriverà in dote ai "cervelli" che decideranno di rientrare nel Belpaese nei prossimi cinque anni.

 

 

2010-07-18

Per Tremonti, le Regioni alla fine faranno l'accordo sulla manovra. L'opposizione: "Bolle di sapone"

di Claudio TucciCronologia articolo18 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 15:12.

"Il governo Berlusconi è forte e durerà per tutta la legislatura". Parola del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ha così smentito la ridda di voci, circolate in questi giorni, su presunti contatti per eventuali governi tecnici o esecutivi di larghe intese. Il punto, ha spiegato il titolare del Tesoro, è che oggi "non esistono alternative credibili al governo in carica" e qualsiasi altra soluzione politica di compromesso sarebbe "fuori dalla storia e, soprattutto, l'Europa non la approverebbe".

Tremonti, dalla colonne di Repubblica, ha parlato anche della presunta loggia P3 emersa con l'inchiesta sull'eolico. Il ministro ha ammesso che "non si tratta solo di una mela marcia", ma che "è venuta fuori una cassetta di mele marce". Tuttavia, ha aggiunto, "l'albero e il frutteto non sono marci" e ha invitato a distinguere tra "reati e peccati". Il ministro dell'Economia ha tirato in ballo anche la "questione morale", ma ha subito precisato: "è una questione generale, non del centrodestra" - perché - "troppo spesso i fondi pubblici sono una pipeline per gli affari".

Tremonti si è quindi soffermato sui meriti del suo governo. "Abbiamo fatto - ha ricordato - la riforma delle pensioni più seria d'Europa. Pensioni e Pomigliano sono due P più importanti della P3". Ha minimizzato, invece, sul ddl intercettazioni: "La discussione - ha detto - tra privacy e diritto all'informazione si è persa, ma più che di una legge bavaglio parlerei di bavaglino".

Riferendosi, invece, alla manovra, appena approdata alla Camera per l'ultimo giro di boa, il numero uno di Via XX Settembre si è detto sicuro che "alla fine anche le Regioni come i Comuni e le Province faranno l'accordo", mentre al leader del Pd Pierluigi Bersani ha mandato una secca frecciata: "discute sempre sul chi ma mai sul cosa". Lo scontro tra Gianfranco Fini e il premier, invece, per Tremonti, "rientra nell'antropomorfia della politica". "Non mi appartiene", ha tagliato corto, smentendo anche un contrasto tra lui e Palazzo Chigi. "Letta mi ha rimproverato, ironizza? Ci abbiamo riso sopra: sui giornali c'è troppo folclore".

Le reazioni: per le opposizioni, Tremonti parla "di un'Italia che non c'è"

 

 

 

Medici in sciopero, domani in ospedale solo l'emergenza

di Gianni TrovatiCronologia articolo18 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 16:09.

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Negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie italiane lunedì 19 luglio è garantita solo l'emergenza. Tutto il resto, comprese le visite e interventi chirurgici già programmati, è a rischio per lo sciopero unitario proclamato dai medici contro la manovra economica che attende ora solo il via libera della camera: un "rischio" molto elevato, visto che per la prima volta da anni l'agitazione è riuscita a raccogliere l'adesione di tutte le 13 sigle sindacali in cui è divisa la professione. "Chiediamo scusa ai cittadini per i disagi - spiega Massimo Cozza, segretario della Fpcgil medici - ma è in gioco il bene prezioso della sanità pubblica".

Per "farsi sentire", i medici hanno organizzato per la mattina di lunedì anche un presidio in camice bianco davanti a Montecitorio, dove la camera avvierà la discussione finale del testo della manovra correttiva arrivato da Palazzo Madama.

Lo sciopero dei medici, il primo a riunire tutte le organizzazioni sindacali da quando è in carica il quarto governo Berlusconi, mescola in realtà temi di carattere generale ad altri di impronta più professional-rivendicativa.

Blocco del turn over

Tra i primi va ricordato l'inserimento del comparto sanitario nel blocco del turn-over previsto per tutta l'amministrazione pubblica, che nei prossimi tre anni permetterà agli uffici pubblici centrali e locali di assumere una sola persona ogni cinque uscite dal lavoro. Viste le dimensioni e la dinamica dei pensionamenti che contraddistinguono il comparto, la sanità dovrebbe vedersi ridurre gli organici di circa 150mila persone, abbracciando il 50% dei 300mila posti di lavoro che la manovra dovrebbe far risparmiare alla pubblica amministrazione fra 2011 e 2013.

Tagli al precariato

Gli ospedali, poi, non fanno eccezione nemmeno per quel che riguarda la gestione dei contratti flessibili: anche ospedali e aziende sanitarie, come i comuni o i ministeri, nel 2011 dovranno tagliare del 50% le spese sostenute per le varie forme di dipendenti a termine. L'insieme di queste misure, a sentire i sindacati, "determinerà nei prossimi quattro anni una carenza di almeno 30mila medici e dirigenti sanitari necessari a far funzionare gli ospedali e i servizi territoriali". Blocco degli aumenti

I medici, però, condividono con i magistrati e i dirigenti pubblici la protesta per il congelamento salariale, che nei prossim itre anni bloccherà le progressioni economiche mantenendo la busta paga ai livelli del 2010. La misura, che stoppa i rinnovi contrattuali e cancella gli automatismi legati all'anzianità che ancora caratterizzano molti settori del pubblico impiego, dai docenti universitari a prefetti e diplomatici, ha incontrato l'opposizione di tutte le categorie, ma per il momento solo gli insegnanti e i magistrati sono riusciti a spuntare un correttivo: per questi ultimi la manovra inciderà solo sull'indennità "giudiziaria", una voce accessoria della busta paga che sarà sottoposta a un taglio crescente nei prossimi tre anni.

Austerità in busta paga

Un'altra misura che riguarderà molti medici, soprattutto quelli con incarichi direttivi nelle strutture sanitarie, è il taglio agli stipendi pubblici che superano i 90mila euro lordi l'anno. Per la quota che va da 90mila a 150mila euro, la manovra correttiva prevede una limatura del 5%, mentre quando si superano i 150mila la sforbiciata arriva al 10 per cento. Tradotto in cifre: per una busta paga da 160mila euro, come quella del direttore sanitario di una struttura di medie dimensioni, si tratta di un sacrificio da 4mila euro l'anno, mentre per il dirigente medico di un presidio con stipendio da 130mila euro l'obolo annuale scende a 2mila euro.

 

 

 

 

Per le opposizioni, Tremonti parla "di un'Italia che non c'è"

di Claudio TucciCronologia articolo18 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 16:54.

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Le rassicurazioni di Tremonti sono "bolle di sapone" che non nascondono una politica economica del governo "iniqua e inefficace". Il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ha bocciato senza appello le dichiarazioni del ministro dell'Economia. Fassina ha criticato, soprattutto, la difesa a spada tratta della manovra da 24,9 miliardi: "decimo intervento di finanza pubblica in due anni, un record", ha detto, che, in realtà, "scarica i costi dell'aggiustamento dei conti dello Stato sui lavoratori e sulle classi medie, mentre per i grandi evasori si fanno mega condoni a prezzi scontati e si rinuncia a intervenire sulle rendite".

Si è soffermato, invece, sul tema delle "mele marce", il presidente dell'Idv, Massimo Donadi, che ha chiesto a Tremonti "coerenza". Non è sufficiente, ha dichiarato, ammettere che c'è una questione morale per mettersi a posto con la coscienza. Ora, c'aspettiamo, ha aggiunto, che il ministro faccia il passo successivo e cioè "tagli dagli alberi tutti i frutti marci".

Per Filippo Penati, Pd, le parole del numero uno del Tesoro "tranquillizzano" Berlusconi, visto che un pezzo importante del suo esecutivo, il ministro dell'Economia, si è, di fatto, dichiarato "non essere interessato alla sua successione". Secondo il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, invece, la difesa dell'esecutivo da parte del titolare di Via XX Settembre dimostra come, oramai, "sia Tremonti a guidare il Governo e non più il Cavaliere".

Opposta la valutazione delle parole del titolare del Tesoro da parte del ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, secondo cui, piuttosto, Tremonti "si è limitato a fotografare a realtà e nulla più". Ha ribadito, invece, la necessità di andare alle urne, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, per liquidare al più presto il "berlusconismo". Tremonti, ha spiegato Vendola, "parla di un'Italia che non c'è", ma credo, ha aggiunto, "che, oggi, non ci sia sulla scena la possibilità di lavorare per un governo tecnico o per un governo di larghe intese, perchè si è consumata una stagione politica".

 

 

 

 

 

 

 

Senza futuro la metà degli aeroporti

Giorgio SantilliCronologia articolo18 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 08:02.

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ROMA

Altolà alla polverizzazione aeroportuale e alle guerre di campanile: sono 24 (la metà di quelli oggi in funzione) gli scali che dovranno essere chiusi o drasticamente ridimensionati perché hanno un bacino di traffico insufficiente o vincoli infrastrutturali insuperabili. A questi scali lo Stato non dovrà più fornire nessun aiuto o sostegno finanziario, promuovendo lo spostamento del traffico verso scali più efficienti. Ci sono vittime illustri come Brescia Montichiari, Cuneo, Foggia, Roma Ciampino. Altri dieci scali conquistano la serie B e diventano recuperabili in quanto primarie "riserve di capacità del sistema": tra questi il nuovo aeroporto di Viterbo su cui, per altro, le perplessità non vengono meno. Solo 14 sono gli scali davvero strategici che guadagnano un posto nella serie A: in testa ci sono i tre gate intercontinentali Fiumicino, Malpensa e Venezia, intorno ai quali bisogna costruire la strategia di sviluppo del paese.

È pronto il Rapporto sulle strategie di programmazione per il sistema aeroportuale italiano che l'Enac, l'ente nazionale dell'aviazione civile, ha trasmesso nei giorni scorsi al ministero delle Infrastrutture. Il documento, messo a punto da One Works, Kpmg e Nomisma, è il nocciolo del futuro piano nazionale degli aeroporti, come ha detto Matteoli. L'orizzonte temporale è lo sviluppo nei prossimi venti anni. L'idea-chiave è che occorre fare scelte razionali in linea con i principali paesi europei: favorire la massima concentrazione sui tre sistemi aeroportuali maggiori, adeguando le loro infrastrutture e raccordando altri scali dell'area.

Fiumicino che oggi fa 39 milioni di passeggeri con Ciampino può arrivare nel 2030 a 80 milioni con un mini-Ciampino e il nuovo scalo di Viterbo. Malpensa oggi fa 19 milioni di passeggeri, può arrivare a 46 con Linate specializzato come city airport (da 9 a 11 milioni). Il sistema Venezia-Treviso può passare da 8,5 milioni di passeggeri annui a 20. Per fare tutto questo occorrono investimenti, adeguati e in fretta.

Viterbo è il caso più spinoso di programmazione aeroportuale. La politica nazionale e locale lo vuole, i tecnici non lesinano perplessità. Il compromesso alla fine è questo: si sviluppi pure il nuovo scalo se non si vuole puntare sull'espansione di Fiumicino anche al traffico low cost (la soluzione considerata più razionale ed europea), ma a condizione che questo non comporti un'eccessiva dispersione di risorse per le nuove costosissime infrastrutture ferroviarie e stradali di collegamento. Liberamente tradotto: se proprio la politica deve fare Viterbo per ragione di consenso, lo si metta in programma, ma si valutino bene i costi infrastrutturali perché le probabilità che risultino una follia sono elevate.

Il rapporto coordinato da Giulio De Carli (One Works) è il primo a dire chiaramente le cose fondamentali da fare per il nostro sistema aeroportuale. Anche Ercole Incalza, primo collaboratore di Matteoli e coordinatore della commissione ministeriale messa in piedi sulla pianificazione aeroportuale, la vede in questo modo.

La prima conclusione di policy del piano è che l'era della proliferazione spontanea degli scali è finita, ora è il momento di fare sistema a livello nazionale e a livello di macro-aree. "È anche l'ora di dire agli enti locali che bisogna fare scelte impopolari e non sono più sopportabili gli sprechi per scali che sono mal collocati, mal collegati e sottocapitalizzati", dice il presidente di Enac, Vito Riggio. Lo studio costituisce la base per queste scelte.

Anche a livello di area e di singolo scalo si comincia a comprendere ora quanto sia utile la "nuova programmazione", capace di far incontrare le previsioni a breve del mercato del trasporto aereo e quelle di lungo periodo di sviluppo del territorio. Addio alle vecchie modalità di pianificazione dirigiste che risalgono agli anni '60: da anni è nata negli Usa e in Europa una nuova generazione di piani aeroportuali il cui obiettivo è esclusivamente catturare il mercato per portarlo su un territorio, vincendo la competizione con altri territori. De Carli oggi non vuole commentare lo studio (è ancora tenuto alla riservatezza) ma in passato ha rilevato che i progressi di Malpensa nell'ultimo anno, quando l'obiettivo era uscire dalla crisi Alitalia, sono il miglior riconoscimento di questa nuova pianificazione in Italia.

La seconda conclusione del rapporto è che il forte aumento del traffico previsto al 2030 (si dovrebbe passare dagli attuali 130 milioni di passeggeri a un traffico compreso fra 243 e 295 milioni con incrementi compresi tra l'87 e il 127%) è un potenziale straordinario che metterebbe l'Italia in linea con i più importanti paesi europei, ma rischia di essere perso se non si adeguerà rapidamente la capacità dei nostri scali aeroportuali più importanti. Senza investimenti urgenti Fiumicino raggiungerà la saturazione già nel 2017.

Il terzo aspetto riguarda la rete ferroviaria e stradale di accessibilità agli scali. Qui il principio della concentrazione dovrebbe guidare ogni scelta politica razionale: non solo occorre razionalizzare i piani Anas e Fs, che ormai stentano sempre più a trovare risorse pubbliche, ma concentrare il traffico aereo su un numero di scali limitati vuol dire anche evitare investimenti infrastrutturali di collegamento costosi e poco utili. Concentrare è la parola chiave del rapporto. Se poi le infrastrutture davvero fondamentali del paese – l'alta velocità ferroviaria e gli aeroporti intercontinentali – fossero davvero messe in rete e raccordate tra loro, allora l'Italia farebbe quel salto di qualità che al momento sembra ancora molto lontano.

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2010-07-17

L'abc della manovra di Tremonti, dall'Abruzzo alle a zone burocrazia zero passando per i tagli

di Claudio TucciCronologia articolo17 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 17:47.

Agevolazioni fiscali per le reti d'imprese, maglie più strette per la "scia" e giro di vite su pubblico impiego e falsi invalidi. E' salita a 62 articoli la manovra da 24,9 miliardi, in arrivo "blindata" alla Camera, per la seconda e ultima lettura. Il testo, nel giro di boa al Senato, ha imbarcato anche l'adeguamento dell'età pensionabile alle aspettative di vita dal 2015 (non più 2016) e l'accelerazione dell'innalzamento dell'età per andare in pensione per le donne nel pubblico impiego, che scatterà dal 2012.

Confermata, poi, un'emersione per gli immobili "fantasma", mentre scende, a 5mila euro, il tetto della tracciabilità del contante. In arrivo anche nuove regole per il redditometro, con i controlli che scatteranno quando il reddito dichiarato sarà inferiore del 20% rispetto a quello accertato dal Fisco.

Fra le novità proposte dalla manovra trova spazio pure il quindicesimo censimento della popolazione e delle abitazioni, il nono dell'industria e dei servizi, il sesto dell'agricoltura e il censimento delle istituzioni non profit. Sul ricco piatto della manovra, ci sono poi disposizioni tributarie, antifrode e antiriciclaggio, misure per arginare il fenomeno delle imprese "apri e chiudi" o in perdita sistemica, ma anche interventi contro la microevasione diffusa. Disco verde anche a una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option e a una fiscalità di vantaggio per il Sud in caso di nuove iniziative produttive e incentivi per il rientro in Italia dei "cervelli" emigrati all'estero.

Ecco comunque in 69 voci tutte le novità contenute nella manovra estiva di Tremonti.

Abruzzo (articoli 14, comma 14-ter e 39). I comuni della provincia dell'Aquila in stato di dissesto sono autorizzati a escludere dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità per il triennio 2010-2012 gli investimenti in conto capitale deliberati entro il 31 dicembre 2010, anche a valere sui contributi già assegnati negli anni precedenti, fino a un massimo di 2,5 milioni di euro. Previsto inoltre un'ulteriore dilazione nel pagamento delle tasse per i cittadini abruzzesi colpiti dal sisma. Intanto, viene confermata la proroga al 20 dicembre 2010 della sospensione del pagamento dei tributi. Misura che riguarderà i lavoratori autonomi e le imprese con volume di affari fino a 200mila euro. Escluse dalla norma, invece, banche e imprese di assicurazione. Poi, a differenza del testo originale (che prevedeva il rientro attraverso il pagamento di 60 rate mensili), ora "la ripresa della riscossione dei tributi e dei contributi, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori", avverrà "mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011". Accertamento con adesione (articolo 52-bis). In caso di accertamento con adesione, si prevede che la garanzia in questione possa essere prestata anche mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore pari al doppio del debito erariale (ovvero pari al doppio della somma da rateizzare), valore che deve essere accettato dall'amministrazione finanziaria. La disposizione si applica dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge fino al 31 dicembre 2011.

Antiriciclaggio (articolo 37). Introduce disposizioni in materia di trasparenza degli assetti proprietari e di gestione dei soggetti che chiedono di partecipare alle procedure di appalto pubblico, attribuendo al Tesoro il potere di autorizzare quelli provenienti dai paesi che sono inseriti nella black list, ovvero di derogare a tale lista per specifici paesi o settori d'attività, ovvero, ancora, di escludere paesi non presenti nella lista.

Apertura o chiusura rapporti con operatori finanziari (articolo 34). Arriva l'obbligo per i non residenti di indicare il codice fiscale per l'apertura o la chiusura di rapporti continuativi con operatori finanziari.

Assegno d'invalidità (articolo 10). Resta all'attuale 74% (che non sale più quindi all'85%) il limite per accedere al beneficio economico dell'assegno mensile di invalidità civile. Per potenziare i controlli contro i "falsi invalidi", viene esteso, poi, l'istituto della rettifica, previsto in ambito Inail, anche alla normativa assistenziale relativa all'invalidità civile. Giro dei vite sui medici che certificano false invalidità: saranno soggetti, ferma l'applicazioni delle norme penali, anche alle disposizioni in tema di false attestazioni o certificazioni. Aumentano, poi, le verifiche, dalle 100mila previste per il 2010, alle 250mila verifiche aggiuntive annue per gli anni 2011 e 2012. Viene riscritta anche la normativa che attesta l'invalidità di un alunno. La certificazione dovrà venire dalle Aziende sanitarie, attraverso strutture collegiali. Nel verbale, poi, che accerta la sussistenza della situazione di handicap, deve essere indicata la patologia stabilizzata o progressiva e specificato l'eventuale carattere di gravità. Ciò al fine di rendere più rigorosa la procedura per il riconoscimento dell'alunno disabile avente diritto all'insegnante di sostegno.

Assicurazioni (articolo 38, commi da 13-bis a 13-quater). Diventa più leggera la stretta fiscale sulle riserve tecniche obbligatorie delle imprese assicurative per il ramo vita, rispetto a quella approvata in commissione Bilancio del Senato con un emendamento del relatore. Nella versione definitiva del maxiemendamento alla manovra, cambia la percentuale massima del rapporto tra ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi che non potrà essere superiore al 98,5%, mentre nel testo circolato ieri si attestava al 97,5 per cento. Altra modifica riguarda il termine per la revisione delle stesse percentuali che potrà essere fatta con decreto del ministro dell'Economia a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, e non più 2014 come recitava la bozza di ieri. Secondo la relazione tecnica del maxiemendamento, la stretta fiscale sulle riserve tecniche obbligatorie delle imprese assicurative per il ramo vita "determina un incremento di gettito quantificabile a regime in circa 264 milioni di euro su base annua". La prima versione della norma, approvata in commissione Bilancio con un emendamento del relatore, limitava al 10% la deducibilità delle riserve tecniche obbligatorie delle assicurazioni relative al ramo vita e la relazione tecnica dell'emendamento quantificava in 234 milioni il gettito annuo della norma. Una differenza di 30 milioni in più, quindi tra la prima e la seconda versione della misura che farebbe pensare ad un inasprimento della "stangata" sulle assicurazioni. In realtà, spiegano fonti tecniche, il passaggio dalla prima alla seconda versione della misura si traduce in un alleggerimento della stretta fiscale, in quanto il gettito di 234 milioni annui previsto dalla prima versione della norma sarebbe stato ampiamente sottostimato.

Assunzione nuovi magistrati (articlo 48-bis). Arrivano 61,3 milioni in quattro anni per le assunzioni di giovani toghe. Il ministero della Giustizia in aggiunta alle facoltà assunzioni previste dalla normativa vigente per l'anno 2010, è autorizzato ad assumere magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, entro il limite di spesa di 6,6 milioni di euro per l'anno 2010, di 16 milioni di euro per l'anno 2011, di 19,2 milioni di euro per l'anno 2012 e di 19,5 milioni a decorrere dall'anno 2013. Disco verde anche a una serie di mini-aumenti delle tasse processuali, che serviranno a coprire i soldi per le nuove assunzioni di magistrati. Sale da 30 a 33 euro il contributo unico per i processi di valore fino a 1.100 euro; da 70 a 77 per quelli tra 1.100 e 5.200 euro di valore; da 170 a 187 euro per quelli tra 5.200 e 26.000 euro; da 340 a 374 per quelli tra 26mila e 52mila euro; da 500 a 550 euro per quelli tra 52mila euro e 260mila euro; da 800 a "fino a 880 euro" per i processi fino a un valore di 520mila euro e da 1.110 a 1.221 per quelli sopra i 520mila euro.

Autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi, le preclusioni (articolo 31). A decorrere dal 1° gennaio 2011 la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, per i quali è scaduto il termine di pagamento. In caso di inosservanza del divieto sanzione pari al 50% dell'importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali (con i relativi accessori) per i quali è scaduto il termine di pagamento fino a concorrenza dell'ammontare indebitamente compensato. E' consentita poi la compensazione tra i debiti iscritti a ruolo e i crediti maturati nei confronti di regioni, enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti. Per effettuare tale compensazione, possibile a decorrere dal 1° gennaio 2011, è necessario che: a) i crediti verso gli enti siano non prescritti, certi, liquidi ed esigibili; e b) il creditore acquisisca la certificazione che il credito relativo a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti sia certo, liquido ed esigibile. La certificazione è peraltro necessaria ai fini dell'estinzione del debito a ruolo.

Autotrasporto (articolo 51, comma 7). Proroga al 31 dicembre 2010 il termine per l'emanazione di un decreto del ministro dei Trasporti, di concerto con il ministrodello Sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata, recante disposizioni tese a impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia, nonchè a definire gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei comuni, dei titoli autorizzativi.

Casellario dell'assistenza (articolo 13). Sarà istituito presso l'Inps, quale banca dati unitaria e generale delle prestazioni di natura assistenziale erogate su tutto il territorio nazionale. La norma specifica poi alcuni requisiti reddituali necessari per accedere alle prestazioni previdenziali. Si chiarisce, in primo luogo, che tali prestazioni siano collegate al reddito, per ciascun anno solare, sulla base del reddito dell'anno precedente. Si prevede, poi, per i redditi da pensione, che sono a conoscenza dell'Inps, che vengano presi in considerazione i redditi dell'anno in corso. Si prevede, infine, l'obbligo di comunicazione dei dati reddituali da parte dei pensionati agli enti previdenziali, limitatamente ai redditi per i quali non sussiste l'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria e, pure, la sospensione della prestazione collegato al reddito in caso di mancata comunicazione nei tempi e modi che saranno stabiliti dai singoli enti.

Cedolino unico per gli statali (articolo 4, commi da 4-bis a 4-undecies). Si prevede che le competenze fisse e accessorie erogate al personale delle amministrazioni centrali dello Stato siano imputate alla competenza del bilancio dell'anno in cui vengono pagate. La norma viene emanata per armonizzare le nuova disciplina sul cedolino unico introdotta dall Finanziaria 2010 con la nuova legge di contabilità (196 del 2009). Inoltre, si stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, alle amministrazioni pubbliche che utilizzano procedure informatiche per i pagamenti dei dipendenti non si applichi l'articolo 383 del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, che prevede, tra l'altro, che gli impiegati di uno stesso ufficio, possano, con apposita dichiarazione, delegare uno di essi (purché impiegato di ruolo) a riscuotere e a dare quietanza dei loro stipendi, assegni fissi, retribuzioni e compensi a carattere collettivo. Novità per i pagamenti non andati a buon fine, per i quali è previsto il versamento all'entrata del bilancio per la successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli di spesa. Per la determinazione delle procedure necessarie per il rinnovo dei pagamenti, la disposizione rimanda a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare. Le nuove norme sul cedolino unico riguarderanno anche il personale scolastico. Con un'eccezione, prevista per il personale supplente breve nominato dai dirigenti scolastici, per il quale le competenze fisse continueranno ad essere pagate dalle singole scuole (eccetto i casi di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto legge 147 del 2007 concernenti il personale nominato in sostituzione del personale assente per motivi di maternità, nonché quello nominato per supplenze brevi e che si trova in congedo di maternità, per il quale l'ordinazione dei pagamenti è già attribuita al servizio centrale del sistema informativo integrato del Tesoro). Si prevede, inoltre, che le maggiori entrate derivanti dall'introduzione del cedolino unico, al netto di 5.772.720 euro per l'anno 2011 e 5 milioni euro per l'anno 2012 (che sono destinati ai corsi di formazione organizzati dalle Forze armate per la mini-naia) concorrono a costituire la dotazione finanziaria nei cui limiti sono attuate le disposizioni concernenti il riconoscimento, a favore delle imprese appartenenti a una rete, di vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari.

Censimento (articolo 50). La norma reca la disciplina relativa al 15° censimento generale della popolazione e delle abitazioni; al 9° censimento generale dell'industria e dei servizi e al censimento delle istituzioni no profit, nonchè al 6° censimento generale dell'agricoltura.

Certificati verdi (articolo 45). Ripristinato l'obbligo per il Gse di riacquistare i certificati verdi per la produzione di energia da fonti rinnovabili in eccesso sul mercato, ma anche il taglio del 30% della spesa sostenuta dal Gestore dei servizi energetici a decorrere dal 2011 per il ritiro dei certificati in scadenza nell'anno, rispetto a quella sostenuta nel 2010. Inoltre, precisa la norma, almeno l'80% della riduzione del 30% dei costi dovrà derivare dal contenimento della quantità dei certificati verdi in eccesso. La misura sarà definita da un decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'Economia, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro il 31 dicembre 2010. La norma prevede inoltre che le risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni Cipe relative alle fonti assimilate alle rinnovabili sono destinate a un fondo del ministero dell'Istruzione per interventi nel settore della ricerca e dell'università.

Comunicazioni telematiche Fisco (articolo 21). Introdotto l'obbligo di comunicare, per via telematica, alle Entrate operazioni rilevanti ai fini Iva, di importo pari o superiore ai 3mila euro.

Concessioni autostradali (articolo 47). Arrivano modifiche alla normativa sull'approvazione delle concessioni autostradali, differendo al 31 luglio 2010 il termine per la loro approvazione ex lege, in luogo della procedura ordinaria nonché, mediante una norma di interpretazione autentica, avente quindi efficacia retroattiva, prevedendo che il mancato adeguamento dei concessionari alle prescrizioni espresse dal Comitato interministeriale per la programmazione economica sui relativi schemi di convenzione, caduca l'approvazione ex lege delle convenzioni medesime, con la conseguenza che l'iter di approvazione ricomincia secondo le procedure ordinarie.

Concessioni di grande derivazione d'acqua (articolo 15, commi da 6 a 6-quinquies). Si prevede, a decorrere dal gennaio 2010, per i comuni e i consorzi dei bacini imbriferi montani, un aumento delle basi di calcolo dei sovracanoni per le concessioni di grandi derivazioni di acqua per uso idroelettrico, fissandole rispettivamente in 28 e in 7 euro, suscettibili di aggiornamenti biennali.

Concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 48). Norma per favorire e promuovere l'erogazione di nuovi finanziamenti all'impresa in difficoltà sia da parte di intermediari bancari e finanziari, sia da parte di soci. Introdotti elementi di flessibilità ed efficienza nella disciplina degli accordi di ristrutturazione del debito.

Consolidato nazionale (articolo 35). Inserisce due nuovi articoli per ricondurre l'accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato. L'accertamento è ricondotto a un atto unico, emesso dall'ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante, al posto dell'attuale doppio livello di accertamento.

Contenimento spese pubblico impiego (articolo 9). Ricco il menù in arrivo per ridurre i costi del lavoro pubblico. Il piatto forte sarà il congelamento degli scatti d'anzianità fino al 2013. Anche se si specifica che il tetto alle retribuzioni in questione non coincide più con il trattamento "in godimento nell'anno 2010", bensì col trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto, quindi, degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno (fermo restando l'effetto a fini esclusivamente giuridici di progressioni in carriera e passaggi tra aree), maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio. Confermato, invece, lo stop ai rinnovi dei contratti triennali 2010-2012 e si rimodulano gli importi occorrenti per la stipula (inserendo anche gli oneri riflessi per contributi previdenziali e Irap). Nel periodo di stop ai rinnovi, continuerà invece a essere erogata l'indennità di vacanza contrattuale. Per i dirigenti, invece, scatterà una riduzione (che però non varrà ai fini previdenziali) del 5% sulla parte eccedente i 90mila di trattamento economico comprensivo e fino a 150mila euro lordi annui. La percentuale sale al 10%, per la parte eccedente i 150mila euro annui lordi. Sempre per i dirigenti (e contravvenendo, almeno teoricamente, con la riforma Brunetta) diventa possibile, alla scadenza dell'incarico e, anche, senza una valutazione negativa, conferire al dirigente un altro incarico, pure di valore economico inferiore. Si stabilisce poi che dal 1 gennaio 2011 al 31 dicembre 2013, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche non possa superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Confermata la previsione che i rinnovi contrattuali relativi ai dipendenti pubblici per il biennio 2008-2009 non possano prevedere miglioramenti economici per il medesimo biennio superiori al 3,2 per cento. Disco verde, anche, a un blocco del turn over, variabile. Sono esclusi polizia, vigili del Fuoco, università). Mentre per il triennio 2011-2013 tutte le altre amministrazioni ed enti possono assumere entro il limite del 20% del personale cessato dal servizio, l'anno prima. Per il 2014, tale limite è aumentato del 50% e a decorrere dal 2015, al fine di rendere strutturali le economie conseguite, viene prevista la sola possibilità di reintegro del turn over. Per la Scuola, torna il "tetto" di presenza in aula per gli alunni disabili e viene, poi, confermata la norma che consente di avere, anche per il 2010-2011, lo stesso contingente di docenti di sostegno, pari a quello in servizio l'anno precedente. Viene, tuttavia, ammessa una possibilità di deroga, "in caso di particolari gravità". Viale Trastevere è autorizzata a prorogare i rapporti convenzionali in essere, anche in deroga alle previsioni della Finanziaria 2007, per l'espletamento delle funzioni corrispondenti ai collaboratori scolastici. Cura dimagrante in vista anche per il settore sanitario, che avverrà con una riduzione del livello di finanziamento del Ssn di 418 milioni per il 2011 e 1,1 miliardi a decorrere dal 2012. Mentre servirà un decreto della Difesa, di concerto con l'Economa, per ridurre, dal 2014, del 30% (dai valori 2008) l'indennità di impiego operativo per reparti di campagna. Si riduce poi del 15% per l'anno 2011, del 25% per l'anno 2012 e del 32% per l'anno 2013 l'indennità giudiziaria speciale istituita originariamente a favore dei magistrati ordinari "in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività" ed estesa ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato. Si prevede, inoltre, che nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, la difesa può essere assunta a richiesta dell'interessato dall'Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell'interessato, con spese a carico del Viminale, salvo la rivalsa se vi è responsabilità dell'imputato per fatto doloso.

Contrasto di interessi (articolo 25). Vengono assoggetti a una ritenuta del 10% a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, i pagamenti effettuati mediante bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. La ritenuta d'acconto deve essere operata da Poste Italiane o dalle banche del beneficiario del bonifico nel momento in cui le somme sono accreditate in favore del soggetto. La decorrenza è fissata dal 1° luglio 2010.

Contrasto alle frodi intracomunitarie (articolo 27). Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie con lo scopo di contrastare le frodi. L'obiettivo è quello di regolare in sede di registrazione ai fini Iva la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie attraverso un regime di autorizzazione curata dagli uffici delle Entrate.

Contratto di produttività (articolo 53). Per l'anno 2011 la quota di retribuzione erogata in attuazione di contratti collettivi (anche aziendali o territoriali) e correlata a incrementi della produttività, di redditività ed efficienza organizzativa, all'andamento economico e agli utili d'impresa, sia sottoposta a una tassazione sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali. E di uno sgravio dei contributi dovuti dall'impresa e dal lavoratore. Elevato a 40mila euro il limite reddituale per applicare l'imposta sostitutiva, fermo restando il limite complessivo di 6mila euro lordi. L'entità dell'agevolazione e dello sgravio saranno stabiliti dal Governo, entro il 31 dicembre 2011, sentite le parti sociali.

Controllo spesa sanitaria (articolo 11). Si prevede che le regioni sottoposte ai piani di rientro alla data del 31 dicembre 2009 che non abbiano completato, entro il medesimo termine, gli interventi strutturali di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del servizio sanitario previsti, pur avendo garantito l'equilibrio di bilancio, possano portarli a compimento. Le medesime regioni, poi, entro 15 giorni dall'entrata in vigore della Manovra, dovranno stilare un piano completo di riorganizzazione complessiva delle procedure di pagamento e di smaltimento debiti. Per non intralciare questo compito, fino al 31 dicembre 2010, si congelano tutte le procedure esecutive, eventualmente in piedi. Si cerca, poi, di contenere la spesa farmaceutica, mediamente lo spostamento di un volume di spesa pari a 600 milioni l'anno dall'aggregato spesa farmaceutica ospedaliera (di cui sono integralmente responsabili le regioni con conseguente onere a loro carico) a quello della spesa territoriale, che prevede, viceversa, meccanismi automatici di recupero dello scostamento, con responsabilizzazione anche delle imprese farmaceutiche. La norma riguarda farmaci che, sebbene collocati attualmente nell'area della spesa ospedaliera, in effetti sono somministrati ai pazienti a domicilio ovvero in regime ambulatoriale. La predetta riallocazione della spesa determina un aumento della spesa a livello territoriale, che però le regioni riescono a recuperare anche tramite il meccanismo del pay-back (un meccanismi automatico a carico delle aziende farmaceutiche). Sul fronte farmacie, arriva una riduzione dell'ulteriore sconto dovuto sulla quota di spettanza del farmacista nonché l'individuazione di alcune fattispecie di esclusione dall'ulteriore sconto medesimo. E si prevede poi che le somme corrispondenti alla riduzione dell'ulteriore sconto siano versate al Servizio sanitario nazionale da parte delle aziende farmaceutiche. In arrivo anche lo svolgimento di un confronto tecnico per la revisione, secondo i criteri ivi definiti, dei criteri di remunerazione della spesa farmaceutica. Viene demandato all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) la definizione (sempre per i farmaci equivalenti) di prezzi massimi di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale. Arriva poi un'interpretazione autentica che stabilisce espressamente la non rivalutabilità della somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale che integra l'indennizzo. Si favorisce, infine, l'avvio della diffusione della procedura telematica di trasmissione delle ricette mediche, che dovranno sostituire a tutti gli effetti la prescrizione medica in formato cartaceo. Disco verde, infine, a una riduzione, nella misura del 12,5%, del prezzo al pubblico dei medicinali equivalenti per il periodo compreso tra il 1° giugno 2010 e il 31 dicembre 2010.

Cura dimagrante per ministri e sottosegretari e rimborsi ai partiti politici (articolo 5). A partire dal prossimo 1° gennaio, a ministri e sottosegretari, che non siano parlamentari, arriva un taglio del 10% al trattamento economico complessivo. Attualmente, la misura interessa 9 unità, 2 ministri e 7 sottosegretari. Taglio del 10% anche ai compensi dei componenti gli organi di autogoverno della magistratura e del Cnel. Dalla riduzione è escluso il trattamento retributivo di servizio. Per quanto concerne i gettoni di presenza, è previsto che gli stessi non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. Vengono ridotti poi i rimborsi ai partiti politici, riducendo del 10% il contributo di un euro quale moltiplicatore per il numero di cittadini elettori, e vengono soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Governo. La sforbiciata ai rimborsi si applica a partire dal primo rinnovo di Camera, Senato, Parlamento europeo, consigli regionali. Cura dimagrante anche per i doppi, tripli incarichi conferiti dalle Pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive: per questi soggetti c'è l'obbligo di percepire solo il rimborso spese e il gettone di presenza massimo di 30 euro a seduta. L'articolo detta, infine, tutta una serie di norme per ridurre i costi della politica "a livello locale". Tra le novità, modificate dal maxiemendamento del Governo, spicca la reintroduzione per i consiglieri comunali e provinciali del gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. L'entità del gettone è però ridotta. In nessun caso è dovuta un'indennità ai consiglieri circoscrizionali ad eccezione di quelli delle città metropolitane, per i quali, tuttavia, l'ammontare del gettone non può superare l'importo pari un quarto dell'indennità prevista per il rispettivo presidente. Si prevde, poi, una sforbiciata (che farà il ministero dell'Interno, con decreto) degli importi delle indennità, fino a 3 anni, di una percentuale pari: al 3% per i comuni con popolazione fino a 15mila abitanti e per le province con popolazione fino a 500mila abitanti; al 7% per i comuni con popolazione tra 15.001 e 250mila abitanti e per le province con popolazione tra 500.001 e un milione di abitanti, e al 10% per i restanti comuni e province. Sono esclusi dall'applicazione della disposizione in esame i comuni con meno di mille abitanti. Si conferma la norma che agli amministratori di comunità montane, di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali non possono essere attribuite indennità o emolumenti in qualsiasi forma.

Disposizioni antifrode (articolo 36). Si demanda al Tesoro l'individuazione una black list dei Paesi a maggior rischio di riciclaggio, di finanziamento del terrorismo e in cui lo scambio di informazioni in materia fiscale sia difficoltoso. I destinatari delle misure previste devono evitare o porre fine a rapporti continuativi, operazioni o prestazioni professionali con società fiduciarie, trust, società anonime o controllate aventi sede nei Paesi individuati dalla black list. Per la violazione delle nuove disposizioni introdotte sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.

Disposizioni finanziarie (articolo 55). Autorizzata la spesa di 36 milioni di euro per il 2010 per la proroga del piano di impiego delle Forze armate nel controllo del territorio in concorso con le Forze di polizia e per la corresponsione al personale delle Forze di polizia impiegate nel presidio del territorio insieme al personale delle Forze armate di un'indennità pari a quella omnicomprensiva che spetta al personale delle Forze armate. Previsto un finanziamento di 53 milioni di euro per il 2010 per le spese relative all'istituzione del servizio militare professionale e all'evoluzione delle spese per la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. Autorizzata la spesa di 18,5 milioni per il 2010 per le manifestazioni legate alla celebrazione del 150mo anniversario dell'Unità d'Italia. Una quota delle risorse derivanti da maggiori entrate e minori spese del decreto di manovra è destinata a incrementare il Fondo per interventi strutturali di politica economica, finalizzate alla copertura della manovra finanziaria per l'anno 2011. Rimodulate, in rialzo, le accise sui tabacchi.

Disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 4 a 8 e da 10 a 13). Razionalizzate le modalità di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'elezione di un domicilio diverso dalla residenza. Disposizioni volte a consentire anche per la notifica delle cartelle e di altri atti di riscossione coattiva l'utilizzo della posta elettronica certificata. Gli agenti della riscossione sono autorizzati alla consultazione degli elenchi con gli indirizzi di posta elettronica certificata. Prevista la possibilità per i cittadini di avvalersi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica per la richiesta e la ricezione di atti. La registrazione di un atto non formato per atto pubblico o scrittura privata autenticata è sostituita da una denuncia telematica (la definizione degli atti per i quali la denuncia telematica si sostituisce alla registrazione sarà definita da un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate). Possibilità di rateizzare alcuni pagamenti, senza interessi, per chi ha un basso reddito da pensione. Possibilità che l'ente che eroga il trattamento pensionistico trattenga l'importo del canone Rai a rate. Prevista anche la possibilità da parte degli enti erogatori di pensione di trattenere altri tributi dovuti ad altri enti, su richiesta degli interessati. Le società beneficiarie del ramo d'azienda relativo alla fiscalità locale avvenuto ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del dl 203/2005, possono chiedere dati e notizie necessarie per la riscossione dei ruoli residui agli enti locali che hanno emesso i ruoli. Modifiche al regime di tassazione applicabile agli enti privati di previdenza e assistenza obbligatoria. Misure per rafforzare il procedimento di riscossione dell'Inps. Individuate alcune deroghe agli obblighi di monitoraggio fiscale per i dipendenti pubblici di ruolo che risiedono all'estero per motivi di lavoro.

Dividendi società statali (articolo 16). Si prevede che utili e dividenti realizzati, negli anni 2011 e 2012, da società partecipate e istituto di diritto pubblico, non compresi nel perimetro istituzionale delle amministrazioni pubbliche, siano riassegnati, fino a un massimo di 500 milioni di euro, in un apposito Fondo, gestito dal Tesoro. Serviranno a pagare gli interessi sul debito pubblico.

Documentazione dei prezzi di trasferimento (articolo 26). Vengono introdotte misure per aumentare l'efficacia dell'azione di controllo dell'amministrazione finanziaria sulle operazioni rientranti nella disciplina sui prezzi di trasferimento. Prevista una documentazione standard per riscontrare la conformità del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese. Si tratta di un adeguamento alle direttive Ocse.

Entrata in vigore (articolo 56). Il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della manovra.

Estinzione liti tributarie (articolo 48-ter). Si prevede che, per le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, il pagamento del previsto importo del 5% del valore della controversia estingua il giudizio a seguito di idonea attestazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria da cui risulti: a) la regolarità della istanza; e b) il pagamento integrale di quanto dovuto.

Expo Milano 2015 (articolo 54). Una quota non superiore al 4% delle risorse autorizzate per l'Expo Milano 2015, destinate al finanziamento delle opere, può essere utilizzata per far fronte alle spese di funzionamento della società, ferma restando la partecipazione pro-quota alla copertura delle medesime spese da parte degli azionisti. Prevista anche una relazione trimestrale per garantire la trasparenza sull'utilizzo delle risorse.

Fisco di vantaggio per il Sud (articolo 40). Possibilità per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote dell'imposta sulle attività produttive, con proprie leggi, fino ad azzerarle o a concedere esenzioni, detrazioni e deduzioni relative alla stessa imposta, in favore delle nuove iniziative produttive. Le leggi regionali dovranno rispettare la normativa Ue in materia di aiuti di Stato e gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Con Dpcm, d'intesa con ciascuna delle regioni, sarà stabilito il periodo d'imposta a decorrere dal quale si applicano le disposizioni.

Fondazioni bancarie e valutazione titoli (articolo 52). Arriva una norma d'interpretazione autentica diretta ad attribuire al Tesoro la vigilanza su tutte le fondazioni bancarie. Previste anche delle incompatibilità per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione, controllo presso la fondazione. Si stabilisce poi l'applicabilità anche per l'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto delle disposizioni in materia di valutazione dei titoli iscritti in bilancio che non costituiscono investimenti durevoli.

Fondi immobiliari chiusi (articolo 32). Prevede l'istituzione di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi a carico delle società di gestione del risparmio (Sgr) che hanno istituito fondi comuni d'investimento immobiliari, che si applica - a seguito delle modifiche apportate dalla disposizione in esame al regime civilistico di tali fondi - al momento dell'adeguamento o del non adeguamento alla nuova normativa. Tra le altre novità, si stabilisce poi l'esenzione da ritenuta per i proventi percepiti da fondi pensione e Oicr esteri istituiti in Stati o territori c.d. "white list", nonché da enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e da banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato. Spicca inoltre la previsione che la liquidazione deve essere conclusa nel termine massimo di tre anni. Sui risultati conseguiti dal 1° gennaio 2010 e fino alla conclusione della liquidazione la società di gestione del risparmio applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap nella misura del 19 per cento. L'imposta è versata dalla società di gestione del risparmio il 16 febbraio dell'anno successivo rispetto a ciascun anno di durata della liquidazione. Il nuovo articolo detta poi disposizioni sulla procedura da adottare nel caso di proventi spettanti a soggetti residenti in Stati con i quali siano in vigore convenzioni contro la doppia imposizione: in particolare, in tale ipotesi i sostituti d'imposta devono acquisire una dichiarazione del soggetto effettivo beneficiario da cui risulti - tra l'altro - la sussistenza di tutte le condizioni necessarie per l'applicazione del regime convenzionale, nonché un'attestazione dell'autorità fiscale competente dello Stato ove l'effettivo beneficiario dei proventi ha la residenza, efficace fino al 31 marzo dell'anno successivo a quello di presentazione.

Gas naturale (articolo 51, commi da 1 a 6). La norma introduce misure di semplificazione delle procedure per l'installazione di impianti di rifornimento del gas naturale (metano) al fine di promuovere l'utilizzo degli autoveicoli alimentati con tale combustibile, che consentono un risparmio economico, oltre a ridurre l'inquinamento ambientale. L'eliminazione di una serie di adempimenti considerati inutili dovrebbe promuovere la formazione sul territorio di una rete capillare di distributori per autoveicoli a metano, attualmente composta da circa 750 stazioni. Si prevede, poi, che i consumi di gas naturale destinato agli impianti (cioè, agli impianti fissi senza serbatoi d'accumulo derivati da rete domestica e adibiti al rifornimento per autotrazione) siano assoggettati alle aliquota di accisa previste per il gas naturale per combustione per usi civili.

Immobili "fantasma" (articolo 19). Parte un aggiornamento a tappeto del Catasto, con l'attivazione dell'Anagrafe immobiliare integrata. E' prevista, poi, l'apertura ai comuni a una gestione "partecipata", con il Territorio, delle funzioni catastali. Il Territorio, dal canto suo, dovrà concludere entro il 30 settembre 2010 l'individuazione degli immobili "fantasmi", quelli cioè non dichiarati al catasto. Entro il 31 dicembre 2010, i titolari di diritti reali sugli immobili potranno presentare domanda di aggiornamento catastale. Dopo tale data, il Territorio attribuirà una rendita presunta a tutti quegli immobili non regolarizzati. Secondo gli ultimi dati del Territorio, a oggi, su circa 2 milioni di immobili "fantasma", 500mila stanno "riemergendo" con le procedure previste. Si tratta, ora, di lavorare sull'altro milione e mezzo di immobili, che se non verranno regolarizzati (con sanzioni ridotte a un terzo) entro fine anno, scatterà il calcolo della rendita presunta (e le sanzioni saliranno a un terzo del valore catastale), con oneri a carico dell'interessato. E' bene far notare che l'emersione dell'immobile è solamente ai fini della regolarizzazione catastale delle imposte evase negli anni, e quindi non sana eventuali altri illeciti, come, per esempio, gli abusi edilizi.

Imprese "apri e chiudi", contrasto al fenomeno (articolo 23). Arriva una specifica azione di vigilanza fiscale sulle cosiddette imprese "apri e chiudi". La norma prevede che le imprese che cessano l'attività entro un anno dall'inizio siano considerate ai fini delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Gdf e dell'Inps. Lo scopo è quello di assicurare una vigilanza sistematica su queste situazioni a rischio di evasione e frode fiscale e contributiva.

Imprese in perdita sistemica, contrasto al fenomeno (articolo 24). La disposizione prevede una specifica azione di vigilanza fiscale sistematica sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per più di un periodo d'imposta e che non abbiano deliberato (e interamente liberato) aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali nello stesso periodo. A tal fine, il Fisco e la Gdf predispongono una programmazione dei controlli fiscali che assicuri tale vigilanza, basata su specifiche analisi di rischio. Restano escluse, peraltro, le situazioni in cui le perdite fiscali siano determinata da compensi erogati ad amministratori e soci.

Incentivi per il rientro di ricercatori (articolo 44). Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che tornano a svolgere la propria attività in Italia. Necessario il possesso di titolo di studio universitario o equiparato, il fatto di non essere occasionalmente residenti all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università: occorrono almeno 2 anni continuativi di lavoro all'estero. La norma è operativa dalla data di entrata in vigore del decreto di manovra per chi torna in Italia entro 5 anni successivi.

Indebita percezione di prestazioni sociali agevolate e altre disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 1 a 3). Iniziative per contrastare con maggiore efficacia l'indebita percezione di prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate in relazione al diritto allo studio. Previsti scambi informativi fra Inps, ministero del lavoro. Agenzia delle entrate ed enti che erogano le prestazioni. Gli enti erogatori dovranno trasmettere all'Inps i dati dei soggetti che beneficiano di prestazioni sociali agevolate. Prevista la restituzione delle somme indebitamente percepite.

Interventi salva euro (articolo 17). Il consiglio Ecofin di maggio scorso ha previsto un meccanismo di sostegno dell'area euro che prevede la costituzione di una speciale "società" (special purpose vehicle, Spv), della quale tutti gli Stati membri saranno azionisti e garantiranno eventuali emissioni di obbligazioni. La norma in esame autorizza l'Italia ha partecipare al capitale di questa società, prevedendo, per il 2010, uno stanziamento massimo di 20 milioni di euro.

Lotta all'evasione (articolo 18). Prevede la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario e contributivo. Tra gli altri compiti, spicca quello che potranno segnalare a Fisco, Guarda di Finanza e Inps eventuali irregolarità contributive e fiscali. Per quanto riguarda l'accesso alle banche dati del Fisco e alle dichiarazioni dei contribuenti, servirà un provvedimento autorizzativo specifico del direttore delle Entrate. Per facilitare il loro compito, potranno costituire un organismo ad hoc: il Consiglio tributario. E sale dal 30% al 33% l'ammontare della quota spettanti ai comuni che hanno contribuito all'accertamento.

Microevasione diffusa (articolo 28). Per contrastare la microevasione diffusa sul territorio l'Agenzia delle entrate eseguirà controlli su quei soggetti che hanno percepito e non dichiarato redditi da lavoro dipendente e assimilati sui quali risultano versati contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute. Si punta anche a un maggior grado di efficienza e di efficacia delle attività di controllo e di accertamento di massa, de localizzando alcune attività ad apposite articolazioni dell'Agenzia delle entrate.

Micro-invalidità conseguenti a incidenti stradali (articolo 10-bis). In arrivo nuove norme contro le false attestazioni - intese al riconoscimento del risarcimento del danno da parte delle imprese assicuratrici - relative a micro-invalidità conseguenti a incidenti stradali. La norma estende, a carico dei medici, per le ipotesi di false attestazioni suddette le sanzioni penali previste per i casi di false attestazioni di stati di malattia dei pubblici dipendenti (volte a giustificare l'assenza dal servizio dei medesimi).

Mini-naia (articolo 55, commi da 5-bis a 5-sexies). Si prospettano per i giovani stage di 3 settimane nelle Forze armate. Previsto un costo di 20 milioni.

Nuovi sistemi di pagamento della Pubblica amministrazione (articolo 4, commi da 1 a 4). Spetterà a Via XX Settembre promuovere la realizzazione di un servizio nazionale per pagamenti su carte elettroniche istituzionali, inclusa la tessera sanitaria. L'obiettivo è favore una maggiore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da parte di enti e pubbliche amministrazioni a cittadini e utenti. A regime, il processo offrirà al cittadino la possibilità di ricevere somme mediante accredito su una carta elettronica "istituzionale" già in suo possesso (come la tessera sanitaria o la carta multi servizi Inps). E' previsto un canone a carico del gestore finanziario del servizio, che deve essere pari al 20% delle commissioni di interscambio che il gestore del servizio consegue per i pagamenti diretti che sono effettuati dai cittadini con le carte.

Patto di stabilità interno e comune di Roma (articolo 14). La norma prevede che il concorso alla Manovra per le autonomie locali è determinato in 6,3 miliardi per il 2011, di cui 4 miliardi a carico delle regioni a statuto ordinario. Più salato il conto 2012-2013, dove il "contributo" sale a 8,5 miliardi l'anno, che sarà determinato sentendo anche la conferenza Stato-Regioni. Il concorso di province e comuni avviene attraverso la riduzione degli stanziamenti correnti del ministero dell'Interno. Nuove sanzioni e conferma del divieto di assunzioni per gli enti che hanno sforato il patto di stabilità nel 2009. Norme meno severe per i comuni "virtuosi". I comuni con meno di 5mila abitanti dovranno svolgere le funzioni fondamentali in forma associata e quelli con meno di 30mila abitanti non possono costituire società e quelle già in essere dovranno essere liquidate entro il 31 dicembre 2010. Si mette, poi, fine a una disputa su chi compete la giurisdizione in materia di servizi di smaltimento rifiuti: spetta la giudice ordinario e non alle Commissione tributarie. La norma interviene poi sul debito del comune di Roma. Per attenuare il rosso nel bilancio del comune di Roma, arriveranno 300 milioni l'anno, a decorrere dal 2011. I soldi in più, altri 200 milioni, potranno essere reperiti con un'addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri di aerei in partenza dagli aeroporti romani fino a un massimo di un euro per passeggero, con un aumento dell'Irpef, fino al massimo dello 0,4 per cento. Tali soldi dovranno confluire in un apposito fondo ed essere utilizzati solo per ridurre il disavanzo di gestione dell'ente. Viene riformulata e diversamente articolata la fattispecie relativa al contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari, generate da modifiche dello strumento urbanistico: sono state tra l'altro modificate le modalità quantitative per definire il contributo (da un contributo da computare su un massimo dell'80% del valore aggiunto, a un contributo del 66% del valore aggiunto). La norma prevede anche l'istituzione di un fondo di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011, con la finalità di agevolare i piani di rientro dei Comuni per i quali sia stato nominato un commissario straordinario. Il comune di Roma dovrà poi tagliare poltrone e stipendi troppo alti, razionalizzare le proprie partecipazione societarie e introdurre un contributo di soggiorno per i turisti, fino al massimo di 10 euro per notte. Via libera, anche, a valorizzazioni del proprio patrimonio immobiliare e maggiorazione, fino al 3 per mille, dell'Ici sulle abitazioni diverse dalla prima casa, tenute a disposizione. Si consente, poi, alla regione Campania di includere nel piano di "rientro" l'eventuale acquisto del termovalorizzatore di Acerra, anche mediante l'utilizzo - previa delibera del Cipe - della quota regionale del Fas. Si vieta inoltre ai comuni con meno di 30mila abitanti di costituire società e ai comuni con popolazione tra 30mila e 50mila abitanti di partecipare a più di una società, prevedendo la liquidazione (o anche la cessione, nel primo caso) di quelle esistenti, entro il 31 dicembre 2011. La disposizione non si applica alle società costituite da più comuni, la cui popolazione complessiva superi i 30mila abitanti, con partecipazione paritaria o con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti. Arriva poi una norma interpretativa che afferma la natura non tributaria della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

Pedaggi autostradali (articolo 15). Che saranno applicati su tutte le autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di Anas, a partire dal 1° luglio. Gli importi e le modalità di applicazione dovranno essere decise dal Governo entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Nel frattempo (ma fino al 31 dicembre 2010), Anas può applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di 2 euro per le classi 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazioni delle autostrade a pedaggio che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali gestiti direttamente da Anas.

Pensioni e buonuscita (articolo 12). Si modifica il regime delle decorrenze per il pensionamento di vecchiaia ordinario, prevedendo un nuovo regime per le decorrenze del pensionamento anticipato. Per i lavoratori dipendenti, si prevede il diritto alla decorrenza del trattamento decorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti previsti, mentre per gli autonomi, la soglia sale a 18 mesi. Si dettano, poi, norme per armonizzare queste norme con le decorrenze delle pensioni dei lavoratori che accedono alla totalizzazione dei periodi assicurativi e si specifica che, sui trattamenti derivanti da totalizzazione, le nuove norme si applichino ai soggetti che maturino il diritto al relativo trattamento a decorrere dal 1° gennaio 2011. Nello specifico, si prevede che i predetti lavoratori accedano al pensionamento con le medesime decorrenze previste, nel sistema generale, per i lavoratori autonomi. Inoltre, si prevede che in caso di pensione ai superstiti, la pensione decorra dal primo giorno del mese successivo a quello di decesso del dante causa. In caso di pensione di inabilità, dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di pensione in regime di totalizzazione. Queste norme valgono per i lavoratori che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010. E' prevista una deroga, fino a un massimo di 10mila unità, per i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, di mobilità lunga ovvero percettori di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore. Vigilerà l'Inps. Eliminato, poi, il "refuso" che agganciava i 40 anni di contributi all'aspettativa di vita resta la norma sull'età per l'adeguamento che viene nuovamente fissata al 2015: l'aggiornamento triennale legato alle speranze di vita (riguarda anche gli assegni sociali) partirà dal 2015 e non più dal 2016. Le dipendenti pubbliche interessate al 2012 dall'innalzamento dell'età pensionabile sono 20mila- 25mila. Si salva chi ha maturato i requisiti di età e anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2009. Novità anche sul fronte del Tfr. Se l'importo è inferiore ai 90mila euro, sarà erogato in un unico importo annuale. In due importi annuali, se la prestazione è compresa tra i 90mila e i 150mila euro, in 3 importi annuali, se si superano i 150mila euro. In tal caso, il primo e secondo importo sono pari a 90mila e 60mila e il terzo importo annuale sarà pari alla somma rimanente. La norma conferma la possibilità di posticipare la prima scadenza utile per il pagamento del primo importo annuale. Specifica importante. La nuova disciplina del Tfr non trova applicazione per le prestazioni derivanti da collocamento a riposo entro il 30 novembre 2010, a condizione che la cessazione dell'impiego avventa entro la stessa data.

Pesca marittima (articolo 54-bis). Per armatori imbarcati su navi da pesca, ivi compresi i soci lavoratori di cooperative della piccola pesca, è previsto un trattamento di sostegno pari all'80% dei salari minimi garantiti in caso di sospensione dell'attività di pesca, per la crisi economica.

Quote latte (articolo 40-bis). Arriva la proroga del versamento dei tributi per le multe delle quote latte. La misura, già approvata dalla commissione Bilancio, prevede la sospensione dei versamenti per altri sei mesi, dal 30 giugno al 31 dicembre 2010.

Razionalizzazione spese Pubblica amministrazione (articolo 8). Si riduce dal 3% al 2% il limite delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso ad amministrazioni statali. Sono fatte salve le spese obbligatorie riconducibili al Codice dei beni culturali e quelle relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Bisognerà studiare con l'Agenzia del demanio tutte le soluzioni di affitto di immobili, per uso governativo, che faranno risparmiare l'Erario, introducendo una sanzione per il caso di mancato rilascio degli immobili: riduzione lineare degli stanziamenti di spesa dell'amministrazione, pari all'8% del valore di mercato dell'immobile, rapportato al periodo di maggior permanenza in uso. Si dovranno contenere anche i consumi intermedi, del 3% nel 2012 e del 5% a decorrere dal 2013. Slitta al 31 dicembre 2010 il termine per l'applicazione delle disposizioni in materia di valutazione dei rischi, con riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si attribuisce ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali la competenza ad adottare i provvedimenti con i quali le amministrazioni dichiarano le opere, servizi e forniture da considerarsi "segreti" oppure "eseguibili con speciali misure di sicurezza". Buona notizia per il comparto Scuola: le economie di spesa realizzate (al momento, circa 2 miliardi) per effetto della manovra 2008 resteranno nella Scuola e andranno a "recuperare" il blocco degli scatti d'anzianità per insegnanti e Ata. Analogamente, viene istituito nello stato di previsione del Tesoro un fondo, con dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco interessato dal blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali. Arriva poi un differimento al 31 dicembre 2010 del termine di decorrenza degli obblighi sulla valutazione dei rischi relativi allo stress lavoro-correlato, che vale anche per i datori di lavoro privato.

Redditometro (articolo 22). Delega alle Entrate per riscrivere il "redditometro". L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato è inferiore del 20% rispetto a quello accertato in via sintetica dal "redditometro". (Attualmente scatta se inferiore del 25 per cento).

Regime fiscale di attrazione europea (articolo 41). La norma riconosce alle imprese residenti in altro Stato membro dell'Unione europea che intendono svolgere in Italia una nuova attività economica la possibilità di scegliere la normativa fiscale statale applicabile fra quelle esistenti all'interno dell'Unione. Si prevede inoltre che a tale scopo le suddette imprese dovranno interpellare l'Amministrazione finanziaria in materia di ruling internazionale. La scelta da parte di tali imprese di svolgere una nuova attività economica in Italia chiedendo l'applicazione delle regole fiscali vigenti altro Stato europeo è estesa anche ai loro dipendenti e collaboratori per un periodo di tre anni. Due le condizioni necessarie per poter fruire del regime fiscale suddetto: a) deve trattarsi di attività economiche avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge; e b) deve trattarsi di attività economiche effettivamente svolte in Italia.

Reti d'imprese (articolo 42). L'agevolazione fiscale prevista dalla manovra per le reti d'imprese potra' essere fruita "nel limite complessivo di risorse pari a 20 milioni di euro per l'anno 2011 e di 14 milioni di euro di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 32" della manovra sulla riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi. La manovra stabilisce che il contratto di reti d'imprese potra' prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale in cui far confluire fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 una quota degli utili delle imprese. L'agevolazione fiscale per le imprese consiste nel fatto che la parte di utili fatti confluire nel fondo patrimoniale non concorrono al reddito delle imprese se non quando questi fondi vengono utilizzati per la copertura di perdite di esercizio oppure quando viene meno l'adesione al contratto di rete. L'importo che non concorre al reddito d'impresa non potra' comunque superare il tetto di un milione di euro.

Riduzioni di spesa per Presidenza del Consiglio dei Ministri e Bankitalia (articolo 3). Arrivano misure di contenimento delle spese ad hoc. La presidenza del consiglio dei ministri, sul bilancio 2010, dovrà raggiungere un risparmio non inferiore a 17 milioni attraverso una riduzione di posti negli organici dirigenziali. Un risparmio di ulteriori 3 milioni dovrà uscir fuori dalla "dieta" alle strutture di missione e non meno di 50 milioni arriveranno dalla riduzione degli stanziamenti ai Ministri senza portafoglio e Sottosegretari. A Palazzo Koch, nell'ambito della propria autonomia, è chiesto, invece, di "tener conto" dei principi di contenimento della spesa, per il triennio 2011-2013, previsti dal presente articolo.

Rifinanziamento del fondo infrastrutture (articolo 46). Disciplina la revoca di mutui assunti dalla Cassa depositi e presiti con oneri interamente a carico dello Stato e interamente non erogati ai soggetti beneficiari.

Riscossione, accelerazione (articolo 29). Processo di accelerazione della riscossione delle somme dovute in seguito ad accertamento dell'Agenzia delle entrate in materia di imposte sui redditi e di Iva. Riduzione dei tempi intercorrenti tra la notifica degli avvisi di accertamento e quelli di notifica della cartella di pagamento. La fase che precede l'esecuzione forzata, le nuove modalità e i nuovi termini impegnano contribuente, Agenzia delle entrate e agente della riscossione al rispetto delle scadenze. Previste anche modalità di colloquio tra ente creditore e agente della riscossione. L'avviso di accertamento emesso ai fini delle imposte sui redditi e dell'Iva e il connesso provvedimento sanzionatorio costituiscono, a decorrere dal 1° luglio 2011, titolo esecutivo all'atto di notifica del contribuente. Devono contenere l'intimazione ad adempiere, entro il termine di proposizione del ricorso, all'obbligo di pagamento degli importi indicati.

Riscossione Inps (articolo 30). Dal 1° gennaio 2011 il recupero delle somme dovute all'Inps viene effettuata tramite un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. A pena di nullità l'avviso deve contenere il codice fiscale dell'interessato, il periodo di riferimento e la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale e sanzioni, l'agente della riscossione competente. In via prioritaria l'avviso sarà notificato tramite posta elettronica certificata o dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale.

Riutilizzo impegni di spesa non utilizzati (articolo 1). Si prevede il de-finanziamento delle autorizzazioni di spesa totalmente inutilizzate negli ultimi 3 anni. L'obiettivo è recuperare risorse da destinare al Fondo ammortamento titoli di Stato.

Scia, segnalazione certificata di inizio attività (articolo 49). Maglie più strette per la "Scia", che in futuro sostituirà ogni genere di autorizzazione per avviare un'impresa, che avrà più paletti. Nel maxi-emendamento è infatti previsto che ogni autorizzazione sarà sostituita da una segnalazione dell'interessato ma "con la sola esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizioni del gettito, anche derivante dal gioco, nonchè quelli imposti dalla normativa comunitaria". L'attività potrà iniziar dal giorno della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. Raddoppiano, passando da 30 a 60 giorni dal giorno della segnalazione, i tempi entro quali l'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti, può adottare motivati provvedimenti i divieto della prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dell'attività stessa, salvo che l'interessato non si conformi alla normativa vigente entro un termine fissato dall'amministrazione che non potrà comunque essere inferiore a 30 giorni.

Servizi di linea (articolo 54-ter). Si prevede che i servizi di linea di competenza statale non possano essere soggetti a obblighi di servizio, come, invece, previsto dalla normativa comunitaria in materia, e a fronte del loro esercizio, non venga erogata alcuna compensazione o altra forma di contribuzione pubblica.

Sforbiciata alle spese per manager e consulenti pubblici (articolo 6). Scatta una riduzione del 10% di indennità, compensi, gettoni e retribuzioni, comunque, denominate, corrisposte da Pubbliche amministrazioni, incluse le Autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali vari e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo. Si specifica che la riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio. I compensi dovuti al dipendente pubblico che sia autorizzato (dal consiglio dei ministri) a partecipare all'amministrazione o a fare parte di collegi sindacali di società o enti sia corrisposto non all'impiegato stesso ma all'amministrazione di cui egli fa parte. Sono invece esclusi dal taglio i commissari straordinari del Governo e gli altri commissari straordinari comunque denominati. Scatta, poi, una cura dimagrante per comitati di gestione e collegi dei revisori, i cui componenti, d'ora in poi, non potranno superare, rispettivamente, il numero massimo di 5 e di 3. Se non verrà fatta, sarà considerata "danno erariale". In coerenza con queste misure, tutte le amministrazioni ed enti inserite nel conto economico consolidato dello Stato (elenco Istat) dovranno procedere a una riduzione del 10% del compenso dei componenti il consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Sono escluse da questa norma le società quotate e quelle controllate. Devono, poi, essere ridotte del 20% (rispetto alle spese 2009) i costi per studi e consulenze, con esclusione, però, di: università, enti e fondazioni di ricerca, e organismi equiparati, attività sanitarie connesse con il reclutamento, l'avanzamento e l'impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Bisognerà risparmiare (sempre -20% rispetto alle spese 2009) su relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. Ogni ministero competente dovrà autorizzare stanziamenti ad hoc per feste ed eventi celebrativi. Vengono soppresse le spese per le sponsorizzazioni e la diaria di missione all'estero. Si potranno rimborsare solo le spese effettivamente sostenute (viaggio, vitto e alloggio) per recarsi all'estero. Si riduce del 50% la spesa per attività di formazione, che dovrà essere svolta (prioritariamente) tramite la Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Meno 20% (rispetto alla spesa 2009) anche sulle spese per i buoni taxi e il noleggio autovetture. Si dispone, poi, la soppressione del Comitato per l'intervento nella Sir e in settori ad alta tecnologia, a decorrere dall'entrata in vigore della Manovra. Da segnalare, infine, la previsione che tutte le amministrazioni pubbliche non possono effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per 3 esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrastrutturali. Entro tali limiti, tuttavia, sono consentiti trasferimenti a fronte di convenzioni o contratti di servizio relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Si prevede, ancora, che le agenzie fiscali possano assolvere - per il triennio 2011-2013 - a una serie di misure di contenimento della spesa dell'apparato amministrativo effettuando il riversamento, a favore dell'entrata del bilancio dello Stato, del 2,5% delle dotazioni previste sui capitoli relativi ai costi di funzionamento stabiliti con l'ultima legge di bilancio. Sono escluse dalla stretta sul contenimento delle spese gli enti previdenziali trasformati in persone giuridiche di diritto privato. Si stabilisce, infine, che siano riassegnate al Ministero della Difesa le risorse provenienti dalla rideterminazione, a partire dal 2011, del canone di occupazione degli alloggi di servizio del ministero della Difesa dovuto dagli utenti senza titolo.

Soppressione enti pubblici inutili (articolo 7). Chiuderanno i battenti l'Ipsema, l'Ispesl (l'Inail prenderà le relative funzioni), l'Ipost (che confluirà in Inps) e l'Enam (riassorbito dall'Inpdap). Si prevede, poi, una riorganizzazione dell'ordinamento degli enti pubblici di previdenza e assistenza, con tagli, anche, al consiglio di indirizzo e vigilanza. Lo Ias, Istituto di affari sociali, confluirà nell'Isfol, e l'Enappsmsad, l'Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici, nell'Enpals. Sarà invece soppresso tout court l'Isae, prefigurando il passaggio del relativo personale (a tempo indeterminato) a Via XX Settembre. La Presidenza del Consiglio dei Ministri subentrerà nell'Ente italiano montagna. Si riscrive la ri-costituzione del consiglio di amministrazione della Sogin spa e la nuova nomina dei componenti degli organi sociali della Sace spa. Vengono, poi, attribuite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le funzioni di programmazione economica e finanziaria per gli interventi per lo sviluppo economico e territoriali, inclusa la gestione del Fondo aree sottoutilizzate, fatta eccezione per le funzioni di programmazione economica e finanziaria non ricomprese nelle politiche di sviluppo e coesione. Il ministero per lo Sviluppo economico vigilerà sul Comitato nazionale permanente per il microcredito. La Funzione pubblica è autorizzata a spendere 2 milioni di euro per l'anno 2011 per assicurare lo svolgimento delle funzioni di Autorità nazionale anticorruzione. Viene soppressa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, mentre si autorizza l'assegnazione di un contributo straordinario di 250mila euro per l'anno 2011 a favore del Comitato atlantico italiano.

Spese dei ministeri, taglio del 10% (articolo 2). Arriva, a partire dal 2011, una "sforbiciata" lineare del 10% alle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente, di ciascun ministero. Il ministero dell'Istruzione, per esempio, subirà un taglio, fino al 2013, di circa 310 milioni di euro, che peserà, per quasi la metà, sui fondi destinati all'istruzione scolastica. Con una modifica apportata in commissione Bilancio, al Senato, è stata prevista la possibilità di una ulteriore riduzione lineare delle medesime dotazioni finanziarie, qualora le misure finanziarie previste per il personale delle pubbliche amministrazioni dovessero dare risultati inferiori a quelli previsti. Tale riduzione ulteriore, da effettuarsi sino a concorrenza dello scostamento finanziario riscontrato, verrà realizzata con Dpcm, su proposta del Tesoro, previo ok da parte del consiglio dei ministri.

Stock option ed emolumenti variabili (articolo 33). Prevista una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option ed emolumenti variabili che eccedano il triplo degli emolumenti fissi della retribuzione. L'addizionale è prelevata dal sostituto d'imposta al momento della corresponsione dei compensi. La norma è stata varata in considerazione degli effetti distorsivi prodotti sul sistema finanziario e sull'economia mondiale dal riconoscimento di bonus e stock option collegati agli andamenti del mercato ai manager e agli amministratori di banche e istituti finanziari.

Tracciabilità pagamenti (articolo 20). Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, con possibilità di variazione in relazione alla media europea, il tetto alla tracciabilità del contante. Riscritte anche le sanzioni, prevedendo un inasprimento dei valori minimi e massimi riferibili alle infrazioni che superano i 50mila. Per le violazioni inferiori a questo importo, scatta una sanzione, in valore assoluto, di 3mila euro. Una modifica in commissione, ha previsto una sorta di "irresponsabilità" per le eventuali violazioni commesse dal 31 maggio 2010 al 15 giugno 2010, riferite alle lmitazioni di importo introdotte dalla norma.

Zone a burocrazia zero al Sud (articolo 43). Sono istituite zone a burocrazia zero nel Meridione per favorire nuove iniziative produttive. I provvedimenti amministrativi – esclusi quelli di natura tributaria – saranno adottati da un Commissario di Governo, che, se necessario, convoca apposite conferenze di servizi. Se entro 30 giorni dall'avvio del procedimento non viene emanato alcun provvedimento, questo si intende adottato nei confronti del richiedente. Se la zona a burocrazia zero coincide con una zona franca urbana il sindaco concede le risorse previste in favore delle zone franche urbane per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive. Le prefetture dovranno dal canto loro assicurare che nella realizzazione dei piani di sicurezza del territorio sia data priorità alle iniziative da assumere nelle zone a burocrazia zero.

 

 

 

In dieci anni 3,5 miliardi di aiuti

Cronologia articolo17 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 08:01.

ROMA - Negli ultimi dieci anni l'autotrasporto italiano ha incassato 3,5 miliardi di contributi. Solo nel 2009, l'anno della grande crisi, gli stanziamenti a favore del popolo dei Tir hanno raggiunto la stratosferica cifra di 720,2 milioni, più del doppio dell'intero ammontare del decreto incentivi che a primavera ha finanziato con soli 300 milioni il rilancio di diversi settori: dall'acquisto dei motorini alle cucine componibili passando per navi e rimorchi. Più o meno la stessa cifra, 700 milioni, attende gli autotrasportatori anche quest'anno: si tratta di un pacchetto di stanziamenti, tra strutturali e aggiuntivi, previsti fin dall'avvio del tavolo che ha visto riuniti per 7 mesi associazioni di categoria, governo e committenza, sfociato nell'accordo del 17 giugno scorso.

 

Mediamente, dal 2006 al 2009, il settore ha assorbito un fiume di denaro pari a 600 milioni l'anno. Il flusso è andato crescendo: dal 2000 al 2005 gli interventi strutturali hanno fruttato 1.129,2 milioni, dal 2006 al 2009 sono diventati 1.052,8 milioni grazie all'inserimento di 75 milioni annui per la riduzione dei premi Rc auto. A questi, sempre dal 2006, si sono aggiunti 1.344 milioni provenienti da stanziamenti aggiuntivi previsti in occasione di protocolli d'intesa stilati tra governo e associazioni di categoria. Deduzioni forfettarie, riduzione dei pedaggi autostradali e premi Inail le voci più consistenti (si veda anche la tabella in pagina), ma gli aiuti continuano anche a sostenere voci di spesa ormai chiaramente obsolete: è il caso delle "deduzione per la telefonia fissa", quando i costi telefonici sono ormai molto concorrenziali.

La grande mole di denaro non ha prodotto cambiamenti sostanziali nel settore. Il popolo dei Tir resta frammentato, polverizzato, debole e arretrato come dieci anni fa: due terzi delle aziende iscritte all'Albo è ancora a conduzione familiare, sono i cosiddetti "padroncini". Solo 1.433 aziende su 166mila è una società per azioni. La maggior parte non conta più di un camion. La tecnologia è pressocchè sconosciuta: secondo un'indagine del Comitato centrale dell'Albo degli autotrasportatori solo il 12% ha fatto qualche innovazione, mentre il 68% delle aziende non ha nessuna intenzione di fare investimenti per migliorare le performance dell'azienda. Anche la riforma del 2005 (legge 32/2005) messa a punto dal governo Berlusconi per abolire le cosiddette "tariffe a forcella" e liberalizzare il settore non ha prodotto gli esiti sperati. La concorrenza è cresciuta e spesso è diventata sleale in un mercato gonfiato da un eccesso di offerta: in dieci anni le aziende iscritte all'Albo sono aumentate, anche se di poco, passando dalle 103.769 censite dall'Istat nel 2001 alle attuali 163.938. Il mercato non ha prodotto la selezione naturale, mentre tutte le leggi a sostegno delle fusioni si sono rilevate un flop. Gli aiuti hanno "drogato" il sistema, mantenendo i prezzi del trasporto sostanzialmente bassi e permettendo a molte imprese di rimanere in vita solo grazie agli aiuti. Un meccanismo riconosciuto sia dalle associazioni di categoria che dai rappresentanti della committenza. E che ogni governo, indipendentemente dal colore politico, non è riuscito a correggere.

"Le risorse non hanno inciso nè sulla struttura delle aziende – ammette Pasquale Russo, segretario generale dell'Unatras (l'associazione che rappresenta quasi 90mila aziende) – nè sulla capacità di crescita. Molte aziende hanno usato gli aiuti per abbattere i costi e agevolare la committenza. Negli ultimi tempi con gli aiuti si fa il bilancio". "Gli incentivi al settore – ammette Andrea Furlanetto, manager della Ticontract, una delle piattaforme di tender logistici più importanti d'Europa – hanno fatto in modo che i prezzi del trasporto si mantenessero sempre bassi. Dal punto di vista della committenza, ovviamente, questa situazione è conveniente, ma spesso è difficile trovare aziende italiane con capacità produttiva e garanzie solide".

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2010-07-15

Approvata la manovra. Il testo integrale e le novità in una bussola della finanziaria d'estate

di Dino PesoleCronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 08:01.

ROMA - Con 170 sì, 136 no e nessun astenuto, il governo incassa la fiducia dell'Aula del Senato sul maxiemendamento del relatore (leggi il testo integrale), con alcune limitate correzioni (ecco le principali novità e una bussola su fisco, statali, autonomie, imprese, previdenza e immobili) al testo della manovra correttiva varato dalla commissione Bilancio. Il decreto di correzione dei conti per il 2011-2012 passa adesso all'esame della Camera per la seconda lettura. A Montecitorio il testo arriva "blindato" e dovrebbe essere approvato senza modifiche e con un altro voto di fiducia entro fine mese. L'opposizione del Pd risponde proclamando per il 16 e 17 luglio due giornate di mobilitazione nazionale.

Si chiude così il primo, decisivo passaggio parlamentare per il decreto varato lo scorso 25 giugno dal consiglio dei ministri. La manovra biennale da 24,9 miliardi, negli intendimenti del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dovrebbe consentire di ridurre il deficit dal 5% del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012, in linea con gli impegni assunti in sede europea. Il voto è atteso per questa mattina, poi toccherà alla Camera che esaminerà un testo sostanzialmente blindato. Si profila anche a Montecitorio il ricorso al voto di fiducia sul decreto, che comunque dovrà essere convertito in legge entro il 29 luglio.

"Non so se sia un'ideologia, ma l'austerità certamente è una necessità e una responsabilità", ha commentato Tremonti. Il decreto in sostanza serve a ridurre il deficit, ma l'austerità è tutt'altro che conclusa da noi come in tutta Europa. "La crisi ha segnato il passaggio necessario a una diversa visione, in un'Europa che produce più debito che ricchezza, più deficit che Pil", ha aggiunto Tremonti nel corso del suo intervento all'assemblea di Confcooperative. In questo senso, la manovra che sta per affrontare l'esame della Camera è "il primo atto di condivisione della necessità del cambiamento rispetto al passato". Di fronte alla crisi "nell'insieme il paese ha tenuto, tiene, e terrà. Nessuno ha avuto l'idea di una rottura del clima di coesione sociale. E questo è dovuto ad un profondo senso di responsabilità nel paese".

Per il relatore Antonio Azzollini, la manovra contiene diversi provvedimenti "strutturali, tra cui quello delle pensioni che per i nostri conti pubblici rappresenta una vera e propria stabilizzazione di lungo periodo". Tesi che l'opposizione non condivide affatto: "È intollerabile - commenta Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd a Palazzo Madama - che si faccia una manovra che fa pagare tanto, anche sotto il profilo dei diritti sociali, ai cittadini più deboli e che i grandi redditi non paghino nulla". "Intollerabile" è altresì il ricorso alla fiducia su una manovra "senza strategia politica, dove l'unica strategia è quella contabile dei tagli".

Anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini critica la manovra: "È inevitabile ma costruita male. I tagli lineari sui bilanci regionali saranno pagati dai cittadini in termini di erogazione di servizi". In più - a parere di Casini - c'è "il buco nero delle quote latte. Non si può privilegiare chi per anni non ha pagato a scapito dei cittadini". "Sono istituzionalmente rispettoso di quanto sta avvenendo in Senato - aggiunge il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan sul tema delle quote latte - e non mi sento di aggiungere altro su di una vicenda che comunque mi lascia sconcertato".

Come previsto, le correzioni sono state apportate (compreso l'allentamento della strettea sulle polizze assicurative) per gran parte nel corso dell'esame in commissione Bilancio. All'aula, il compito di ratificarle con il voto di fiducia. Sono stati utilizzati oltre 675mila fogli di carta, che coprono una distanza di 195 chilometri. Novanta le ore di dibattito per discutere 3.020 emendamenti di cui solo 83 hanno ricevuto il via libera. Come da consuetudine, alla Ragioneria il compito di fornire in tempo reale il quadro delle coperture agli emendamenti del relatore concordati con il governo. Sull'argomento è intervenuto ieri alla Camera il ragioniere generale dello stato, Mario Canzio: "Ci vengono sottoposte relazioni tecniche talvolta lacunose, talaltra qualitativamente scadenti. Alcune relazioni contengono informazioni e dati sufficienti ad acquisire una ragionevole certezza in ordine agli effetti finanziari. Altre presentano elementi di dettaglio che a volte possono risultare anche eccessivi e ridondanti". Canzio contesta quanti "mettono in discussione l'operato della Ragioneria. Come primo rappresentante della Ragioneria, posso solo dire di sentirmi come la moglie di Cesare".

 

 

 

Spese processuali, riscossione Inps, gettoni di presenza: ecco le novità della manovra

Marco MobiliCronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 08:00.

ROMA - Ritocchi e aggiustamenti fino all'ultima ora per il maxi-emendamento alla manovra correttiva. Dal taglio dei fondi per i patronati, ora più salati ma diluiti in tre anni, alla riduzione dei tempi concessi ai contribuenti per saldare i conti con l'Inps in caso della notifica di un "avviso di addebito". Novità anche per la segnalazione di certificazione di inizio attività, così come per la stangata alle compagnie di assicurazione (si vedano i servizi nelle pagine successive).

Non poche, poi, le norme cancellate nella stesura definitiva del testo presentato in aula al Senato per il voto di fiducia di questa mattina. Salta l'introduzione dei costi minimi nell'autotrasporto, destinata a un futuro decreto legge. Una cancellazione accolta positivamente dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha sottolineato come "l'impegno degli imprenditori alla fine abbia fatto prevalere la ragione e il senso del mercato".

Esce dalla manovra anche la riduzione a 1.000 euro delle operazione di money transfer verso paesi extra Ue, mentre salta la deroga nella formazione delle classi con studenti disabili che a questo punto non potranno avere più di 20 alunni. Scompaiono dalla manovra anche la trasformazione della fondazione Gaslini in un ente privato, nonché la possibilità di nomina da parte del ministero della Salute del direttore scientifico degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs).

Patronati

Con il taglio dei trasferimenti ai patronati si scongiura l'aumento contributivo previsto per tutti i dipendenti a partire dal 1° gennaio 2011. Il taglio, come prevede ora il maxiemendamento rispetto alle modifiche apportate in commissione dal relatore Antonio Azzollini (erano 87 milioni nel 2011), viene ora spalmato in tre anni (2011-2013) e si concretizza in una decurtazione di 30 milioni annui per le strutture operative dei sindacati che offrono servizi.

Riscossione Inps

Si riduce a 60 giorni il tempo utile per il pagamento delle somme che, dal 1° gennaio 2011, gli verranno contestate direttamente dall'Inps con la notifica dei nuovi "avvisi di addebito". Nel testo del decreto legge si prevedeva che il pagamento doveva avvenire in 90 giorni e scaduto il termine sarebbe scattata l'esecuzione forzata da parte dell'agente della riscossione. Oltre a ridurre i tempi in 60 giorni anche l'esecuzione forzata viene ora sostituita dall'espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Spese processuali

Mini aumenti delle spese di giudizio per consentire al ministero della Giustizia l'assunzione di 250 magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Per coprire le spese scatta l'aumentano delle voci del contributo unificato dovuto per i processi amministrativi e civili: dai 33 euro per processi di valore fino a 1.100 euro fino ai 1.221 euro per i processi di valore superiore a 520.000 euro. Aumenta di 20 euro (220 complessivi) anche il contributo per i procedimenti di esecuzione immobiliare.

Gettoni di presenza

Per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane un piccolo aumento del gettone di presenza che potrà essere pari fino al 25% (in commisisone era stata fissata nel 20%) dell'indennità prevista per il rispettivo presidente.

Agenzie fiscali

L'amministrazione finanziaria potrà godere di una maggiore flessibilità nei tagli su consulenze, missioni, formazione, immobili, auto e personale. Il maxiemendamento, infatti, prevede che le agenzie fiscali potranno "assolvere" al contenimento della spesa dell'apparato amministrativo riversando al bilancio dello Stato l'1% (in commissione Bilancio era il 2,5%) delle dotazioni previste sui capitoli di spesa di funzionamento previsti dalla legge di bilancio 2010. Non solo. Le stesse agenzie fiscali potranno, per garantire "gli obiettivi di getito fissati annualmente", conferire incarichi dirigenziali - anche oltre le misure percentuali previste dalla legge 165/01 - a magistrati, avvocati o procuratori posti fuori ruolo. Il tutto nei limiti di assunzione a tempo indeterminato fissati per le singole agenzie.

 

 

 

La bussola della finanziaria d'estate

Cronologia articolo15 luglio 2010

Fisco

Cronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 11:26.

LE NOVITÀ

Contante. Per la limitazione all'uso del contante, viene previsto che non ci saranno sanzioni per le violazioni dal 31 maggio al 15 giugno 2010. Non rientrano nella stretta sulle imprese in perdita quelle che hanno deliberato un aumento di capitale a titolo oneroso di importo uguale alle perdite fiscali

Riscossione. Per la riscossione dei crediti Inps si prevede l'avviso ad eseguire entro 60 giorni e l'espropriazione forzata in caso di inadempimento. Resta il divieto di compensazione anche per i ruoli non definitivi. La sanzione però non sarà applicata finché la pretesa erariale sarà oggetto di contestazione in sede giudiziale o amministrativa. Ammessa la compensabilità dei crediti maturati nei confronti di regioni ed enti locali o al servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo

Rate. Viene prevista la possibilità di prestare ipoteca volontaria anziché polizza fideiussoria in caso di pagamento rateale da accertamento con adesione

Assicurazioni. Ridimensionato l'aumento della tassazione

LE CONFERME

Sono confermate, tra l'altro, le norme in materia di: partecipazione dei comuni all'accertamento tributario; limitazioni all'uso del contante, comunicazioni alle Entrate delle operazioni rilevanti ai fini Iva superiori a 3mila euro; contrasto delle imprese "apri e chiudi" e di quelle in perdita sistemica; prelievo del 10 per cento sulle ristrutturazioni edilizie e sui lavori per il risparmio energetico; adeguamento alle direttive Ocse sul transfer price; incrocio tra le basi dati dell'Inps e dell Entrate per contrastare la microevasione diffusa; anticipo dei tempi della riscossione; stock options ed emolumenti variabili; razionalizzazione dei controlli per i soggetti che aderiscono al consolidato nazionale

STATALI

Stipendi. Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici nel triennio 2011/2013 è riferito al "trattamento ordinariamente spettante" nel 2010, al netto di "eventi straordinari" come arretrati relativi ad anni precedenti, maternità, malattia, congedi. Sui fondi per il trattamento accessorio, il vincolo è alla somma complessiva destinata nel 2010 da ogni amministrazione

Magistrati. Per i magistrati l'indennità speciale giudiziaria è ridotta del 15% nel 2011, del 25% nel 2012 e del 32% nel 2013

Ricerca. Gli enti di ricerca sono esclusi dal nuovo tetto al turn over al 50 per cento. Questi enti rientrano però nel limite del 35% per la spesa destinata ai contratti a tempo determinato

Società. Le società non quotate inserite nel conto economico della Pa devono adeguare le proprie politiche assunzionali ai limiti previsti per il personale degli enti pubblici

 

Contratti. Non vengono effettuati i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici per il triennio 2011/2013

Automatismi. Nell'ambito del personale non contrattualizzato sono bloccati gli automatismi stipendiali dei docenti universitari e del personale in servizio nella carriera diplomatica

Manager. La quota di stipendio che supera i 90 mila euro annui è ridotta del 5%, quella che supera i 150mila euro è ridotta del 10 per cento

Pensioni delle donne. Viene alzata a 65 anni dal 2012 l'età in cui si raggiungono i requisiti per la pensione di vecchiaia

Liquidazione a rate. Nel trattamento di fine servizio, la quota eccedente i 90mila euro viene corrisposta un anno dopo la prima rata. Se la liquidazione supera i 150mila euro, la quota eccedente questa cifra viene corrisposta in una terza rata, 12 mesi dopo la seconda

 

Autonomie

Patto di stabilità. Per il biennio 2011/2012 la manovra chiede alle regioni 10 miliardi e agli enti locali 4,8 miliardi. La ripartizione dei tagli all'interno dei singoli comparti sarà tuttavia affidata a un'intesa che dovrà essere realizzata in sede di conferenza stato-città e unificata. I criteri dovranno tenere conto del rispetto del patto di stabilità e di altri criteri di virtuosità e autonomia finanziaria

Comuni in dissesto. È istituito un fondo da 50 milioni di euro per accompagnare i piani di rientro degli enti commissariati. Esclusioni particolari sono previste per gli enti in dissesto della provincia dell'Aquila

Indennità. Le indennità degli amministratori locali sono tagliate tra il 3 e il 10% a seconda della dimensione degli enti presi in considerazione. Per i consiglieri comunali sono previsti solo gettoni di presenza, che non possono superare al mese il 20% dell'indennità del sindaco o del presidente. Azzerati i gettoni per i consiglieri circoscrizionali, con l'eccezione di quelli nelle città metropolitane

Società. I comuni fino a 30mila abitanti non possono avere partecipazioni, quelli da 30mila a 50mila ne possono detenere una sola. L'obbligo di dismissione delle partecipazioni non più consentite slitta al 2011

Segretari. Viene abolita l'agenzia dei segretari comunali e provinciali; le sue funzioni passano al ministero dell'Interno

LE CONFERME

Gestioni associate. I comuni che hanno fino a 5mila abitanti devono svolgere in forma associata le funzioni fondamentali

Lotta all'evasione. Sale dal 30 al 33% del maggior riscosso il premio per gli enti locali che partecipano alla lotta all'evasione fiscale. I comuni devono istituire i consigli tributari

 

IMPRESE

Scia. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale è sostituita da una dichiarazione dell'interessato, accompagnata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e da atti di notorietà, nonché dalle attestazioni e dalle asseverazioni dei tecnici corredate da tutti gli elaborati per consentire i controlli da parte delle amministrazioni. L'attività può iniziare dalla data di presentazione della segnalazione

Le esclusioni. La segnalazione non vale nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali e nel caso in cui gli atti siano di competenza delle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia e delle finanze. La semplificazione non si applica alle attività finanziarie

Controlli. Le amministrazioni destinatarie della segnalazione, entro 60 gioni dal ricevimento, adottano motivati provvedimenti di divieto alla prosecuzione dell'attività e di rimozione degli effetti dannosi. In ogni caso, decorsi i 60 giorni, l'amministrazione può intervenire solo in presenza di pericolo di danno per il patrimonio artistico e culturale per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e "previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare gli interessi mediante conformazione dell'attività alla normativa"

Semplificazione. Prevista l'emanazione di regolamenti per garantire la proporzionalità degli adempimenti amministrative a carico delle imprese, l'informatizzazione delle procedure e la soppressione delle autorizzazioni e dei controlli per le imprese certificate Iso o equivalenti

 

PREVIDENZA INPS

Speranza di vita. Dal 2015 i requisiti di età e la somma tra età e contributi per le pensioni di anzianità e i requisiti di età per la pensione di vecchiaia (compresa la vecchiaia contributiva a 65 anni e la pensione sociale) verranno aggiornati con cadenza triennale per tener conto dell'aumento della speranza di vita (in relazione a 65 anni di ettà). In occasione della prima applicazione l'aumento dell'età non potrà essere superiore a tre mesi. In deroga alla regola generale, il secondo aggiornamento scatterà dal 2019

Invalidità. La quota di invalidità per ottenere l'assegno resta al 74% e non viene più elevata all'85 per cento. L'Inps nel 2010 farà 250mila controlli

I controlli sulle Casse. Le Casse di previdenza private – sia quelle regolate dal decreto legislativo 509/94 sia quelle istituite con il decreto legislativo 103/96 – sono svincolate dalle misure di contenimento della spesa cui sono sottoposti gli enti pubblici (limite alle spese di sponsorizzazione, tetto al numero dei componenti nei cda eccetera). Tuttavia, continuano a essere obbligate a ottenere un'autorizzazione del ministero dell'Economia, di concerto con il Lavoro, per le compravendite immobiliari

LE CONFERME

Finestre. Dal 2011 sia per le pensioni di anzianità che per quelle di vecchiaia si applicano le finestre personalizzate per la decorrenza dell'assegno: dalla maturazione dei requisiti trascorreranno 12 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. Per le pensioni risultatanti da totalizzazione la finestra è di 18 mesi. La disciplina sulle finestre non si applica alle Casse professionali private. Resta un dubbio sull'Inpgi che è una gestione sostitutiva dell'Ago (assicurazione generale obbligatoria)

 

IMMOBILI

Catasto e comuni. I municipi potranno utilizzare gratuitamente le banche dati messe a disposizione dall'agenzia del Territorio "anche per contribuire al miglioramento e aggiornamento della qualità dei dati"

Rogiti. Nelle compravendite immobiliari, la "conformità" tra situazione reale e planimetria catastale potrà anche essere attestata da un tecnico abilitato. Per definire la "conformità" ci si dovrà basare sulla normativa catastale in vigore. I mutui ipotecari sono esclusi da questi obblighi

Fondi immobiliari. I fondi immobiliari chiusi che non si adeguano alla nuova disciplina avranno tre anni di tempo per chiudere l'operazione di liquidazione. Tra il 1° gennaio 2010 e la fine della liquidazione la Sgr dovrà al fisco un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap; la base imponibile per l'imposta sostitutiva sarà costituita dal valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009

LE CONFERME

Sanatoria catastale. Chi ha costruito ex novo o ampliato immobili già esistenti senza comunicarlo al catasto dovrà mettersi in regola entro fine anno; i controlli successivi saranno assicurati da Territorio e comuni. La determinazione delle rendite resta in mano all'agenzia

Rogiti. Nelle compravendite immobiliari le parti dovranno dichiarare le conformità delle planimetrie alla situazione reale. Il notaio dovrà "allineare" i dati dei registri immobiliari con quelli catastali

Fondi immobiliari. Le Sgr che hanno istituito fondo immobiliari, che al 31 maggio 2010 non avevano i requisiti del Dlgs 58/98, si adeguano entro 30 giorni da un Dm di prossima emanazione e pagheranno un'imposta sostituiva del 5 per cento. Per chi non si adegua l'imposta sale al 7 per cento

 

 

 

 

Le Regioni si tengono le deleghe. Bossi: "Federalismo fiscale prima delle vacanze"

Cronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 17:50.

Le Regioni hanno deciso di accantonare la decisione della riconsegna delle deleghe "fiduciosi che il percorso delineato di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo". La Conferenza delle regioni, in un documento comune, ha confermato "tutte le posizioni contenute nei documenti assunti in queste settimane sulla manovra Finanziaria - ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza - che considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali".

Nel documento si chiede al governo di "aprire immediatamente un tavolo per accelerare la piena applicazione del federalismo fiscale e costruire un percorso condiviso per riequilibrare la ricaduta dei tagli sotto il profilo quantitativo e qualitativo, oggi previsti dal decreto 78/2010 attraverso i successivi provvedimenti finanziari entro il primo gennaio 2011". In questo quadro si conferma che le Regioni considerano "fondamentale così come sancisce il quarto comma dell'articolo 119 della Costituzione che alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse".

Errani ha dichiarato che si tratta di "un atto molto importante, tutti noi siamo molto soddisfatti". La Conferenza chiede, infine, di dare "immediato avvio ai lavori della commissione straordinaria per la verifica dei costi di funzionamento di tutte le pubbliche amministrazioni, come assicurato dal presidente del Consiglio nell'incontro di venerdì 9 luglio scorso". Commentando il documento approvato all'unanimità il governatoredella Lombardia, Roberto Formigoni, ha sottolineato che la manovra è da tutti considerata "insostenibile" e evidenzia la richiesta di apertura di un tavolo di dialogo "per gestire insieme il federalismo e i tagli della manovra".

A chi gli chiedeva se sulla questione della riconsegna delle deleghe ha vinto la lega, formigoni ha replicato: "No, questa è una posizione unanime, la questione è accantonata, diciamo di essere in grado di gestire le deleghe per le quali abbiamo le risorse".

Alle Regioni che comunque protestano per i tagli nella manovra e chiedono cambiamenti, il ministro per le Riforme Umberto Bossi, leader della Lega, nega le modifiche ma promette "il federalismo fiscale"; il ministro dell'Economia Giulio Tremonti si associa e sottolinea: "Oggi lo hanno chiesto anche le Regioni". Il dialogo due voci si è svolto al Senato, dove i cronisti hanno fermato i due esponenti del governo dopo il lungo colloquio fra i due nel corridoio dei busti che collega palazzo Madama a palazzo Carpegna. "Andrò in vacanza tranquillo - ha spiegato il sanatùr - dopo il federalismo. Abbiamo cominciato a trovare una via, il federalismo andrà in Cdm, poi nelle commissioni e da lì parte tutto". Il fronte degli enti locali resta comunque molto caldo per il governo. I Comuni, infatti, esprimeranno in Conferenza Unificata parere negativo sulla manovra. Lo ha confermato il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine del Consiglio nazionale dell'Associazione anticipando il contenuto di un ordine del giorno approvato dall'assemblea dei sindaci. "Il documento esprime un parere negativo sulla manovra da dare in conferenza unificata e approva l'accordo con il governo sollecitandone l'applicazione", ha spiegato Chiamparino precisando che "proprio per questo abbiamo fatto un accordo che ci permetta di verificare entro ottobre se la manovra può essere cambiata".

Il presidente Anci ha poi ricordato che l`associazione "ha ottenuto l'impegno del governo affinché il decreto sul federalismo municipale entrasse in vigore entro il 31 dicembre mentre altri provvedimenti che riguardano le regioni non potranno che venire dopo". Rispondendo ad una domanda sul fatto che le Regioni hanno spesso chiesto che i decreti attuativi del federalismo relativi ai diversi livelli di governo siano contestuali, Chiamparino ha affermato: "Se si tratta di ricostituire una contestualità politica, un percorso di condivisione unitaria va bene ma non vuol dire contestualità materiale ovvero che i decreti attuativi vengono presentati solo quando sono pronti tutti".

"Per noi - ha sottolineato- resta fisso il fatto che quello sul federalismo municipale, come da impegno sottoscritto dal governo, venga portato in Consiglio dei ministri entro il 31 luglio. I vari decreti devono seguire il grado di maturazione che può essere accelerato se c'e' un quadro di governo di insieme e su questo siamo assolutamente disponibili", ha concluso Chiamparino.

 

 

 

 

Draghi esorta le banche: "Sostenete le pmi che sentono la ripresa". Mussari eletto presidente Abi

Cronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 11:11.

"Non c'è alternativa alla ripresa della crescita", che in Italia deve essere spinta "dalle riforme". Nel sostegno a questa crescita, le banche hanno un posto speciale e, se forti, "sono e saranno il suo pilastro". Lo sostiene il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi nel suo intervento all' assemblea dell'Abi. "È indispensabile un'accelerazione del rientro dagli squilibri dei conti pubblici", ammonisce inoltre il governatore secondo cui il volume delle esportazioni cresce del 9% quest'anno e del 5% il prossimo.

"Le banche siano più vicine alle piccole e medie imprese nell'erogazione del credito". L'esortazione del governatore alla platea dei banchieri italiani, riunita per la kermesse annuale in cui ha anche nominato Giuseppe Mussari alla presidenza, è fuori dal testo ufficiale ma è uno dei passaggi più importanti. Draghi riconosce come dai sondaggi condotti tra le banche "risulti un allargamento dell'offerta di credito dopo la stretta nella fase piu' acuta della crisi". Ma la realtà sembra essere un po' diversa da quella che emerge dalle statistiche. "Se ci spostiano sul piano piu' aneddotico - afferma - rileviamo che le imprese piu' piccole lamentano ancora una domanda di credito insoddisfatta. E spesso si tratta proprio di quelle imprese che, orientate all'export, iniziano a sentire la ripresa". Dunque, "seppur con intelligenza e lungimiranza - è l'invito di Draghi - le banche devono tornare ad essere vicine al sistema produttivo e in particolare alle pmi come era prima della crisi".

Consumi e investimenti, però, restano deboli, perché "i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte". Il governatore esprime fiducia inoltre sugli stress test che riguardano le banche italiane e i cui risultati saranno diffusi il prossimo 23 luglio. "I test per le banche italiane non potranno ovviamente che presentarsi differenziati, ma sono fiducioso che mostreranno come le risorse patrimoniali delle singole aziende siano adeguate", dice Draghi.

Il governatore di Bankitalia promuove le riforme intraprese per far ripartire il paese, in particolare quella della pubblica amministrazione e quella che innalzerà l'età del pensionamento. Inoltre, dice Draghi, "il contenimento dell'evasione fiscale può essere un importante leva di sviluppo se correlato alla riduzione delle aliquote gravanti sui contribuenti onesti". Il numero uno di Via Nazionale avverte però che la criminalità organizzata si è "infiltrata capillarmente nel sistema economico, approfittando anche della crisi". "Le banche - prosegue - sono lo snodo fondamentale nella battaglia contro questa degenerazione. Devono conoscere approfonditamente il cliente e verificarne il rischio di coinvolgimento in attività illecite".

L'assemblea dell'Abi ha eletto Giuseppe Mussari come nuovo presidente per il prossimo biennio. La nuova squadra di vertice alla guida dell'associazione di Palazzo Altieri é completata dai quattro vice presidenti: Antonio Patuelli sarà il vicario. Gli altri tre sono Corrado Sforza Fogliani, Guido Rosa e Giovanni Pirovano.

 

 

 

Ortis: prezzi del gas più alti del 10% rispetto alla media Ue

Cronologia articolo15 luglio 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 12:56.

I prezzi all'ingrosso del gas in Italia sono più alti del 10% rispetto agli altri mercati europei per la "scarsa concorrenzialità del mercato nazionale, con un operatore dominante in tutte le fasi della filiera". Lo ha sottolineato il presidente dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, Alessandro Ortis, nella sua relazione annuale al Parlamento.

Per i prezzi all'ingrosso del gas, ha ricordato, "non esistono ancora riferimenti trasparenti, in assenza di veri e regolati mercati italiani spot o a termine. Tuttavia, sulla base di informazioni ben note, il gas in Italia è più caro mediamente di 3-4 centesimi di euro/metro cubo, ovvero di oltre il 10% rispetto ai mercati all'ingrosso europei".

Secondo Ortis "per tale differenza non sussiste una valida motivazione tecnica, salvo quella legata alla già lamentata scarsa concorrenzialità del mercato nazionale, con un operatore dominante in tutte le fasi della filiera".

Infatti "nonostante il rapido avvio del processo di liberalizzazione, la situazione reale dei mercati resta insoddisfacente. Negli ultimi anni, la disponibilità di nuova capacità per importazione e diversificazione è rappresentata solo dal nuovo rigassificatore di Rovigo e dai potenziamenti di gasdotti esistenti, imposti da autorità nazionali ed europee".

"Il 92% della capacità infrastrutturale per le importazioni - ha rilevato Ortis - resta in mano al Gruppo Eni che, con le vendite oltre frontiera destinate all'Italia, si attesta ancora sul 65% circa delle immissioni".

 

 

 

Le auto blu costano oltre 4 miliardi. Per Brunetta, si può spendere la metà

di Claudio TucciCronologia articolo14 luglio 2010Commenti (10)

Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 16:44.

Le 90mila auto blu, a carico dei contribuenti, costano oltre 4 miliardi di euro. La stima è arrivata dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, che ha evidenziato, come razionalizzando il parco auto a servizio di enti e ministeri, sia a gestione diretta, sia a noleggio, "si possa arrivare a spendere circa la metà".

Con il secondo passo del censimento avviato da Brunetta, in collaborazione con il Formez, presentato a Palazzo Vidoni, la rilevazione è arrivata a coprire il 50% delle amministrazioni (esclusi i comuni inferiori ai 30mila abitanti) pari al 61% dei dipendenti pubblici e al 47% delle auto immatricolate dalla pubblica amministrazione. L'avanzamento dell'indagine conferma il primo dato diffuso nel giugno scorso: sono circa 90mila i mezzi a carico delle casse pubbliche.

Si va, invece, affinando la classificazione proposta dal ministro per suddividere auto e competenze: le stime inducono a prevedere 7-10mila veicoli blu-blu (rappresentanza politico-istituzionale), 18-20mila auto blu (con autista a disposizione dei dirigenti), 60-65mila auto grigie (senza autista, a disposizione degli uffici per attività operative). L'indagine indica anche in 142mila euro il costo annuo totaleper un'auto blu-blu, che scende a 95mila se lo stesso mezzo é gestito totalmente con conducente. "Ogni auto di un eletto - ha detto Brunetta - costa al contribuente circa 150mila euro l'anno".

Il ministro evita di anticipare ricette per ridurre i costi del parco auto della pubblica amministrazione (un miliardo destinato a consumi, assicurazione, manutenzione, noleggi, 3 miliardi per il personale di cui 2 per gli autisti e uno per altri addetti), ma si sofferma sui 60mila dipendenti pubblici assegnati alla funzione di autista. "Quando vedo - ha sottolineato - 60mila persone utilizzate per portare in giro politici e burocratici mi disturba un pò, preferirei producessero beni e servizi per i cittadini".

Il passo successivo nell'indagine sarà la definizione di best practices, e la proposta di limitare il diritto di non registrare al Pra le autovetture e di prevedere sanzioni per l'uso improprio di lampeggianti e apparati speciali. Brunetta ha dato infine appuntamento alla fine di luglio per un nuovo aggiornamento sulle auto blu e annunciato per l'autunno un rapporto

 

 

 

2010-07-12

Settimana decisiva per la manovra poi le intercettazioni

di Roberto TurnoCronologia articolo12 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 08:51.

Lavori in corso sulla manovra in Parlamento. Blindato dal già annunciato duplice ricorso al voto di fiducia da parte del Governo, il decreto legge 78 di stabilizzazione dei conti pubblici per il 2011-2012 affronta da oggi le ultime curve pericolose al Senato. Dopo il via libera della commissione Bilancio sui tanti punti rimasti ancora in sospeso, da domani il decreto sbarca in aula a palazzo Madama col previsto maxi emendamento governativo che riassumerà le modifiche della commissione e probabilmente ne aggiungerà delle altre sui nodi politici e istituzionali eventualmente non ancora risolti, a cominciare dai tagli a regioni ed enti locali, ma non solo.

 

La manovra 2011-2012 resta insomma il vero dominus dell'attività parlamentare. Il voto finale del Senato arriverà giovedì sera, poi la sessione di bilancio estiva si trasferirà immediatamente a Montecitorio in quella che appare in tutti i sensi come una corsa contro il tempo. Il decreto scade infatti il 30 luglio e ciò significa che la Camera avrà meno di due settimane di tempo – non più di 9-10 giorni di lavoro effettivo – per esaminare la manovra da 25 miliardi per il prossimo biennio: il timing di Montecitorio prevede l'arrivo in aula per lunedì 26 e nei giorni seguenti la seconda richiesta di fiducia da parte del Governo. Sempreché la Camera conceda senza ulteriori modifiche il "visto si stampi" alla legge di conversione, altrimenti a tappe forzate, in pochissime ore, il decreto dovrà tornare al secondo voto del Senato.

Pressoché monopolizzata dall'esame della manovra sui conti pubblici, l'attività parlamentare riserverà in ogni caso altri argomenti politici di fortissimo interesse. Uno, più di tutti: il ddl che sostanzialmente blocca le intercettazioni telefoniche, sul quale continua il testa a testa anche nella maggioranza soprattutto da parte della pattuglia dei finiani. Il provvedimento è all'esame della commissione Giustizia della Camera e almeno formalmente è ancora inserito all'ordine del giorno dell'assemblea per fine mese. La speranza di palazzo Chigi sarebbe quella di riuscire a incassare il voto della Camera poi addirittura del Senato prima delle vacanze estive: ipotesi che appare tuttavia sia politicamente che tecnicamente molto impervia. E non solo per via della priorità da dare all'esame della manovra.

La manovra, d'altra parte, metterà un freno al varo entro luglio di altri provvedimenti governativi anche da tempo in lista d'attesa. Come il ddl sul lavoro, rinviato alle Camere dal Quirinale, e la riforma dell'università: entrambi i provvedimenti sono in calendario al Senato che teoricamente potrebbe inserirli nel calendario dell'aula entro fine mese. Il voto finale della Camera in ogni caso non arriverà prima dell'autunno. Stesso stop, ma per motivi più politici, riguarda alla Camera il biotestamento e il diritto di cittadinanza.

Da oggi intanto a Montecitorio potrebbero arrivare novità su due provvedimenti appena assegnati alle commissioni in sede legislativa: la stretta sulla sicurezza stradale e la riforma del prezzo dei libri.

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Al Senato presentati 1.700 emendamenti alla manovra

di Claudio TucciCronologia articolo12 luglio 2010

* Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 20:37.

Sbarcherà domani all'esame dell'aula del Senato la manovra da 24,9 miliardi. Dopo il via libera della commissione Bilancio, la parola passa ora all'assemblea di Palazzo Madama che inizierà i lavori domani, per concluderli giovedì con il voto di fiducia. In tutto sono stati presentati circa 1.700 emendamenti (il termine è scaduto oggi alle ore 17). Nessuna richiesta di modifica per ora è stata avanzata dal relatore o dal Governo, che però possono presentarli in aula in qualsiasi momento.

Sta di fatto che il provvedimento arriverà in aula già blindato: un maxiemendamento dovrebbe recepire il testo licenziato dalla commissione venerdì scorso. L'unica modifica attesa è quella annunciata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio,

Gianni Letta, sulla sospensione delle tasse in Abruzzo, che dovrebbe prevedere l'estensione da 60 a 120 delle rate con cui saranno ripresi i versamenti tributari e contributivi nelle

zone colpite dal sisma. Spazi ridotti al lumicino per le modifiche anche a Montecitorio dove l'approdo della manovra è fissato per il 26 luglio. Il decreto scade il 30 luglio e ciò significa che la Camera avrà pochissimo tempo per esaminarlo.

Resta aperto il nodo dei tagli alle Regioni. La modifica introdotta in commissione, che prevede una maggiore flessibilità sui tagli, a saldi invariati, lasciando ai governatori la scelta su come e dove tagliare, e premia le regioni virtuose, non ha convinto i governatori, che si riuniranno in seduta straordinaria mercoledì prossimo. Ogni regione sta facendo un documento dettagliato dal quale si potrà ricavare il peso dei tagli, se tutto resterà invariato. A preoccupare è soprattutto il contraccolpo nel trasporto pubblico locale, che riceverà una sforbiciata di 1,2 miliardi l'anno. Per il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, la partita non è ancora chiusa. "Noi continuiamo a tenerla aperta", ha dichiarato al termine di un incontro con il premier, Silvio Berlusconi.

Altro nodo da sciogliere è quello delle quote latte. Bruxelles ha bocciato l'emendamento approvato che prevede un rinvio a dicembre del pagamento delle rate a carico degli agricoltori per le multe. Contrario alla misura anche il ministro dell'Agricoltura, Giancarlo Galan, che nei giorni scorsi aveva minacciato le dimissioni. Ha suscitato inoltre polemiche l'introduzione all'ultimo momento della norma che estende all'autorizzazione paesaggistico territoriale il silenzio-assenso della conferenza dei servizi.

Intanto il relatore, Antonio Azzollini, ha smentito l'ipotesi che nella manovra sia contenuto un "archeocondono" a favore di chi possiede illegittimamente reperti archeologici. La capogruppo del Pd in commissione Cultura della Camera Manuela Ghizzoni e la senatrice Pd e vice ministro all'Istruzione, Mariangela Bastico hanno lanciato un vero e proprio allarme sull'emendamento approvato in commissione che rende sempre possibile derogare, superandolo, al vincolo dei 20 alunni per classe in presenza di uno studente disabile. "Gli effetti di questa norma sono gravissimi", hanno sottolineato in una nota Bastico e Ghizzoni, specie se collegati con altre due negative "innovazioni" della manovra di Tremonti: "il numero massimo, un vero tetto, degli insegnanti di sostegno, già giudicato incostituzionale da una recente sentenza della Consulta, e il fissare criteri più rigidi per la certificazione dell'invalidità per l'attribuzione dei docenti di sostegno". Queste norme, concludono, hanno l'effetto di rendere difficile l'inserimento scolastico, favorendo il ricorso a percorsi separati e segreganti per coloro che hanno difficoltà d'apprendimento.

Dalla A alla Z, tutti gli emendamenti alla manovra approvati dalla Commissione Bilancio

 

 

Dalla A alla Z, tutti gli emendamenti alla manovra approvati dalla Commissione Bilancio

di Claudio TucciCronologia articolo12 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 19:10.

Sono 82 gli emendamenti alla manovra di Tremonti approvati dalla Commissione Bilancio del Senato, che venerdì scorso ha chiuso l'esame del provvedimento. Modifiche quindi col contagocce, se si considera che tre settimane fa erano stati presentati ben 2.550 emendamenti. L'attesa è ora per il maxiemendamento, che sbarcherà domani in aula, e solo allora si potrà vedere quanti degli emendamenti approvati dalla commissione presieduta da Antonio Azzollini (Pdl), riceveranno il placet del governo.

Tra le modifiche richieste, svetta il "pacchetto fiscale", con, in testa, la possibilità delle imprese di poter compensare i crediti commerciali vantati con la pubblica amministrazione con somme iscritte a ruolo. Gli accertamenti del Fisco, poi, diventano esecutivi in due mesi e arriva un "salvagente" per le fondazioni bancarie, esteso anche alle imprese di assicurazione. Torna al 74% la soglia di invalidità per l'assegno di accompagnamento, ma salgono da 200mila a 250mila le verifiche dell'Inps.

Ecco, comunque, una rapida sintesi, in 40 voci, delle principali modifiche alla manovra.

Accertamenti del Fisco esecutivi in due mesi. Gli accertamenti, che la manovra stabiliva fossero di immediata eseguibilità, ora diventeranno esecutivi in due mesi. Si porta da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione.

Agenzie fiscali. È previsto che, per il triennio 2011-2013, le agenzie fiscali possono assolvere alle disposizioni in materia di contenimento della spesa dell'apparato amministrativo effettuando un riversamento a favore dell'entrata del bilancio dello Stato pari al 2,5% delle dotazioni previste sui capitoli relativi ai costi di funzionamento. Si stabilisce, poi, che le medesime agenzie possono conferire incarichi dirigenziali anche a soggetti appartenenti alle magistrature e ai ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

Antiriciclaggio. Scende a mille euro il divieto per le operazioni di money transfer verso Paesi extra Ue. In materia di tracciabilità dei pagamenti, invece, con lo spostamento del limite a 5mila euro, viene prevista una vacatio di 15 giorni (dal 31 maggio al 15 giugno 2010) nell'applicazione delle sanzioni alla clientela in caso di emissione di assegni circolari e libretti al portatore accessi nonché tutti gli assegni bancari e circolare negoziati oltre il nuovo limite e i libretti e titoli al portatore trasferiti con data 31 maggio. Una norma molto attesa soprattutto dagli operatori del settore creditizio che non erano riusciti ad adeguarsi da subito alla nuova norma.

Autotrasporto. Al fine di garantire la tutela della sicurezza stradale e la regolarità del mercato dell'autotrasporto di merci per conto di terzi, nel contratto di trasporto, stipulato in forma scritta, l'importo a favore del vettore deve essere tale da consentire almeno la copertura dei costi minimi di esercizio, che garantiscano, comunque, il rispetto dei parametri di sicurezza normativamente previsti. Tali costi minimi sono individuati nell'ambito degli accordi volontari di settore, conclusi tra organizzazioni associative di vettori rappresentati nella Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica. Nel contratto scritto è indicato, tra l'altro, il periodo di franchigia, connesso all'attesa dei veicoli per poter effettuare le operazioni di carico e scarico, da calcolarsi dal momento dell'arrivo del vettore al luogo di carico o scarico della merce, che non può essere superiore alle due ore di attesa sia per il carico che per lo scarico. Il committente è tenuto a fornire al vettore indicazioni scritte circa il luogo e l'orario in cui sono previste le operazioni di carico o di scarico, nonché le modalità di accesso dei veicoli ai punti di carico o di scarico. Il committente è tenuto a corrispondere al vettore un indennizzo per il superamento del periodo di franchigia, fermo restando il diritto di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti dell'effettivo responsabile. Tale indennizzo è dovuto per ogni ora o frazione di ora di ritardo nelle operazioni, ed è commisurato al costo orario del lavoro e del fermo del veicolo, come definiti in sede di Osservatorio sulle attività di autotrasporto. Queste disposizioni non si applicano in caso di diverse pattuizioni fra le parti, basate sugli accordi volontari fra le organizzazioni associative di vettori rappresentati nella Consulta generale. In caso di contratti non stipulati in forma scritta, il periodo di franchigia connesso alla sosta dei veicoli in attesa di carico o di scarico, non può essere complessivamente superiore alle due ore di attesa sia per il carico che per lo scarico. Si prevede, inoltre, che in ipotesi in cui la merce da trasportare sia imballata oppure stivata su apposite unità per la sua movimentazione, il vettore, al termine dell'operazione di trasporto, non ha alcun obbligo di gestione e non è tenuto alla restituzione degli imballaggi o delle unità di movimentazione utilizzate.

Catasto e comuni. Per assicurare l'unitarietà del sistema informativo catastale nazionale e in attuazione dei principi di accessibilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati, si prevede che i comuni possano utilizzare le applicazioni informatiche e i sistemi di interscambio messi a disposizione dall'agenzia del Territorio, anche al fine di contribuire al miglioramento dei dati catastali, secondo le specifiche tecniche ed operative formalizzate con apposito decreto del Tesoro, d'intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Celebrazioni 150mo anniversario dell'Unità d'Italia. In arrivo un finanziamento di 5 milioni per le celebrazioni del 150mo anniversario dell'Unità d'Italia.

Certificati verdi. Resta la norma che prevede l'abolizione dell'obbligo del Gestore servizi elettrici (Gse) di riacquisto dei certificati verdi in eccesso. I risparmi, circa 500-600 milioni annui, saranno destinati per due terzi all'università e alla ricerca e per un terzo alla riduzione della bolletta per i consumatori. I criteri e le modalità per la quantificazione dei risparmi e per la riduzione della componente tariffaria A3 saranno stabiliti con decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'Economia, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Comitato atlantico italiano. Avrà in dote 250mila euro. Arriveranno, invece, 2 milioni, all'autorità nazionale anticorruzione.

Ente di assistenza magistrale (Enam). E' soppresso e le relative funzioni sono attribuite all'Inpdap che succede in tutti i rapporti attivi e passivi.

Enti di previdenza privatizzati esclusi dalla manovra. Gli enti di previdenza privatizzati, tra cui quindi anche l'Inpgi, sono esclusi dalla stretta prevista dalla manovra.

Enti di ricerca, via il tetto alle assunzioni a tempo. Nel 2011 via il tetto per le assunzioni a tempo determinato per gli enti di ricerca.

Enti "inutili". Si sopprime l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei Segretari comunali e provinciali. Il ministro dell'Interno succede a titolo universale alla predetta agenzia e le risorse strumentali e il personale in servizio, comprensivo del fondo di cassa, sono trasferite al Viminale.

Fondazioni bancarie e imprese assicuratrici. Viene consentito alle fondazioni bancarie che, a causa delle forti turbolenze dei mercati siano incappate in titoli tossici (anche emessi da stati sovrani, come il caso della Grecia), di non effettuare per l'esercizio in corso svalutazioni di questi titoli che avrebbero il solo effetto di un depauperamento patrimoniale. Una possibilità "riaperta" anche per le imprese di assicurazione. Inoltre, con lo stesso emendamento, viene consentito alle fondazioni di poter far salire la loro percentuale di possesso di beni immobiliari dal 10% al 15% del patrimonio.

Fondi immobiliari. Arrivano una serie di norme. Tra le tante, spicca la previsione che la liquidazione deve essere conclusa nel termine massimo di tre anni. Sui risultati conseguiti dal 1° gennaio 2010 e fino alla conclusione della liquidazione la società di gestione del risparmio applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap nella misura del 19 per cento. L'imposta è versata dalla società di gestione del risparmio il 16 febbraio dell'anno successivo rispetto a ciascun anno di durata della liquidazione.

Grossisti e farmacisti, rideterminazione quote di spettanza sul prezzo farmaci di classe A. Per il 2010 cambia la rideterminazione delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali di classe A.

Ici. Si prevede che il termine del 31 gennaio 2009 per la trasmissione al ministero dell'Interno delle dichiarazioni, già presentate, attestanti il minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, è differito al 30 ottobre 2010. Si stabilisce, inoltre, che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge e fino al 31 dicembre 2011, la garanza ai fini del pagamento Ici può essere prestata anche mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore, accettato dall'amministrazione finanziaria, pari al doppio del debito erariale ovvero della somma oggetto di rateizzazione.

Imprese. Potranno compensare i crediti commerciali vantati con la pubblica amministrazione con somme iscritte a ruolo. Inoltre, sono escluse dalla stretta anti-evasione sulle aziende sempre in perdita quelle che hanno deliberato aumenti di capitale. L'agevolazione fiscale prevista dalla manovra per le reti d'imprese potra' essere fruita "nel limite complessivo di risorse pari a 20 milioni di euro per l'anno 2011 e di 14 milioni di euro di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 32" della manovra sulla riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi. La manovra stabilisce che il contratto di reti d'imprese potra' prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale in cui far confluire fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 una quota degli utili delle imprese. L'agevolazione fiscale per le imprese consiste nel fatto che la parte di utili fatti confluire nel fondo patrimoniale non concorrono al reddito delle imprese se non quando questi fondi vengono utilizzati per la copertura di perdite di esercizio oppure quando viene meno l'adesione al contratto di rete. L'importo che non concorre al reddito d'impresa non potra' comunque superare il tetto di un milione di euro.

Invalidi. Arriva il giro di vite sulle false attestazioni dei medici di micro-invalidità causate da incidenti stradali. Questi potranno essere chiamati anche a risarcire le società assicuratrici. Torna al 74% la soglia d'invalidità per l'assegno di accompagnamento, ma salgono da 200mila a 250mila le verifiche Inps.

Magistrati. In arrivo un taglio dell'indennità speciale del 15% per l'anno 2011, del 25% per l'anno 2012 e del 32% per l'anno 2013.

Militari. Al fine di tenere conto della specificità del comparto sicurezza-difesa, e delle peculiari esigenze del comparto del soccorso pubblico, nello stato di previsione del ministero dell'Economia, è istituito un fondo con una dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012 destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco interessato.

Mini-naia. Si prospettano per i giovani stage di 3 settimane nelle Forze armate. Previsto un costo di 20 milioni.

Pensioni, adeguamento all'aspettativa di vita. Eliminato il "refuso" che agganciava i 40 anni di contributi all'aspettativa di vita resta da votare comunque la stretta sull'età che viene nuovamente fissata al 2015: l'aggiornamento triennale legato alle speranze di vita (riguarda anche gli assegni sociali) partirà dal 2015 e non più dal 2016.

Pensioni rosa, innalzamento età nella pubblica amministrazione. Le donne interessate al 2012 dall'innalzamento dell'età pensionabile sono 20mila- 25 mila.

Precari del Sud, una norma per salvarli. È in cantiere una norma che salva dal tetto posto ai contratti a tempo determinato i precari della Sicilia e più in generale per le Regioni a Statuto speciale.

Prezzo dei farmaci equivalenti. A decorrere dal 2011 l'Aifa fisserà il prezzo di rimborso dei farmaci equivalenti.

Quote latte. Slitta dal 30 giugno a fine anno il termine per il pagamento delle multe da parte degli agricoltori.

Regime fiscale europeo. Durerà 3 anni. Si precisa, poi, che le "attività economiche" che fanno scattare l'applicazione del regime fiscale europeo non devono risultare già avviate in Italia prima della data di entrata in vigore del presente decreto legge e devono essere effettivamente svolte nel territorio dello Stato.

Ricette mediche on line. Che dovranno sostituire definitivamente quelle cartacee.

Roma. Si prevede che il comune di Roma concordi con via XX Settembre, entro il 31 dicembre di ciascun anno, le modalità e l'entità del proprio concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. A questo fine, entro il 31 ottobre di ciascun anno, il sindaco trasmette la proposta di accordo, evidenziando, tra l'altro, l'equilibrio della gestione ordinaria. L'entità del concorso è determinata in coerenza con gli obiettivi fissati per gli enti territoriali. In caso di mancato accordo si applicano le disposizioni che disciplinano il patto di stabilità interno per gli enti locali. Si introduce poi un contributo straordinario nella misura massima del 66% del maggior valore immobiliare conseguibile, a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale. Questo contributo deve essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell'ambito di intervento cui accede, e può essere in parte volto anche a finanziare la spesa corrente, da destinare a progettazioni ed esecuzioni di opere di interesse generale, nonché alle attività urbanistiche e servizio del territorio. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli impegni di corresponsione di contributo straordinario già assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto d'obbligo a far data dall'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente.

Scuola, i fondi accantonati per scatti di anzianità e progressioni. Il 30% dei risparmi previsti nella manovra triennale 2008 dal settore scuola e reinvestiti nel comparto verranno accantonati, nonostante il congelamento triennale 2011-2013 previsto, e potranno, in un secondo tempo, essere anche destinati a scatti di anzianità e progressioni del corpo docente. Tra le novità dell'ultima ora approvate dalla Commissione spunta anche la possibilità di derogare al numero massimo di alunni che comporranno le classi delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado in presenza di alunni con disabilità.

Segnalazione certificata di inizio attività. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una segnalazione dell'interessato. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà. Tali attestazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela.

Servizi postali. Cade l'obbligo di emissione dello scontrino della ricevuta fiscale nelle operazioni allo sportello effettuate da Poste Italiane spa.

Sisma Abruzzo. I comuni della provincia dell'Aquila in stato di dissesto possono escludere dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno relativo a ciascun esercizio finanziario del trienno 2010-2012 gli investimenti in conto capitale deliberati entro il 31 dicembre 2010, anche a valere sui contributi già assegnati negli anni precedenti, fino alla concorrenza massima di 2,5 milioni di euro. Si prevede, poi, nei casi di programmi ancora non portati a termine, che il ministro dello Sviluppo economico, su istanza del Commissario straordinario, sentito il Comitato di sorveglianza, possa disporre la proroga del termine di esecuzione del programma per i Gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo, fino al 31 dicembre 2010.

Tagli flessibili a regioni, province e comuni. Le risorse statali che spettano "a qualunque titolo" alle regioni sono ridotte di 4 miliardi nel 2011 e 4,5 a decorrere dal 2012. Ma queste riduzioni saranno ripartire "secondo criteri e modalità stabiliti in sede di conferenza Stato-Regioni". Stesso meccanismo per province e comuni.

Tagli a consulenze e feste. Il comparto sicurezza si salva da una serie di tagli previsti per le consulenze della pubblica amministrazione. Previsti anche fondi per la giustizia. Un Dpcm potrà, in qualsiasi momento, attivare una ulteriore riduzione delle dotazioni finanziarie sulle missioni dei ministeri interessati.

Tasse in Abruzzo, slittamento. La sospensione degli adempimenti tributari (imprenditori o autonomi) con volume d'affari non superiore a 200mila euro è prorogata al 20 dicembre 2010.

Tasse sui tabacchi. Al fine di perseguire l'obiettivo di pubblico interesse della difesa della salute pubblica, riviste le imposte sulla produzione e sui consumi di tabacco e relative sanzioni penali e amministrative.

Termovalorizzatore di Acerra. Potrà essere acquistato dalla regione Campania, anche utilizzando i fondi Fas.

Trattamento accessorio dipendenti pubblici. Si prevede che a decerrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica non possa superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Università. I docenti prossimi alla pensione potranno restare in cattedra per altri 3 anni, presentando istanza entro il prossimo 1° novembre 2010. I compensi saranno pari a quanto avrebbero preso in pensione, ma saranno a carico dell'ateneo.

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2010-07-11

Spesa pensioni stabilizzata

Cronologia articolo11 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 15:09.

ROMA

Una stabilizzazione della spesa previdenziale che, a ben vedere, alla fine dei lavori della commissione Bilancio del Senato veste i panni di una vera e propria riforma. Al netto del "refuso" che ha costretto alla retromarcia il governo sull'abolizione del requisito dei 40 anni di contributi per lasciare il lavoro, il mix di interventi sulle pensioni è a un passo dal traguardo definitivo senza avere incontrato troppa resistenza dell'opposizione o un'alzata di scudi dei sindacati, che in altri momenti sarebbe stata automatica.

Una riforma che, senza andare ad intaccare i pilastri del sistema pensionistico italiano come l'età anagrafica e quella contributiva, fa sì che il sistema ora previsto sia destinato di fatto ad allungare i tempi di uscita dal lavoro.

Da una parte la manovra ha introdotto la cosiddetta finestra mobile di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e di 18 per gli autonomi. Il tutto con un risparmio nel 2013 stimato in circa 3,5 miliardi. Dall'altra, con le modifiche apportate in questi giorni dal Senato (da martedì il testo sarà all'esame dell'aula di Palazzo Madama), è stato elevato a rango di norma primaria quanto prevede il regolamento che dal 2015 collegherà il pensionamento all'aspettativa di vita.

L'applicazione combinata delle riforme del sistema pensionistico - la finestra unica e l'aumento graduale d'età a seconda dell'aspettativa di vita - non porterà secondo le attese del governo solo effetti sociali di lungo periodo che oggi possono lasciare perplessi, come ad esempio il fatto che, nel 2050, per giungere al pensionamento di vecchiaia un uomo dovrebbe lavorare fino alla soglia dei 70 anni. Nel medio periodo, per esempio tra il 2010 e il 2030 quando saranno andati in pensione anche gli ultimi figli del baby boom, i risparmi di spesa cumulati saranno di quasi 59 miliardi. Risparmi che saliranno fino a 87 miliardi alla fine del periodo di previsione, il 2050 appunto.

Secondo quanto prevede il regolamento, ora assorbito nel testo dell'articolo 12 della manovra correttiva, il posticipo legato all'aspettativa di vita partirà da un massimo di non più di tre mesi nel 2015. Negli anni successivi l'ascensore delle nuove pensioni si muoverà ogni tre anni sulla base delle aspettative di vita calcolate dall'Istat. Il primo adeguamento, sempre secondo quanto deciso in commissione Bilancio del Senato, scatterà nel 2019. Altro tassello della riforma previdenziale imbarcata dalla manovra riguarda lo scalone unico per le lavoratrici del pubblico impiego che, a partire dal 2012, andranno in pensione di vecchia a 65 anni, così come a più riprese ha chiesto l'Unione europea. Dal 1° gennaio 2010 viene incrementato di un solo anno, cioè da 60 anni a 61 anni, il requisito per la pensione di vecchiaia; mentre dal 1° gennaio 2012 si passa di colpo a 65 anni con un ulteriore incremento di 4 anni.

Ma se con questi interventi la stabilizzazione della spesa previdenziale è assicurata anche nel medio e lungo termine, questo non vuol dire che non ci sia ancora spazio per la manutenzione ordinaria. Il primo appuntamento per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi scatterà subito dopo l'estate con il ddl lavoro. Giunto alle battute finali in parlamento questo provvedimento contiene una delega che concede 90 giorni al governo per la definizione dei requisiti speciali per il pensionamento dei lavoratori impegnati in attività usuranti. I ritiri anticipati di queste categorie di lavoratori erano stati stimati nella riforma Prodi-Damiano in 2,5 miliardi nel decennio 2008- 2018.

Interventi questi che nel loro insieme rappresentano il biglietto da vista con cui l'Italia si presenterà alle consultazioni sul libro verde delle pensioni illustrato in settimana a Bruxelles.

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Le modifiche inserite in manovra

Posticipo delle uscite

Da una parte la manovra ha introdotto la cosiddetta finestra mobile di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e di 18 per gli autonomi. Dall'altra ha elevato a rango di norma primaria quanto prevede il regolamento che dal 2015 collegherà il pensionamento all'aspettativa di vita. Tale posticipo partirà da un massimo di non più di tre mesi nel 2015. Negli anni successivi l'ascensore delle nuove pensioni si muoverà ogni tre anni sulla base delle aspettative di vita calcolate dall'Istat. Il primo adeguamento, sempre secondo quanto deciso in commissione Bilancio del Senato, scatterà nel 2019

Statali in pensione a 65 anni

Altro tassello della riforma previdenziale in manovra riguarda lo scalone unico per le lavoratrici del pubblico impiego che, a partire dal 2012, andranno in pensione di vecchia a 65 anni, così come a più riprese ha chiesto l'Unione europea. Dal 1° gennaio 2010 viene incrementato di un solo anno, cioè da 60 anni a 61 anni, il requisito per la pensione di vecchiaia; mentre dal 1° gennaio 2012 si passa di colpo a 65 anni con un ulteriore incremento di 4 anni

 

 

 

Errani e Formigoni: "Le regioni chiedono meno tagli"

Cronologia articolo11 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 17:31.

Il fronte delle regioni? E' più compatto che mai nel chiedere al governo di ridurre i tagli previsti dalla Finanziaria. La voce del governatore dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, si aggiunge a quella del lombardo Roberto Formigoni, che domenica mattina ha smentito qualsiasi spaccatura tra i presidenti. Errani si è confrontato "con molti colleghi" e ha confermato: "La manovra così com'è non è sostenibile. Come abbiamo detto venerdì, dopo l'incontro con il presidente del consiglio, le regioni non rinunciano a lavorare e a confrontarsi con il governo anche nei prossimi giorni per cambiare la manovra rendendola più equa ed equilibrata".

Il Dl 78/2010 prevede per le regioni a statuto ordinario 8,5 miliardi di euro di tagli distribuiti tra il 2011 e il 2012 – più 1,5 miliardi per regioni a statuto speciale e le province autonome – e ha indotto diversi governatori a minacciare di "restituire le deleghe", cioè di far tornare allo stato le competenze per le quali verrebbero meno le risorse. Uno dei settori più critici, in particolare, sarebbe il trasporto pubblico locale. "Alle competenze – ha sottolineato ancora una volta Errani – devono corrispondere le necessarie risorse, come stabilito dall'articolo 119 della costituzione".

Proprio la mancata disponibilità a restituire le deleghe da parte del veneto Zaia e del piemontese Cota – entrambi leghisti – aveva fatto ipotizzare una spaccatura del fronte: ipotesi smentita, però, anche da Formigoni. "In fatto di autonomia – ha dichiarato il presidente del Pirellone al Corriere della Sera- nessuno può darmi lezioni: stanno dicendo la stessa cosa che dico io, solo con altre parole. Contano i documenti sottoscritti su cui siamo stati e siamo tuttora unanimi".

Il presidente lombardo ha anche risposto al leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che sabato sera in un comizio aveva spiegato di aver raggiunto con il ministro Giulio Tremonti un accordo per ridurre di un miliardo di euro i tagli a carico delle regioni. "Nessuno ha mai proposto alle regioni questa riduzione – ha detto Formigoni – comunque se questa proposta è ancora valida, siamo pronti a venire a Roma domani per firmarla". Domenica sera, nel corso di un altro comizio, lo stesso Bossi ha in qualche modo replicato: "Mercoledì incontrerò Tremonti al mio ministero per vedere dove si possono pescare i soldi per le regioni". L'idea del leader leghista è recuperare risorse con l'attuazione del federalismo.

"Prima dell'estate il federalismo fiscale per le regioni sarà cosa fatta. Così le regioni

inizieranno a prendere un pò dei soldi che ora finiscono allo stato".

 

 

 

Calderoli: "Ai comuni dote da 30 miliardi". Si incrina il muro delle regioni

di Eugenio BrunoCronologia articolo11 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 14:20.

ROMA - A vincere la resistenza dei comuni c'ha pensato la "municipale". Intesa come l'imposta unica sugli immobili che, insieme alla cedolare secca al 23%, sosterrà il futuro fisco municipale. Con l'obiettivo di portare nella casse asfittiche dei sindaci 5-10 miliardi di risorse aggiuntive oltre ai 25 promessi. Parola del ministro della Semplificazione Roberto Calderoli che definisce i sindaci "più lungimiranti dei governatori".

 

Come avete convinto i comuni ad accettare i tagli?

Come Chiamparino e Castiglione possono confermare la Lega si è battuta da subito per trovare un punto d'incontro tra governo e autonomie. Abbiamo portato avanti insieme la politica delle formichine: qualcosa l'hanno ottenuto da subito in manovra e qualcosa su punti programmatici e autonomia tributaria l'avranno in autunno. I sindaci hanno detto: abbiamo 1,5 miliardi di tagli il primo anno e 2,5 il secondo, vediamo se possiamo rimodulare il taglio alla luce dell'attuazione del federalismo. Vediamo se possiamo rinunciare a un miliardo nel 2011 e recuperare gli altri 500 nel 2012. È una soluzione che può starci visto che dal federalismo gli entreranno 5-6 miliardi in più.

Da dove?

Facciamo insieme i conti: in Italia ci sono 2 milioni di immobili fantasma. Diamogli un valore ipotetico di 50mila euro ognuno. Viene fuori una base imponibile ipotetica di 100 miliardi. Immaginiamo di introdurre un'imposta forfettaria del 5% ed ecco i 5 miliardi di cui parlavo.

Ma non è un condono?

Non faccio condoni. Una volta emersi, gli immobili andranno accatastati e registrati. Poi ci sarà la tassazione Irpef sugli affitti. A regime tutte queste cose diventano fonte di reddito a seconda dell'uso, fermo restando che la prima casa non si tocca.

Irpef sugli affitti significa cedolare secca al 20%?

L'ipotesi di equilibrio sarebbe una cedolare secca intorno al 23 per cento. Sopprimendo la tassa per la registrazione dei contratti e sanzionando chi non li registra. La mia idea, ma devo parlarne con Tremonti, è dire: ti tasso a metà l'affitto e ti do X mesi per regolarizzarlo ma se non lo fai te lo sequestro per cinque anni. Accanto a questo si potrebbe prevedere un meccanismo premiale per chi affitta che vada in direzione del quoziente familiare. Certo dovrò convincere Tremonti. Ma in fondo all'inizio era determinato sulla riforma fiscale, ora si è convinto che la riforma fiscale è la riforma federalista. Come funzionerà l'imposta unica sugli immobili?

Abbiamo previsto due fasi. Nella prima fase prendiamo tutti i cespiti erariali e li trasformiamo in municipali: Irpef, registro, ipotecaria-catastale, successione. Nella seconda creiamo uno strumento di semplificazione, che si chiamerà municipale e permetterà di sostituirle tutte con un'imposta unica che i comuni potranno introdurre o meno, magari consultando i propri cittadini. A questa imposta potrà essere aggiunta un'addizionale che riunifichi gli altri tributi comunali come la Tarsu e che i sindaci potranno spostare in su o in giù.

Quanto varrà la municipale?

Si parte da 25 miliardi di gettito certo escludendo la prima casa. Aggiungendo i 2milioni di immobili fantasma e la cedolare secca, quei 25 – ma lo dico da medico – possono aumentare di 5-10 miliardi in più perciò i comuni l'hanno accettata.

Perché non avete fatto una proposta simile alle regioni?

Ci abbiamo provato a fare lo stesso discorso su entità dei tagli, rimodulazione e federalismo. Ma hanno avuto un atteggiamento miope. Volevo introdurre un anticipo dei costi standard in sanità in attesa del punto di arrivo del federalismo. In campo sanitario c'è un'entità di sprechi che si può avvicinare ai 5 miliardi, perciò non accetto che si dica che la sanità non si tocca. Ma mentre da altre parti si facevano passettini dalle regioni sentivo solo dire che è tutto sbagliato, tutto da rifare. Questa è una strategia sbagliata, specie quando di soldi ne ha pochi anche il banco. Aldilà del dibattito filosofico, tra interventi diretti in manovra e successivi si sarebbe potuti andare loro incontro per due miliardi.

Di chi è la colpa?

Abbiamo scelto Errani come presidente della conferenza perché si è sempre dimostrato una persona responsabile però è chiaro che siamo dinanzi a due galli nel pollaio. Dove uno vuole essere più realista del re e l'altro è costretto a rincorrerlo per ragioni politiche. Il problema è che tra galli e galletti nessuno vuole fare il galletto.

A chi si riferisce?

Guardate chi fa chicchirichì e capirete.

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2010-07-10

Dalla stretta sulle micro-invalidità alle deroghe pro-Abruzzo sul patto di stabilità: ecco le ultime novità della manovra

di Marco Mobili Cronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 16:47.

La manovra 2011-2012 è pronta per l'aula. La commissione Bilancio del Senato ha approvato ieri il decreto con la correzione dei conti che sarà all'esame dell'assemblea a partire da martedì. Passa il rinvio per il pagamento delle multe per le quote latte e il pacchetto fiscale e di semplificazione per le imprese. Il taglio dei compensi per amministratori e revisori non si applicherà poi alle società. Mentre per le fondazioni bancarie sale da 10 al 15% la percentuale di possesso di beni immobiliari.

Ritirato invece dal Governo l'emendamento sulla riforma del processo civile, destinato a trasformarsi in un disegno di legge. Intanto il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos in una lettera al ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan ha fatto sapere che se l'emendamento alla manovra sulle quote latte "dovesse essere adottato la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato", scatterebbe cioè la procedura d'infrazione

Tra le novità dell'ultima ora approvate in tarda serata Commissione spuntano anche la possibilità di derogare al numero massimo di alunni che comporranno le classi delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado in presenza di alunni con disabilità. I professori universitari prossimi alla pensione potranno restare a ruolo per altri tre anni, presentando apposita istanza entro il prossimo 1° novembre 2010. I compensi saranno pari a quanto avrebbero preso di pensione e saranno a carico delle Università. Nella battaglia sulle false invalidità, con un emendamento bipartisan, arriva il giro di vite sui medici che attestano false micro-invalidità causati da incidenti stradali. Le sanzioni vanno dalla reclusione da 1 a 5 anni e multe da 400 a 1600 euro.

Passa poi la deroga al patto di stabilità per i Comuni aquilani in stato di dissesto. Con un emendamento del relatore è stato infatti previsto che le spese fino a 2,5 milioni di euro

per gli investimenti deliberate quest'anno dai Comuni della provincia dell'Aquila in stato di dissesto potranno essere escluse dal saldo ai fini del patto di stabilità per il triennio 2010-2012. Agli stessi Comuni l'emendamento di Azzollini stanzia 2 milioni di euro per il 2010 per far fronte al pagamento dei debiti accertati dalla commissione straordinaria di liquidazione, nominato con decreto del presidente della Repubblica. Continua, intanto, la protesta delle Regioni. Ieri, durante l'incontro a Palazzo Chigi, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha ribadito che la linea del rigore non ammette eccezioni perché i mercati non permettono passi indietro. Oggi le Regioni hanno informato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, della rottura con il governo. È stato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, a informare telefonicamente il capo dello Stato delle preoccupazioni dei governatori.Un colloquio telefonico di pochi minuti in cui Errani avrebbe illustrato le buoni ragioni delle amministrazioni regionali nel confronto con il governo e la ferma intenzione di proseguire un dialogo vero ed efficace, evitando scontri istituzionali. I governatori si riuniranno in una conferenza straordinaria mercoledì prossimo, mentre la manovra sarà al vaglio dell'aula di Palazzo Madama, e non escludono di proseguire i lavori del Parlamentino anche il giorno dopo, il giovedi del voto di fiducia al Senato.

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Via libera al nuovo Conto energia per il fotovoltaico

di Federico RendinaCronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 10:55.

Si accelera sulle energie rinnovabili tentando di razionalizzare i sussidi e alleggerendone il peso sulle bollette. E intanto si cerca di recuperare i ritardi del piano per il ritorno italiano all'energia nucleare. Con uno sprint energetico di inizio estate la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera sia alle linee guida predisposte dal ministero dello Sviluppo per dare impulso alle rinnovabili, sia all'atteso (e a lungo controverso) schema del "conto energia" per i sussidi all'elettricità fotovoltaica per il triennio 2011-2013.

La versione definitiva del nuovo conto energia modifica ulteriormente lo schema, che sembrava definitivo, già messo a punto dal Governo. In nome del progresso tecnologico e di efficienza dei pannelli solari, i nuovi sussidi ventennali subiranno nel prossimo triennio un taglio attorno al 20%: scenderanno tra il 2 e il 3% ogni quadrimestre nel 2011 e del 6% l'anno nel 2012 e nel 2013, in attesa della ulteriore revisione che scatterà dal 2014.

Confermato il principio che premia con incentivi proporzionalmente maggiori i piccoli impianti (come quelli domestici) e quelli installati sui tetti e sulle coperture. In ogni caso il decreto (22 pagine e 6 allegati) accompagna il taglio con nuovi e più ambiziosi obiettivi: 8 mila megawatt di energia solare da traguardare al 2020 di cui 3mila nel prossimo triennio, dopo i 1.200 megawatt incentivati (e già raggiunti) con il sussidio in scadenza.

Grande attenzione all'evoluzione tecnologica. Tant'è che il nuovo conto energia riguarderà anche il solare fotovoltaico a concentrazione, a cui saranno riservati sussidi per una potenza complessiva di 200 megawatt.

Il decreto "fornisce le certezze richieste dagli operatori del settore e opportunità di investimenti e creazione di occupazione" rimarca in una nota il ministero dello Sviluppo. Che si guadagna il sì delle principali associazioni di categoria, che apprezzano anche le "linee guida" sulle rinnovabili tracciate dal Governo.

Nelle nuove linee guida si promette tra l'altro di introdurre procedure autorizzative semplificate per gli impianti, orientando il mercato verso le tecnologie migliori e agevolandone la connessione in rete, "favorendo l'innovazione in un settore fondamentale per la ripresa e la competitività del Paese" commenta Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo.

Intanto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, nell'edizione di giovedì scorso, il decreto delegato con lo statuto della nuova Agenzia per la sicurezza nucleare. Malgrado gli otto mesi di ritardo rispetto alla scadenza fissata dalla legge "sviluppo" dell'agosto scorso (la 99/2009) lo Statuto rinvia a una lunga serie di ulteriori provvedimenti tutti gli adempimenti (nomine dei vertici, regolamenti interni, organi esecutivi, impalcatura operativa) necessari per rendere davvero funzionante l'organismo cruciale per il nostro rinascimento nucleare. Che rischia di rimanere, almeno per qualche mese ancora, in stand by.

Spetterà infatti all'agenzia definire le regole per scegliere i territori e le metodologie con cui piazzare le nuove centrali atomiche italiane. A lei il compito non solo di autorizzare gli impianti e di vigilare sulla correttezza delle procedure di costruzione e di esercizio, ma anche di definire le metodologie e i criteri di sorveglianza delle delicate attività collaterali, come l'approvvigionamento, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

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Gli aiuti al fotovoltaico ridotti del 18% nel 2011

di Jacopo GilibertoCronologia articolo25 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2010 alle ore 10:37.

Il nuovo conto energia per le centrali fotovoltaiche rimane fermo nella sospensione delle sedute della conferenza stato-regioni ma le indicazioni sulla bozza concordata sono ormai definite. L'incentivo italiano all'energia prodotta dai raggi del sole – oggi l'aiuto più appetitoso al mondo, dopo che Germania e Spagna hanno ridotto il loro sussidio all'energia fotovoltaica – scenderà l'anno prossimo del 6% ogni quattro mesi, per arrivare alla fine del 2011 a una sforbiciata complessiva del 18% rispetto a oggi.

Così ridotto, il conto energia rimarrà stabile per il 2012 e il 2013 per cambiare, come ogni tre anni, nel 2014. Queste sono le prime indicazioni anticipate ieri da Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico, durante la presentazione del portale web Corrente realizzato dal gestore dei servizi elettrici per riunire, in una vetrina unica e coordinata, la filiera italiana delle fonti rinnovabili di energia.

Inoltre Saglia si prepara a stralciare l'articolo 45 della manovra, quello che cancella il ritiro obbligato dei certificati verdi da parte del Gestore dei servizi energetici. Oggi il Gestore ritira le eccedenze di questi certificati verdi e in questo modo genera un prezzo minimo garantito. Il costo non finisce sui costi pubblici perché è pagato dai consumatori con una voce leggerissima della bolletta elettrica. La manovra vuole eliminare questo ritiro da parte del Gestore dei servizi energetici.

"Ma in questo modo la manovra azzoppa il mercato", avverte Saglia. Così il suo obiettivo è – d'intesa con Andrea Ronchi, ministro delle Politiche europee – stralciare del tutto dalla manovra questo contestatissimo articolo 45, ripromettendosi di adeguare il sistema degli incentivi quando entrerà in vigore la prossima direttiva europea sulle fonti rinnovabili, o in alternativa aggiungere all'articolo 45 un passo che ne rimanderà l'entrata in vigore con l'adozione della direttiva europea.

Nel frattempo il Gestore dei servizi energetici rafforza il suo ruolo nella ricerca per l'energia con l'acquisizione – appena formalizzata – della maggioranza dell'Erse, il polo milanese degli studi avanzati che eredita il ricchissimo patrimonio di conoscenze del Cesi Ricerche.

Intanto le imprese dell'energia pulita cercano di coordinarsi attraverso le iniziative del Gestore dei servizi energetici, come il portale Corrente. Si tratta di una "vetrina" di tutta la filiera: fornitori e centri ricerche, produttori e installatori; tecnologie differentissime che vanno dal solare fino ai biocarburanti. Un mondo disgregato che cerca – anche attraverso il nuovo piano d'azione nazionale sulle rinnovabili, appena adottato dal governo – di confluire in un sistema organico. "Con investimenti adeguati e con uno sfruttamento medio delle opportunità nel comparto delle fonti rinnovabili – afferma Emilio Cremona, presidente del Gse – l'Italia potrebbe essere un paese leader dal punto di vista tecnologico, esportando alcuni dei sistemi di produzione del settore delle rinnovabili. Corrente vuole aiutare il comparto perché il paese possa assumere un ruolo di primo piano in un settore importante in notevole espansione, con ritorni di assoluto rilievo per fatturato e occupazione".

 

 

 

 

Negli anni della crisi galoppa il microcredito

di Luca VaglioCronologia articolo7 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 17:37.

Cresce a ritmi esponenziali il microcredito in Italia. Dal 2007 al 2009 il volume dei prestiti bonsai nel nostro paese è passato da 3 milioni e 600mila a oltre 12 milioni e 700mila euro. Tra i beneficiari, il 53% sono donne, mentre il 47% sono cittadini stranieri. I dati emergono da una ricerca europea, condotta su circa 170 istituzioni finanziarie attive in 21 paesi dall'European Microfinance Network e presentata dalla Rete italiana di microfinanza (Ritmi) e dalla Fondazione Giordano dell'Amore.

Il numero dei finanziamenti concessi, proprio nel triennio segnato dalla crisi finanziaria ed economica più pesante del dopoguerra, è aumentato di cinque volte, passando nel periodo considerato da 392 a circa 1.909. Tuttavia, nonostante il trend crescente degli ultimi anni, il nostro paese occupa soltanto il nono posto in Europa per numero di microcrediti. In testa c'è la Francia con 28.863 prestiti a fine 2009, seguita dalla Polonia (17.760) e dalla Romania (11.265). In totale nel Vecchio Continente il numero dei microfinanziamenti lo scorso anno è stato pari a 84.533, il 20% in meno rispetto al 2007, per un valore economico di 828 milioni, inferiore del 6% a quello registrato nel 2007.

Il panorama italiano è caratterizzato da un numero elevato di realtà attive in questo settore: a fine 2009 ne sono state censite 32, contro le 27 del 2007, ma si stima che il numero effettivo sia pari almeno a 80, in maggioranza non profit e presenti soprattutto nelle regioni del nord e del centro. "Credo che il valore totale dei prestiti erogati sia di circa tre volte superiore ai dati registrati" spiega il segretario generale della Fondazione Giordano Dell'Amore Maria Cristina Negro. "La metà degli operatori intervistati - aggiunge - ritiene che in Italia la crisi economico-finanziaria del 2008 e del 2009 abbia contribuito all'espansione del microcredito, determinando un aumento dei richiedenti e dei crediti concessi, a fronte però di una maggiore difficoltà a restituire le somme ottenute".

Qualche caso di successo

Di fronte a queste cifre, sono inevitabilmetne numerosi anche i casi di successo delle operazioni di microfinanziamento. Molte imprese artigianali e di servizi devono la loro esistenza o salvezza a finanziamenti di piccola entità. A maggio dello scorso anno, per esempio, Gholam Reza Khodadadi, sarto afghano di 24 anni giunto a Roma con lo status di rifugiato, ha ottenuto grazie all'aiuto di Micro Progress onlus un credito di 15mila euro per rilevare la sartoria del suo ex datore di lavoro. Ma Gholam non ha intenzione di fermarsi: si è iscritto a un corso per creatore di moda e vuole trasformare la sartoria in un piccolo laboratorio di stile. Per certi versi simile è la vicenda di Aida Ben Amara, 35enne tunisina, che ha ottenuto 20mila euro per subentrare nella gestione dell'officina di autoricambi dove era impiegata. E, ancora, Elena Cirlig, 52enne di nazionalità moldava, in Italia dal 2004, dopo aver lavorato per alcuni anni come badante, ha aperto grazie al microcredito una lavanderia. Gli affari vanno bene e recentemente la signora Cirlig ha assunto due persone. E, per citare un caso italiano, degna di nota è anche la storia di Cristiana Capponi, 43enne che dopo aver perso il posto di lavoro con soli 12mila euro ha messo a frutto il suo diploma all'Istituto d'Arte, aprendo a Roma una bottega sartoriale dove si riparano e si confezionano vestiti.

 

 

 

 

 

Passa il rigore, le regioni rompono

di Roberto TurnoCronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 09:46.

S'è consumato in poco più di 90 minuti lo strappo finale tra governo e regioni sulla manovra. Al sospirato vertice di ieri con Silvio Berlusconi, i governatori hanno dovuto incassare il fuoco di sbarramento del governo, e soprattutto di Giulio Tremonti: i saldi non si toccano, i tagli restano a quota 8,5 miliardi, non c'è margine per ritocchi o rinvio delle decisioni al Senato – come avrebbe ipotizzato il premier – perché la manovra la vuole l'Europa e i mercati lunedì ci farebbero pagare un caro prezzo. L'unica apertura futuribile: il via a una commissione mista anti-sprechi.

 

Una doccia fredda per i governatori. Che compatti hanno contrattaccato in conferenza stampa. "Le nostre proposte sono state respinte – ha scandito per tutti Vasco Errani (Emilia Romagna). Siamo preoccupati. Chi vuole andare verso il federalismo fiscale non può entrare nel più pieno centralismo. Informeremo il presidente della repubblica sulle conseguenze di questa situazione". Ecco così subito la richiesta a palazzo Chigi di un incontro formale alla prossima stato-regioni per restituire – anche con un emendamento alla manovra – le deleghe sui servizi fondamentali che le regioni affermano di non poter più garantire. Dal trasporto pubblico locale agli incentivi alle imprese, dall'ambiente alla viabilità alle politiche sociali. Il federalismo fiscale va gambe all'aria, sostengono, e a Berlusconi chiedono di comunicare insieme agli italiani lo stato delle cose e i servizi che non potranno più essere garantiti.

Intanto hanno in serbo un'altra clamorosa iniziativa: tutte le giunte metteranno all'ordine del giorno entro mercoledì mattina una comunicazione che darà conto degli effetti dei tagli per singolo servizio e il pomeriggio a Roma faranno un dossier unico da allegare alla richiesta di convocazione immediata (già per giovedì, forse) della stato-regioni per la restituzione delle chiavi delle deleghe sui servizi del federalismo amministrativo, rimettendo la palla al Governo.

Una sfida a tutto campo. Alla quale Tremonti ha replicato con fermezza. I tagli si possono fare senza incidere sulla sanità né sulla carne viva dei servizi ai cittadini, è convinto il ministro, e i pendolari non dovranno temere per le minacce di stop al trasporto pubblico locale. "Perché le regioni non guardano ai contributi che danno? Quello è il punto – ha attaccato – non è più il tempo, nessuno più in Europa può garantire i vecchi livelli di spesa". Quanto alle deleghe, ha ancora precisato il ministro, ben venga la restituzione di quelle sui controlli delle invalidità. Come dire: gli sprechi ci sono e le regioni sono responsabili. Non a caso Tremonti ha indicato nella sanità il primo settore da aggredire col federalismo e i costi standard. Che a questo punto, però, per i governatori sono poco più che un miraggio. Anche se chiedono che i decreti attuativi siano adottati tutti insieme. "Come si fa a dire che il federalismo è morto – ha ironizzato il ministro – e che anzi è morta perfino la "Bassanini", e poi chiedere la contemporaneità dei decreti attuativi?".

Nonostante l'apparente maggiore disponibilità al dialogo mostrata da Berlusconi, che avrebbe tentato di aprire la porta a modifiche nei prossimi giorni prima del primo voto in Senato di giovedì, il governo ha insomma tenuto duro sui saldi e sulle richieste dei governatori. Che, cifre alla mano, hanno nuovamente contestato lo squilibrio dei tagli a loro carico. Ma i governatori tutti insieme – anche quelli della Lega, non presenti alla conferenza stampa finale a palazzo Chigi – hanno intanto incassato ben poco dallo schieramento di sette ministri e di Gianni Letta presenti al vertice. Sarà istituita la commissione mista anti-sprechi a più riprese richiesta per fare chiarezza sui bilanci di tutti. Ed è qualcosa, ma con effetti futuri.

Qualche promessa più vicina c'è per le quattro regioni commissariate per la sanità (Lazio, Campania, Calabria, Molise), tutte in mano al centrodestra: più tempo per i piani di rientro, magari un prossimo stop alle maxi addizionali Irpef e Irap. Ma la partita grande è tutta da giocare. E l'ipotesi del governo di trovare soluzioni dopo la manovra con la legge di stabilità in autunno preceduta da un tavolo comune al quale ha accennato Tremonti, non basta al fronte delle regioni. Che adesso puntano tutto sul parlamento.

806 miliardi - Spesa complessiva

in base alle tavole diffuse dal ministro Tremonti, nel 2010 la spesa complessiva delle Pa dovrebbe superare gli 806 miliardi di euro. Di questi 238,3 appartengono allo stato (-2,1% rispetto al 2009), 39,9 alle regioni (con un aumento del 4,5% se rapportato ai 12 mesi precedenti) e 114,9 agli enti sanitari locali (+3,9%)

175,5 miliardi - Costi del personale

Per i redditi da lavoro dipendente l'intera pubblica amministrazione mette in conto di spendere 175,5 miliardi di euro. Di questi 95,1 miliardi si riferiscono ai ministeri e alle altre Pa centrali (+2,7% sul 2009) a fronte dei 6,1 delle regioni (+2,1%) e dei 37,6 miliardi degli enti sanitari locali (+2,5% sull'anno prima)

139 miliardi - Consumi intermedi

Dei 139,5 miliardi di euro preventivati dal 2010 dalle pubbliche amministrazioni italiane per l'acquisto di beni e servizi da riutilizzare per l'erogazione dei servizi, 21,3 miliardi di euro (in calo del 7,2% rispetto al 2009) si riferiscono allo stato. Dal canto loro le regioni dovrebbero spenderne 5,4 miliardi (+1,2% in confronto con l'anno prima) mentre gli enti sanitari 70,6 (+4,7%)

 

 

 

Passa il rigore, le regioni rompono

di Roberto TurnoCronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 09:46.

S'è consumato in poco più di 90 minuti lo strappo finale tra governo e regioni sulla manovra. Al sospirato vertice di ieri con Silvio Berlusconi, i governatori hanno dovuto incassare il fuoco di sbarramento del governo, e soprattutto di Giulio Tremonti: i saldi non si toccano, i tagli restano a quota 8,5 miliardi, non c'è margine per ritocchi o rinvio delle decisioni al Senato – come avrebbe ipotizzato il premier – perché la manovra la vuole l'Europa e i mercati lunedì ci farebbero pagare un caro prezzo. L'unica apertura futuribile: il via a una commissione mista anti-sprechi.

 

Una doccia fredda per i governatori. Che compatti hanno contrattaccato in conferenza stampa. "Le nostre proposte sono state respinte – ha scandito per tutti Vasco Errani (Emilia Romagna). Siamo preoccupati. Chi vuole andare verso il federalismo fiscale non può entrare nel più pieno centralismo. Informeremo il presidente della repubblica sulle conseguenze di questa situazione". Ecco così subito la richiesta a palazzo Chigi di un incontro formale alla prossima stato-regioni per restituire – anche con un emendamento alla manovra – le deleghe sui servizi fondamentali che le regioni affermano di non poter più garantire. Dal trasporto pubblico locale agli incentivi alle imprese, dall'ambiente alla viabilità alle politiche sociali. Il federalismo fiscale va gambe all'aria, sostengono, e a Berlusconi chiedono di comunicare insieme agli italiani lo stato delle cose e i servizi che non potranno più essere garantiti.

Intanto hanno in serbo un'altra clamorosa iniziativa: tutte le giunte metteranno all'ordine del giorno entro mercoledì mattina una comunicazione che darà conto degli effetti dei tagli per singolo servizio e il pomeriggio a Roma faranno un dossier unico da allegare alla richiesta di convocazione immediata (già per giovedì, forse) della stato-regioni per la restituzione delle chiavi delle deleghe sui servizi del federalismo amministrativo, rimettendo la palla al Governo.

Una sfida a tutto campo. Alla quale Tremonti ha replicato con fermezza. I tagli si possono fare senza incidere sulla sanità né sulla carne viva dei servizi ai cittadini, è convinto il ministro, e i pendolari non dovranno temere per le minacce di stop al trasporto pubblico locale. "Perché le regioni non guardano ai contributi che danno? Quello è il punto – ha attaccato – non è più il tempo, nessuno più in Europa può garantire i vecchi livelli di spesa". Quanto alle deleghe, ha ancora precisato il ministro, ben venga la restituzione di quelle sui controlli delle invalidità. Come dire: gli sprechi ci sono e le regioni sono responsabili. Non a caso Tremonti ha indicato nella sanità il primo settore da aggredire col federalismo e i costi standard. Che a questo punto, però, per i governatori sono poco più che un miraggio. Anche se chiedono che i decreti attuativi siano adottati tutti insieme. "Come si fa a dire che il federalismo è morto – ha ironizzato il ministro – e che anzi è morta perfino la "Bassanini", e poi chiedere la contemporaneità dei decreti attuativi?".

 

Nonostante l'apparente maggiore disponibilità al dialogo mostrata da Berlusconi, che avrebbe tentato di aprire la porta a modifiche nei prossimi giorni prima del primo voto in Senato di giovedì, il governo ha insomma tenuto duro sui saldi e sulle richieste dei governatori. Che, cifre alla mano, hanno nuovamente contestato lo squilibrio dei tagli a loro carico. Ma i governatori tutti insieme – anche quelli della Lega, non presenti alla conferenza stampa finale a palazzo Chigi – hanno intanto incassato ben poco dallo schieramento di sette ministri e di Gianni Letta presenti al vertice. Sarà istituita la commissione mista anti-sprechi a più riprese richiesta per fare chiarezza sui bilanci di tutti. Ed è qualcosa, ma con effetti futuri.

Qualche promessa più vicina c'è per le quattro regioni commissariate per la sanità (Lazio, Campania, Calabria, Molise), tutte in mano al centrodestra: più tempo per i piani di rientro, magari un prossimo stop alle maxi addizionali Irpef e Irap. Ma la partita grande è tutta da giocare. E l'ipotesi del governo di trovare soluzioni dopo la manovra con la legge di stabilità in autunno preceduta da un tavolo comune al quale ha accennato Tremonti, non basta al fronte delle regioni. Che adesso puntano tutto sul parlamento.

806 miliardi - Spesa complessiva

in base alle tavole diffuse dal ministro Tremonti, nel 2010 la spesa complessiva delle Pa dovrebbe superare gli 806 miliardi di euro. Di questi 238,3 appartengono allo stato (-2,1% rispetto al 2009), 39,9 alle regioni (con un aumento del 4,5% se rapportato ai 12 mesi precedenti) e 114,9 agli enti sanitari locali (+3,9%)

175,5 miliardi - Costi del personale

Per i redditi da lavoro dipendente l'intera pubblica amministrazione mette in conto di spendere 175,5 miliardi di euro. Di questi 95,1 miliardi si riferiscono ai ministeri e alle altre Pa centrali (+2,7% sul 2009) a fronte dei 6,1 delle regioni (+2,1%) e dei 37,6 miliardi degli enti sanitari locali (+2,5% sull'anno prima)

139 miliardi - Consumi intermedi

Dei 139,5 miliardi di euro preventivati dal 2010 dalle pubbliche amministrazioni italiane per l'acquisto di beni e servizi da riutilizzare per l'erogazione dei servizi, 21,3 miliardi di euro (in calo del 7,2% rispetto al 2009) si riferiscono allo stato. Dal canto loro le regioni dovrebbero spenderne 5,4 miliardi (+1,2% in confronto con l'anno prima) mentre gli enti sanitari 70,6 (+4,7%)

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"Misure inevitabili Ora la riforma fiscale"

Giorgio SantilliCronologia articolo10 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 08:02.

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Il confronto non può che essere calcistico, di questi tempi, anche se Carlo Sangalli sembra soffrire più per gli stenti del suo Milan (sulla parete del suo studio campeggia la squadra che si aggiudicò la Champions League contro la Juventus nel 2003) che per le sciagure di Marcello Lippi. Quando si parla di economia, però, sono le sorti della nazionale, quelle che gli interessano. "Scusi - dice il presidente di Confcommercio - se la partita è difficile, lei lascia in panchina chi ha la possibilità di segnare il gol della crescita?". La partita è quella drammatica della crisi, avviata ai tempi supplementari, il goleador è ovviamente la piccola impresa, per lungo tempo rimossa dalla politica ma altrettanto "indispensabile", sempre nell'economia italiana e oggi più che mai, "quando la priorità assoluta è rompere la spirale tra aumento della disoccupazione e la stagnazione dei consumi".

Su quel fronte, quello dei consumi, "non ci sono segnali di risveglio" e appare chiaro che questo è un momento "delicatissimo e decisivo", una fase di transizione "dalla recessione al ritorno alla crescita, con la prospettiva di tornare a una crescita lenta e fragile". Inevitabile, allora, venire subito alla manovra finanziaria, come Sangalli l'ha letta dal primo minuto: una manovra "necessariamente impegnativa e quantitativamente necessaria per fronteggiare il secondo tempo della tempesta finanziaria globale", ma soprattutto – agli occhi della Confcommercio – "il presupposto fondamentale per garantire l'avanzamento di riforme necessarie ad accelerare la crescita nel nostro Paese".

Parliamo delle riforme per la crescita, presidente Sangalli.

La riforma fiscale, anzitutto. È lì che noi dobbiamo arrivare, con il duplice obiettivo di semplificare il sistema e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro e sull'impresa. Dicono che la pressione fiscale sia al 43% ma, se consideriamo il peso dell'economia sommersa, siamo al 52% che è il dato che vale per chi paga regolarmente tasse e contributi. Stesso discorso per il federalismo fiscale che, come diciamo noi, deve essere pro-competitivo e giustamente solidale, portare cioè a sua volta a una riduzione della pressione fiscale. Questo deve essere l'obiettivo, liberare l'impresa e stimolare per questa via la crescita. Nel merito, la manovra come le sembra?

Con una spesa pubblica che tocca il 52% del Pil non c'erano alternative: la strada per la correzione dei conti pubblici non poteva essere che il controllo e la riduzione della spesa pubblica da una parte, l'azione di contrasto e di recupero dell'evasione e dell'elusione dall'altro.

Avete ottenuto, in un'azione congiunta con Confindustria, due correzioni importanti per le imprese.

Sulle compensazioni e sulla riscossione chiedevamo l'applicazione di un semplice principio di civiltà fiscale, coerente con l'impostazione dello statuto del contribuente. Bisognava stabilire che il blocco fra compensazioni e crediti non intervenisse prima che l'iscrizione a ruolo fosse definitiva, mentre dell'accertamento esecutivo chiedevamo la sospensione fino alla sentenza di primo grado del giudice tributario. L'abbiamo ottenuto, c'è sicuramente soddisfazione. Un ringraziamento va al ministro Tremonti e ovviamente alla collegialità dell'azione di governo. Un altro ringraziamento vorrei farlo al ministro Brunetta per le iniziative sulla posta elettronica certificata.

Ancora sul fisco, che pensa delle correzioni in corso su studi fiscali e redditometro? Si sta andando nella giusta direzione?

Sono correzioni che tengono conto delle difficoltà prodotte dalla crisi sulle imprese. Nulla a che fare con la riforma fiscale che chiediamo noi. Apprezziamo, tuttavia, anche qui l'introduzione di un doppio principio fondamentale già sancito dallo statuto del contribuente: si ha reddito solo in presenza di un reddito effettivo e non solo presuntivo, inoltre lo strumento deve sempre consentire il contraddittorio con il contribuente.

Torniamo alla piccola impresa e al rapporto con la politica. Sta migliorando?

Certamente con il lancio di Rete Imprese Italia abbiamo avuto più attenzione e riconoscimento. In un Paese che si divide su tutto, mettere insieme cinque associazioni è stato un atto di responsabilità e una grande opportunità per la modernizzazione dell'Italia. Perché questo bisogna dire subito, la nostra non è un'iniziativa a vocazione conservativa, non vogliamo riserve indiane per la piccola impresa. Pensare al piccolo non vuol dire postulare, la stella polare è la crescita delle imprese. Bisognava però affermare il principio, e questo noi abbiamo fatto, che l'impresa diffusa non è un'anomalìa né una contraddizione. Se l'Italia ha accusato meno di altri paesi l'effetto della crisi sull'occupazione, anche in termini di coesione sociale e territoriale, come si dice e come è vero, il merito va molto a quei piccoli e medi imprenditori che considerano i dipendenti come collaboratori e in molti casi vendono i gioielli di famiglia prima di rassegnarsi a licenziare o a chiudere.

Come può crescere l'impresa?

Bisogna fare rete. Ci vogliono strumenti adeguati, soprattutto per il settore dei servizi che oggi rappresenta il 59% del Pil italiano. Sappiamo e ribadiamo l'importanza fondamentale del rilancio della manifattura in Italia, ma dobbiamo affiancare agli incentivi attuali politiche che favoriscano la crescita e la produttività dei servizi. A Industria 2015 bisogna affiancare Servizi 2020. La crescita di produttività del paese – quindi una crescita meno lenta – passa per la crescita di produttività dei servizi.

La concorrenza è una buona strada per accrescere la competitività, ma le resistenze sono molte.

Noi crediamo nella concorrenza che va estesa anzitutto ai settori protetti.

Che spettacolo vede sul palcoscenico della politica? Che auspici trae?

Il momento è difficile, non c'è dubbio. Il paese chiede alla politica e a tutte le classi dirigenti maggiore sobrietà, meno divisioni, più unità. Tutti devono avere l'ambizione di guardare al futuro. Per questo dobbiamo garantire più crescita. Questo è il futuro.

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 08:02.

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L'azzera-compensi per revisori, sindaci e organi collegiali in genere salva le società.

Nel passaggio in commissione bilancio al Senato la cura dell'austerità imposta dalla manovra riduce drasticamente la propria portata, con un emendamento che evita di cancellare gli stipendi anche in una serie di enti pubblici economici, negli enti e nelle fondazioni di ricerca, nelle onlus e nelle associazioni di promozione sociale. Intanto, sempre in commissione, prosegue l'opera anti burocrazia per le imprese, con l'approvazione della nuova disciplina per le dichiarazioni che accompagnano l'inizio dell'attività; per le fondazioni bancarie si amplia la possibilità di investire sul mattone, mentre le società pubbliche non quotate inserite nel conto economico della Pa devono adeguarsi alla stretta sulle assunzioni prevista per le pubbliche amministrazioni. Fuori dai nuovi obblighi di tracciabilità gli assegni emessi il 31 maggio scorso.

La sterilizzazione dell'azzera-compensi traduce in pratica una correzione già annunciata dal ministero dell'Economia, dopo che era emerso in tutta la sua ampiezza il raggio d'azione della norma originaria (si veda Il Sole 24 Ore del 4 giugno). Nella versione pubblicata in Gazzetta ufficiale, la manovra correttiva (articolo 6, comma 2 del Dl 78/2010) avrebbe reso onorifica, mantenendo al massimo un gettone simbolico da 30 euro, la presenza dei professionisti negli organi collegiali degli "enti" che a qualsiasi titolo ricevessero contributi pubblici, anche minimo. Così concepita, la tagliola sarebbe scattata anche nelle grandi società, pubbliche e private, nei grandi enti pubblici, nonostante le dimensioni dei bilanci messi sotto controllo da revisori e sindaci. Il correttivo approvato ieri a Palazzo Madama esclude dal rischio azzeramento tutte le società, oltre a fondazioni ed enti di ricerca che vanno ad affiancare le università, già salve in origine insieme a camere di commercio, sanità ed enti previdenziali e assistenziali a carattere nazionale. Sarà invece il ministero dell'Economia a decidere con decreto quali enti pubblici economici sottrarre alla regola del compenso zero. Sul versante della libertà d'impresa, il tassello più importante introdotto dalla commissione del Senato è la Scia, la "segnalazione certificata di inizio attività" chiamata a rappresentare l'unico atto ufficiale per far partire un'azienda. La Scia, pilastro della parte ordinaria del pacchetto semplificazione che dovrebbe portare anche a rivedere l'articolo 41 della costituzione, sostituirà ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione e nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli necessarie per agire in campo imprenditoriale, commerciale o artigianale. Una volta a regime grazie ai decreti attuativi, il nuovo sistema prevederà solo controlli successivi da parte della pubblica amministrazione. Il passaggio in commissione ha poi snellito ulteriormente i meccanismi della conferenza dei servizi per il via libera a progetti pubblici e privati, introducendo anche il meccanismo del silenzio-assenso per le autorizzazioni paesaggistiche. Si estende poi la platea dei soggetti autorizzati a rilasciare la valutazione di impatto ambientale, che potrà essere fornite da università ed enti pubblici oltre che dal ministero dell'ambiente e dalle regioni.

I lavori del Senato hanno portato buone notizie alle imprese anche sul terreno fiscale. Da questo punto di vista la novità decisiva ha riguardato la possibilità di compensare le somme iscritte a ruolo con i crediti commerciali che le imprese vantano da regioni, enti locali e servizio sanitario. Corretta anche la tagliola alla possibilità di bloccare l'atto esecutivo: la sospensiva potrà rimanere in campo per tutta la durata del primo grado del processo tributario, senza decadere automaticamente dopo 150 giorni come previsto dalla versione originaria della norma (o 300 giorni com'era stato ipotizzato con un primo correttivo). Solo per le nuove attività provenienti dall'estero, infine, viene prevista la possibilità di applicare il regime fiscale del paese d'origine (su dipendenti e collaboratori l'agevolazione sarà triennale).

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PACCHETTO-IMPRESE

Compensi a sindaci e revisori

Esclusi dall'azzeramento dei compensi gli organi collegiali di: società, università ed enti di ricerca, camere di commercio, enti del servizio sanitario, enti pubblici economici (da individuare con decreto), onlus e associazioni di promozione sociale.

L'inizio d'attività

La "segnalazione certificata di inizio attività" (Scia) sarà l'unico atto ufficiale per far partire un'azienda. La Scia sostituirà ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione e nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli necessarie per agire in campo imprenditoriale, commerciale o artigianale

Progetti pubblici e privati

Snelliti i meccanismi della conferenza dei servizi per il via libera a progetti pubblici e privati: il meccanismo del silenzio-assenso è stato introdotto per le autorizzazioni paesaggistiche

Tracciabilità

Gli assegni emessi il 31 maggio scorso restaranno fuori dai nuovi obblighi di tracciabilità

 

 

Per i rogiti nuove certezze dopo la manovra

Cronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 09:30.

Per notai e proprietari immobiliari arrivano nuove certezze, dopo una lunga attesa, dalla circolare n. 2/2010 di ieri dell'agenzia del Territorio: l'affermazione che il notaio prima di stipulare il rogito deve provvedere all'allineamento dell'intestazione catastale con le risultanze dei registri immobiliari, se non vi sia conformità tra le due banche dati; l'abolizione delle precedenti istruzioni ministeriali che inibivano la presentazione di nuove planimetrie in caso di lievi variazioni interne; l'individuazione di alcune tipologie di beni immobili estranee all'applicazione della norma di cui all'articolo 19, comma 14, Dl 78/2010, in tema di incommerciabilità dei fabbricati che presentino talune irregolarità catastali.

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-08

Venerdì sciopero per l'intera giornata: fermi treni, bus, e metro

Cronologia articolo8 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 16:42.

Inizia giovedì alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario, mentre venerdì 9 luglio si fermeranno i lavoratori del trasporto pubblico per l'intera giornata. Oltre al black out dell'informazione stop quindi a bus, tram e metro. Lo sciopero è stata proclamato unitariamente da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità che va avanti da due anni".

Treni fermi fino alle 21-Trenitalia ha potenziato gli strumenti informativi a servizio della clientela attivando anche un numero verde gratuito, l'800.89.20.21, che resterà operativo fino alla fine dello sciopero. "La protesta sindacale, informa una nota, potrà infatti determinare la cancellazione e la limitazione di percorso di alcuni convogli". Il Gruppo Ferrovie dello Stato invita i viaggiatori a informarsi sul programma dei treni nazionali e internazionali di cui è prevista l'effettuazione e il cui elenco è pubblicato sul sito ferroviedellostato.it.

Oltre che sul web, al numero verde gratuito e al call center 892021, le informazioni sui treni nazionali e internazionali in circolazione durante lo sciopero potranno essere assunte anche presso i punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Nel corso della protesta sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino, attraverso il "Leonardo Express" o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per quanto riguarda i treni regionali, si ricorda invece che saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie a maggiore mobilità pendolare (6.00-9.00 e 18.00-21.00).

Lo stop di bus, metro e tram riguarda invece l'intera giornata di venerdì 9 secondo modalità locali. A Roma dalle 8,30 alle 17.30 e dalle 20 a fine servizio, a Milano dalle 8.45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio, a Napoli dalle 8.30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio, Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio, a Firenze dalle 9.15 alle 11.45 e dalle 15.45 al termine del servizio, a Venezia-Mestre dalle 9 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio, Genova dalle 9 alle 17 e dalle 20 a termine servizio, Bologna dalle 8.30 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio, Palermo dalle 8,30 alle 17,30, Cagliari dalle 9.30 alle 12.45, dalle 14.45 alle 18.30 e dalle 20 alla fine del servizio.

 

 

 

 

Uno stallo senza voto anticipato né, per ora, unità nazionale

di Stefano FolliCronologia articolo08 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 09:59.

L'ultima modifica è del 08 luglio 2010 alle ore 10:48.

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Difficile dare torto a Ernesto Galli della Loggia che sul Corriere della sera descrive un paese in cui la politica non esiste più. È una fotografia che abbraccia un po' tutti: chi governa al pari di chi si oppone, salvo eccezioni. E la giornata di ieri ne offre un'interessante conferma. Nei giorni scorsi era tutto un susseguirsi di proclami bellicosi. Il presidente del Consiglio annunciava la resa dei conti con i dissidenti finiani, a costo di rischiare la crisi del governo.

Sullo sfondo sembrava prender forma una sorta di "predellino due", ossia, in codice, una riedizione del colpo improvviso con cui Berlusconi fece nascere in piazza il Popolo della libertà e mise in angolo i centristi. A sua volta il centrosinistra dava quasi per scontata la fine dell'era di Arcore e si dichiarava pronto ad assumere le responsabilità che le circostanze imponevano: una specie di governo di salute pubblica, pareva di capire, alla sola condizione che non ne facesse parte Silvio Berlusconi.

Questo trambusto poteva a prima vista esser scambiato per un ritorno in grande stile della politica. Ma i fatti, se così possiamo chiamarli, sembrano andare in un'altra direzione. Può darsi che abbia ragione Marco Pannella, che torna a parlare di un sistema vischioso in cui alla fine Pdl e Pd sono più intrecciati e incollati tra loro di quanto vorrebbero ammettere. Ma forse la realtà è proprio quella di un paese disabituato alla politica in cui al massimo si riescono a tutelare le rispettive rendite di posizione: quelle del governo e quelle dell'opposizione, in un sostanziale immobilismo.

Vediamo gli eventi delle ultime ore. Lungi dal produrre qualche clamorosa frattura, la nuova stagione del "ci penso io" ha l'obiettivo di puntellare il governo, eliminando dalla strada le mine pericolose. Dopo le dimissioni di Brancher, è la volta della legge sulle intercettazioni. Sembrava una bandiera irrinunciabile per Berlusconi, invece ieri, nell'imminenza dello sciopero dei giornalisti, il Pdl fa sapere che saranno introdotte modifiche al testo, nello spirito delle "perplessità espresse dal Quirinale". Significa che la legge dovrà essere smontata e rimontata a Montecitorio, proprio come voleva il presidente della Camera, ed è difficile che questo lavoro possa essere completato in agosto. Nel frattempo Berlusconi andrà all'incontro con le regioni sulla manovra economica, ma non sarà in grado di offrire loro quasi nulla perché Tremonti ha già ottenuto la "blindatura" del testo. Ed è facile immaginare quanto poco piaccia al premier questo ruolo in cui è costretto a subire il rancore, quasi la rivolta dei governatori (molti di centrodestra), senza avere nulla o quasi da offrire per uscire dalla riunione con un successo mediatico.

In realtà, l'unica arma che Berlusconi potrebbe brandire per risolvere d'incanto i problemi di un governo imbalsamato sono le elezioni anticipate. Ma tutti sanno che oggi le elezioni non sono nella sua disponibilità. Quindi il premier è costretto al piccolo cabotaggio, nella speranza piuttosto flebile che in autunno maturino le condizioni per allargare la base del governo. Magari con un ingresso dell'Udc. Prospettiva molto incerta. È vero che Casini parla con insistenza di "unità nazionale", ma è tutto da dimostrare che voglia andare in soccorso a Berlusconi. Più probabile che voglia tenersi pronto per una fase successiva, se e quando si presenterà. Anche il Pd attende, senza peraltro riuscire a imporre un tema, a farsi protagonista di una battaglia. Così passano i mesi e la politica resta nella nebbia.

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Dalla stangata sulle assicurazioni ai giudici a progetto, le novità della manovra

di Nicoletta CottoneCronologia articolo8 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 14:36.

Slitta a martedì prossimo l'approdo in aula al Senato della manovra, blindata dalla fiducia. La nuova tabella di marcia fissata dalla capigruppo di Palazzo Madama prevede il voto di fiducia giovedì 15 luglio, in ritardo di un giorno rispetto alle previsioni, ma in linea con le richieste della commissione Bilancio che ha chiesto più tempo per chiudere la manovra, sulla quale di prospetta una doppia blindatura, con l'apposizione della fiducia al Senato e alla Camera. Un esame tutt'altro che sereno, con tanti nodi da sciogliere, il consueto assalto alla diligenza, colpi di scena, refusi corretti, manifestazioni di piazza, compresa la minaccia di dimissioni di un ministro (Galan sulle quote latte). Le modifiche introdotte nella manovra aumentano e non sarà facile mantenere i saldi invariati chiesti dal ministro Tremonti.

Salta il taglio delle tredicesime per magistrati, forze armate, forze di polizia, vigili del fuoco, professori e ricercatori universitari, personale di carriera prefettizia, personale diplomatico e prefetti. Da un emendamento alla manovra del relatore, Antonio Azzollini (Pdl), è stata infatti stralciata la parte che riguardava le tredicesime. Rimane la parte nella quale si precisa che sul blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici non incideranno le variabili straordinarie della dinamica retributiva, come le missioni all'estero.

Accolte le richieste sulle misure fiscali per le imprese richieste da Confindustria, tradotte in un emendamento del relatoredepositato in commissione Bilancio del Senato. Soppresso il comma 9 dell'articolo 38 che puntava ad accelerare le procedure di riscossione: viene cancellato il termine massimo dei 150 giorni di efficacia della sospensione eventualmente concessa dal giudice tributario per l'iscrizione a ruolo. Lo stesso emendamento stabilisce la possibilità per le imprese, a partire dal 2011, di compensare i crediti maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni con i debiti, o le somme iscritte al ruolo, con il fisco. La copertura prevista è legata all'aumento dell'Ires per le imprese assicurative,

Arrivano i "giudici a progetto". Ausiliari fino al 2015 potranno sostituire i magistrati nelle cause civili per smaltire l'arretrato. Saranno scelti tra ex magistrati, avvocati, notai, professori di diritto e ricercatori, in attività o pensionati, raccolti in un apposito albo. Saranno i singoli giudici a nominare i propri "aiutanti". L'obiettivo è quello di ridurre la mole di cause civili pendenti, arrivate alla cifra "monstre" di 5,4 milioni, ma l'opposizione protesta e parla di "privatizzazione della giustizia" e di "violazione della Costituzione". La disposizione riguarderà i procedimenti che saranno dichiarati prioritari dai tribunali e dalle corti di appello. La sentenza dell'ausiliario sarà sottoposta alle parti in causa: se entrambe dichiareranno di accettarla sarà immediatamente operativa, altrimenti l'incartamento tornerà al giudice titolare per la decisione finale. Per pagare i "giudici a progetto", il governo prevede varie possibilità: se la sua sentenza è stata contestata da una delle parti e viene poi confermata dal giudice ordinario, toccherà alla parte che ha avuto da ridire metter mano al portafoglio; se invece il giudice conferma la sentenza, il compenso arriverà dallo Stato. Il compenso oscillerà tra l'uno e il cinque per cento del valore della causa, in base a una tabella annessa all'emendamento. Prevista anche una procedura abbreviata del giudizio, nella quale il magistrato comunica la sua decisione con una "motivazione breve": se le parti accettano la procedura avranno la sentenza in tempi più brevi ma non avranno diritto a ricorrere in appello. Altra norma anti-ingolfamento, il raddoppio del contributo unificato per l'impugnazione in tribunale e in corte d'appello e l'aumento a 500 euro del contributo fisso per i ricorsi in Cassazione. Con l'ausiliario del giudice per Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense va "in atto la parodia della giustizia". Una vera e propria "demolizione della giustizia italiana", secondo il presidente dell'Organismo unitario dell'Avvocatura, Maurizio de TillaPrevisto anche il cancelliere privato che, se gli verrà delegata l'assunzione della prova, potrà incassare dai 50 ai 75 euro l'ora. Nell'allegato C presentato dal governo alla manovra si legge che il compenso per il cancelliere è commisurato al tempo che impiegherà ad assumere la prova e verrà determinato in base alle "vacazioni" (meccanismo di liquidazione del compenso che il governo, in questo caso, traduce in un'ora di lavoro). "L'onorario per la prima "vacazione" (cioè per la prima ora) è di 75 euro", mentre sarà di 50 per ogni ora successiva. Tale compenso sarà raddoppiato quando il termine per il compimento delle operazioni non superi i cinque giorni. Potrà poi essere aumentato fino al 50% se il termine non supererà i 15 giorni.

Sarà l'amministrazione finanziaria a dover assicurare la regolarità dell'istanza e il pagamento integrale di quanto dovuto in seguito alla chiusura agevolata per le liti fiscali ultradecennali. La chiusura agevolata è stata introdotta dal decreto legge incentivi. In pratica i contribuenti che dopo aver vinto il fisco in primo e secondo grado vengono trascinati in Cassazione o in Commissione tributaria centrale possono risolvere le proprie pendenze con il pagamento di un importo pari al 5% della controversia. L'emendamento presentato dal relatore è fortemente criticato dal Pd perchè consente di "perfezionare" una norma ad personam del marzo 2010 "che consentirà a Berlusconi estinguere il contenzioso tributario per il Lodo Mondadori con il pagamento di una modesta somma: il 5% del dovuto". Vi si legge che "l'avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito di attestazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria comprovanti la regolarità della istanza e il pagamento integrale" di quanto dovuto per legge.

Saltato il giro di vite sulle invalidità. Resta al 74% la soglia di invalidità per poter ottenere l'assegno. Viene, dunque, cancellato l'innalzamento all'85% previsto in manovra. Diventeranno, però, più pressanti i controlli per stanare i falsi invalidi.

Riscritta la norma sulle tasse in Abruzzo. Dopo le proteste di piazza degli abruzzesi una nota di Palazzo Chigi del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, d`intesa con il ministro dell`Economia, Giulio Tremonti, annuncia che il recupero dei tributi e dei contributi non versati per effetto della sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell`Aquila nell`aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011.

Intanto sul fronte delle quote latte il governo fa quadrato intorno al ministro Galan, che ieri aveva minacciato le dimissioni sulla querelle delle quote latte. Per lui è "immorale e assurda" la disposizione presentata con un emendamento del relatore Azzollini, sul quale c'è la firma della Ragioneria dello Stato, che prevede la proroga al 31 dicembre 2010 del pagamento delle multe comunitarie sulle quote latte. Misura frutto di una trattativa, della quale il ministro era all'oscuro, sostenuta dal Senatur Umberto Bossi che dà battaglia a fianco degli splafonatori, cioé quegli allevatori che hanno sforato il tetto comunitario nella produzione del latte e non vogliono pagare le conseguenti multe. Una promessa che il 1° luglio Renzo Bossi, figlio del leader del Carroccio, aveva promesso a Milano agli allevatori che da sei giorni assediavano il Pirellone. "Sono contrario a una norma dagli effetti così devastanti e immorali", ha detto in aula Galan incassando applausi bipartisan.

Arriva un taglio agli stipendi della Rai. La proposta Azzollini, che ricalca quella di Calderoli, prevede un taglio del 20%,a partire dal 2011 e fino al 2013, per i lavoratori non dipendenti, mentre per il personale si stabilisce un tetto del 25% rispetto alla spesa complessiva annua dei costi operativi della società.

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2010-07-04

"Almeno 40 miliardi da riprogrammare"

Giorgio SantilliCronologia articolo04 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:02.

"Ci sono almeno 40 miliardi di euro di fondi strutturali vecchi e nuovi da riprogrammare, da concentrare su obiettivi infrastrutturali strategici. Dobbiamo farlo con un piano condiviso, con un percorso che metta a un tavolo, da qui a settembre, i ministri competenti, a partire da Matteoli, le regioni e le aziende di stato. È evidente che nelle regioni del sud si toccano punte negative di capacità di spesa, come ha giustamente denunciato Tremonti, ma siamo tutti consapevoli che è il meccanismo più generale dei fondi europei e nazionali che non funziona ed è a quello che dobbiamo porre rimedio tutti insieme". Il ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, da un mese ha avuto da Silvio Berlusconi la delega sul piano sud e sulla riprogrammazione dei fondi europei e nazionali: le due cose coincidono, in effetti, perché i 40-42 miliardi della riprogrammazione saranno la base finanziaria da cui il piano sud partirà.

Come si arriva a questa somma iniziale di 40-42 miliardi, ministro Fitto?

Stiamo ancora completando il monitoraggio, in un confronto con i presidenti delle regioni. Quindi avremo le cifre definitive solo fra una decina di giorni. Però abbiamo già un primo ordine di grandezza. Abbiamo dai 26 ai 29 miliardi di risorse che arrivano dalla programmazione del Fas regionale 2007-2013. Poi abbiamo vecchi fondi nazionali ed europei non spesi che possono essere riprogrammati: mi riferisco ad almeno due miliardi di Fas 2000-2006 mai programmati e a circa 12 miliardi di risorse liberate dai progetti sponda dei fondi Ue 2000-2006. Così si arriva a una cifra di almeno 40 miliardi.

Ci sono altre somme che potranno aggiungersi?

Bisognerebbe aggiungere anche una parziale riprogrammazione dei fondi europei 2007-2013. Inoltre, dei fondi Fas 2000-2006 stiamo considerando solo la quota mai programmata ma c'è un'altra quota programmata che ha percentuali di spesa effettiva dell'ordine dell'8, del 10 o del 12% a seconda dei programmi.

Queste risorse per fare cosa?

Dobbiamo creare un tavolo con Matteoli, le regioni, Fs e Anas per individuare alcune priorità infrastrutturali strategiche su cui concentrare le risorse. Lei pensa che le regioni ci stiano? Il clima non è dei migliori.

Ho trovato finora interesse dai presidenti Caldoro e Scopelliti. Positivo, forse anche oltre la previsione, anche l'atteggiamento del governatore Lombardo. Qualche rigidità in più l'ho trovata dal presidente De Filippo perché la Basilicata vanta standard di spesa migliori. Però non c'è una chiusura. La prossima settimana mi incontrerò con gli altri presidenti.

Lei dice che bisogna concentrare le risorse su Anas e Fs, ma le grandi aziende di Stato sono le prime ad avere performance non certo brillanti in termini di capacità di spesa al Sud. Lo dimostrano anche relazioni recenti sulle grandi opere.

Sono assolutamente consapevole che il problema della capacità di spesa dei fondi strutturali nazionali e comunitari è generale e non si limita alle regioni del Sud. Ne è lucidamente consapevole anche il ministro Tremonti che semplicemente ha denunciato la follia di tenere impegnate risorse ingenti in un meccanismo che chiaramente non funziona. Proprio per questo dico mettiamoci al tavolo e accordiamoci sulle cose da fare per rilanciare questi investimenti.

È curioso questo spiraglio di dialogo in un momento di tensione così forte con le regioni.

Rilanciare questi investimenti, accelerare la spesa, fare cose davvero strategiche è nell'interesse di tutti.

Sempre che la manovra non si metta di mezzo chiudendo qualunque canale di comunicazione istituzionale. Vede qualche via di uscita al muro contro muro?

Sulla manovra non ci sono margini per discutere dei saldi né della ripartizione dei sacrifici fra i vari livelli istituzionali. Possiamo solo ragionare sulle modalità di ripartizione dei tagli. A questo tipo di confronto il governo è sempre disponibile.

L'emendamento sul premio alle regioni virtuose non ha avuto molto successo.

Alcuni governatori, come Polverini, Caldoro, Scopelliti, hanno obiettato che non si possono addossare loro responsabilità dei loro predecessori. Mi pare un'osservazione sensata. Credo che i parametri di virtuosità debbano essere applicati con una certa gradualità, diciamo dal 2012, in modo da dare a tutti la possibilità di mettere in moto azioni virtuose.

Il piano sui fondi strutturali che lei sta preparando è un modo per gettare un ponte alle regioni dopo la manovra?

Il percorso io l'ho già iniziato e con la manovra non c'entra. Qui l'obiettivo è rafforzare la programmazione e integrare i diversi livelli, riducendo la parcellizzazione. Oltre a questo tema dovremo confrontarci sul federalismo.

C'è un nesso fra questo piano dei fondi per il sud e il federalismo?

Dobbiamo sbloccare la spesa dei fondi strutturali nazionali ed europei, vecchi e nuovi, perché questa dovrà risultare una componente fondamentale delle politiche perequative nord-sud all'interno del riassetto federalista. È fondamentale oggi e lo sarà in prospettiva, considerando il dibattito in sede comunitaria sulla necessità di proseguire la politica regionale di coesione oltre la scadenza del 2013. Noi siamo su questa posizione, che oggi sembra prevalere e che abbiamo rappresentato al commissario Hahn giovedì scorso sia io che Tremonti.

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Prestigiacomo: No ai tagli sulle energie rinnovabili

di Jacopo GilibertoCronologia articolo04 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:02.

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Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente, non ci sta. La manovra sfila gli incentivi alle imprese che producono energia da fonti rinnovabili? "È antistorico" afferma. La nuova formulazione dell'articolo 45 (si veda il Sole 24 Ore di ieri) destina al ministero dell'Istruzione parte dei soldi raccolti per gli incentivi tramite le bollette elettriche? "Crea disagio tra i ministeri" rincara Prestigiacomo.

 

"La questione dell'articolo 45 sembrava passata, eravamo tutti d'accordo per sopprimerlo. E invece la riconferma è stata una sorpresa per tutti. Non solamente contrasta con le politiche del governo, non solamente toglie risorse a un settore importante, uno dei pochi comparti economici in crescita, ma l'idea di stornare parte degli incentivi verso altre destinazioni genera disagio tra i diversi ministeri, tra l'Ambiente, lo Sviluppo economico e il ministero dell'Istruzione, destinatario dei fondi nella nuova formulazione della manovra". Il ministro ricorda che centinaia di imprese hanno già avviato gli investimenti nelle fonti rinnovabili, e si troverebbero con i budget azzoppati, ma "ci sono i programmi del governo per ridurre le emissioni di anidride carbonica; ci sono impegni europei per spingere le fonti rinnovabili d'energia. Questa norma fa l'esatto contrario. Un assurdo".

 

Lo stesso ministero era intervenuto con una sua proposta di emendamento. Cancellare quel devastante articolo 45, un articolo che non porta alcun beneficio al bilancio dello stato perché quegli incentivi sono una partita di giro tramite le bollette elettriche. "Chiaro, il ministero dell'Ambiente non è responsabile della gestione degli incentivi, che sono di spettanza dello Sviluppo economico, ma abbiamo obiettivi ambientali da conseguire – aggiunge il ministro – ed è nostro dovere affiancare lo Sviluppo economico nelle politiche di incentivazione dell'energia pulita".

Difficile da sostenere anche il taglio dei fondi alle riserve naturali. Per Prestigiacomo poi è davvero una norma indigesta: con questa formulazione della manovra, il ministero dovrà chiudere la metà dei parchi nazionali. "Pazzesco, no?" osserva il ministro. In effetti, i parchi nazionali sono una fonte di ricchezza non solo immateriale per l'Italia: con le imprese legate al turismo verde, alla produzione di alto artigianato e di agricoltura pregiata, i parchi producono per il bilancio dello stato più gettito fiscale di quanto non ne portino via i trasferimenti di fondi per gli enti parco.

Ma perché chiudere metà dei parchi? "Perché si vogliono dimezzare i trasferimenti del ministero dell'Ambiente verso i parchi nazionali. Le riserve naturali hanno già risorse striminzite, irrisorie. Di anno in anno vengono assegnati ai parchi finanziamenti sempre più impalpabili" dice il ministro. Dimezzare di colpo i finanziamenti alle riserve naturali, sottolinea, significa farle chiudere tutte: "Non potrei fare altro che dimezzare il numero dei parchi nazionali, concentrare le esilissime risorse disponibili su pochi parchi da salvare. Ma ha senso? Ciò salverà il paese? Ciò fa bene all'Italia?"

 

Intanto continua il dibattito sull'agenzia per il nucleare, il cui avviamento è il centro del futuro programma atomico. Perché questo ritardo, a dispetto delle promesse? "Stiamo cercando di dare impulso all'iter di istituzione dell'agenzia", conferma Prestigiacomo. Che però riconosce: "Purtroppo il meccanismo è stato rallentato di recente dalle vicende del ministero dello Sviluppo economico". E come dare impulso a un iter così lento? "Il problema sta nel fatto che è difficile trovare una figura autorevole che possa stare al vertice dell'agenzia, e che al tempo stesso non sia tagliata fuori dalle incompatibilità previste. Così abbiamo predisposto un provvedimento con il quale si prevede che in fase di prima applicazone rimangano solamente le incompatibilità con chi ha operato e opera nel settore, in modo da consentire al governo e al parlamento di compiere una scelta condivisa e di alto profilo".

 

Prestigiacomo difende anche la nuova norma che vieta la trivellazione di giacimenti vicino alle aree marine protette: serve non solamente all'ambiente ma anche alle imprese, "che hanno il diritto di avere un quadro normativo chiaro e non una situazione in cui magari venivano autorizzate le indagini preliminari e poi negato il diritto all'estrazione".

Un cenno alle regioni "sprecone" del Mezzogiorno. Per usare le parole di Giulio Tremonti, la "cialtroneria" del Sud: "Umiliante, questa è una politica che divide. Sia chiaro: quando c'è da prendere posizione contro gli sprechi, io sono la prima. Ma questo attacco indifferenziato offende tutti in modo ingiusto" dice Prestigiacomo. Che poi si chiede: "Si accusano le regioni di non sapere spendere i fondi europei, ma questi vengono dati sotto forma di rimborsi di spese cofinanziate con fondi nazionali. E le regioni dove prendono i fondi nazionali se i Fas sono bloccati da mesi? E quanto investono nel Mezzogiono Anas e Ferrovie dello stato? Mi dispiace ma i presidenti delle regioni, soprattutto i nuovi, non hanno responsabilità; anzi, in un periodo difficile come questo quando certamente la parte del paese più indietro fa più fatica, andrebbero sostenuti. Io sto dalla loro parte".

 

 

 

 

 

 

Fondi sud, grandi opere al palo

Cronologia articolo04 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:01.

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ROMA

Le regioni meridionali affette da "cialtroneria" – l'espressione è del ministro Tremonti – spendono con una lentezza esasperante le risorse dei fondi comunitari loro assegnati, con percentuali dell'8,2% sui programmi avviati nel 2007. Non fanno molto meglio, però, le amministrazioni centrali e le aziende di stato quando si tratta di usare i fondi strutturali per lo sviluppo del Mezzogiorno: le 13 grandi opere della legge obiettivo finanziate dal Fas (fondo aree sottoutilizzate) nel 2003-2005 presentano oggi, a oltre un quinquennio dall'avvio, uno stato di avanzamento del 22 per cento.

A rivelarlo è una relazione sullo stato del "programma di accelerazione delle infrastrutture strategiche", approvata dall'ultimo Cipe. I dati, raccolti dall'Uver (unità di verifica degli investimenti pubblici), struttura del ministero dello Sviluppo economico, sono aggiornati all'ottobre 2009 ma è comunque l'ultimo monitoraggio ufficiale. "A distanza di cinque anni dall'assunzione delle prime delibere Cipe di finanziamento – afferma la relazione – l'avanzamento economico medio del programma si attesta al 22,06%; un dato che contrasta con la funzione anticongiunturale nelle regioni del mezzogiorno attribuita dal Cipe al programma".

Il programma comprende vari lotti della Salerno-Reggio Calabria e della strada statale Jonica, la Agrigento-Caltanissetta, l'asse autostradale Palermo-Messina e diversi programmi acquedottistici nel Molise e in Basilicata.

I ritardi rispetto alla tabella di marcia prevista sono gravissimi. Il rapporto registra "un disallineamento strutturale fra le previsioni procedurali effettuate in fase di finanziamento e quelle effettive, con scostamenti oscillanti tra un minimo di 346 giorni e un massimo di 1.464 giorni, con notevoli ritardi sui tempi realizzativi e conseguentemente della spesa".

L'incrocio tra il programma delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo e i fondi Fas era stato deciso nel 2003 dal governo Berlusconi proprio per dare un'accelerazione straordinaria ai programmi infrastrutturali, nella convinzione che il matrimonio fra i due strumenti, uno programmatico-operativo, l'altro finanziario, facesse bene a entrambi: al Fas perché avrebbe accelerato la spesa e superato la parcellizzazione degli interventi, alla legge obiettivo perché avrebbe trovato risorse finanziarie adeguate.

Così non è stato, il matrimonio non ha funzionato e, come sempre quando le unioni si rompono, si cercano le responsabilità reciproche.

L'analisi dell'Uver si sofferma su numerosi aspetti tecnici che rallentano le grandi opere: la perplessità sul funzionamento della figura del general contractor e dell'appalto integrato, soprattutto nella fase della progettazione esecutiva; la debolezza della figura del responsabile unico del procedimento della pubblica amministrazione a confronto con le grandi imprese realizzatrici ben più attrezzate sul piano tecnico-amministrativo; il numero di riserve e varianti in corso d'opera che vengono iscritte dalle imprese e rallentano "la filiera decisionale"; la generale criticità nella fase progettuale e nella fase della cantierizzazione; addirittura il ritardo nelle pubblicazioni del Cipe che in alcuni casi ha fatto venir meno il presupposto giuridico per l'erogazione delle provviste finanziarie.

L'unico dato positivo del rapporto arriva da un'accelerazione dei lavori che ha cominciato a registrarsi nel 2009. In dieci mesi il programma è passato dall'11,5 al 22 per cento. I ritardi restano, però, enormi. Pesa soprattutto la fase che va dal momento dell'aggiudicazione in gara all'apertura del cantiere: 663 giorni per il megalotto 2 della Jonica, 966 per il macrolotto 6 della Salerno-Reggio Calabria che infatti registra un ritardo di 1.464 giorni, 745 giorni per un altro lotto della Salerno-Reggio.

Il Fas e le risorse comunitarie per il Mezzogiorno

44 miliardi

Fondi "comunitari" al Sud

L'Italia è destinataria di 28,8 miliardi di fondi strutturali (fondo sociale e fondo di sviluppo regionale) ai quali è obbligata ad aggiungere come cofinanziamento nazionale 31,5 miliardi. In tutto oltre 60 miliardi. Di questo grande "tesoretto", circa 44 miliardi sono destinati al Sud

8,2%

Livello di spesa al Sud

A fine aprile al Mezzogiorno la spesa dei fondi comunitari era di 3,6 miliardi (8,2%). Se si considera invece la totalità dei fondi Ue, inclusi quelli per il centro-nord, si sale ma solo di quattro punti percentuali (12,3%)

 

 

 

 

"Ora sia il settore pubblico a fare sacrifici"

Nicoletta PicchioCronologia articolo04 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:01.

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ROMA

Proprio non ci voleva per le aziende l'aumento dell'Irap, in questo momento di difficoltà economica, con una disoccupazione elevata, l'Ittierre, importante gruppo tessile da mesi in commissariamento, l'edilizia e il polo metalmeccanico in situazione critica, con le commesse che non arrivano.

La notizia confermata nei giorni scorsi dal governo non ha colto di sorpresa Michele Scasserra, presidente di Confindustria Molise: già da qualche settimana aveva capito che il deficit sanitario alla fine sarebbe ricaduto anche sulle spalle delle imprese, con una revisione all'insù dell'Irap. Rispetto alle altre Regioni, il Molise, sottolinea Scasserra, ha una situazione diversa: non c'è stato, come è accaduto con le elezioni di primavera in Lazio, Campania e Calabria, un cambio politico alla guida della Regione. Il voto avverrà in autunno del prossimo anno e dal 2001 alla guida della Regione c'è Michele Iorio, esponente Pdl.

"Questo governo regionale che ha fatto esplodere il deficit della sanità nei nove anni di amministrazione ora, in un periodo che di fatto sarà di campagna elettorale, dovrebbe mettere mano a tagli e risparmi". Ci crede poco, Scasserra. Che però non vuole perdere la speranza che si possa voltare pagina. Tra poco si terranno gli Stati generali dello sviluppo, un tavolo allargato a tutti i protagonisti, politica e parti sociali. Si dovrà parlare a tutto tondo del rilancio della Regione.

Però Scasserra, pur lanciando un segnale di fiducia, avverte: "Non affronterò i temi della ricerca, dell'innovazione o del credito se non ci sarà un programma serio di riforme strutturali, di riduzione della presenza pubblica, di abbattimento del deficit sanitario".

Finora il presidente degli industriali molisani ha avuto tanti segnali che, purtroppo, vanno nella direzione opposta: il piano sanitario regionale, presentato al governo, non è mai stato attuato; il subcommissario, inviato dal ministero per mettere mano al deficit sanitario, un anno fa, non riesce a lavorare come dovrebbe. "Tutto è possibile, ma se si tiene conto che la sanità è un grande bacino di riferimento elettorale appare poco probabile che accada nel prossimo periodo di campagna elettorale ciò che non si è verificato per un così lungo periodo".

E rende inquieti che nella proposta di riforma dello statuto regionale si ipotizzi un aumento dei consiglieri da 28 a 30, più l'incompatibilità tra consigliere e assessore, "il che vorrebbe dire un aumento delle poltrone".

Sono anche altri gli episodi che la dicono lunga sul peso della politica e del pubblico: la Regione che ha acquistato e gestisce direttamente lo Zuccherificio del Molise, in perdita, e un'azienda avicola; i 136 comuni a fronte di 300mila abitanti, di cui 60mila solo a Campobasso; le proteste, soprattutto da parte della politica, di fronte all'ipotesi di eliminare la provincia di Isernia. Ma non solo: le categorie imprenditoriali si stanno muovendo per avere una sola Camera di commercio, invece delle due provinciali. "Una questione che riguarda solo le imprese, dove la politica non dovrebbe entrare. E invece sono arrivati resistenze e attacchi", commenta Scasserra.

Come presidente degli imprenditori del Molise, Scasserra vuole seguire con attenzione tutte le prossime mosse degli amministratori regionali, incalzandoli a risanare i conti: "Specie nella sanità serve coraggio e laicità di azione. Bisogna tagliare, accorpare ospedali, ma mantenendo un servizio efficiente per i cittadini".

Ciò che chiede principalmente è che "prevalga in questa fase il senso del pudore. Qui in Molise, ma anche in tutta la politica".

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LE RICHIESTE DELLE IMPRESE

Azioni incisive sulla sanità

Per ridurre il disavanzo nel settore della sanità, Confindustria Molise (nella foto il presidente Michele Scasserra) chiede interventi energici che impegnino le amministrazioni pubbliche: "Bisogna tagliare, accorpare ospedali, ma mantenendo un servizio efficiente per i cittadini"

Meno sprechi

Le categorie imprenditoriali del Molise si stanno muovendo per avere una sola Camera di commercio, invece delle due provinciali. "Si tratta di una questione che riguarda solo le imprese, dove la politica non dovrebbe entrare. E invece sono arrivati resistenze e attacchi" sottolinea Scasserra. Critiche sono rivolte anche all'ipotesi di un aumento dei consiglieri da 28 a 30, più l'incompatibilità tra consigliere e assessore

 

 

 

 

 

Stop al taglio delle tredicesime

Dino PesoleCronologia articolo04 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 08:01.

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ROMA

Seconda rapida retromarcia, sul fronte della manovra correttiva, dopo il "refuso" dell'emendamento del relatore Antonio Azzollini sulle pensioni, che di fatto aboliva dal 2016 il tetto dei 40 anni di contribuzione per accedere al pensionamento, poi corretto dallo stesso relatore su indicazione del ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Questa volta, il casus belli si è creato per effetto di un altro emendamento di Azzollini che prevede la possibilità di un taglio della tredicesima per il personale del comparto della sicurezza, vigili del fuoco, professori e ricercatori universitari, prefetti, diplomatici e dirigenti dei penitenziari.

L'immediata levata di scudi dei sindacati di categoria, ma soprattutto la presa di distanza di diversi ministri ed esponenti della maggioranza, produrranno la cancellazione della norma. È lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervistato dal Tg4, ad annunciare che "non vi sarà alcun taglio delle tredicesime". Quanto alla manovra, la ripresa sarà "tanto più salda quanto più sarà legata a una politica di rigore. Tutti gli organismi internazionali hanno apprezzato i risultati del governo, e gli ultimi dati economici li confermano. È aumentata la velocità della ripresa. La produzione industriale in giugno è tornata a salire del 10% rispetto a un anno fa".

Poco prima era stato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni a spiegare che "per evitare ogni confusione", il ministro dell'Economia Giulio Tremonti gli ha annunciato che eliminerà "anche la semplice possibilità, facoltativa, di optare per questa soluzione, anziché per il taglio degli aumenti a seguito delle promozioni". Identica rassicurazione dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Si è mosso anche il presidente del Senato, Renato Schifani che ha inviato Azzollini a ritirare "al più presto l'emendamento". "Se e quando il governo lo chiederà ritireremo l'emendamento: era solo un'opzione", replica Azzollini. La richiesta sarà formalizzata domani dal sottosegretario all'Economia, Luigi Casero.

Rush finale in commissione bilancio per il decreto che è già inserito nel calendario dell'aula di martedì pomeriggio. Resta formalmente ancora aperta la partita con le regioni, che puntano a rendere meno oneroso l'onere della manovra. Al momento, l'emendamento del relatore lascia inalterati gli 8,5 miliardi di tagli nel biennio per le regioni a statuto ordinario, concede alle stesse amministrazioni regionali la facoltà di decidere come reperire le risorse e premia le amministrazioni "virtuose". Identica soluzione per i comuni. Spazi chiusi per la proroga della "Tremonti-ter" e per le pensioni si torna al 2015 per l'adeguamento dei requisiti anagrafici alle aspettative di vita, ma la seconda revisione scatterà non tre ma un anno dopo. Via libera anche all'aumento a 65 anni dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche dal 2012: misura che riguarderà 25mila donne con risparmi fino al 2020 per 1,4 miliardi, comprensivi degli effetti della "finestra mobile".

Quanto alla scuola, la linea è che il blocco degli stipendi resta, ma il 30% dei risparmi già realizzati per effetto della manovra triennale del 2008 potrà essere utilizzato per gli scatti di anzianità dei docenti. Per quel che riguarda il capitolo fiscale, l'accertamento esecutivo in vigore dal 1° luglio 2011 diventerà tale dopo 60 giorni ma all'atto dell'avviso al contribuente. Il termine di sospensione dell'atto impugnato, in attesa della pronuncia di primo grado, passa da 150 a 300 giorni. Sulle invalidità, resta l'innalzamento della soglia all'85% ma verranno escluse le patologie più gravi. In arrivo poi 5 milioni per le celebrazioni dell'unità d'Italia. Per la sanità, il nuovo emendamento Azzollini prevede per le farmacie che il taglio iniziale imposto alla distribuzione scenda all'1,22% (dal 3,65%). La restante parte dello sconto (2,43%) sarà corrisposto dalle aziende farmaceutiche alle regioni fino al prossimo 31 dicembre, sulla base di apposite tabelle dell'Aifa. Via libera anche alla "mini-naja", breve periodo di addestramento militare rivolto ai giovani. Il tutto mentre i dipendenti dell'Isae (il decreto ne prevede la chiusura) hanno annunciato uno sciopero della fame a staffetta a partire da oggi.

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LE MISURE VERSO IL SÌ E QUELLE IN BILICO

BUSTE PAGA PUBBLICO IMPIEGO

CERTIFICATI "VERDI" PER LE RINNOVABILI

TAGLI AL SETTORE FARMACEUTICO

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pÈ destinato a saltare la riduzione delle tredicesime per forze armate e sicurezza, concepita come alternativa al congelamento degli aumenti. Il governo, con il sottosegretario Casero, si è detto pronto a chiedere al relatore il ritiro dell'emendamento duramente criticato

pResiste la norma che prevede l'abolizione dell'obbligo del Gse di riacquisto dei certificati verdi in eccesso. I risparmi, circa 500-600 milioni di euro annui, saranno destinati per due terzi all'Università e alla ricerca e per un terzo alla riduzione della bolletta per i consumatori

pPer la sanità, il nuovo emendamento Azzollini prevede per le farmacie che il taglio iniziale imposto alla distribuzione scenda all'1,22% (dal 3,65%). La restante parte dello sconto sarà corrisposto dalle aziende farmaceutiche alle regioni fino al prossimo 31 dicembre

IL CANTIERE DELLE PENSIONI

MENO TRASFERIMENTI ALLE REGIONI

ACCERTAMENTO ESECUTIVO

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pResta formalmente ancora aperta la partita con le regioni. Al momento, l'emendamento del relatore lascia inalterati gli 8,5 miliardi di tagli nel biennio, concede alle amministrazioni regionali la facoltà di decidere come reperire le risorse e premia le amministrazioni "virtuose".

pHa fatto molto discutere il pacchetto di natura fiscale. L'accertamento esecutivo in vigore dal 1° luglio 2011 diventerà tale dopo 60 giorni ma all'atto dell'avviso al contribuente. Il termine di sospensione dell'atto impugnato, in attesa della pronuncia di primo grado, passa da 150 a 300 giorni.

pRientrata l'ipotesi 2016, per le pensioni si torna al 2015 per l'adeguamento dei requisiti anagrafici alle aspettative di vita, ma la seconda revisione scatterà non tre ma un anno dopo. Via libera anche all'aumento a 65 anni dell'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche dal 2012

 

 

 

 

Tutti gli ostacoli alle imprese dal fisco ai certificati verdi

Antonio CriscioneCronologia articolo03 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 08:03.

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MILANO

La chiusura sulla Tremonti ter (si veda l'articolo qui in alto) e la stretta su compensazioni e riscossione anticipata (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri per le perplessità di Confindustria e Rete Imprese Italia) sono sicuramente tra le misure più preoccupanti per le imprese all'interno della manovra. E desta grande preoccupazione la possibilità di rialzo dell'Irap nel caso di "sforamenti" della spesa sanitaria da parte delle regioni.

A parte queste, però, ci sono molte altre misure, più o meno importanti, che preoccupano in vario grado le imprese. Per esempio la vicenda dei certificati verdi. L'articolo 45 del Dl 78/2010 prevede l'abolizione dell'obbligo di ritiro dell'eccesso di offerta di certificati verdi. In questo modo, si obietta, si mettono in crisi gli investimenti in energie rinnovabili. E suscita inoltre più di un dubbio il trasferimento delle funzioni delle stazioni sperimentali alle Camere di commercio (articolo 7, comma 20 del Dl, l'elenco è nell'allegato 2). Le stazioni, infatti, sono attualmente sostenute con contributi obbligatori a carico delle imprese e svolgono funzioni apprezzate nei rispettivi settori produttivi.

Ci sono poi alcune misure che, pur essendo viste come positive in linea generale, presentano degli inconvenienti o dei rischi. Per esempio, con estremo favore viene visto l'adeguamento agli standard Ocse in materia di transfer pricing. Tuttavia, l'adeguamento per il pregresso andrà fatto in soli 90 giorni. Un po' pochi per una materia così complessa. E allo stesso modo la previsione della comunicazione "delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila" all'agenzia delle Entrate, potrebbe creare difficoltà alle imprese a seconda dell'estensione che si potrebbe dare a questa previsione.

Le imprese di minori dimensioni hanno poi lamentato la gravosità dell'adempimento rappresentato dalla ritenuta a titolo di acconto per i lavori di ristrutturazione edilizia e di risparmio energetico, ovvero gli sconti del 36 e del 55 per cento (si veda l'articolo a pagina 25). Ma anche i rischi che possono derivare dal redditometro, che valuta la capacità di spesa in un certo periodo, mentre il reddito d'impresa procede per competenza e aggiustamenti di tipo giuridico, che provocano divaricazioni tra il reddito dichiarato e quello disponibile. Ci sono poi alcune misure che le imprese aspettano da un po' di tempo. E che di per sé non sarebbero neanche un costo per lo stato, ma che nella manovra non hanno trovato posto. Aiuterebbero oltretutto le imprese ad essere a loro volta più puntuali nei pagamenti con il fisco. Si tratta dell'anticipo dei tempi dei pagamenti della pubblica amministrazione e dell'introduzione di un quadro normativo che sottragga alla situazione arbitraria attuale la questione dell'abuso del diritto.

Sul fronte previdenziale, se viene ritenuta generalmente condivisibile la previsione di un percorso per l'innalzamento dell'età pensionabile, per riportarla nella media dei paesi europei, le piccole imprese lamentano la reiterazione di norme di penalizzazione nei confronti del lavoro autonomo, mentre quelle grandi segnalano la necessità di cordinare le norme dell'articolo 12 del decreto con quelle sulla mobilità e in particolare sulla mobilità lunga.

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2010-07-02

 

La manovra anticipa l'adeguamento delle pensioni alle aspettative di vita

di Claudio TucciCronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 13:12.

La manovra spinge l'acceleratore sull'adeguamento dei requisiti per andare in pensione alle aspettative di vita. L'adeguamento dei requisiti anagrafici di pensionamento alle aspettative di vita scatterà nel 2015, come già previsto dalla manovra estiva dello scorso anno, ma la seconda revisione avverrà già dopo un anno, e cioè il 1° gennaio 2016, derogando alla regola generale della revisione triennale.

Cancellato, invece, lo stop al requisito dei 40 di contributi per le pensioni. Sono queste le due novità principali previste dal nuovo emendamento sulle pensioni del relatore, Antonio Azzollini (Pdl), che modifica la sua stessa proposta, dopo il dietrofront chiesto ieri dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.

Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge nella nuova relazione tecnica dell'emendamento - deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 4,6 miliardi. Praticamente, 3,2 miliardi in meno rispetto alle stime contenute nella precedente versione dell'emendamento. In calo anche la platea degli "interessati" alle nuove norme: ora, stimati, dal 2011 al 2020, in circa 250-270mila unità, a fronte delle circa 400mila di ieri.

La nuova relazione tecnica evidenzia inoltrecome il combinato disposto dell'intervento sulle finestre mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2013, che sale fino allo 0,5% nel 2030 (prima, era stimata in 0,7 per cento), si attesta allo 0,4% fino al 2040, per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050.

Resta, invece, in manovra la norma che prevede l'abolizione dell'obbligo del Gestore servizi elettrici (Gse) di riacquisto dei certificati verdi in eccesso. Lo prevede un altro emendamento presentato sempre dal relatore Azzollini. I risparmi, circa 500-600 milioni annui, saranno destinati per due terzi all'università e alla ricerca e per un terzo alla riduzione della bolletta per i consumatori. I criteri e le modalità per la quantificazione dei risparmi e per la riduzione della componente tariffaria A3 saranno stabiliti con decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'Economia, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Nel frattempo, la commissione Bilancio del Senato ha terminato i lavori per questa settimana. Sono stati esaminati tutti gli emendamenti e circa l'80% degli accantonamenti riguardano emendamenti del relatore. I lavori della commissione riprenderanno lunedì alle ore 14 e non è esclusa una no-stop notturna per chiudere in tempo per l'approdo in aula previsto martedì pomeriggio, 6 luglio. Ma, secondo quanto riferiscono fonti della maggioranza, il via libera potrebbe arrivare anche nelle prime ore di martedì.

Azzollini ha annunciato che lunedì presenterà altri 2-3 emendamenti, che riguardano forze armate e sanità. Al momento, non è all'ordine del giorno nessuna proposta di proroga della Trementi-ter, scaduta a fine giugno. Per quanto riguarda, invece, i tagli ai magistrati, per i quali il ministro dell'Economia, aveva annunciato un emendamento, il relatore ha spiegato che "è un tema sul tavolo". "Ci sono anche altri temi", ha aggiunto, ricordando, comunque, che per eventuali altri modifiche "c'è sempre anche l'aula".

In serata è trapelata la notizia di possibili tagli per le tredicesime di magistrati, Forze armate, Forze di Polizia, Vigili del Fuoco, professori e ricercatori universitari, personale di carriera prefettizia, personale diplomatico e di carriera dirigenziale penitenziaria. Lo prevederebbe proprio un emendamento di Azzollini, presentato venerdì sera in commissione Bilancio del Senato. La novità viene introdotta a copertura di una nuova norma che prevede di escludere promozioni, straordinari e arretrati dai tagli della pubblica amministrazione previsti in manovra. Questo, si legge nell'emendamento, "al fine di assicurare un risparmio di spesa non inferiore ai risparmi" già previsti dal blocco triennale per il comparto pubblico.

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Tremonti: "Basta con la cialtroneria di chi, al Sud non fa gli interessi dei cittadini". Vota il sondaggio

di Nicoletta CottoneCronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 12:57.

"Per effetto della globalizzazione il mondo vive l'incontro e lo scontro fra forze opposte fra loro: quelle del lavoro contro la finanza, l'economia fisica contro quella di carta". A dirlo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nel suo intervento all'assemblea di Coldiretti.

La crisi "continua in una logica di relativa incertezza", ha proseguito il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. "Tempo fa avevo paragonato la crisi a un videogam, c'è un mostro, lo vinci e subito dopo ne arriva uno più grande. Ora il videogame continua in forma diversa e noi speriamo in forme meno drammatiche".

Il volume dei derivati nel mondo "è tornato prima al crollo piramidi finanziarie e questo è un fattore di squilibrio che insiste ancora su nostre economie". È quanto ha affermato il ministro dell'economia Giulio Tremonti nel suo intervento all'assemblea Coldiretti. "Prima nel vecchio mondo per ogni operazione sul prodotto, (un titolo pubblico0, una balla di grano.) si facevano 3 o 4 operazioni finanziarie, ora ce ne sono almeno 20 tutte sviluppate in una logica speculativa e non assicurativa".

"Ancora una volta nella nostra storia, dopo 50 anni, abbiamo tutti un appuntamento con il nostro destino. E il nostro destino dipende da noi, se non lo usiamo bene rischiamo anche noi di fare la fine degli ogm", ha detto Tremonti prendendo in prestito i termini agricoli per riflettere sullo stato dell'economia.

Il ministro attacca la "cialtroneria" di chi protesta solamente, di chi, al Sud, non fa gli interessi dei cittadini e non spende i fondi messi a disposizione dall'Ue. Tremonti ha ricordato che ieri ha incontrato il commissario Ue ai fondi europei con il quale si è sottolineato il fatto che per il Sud c'è stato uno stanziamento nell'ambito del programma comunitario 2007-2013 pari a 44 miliardi di euro dei quali ne sono stati usati solo 3,5. "Questo è inaccettabile. E la colpa - ha aggiunto - non è dell'Europa, dei governi di destra o di sinistra, ma è colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini".

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Marcegaglia: c'è ancora spazio per proroga della Tremonti ter

Cronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 18:15.

Confindustria spera ancora in una proroga della Tremonti ter, nonostante dal governo arrivino segnali opposti. "Noi chiedevamo solo che ci fossero alcuni mesi in più per la consegna dei macchinari. Ritengo che ci sia ancora spazio per rivedere questa decisione, noi ci speriamo ancora, continuiamo a insistere". Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine dell'assmblea dell'Anie. Emma Marcegalia ha spiegato che una parte importante del sistema industriale è legato alla produzione di investimento, quindi una proroga darebbe un po' di ossigeno. "E' chiaro che i beni di investimento sono quelli più colpiti dalla crisi e quelli che ripartono più tardi". (Il Sole 24 Ore - Radiocor)

 

 

 

Le piccole e medie imprese a sostegno degli investimenti: avanti con la Tremonti ter

di Franco VergnanoCronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:20.

Il leasing è "amico delle Pmi". Parola di Maurizio Lazzaroni, presidente di Assilea, l'associazione che raggruppa le imprese del settore. E i dati lo dimostrano: per le aziende di piccole e medie dimensioni la terza fonte di finanziamento degli investimenti (dopo il "free cash flow" e il credito bancario a medio termine) è appunto rappresentato da questo strumento finanziario che le società giudicano molto flessibile (anche se forse un filo costoso, rispetto, ad esempio al provvedimento 1.329/65 noto come legge Sabatini).

Il tema è stato discusso ieri mattina a Milano nella Sala Collina del Sole 24 Ore durante un dibattito moderato da Alberto Orioli, vicedirettore del quotidiano.

Gli operatori del settore e le Pmi ieri hanno parlato all'unisono: prorogare la Tremonti ter per dare solidità ai primi segnali di ripresa. Anche perché in questo periodo gli imprenditori sono passati dalla "resistenza alla reazione", come ha sottolineato Vincenzo Boccia, presidente della Piccola industria di Confindustria.

Le società reagiscono alla crisi puntando su maggiore innovazione e qualità, realizzando nuovi investimenti.

Lo dimostrano i dati dove risulta che a partire dal luglio 2009 il 64,2% delle Pmi associate a Confindustria ha effettuato investimenti.

Boccia ha ricordato che nell'attuale situazione la "vera sfida non è più tra aziende piccole e grandi, ma tra le imprese deboli e quelle forti. Ecco perché, in questa direzione, è strategico avere a disposizione incentivi fiscali, quali la Tremonti ter o il credito di imposta della ricerca scientifica, elementi che garantiscano automaticità nell'erogazione e abbiano una valenza "etica" in quanto applicabili solo ai soggetti in regola con gli adempimenti di natura fiscale".

Si tratta di strumenti che si sono dimostrati validi nel passato e che possono, nel breve termine, supportare le imprese nel diventare più competitive generando sviluppo e un conseguente ritorno in termini di entrate: "Puntare con decisione sugli incentivi – ha concluso Boccia – sarebbe inoltre un forte segnale di attenzione nei confronti di tutti quegli imprenditori che, nonostante le difficoltà, continuano a credere nella propria azienda e fanno investimenti proprio perché vogliono uscire dalla crisi più forti di prima". Un terzo delle operazioni in leasing sono effettuate con aziende fino a cinque addetti, con un importo massimo di 100mila euro.

Ed è proprio sulla base dell'indagine Databank che Maurizio Lazzaroni ha sottolineato come i primi segnali di una ripresa degli investimenti delle Pmi, come dimostra l'andamento del leasing strumentale nei primi cinque mesi dell'anno, confermino la validità e l'efficacia della Tremonti ter.

Infatti, dopo la prima inversione di tendenza evidenziata a dicembre, a cui era seguito un rimbalzo negativo nei primi due mesi del 2010, il "leasing strumentale mostra una crescita a due cifre nei mesi di marzo e aprile, con un picco positivo, proprio alla vigilia della scadenza degli incentivi della Tremonti Ter, che sfiora il 40% a maggio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno".

Ecco perché un mancato prolungamento degli incentivi rischierebbe di penalizzare la ripresa mentre per contro, secondo Lazzaroni, una sua "eventuale estensione ad altre tipologie d'investimento e il suo prolungamento darebbe solidità e consistenza alla ripresa, consentendo peraltro di beneficiare in pieno degli incentivi anche nel periodo di fine anno tradizionalmente più importante per gli investimenti delle imprese, specie quelle di dimensione minore"

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Tassa da 630 milioni per la sanità in quattro regioni con i conti in rosso

di Roberto TurnoCronologia articolo02 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:02.

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Arriva la super stangata Irpef e Irap da 629 milioni totali per cittadini e imprese delle quattro regioni con i conti 2009 della sanità in profondo rosso: Lazio, Campania, Calabria e Molise. Le addizionali regionali scatteranno oltre la soglia massima dello 0,15% per l'Irap col secondo acconto di novembre. Per l'Irpef la maggiorazione oltre il valore massimo attuale sarà invece dello 0,30% e verrà applicata a decorrere dalla busta paga di gennaio 2011.

Mentre continua a salire di tono lo scontro tra governo e regioni sulla manovra 2011-2012, e proprio in coincidenza con la presentazione alle Camere della relazione di Tremonti sul federalismo fiscale, ecco che da via XX settembre è arrivata ieri la comunicazione che tutti attendevano e temevano, ma che in fondo qualcuno ottimisticamente sperava di evitare. O quanto meno di ritardare, magari in attesa di una soluzione di compromesso dell'Economia con le quattro regioni, tre delle quali (Lazio, Campania e Calabria) dopo le elezioni di marzo hanno cambiato casacca e sono ora tutte governate dal centrodestra. Le trattative a latere di questi giorni di Tremonti con i quattro governatori del centro-sud nell'ambito del confronto sulla manovra sembravano aver aperto qualche spiraglio. Anche perché ancora ieri tutte le regioni (si veda articolo a fianco) hanno nuovamente perorato la causa dei piani di rientro dal debito sanitario per Lazio, Campania, Calabria e Molise.

Invece, nulla di fatto. A meno che da qui a novembre non cambi qualcosa: sia al tavolo di verifica con l'Economia nella valutazione più avanzata dei programmi di risanamento messi in atto dai tre neo subentrati governatori e dal Molise; sia nell'ambito della più complessa trattativa delle regioni sulla manovra e sull'attuazione del federalismo fiscale, che da settembre entrerà più concretamente nel vivo con la definizione dei costi standard sull'assistenza sanitaria.

La gelata è arrivata ieri. A dare formalmente notizia dell'applicazione delle super addizionali fiscali introdotte dalla Finanziaria 2010 e dal "patto per la salute" è stato uno scarno comunicato del dipartimento delle finanze del ministero dell'Economia. Che da una parte conferma le valutazioni negative del tavolo di verifica sui risultati d'esercizio di asl e ospedali e dei relativi piani di riorganizzazione e di rientro dal debito sanitario. E, dall'altra, conferma di conseguenza – come anticipato da "Il Sole-24 Ore" l'11 giugno scorso nel dare notizia dell'avvio delle procedure amministrative – che per Lazio, Campania, Molise e Calabria si applicheranno per l'anno d'imposta 2010 "le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive nella misura di 0,15 punti percentuali e dell'addizionale regionale all'Irpef nella misura di 0,30 punti percentuali, rispetto al livello delle aliquote vigenti". Aliquote che, sia per l'Irap che per l'Irpef, sono già tutte al valore massimo. E che dunque a questo punto andranno oltre il tetto. L'Agenzia delle entrate si premura intanto di informare che "comunicherà le modalità d'acconto dell'Irap", che dovrà essere effettuato a novembre naturalmente "tenendo conto della maggiorazione dell'aliquota". La super Irpef scatterà quindi con le buste paga di gennaio prossimo. Le quattro regioni che dovranno sferrare la stangata ai contribuenti speravano forse in un atto di "clemenza" sul filo di lana da parte dell'Economia. Ma così non è stato, come accadde già con Prodi che, proprio nel giorno in cui lasciava palazzo Chigi nel 2008, firmò la lettera per il commissariamento di Lazio e Abruzzo. Chissà se nelle prossime settimane potrà esserci un ripensamento, considerando che da qui a novembre ci sarebbe ancora tempo per ottenere la "grazia". Magari anche per aver accesso ai fondi Fas per 2 miliardi.

Fatto sta che allo stato attuale il gettito totale delle super addizionali coprirà appena un terzo dell'intero deficit sanitario 2009 lasciato scoperto nelle quattro regioni: si stima un incasso di 629 milioni su 1,82 miliardi di debito del 2009 di asl e ospedali locali. Il Lazio incasserà complessivamente 359 milioni, lasciando ad altre coperture 62 milioni; il Molise recupererà 12 milioni, ma dovrà trovare altre misure per la copertura dei restanti 57 milioni; la Campania con le super addizionali porterà in cassa 197 milioni, ma dovrà varare misure anti deficit per altri 300,7 milioni. Discorso a parte per la Calabria, che è avviata a grandi passi verso il commissariamento e che presenta forse la situazione più esplosiva in un marasma fatto anche di una contabilità pressoché inesistente: le mega addizionali varranno 61 milioni, ma il disavanzo 2009 da coprire sarà comunque ancora di 970 milioni. Come dire: alla stangata fiscale seguiranno per gli assistiti delle quattro regioni altre stangate sanitarie, dai ticket alla riduzione delle prestazioni, non solo dunque l'efficientamento dei servizi regionali di assistenza, indispensabili ma ancora non in grado di garantire la tenuta finanziaria dei sistemi sanitari locali.

 

 

 

 

Addio 40 anni di contributi, poi lo stop

di Dino PesoleCronologia articolo02 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:00.

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L'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita, che slitterà dal 1° gennaio 2015 al 1° gennaio 2016 - secondo quanto previsto dall'emendamento alla manovra presentato in commissione bilancio del Senato dal relatore Antonio Azzollini, corredato dalle relative relazioni tecniche - consentirà di ottenere risparmi per 7,8 miliardi tra il 2016 e il 2020. Saranno coinvolte in media circa 400mila persone l'anno, e la novità riguarderebbe tutti i requisiti di pensionamento, dall'età ai 40 anni di contribuzione. Il che vuol dire, stando al dispositivo originario dell'emendamento, che dal 2016 non basterebbero più i 40 anni di contributi versati per accedere al pensionamento.

In serata la netta frenata del governo. Il governo - ha replicato a caldo a SkyTg24 il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - sta valutando l'emendamento che riunisce norme "in parte già varate e misure contenute in manovra". Il testo accorpa queste novità per i lavoratori "che fortunatamente hanno accumulato 40 anni di contributi. Una platea molto contenuta. Non saranno molti nel 2016 a poter vantare 40 anni di contributi". In sostanza, un segmento "né socialmente né economicamente rilevante". Più tardi l'ulteriore precisazione: "È stato un refuso. Lo cancelleremo". Come già accade per la legge Maroni e Damiano, "coloro che hanno accumulato 40 anni di contributi, sono esclusi dalle quote e dall'innalzamento dell'età di pensionamento". In sostanza, il requisito di contribuzione "verrà cancellato dall'agganciamento dell'età di pensione all'aspettativa di vita". Un errore che si deve a una "stesura tecnica zelante che non corrisponde alla verità".

L'emendamento (che ora sarà dunque corretto), prevede in proposito che i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento, indipendentemente dall'età anagrafica, saranno aggiornati a cadenza triennale, e non più quinquennale. L'adeguamento alle aspettative di vita coinvolgerebbe in tal modo anche le pensioni sociali, attualmente a quota 516 euro mensili. Sulla norma è giunto il secco altolà del sindacato: per la vice segretaria della Cgil, Susanna Camusso, l'aumento dell'età contributiva "prevista dagli emendamenti alla manovra annunciati come transitori saranno in realtà strutturali e questo significa che nel pubblico impiego le donne andranno in pensione a 66 anni e non a 65, mentre l'età contributiva passa a 41 anni e non più a 40".

Critica anche la Cisl, che con il segretario generale Raffaele Bonanni boccia la norma: "L'applicazione del meccanismo automatico che dal 2015 lega il differimento dei requisiti pensionistici all'aumentata aspettativa di vita non può e non deve riguardare anche i lavoratori che hanno già 40 anni di contributi, che in molti casi hanno iniziato a lavorare in giovane età e che quindi hanno diritto a continuare ad accedere al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica". Sulla stessa linea la Uil, con il segretario confederale Domenico Proietti: "È una norma che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura".

Per quel che riguarda l'aumento a 65 anni dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego (che il governo ha anticipato al 2012 per effetto della perentoria richiesta di Bruxelles), la misura riguarderà 20-25mila donne e comporterà risparmi fino al 2020, comprensive della "finestra mobile" per circa 1,4 miliardi.

Stando ai calcoli della Ragioneria, il combinato della finestra mobile e dell'adeguamento dell'età di pensionamento all'aspettativa di vita comporterà una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica, in rapporto al Pil, di 0,2 punti nel 2015.

Quanto agli enti previdenziali privatizzati, si conferma l'arrivo della norma, anch'essa a firma del relatore, che esclude tali enti dal taglio degli apparati amministrativi e degli organi collegiali, mentre resta in piedi l'obbligo di nulla osta dei ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia) sulle operazioni di compravendita immobiliare

 

 

 

 

I governatori insistono: il premier avvii il confronto

Cronologia articolo02 luglio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:02.

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ROMA - "Non vogliamo la guerra, evitiamo una qualunquistica delegittimazione". Non si spezza il fronte dei governatori contro la manovra. Tutti insieme – anche i rappresentanti della Lega e quelli del Sud di centrodestra che si pensava trattassero per conto proprio – hanno approvato ieri un nuovo documento che stigmatizza il decreto del Governo e questa volta va all'attacco anche della relazione sul federalismo fiscale presentata da Tremonti: "È urgente un confronto nel merito", rivendicano le regioni. Che insistono nel chiedere l'incontro col premier. E che oggi saranno ricevute in delegazione dal presidente del Senato, Renato Schifani, proprio mentre le votazioni sulla manovra entrano nel vivo in commissione Bilancio, in attesa però che i giochi si completino col prevedibile super emendamento per l'assemblea della prossima settimana.

 

Il sospirato incontro con Berlusconi, al momento, non figura però nell'agenda di palazzo Chigi. "Lo valuteremo", ha fatto sapere il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, ribadendo che "la quantificazione dei tagli non può essere messa in discussione", anche se al suo interno "c'è la disponibilità del governo a valutare la direzione sulla quale muoversi rispetto alle scelte da fare". Un'apertura solo apparente, anche perché il pallino è tutto nelle mani dell'Economia, se il premier non farà retromarcia. Ma rispetto a un impatto finanziario - 8,5 miliardi in due anni – che sembra lasciare pochi spazi di manovra per uno spostamento consistente di tagli su altri comparti del settore pubblico, come chiedono le regioni.

Nel documento di ieri i governatori hanno sottoscritto insieme precisi concetti. La richiesta di "un confronto vero nel merito e sulla dimensione dei tagli", la bocciatura dell'emendamento del relatore giudicato "inefficace e tecnicamente sbagliato e peggiorativo", la disponibilità a fare la propria parte per tagliare "sprechi e spesa improduttiva" ma rilanciando "servizi e investimenti" anche a sostegno delle regioni sottoposte ai piani di rientro dal debito sanitario. Un concetto, questo, richiesto e ottenuto da Lazio, Campania, Calabria e Molise, soprattutto, che tra l'altro ieri si sono viste recapitare il diktat dell'aumento delle addizionali Irpef e Irap oltre il tetto massimo. Ed ecco poi l'affondo contro la relazione di Tremonti sul federalismo fiscale che "esprime giudizi sui governi territoriali che le regioni non condividono" e che sarebbe "incongruente" rispetto alla legge delega. "Urge un confronto nel merito", è la richiesta, accompagnata dalla bocciatura secca dell'applicazione in tempi diversi dell'autonomia fiscale tra regioni ed enti locali "che rischia di creare un sistema non equilibrato e più oneroso per i cittadini".

"Non si può pensare di fare il federalismo fiscale contro regioni ed enti locali, né lo si costruisce passando il cerino dal centro alla periferia", ha detto il rappresentante dei governatori, Vasco Errani (Pd, Emilia Romagna). Mentre il coordinatore degli assessori al bilancio, Romano Colozzi (Pdl, Lombardia), ha accusato: "In alcuni punti la relazione è addirittura offensiva della dignità istituzionale delle autonomie". La Lega naturalmente difende il passaggio storico del federalismo fiscale in consiglio dei ministri. Ma lo stesso governatore del Veneto, Luca Zaia, non s'è tirato indietro sulla manovra: "Vogliamo tenere aperto il dialogo col governo, ma questo spesso ci mette in difficoltà".

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2010-07-01

Dal 2016 si alza l'età per andare in pensione, non basteranno più 40 anni di contributi

di Claudio TucciCronologia articolo1° luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 18:03.

Dal 2016 per andare in pensione non basteranno più 40 anni di contributi. Lo prevede un emendamento alla manovra del relatore e presidente della commissione Bilancio, al Senato, Antonio Azzollini (Pdl), che stabilisce che dal 2016 (e non più quindi 2015) tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'Istat. Adeguamento che, stando alla modifica presentata, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma pure il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età.

È una novità rispetto alle misure relative alla finestra mobile già contenute in manovra. L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto 78/ 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti é di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Tutto ciò comporta, quindi, un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, pertanto, rispetto a oggi, nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo.

L'adeguamento all'aspettativa di vita media calcolata dall'Istat scatterà anche per le pensioni sociali. In sostanza, dal 2016 anche chi percepisce l'assegno più basso fissato a 516 euro vedrà spostarsi in avanti l'età in cui potrà riceverlo.

Critico il giudizio dell'ex ministro del Lavoro, ora deputato Pd, Cesare Damiano: "un duro colpo a quelle poche certezze rimaste che indurrà i lavoratori a una fuga di massa immediata verso il traguardo pensionistico da qui al 2015".

Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge sempre nella relazione tecnica dell'emendamento - deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050.

 

 

Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla

manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa

1,4 miliardi.

La commissione Bilancio in mattinata ha dato il via libera a un emendamento del Pdl alla manovra che sblocca la vendita da parte dei comuni degli immobili di edilizia residenziale pubblica, anche se costruiti con un contributo statale o regionale. La proposta di modifica, a firma di Cosimo Latronico, Gilberto Pichetto Fratin e Paolo Tancredi, è un "completamento di norma" che serve a specificare meglio quanto già previsto nel Piano casa, che prevede, appunto, che le autonomie vendano ex case popolari reinvestendo nella costruzione di altre. L'emendamento estende questa possibilità anche agli alloggi ex Iacp costruiti con contributi pubblici e regionali che facciano parte del "piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari" che va allegato al bilancio di previsione dei comuni.

Tra gli altri emendamenti presentati dal relatore, spicca anche quello sugli enti di previdenza privatizzati, tra cui quindi anche l'Inpgi, che sono esclusi dalla stretta prevista dalla manovra che punta a ridurre le spesa degli apparati amministrativi e tra l'altro a ridurre i costi degli organi collegiali. La misura "non comporta effetti - si legge nella relazione tecnica messa a punto dalla Ragioneria dello Stato - visto che tale ambito di applicazione non è rilevante ai fini della quantificazione della manovra".

Novità anche sul fronte della scuola. Il tanto atteso emendamento, promesso anche da Tremonti ai sindacati qualche giorno fa, è arrivato. Ma è il caso di dire, ha spiegato al Sole24ore.com, la senatrice Pd ed ex vice ministro dell'Istruzione Mariangela Bastico, come "la montagna abbia partorito un topolino". La norma, infatti, si limita a rimandare a un decreto (di natura non regolamentare) di viale Trastevere e dell'Economia, sentiti i sindacati, la decisione di come destinare i risparmi (2,3 miliardi) previsti dal taglio agli organici inaugurati nel 2008. Formalmente, l'emendamento non modifica la norma che blocca fino al 2013 gli scatti d'anzianità.Tuttavia, la previsione normativa non esclude che, una volta centrati i risparmi (e certificati dal Tesoro), il decreto interministeriale possa effettivamente destinarli a rimpinguare le buste paga del personale scolastico, che, di volta in volta, passa di gradone. Di certo l'emendamento non brilla per chiarezza.

 

Bersani boccia la manovra

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2010-06-28

Berlusconi dal Brasile offre uno spiraglio alle richieste delle Regioni sulla manovra

Cronologia articolo28 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2010 alle ore 11:04.

"Rivedremo la manovra". Un messaggio molto sintetico ma altrettanto importante quello che Silvio Berlusconi fa arrivare dal Brasile alle Regioni che insorgono contro i tagli previsti dalla manovra e chiedono un incontro con il premier. Al suo arrivo a San Paolo poche ma decisive battute alla questione sollevata da Roberto Formigoni. "Vediamo, ma adesso siamo qui", e dunque, fa capire, questioni come queste vanno rimandate al ritorno in Italia per la messa a punto.

È gà qualcosa per rincuorare gli animi dei governatori anche se, subito dopo, il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, precisa il pensiero del premier: "Berlusconi ha risposto con un sì alla domanda se intenda incontrare le Regioni, ma quel sì non si riferiva certo alla possibilità di rivedere una manovra già delineata". Di certo non appare possibile modificare i "saldi" di una manovra che deve mantenere la sua impalcatura. Ma - come aveva detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - qualche riequilibrio interno tra regioni è sempre possibile.

Le Regioni ribadiscono la loro posizione unitaria contro la manovra. Dopo l'ennesima giornata passata tutta all'attacco, riescono a incassare un'apertura al confronto da parte del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Al di là delle interpretazioni sulla volontà del presidente del Consiglio, è in ogni caso arrivato subito il plauso del governatore del Veneto Luca Zaia: "Siamo certi che, per la storia dalla quale proviene, Berlusconi saprà ascoltare le Regioni e aiuterà le amministrazioni a ridurre gli sprechi a ogni livello, a partire - ha sottolineato l'ex ministro dell'Agricoltura - dall'amministrazione centrale dello Stato".

Nel frattempo oggi si è registrata l'ennesima offensiva da parte della totalità dei governatori contro la manovra e, hanno tenuto a ribadire, senza alcuna spaccatura in seno alle Regioni. A fissare i paletti per smentire con forza possibili incrinature tra i governatori - dopo l'apertura al governo dei presidenti di Lazio, Campania, Abruzzo, Molise e Calabria - è stato ancora una volta Formigoni: "La posizione delle Regioni è unanime - ha spiegato - e chiediamo di cambiare la manovra in un'ottica di responsabilità", quindi "è inutile che qualcuno cerchi di fare il furbo e cerchi di vedere distanze che non ci sono".

 

 

 

2010-06-27

Ma la "service tax" sarà salata

Saverio FossatiCronologia articolo27 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2010 alle ore 08:05.

MILANO

Se dalla "service tax" non verranno scorporate compravendite e affitti, la nuova imposta potrebbe costare ai proprietari il doppio dell'Ici. Ma in ogni caso si pagherà di più. Senza contare che i Comuni non potranno contare su tutta l'imposta di registro ma solo su quella che riguarda gli immobili, portando così l'imposta totale da 26,4 a 21 miliardi.

Proviamo a fare qualche conto. Anzitutto va considerato che le imposte coinvolte sarebbero Ici (sempre al netto delle prime case), imposte di registro, imposta ipotecaria e catastale e Irpef immobiliare (sugli affitti e sulle seconde case delle persone fisiche). Va subito chiarito che le imposte sulle successioni sarebbero escluse (quindi anche la relativa quota di imposte di registro, ipotecaria e catastale) e così l'imposta di registro sugli atti non immobiliari (come quelli societari). Quindi, degli oltre 8 miliardi di gettito di imposta di registro, ipotecaria e catastale, solo 2,725 si possono considerare all'interno della "service tax". In base ai dati sulle compravendite dell'agenzia del Territorio e delle locazioni dell'Istat, le imposte di registro, ipotecarie e catastali sui passaggi di proprietà (che riguardano di fatto le sole abitazioni non di nuova costruzione e sulle altre si applicano in misura fissa) si aggirano sui 2,525 miliardi, cui si aggiungono circa 200 milioni o poco più di imposta di registro sulle locazioni di immobili (il resto è soggetto a Iva, esclusa dalla "service tax").

In sostanza, quindi, una grossa fetta di queste due imposte sarebbe fuori dalla nuova tassa: è quella derivante dalla loro applicazione agli atti societari e alle successioni.

A questo punto non è difficile fare le due ipotesi principali: nella prima, tutto il gettito verrebbe "spalmato" sui proprietari immobiliari (sia persone fisiche che giuridiche, come avviene con l'Ici). E dato che la base imponibile sarebbe rappresentata dai valori catastali, nell'ultimo rapporto dell'Osservatorio immobiliare dell'agenzia del Territorio questo valore è dato in 2.648,9 miliardi, ecco che per raggiungere un gettito di 21 miliardi occorrerebbe applicare un'aliquota del 5 per mille alle prime case (escludendo così l'Ici) e del 9 per mille agli altri immobili. Quindi, a grandi linee, quasi il doppio di quanto attualmente costa l'Ici mediamente al singolo proprietario. Nella seconda ipotesi, le imposte che riguardano specificamente singoli immobili, cioè quelle sulla compravendita e l'Irpef + registro sulle locazioni, resterebbero a carico dei soli interessati. A parte il fatto che l'applicazione della cedolare secca sugli affitti provocherebbe nei primi anni un calo del gettito da 175 milioni a 1.4 miliardi (si veda il Sole 24 Ore del 25 giugno), che è davvero impossibile da quantificare, la "service tax" a carico di tutti si ridurrebbe a circa 11-13 miliardi, quindi con un'aliquota media inferiore all'1,15 e al 6,2 per mille (a seconda che si tratti di prima casa o altro immobile) sulla base imponibile, cioè il valore catastale, che di fatto coincide con la base imponibile Ici. Mentre circa dieci miliardi proverrebbero dai proprietari di immobili locati e dalle compravendite (qui le imposte sono a carico degli acquirenti).

Così, nella prima ipotesi, un proprietario della sua abitazione principale a Milano o Roma (100 metri quadrati, zona semicentrale) pagherebbe 325 euro e, se non prima casa, 585 euro. Nella seconda ipotesi, gli importi scendono, rispettivamente, a 49 e 403 euro.

Ma va fatta un'ultima considerazione: con una "service tax" senza correttivi la sperequazione tra comuni dove il mercato immobiliare è più ricco e quelli dove è stagnante diventerebbe molto forte in termini di gettito, mentre attualmente questa differenza è compensata in parte con i trasferimenti.

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IN CIFRE

26,4 miliardi

Il gettito attuale

Le imposte ipotecarie e catastali, quella di registro, l'Irpef di natura immobiliare e l'Ici rappresentano nel loro complesso questo importo

21 miliardi

Le imposte possibili

Se depurate dalle parti non legate agli immobili, le imposte ipotecarie e catastali e di registro assommano a 2,725 miliardi e il gettito potenziale della "service tax" scende di 5,4 miliardi

2.649 miliardi

La base imponibile

Il totale dei valori catastali degli immobili in Italia, secondo i calcoli dell'Osservatorio immobiliare dell'agenzia el Territorio

49 euro

La tassa individualizzata

Su un appartamento medio in una grande città, prima casa, questo sarebbe il costo della service tax non comprendendo il gettito da locazioni e compravendite. Una seconda casa si pagherebbero 403 euro

325 euro

L'imposta per tutti

In caso la "service tax" venisse richiesta senza distinzione sulla base del gettito totale immobiliare delle imposte interessate; su una seconda casa l'imposta arriverebbe a 585 euro

 

 

 

 

 

2010-06-23

Tremonti difende l'impianto della manovra e delude le regioni: incontro "molto negativo"

di Claudio TucciCronologia articolo23 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 19:37.

"Questa manovra è necessaria, senza si ha il collasso, il crollo". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso della conferenza stampa che ha fatto seguito all'incontro con le regioni. "Senza questa manovra - ha precisato il ministro - oltre a non esserci la crescita non c'è più la struttura complessiva". Tremonti ha difeso l'impianto complessivo della manovra, che, ha aggiunto, "è stata costruita in base al disegno europeo", ricordando, poi, come l'Italia detenga il terzo debito pubblico del mondo. "Dobbiamo varare una manovra adeguata - ha ribadito - se no altro che recessione".

Il ministro dell'Economia ha quindi stoppato le richieste avanzate dalle regioni, di rimodulare, cioè, i tagli coinvolgendo anche i ministeri. "Noi non abbiamo alternative sui saldi, sui soldi e sulla distribuzione", ha tagliato corto Tremonti, evidenziando che il Governo centrale è già stato oggetto di tagli negli anni passati e che ulteriori riduzioni "non sono sostenibili".

Tremonti si è però dichiarato disponibile a un confronto "evaneglico" con le regioni, coinvolgendo quelle più ricche. "Vorremmo discutere con le Regioni, mettendo insieme anche quelle a Statuto speciale, più ricche, in modo che il concorso sia proporzionato alla disponibilità delle Regioni". Tremonti ha quindi spiegato: "pensiamo che le Regioni possano essere considerate come comparto complessivo e che ci sono Regioni speciali e che nello specifico ci sono Regioni che hanno moltissimo" come il Trentito Alto Adige. "Pensiamo che tutti insieme", ha aggiunto, governo e regioni, "si possa fare un ragionamento con chi ha di più".

Il titolare del Tesoro ha poi detto che la nuova tassa comunale "non si applicherà alla prima casa". E' troppo presto per i dettagli, ha aggiunto, ma di certo non si chiamerà Imu e accorperà diverse tasse.

Per il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, l'incontro con il governo è stato "molto negativo". "Non abbiamo trovato nessuna sostanziale apertura", ha dichiarato Errani. "Questa manovra - ha proseguito - di fatto mette il federalismo fiscale in una condizione di non praticabilità". Si tratta, inoltre, ha aggiunto, di una manovra "ipercentralista", che talgia "l'1.22% alle amministrazioni centrali e il 14% alle Regioni".

Per la governatrice della regione Lazio, Renata Polverini, "c'e stata invece qualche apertura da parte del ministro Tremonti, chiaramente indicando la possibilità di lavorare all'interno dei saldi magari dopo la ripresa estiva, cosa che fino a qualche giorno fa non era sul tavolo". La Polverini ha giudicato poi "da valutare con attenzione" anche la questione di allargare il ragionamento di manovra alle Regioni a statuto speciale. "Ce ne sono alcune - ha detto - che godono di trattamenti molto diversi da noi. Su questo credo che domani si esprimerà la Conferenza delle Regioni". In ogni caso, ha aggiunto Polverini, domani ci sarà una posizione unitaria di tutti i Governatori".

Intanto, dal Tesoro, è arrivata la nuova stima dell'impatto della manovra sul prodotto interno lordo italiano. La manovra economica del Governo avrà un impatto negativo sulla crescita economica pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2010-2012. Il dato è emerso dalla tabella integrativa della relazione unificata economia e finanza del Tesoro sull'impatto depressivo della manovra economica, presentata in commissione Bilancio del Senato, dove, nel frattempo, è iniziato l'esame dei 2.550 emendamenti al provvedimento. L'impatto sarà negativo dello 0,1% nel 2010 e dello 0,2% nel 2011 e nel 2012. Per effetto della manovra, quindi, il Pil nel 2010 crescerà dello 0,9% e non dell'1% come previsto dalle ultime stime del Governo. Secondo fonti tecniche, però, l'effetto depressivo della manovra sarà compensato nel triennio per effetto della migliore evoluzione delle variabili macroeconomiche.

 

 

 

 

Di Paolo (GdF): sottovalutare la criminalità economica mette a rischio le democrazie

di Fabrizio Forquet e Marco MobiliCronologia articolo23 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 22:06.

Il nuovo Comandate generale della Guardia di Finanza, Nino Di Paolo, è operativo da sole 48 ore. È il primo comandante che viene dall'interno del corpo. E con i suoi 40 anni di servizio è già pronto a diramare ai comandanti di reparto le nuove direttive per contrastare l'illegalità nel suo complesso. Con una certezza: "Sottovalutare i fenomeni di criminalità economica significa mettere a rischio le democrazie".

Lo spiega al Sole 24 Ore in edicola giovedì 24 giugno, nella sua prima intervista da comandante generale delle Fiamme Gialle. Evasione e criminalità organizzata sono due facce della stessa medaglia che vanno affrontate in parallelo. Gli strumenti che il legislatore e il governo hanno reso disponibili con l'ultima manovra, come la tracciabilità dei flussi finanziari e delle fatture, potranno fornire un prezioso contributo nel contrasto al sommerso. Con particolare riguardo anche ai fenomeni di riciclaggio.

 

 

 

Linea dura degli enti locali contro la manovra. Chiamparino: verso un'unica imposta sugli immobili

di Claudio TucciCronologia articolo23 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 13:40.

Si va verso una tassa unica locale sugli immobili. L'annuncio è arrivato dal presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, al termine dell'incontro con il Governo sulla manovra. Si tratta, ha spiegato Chiamparino, di una tassa che si avvicina alla "service tax" proposta dai Comuni. "Sottolineo che potrebbe avvicinarsi - ha detto Chiamparino - perchè ancora dobbiamo vedere il testo e quindi non possiamo esprimere un giudizio". Secondo il presidente dell'Anci potrebbe essere un'imposta unica locale sugli immobili, esclusa la prima casa, alla quale si potrebbero aggregare anche altre imposte locali.

Stamane a pre-annunciare la linea dura anche delle regioni sulla manovra, era stato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha ribadito che non si accontenterà di semplici ritocchi: "servono cambiamenti profondi", ha detto. "Il ministero dell'Economia deve presentare una nuova manovra, perché così è insostenibile per le regioni", ha detto Formigoni.

La versione attuale della manovra da 24,9 miliardi prevede 10 miliardi di tagli, in due anni, sui bilanci locali. Troppi, per il numero uno del Pirellone, che ricorda come queste sforbiciate siano insostenibili non solo per le Regioni, ma anche per province e comuni. Questi ultimi, intanto, stanno manifestando davanti al Senato e tra poco, alle ore 14, è arrivato l'annuncio che il ministro Tremonti incontrerà il numero uno dell'Anci, Sergio Chiamparino. L'auspicio di Formigoni è che Via XX Settembre sia coerente con le aperture dimostrate dai partiti di maggioranza, proponendo di ridurre le sforbiciate alle regioni e trasferirle sui ministeri. "Siamo certamente disposti - ha aggiunto - a fare la nostra parte, ma in misura assolutamente proporzionale con la parte che farà il Governo con i suoi ministeri".

Non si attenua, quindi, l'insoddisfazione dei governatori. Ieri era intervenuto il governatore dell'Abruzzo, Gianni Chiodi. Stamane, il consiglio regionale della Valle d'Aosta ha approvato una mozione in cui esprime preoccupazione per la manovra, soprattutto sul fronte "del riparto fiscale, dei poteri e delle funzioni esercitate dalla Regione e di conseguenza sull'intera comunità valdostana".

Una prima risposta arriva dal ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto. "Alle regioni - ha detto Fitto - voglio dare dei numeri: trasferimenti di circa 160 miliardi di euro dallo Stato, sigla del patto per la salute, con integrazione di 4 mld di euro al fondo sanitario nazionale. Tutto quello di cui discutiamo quindi, tocca la parte residua del trasferimento dove si deve operare nella logica della riduzione della spesa pubblica". Chiaro anche il giudizio sui tagli: "vanno mantenuti, ma mettiamoci d'accordo e vediamo come fare". Oggi, ha proseguito Fitto, ci sono spunti che ci indicano che il margine per recuperare le risorse è abbondante e quindi si può evitare lo spauracchio del taglio dei servizi. Dobbiamo evitare di drammatizzare le questioni e assumerci tutti la responsabilità che il momento richiede. Fitto rilancia poi sull'aspetto "virtuosità". "Non possiamo farlo subito - ha detto - ma gradualmente anche con la fase di accompagnamento del federalismo che rimane uno strumento per ottenere risultati e con questa manovra".

In mattinata, intanto, è ripreso l'esame degli emendamenti alla manovra in commissione Bilancio, a Palazzo Madama, che ieri si era concluso con la declaratoria d'ammissibilità dei primi cinque articoli del provvedimento. Sempre ieri è stato riammesso con nuova formulazione l'emendamento a firma del presidente della commissione Finanze, Mario Baldassarri sul taglio ai consumi intermedi. Nel pomeriggio è prevista la riunione del comitato istituito dal Pdl a Palazzo Madama per filtrare i 1.116 emendamenti presentati dal gruppo. In giornata la commissione, che è convocata per il pomeriggio e la sera, dovrebbe cominciare anche a votare

 

 

 

2010-06-22

Londra annuncia una finanziaria da lacrime e sangue. Patto con Parigi e Berlino per tassare le banche

dal nostro corrispondente Leonardo MaisanoCronologia articolo22 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 18:39.

LONDRA – La stretta è arrivata ed è energica abbastanza da dare un colpo di freno deciso alle previsioni di crescita dell'economia inglese. Sforbiciate ovunque, innalzamento di Iva (dal 17,5 al 20%) e tassa sul capital gain (dal 18 al 28% per i redditi più elevati), un'imposta sulle banche ancora da definire nei dettagli, ma applicabile a tutti gli istituti di credito che operano nel Regno Unito, eccetto quelli di ridotte dimensioni. Una manovra decisamente piegata sul fronte dei tagli. Il cancelliere dello Scacchiere George Osborne ha infatti annunciato riduzioni nei bilanci di tutti i ministeri del 25% circa entro il 2015, si salverà solo la Sanità e la Cooperazione internazionale. Per capire nello specifico le quote per ciascuno dicastero bisognerà attendere la revisione di spesa di ottobre.

Già ora, però, la silhouette dell'economia inglese che verrà è definita abbastanza. La correzione di spesa è di 30 miliardi di sterline all'anno e se declinata con il gettito extra annunciato e le previsioni di crescita dovrebbe portare Londra, alla vigilia delle prossime elezioni, con un deficit dell'1,1 per cento. Oggi è all'11 per cento. La grande scommessa è comunque il tasso di sviluppo che i laburisti indicavano, per l'anno 2011, a quota 3,25%, ipotesi corretta dalla nuova authority di controllo sui conti al 2,6 per cento. Ieri Osborne l'ha ulteriormente ribassata al 2,3 , immaginando per quest'anno una crescita dell'1,2 per cento. Non tutti sono convinti che la manovra consenta davvero di sostenere questa previsione, molti, infatti, temono che la stretta finirà per avere una decisa ricaduta sui consumi. Non solo per il congelamento di due anni degli stipendi pubblici, nè per l'accettata da 11 miliardi di sterline in quattro anni sul welfare a cominciare dal blocco dei sussidi per i figli, ma anche per l'imposta sul capital gain che colpirà il settore immobiliare, che resta parte trainante dell'economia del Regno Unito.

Osborne s'è però preoccupato di stimolare lo sviluppo dei settori più produttivi annunciando il taglio del 4% della tassazione sulle imprese, che calerà ogni anno di un punto per assestarsi nel 2015 al 24 per cento. Ancora meglio per le piccole e medie imprese, che godranno di un'imposta sugli utli del 20 per cento. Misure salutate con soddisfazione dalla Cbi, la Confindustria inglese. "È stata designata una road map - ha detto il direttore generale Richard Lambert – È ovvio che ci sono rischi, ma sarebbe stato peggio non intervenire".

 

 

 

Tremonti: "A breve la bozza del decreto sul federalismo fiscale"

Cronologia articolo22 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 22:15.

La ripresa dell'economia c'è, ma incombe il rischio di un nuovo "drammatico e devastante fuorigioco della finanza". Ad affermarlo il titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, nel suo intervento in occasione della celebrazione del 236esimo anniversario della Guardia di Finanza. "In quest'anno - ha detto il ministro - l'economia ha lentamente ripreso la sua corsa, ma ancora e di nuovo incombe il rischio di un drammatico e devastante fuorigioco della finanza. Per ogni transazione reale - ha sottolineato Tremonti - c'è un multiplo altissimo, potenzialmente illimitato, di transazioni finanziarie, transazioni che prendono la forma speculativa dei contratti derivati e delle relative varianti".

Secondo il titolare di via Venti Settembre il mondo non ha bisogno di più finanza e più speculazione, ma di più lavoro e di più impresa. "Su questo - ha riferito - la nostra proposta, una proposta italiana, è stata avanzata nelle sedi internazionali e la nostra speranza è che venga via via considerata, da un mondo ed in un mondo che non ha bisogno di più finanza e di più speculazione, ma di più lavoro e di più impresa. E per il lavoro e l'impresa ha bisogno di più sicurezza. Ancora sulle regole". "Per tornare ad essere sicuri - aggiunge - si deve fare una regola contabile che impedisca prima di creare, e poi di mettere in circolo una ricchezza futura che non c'è, se non per chi specula".

Tremonti è poi entrato nel dettaglio della manovra economica: "La manovra ora in discussione in Parlamento non è solo una manovra per stabilizzare i nostri conti pubblici. È qualcosa di più. È la correzione di una tendenza storica: meno spesa pubblica; meno enti inutili; meno spese inutili; meno abuso dei soldi pubblici; meno evasione fiscale".

"In Europa, in Italia, la ricreazione è finita - avverte il ministro - non può continuare, deve finire, l'illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal prodotto interno lordo. L'illusione per cui ogni anno si può continuare a spendere più di quello che si produce nell'anno stesso o più di quello che si è prodotto negli anni precedenti, tanto qualcuno pagherà. Questa volta non ci saranno altri a pagare per noi, saremo noi a dover pagare per noi e con gli interessi".

"Per decenni - prosegue - in Europa, in Italia, drogati dal debito pubblico si è pensato che la politica fosse indipendente dai numeri, che la politica venisse prima dei numeri. E questi poi, i numeri, più o meno taroccati, a seguire. Ora è l'opposto: i numeri vengono prima della politica ed è la politica che deve adattarsi ai numeri".

Il ministro, infine, ha parlato del federalismo fiscale, affermando che nei prossimi giorni il governo presenterà in Parlamento la bozza del decreto-base: "In base alla legge-delega, votata a larga maggioranza l'anno scorso, nei prossimi giorni presenteremo in Parlamento, oltre ai costi standard per la spesa sanitaria nelle Regioni, e oltre agli studi di settore da applicare su tutti i livelli di governo, la bozza del decreto-base del federalismo fiscale: il ritorno ai Comuni del potere fiscale, nel loro comparto naturale di competenza: nel comparto immobiliare e territoriale".

Per il ministro dell'Economia lo Stato sociale va conservato "ad ogni costo, nell'essenziale. Per il resto si dovrà e potrà agire avendo sempre più fiducia nelle comunità civili non statali, che pure fanno il bene pubblico: nel volontariato, nelle fondazioni, nel non-profit e, alla fine della catena, più fiducia nelle famiglie e nel senso di responsabilità delle persone. Quello che ci è stato dato dallo Stato sociale in termini di "tempo libero" e di "pensione anticipata" - spiega Tremonti -, lo possiamo e dobbiamo restituire alla società. E già lo fanno tantissimi italiani. Perché, oltre al dovere "fiscale", ci sono anche, e sempre più importanti, la logica del dono, la volontarietà e la spontaneità nella solidarietà sociale. Nella logica della responsabilità - conclude Tremonti - il federalismo fiscale è parte di questa filosofia e non l'opposto".

 

 

 

2010-06-19

Manovra in aula il 1° luglio. Pioggia di emendamenti da maggioranza e opposizione

di Claudio TucciCronologia articolo19 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2010 alle ore 12:48.

Lavori d'aula sospesi la settimana prossima a Palazzo Madama per consentire alle commissioni permanenti di affrontare il capitolo manovra economica. Si profila, quindi, un tour de force per far sbarcare il prima possibile la manovra in aula. Dal 21 al 25 giugno tutte le commissioni dovranno esprimere il loro parere sulla manovra e trasmetterlo alla commissione bilancio, dove attualmente è all'esame e che, nel frattempo, voterà i 2.550 emendamenti depositati da maggioranza e opposizione a partire da martedì 22 giugno alle ore 15.

Un lavoro che dovrà concludersi entro la giornata di giovedì 1° luglio, quando alle ore 10.30 la manovra approderà, in prima lettua, nell'aula del Senato per la conversione in legge (il termine scade il 30 luglio). L'esame in aula, a palazzo Madama, proseguirà nel pomeriggio alle ore 15, per riprendere, se necessario il giorno dopo alle ore 9.30. Fissato anche il termine per la presentazione degli emendamenti in aula alle ore 17 di mercoledì 30 giugno. Fitto anche il calendario d'aula. L'aula tornerà a riunirsi per l'esame del decreto martedì 6 luglio, alle ore 11 e alle ore 16.30, mercoledì 7 luglio alle ore 9.30 e alle 16.30, Giovedì 8 luglio alle 9.30 e alle 16, e venerdì 9 luglio alle 9.30 Con una seduta a oltranza fino al voto finale sul provvedimento che poi passerà alla Montecitorio.

Più della metà degli emendamenti sono stati presentati dalla maggioranza. Una cinquantina quelli presentati dai parlamentari "finiani". Si chiedono 300 milioni per Roma, oltre ai 300 già previsti dal governo, con lo scopo di far saltare la tassa di soggiorno per i turisti che visitano la capitale. Ci sono, poi, interventi sulla ricerca, misure per la sicurezza, ma pure quella di riservare anche al parlamento un controllo sulle Fondazioni bancarie. Previsti accorpamenti di enti per il commercio estero. Le coperture sarebbero trovate grazie alle accise sul tabacco e a minori detrazioni per le compagnie petrolifere. Previsto, poi, anche un taglio dei contributi a fondo perduto alle imprese, che verrebbero trasformati in crediti d'imposta. Un altro emendamento dei "finiani" punta invece a tagliare la spesa per beni e servizi, che, come ha ricordato il senatore Pdl Mario Baldassari, dalle colonne della Stampa, negli ultimi 5 anni sono cresciute del 47 per cento. Baldassari ha proposto anche di allargare a tutti gli enti locali la previsione contenuta nella manovra di contenere le spese ai valori 2009, ridotti del 5 per cento. Se poi, questa previsione (che dovrebbe scattare dal 2013), ha aggiunto Baldassarri, si anticipa al 2011, si possono risparmiare, ha aggiunto Baldassarri, altri 11,2 miliardi. La Lega ha proposto invece uno "scudo" contro i falsi invalidi, simile a quello per rientro dei capitali dall'estero. Si tratterebbe di un sistema di auto-denuncia abbinato all'intensificazione dei controlli. Il Carroccio chiede anche il finanziamento del progetto per la prosecuzione della Tav in Veneto e l'introduzione di parametri di premialità per gli enti virtuosi contro i tagli di trasferimenti orizzontali previsti in manovra alle autonomie.

Dal Pd, oltre alle misure già annunciate su carburanti, banche, farmacie, arrivano proposte che puntano a una nuova detrazione del 19% sulle spese per gli asili nido, badanti e babysitter, il rafforzamento del "forfottone" fiscale per i contribuenti minimi e la ricetta elettronica per i farmaci. Per le imprese, invece, è stato proposto un emendamento che alza l'esenzione Irap. Mentre il leader dell'Alleanza per l'Italia, Francesco Rutelli ha lanciato la proposta di introdurre una tantum del 5% sui 5 miliardi di euro recuperati grazie allo scudo fiscale, che, spiega Rutelli, dovrebbero essere così utilizzati: "metà per il risanamento dei conti pubblici e l'altrà metà per investimenti in scuola, università, ricerca, innovazione".

Dai radicali un emendamento per tassare la prostituzione. Lo ha proposto la senatrice Donatella Poretti, radicale del Pd, e sottoscritto anche dai senatori Emma Bonino e Marco Perduca, è mira a legalizzare e regolarizzare in termini economici, ha spiegato la senatrice "l'attività meretricia, che potrà essere svolta in forma autonoma, dipendente o associata". Poi calcola che su 70mila prostitute presenti nel nostro paese (50% straniere, 20% minorenni) per 9 milioni di clienti, al costo medio per prestazione di 30 euro, il giro d'affari é di circa 90 milioni al mese, oltre un miliardo l'anno. La senatrice calcola che, togliendo minorenni e straniere, la tassazione potrebbe portare nelle casse dell'Erario circa 80 milioni di euro.

 

 

 

 

Il Pd manifesta contro la finanziaria

Bersani: "Serve una politica economica diversa"

di Claudio TucciCronologia articolo19 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2010 alle ore 11:57.

"Faremo una campagna d'estate su democrazia e sociale". La manovra va cambiata, visto anche che la stessa maggioranza, presentando una valanga di emendamenti, mostra di non gradirla troppo. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani inizia così il suo discorso, dal palco del Palalottomatica, a Roma, chiudendo la manifestazione del Pd contro la politica economica del Governo: "150 pagine di decreto, approvate in 9 minuti dal consiglio dei ministri, che contengono 2.380 commi sul nulla, senza uno stralcio di idea, senza una direzione di marcia".

Bersani ha ribadito la necessità di una svolta radicale, annunciando "battaglia" in Parlamento per correggere la manovra. "Serve - ha detto - un'altra politica economica e regole rinvigorite". La ricetta proprosta dal leader del Pd passa per le nuove "lenzuolate" di liberalizzazioni su carburanti, gas, banche, assicurazioni e farmacie, i cui proventi dovranno essere girati alle fasce più deboli, come i pensionati. Il numero uno del Pd ha evidenziato, poi, come la manovra se la prenda, soprattutto, con scuola, enti locali e forze dell'ordine e ha annunciato l'apertura di un gran cantiere di riforme sulla crescita. Bersani ha chiesto, anche, un cambio di rotta sulla politica europea. "Ci vuole - ha dichiarato il segretario del Pd - più Europa, non l'Europa dei governi ma ci vuole una Europa federale con un sistema di vigilanza sui mercati, un coordinamento delle politiche fiscali, tasse sulle transazioni finanziarie, piano europeo per il lavoro e apertura del mercato interno europeo". Del resto, ha aggiunto, "non possiamo andare avanti solo con le esportazioni".

Dal leader del Pd è arrivato, poi, un affondo contro premier sul fronte della costituzione e del ddl sulle intercettazioni. "Berlusconi - ha detto - ha giurato sulla Costituzione e se non gli piace, vada a casa". Il Governo, ha ricordato Bersani, hanno messo oltre 30 voti di fiducia e 50 decreti. Siamo a circa un voto di fiducia alla settimana di lavoro in Parlamento. C'è preoccupazione, ha poi sottolineato, per il ritorno a un voto di fiducia anche alla Camera sul ddl intercettazioni, che, per Bersani, "se non ci fossero state non avremmo saputo niente della "cricca" e della "banda delle ville del Brenda". "Noi - ha ribadito il numero uno del Pd - non ci stiamo al bavaglio all'informazione e ai limiti al lavoro della magistraturaLa manifestazione era inziata con il commento del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, all'affondo di ieri dell'ad di Fiat Sergio Marchionne contro i lavoratori, nella trattativa su Pomigliano d'Arco. "Le affermazioni - ha detto Chiamparino - più sono misurate e meglio è. Io mi auguro che dopo il referendum si possano ricreare condizioni di reciproca affidabilità". Del resto, aveva aggiunto, "Io non do consigli ai sindacati, ma invito a riflettere sul fatto che da parte di un'azienda c'è un investimento di 20 miliardi in cinque anni per raddoppiare la produzione in Italia e riportarla da un altro Paese. Se non si crea un'affidabilità reciproca tra azienda, lavoratori e sindacati non si riuscirà a gestire la sfida della globalizzazione". Chiamparino, nel corso del suo intervento, ha poi criticato la manovra, ricordando come i tagli a Comuni e Regioni fanno "perdere l'Italia" perchè costringeranno gli amministratori locali a tagliare servizi ai cittadini. "E se tu metti in ginocchio Regioni, Province Comuni, ha aggiunto, "il federalismo non si farà mai". Sulla stessa lunghezza d'onda, il governatore dell'Emilia Romagna e presidente della conferenza delle regioni, Vasco Errani, che ha aggiunto: "i tagli di questa manovra pesano sulle regioni per il 13,7 per cento, mentre sul comparto della pubblica amministrazione centrale pesano per l'1,2 per cento".

Altro affondo alle decisioni del Governo è arrivato dal vice segretario del Pd, Enrico Letta, che ha giudicato "una contraddizione stridente" quanto sta succedendo nell'Esecutivo: ad esempio, ieri, ha sottolineato, "mentre si discute di una manovra iniqua che fa tagli pesanti per gli enti locali, il Governo nomina un nuovo ministro per il federalismo che costa un milione di euro in più gli italiani e intanto continuiamo a non avere un ministro dello Sviluppo economico mentre la Fiat vive un momento molto delicato. Le scelte di ieri dimostrano che il Governo lavora con logiche da cartina fumogena".

"E' arrivato il tempo di dire no", ha sottolineato, invece, l'ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, in un video-messaggio inviato alla manifestazione del Pd. "Che ci voglia una manovra è fuori di dubbio e che la quantità sia anche necessaria pure", ha sottolineato l'ex presidente, "ma questa manovra ha un grido di giustizia dentro di sè. I pesi della crisi cadono pesantemente sulle spalle dei più deboli. E lasciare che le persone più ricche e opulente non paghino niente grida vendetta".

Critiche alla manovra sono arrivate, anche, dai senatori Pd, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che hanno denunciato un taglio - "praticamente della metà"- ai fondi per i parchi naturali, con un danno, soprattutto, al turismo, che ogni anno muove un giro d'affare di oltre un miliardo di euro.

 

 

 

2010-06-17

L'Europa lancia l'operazione verità sui conti delle banche. Sul debito passa la linea italiana

di Stefano NatoliCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 20:09.

Una vicenda come quella greca non sarà più possibile. D'ora in avanti le organizzazioni bancarie dovranno infatti dimostrare di avere capitale sufficiente a reggere l'impatto di un ambiente economico più difficile rispetto a quanto attualmente previsto. Entro fine luglio ognuno dei 27 paesi dell'Unione dovrà pubblicare i risultati degli stress test sul sistema bancario. L'intesa è stata trovata al Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo, riunito oggi a Bruxelles. Lo ha confermato il presidente del vertice europeo, Herman Van Rompuy, durante la conferenza stampa conclusiva, precisando che "i risultati dovrannno essere pubblicati banca per banca, al più tardi nella seconda parte del mese di luglio". Il premier spagnolo José Zapatero ha difeso totalmente la decisione presa dal vertice Ue. Parlando come presidente di turno ha ricordato che la Spagna aveva chiesto nei giorni scorsi che fosse presa la decisione di pubblicare "in tutti i paesi i risultati degli stress test: la mancanza di fiducia si può contrastare solo con il massimo della trasparenza e questo faremo".

Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo ha anche deciso di introdurre una serie di tasse sugli istituti bancari dei rispettivi Paesi. Imposte che dovranno essere coordinate a livello europeo per evitare distorsioni competitive, con introiti trattenuti a livello dei singoli Stati. Particolarmente soddisfatti la cancelliera tedesca, Angela Merkel - "Giusto tassare chi ha messo a rischio il mercato" - che assieme al presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, aveva anche rilanciato l'idea di una tassa sulle transazioni finanziarie. E proprio la Merkel ha messo in chiaro che se anche il G 20 non dovesse appoggiarla, la Ue andrà avanti da sola e la tassa potrebbe entrare in vigore già nel 2012.

L'Europa presenta il conto della crisi. Su questo aspetto, i leader dei 27 si sono detti "d'accordo sull'introduzione di meccanismi di prelievo e tasse sugli istituti finanziari". "Tale dispositivo - si precisa nel documento finale del Consiglio - dovrà permettere di garantire una suddisvisione equilibrata del fardello della crisi e la creazione di incentivi che limitano in futuro i rischi sistematici". L'ipotesi della tassa – ha assicurato il presidente francese, Nicolas Sarkozy – sarà portata al prossimo G20 di Toronto del 26 e 27 giugno.

Sul debito passa la linea italiana. Il Consiglio ha anche accolto le richieste del Governo italiano sulla vicenda del debito aggregato. Nel documento finale si dice, infatti, che la sorveglianza sui bilanci pubblici dei paesi europei guarderà con molta più attenzione al livello e all'evoluzione dei debiti, considerando anche la sua sostenibilità complessiva. Il presidente Van Rompuy ha affermato che le conclusioni del summit prevedono implicitamente l'inclusione del debito privato, accanto a quello pubblico, nella valutazione della sostenibilità dei conti pubblici dei paesi membri. Come voleva, appunto, l'Italia. E come era previsto nel testo originario del Patto di stabilità e di crescita.

Il Consiglio europeo ha anche registrato la prima apparizione del premier britannico, David Cameron, che ha confermato l'impegno del Regno Unito sul fronte europeo, sottolineando però come Londra non rinuncerà alla difesa "dei propri interessi nazionali e delle proprie linee rosse". "Il Regno Unito - ha detto Cameron - sta giocando un ruolo molto positivo, impegnato ed attivo all'interno della Ue e perchè questo summit abbia successo. Ma naturalmente - ha aggiunto - difenderemo sempre i nostri interessi nazionali e le nostre linee rosse nazionali. Anche se siamo consapevoli del bisogno che in Europa torni la crescita e la fiducia. Questa deve essere la priorità dell'agenda"

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Debito, austerity e finanza senza regole: da dove può arrivare la nuova crisi globale

di Giuseppe ChiellinoCronologia articolo17 giugno 2010

Mentre i governi europei fanno quasi a gara nel mettere in campo manovre di correzione dei conti pubblici tagliando le spese, trova sempre più spazio nel dibattito tra gli economisti la paura di un nuovo 'tuffo' dell'economia globale, una recessione "a doppia V", che non riesce a consolidare i segnali di crescita emersi negli ultimi trimestri e, anzi, torna a guardare verso il basso. Nel dibattito si confrontano posizioni diverse soprattutto sulle cause che potrebbero innescare un nuovo tratto in discesa nel grafico del Pil. Ma la preoccupazione è crescente, come ha messo in luce anche la "Lettera degli economisti" preoccupati degli effetti recessivi della manovra italiana.

Ne parlano, da due punti di vista completamente diversi, Nouriel Roubini della New York University, e Simon Johnson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale e oggi docente di sviluppo imprenditoriale al Mit Sloan School of management.

Roubini dà una ricetta in otto punti per evitare la 'double-dip' della recessione globale e imperniata su un profondo coordinamento internazionale. Un percorso in delicato equilibrio tra la necessità di risanare i bilanci per i paesi "spendaccioni" e l'obbligo quasi morale per i paesi come Germania, Cina e Giappone con bilanci in attivo di continuare a mantenere le misure di stimolo all'economia. Esattamente il contrario di quanto ha appena fatto la Germania, che "invece di partire con un piano di austerità mal congegnato, dovrebbe estendere gli incentivi a tutto 2011".

Preoccupato della "prossima crisi" è anche Johnson che sembra rispondere a chi, come Roubini, guarda solo al debito sovrano e all'economia reale. Il professore della Mit Sloan School è convinto che le radici della prossima crisi siano nella mancata regolamentazione del settore finanziario americano, di cui ha messo a nudo le responsabilità nella prima fase della recessione nel best seller "13 Bankers: The Wall Street Takeover and the Next Financial Meltdown" scritto a quattro mani con James Kwak.

"Che l'economia mondiale viva adesso una crescita del 4 o del 5 per cento è sicuramente importante, ma non influisce più di tanto sulle nostre prospettive a medio termine. Il settore finanziario statunitense ha ricevuto un sostegno salvifico e non soggetto a condizione alcuna, ma adesso non è soggetto ad alcuna forma di ri-regolamentazione significativa. Pertanto, non si discute: ci stiamo preparando - afferma Johnson - a un altro boom che ha i suoi presupposti nell'eccessiva e sconsiderata assunzione di rischio nel cuore stesso del sistema finanziario mondiale. E ciò non può che finire in un modo solo: male". All'Europa guarda Dani Rodrik, docente di economia politica alla John F. Kennedy School of Government della Harvard University. E se la prende soprattutto con la Germania, colpevole non solo di "non fare la sua parte come economia più grande della Ue e suo leader putativo" ma anche di fare una politica estremamante aggressiva e individualista, "calpestando le economie degli altri Stati membri". Se Berlino vuole "che il resto d'Europa ingoi la pillola amara dei tagli di spesa - scrive Rodrik su Project syndicate - si dovrà impegnare a spiengere i consumi domestici, ridurre il surplus con l'estero e accettare un aumento dei target di inflazione della Bce. Prima la Germania farà la sua parte, meglio sarà per tutti".

Meno preoccupato, "grazie ai segnali che arrivano dalle imprese" è Lorenzo Stanca, presidente del Gruppo economisti d'impresa e managing partner di Mandarin Fund. "Dalle imprese con cui siamo in contatto ogni giorno riceviamo segnali di una tendenza netta verso la ripresa economica. L'export si è mosso in modo positivo dall'inizio dell'anno e ha accelerato negli ultimi due mesi. Il rischio di politiche restrittive tedesche esiste ma è compensato dal deprezzamento dell'euro. Il dubbio che il timing della manovra del governo tedesco non sia corretto esiste, ma non bisogna sovrastimarne gli effetti". Nessun rischio di 'doppia V', dunque? Non proprio: "Il rischio c'è ed è legato alla tenuta di paesi come Cina, India e Brasile le cui economie sono cresciute a ritmi sostenuti. In particolare in Cina torna di tanto in tanto il timore che si sgonfi la bolla immobiliare". Quanto alla Germania, "vuole essere nella posizione di chi può dare l'esempio e avere sempre più peso nella Ue. È una linea comprensibile, ma non condivisibile". Infine la finanza americana senza regole: "In genere non credo ai complotti, ma davanti alla pressione delle istituzioni finanziarie nei confronti dei paesi più vulnerabili qualche dubbio è legittimo: c'è qualcuno che vuole distrarre l'attenzione?".

Per Riccardo Realfonzo, uno dei firmatari della "Lettera degli economisti" e direttore del Dipartimento di Analisi dei sistemi economici e sociali dell'università del Sannio, "in Europa la crisi mondiale trova alimento nei vistosi squilibri tra i saldi delle bilance commerciali. Il deteriorarsi delle condizioni della finanza pubblica nei paesi periferici dell'Unione monetaria è in buona misura l'effetto dei loro saldi passivi con l'estero. In questo contesto, le politiche restrittive praticate dai paesi in attivo nella bilancia commerciale, Germania in testa, aggravano la posizione debitoria dei paesi periferici, Italia inclusa. A nulla valgono le politiche di austerità che questi ultimi possono intraprendere, se non a ridurre ancora il tasso di crescita del Pil, a contrarre le entrate fiscali e ad aggravare la crisi". I tagli, quindi, non solo non servono, ma sono anche dannosi? "É così. Occorrono provvedimenti per bloccare la speculazione ed è necessario che i paesi in avanzo commerciale pratichino politiche espansive. Inoltre, l'Europa dovrebbe essa stessa farsi locomotiva della crescita, promuovendo un piano di sviluppo finanziato da un più consistente bilancio dell'Unione. Persistere con le politiche restrittive potrebbe condurci alla deflagrazione della zona euro".

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Il Pd presenta una nuova lenzuolata di liberalizzazioni

di Celestina DominelliCronologia articolo16 giugno 2010

Dalla libertà di approvigionamento dei gestori della rete dei carburanti alla liberalizzazione della vendita di tutti i medicinali a carico dei cittadini, dalla riforma degli ordini professionali all'abolizione della clausola di massimo scoperto, fino alla separazione proprietaria della rete di trasporto del gas. Il partito democratico affila le armi contro la manovra e presenta una nuova "lenzuolata" di liberalizzazioni e semplificazioni, che saranno trasformati in emendamenti alla manovra. A illustrarli, in una conferenza stampa, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. "Noi chiediamo che le liberalizzazioni entrino nella manovra. Si tratta di misure che spostano 10 miliardi di euro nelle tasche dei consumatori, una piccola lenzuolata su cui sfidiamo il governo a dirci se intende continuare a fare delle chiacchiere o intende fare anche qualche fatto".

Una sfida che si articola in sedici pagine dove vengono riprese molte delle proposte contenute nella terza lenzuolata dell'allora ministro dello Sviluppo economico. Proposte che non furono convertite in legge a causa della fine anticipata della scorsa legislatura. Si tratta però solo di un primo passo perché come chiariscono i democratici nella premessa del documento presentato oggi dal numero uno del Pd "gli emendamenti alla manovra non sono esaustivi rispetto a tutto quello che si può fare". Ulteriori proposte, garantiscono i Democrats, "saranno avanzate durante l'esame del ddl annuale sulla concorrenza di cui il Pd auspica una immediata approvazione in Consiglio dei ministri".

Si parte dal mercato dei carburanti dominato, si legge nel documento del Pd, "da un oligopolio costituito da 8 società integrate verticalmente". La ricetta dei democratici suggerisce di "modificare la disciplina normativa che oggi regola i rapporti contrattuali di fornitura di carburante per la vendita al dettaglio tra produttori (che nel 60% dei casi sono anche proprietari degli impianti di distribuzione) e i gestori dei singoli punti di vendita". Ma non è l'unico step. Perché la proposta passa anche attraverso l'attenuazione del "vincolo di esclusiva" presente negli attuali contratti. Fissando così un tetto del 50% all'acquisto in esclusiva "in modo che il singolo esercente al dettaglio possa diventare un imprenditore commerciale autonomo per la restante parte". Inoltre i democratici propongono di assegnare in via straordinaria e temporanea all'Acquirente unico spa (cui è affidato per legge il ruolo di garante della fornitura di energia elettrica) "di esercitare anche attività di commercio all'ingrosso dei carburanti". Un pacchetto che garantirebbe un risparmio complessivo di 2 miliardi di euro. Sul fronte dei farmaci, poi, i democratici vogliono portare a compimento la prima lenzuolata del 2006. Consentendo alle parafarmacie e ai corner della grande distribuzione (che già distribuiscono i medicinali senza obbligo di ricetta) di vendere anche i farmaci di fascia C e quindi tutti i medicinali non dispensati dal servizio sanitario nazionale. In questo modo, sottolinea il documento, "si creerebbe un doppio canale di vendita: farmacie convenzionate da un lato e parafarmacie dall'altro", con notevoli risparmi per i cittadini.

Avanti tutta anche sul versante delle professioni. Qui la ricetta del Pd mirano a modernizzare l'assetto degli ordini professionali,ma anche a garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso "l'accorciamento della distanza tra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e massimo di 12 mesi) e l'accesso all'esercizio effettivo della professione". Puntando anche sulleliminazione "di qualunque requisito di età o anzianità di esercizio nell'accesso alle cariche elettive degli organi nazionali e territoriali degli ordini". Via libera poi al riconoscimento delle libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tar i professionisti.

Il Pd chiede poi l'abolizione della clausola di massimo scoperto e di altre commissioni analoghe nei conti correnti. Voci di costo che, si legge nel documento, "oltre a essere particolarmente onerose per famiglie e piccole imprese, sono anche poco trasparenti". Con l'emendamento presentato dai democratici viene inoltre affidato alla vigilanza della Banca d'Italia il controllo sul corretto rispetto delle nuove prescrizioni e il potere di stabilire i criteri e le modalità per la corretta informazione ai clienti delle condizioni economiche dei servizi offerti dalle banche.

I democratici spingono infine per la separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall'Eni da attuare entro il 31 marzo 2011. La questione è stata più volte sollecitata dall'Autorità competente ma mai portata a compimento. Un regime che potrebbe consentire all'Italia, spiega il documento del Pd,"di recuperare il differenziale con la media Ue relativamente al prezzo all'ingrosso del gas, con un risparmio pari circa 4 miliardi di euro".

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Lo spettro del debito spaventa i mercati

di Roberto PerottiCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:57.

L'ultima modifica è del 17 giugno 2010 alle ore 08:58.

Che tempi straordinari. Solo poco più di un anno fa il G-20 sanzionò all'unanimità la necessità di espandere le politiche fiscali per far ripartire l'economia mondiale, e i mercati salutarono con un'esplosione in borsa. Ancora pochi giorni fa, politici e commentatori europei facevano omaggio formale alla necessità di rigore fiscale nei paesi sud-europei, ma non perdevano occasione per ribadire anche la necessità di mantenere politiche fiscali di sostegno alla domanda nel resto d'Europa, e certamente in Germania. Il G-20 coreano ha annunciato che la priorità ora è il consolidamento fiscale, costi quel che costi; perfino per Dominique Strauss-Kahn, capo di quel Fmi che è stato finora il più convinto sostenitore di politiche espansive alla domanda e della "crescita prima di tutto", il consolidamento va fatto anche se dovesse avere effetti negativi sulla crescita. Incredibilmente, sembra siano rimasti solo gli Stati Uniti a credere in una politica fiscale espansiva; tanto da farci assistere allo spettacolo di un segretario al Tesoro americano che scrive una lettera agli altri membri del G-20 per convincerli a non desistere. Pochi giorni dopo il principale destinatario, la Germania, ha fatto esattamente l'opposto.

Cosa è successo in questo breve lasso di tempo? Semplicemente, i governi europei non hanno più potuto ignorare la pressione dei mercati finanziari. I mercati sono e saranno sempre ambigui sulle politiche fiscali. Da un lato una politica fiscale espansiva sostiene la domanda aggregata, e quindi favorisce la borsa aumentando le prospettive di crescita e i profitti attesi. Questo ai mercati piace. Ma dall'altro un aumento dei disavanzi implica un aumento dell'offerta di titoli pubblici e quindi un aumento dei loro rendimenti, causando uno spiazzamento degli investimenti privati, e in prospettiva una diminuzione della crescita e dei profitti.

Questo ai mercati non piace. Quale interpretazione prevalga nei mercati dipende in parte dalla posizione ciclica. Nel marzo 2009 l'economia e il sistema bancario sembravano in caduta libera, e Usa e Fmi si fecero portatori di una strategia di overwhelming force fiscale. Probabilmente il fattore scatenante è stata la realizzazione dell'intreccio perverso tra questo debito e la salute del sistema bancario. Al contrario degli Usa, in Europa le ricapitalizzazioni e le garanzie implicite o esplicite alle banche, le principali cause dell'aumento del debito pubblico, hanno incentivato le banche a posticipare, anziché affrontare, la pulizia degli attivi. In aggiunta, le garanzie pubbliche hanno spronato le banche ad investire in titoli pubblici divenuti ormai rischiosi. Per questo i mercati attendono con interesse i risultati degli stress test che la Banca centrale spagnola ha in corso e che ha annunciato ieri renderà pubblici a breve. Qualche giorno fa, uno stress test di Moody's su 30 grandi banche europee è giunto alla conclusione che esse sarebbero in grado di tollerare bene un default del 20% sui titoli pubblici di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. Ma in una situazione del genere la liquidità dei mercati si esaurirebbe e conterebbe anche l'esposizione al settore privato e al settore bancario, che sarebbe tre volte superiore all'esposizione ai titoli pubblici. Non è chiaro come il test di Moody's tenga conto di tutto questo. Inoltre, il problema vero probabilmente è in zone dei sistemi bancari, come le cajas spagnole e le Landesbanken tedesche, non coperte dallo studio.

Di fronte a questa decisa virata dei mercati, i governi europei hanno ritenuto di non avere altra scelta che il rigore fiscale; Geithner ritiene che così facendo essi si scavino una fossa più profonda; per Krugman addirittura la posizione europea è "pura follia" e porterà a una "decade perduta". Come è possibile tanta disparità di vedute su una questione così basilare? Il fatto è che in questo campo, molto più che nel campo della politica monetaria, non vi sono certezze. Vari studi accademici dimostrerebbero che consolidamenti fiscali anche sostanziali favoriscono la crescita e l'occupazione, soprattutto se agiscono prevalentemente con tagli di spesa. Ma molti, a cominciare dall'Fmi nella sua veste pre-G20, non ne sono convinti, e continuano a credere in un moltiplicatore keyenesiano della spesa pubblica. Ognuno può citare evidenza empirica e abbondanza di teorie a proprio favore. Di fronte a tanta incertezza la diversità di vedute tra i due lati dell'Atlantico e all'interno dell'Europa, così come i continui ondeggiamenti del mercato, sono inevitabili, e resteranno con noi a lungo.

roberto.perotti@unibocconi.it

 

 

 

 

 

E Parigi allunga di due anni l'età pensionabile

Attilio GeroniCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:01.

PARIGI. Dal nostro corrispondente

In altri tempi l'avrebbe presentata lui. Oggi è il compito istituzionale del governo. È stato il ministro del Lavoro Eric Woerth ad annunciare ieri i dettagli della riforma più importante del quinquennato di Nicolas Sarkozy, quella delle pensioni. Una riforma non prevista nel programma elettorale del 2007 ma che ultimamente era diventata ineluttabile per alcune buone ragioni: il solito trend demografico; un rapporto sempre più squilibrato tra popolazione attiva e non; e, ultimo catalizzatore, il crescente nervosismo dei mercati finanziari verso la deriva dei conti pubblici.

Anche restando nell'ombra e nella discrezione mediatica, Sarkozy è riuscito a far cadere qualche tabù. A partire dall'età minima che Mitterrand ridusse a 60 anni nel 1983 e che la nuova riforma aumenterà progressivamente a 62 anni entro il 2018, mentre il diritto alla pensione piena slitterà anch'esso di due anni, da 65 a 67. Com'era prevedibile, i sindacati e l'opposizione di sinistra l'hanno presa male, anzi malissimo, e hanno preannunciato grandi mobilitazioni senza peraltro aver mai spiegato come, secondo loro, dovrebbe essere riformato il sistema previdenziale.

Da un lato qualcuno (gli economisti di mercato) è rimasto deluso perché l'innalzamento non è arrivato, come sembrava alla vigilia, ai 63 anni, e perché quello della carriera contributiva, da 41 a 41,5 anni è davvero modesto ed era inoltre previsto da una precedente riforma (Raffarin). Dall'altro però sempre gli stessi fanno notare che la tempistica - dieci anni - è una delle più rapide in Europa. Il presidente non ha voluto evidentemente tirare troppo la corda con l'opinione pubblica, che già lo inchioda da mesi a minimi storici di popolarità, ma nemmeno urtare troppo la suscettibilità dei mercati, che da tempo si interrogano sulla reale capacità e volontà francese di rimettere i conti in ordine.

Il ministro Woerth ha detto che il piano così com'è stato concepito dovrebbe portare a regime, cioè entro il 2020, un risparmio annuo pari all'1,9% del prodotto interno lordo. Quanto al risparmio cumulativo, tra il 2011 e sempre il 2020, dovrebbe attestarsi intorno ai 220 miliardi di euro. E dopo? Non sono state date proiezioni di medio-lungo termine ma sono in molti a ritenere che all'approssimarsi del 2018 bisognerà nuovamente spostare in avanti il limite minimo di età pensionabile: "Dopo quella data c'è un buco nero", dice Marisol Touraine, specialista in materia del Partito socialista.

Il deficit attuale della previdenza francese è di 32 miliardi di euro, destinato a salire a 45 miliardi nel 2018 e a 100 nel 2050 in assenza di manovre correttive. La pensione a 62 anni non basterà da sola a colmare il disavanzo ed è per questo che il governo ha deciso di aumentare alcune tasse, di fatto rendendo permeabilissimo lo scudo fiscale introdotto da Sarkozy nel 2007 e che fissava al 50% il tetto massimo d'imposizione del reddito personale. Saliranno dunque le tasse sulle plusvalenze generate dalla cessione degli immobili, sui capital gain di Borsa, aumenteranno i prelievi sulle stock option e sulle pensioni d'oro mentre l'aliquota massima dell'Irpef sarà portata dal 40 al 41%, provvedimento, quest'ultimo, più simbolico che altro poiché interessa 350mila contribuenti e porterà alla casse dello stato circa 230 milioni di euro. La voce più consistente nel previsto aumento del gettito (2 miliardi) viene dal nuovo sistema di calcolo per la riduzione dei contributi sociali delle imprese, che non sarà più su base mensile ma annuo.

Il sindacato Cgt ha chiesto al governo di "riscrivere" la riforma e per il 24 giugno è prevista una giornata di grande mobilitazione. Gli spazi per un negoziato con le parti sociali, al di là delle apparenze, sono esigui. Sarkozy avrebbe fatto davvero a meno di questa riforma, almeno nel primo quinquennato, ma la crisi economico-finanziaria prima e adesso quella della zona euro hanno completamente stravolto la sua agenda politica. Assieme ai tagli alla spesa annunciati nei giorni scorsi, è la polizza assicurativa che la Francia sottoscrive contro le tensioni ricorrenti sul mercato dei titoli di stato. Quando la settimana scorsa lo spread dei tassi francesi rispetto a quelli tedeschi si è allargato di cinquanta punti base, a molti - all'Eliseo, a Bercy e Matignon - sono venuti i sudori freddi. Spostare in avanti l'età pensionabile è oggi diventato un modo per conservare la tripla A delle agenzie di rating.

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La sfida dei governi: rigore fiscale senza soffocare il pil

di Riccardo SorrentinoCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:00.

Alla fine, il problema è esploso. Da lontano era facile vederlo: si sapeva bene che indovinare i tempi e le forme giuste per disattivare o addirittura invertire le politiche di stimolo sarebbe stato molto difficile. Ora, il momento è arrivato. Nel peggiore dei modi. In Eurolandia la situazione è un po' sfuggita di mano. I mercati finanziari, irritati - e irretiti - dalla scoperta delle indimenticabili bugie della Grecia sui propri conti pubblici, hanno imposto soluzioni rapide e drastiche, che non sembrano tener troppo conto degli effetti meno immediati del risanamento: il possibile rallentamento di una crescita già anemica, con il rischio - forte - di una seconda recessione.

Ad esempio, i paesi dell'Unione europea dovrebbero introdurre un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Questa la "necessità su cui il Consiglio Europeo concorda secondo quanto si legge nella bozza di conclusioni che sarà discussa questa mattina dai capi di Stato e di Governo dei 27.

Morale: gli stessi investitori, nel loro pragmatismo, oggi non sono più così sicuri della bontà assoluta delle politiche di rigore. Almeno, iniziano a temerne gli effetti indesiderati (ma in qualche modo prevedibili). "I mercati - spiegava ieri Michala Marcussen di Société Générale, riferendosi all'esito del Consiglio europeo di oggi - chiederanno una manifestazione di unità e di trasparenza e la rassicurazione che la frenesia della Germania per l'austerità fiscale non spingerà l'Europa in una seconda recessione". In una fase in cui - come ha notato qualche giorno fa Ethan Harris di Bank of America Merrill Lynch - i mercati seguono l'economia, e non viceversa, è facile immaginare che anche l'eccesso di rigore possa non ricevere consensi unanimi.

È altrettanto difficile però non ascoltare il discorso di chi sostiene la necessità dei tagli alle spese. "Le economie avanzate devono affrontare una vera e seria sfida fiscale, che deve essere raccolta", ha spiegato Marco Annunziata di Unicredit in una ricerca. Sono stati i mercati a svegliare i governi - peraltro colpevoli o disattenti - "e quindi l'aggiustamento fiscale non può essere evitato senza pagare un prezzo che può arrivare in forma di più alti premi al rischio e più alti costi di finanziamento, con il conseguente impatto negativo sulla crescita". Far finta di nulla - è il ragionamento - significa comunque subire una frenata del Pil. La conseguenza immediata che se ne può ricavare è che, volendo restare in deficit, solo una politica fiscale efficientissima, di quelle rare, potrebbe permettere di superare l'attrito opposto dai rendimenti più alti.

Il problema in realtà non sussiste. La pressione - e il panico - dei mercati ha spaventato un po' tutti e questo sembra condannare le economie ad affrontare volenti o nolenti politiche di rigore che corrono il rischio di essere affrettate e mal fatte, e dominate dall'esigenza di dover schivare le pressioni delle diecimila lobbies che considerano fondamentali aiuti e privilegi. La tentazione è quella di tagliare, senza guardare troppo per il sottile; mentre l'opinione pubblica, quando è avvertita, tende ad affrontare la materia con un consueto furore ideologico (in entrambi i sensi).

Il punto della questione, però, è proprio nella qualità delle politiche. Se efficientissima dovrebbe essere una strategia fiscale orientata alla crescita in presenza di deficit e tensioni sui mercati, anche più calibrata dovrebbe forse essere una politica di rigore che non voglia risultare restrittiva. In teoria è possibile. John Maynard Keynes non ha mai invocato, contro le crisi, conti statali in deficit in sé ma solo investimenti pubblici (ed era piuttosto scettico sui risultati delle altre spese). Trivge Haavelmo ha anche dimostrato che un bilancio in pareggio potrebbe avere effetti espansivi.

Sul piano invece della realtà empirica proprio la ricerca italiana - lo ha ricordato Annunziata - ha cercato di mostrare come siano stati possibili casi di risanamento fiscale accompagnati dalla crescita. Francesco Giavazzi e Marco Pagano già nel 1990 avevano esaminato i casi, peraltro differenti tra loro, di Danimarca e Irlanda, dove però il rigore era accompagnato da una svalutazione e l'introduzione di un cambio fisso con il marco tedesco, che permetteva tassi d'interesse più bassi rispetto al passato. L'anno scorso Alberto Alesina e Silvia Ardagna, analizzando una vasta casistica di politiche fiscali, hanno intanto trovato che gli aggiustamenti possono essere accompagnati da crescita se si tagliano alcuni tipi di spese, soprattutto quelle correnti e i sussidi.

Il dibattito, si può esserne certi, continuerà. Come notava pragmaticamente Martin Wolf sul Sole 24 Ore di ieri, "una stabilizzazione dei bilanci che sia di sostegno alla crescita è la benvenuta. Una stabilizzazione dei bilanci prematura che mini la crescita è l'ennesima follia". Anche accettando i risultati più favorevoli al risanamento la chiave comunque non cambia. Per avere successo - anche sul fronte, da non dimenticare, della riduzione del debito - il rigore deve essere applicato in circostanze favorevoli alla crescita e attraverso politiche di qualità. La prima condizione, dopo la recente grande crisi, è incerta anche se, nota Simon Hayes della Barclays, "c'è sufficiente slancio nell'attività globale" perché il mondo possa affrontare un aggiustamento fiscale coordinato. La seconda, invece, è nelle mani anche più imprevedibili dei politici.

riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com

 

 

 

 

 

La Fiom su Pomigliano si divide anche dalla Cgil

di Giorgio PogliottiCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:17.

Su Pomigliano d'Arco la Fiom si spacca. La maggioranza conferma il doppio no – al referendum che si terrà martedì prossimo e all'accordo separato – mentre per la minoranza "filo Epifani" che fa riferimento a Fausto Durante i lavoratori devono potersi esprimere e la loro decisione dovrà essere vincolante per tutti, per il sindacato come per l'azienda.

Le profonde divergenze interne sono emerse ieri pomeriggio all'assemblea pubblica degli iscritti convocata a Pomigliano dalla Fiom che ha riservato fischi all'intervento di un esponente della segreteria della Cgil regionale, Federico Libertino: "La Fiat si sta assumendo una grave responsabilità – ha detto – ma adesso siamo di fronte a un referendum con il quale i lavoratori hanno la libertà di decidere da soli". In mattinata la Cgil Campania e la Cgil di Napoli hanno invitato i lavoratori Fiat a partecipare al referendum e a votare sì all'accordo siglato da Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl "per mantenere aperto un dialogo unitario, far sì che l'investimento si realizzi, continuare a lavorare, nei tempi che ci dividono dall'avvio dell'impianto, per correggere gli aspetti che consideriamo negativi, a partire dai diritti".

Un concetto in linea con quanto sostenuto dal leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che ieri si è intrattenuto per una decina di minuti di colloquio con la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine dell'assemblea di Confcommercio, soffermandosi anche sulla vicenda di Pomigliano. Epifani è favorevole al referendum: "È importante che siano coinvolti e partecipino. Ad occhio e croce credo che andranno a votare e credo che diranno sì". Per la Cgil, ha aggiunto Epifani, è "un sì all'occupazione, sì al lavoro, sì all'investimento".

Una posizione ben diversa da quella della Fiom, che ieri all'assemblea di Pomigliano ha approvato un documento che bolla come "inaccettabili e illegittimi l'accordo separato e il referendum perché contrastano con leggi e Costituzione", ma allo stesso tempo "consiglia ai lavoratori di partecipare al voto per evitare rappresaglie individuali". Per il segretario della Fiom, Maurizio Landini "siamo di fronte a un ricatto, ai lavoratori viene chiesto: vuoi lavorare o chiudo la fabbrica? Il lavoratore deve scegliere tra vivere o morire. È chiaro che sceglierà di vivere". Per Landini "non si può sottoscrivere alcun accordo che leda i diritti indisponibili dei lavoratori". Diversa la posizione della minoranza interna, la cosiddetta area "riformista" (che vale il 27% nella Fiom). Per Fausto Durante "i lavoratori devono potersi esprimere sull'accordo separato con un referendum che, sia pur con tutte le anomalie del caso, è uno strumento che deve essere sempre valido", è però "da codardi volerlo fare per Pomigliano ma non per il contratto".

Se dovessero prevalere i sì, secondo Durante "la Fiom dovrebbe firmare l'accordo per presa d'atto, confermando l'impegno a difendere i diritti che le leggi e la Costituzione attribuiscono ai lavoratori". In caso di affermazione del no al referendum, per Durante "la Fiat e gli altri sindacati dovrebbero riaprire le trattative". Ma in questa ipotesi la Fiat sembra più propensa a ricorrere ad un piano B portando la produzione della nuova Panda in un altro paese.

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2010-06-16

Lettera di 100 economisti contro la manovra e la linea (europea) dell'austerità

Cronologia articolo16 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:24.

L'ultima modifica è del 16 giugno 2010 alle ore 08:32.

www.letteradeglieconomisti.it

LETTERA DEGLI ECONOMISTI

LA POLITICA RESTRITTIVA AGGRAVA LA CRISI, ALIMENTA LA SPECULAZIONE E PUO' CONDURRE ALLA DEFLAGRAZIONE DELLA ZONA EURO. SERVE UNA SVOLTA DI POLITICA ECONOMICA PER SCONGIURARE UNA CADUTA ULTERIORE

DEI REDDITI E DELL'OCCUPAZIONE

 

Ai membri del Governo e del Parlamento

Ai rappresentanti italiani presso le Istituzioni dell'Unione europea e del SEBC

Ai rappresentanti delle forze politiche e delle parti sociali

E per opportuna conoscenza al Presidente della Repubblica

 

La gravissima crisi economica globale, e la connessa crisi della zona euro, non si risolveranno attraverso tagli ai salari, alle pensioni, allo Stato sociale, all'istruzione, alla ricerca, alla cultura e ai servizi pubblici essenziali, né attraverso un aumento diretto o indiretto dei carichi fiscali sul lavoro e sulle fasce sociali più deboli.

Piuttosto, si corre il serio pericolo che l'attuazione in Italia e in Europa delle cosiddette "politiche dei sacrifici" accentui ulteriormente il profilo della crisi, determinando una maggior velocità di crescita della disoccupazione, delle insolvenze e della mortalità delle imprese, e possa a un certo punto costringere alcuni Paesi membri a uscire dalla Unione monetaria europea.

Il punto fondamentale da comprendere è che l'attuale instabilità della Unione monetaria non rappresenta il mero frutto di trucchi contabili o di spese facili. Essa in realtà costituisce l'esito di un intreccio ben più profondo tra la crisi economica globale e una serie di squilibri in seno alla zona euro, che derivano principalmente dall'insostenibile profilo liberista del Trattato dell'Unione e dall'orientamento di politica economica restrittiva dei Paesi membri caratterizzati da un sistematico avanzo con l'estero.

 

La crisi mondiale esplosa nel 2007-2008 è tuttora in corso. Non essendo intervenuti sulle sue cause strutturali, da essa non siamo di fatto mai usciti. Come è stato riconosciuto da più parti, questa crisi vede tra le sue principali spiegazioni un allargamento del divario mondiale tra una crescente produttività del lavoro e una stagnante o addirittura declinante capacità di consumo degli stessi lavoratori. Per lungo tempo questo divario è stato compensato da una eccezionale crescita speculativa dei valori finanziari e dell'indebitamento privato che, partendo dagli Stati Uniti, ha agito da stimolo per la domanda globale.

Vi è chi oggi confida in un rilancio della crescita mondiale basato su un nuovo boom della finanza statunitense. Scaricando sui bilanci pubblici un enorme cumulo di debiti privati inesigibili si spera di dare nuovo impulso alla finanza e al connesso meccanismo di accumulazione. Noi riteniamo che su queste basi una credibile ripresa mondiale sia molto difficilmente realizzabile, e in ogni caso essa risulterebbe fragile e di corto respiro. Al tempo stesso consideriamo illusorio auspicare che in assenza di una profonda riforma del sistema monetario internazionale la Cina si disponga a trainare la domanda globale, rinunciando ai suoi attivi commerciali e all'accumulo di riserve valutarie.

Siamo insomma di fronte alla drammatica realtà di un sistema economico mondiale senza una fonte primaria di domanda, senza una "spugna" in grado di assorbire la produzione.

L'irrisolta crisi globale è particolarmente avvertita nella Unione monetaria europea. La manifesta fragilità della zona euro deriva da profondi squilibri strutturali interni, la cui causa principale risiede nell'impianto di politica economica liberista del Trattato di Maastricht, nella pretesa di affidare ai soli meccanismi di mercato i riequilibri tra le varie aree dell'Unione, e nella politica economica restrittiva e deflazionista dei paesi in sistematico avanzo commerciale. Tra questi assume particolare rilievo la Germania, da tempo orientata al contenimento dei salari in rapporto alla produttività, della domanda e delle importazioni, e alla penetrazione nei mercati esteri al fine di accrescere le quote di mercato delle imprese tedesche in Europa. Attraverso tali politiche i paesi in sistematico avanzo non contribuiscono allo sviluppo dell'area euro ma paradossalmente si muovono al traino dei paesi più deboli. La Germania, in particolare, accumula consistenti avanzi commerciali verso l'estero, mentre la Grecia, il Portogallo, la Spagna e la stessa Francia tendono a indebitarsi. Persino l'Italia, nonostante una crescita modestissima del reddito nazionale, si ritrova ad acquistare dalla Germania più di quanto vende, accumulando per questa via debiti crescenti.

La piena mobilità dei capitali nell'area euro ha favorito enormemente il formarsi degli squilibri nei rapporti di credito e debito tra paesi. Per lungo tempo, sulla base della ipotesi di efficienza dei mercati, si è ritenuto che la crescita dei rapporti di indebitamento tra i paesi membri dovesse esser considerata il riflesso positivo di una maggiore integrazione finanziaria dell'area euro. Ma oggi è del tutto evidente che la presunta efficienza dei mercati finanziari non trova riscontro nei fatti e che gli squilibri accumulati risultano insostenibili.

Sono queste le ragioni di fondo per cui gli operatori sui mercati finanziari stanno scommettendo sulla deflagrazione della zona euro. Essi prevedono che per il prolungarsi della crisi le entrate fiscali degli Stati declineranno e i ricavi di moltissime imprese e banche si ridurranno ulteriormente. Per questa via, risulterà sempre più difficile garantire il rimborso dei debiti, sia pubblici che privati. Diversi paesi potrebbero quindi esser progressivamente sospinti al di fuori della zona euro, o potrebbero decidere di sganciarsi da essa per cercare di sottrarsi alla spirale deflazionista. Il rischio di insolvenza generalizzata e di riconversione in valuta nazionale dei debiti rappresenta pertanto la vera scommessa che muove l'azione degli speculatori. L'agitazione dei mercati finanziari verte dunque su una serie di contraddizioni reali. Tuttavia, è altrettanto vero che le aspettative degli speculatori alimentano ulteriormente la sfiducia e tendono quindi ad auto-realizzarsi. Infatti, le operazioni ribassiste sui mercati spingono verso l'alto il differenziale tra i tassi d'interesse e i tassi di crescita dei redditi, e possono rendere improvvisamente insolventi dei debitori che precedentemente risultavano in grado di rimborsare i prestiti. Gli operatori finanziari, che spesso agiscono in condizioni non concorrenziali e tutt'altro che simmetriche sul piano della informazione e del potere di mercato, riescono quindi non solo a prevedere il futuro ma contribuiscono a determinarlo, secondo uno schema che nulla ha a che vedere con i cosiddetti "fondamentali" della teoria economica ortodossa e i presunti criteri di efficienza descritti dalle sue versioni elementari.

In un simile scenario riteniamo sia vano sperare di contrastare la speculazione tramite meri accordi di prestito in cambio dell'approvazione di politiche restrittive da parte dei paesi indebitati. I prestiti infatti si limitano a rinviare i problemi senza risolverli. E le politiche di "austerità" abbattono ulteriormente la domanda, deprimono i redditi e quindi deteriorano ulteriormente la capacità di rimborso dei prestiti da parte dei debitori, pubblici e privati. La stessa, pur significativa svolta di politica monetaria della BCE, che si dichiara pronta ad acquistare titoli pubblici sul mercato secondario, appare ridimensionata dall'annuncio di voler "sterilizzare" tali operazioni attraverso manovre di segno contrario sulle valute o all'interno del sistema bancario.

Gli errori commessi sono indubbiamente ascrivibili alle ricette liberiste e recessive suggerite da economisti legati a schemi di analisi in voga in anni passati, ma che non sembrano affatto in grado di cogliere gli aspetti salienti del funzionamento del capitalismo contemporaneo.

E' bene tuttavia chiarire che l'ostinazione con la quale si perseguono le politiche depressive non è semplicemente il frutto di fraintendimenti generati da modelli economici la cui coerenza logica e rilevanza empirica è stata messa ormai fortemente in discussione nell'ambito della stessa comunità accademica. La preferenza per la cosiddetta "austerità" rappresenta anche e soprattutto l'espressione di interessi sociali consolidati. Vi è infatti chi vede nell'attuale crisi una occasione per accelerare i processi di smantellamento dello stato sociale, di frammentazione del lavoro e di ristrutturazione e centralizzazione dei capitali in Europa. L'idea di fondo è che i capitali che usciranno vincenti dalla crisi potranno rilanciare l'accumulazione sfruttando tra l'altro una minor concorrenza sui mercati e un ulteriore indebolimento del lavoro.

Occorre comprendere che se si insiste nell'assecondare questi interessi non soltanto si agisce contro i lavoratori, ma si creano anche i presupposti per una incontrollata centralizzazione dei capitali, per una desertificazione produttiva del Mezzogiorno e di intere macroregioni europee, per processi migratori sempre più difficili da gestire, e in ultima istanza per una gigantesca deflazione da debiti, paragonabile a quella degli anni Trenta.

Il Governo italiano ha finora attuato una politica tesa ad agevolare questo pericoloso avvitamento deflazionistico. E le annunciate, ulteriori strette di bilancio, associate alla insistente tendenza alla riduzione delle tutele del lavoro, non potranno che provocare altre cadute del reddito, dopo quella pesantissima già fatta registrare dall'Italia nel 2009. Si tenga ben presente che sono altamente discutibili i presupposti scientifici in base ai quali si ritiene che attraverso simili politiche si migliora la situazione economica e di bilancio e quindi ci si salvaguarda da un attacco speculativo. Piuttosto, per questa via si rischia di alimentare la crisi, le insolvenze e quindi la speculazione.

Nemmeno si può dire che dalle opposizioni sia finora emerso un chiaro programma di politica economica alternativa. Una maggior consapevolezza della gravità della crisi e degli errori del passato va diffondendosi, ma si sono levate voci da alcuni settori dell'opposizione che suggeriscono prese di posizione contraddittorie e persino deteriori, come è il caso delle proposte tese a introdurre ulteriori contratti di lavoro precari o ad attuare massicci programmi di privatizzazione dei servizi pubblici. Gli stessi, frequenti richiami alle cosiddette "riforme strutturali" risultano controproducenti laddove, anziché caratterizzarsi per misure tese effettivamente a contrastare gli sprechi e i privilegi di pochi, si traducono in ulteriori proposte di ridimensionamento dei diritti sociali e del lavoro.

Quale monito per il futuro, è opportuno ricordare che nel 1992 l'Italia fu sottoposta a un attacco speculativo simile a quelli attualmente in corso in Europa. All'epoca, i lavoratori italiani accettarono un gravoso programma di "austerità", fondato soprattutto sulla compressione del costo del lavoro e della spesa previdenziale. All'epoca, come oggi, si disse che i sacrifici erano necessari per difendere la lira e l'economia nazionale dalla speculazione. Tuttavia, poco tempo dopo l'accettazione di quel programma, i titoli denominati in valuta nazionale subirono nuovi attacchi. Alla fine l'Italia uscì comunque dal Sistema Monetario Europeo e la lira subì una pesante svalutazione. I lavoratori e gran parte della collettività pagarono così due volte: a causa della politica di "austerità" e a causa dell'aumento del costo delle merci importate.

Va anche ricordato che, con la prevalente giustificazione di abbattere il debito pubblico in rapporto al Pil, negli anni passati è stato attuato nel nostro paese un massiccio programma di privatizzazioni. Ebbene, i peraltro modesti effetti sul debito pubblico di quel programma sono in larghissima misura svaniti a seguito della crisi, e le implicazioni in termini di posizionamento del Paese nella divisione internazionale del lavoro, di sviluppo economico e di benessere sociale sono oggi considerati dalla più autorevole letteratura scientifica altamente discutibili.

Noi riteniamo dunque che le linee di indirizzo finora poste in essere debbano essere abbandonate, prima che sia troppo tardi.

Occorre prendere in considerazione l'eventualità che per lungo tempo non sussisterà una locomotiva in grado di assicurare una ripresa forte e stabile del commercio e dello sviluppo mondiale. Per evitare un aggravamento della crisi e per scongiurare la fine del progetto di unificazione europea è allora necessaria una nuova visione e una svolta negli indirizzi generali di politica economica. Occorre cioè che l'Europa intraprenda un autonomo sentiero di sviluppo delle forze produttive, di crescita del benessere, di salvaguardia dell'ambiente e del territorio, di equità sociale.

Affinché una svolta di tale portata possa concretamente svilupparsi, è necessario in primo luogo dare respiro al processo democratico, è necessario cioè disporre di tempo. Ecco perché in via preliminare proponiamo di introdurre immediatamente un argine alla speculazione. A questo scopo sono in corso iniziative sia nazionali che coordinate a livello europeo, ma i provvedimenti che si stanno ponendo in essere appaiono ancora deboli e insufficienti. Fermare la speculazione è senz'altro possibile, ma occorre sgombrare il campo dalle incertezze e dalle ambiguità politiche. Bisogna quindi che la BCE si impegni pienamente ad acquistare i titoli sotto attacco, rinunciando a "sterilizzare" i suoi interventi. Occorre anche istituire adeguate imposte finalizzate a disincentivare le transazioni finanziarie a breve termine ed efficaci controlli amministrativi sui movimenti di capitale. Se non vi fossero le condizioni per operare in concerto, sarà molto meglio intervenire subito in questa direzione a livello nazionale, con gli strumenti disponibili, piuttosto che muoversi in ritardo o non agire affatto.

L'esperienza storica insegna che per contrastare efficacemente la deflazione bisogna imporre un pavimento al tracollo del monte salari, tramite un rafforzamento dei contratti nazionali, minimi salariali, vincoli ai licenziamenti e nuove norme generali a tutela del lavoro e dei processi di sindacalizzazione. Soprattutto nella fase attuale, pensare di affidare il processo di distruzione e di creazione dei posti di lavoro alle sole forze del mercato è analiticamente privo di senso, oltre che politicamente irresponsabile.

In coordinamento con la politica monetaria, occorre sollecitare i Paesi in avanzo commerciale, in particolare la Germania, ad attuare opportune manovre di espansione della domanda al fine di avviare un processo di riequilibrio virtuoso e non deflazionistico dei conti con l'estero dei Paesi membri dell'Unione monetaria europea. I principali Paesi in avanzo commerciale hanno una enorme responsabilità, al riguardo. Il salvataggio o la distruzione della Unione dipenderà in larga misura dalle loro decisioni.

Bisogna istituire un sistema di fiscalità progressiva coordinato a livello europeo, che contribuisca a invertire la tendenza alla sperequazione sociale e territoriale che ha contribuito a scatenare la crisi. Occorre uno spostamento dei carichi fiscali dal lavoro ai guadagni di capitale e alle rendite, dai redditi ai patrimoni, dai contribuenti con ritenuta alla fonte agli evasori, dalle aree povere alle aree ricche dell'Unione.

Bisogna ampliare significativamente il bilancio federale dell'Unione e rendere possibile la emissione di titoli pubblici europei. Si deve puntare a coordinare la politica fiscale e la politica monetaria europea al fine di predisporre un piano di sviluppo finalizzato alla piena occupazione e al riequilibrio territoriale non solo delle capacità di spesa, ma anche delle capacità produttive in Europa. Il piano deve seguire una logica diversa da quella, spesso inefficiente e assistenziale, che ha governato i fondi europei di sviluppo. Esso deve fondarsi in primo luogo sulla produzione pubblica di beni collettivi, dal finanziamento delle infrastrutture pubbliche di ricerca per contrastare i monopoli della proprietà intellettuale, alla salvaguardia dell'ambiente, alla pianificazione del territorio, alla mobilità sostenibile, alla cura delle persone. Sono beni, questi, che inesorabilmente generano fallimenti del mercato, sfuggono alla logica ristretta della impresa capitalistica privata, ma al contempo risultano indispensabili per lo sviluppo delle forze produttive, per l'equità sociale, per il progresso civile.

Si deve disciplinare e restringere l'accesso del piccolo risparmio e delle risorse previdenziali dei lavoratori al mercato finanziario. Si deve ripristinare il principio di separazione tra banche di credito ordinario, che prestano a breve, e società finanziarie che operano sul medio-lungo termine.

Contro eventuali strategie di dumping e di "esportazione della recessione" da parte di paesi extra-Ume, bisogna contemplare un sistema di apertura condizionata dei mercati, dei capitali e delle merci. L'apertura può essere piena solo se si attuano politiche convergenti di miglioramento degli standard del lavoro e dei salari, e politiche di sviluppo coordinate.

Siamo ben consapevoli della distanza che sussiste tra le nostre indicazioni e l'attuale, tremenda involuzione del quadro di politica economica europea.

Siamo tuttavia del parere che gli odierni indirizzi di politica economica potrebbero rivelarsi presto insostenibili.

Se non vi saranno le condizioni politiche per l'attuazione di un piano di sviluppo fondato sugli obiettivi delineati, il rischio che si scateni una deflazione da debiti e una conseguente deflagrazione della zona euro sarà altissimo. Il motivo è che diversi Paesi potrebbero cadere in una spirale perversa, fatta di miopi politiche nazionali di "austerità" e di conseguenti pressioni speculative. A un certo punto tali Paesi potrebbero esser forzatamente sospinti al di fuori della Unione monetaria o potrebbero scegliere deliberatamente di sganciarsi da essa per cercare di realizzare autonome politiche economiche di difesa dei mercati interni, dei redditi e dell'occupazione. Se così davvero andasse, è bene chiarire che non necessariamente su di essi ricadrebbero le colpe principali del tracollo della unità europea.

Simili eventualità ci fanno ritenere che non vi siano più le condizioni per rivitalizzare lo spirito europeo richiamandosi ai soli valori ideali comuni. La verità è che è in atto il più violento e decisivo attacco all'Europa come soggetto politico e agli ultimi bastioni dello Stato sociale in Europa. Ora più che mai, dunque, l'europeismo per sopravvivere e rilanciarsi dovrebbe caricarsi di senso, di concrete opportunità di sviluppo coordinato, economico, sociale e civile.

Per questo, occorre immediatamente aprire un ampio e franco dibattito sulle motivazioni e sulle responsabilità dei gravissimi errori di politica economica che si stanno compiendo, sui conseguenti rischi di un aggravamento della crisi e di una deflagrazione della zona euro e sulla urgenza di una svolta di politica economica europea.

Qualora le opportune pressioni che il Governo e i rappresentanti italiani delle istituzioni dovranno esercitare in Europa non sortissero effetti, la crisi della zona euro tenderà a intensificarsi e le forze politiche e le autorità del nostro Paese potrebbero esser chiamate a compiere scelte di politica economica tali da restituire all'Italia un'autonoma prospettiva di sostegno dei mercati interni, dei redditi e dell'occupazione.

L'iniziativa è stata promossa da Bruno Bosco (Università di Milano Bicocca), Emiliano Brancaccio (Università del Sannio), Roberto Ciccone (Università Roma Tre), Riccardo Realfonzo (Università del Sannio), Antonella Stirati (Università Roma Tre).

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Attaccare le rendite missione possibile

di Orazio CarabiniCronologia articolo16 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:55.

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Chi crede nelle virtù della concorrenza si sentirà piuttosto depresso dopo aver ascoltato la Relazione del presidente dell'Antitrust. Antonio Catricalà ha fatto un elenco impietoso, e per certi versi coraggioso, dei settori in cui la regolazione costituisce un freno alla libertà di mercato. Ed è stata un'ecatombe: energia (elettrica e gas), telecomunicazioni, servizi pubblici locali, ferrovie, assicurazioni, poste, banche, autostrade, aeroporti, sanità, televisione, servizi privati e prestazioni professionali.

Ma che sistema è quello descritto da Catricalà? Una moderna economia di mercato o un concentrato di incrostazioni protezionistiche che perpetuano rendite di posizione a favore dei più furbi o dei più potenti? Possibile che nessun governo, nessun parlamento riesca a intervenire per cambiare le cose? E che senso ha, infine, arrovellarsi sul perché l'Italia non cresce più quando esistono queste barriere al corretto funzionamento dei mercati?

Il presidente dell'Antitrust ha ricordato che il legislatore nel 2009 ha individuato uno strumento assai efficace, almeno sulla carta, per modernizzare la normativa: una legge annuale sulla concorrenza in cui il governo, tenendo conto delle segnalazioni delle authority, propone i correttivi necessari a "promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori". È vero che il 2010 è il primo anno di applicazione ed è vero che al ministero dello Sviluppo economico, cui spetta l'iniziativa, si è creata una situazione un po' precaria dopo le dimissioni di Claudio Scajola. Fatto sta che siamo in giugno e della legge non si vede traccia nonostante che l'Antitrust abbia fornito tempestivamente una traccia su cui lavorare.

Nel frattempo sono numerosi i casi di "ritorno al passato". Ovvero di interventi legislativi che mirano a ripristinare norme cancellate negli anni scorsi per liberalizzare alcuni settori: farmacie, assicurazioni, servizi professionali. Le lobby hanno capito che la crisi è un'occasione da non perdere per convincere il parlamento a reintrodurre protezioni faticosamente smantellate.

E allora c'è da chiedersi se, insieme alla legge sulla concorrenza, non sia meglio nominare all'interno del governo, magari alla presidenza del Consiglio che dovrebbe avere una visione a 360 gradi della legislazione prodotta, una sorta di Ethan Hunt, un agente speciale con la Mission impossible non solo di promuovere la concorrenza ma anche di bloccare tutto quanto rischia di ostacolarla. Si obietterà, a ragione, che così si introdurrebbe altra burocrazia. Eppure questo è un momento decisivo: la recessione è appena passata, e i governi, mentre sono impegnati a raddrizzare i conti pubblici, devono promuovere la crescita con tutti i mezzi a loro disposizione, anche per favorire l'aggiustamento del bilancio.

Catricalà non ne ha fatto cenno ma il tempo dei dubbi è finito: non ha più senso interrogarsi sugli aiuti di Stato e sulle deroghe alla libera concorrenza come è stato necessario nei due anni della crisi. Bisogna guardare avanti nella speranza che il motore della crescita si rimetta a funzionare. E la concorrenza è un additivo potente.

Incidere sulle rendite non è facile. Lo si è visto tante volte in passato. I lamenti, gli appelli accorati, quegli "eh sì, tuttavia noi siamo diversi" trovano sempre sponde pronte a mobilitarsi in un paese in cui la cultura della concorrenza non è così radicata come si vorrebbe far credere. Lo si è visto anche ieri, con il coro di distinguo che è seguito alla relazione dell'Antitrust. Proprio quello che diceva Ethan Hunt al suo capo Luther: "Rilassati, è molto peggio di quanto tu creda".

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Sulla ripresa Cota ha un piano

Cronologia articolo16 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:16.

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C'è chi taglia e chi imbastisce una manovra da 390 milioni con cui rilanciare l'economia locale. Il piano per l'occupazione in Piemonte, che la giunta Cota propone oggi alle parti sociali, è un segnale in controtendenza. A partire dal metodo: dai sindacati a Confindustria, dai commercianti ai piccoli imprenditori, tutti sono stati consultati (con bozze, appunti, telefonate). Risorti a nuova vita alcuni direttori della regione, chiamati a ruoli più creativi e meno esecutivi. In più, una task force antiburocrazia che periodicamente monitora lo stato dell'arte. Troppo per essere vero? Può darsi, anche perché le incognite non mancano. Nessun ostacolo sulle risorse? Legittima domanda, anche se è interessante il coinvolgimento delle Fondazioni bancarie e di "altri soggetti locali" addirittura per incrementare le misure. E poi si aggira uno spettro: il ricorso al Tar per invalidare il voto di fine marzo. Irregolari alcune liste civetta? Il giovane governatore del Piemonte è nervoso e parla di "golpe giudiziario"; il Pdl annuncia fiaccolate. Certo, un domani, chi se la sentirebbe di rinunciare a un Piano da 390 milioni e di sostenere la Bresso o un suo litigatissimo sostituto?

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-15

Fini: a luglio prima la manovra, poi le intercettazioni

Cronologia articolo14 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 13:54.

Prima l'esame della manovra, poi sarà la volta del ddl intercettazioni. A dettare la scaletta di Montecitorio è il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Che, rispondendo alle domande del direttore del Mattino, Virman Cusenza, ha ribadito la necessità di approfondire il confronto. Frenando sulla volontà di gran parte della maggioranza di chiudere l'iter del ddl a Montecitorio entro l'estate. "Perchè dobbiamo correre tanto prima delle vacanze estive - ha detto Fini - come se ci fosse qualche nemico da combattere?".

Spazio quindi alla discussione dentro l'assemblea di Montecitorio. "Ne stiamo discutendo da oltre due anni - ha proseguito - se ne può discutere ancora un pò,

facendo uno sforzo ulteriore per evitare polemiche e fraintendimenti, per avere un testo condiviso".

Stamattina, poi, la terza carica dello Stato aveva garantito "pieno rispetto del regolamento della Camera", rispondendo alla lettera inviata oggi al capogruppo del Pd a Montecitorio, Dario Franceschini. Che, nei giorni scorsi, aveva chiesto alla terza carica dello Stato di non accettare forzature sui tempi di approvazione del ddl intercettazioni. Un provvedimento che la maggioranza, premier in testa, vorrebbe chiudere entro l'estate. Nel pomeriggio Fini ha annunciato che a luglio andrà in calendario la manovra prima delle intercettazioni.

"Da parte di questa presidenza - scrive Fini - è stato sempre assicurato, e lo sarà in futuro,il corretto svolgimento dei lavori parlamentari, in sede di esercizio della funzione ad essa assegnata dall'articolo 8 del regolamento, nel puntuale rispetto delle norme regolamentari che disciplinano il procedimento legislativo". Il regolamento della Camera, ricorda ancora Fini, "disciplina in maniera compiuta le diverse fasi in cui si articola l'iter dei progetti di legge, sia presso le commissioni sia da parte dell'assemblea, rimettendo agli organi competenti in tema di organizzazione dei lavori la definizione dei tempi e delle modalità del relativo esame".

Stamattina il numero uno dei deputati ha incontrato, insieme ai tecnici di Montecitorio, la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno. Un'ora di colloquio con l'obiettivo di definire proprio il percorso e i tempi dell'esame del ddl intercettazioni. Provvedimento che torna alla Camera in terza lettura dopo il via libera del Senato, la scorsa settimana.

I dubbi dei finiani sul testo non sono comunque completamente superati. E i fedelissimi del presidente della Camera hanno aumentato il pressing nei confronti del guardasigilli Angelino Alfano affinché il ddl non sia blindato alla Camera. Alfano non ha chiuso la porta a ulteriori limature del provvedimento ma non vuole, come il resto della maggioranza, che il ddl sia stravolto durante il suo iter a Montecitorio. (Ce. Do.)

 

 

 

 

C'è l'accordo su Pomigliano, ma senza la Fiom. Il 22 giugno referendum tra i lavoratori

Cronologia articolo15 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 18:23.

È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto al testo presentato in precedenza dall'azienda. Il 16esimo punto prevede, infatti, l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi.

Fiom: testo irricevibile, mette i lavoratori in una condizione di ricatto. Duro, invece, il commento della Fiom-Cgil, che ha confermato il suo "no" all'intesa. "Il testo - ha commentato - il segretario nazionale responsabile del settore auto, Enzo Masini - è irricevibile e va oltre i problemi dello stabilimento. Pone problemi di contrasto alla Carta costituzionale. Noi chiediamo con chiarezza che i lavoratori di Pomigliano non siano messi in condizioni di ricatto tra la chiusura e il licenziamento e la lesione dei propri diritti". Secondo Masini "il referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura e tocca, inoltre, molti aspetti di legge; non è vincolante ed è anomalo". Quanto alle modifiche chieste sulla disciplina dei licenziamenti, ha spiegato, "il nuovo testo dice che i lavoratori possono essere licenziati, la minaccia non è cambiata, c'è tutta. Non cambia nulla salvo la costituzione della commissione paritetica. Noi - ha concluso - non abbiamo nessun imbarazzo nel confermare la decisione del nostro comitato".

"È ora di dire basta alle bugie. Dietro il paravento del rischio di deroga alla Costituzione, di per sè inaccettabile, la Fiom prova a mascherare l'insipienza e l'incapacità di un sindacato di categoria mosso solo da interessi politici, incapace di confrontarsi con l'obiettivo di raggiungere un punto d'incontro e di tenere qui occupazione e lavoro". Così, in una nota, Lina Lucci, segretario Cisl Campania. "Il riconoscimento della malattia è legge dello Stato. I primi tre giorni di ricorso alla malattia non sono retribuiti dallo Stato, ma a carico delle imprese - spiega - Nell'accordo Fiat viene stabilito che in presenza di talune situazioni una Commissione bilaterale, azienda e sindacato, valuta di volta in volta se il ricorso a questo strumento viene pagato del tutto, pagato in parte o non pagato, visti i pregressi tassi elevatissimi di assenteismo. Ma sia chiaro la valutazione è affidata ad una Commissione bilaterale".

 

 

 

 

2010-06-10

Arriva il tetto da 311mila euro per i manager pubblici

di Claudio TucciCronologia articolo10 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 14:23.

Arriva il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Dopo 2 anni e mezzo di attesa il Consiglio dei ministri ha acceso il semaforo verde al regolamento che fissa il compenso lordo annuo dei manager e dirigenti della pubblica amministrazione a 311mila euro, che é la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione. Il Cdm ha anche dato il via libera al permesso di soggiorno a punti per gli immigrati, nel giorno in cui la Consulta ha bocciato l'aggravante di clandestinità.

Via libera anche a una sforbiciata alle retribuzioni più alte in Rai, come proposto dal ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli. La norma, come nel caso dell'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nella Pubblica amministrazione, sarà inserita sotto forma di emendamento alla manovra, attualmente in discussione in Parlamento.

Tornando invece al tetto ai manager pubblici, che attua una norma della Finanziaria Prodi 2008, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha spiegato come le nuove regole non si applichino a Bankitalia e autorità indipendenti e che, nella determinazione dell'asticella retributiva non dovrà essere computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato.

Le nuove norme dovranno invece essere applicate dalle amministrazioni dello Stato, agenzie, enti pubblici economici e non, enti di ricerca, università. E, pure, (e la disposizione farà certamente discutere) dalle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate. La soglia retributiva non potrà essere superata in alcun caso, compresi il contratto d'opera di natura continuativa, di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione a progetto.

Sono invece escluse dal tetto retributivo, le attività soggette a tariffa professionale anche non continuativa, i contratti d'opera di natura non continuativa, i compensi degli amministratori delle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate per i compensi determinati ai sensi dell'articolo 2389, comma 3, del Codice civile (compensi dei componenti dei consigli di amministrazione ai quali sono conferite deleghe).

 

 

 

 

 

I compensi Rai saranno nei titoli di coda dei programmi

Cronologia articolo9 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 18:22.

Massima trasparenza sui compensi di conduttori e giornalisti che lavorano per il servizio pubblico. La commissione di Vigilanza della Rai ha infatti approvato all'unanimità un emendamento che prevede la pubblicazione nei titoli di coda dei programmi degli emolumenti di conduttori e cronisti, dagli approfondimenti ai telegiornali, ai programmi di intrattenimento. Inclusi i compensi di ospiti e opinionisti. L'emendamento, che è stato presentato dal capogruppo del Pdl, Alessio Butti, è contenuto nel parere, obbligatorio ma non vincolante, che la commissione dovrà esprimere sul nuovo contratto di servizio.

Sono stati invece respinti tutti gli emendamenti dell'opposizione sulla norma relativa alla neutralità tecnologica della Rai. L'articolo 20 del contratto prevede che la programmazione Rai sia presente su tutte le piattaforme tecnologiche e che l'azienda si impegni a mettere a disposizione una piattaforma distributiva per ogni piattaforma tecnologica. In questo modo, sottolinea l'opposizione, la Rai non è tenuta a scegliere la piattaforma Sky e può restare solo su Tv Sat, a vantaggio di Mediaset.

La pubblicazione dei compensi è stata salutata positivamente dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta. "Con il voto di oggi - spiega l'esponente del Pdl - si sono garantite le premesse per quella grande operazione trasparenza sulla Rai che avevo più volte sollecitato e che sono felice abbia trovato un unanime riscontro sia nel consiglio d'amministrazione dell'azienda sia all'interno del Parlamento". Soddisfatta anche l'opposizione. "È un atto di grande trasparenza e di coerenza nei confronti dei cittadini che pagano regolarmente il canone", sottolinea il vicepresidente della commissione di Vigilanza, Giorgio Merlo (Pd). "Bene la Vigilanza - dice il radicale Marco Beltrandi, membro della commissione -. Devo però segnalare che maggioranza e opposizione, votando contro il mio emendamento, hanno rifiutato la possibilità di rendere disponbile su Internet l'elenco delle società che hanno appalti in Rai, dato che ritengo fondamentale per una vera trasparenza".

In serata la commissione di Vigilanza ha approvato, all'unanimità, il parere - obbligatorio ma non vincolante - sul contratto di servizio per la Rai. Ora il testo passa di nuovo a governo e azienda che potranno tenere conto delle condizioni indicate dalla commissione. Tra le novità più importanti quelle contenute negli emendamenti approvati in queste settimane, ad esempio proprio quello sulla pubblicazione dei compensi di conduttori e giornalisti nei titoli di coda dei programmi di servizio pubblico. (Ce.Do.)

 

 

 

 

Berlusconi: Costituzione datata, di impresa si parla una sola volta

di Celestina Dominelli Cronologia articolo9 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 13:08.

Saluta affettuosamente la numero uno di Confindustria, Emma Marcegaglia, malgrado il no dell'imprenditrice alla richiesta di diventare il nuovo ministro dello Sviluppo economico. Invito lanciato questa volta all'indirizzo del presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, che lo rispedisce però al mittente. Si presenta così il premier Silvio Berlusconi all'assemblea degli artigiani all'auditorium di Roma e dal palco lancia subito una nuova bordata. "L'attività di governo, vista da dentro è un inferno - dice il Cavaliere -. Non manca la buona volontà, ma l'architettura istituzionale la rende difficilissima e i tempi sono incredibili".

Il premier se la prende poi con la Costituzione che "è molto datata". Il perché è presto detto. "Si parla molto di lavoro - sostiene Berlusconi - e quasi mai di impresa, che è citata solo nell'articolo 41. Non è mai citata la parola mercato". "Pensiamo a una legge ordinaria - continua - ma serve anche riscrivere l'articolo 41 della Costituzione". Berlusconi si è poi chiesto "fino a quando un'impresa può continuare ad agire in una cornice di regole che risente di una Costituzione che sconta quella che a suo dire è una "matrice cattocomunista"". Dichiarazioni che hanno scatenato una forte reazione da parte dell'opposizione che invita il premier ad andare a casa.

Agli artigiani il Cavaliere promette poi un taglio delle tasse. "Il nostro scopo - assicura - è di arrivare a diminuire la pressione fiscale, arrivando a un unico codice di norme fiscali entro la legislatura". In Italia, prosegue, "non c'è solo un'oppressione giudiziaria e fiscale, ma anche burocratica". Secondo il premier la "diffidenza" dei confronti degli imprenditori "viene da una cultura, quella comunista", che ha sempre considerato l'imprenditore "come un truffatore e un evasore".

Quindi torna sui sondaggi e sul presunto calo di gradimento . "Il governo merita di essere sopra il 50% di apprezzamento e il premier sopra il 60%". Con la crisi, chiarisce ancora Berlusconi, "è una cosa miracolosa che non si trova in tv e sui giornali, ma è nella mente e nel cuore dei cittadini".Poi loda la relazione di Guerrini, che ha chiesto un'accelerazione sulle riforme strutturali. "Non c'è un punto prosegue che non mi trovi d'accordo. Una relazione completa, concreta, propositiva e piena di entusiasmo". Ma l'assemblea gli offre anche l'occasione di tornare sull'attualità delle inchieste e sul fronte caldissimo dei grandi appalti. "Abbiamo risposto bene dopo il terremoto. Mi spiace si getti fango sulla Protezione civile. Io non ho partecipato ad alcun appalto ma ho visto lavorare e in 390 appalti non c'è stata alcuna cricca, niente di meno che positivo".

 

 

 

 

Berlusconi a tutto campo: "In Italia governo dei pm. Protezione civile mai più all'Aquila"

di Barbara FiammeriCronologia articolo9 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 08:24.

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ROMA - Silvio Berlusconi torna ad attaccare pesantemente i magistrati. A partire da quelli che stanno indagando all'Aquila sul presunto mancato allarme-terremoto: "La protezione civile non andrà più in Abruzzo finché esisterà l'accusa di omicidio colposo" perché qualche "mente fragile potrebbe sparare un colpo in testa" agli uomini di Bertolaso. E ancora: "La sovranità non è più in mano al popolo ma ad una corrente della magistratura e ai suoi pm che attraverso la corte costituzionale si fa abrogare le leggi che non gli piacciono". Il presidente del Consiglio "non ha poteri", "mi fa ridere quando dicono che sono un despota", fare una legge "è un calvario quotidiano" e là dove "pensavi a un cavallo esce fuori un dromedario".

Berlusconi pronuncia la sua arringa all'assemblea di Federalberghi. Da poco ha lasciato Palazzo Grazioli dove si è svolto l'ufficio di presidenza del Pdl. Il tempo trascorso è così breve che il premier, appena arriva all'auditorium di Renzo Piano, riparte esattamente da dove aveva appena terminato: le intercettazioni.

Agli imprenditori spiega che il progetto per limitare gli ascolti è stato ostacolata "dalle lobby dei magistrati e dei giornalisti" che hanno "impedito" – sostiene – di "elaborare un testo che difende al 100% il diritto fondamentale, che una democrazia deve garantire, cioè il diritto alla privacy". Proprio per questo – ci tiene a spiegare il premier agli albergatori – ha deciso di astenersi, di non dare la sua approvazione al compromesso raggiunto: "Me ne spiaccio ma il programma del Pdl è vincolante e questa legge non adempie a tutte le promesse".

Parole che aveva già pronunciato davanti al suo partito, ma che vengono rilanciate in un contesto pubblico. Lo stesso attacco ai pm abruzzesi che stanno indagando sulle responsabilità per il cosiddetto mancato-allarme e che hanno portato all'accusa di omicidio colposo sette membri della commissione grandi rischi che si riunirono all'Aquila sei giorni prima della scossa. Così come il refrain sul rischio di cadere nel girone infernale dei processi: "Dopo un primo giudizio in cui risulti innocente, e già ti sei rovinato la vita, avresti il diritto di non finire di nuovo nel girone infernale dei processi per quel fatto invece capita che i pm ti ci riportino perchè con questo mestiere ci guadagnano". Berlusconi va all'attacco. Il premier riconquista la scena che Gianfranco Fini rischiava di offuscare. L'accordo sulle intercettazioni, quel venire incontro alle richieste della minoranza che fa riferimento al presidente della Camera, dal Cavaliere è stato digerito obtorto collo. E ha voluto rimarcarlo astenendosi e sottolineando che d'ora in poi il testo è blindato, che alla Camera non ci saranno possibilità di modifiche. I finiani non replicano. Incassano la prima vera legittimazione del loro essere minoranza.

"Si è instaurato un metodo, si è finalmente capito che posizioni in origine diverse possono confrontarsi e poi convergere", dice Adolfo Urso, finiano e viceministro dello Sviluppo. Gli occhi ora sono tutti puntati sulla manovra. Silvio Berlusconi nell'ufficio di presidenza del partito ha ribadito tra gli applausi che "il provvedimento è aperto a modifiche" anche se i saldi non si toccano. Un'apertura rivolta esplicitamente anche all'opposizione ma che punta soprattutto a smussare i malumori dentro al Pdl. Del resto quando Berlusconi dice agli albergatori che la tassa di soggiorno a Roma è stata fatta "alle mie spalle" da un'indicazione. Il premier si smarca, su un balzello impopolare ed altri potrebbero seguirlo. Non a caso, anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ci tiene a sottolineare che pure lui quella tassa non la vuole, rilanciando il cerino nelle mani del governo. Come dire: se non rivedrete i tagli sulla capitale la responsabilità del balzello non sarà del Comune ma del governo.

L'opposizione si prepara. Prima della manovra ci sono le intercettazioni. Gli attacchi di Berlusconi ai giudici abruzzesi sono stati stigmatizzati dal segretario del Pd Pierluigi Bersani che ha definito "vergognose" le parole del premier e finalizzate solo "a spostare l'attenzione perchè lì è ancora un disastro, 30mila terremotati sono ancora negli alberghi".

 

 

 

 

Dipendenti pubbliche in pensione a 65 anni dal 2012

di Claudio TucciCronologia articolo10 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 12:18.

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Via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. Dopo una sentenza di condanna nei confronti dell'Italia e vari solleciti arrivati da Bruxelles, il Consiglio dei ministri ha approvato l'accelerazione della crescita dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, adeguandosi così ai richiami dell'Europa.

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha annunciato che l'innalzamento avverrà con uno "scalone unico" a partire dal 2012, senza "fasi intermedie", ma ha assicurato che l'emendamento che sarà inserito nella manovra terrà conto "del diritto delle donne maturato fino al 31 dicembre 2011".

Al livello finale dei 65 anni si arriverà, quindi, a partire dal 2012 e non più dal 2018, come attualmente previsto. Questo significa, pertanto, che dal prossimo 1° gennaio 2012 le dipendenti pubbliche andranno in pensione a 65 anni, esattamente come i colleghi uomini.

La disposizione sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e i risparmi di spesa così prodotti, stimati, nella fase transitoria 2012-2019 in 1,4 miliardi, confluiranno, fra l'altro, in un apposito Fondo vincolato per iniziative e "azioni positive a favore della famiglia e delle donne", così come richiesto dal ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna.

Sacconi ha poi stimanto la platea delle interessate al provvedimento in circa 25mila unità da qui al 2019 e ricordato che, attualmente, "l'età di pensionamento media di fatto é di 62,36 anni nel pubblico impiego tra le donne che restano, dunque, oltre i 60 anni". Il ministro ha poi specificato che sarebbe stato impossibile, per raggiungere l'equiparazione tra uomini e donne abbassare l'età degli uomini perché non lo avrebbero consentito "i mercati".

Dal canto suo, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta ha confermato che l'emendamento non servirà a far cassa e che, anzi, tutti i risparmi in arrivo con questo provvedimento saranno collocati per le funzioni sociali: e precisamente, "asili nido, politiche di conciliazione e non autosufficienza".

 

 

 

 

2010-06-06

Brunetta: la parificazione delle pensioni a 65 anni al prossimo Cdm

Cronologia articolo6 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 15:28.

Dopo il richiamo da parte dell'Europa, il governo si prepara a risolvere la "spinosa" quesione della parificazione a 65 anni dell'età pensionabile nel pubblico impiego tra uomini e donne: l'esecutivo prenderà una decisione già nel prossimo vertice a palazzo Chigi. Lo ha detto oggi il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, in un'intervista radiofonica. "Prenderemo - ha spiegato - una decisione velocemente. Il collega Sacconi vedrà domani la Commissione Ue e prenderemo una decisione probabilmente già nel prossimo Consiglio dei ministri".

Il governo aveva già previsto l'equiparazione uomini-donne nella pubblica amministrazione nel 2018 ma "l'Europa - ha ricordato Brunetta - dice che il lasso di tempo è troppo lungo. Si cercherà - ha aggiunto il ministro - di trovare una mediazione. Si troverà una soluzione e si troverà una soluzione equilibrata con un interessante via di mezzo, non il 2018 ma non il 2012. L'Europa su questo si è in parte accanita".

Brunetta infine ha ricordato che quando il governo ha preso questa decisione è stato "coperto di insulti dai benpensanti italiani, dai sindacati e dalla sinistra salottiera e radical chic".

 

 

 

Calderoli a 360° sul calcio

Cronologia articolo06 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 16:46.

"È giusto che anche il mondo del calcio partecipi ai sacrifici degli italiani di fronte alla crisi". È la proposta che Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa e coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, nel corso di una conversazione con l'Ansa, rivolge alla Figc e alle società di calcio. "In vista dei Mondiali faccio appello alla Figc affinchè gli eventuali premi che spetteranno ai calciatori vengano ridimensionati rispetto alla crisi - spiega Calderoli - Anzi sarebbe un bel gesto se calciatori e Federcalcio ne devolvessero parte a titolo onorifico".

Il ministro leghista invita anche le società calcistiche di serie A a ridurre gli ingaggi. Alla domanda se non tema un indebolimento delle squadre italiane nelle competizioni europee, Calderoli risponde: "Ho dei dubbi a ritenere l'Inter una squadra italiana. È una società che vince il titolo senza italiani, facendo giocare due minuti Materazzi. Non è italiano neppure l'allenatore. Come possiamo considerarla una società italiana?".

L'esponente leghista ha aggiunto che l'emendamento alla manovra per tagliare gli stipendi della Rai verrà portato giovedì in Consiglio dei Ministri. Il ministro non anticipa i contenuti del testo: "L'emendamento è già scritto, ma, prima di divulgarlo alla stampa, preferisco che sia discusso in Cdm".

UUn altro politico, Paolo Cento, presidente del Roma Club Montecitorio, punta invece l'indice contro il giocatore della nazionale Claudio Marchisio ."Se fosse vera questa cosa, Marchisio meriterebbe immediatamente l'allontanamento dalla Nazionale da parte della Figc": così il suo commento a Romacalcionews.it sul video pubblicato su Youtube con gli azzurri che cantano l'inno prima dell'amichevole con la Svizzera, in cui Marchisio tra la sorpresa di alcuni compagni vicini aggiunge "ladrona" al momento di cantare "che schiava di Roma". Manca il riscontro audio.

"Il ministro Maroni - ha aggiunto Cento - era intervenuto molto duramente su una libera interpretazione di Daniele De Rossi, per altro opinione condivisa da molti del mondo calcistico sulla tessera del tifoso, e spero che intervenga duramente anche in questo episodio. L'inno nazionale è il nostro simbolo e sarebbe, qualora fosse vero, assai grave una cosa del genere. Mi auguro che ci sia un intervento tempestivo delle autorità calcistiche e che il Ministro Maroni lo stigmatizzi in maniera dura".

 

 

 

"Lotta all'evasione ok, no sugli statali"

di Lina PalmeriniCronologia articolo6 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 14:46.

Tremonti annuncia una modifica della Costituzione per la libertà d'impresa, perché non lo prendete sul serio?

Perché è un modo per spostare l'attenzione dell'opinione pubblica. Il ministro ha inventato un finto bersaglio nella Costituzione per coprire l'assenza di riforme liberali nella manovra. Il suo è solo un cambio di scenografia creato ad arte – anche nella tempistica – rispetto a una manovra contraddittoria proprio dal punto di vista della libertà d'impresa.

 

Faccia un esempio.

Sulla compensazione d'imposta la manovra reintroduce un meccanismo secondo cui prima paghi e poi chiedi il rimborso. Uno svantaggio per il contribuente e l'impresa e un raddoppio secco di burocrazia. L'opposto della logica di autocertificazione. Solo questo dimostra che l'articolo 41 è un diversivo. Ma voglio prendere sul serio Tremonti e allora gli chiedo: perché scegliere la strada più lunga e complessa della modifica costituzionale? Perché non agire subito per via ordinaria? Per esempio applicando lo Small business act o approvando il ddl bipartisan Vignali sullo Statuto d'impresa. È il populismo di questo governo che scarica sulla Costituzione le colpe per riforme impopolari che non vuol fare.

E qual è il vostro "bersaglio" da offrire alle imprese?

Ho alcune idee per mettere mano ad alcune questioni-chiave. La prima l'ho già detta, riguarda una marcia indietro sulla compensazione d'imposta. La seconda sono i tempi di pagamento infiniti. Il mantra negativo che ha accompagnato l'economia reale in questa crisi è stato "Io non ti pago": e andava dalle amministrazioni alle imprese, dalla grande azienda alle piccole, dai fornitori ai subfornitori. Va spezzato. Come va spezzata l'inefficienza della giustizia civile, un tema che interessa tutti i cittadini al quale il governo antepone la propria lotta privata alle "toghe rosse". Terza questione: lo sportello unico. Il vero calvario è tirar su lo stabilimento e il sito produttivo e qui si deve procedere con l'autocertificazione. Infine, le liberalizzazioni perché mentre Tremonti parla di articolo 41, nei fatti, va in senso opposto sia sulle tariffe minime che sull'in house nei servizi pubblici locali. Emma Marcegaglia è stata chiarissima su questo punto.

Sulla manovra si è vista una differenza tra la sua posizione più dialogante e la linea dura di Bersani.

Non c'è alcuna divisione. Il tema di fondo è che noi riteniamo la manovra necessaria per l'Italia e per dare un segnale rassicurante ai mercati. Lo dico dopo un ennesimo venerdì nero, dopo il primo campanello d'allarme sull'asta dei titoli di Stato e dopo che il Wall street journal ci ha indicati come prossimo bersaglio. Dunque, i sacrifici vanno fatti e il nostro senso di responsabilità non è in discussione. Ma non possiamo far finta di niente mentre il governo passa dal sogno di ieri all'incubo della crisi di oggi. E disegna una manovra tutta su tagli lineari.

Gli stessi del governo Prodi e ora criticate Tremonti?

Abbiamo capito sulla nostra pelle che invece va presa la mira. L'amministrazione è il cuore di tutto invece il governo va avanti con toppe disperate come il blocco degli stipendi nel pubblico impiego e poi tutto come prima.

Ma i dipendenti pubblici hanno avuto gli aumenti più alti: vi schiacciate in una difesa corporativa?

Noi sfideremo la maggioranza sull'applicazione della riforma Brunetta-Ichino sulla meritocrazia. Non mi pare un ragionamento corporativo. Inchioderemo questo governo a una delle sue bandiere: la lotta ai fannulloni. Bene, questa manovra smentisce gli annunci e punisce allo stesso modo virtuosi e fannulloni. E replica la stessa logica sugli enti locali: 14 miliardi di tagli che mettono sullo stesso piano i comuni virtuosi con quelli della bancarotta, Piacenza come Catania. L'egualitarismo è stato l'altro finto nemico di questo governo.

Cosa c'è di positivo nella manovra? Prodi l'ha chiamata Visc-onti, una crasi tra Visco e Tremonti. Ha ragione?

Prodi non ha torto. Nel capitolo sulla lotta all'evasione ritroviamo le nostre idee ma il salto logico di Tremonti e Berlusconi lascia increduli. Ora cifrano in 10 miliardi nel biennio le risorse recuperabili dall'evasione: questa è l'ammissione implicita di aver bruciato 10 miliardi togliendo la tracciabilità due anni fa.

Voi avreste reintrodotto l'Ici?

Non sulla fascia debole che era stata già esclusa dal governo Prodi. Sì, invece, sulla parte dei cittadini più abbienti. Ma non siamo il partito delle tasse. La nostra contro-manovra fiscale si fonda su quella che ho chiamato parabola dei talenti: premi a chi fa circolare talenti, non a chi li soffoca. Quindi, vantaggi fiscali per chi lavora e produce alzando la tassazione sulla rendita speculativa.

Il premier ora sembra parlare di dialogo. Ci sarà?

Non avremo chiusure pregiudiziali ma sia chiaro che ci batteremo contro le tentazioni di condono edilizio presenti nella manovra e già ventilate da senatori del Pdl.

Perché siete timidi sui costi della politica e sulla stretta a manager e banchieri sulle stock option?

Il governo ha partorito una formica. Il Pd rilancerà proponendo il superamento del sistema della province partendo dal taglio di quelle nelle aree metropolitane. E chiederemo l'allineamento dei costi della politica a quelli europei partendo dalla trasparenza e intervenendo sulle spese per gli assistenti parlamentari che valgono diversi milioni. Sulle stock option, di nuovo, Tremonti ha creato solo slogan. La nostra proposta è che i bonus siano legati a risultati di lungo periodo contro la logica della trimestralizzazione, una delle cause della crisi.

Alfano parla di sciopero "politico" dei magistrati, Bonanni di sciopero "politico" della Cgil, che farà il Pd?

Lo sciopero dei magistrati mi lascia perplesso, anche se non lo definirei politico. Sulla Cgil, è Tremonti che ha cercato la protesta scegliendo una trattativa separata.

 

Puntate sulla Lega per far esplodere le divisioni nel Pdl?

La Lega è un vulcano sotto la cenere. La partita è aperta soprattutto sul federalismo fiscale. La sensazione è che slitti ma sarebbe un fatto negativo, noi vogliamo la riforma. E sfideremo il Carroccio: sono curioso di sapere cosa dirà Maroni, venerdì, all'iniziativa "Nord-Camp".

 

 

 

Berlusconi: modifiche alla manovra senza cambiare il saldo

Cronologia articolo5 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2010 alle ore 20:16.

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Chi ha commesso un abuso edilizio "per necessità", cioè, ad esempio, per ricavare una stanza in più per i figli, potrebbe poter presto sanare la sua posizione. È infatti allo studio di alcuni senatori del Pdl una modifica della manovra che introdurrebbe non un condono per chi specula, ma per chi ha costruito fuori legge appunto "per necessità". Ma la norma suscita subito un vespaio di polemiche e viene accolta in modo tiepido anche da altri senatori di maggioranza.

 

A pochi giorni dall'avvio dell'esame della manovra a Palazzo Madama (mercoledì prossimo 9 giugno prendono il via le audizioni con i sindacati) si infittiscono le ipotesi di modifica sia, chiaramente, quelle dell'opposizione, sia quelle della stessa maggioranza. E sono molti anche i rappresentanti del Governo, a partire dal premier, Silvio Berlusconi, a confermare che lo spazio per le modifiche c'è a patto che i saldi non cambino. In questo caso però 'cambiare' non vuol dire non poter migliorare i saldi (ipotesi auspicata da qualunque esecutivo) ma solo non poterli peggiorare perchè già 'fissati' in sede europea. Quindi lo spazio per un condono sui mini-abusi potrebbe esserci anche se il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, su questo è già stato perentorio e, rispondendo a Pierluigi Bersani durante 'Annozero', ha detto: "non ci sarà nessun condono".

La norma allo studio - si fa notare da ambienti parlamentari - sarebbe anche molto vicina al Piano Casa voluto dal premier e realizzato solo in parte per l'opposizione di molte Regioni.

Tra le modifiche che già si annunciano ci sono intanto importanti partite a cominciare dall'unificazione a 65 anni dell'età pensionabile per uomini e donne della pubblica amministrazione. Attualmente si prevede che l'unificazione avvenga più gradualmente. Ma proprio su questo c'è stato di recente un forte richiamo dell'Unione europea e dunque ci potrebbe essere un'accelerazione. Altro fronte ancora aperto è quello dei tagli alla Difesa e alla Sicurezza. Proprio oggi il premier ha rassicurato i vertici delle forze dell'ordine sul fatto che le misure contenute nella manovra non penalizzeranno il comparto. E Maurizio Gasparri annuncia che mercoledì il Pdl avrà al Senato un primo incontro con i Cocer e i sindacati delle Forze armate e delle Forze dell'ordine.

Per quanto riguarda la Sanità una rassicurazione arriva dal ministro della Salute Ferruccio Fazio: nessun taglio per le cure dei tumori. E sempre sul fronte sanità potrebbe arrivare un emendamento per rendere meno dolorosa la manovra per le farmacie più piccole.

La protesta intanto prosegue e oggi ha portato in piazza, anzi a via XX Settembre (sede del Tesoro) e a Milano i sindacati di base e, sempre a Roma, gli insegnanti della Gilda. I magistrati difendono la loro decisione di scioperare compatti il primo luglio e i rappresentanti dei medici spiegano che i tagli faranno sparire un medico su quattro in 3-4 anni.

Insomma gli animi sono caldi, i fronti aperti ancora molti e il passaggio parlamentare appare meno 'sicuro' e 'blindato' degli anni passati. Lo dimostrano anche i senatori del Pd (Roberto Della Seta e Francesco Ferrante), che si apprestano a discutere dell'eventuale condono con questa premessa: "Bisogna fermarli, sarebbe il via libera definitivo al saccheggio". Di "atto criminale" parla il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli mentre per Leoluca Orlando il condono è la "macelleria sociale di Berlusconi". Davide Zoggia del Pd sottolinea come Tremonti sia "smentito dagli stessi senatori del suo gruppo". E secondo il segretario del Prc-Se Paolo Ferrero "il governo vuol cancellare ogni distinguo tra economia legale ed economia criminale". Infine Legambiente, che riferendosi al termine 'mini-abusi', sottolinea che si tratta di escamotage dialettici, "ma sempre di cemento abusivo si parla".

 

 

 

 

 

 

"Lotta all'evasione ok, no sugli statali"

di Lina PalmeriniCronologia articolo6 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 14:46.

Tremonti annuncia una modifica della Costituzione per la libertà d'impresa, perché non lo prendete sul serio?

Perché è un modo per spostare l'attenzione dell'opinione pubblica. Il ministro ha inventato un finto bersaglio nella Costituzione per coprire l'assenza di riforme liberali nella manovra. Il suo è solo un cambio di scenografia creato ad arte – anche nella tempistica – rispetto a una manovra contraddittoria proprio dal punto di vista della libertà d'impresa.

 

Faccia un esempio.

Sulla compensazione d'imposta la manovra reintroduce un meccanismo secondo cui prima paghi e poi chiedi il rimborso. Uno svantaggio per il contribuente e l'impresa e un raddoppio secco di burocrazia. L'opposto della logica di autocertificazione. Solo questo dimostra che l'articolo 41 è un diversivo. Ma voglio prendere sul serio Tremonti e allora gli chiedo: perché scegliere la strada più lunga e complessa della modifica costituzionale? Perché non agire subito per via ordinaria? Per esempio applicando lo Small business act o approvando il ddl bipartisan Vignali sullo Statuto d'impresa. È il populismo di questo governo che scarica sulla Costituzione le colpe per riforme impopolari che non vuol fare.

E qual è il vostro "bersaglio" da offrire alle imprese?

Ho alcune idee per mettere mano ad alcune questioni-chiave. La prima l'ho già detta, riguarda una marcia indietro sulla compensazione d'imposta. La seconda sono i tempi di pagamento infiniti. Il mantra negativo che ha accompagnato l'economia reale in questa crisi è stato "Io non ti pago": e andava dalle amministrazioni alle imprese, dalla grande azienda alle piccole, dai fornitori ai subfornitori. Va spezzato. Come va spezzata l'inefficienza della giustizia civile, un tema che interessa tutti i cittadini al quale il governo antepone la propria lotta privata alle "toghe rosse". Terza questione: lo sportello unico. Il vero calvario è tirar su lo stabilimento e il sito produttivo e qui si deve procedere con l'autocertificazione. Infine, le liberalizzazioni perché mentre Tremonti parla di articolo 41, nei fatti, va in senso opposto sia sulle tariffe minime che sull'in house nei servizi pubblici locali. Emma Marcegaglia è stata chiarissima su questo punto.

Sulla manovra si è vista una differenza tra la sua posizione più dialogante e la linea dura di Bersani.

Non c'è alcuna divisione. Il tema di fondo è che noi riteniamo la manovra necessaria per l'Italia e per dare un segnale rassicurante ai mercati. Lo dico dopo un ennesimo venerdì nero, dopo il primo campanello d'allarme sull'asta dei titoli di Stato e dopo che il Wall street journal ci ha indicati come prossimo bersaglio. Dunque, i sacrifici vanno fatti e il nostro senso di responsabilità non è in discussione. Ma non possiamo far finta di niente mentre il governo passa dal sogno di ieri all'incubo della crisi di oggi. E disegna una manovra tutta su tagli lineari.

Gli stessi del governo Prodi e ora criticate Tremonti?

Abbiamo capito sulla nostra pelle che invece va presa la mira. L'amministrazione è il cuore di tutto invece il governo va avanti con toppe disperate come il blocco degli stipendi nel pubblico impiego e poi tutto come prima.

Ma i dipendenti pubblici hanno avuto gli aumenti più alti: vi schiacciate in una difesa corporativa?

Noi sfideremo la maggioranza sull'applicazione della riforma Brunetta-Ichino sulla meritocrazia. Non mi pare un ragionamento corporativo. Inchioderemo questo governo a una delle sue bandiere: la lotta ai fannulloni. Bene, questa manovra smentisce gli annunci e punisce allo stesso modo virtuosi e fannulloni. E replica la stessa logica sugli enti locali: 14 miliardi di tagli che mettono sullo stesso piano i comuni virtuosi con quelli della bancarotta, Piacenza come Catania. L'egualitarismo è stato l'altro finto nemico di questo governo.

Cosa c'è di positivo nella manovra? Prodi l'ha chiamata Visc-onti, una crasi tra Visco e Tremonti. Ha ragione?

Prodi non ha torto. Nel capitolo sulla lotta all'evasione ritroviamo le nostre idee ma il salto logico di Tremonti e Berlusconi lascia increduli. Ora cifrano in 10 miliardi nel biennio le risorse recuperabili dall'evasione: questa è l'ammissione implicita di aver bruciato 10 miliardi togliendo la tracciabilità due anni fa.

Voi avreste reintrodotto l'Ici?

Non sulla fascia debole che era stata già esclusa dal governo Prodi. Sì, invece, sulla parte dei cittadini più abbienti. Ma non siamo il partito delle tasse. La nostra contro-manovra fiscale si fonda su quella che ho chiamato parabola dei talenti: premi a chi fa circolare talenti, non a chi li soffoca. Quindi, vantaggi fiscali per chi lavora e produce alzando la tassazione sulla rendita speculativa.

Il premier ora sembra parlare di dialogo. Ci sarà?

Non avremo chiusure pregiudiziali ma sia chiaro che ci batteremo contro le tentazioni di condono edilizio presenti nella manovra e già ventilate da senatori del Pdl.

Perché siete timidi sui costi della politica e sulla stretta a manager e banchieri sulle stock option?

Il governo ha partorito una formica. Il Pd rilancerà proponendo il superamento del sistema della province partendo dal taglio di quelle nelle aree metropolitane. E chiederemo l'allineamento dei costi della politica a quelli europei partendo dalla trasparenza e intervenendo sulle spese per gli assistenti parlamentari che valgono diversi milioni. Sulle stock option, di nuovo, Tremonti ha creato solo slogan. La nostra proposta è che i bonus siano legati a risultati di lungo periodo contro la logica della trimestralizzazione, una delle cause della crisi.

Alfano parla di sciopero "politico" dei magistrati, Bonanni di sciopero "politico" della Cgil, che farà il Pd?

Lo sciopero dei magistrati mi lascia perplesso, anche se non lo definirei politico. Sulla Cgil, è Tremonti che ha cercato la protesta scegliendo una trattativa separata.

 

Puntate sulla Lega per far esplodere le divisioni nel Pdl?

La Lega è un vulcano sotto la cenere. La partita è aperta soprattutto sul federalismo fiscale. La sensazione è che slitti ma sarebbe un fatto negativo, noi vogliamo la riforma. E sfideremo il Carroccio: sono curioso di sapere cosa dirà Maroni, venerdì, all'iniziativa "Nord-Camp".

 

 

 

 

 

2010-06-04

Compensi zero anche per i cda delle società

di Gianni TrovatiCronologia articolo04 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:01.

L'austerità imposta dalla manovra è un'onda di piena, che supera anche gli argini della pubblica amministrazione.

A spingerla ai vertici di enti e società anche private è soprattutto la norma sul "compenso zero" negli organi collegiali, che rende "onorifiche" (cioè senza stipendio, con la possibilità residuale di un gettone da 30 euro) le cariche nei consigli di amministrazione, collegi sindacali, organi di revisione negli "enti" che a vario titolo ricevono contributi "a carico delle finanze pubbliche" (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri).

 

Fra gli enti nel mirino – come confermato ieri dal ministero dell'Economia – ci sono anche le società, private o pubbliche che siano: il discrimine non è il modello adottato (societario, associativo o altro), ma il fatto di pesare in modo più o meno marcato sui conti pubblici.

I nomi degli interessati dalla stretta, entrata in vigore il 31 maggio, potrebbero essere migliaia: dalle ferrovie alla Rai (titolare della convenzione per il servizio pubblico), fino alle società aiutate dalle finanziarie regionali, sono molti gli organi collegiali a rischio-stipendi. Difficile, per ora, stabilire con precisione chi è colpito e chi si salva; si è però facili profeti se si prevede che l'ampiezza del raggio d'azione della nuova regola alimenterà il dibattito parlamentare, le polemiche dei diretti interessati e un'intensa attività interpretativa. Senza dubbio al sicuro sono solo ministeri, agenzie, previdenza e assistenza nazionale, sanità, università e camere di commercio.

Nella rete dell'azzera-stipendi sembrano destinate a finire anche molte società pubbliche: quelle che grazie ai loro dividendi sono impegnate a dare più che a ricevere contributi ai conti pubblici possono considerarsi in salvo, ma per molte delle altre è il momento della stretta. La manovra, per esempio, fissa il divieto generale per le pubbliche amministrazioni di ripianare i conti delle partecipate ma apre ad alcune deroghe, per esempio quando il capitale sociale scende sotto i livelli di guardia (fissati dall'articolo 2447 del Codice civile). Gli amministratori che navigano in cattive acque potranno chiedere aiuto ai soci pubblici, ma potrebbero poi doversi rassegnare a sedere gratis in consiglio. Un assegno più o meno corposo da parte di un ente pubblico cancella i compensi nelle fondazioni e nelle associazioni, fra cui ci sono molte delle realtà culturali tagliate dall'elenco poi espunto dal decreto in accordo con il Quirinale. Molte di queste realtà, insomma, hanno scampato per un pelo lo stop ai fondi pubblici, ma se vorranno continuare a riceverli dovranno rinunciare ai compensi per gli organi di vertice.

Gli sguardi preoccupati sulle norme taglia-compensi dominano anche i piani alti dei ministeri. In questo caso l'ansia nasce due commi dopo rispetto all'azzera-stipendi, dove si legge che gli incarichi dei dipendenti pubblici negli enti vigilati, partecipati o finanziati dallo stato si intendono svolti "nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza", a cui vengono girati i compensi prima destinati all'incaricato. Questi soldi finiranno nei fondi per gli stipendi accessori, colpiti però dal congelamento delle buste paga previsto dal 2011.

La tagliola scatta anche sugli incarichi in corso, e colpisce i dirigenti ministeriali che siedono nei cda e nei collegi sindacali e di revisione degli enti non economici (dall'Istat all'Aci dall'Inps alle altre sigle della galassia pubblica) e di università, scuole, casse e ordini professionali. Negli uffici degli interessati si sente già parlare di dimissioni e di fuga, soprattutto per il fatto che la forbice azzera i compensi ma non le responsabilità, anche patrimoniali, di chi firma o verifica bilanci anche da centinaia di milioni di euro.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

 

 

Magistrati in sciopero contro la manovra. L'allarme dei farmacisti a rischio chiusura

Cronologia articolo3 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 17:49.

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Sciopero di tutti i magistrati contro gli effetti della manovra varata dal governo, che contiene misure "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell'Anm. Tempi e modalità dell'astensione dal lavoro delle toghe saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell'Anm proporranno tra due giorni al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza".

Il Comitato "ribadisce l'assoluta contrarietà alle misure eccessivamente penalizzanti per i magistrati contenute nel decreto legge che, invece, non incide su alcuna delle fonti di spreco delle risorse del settore più volte segnalate". "Partecipare consapevolmente allo sforzo di risanamento richiesto al Paese - si sottolinea nella nota - non significa accettare tagli iniqui alle retribuzioni e un'ulteriore destrutturazione del servizio giustizia".

Se la manovra economica 2011-2012 approvata dal Governo non sarà modificata nel corso dell'iter parlamentare del decreto, "le farmacie private a rischio di immediata chiusura sarebbero circa il 25%, dislocate in tutte le regioni".

In agitazione anche i farmacisti. Se la manovra economica 2011-2012 approvata dal governo non sarà modificata nel corso dell'iter parlamentare del decreto, "le farmacie private a rischio di immediata chiusura sarebbero circa il 25%, dislocate in tutte le regioni".

Con il risultato che "quasi 1 milione di cittadini, sui 4 milioni che ogni giorno si recano in una farmacia, verrebbero privati di un servizio di assistenza primario e fondamentale". È l'allarme lanciato giovedì mattina, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Federfarma Lazio, dai responsabili regionali della federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani (Federfarma), preoccupati che le "penalizzanti" misure contenute nella manovra costringeranno molte farmacie, soprattutto nei piccoli centri, ad abbassare definitivamente la saracinesca.

Con un serio danno per la "collettività" e con ricadute occupazionali: si stima infatti che potrebbero perdere il loro posto circa 18 mila lavoratori, in media uno per ogni farmacia privata. "Se la manovra fosse approvata dal Parlamento così come è uscita da Palazzo Chigi - sottolineato i responsabili regionali - i primi a risentirne sarebbero proprio i cittadini, in particolare gli over 65 - che avrebbero difficoltà non solo a reperire i farmaci, anche quelli più comuni come i cardiovascolari, gli antibiotici, gli analgesici, gli oncologici o quelli per diabetici, ma addirittura a trovare una farmacia aperta nelle vicinanze".

Per questo il presidente di Federfarma Lazio, Franco Caprino, chiede al Governo e al Parlamento che "questo sforzo doveroso sia ripartito in maniera equa tra tutti protagonisti della filiera" e che "non vada a incidere quasi esclusivamente sul bilancio delle già gravate farmacie".

 

 

Compensi zero anche per i cda delle società

di Gianni TrovatiCronologia articolo04 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:01.

L'austerità imposta dalla manovra è un'onda di piena, che supera anche gli argini della pubblica amministrazione.

A spingerla ai vertici di enti e società anche private è soprattutto la norma sul "compenso zero" negli organi collegiali, che rende "onorifiche" (cioè senza stipendio, con la possibilità residuale di un gettone da 30 euro) le cariche nei consigli di amministrazione, collegi sindacali, organi di revisione negli "enti" che a vario titolo ricevono contributi "a carico delle finanze pubbliche" (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri).

 

Fra gli enti nel mirino – come confermato ieri dal ministero dell'Economia – ci sono anche le società, private o pubbliche che siano: il discrimine non è il modello adottato (societario, associativo o altro), ma il fatto di pesare in modo più o meno marcato sui conti pubblici.

I nomi degli interessati dalla stretta, entrata in vigore il 31 maggio, potrebbero essere migliaia: dalle ferrovie alla Rai (titolare della convenzione per il servizio pubblico), fino alle società aiutate dalle finanziarie regionali, sono molti gli organi collegiali a rischio-stipendi. Difficile, per ora, stabilire con precisione chi è colpito e chi si salva; si è però facili profeti se si prevede che l'ampiezza del raggio d'azione della nuova regola alimenterà il dibattito parlamentare, le polemiche dei diretti interessati e un'intensa attività interpretativa. Senza dubbio al sicuro sono solo ministeri, agenzie, previdenza e assistenza nazionale, sanità, università e camere di commercio.

Nella rete dell'azzera-stipendi sembrano destinate a finire anche molte società pubbliche: quelle che grazie ai loro dividendi sono impegnate a dare più che a ricevere contributi ai conti pubblici possono considerarsi in salvo, ma per molte delle altre è il momento della stretta. La manovra, per esempio, fissa il divieto generale per le pubbliche amministrazioni di ripianare i conti delle partecipate ma apre ad alcune deroghe, per esempio quando il capitale sociale scende sotto i livelli di guardia (fissati dall'articolo 2447 del Codice civile). Gli amministratori che navigano in cattive acque potranno chiedere aiuto ai soci pubblici, ma potrebbero poi doversi rassegnare a sedere gratis in consiglio. Un assegno più o meno corposo da parte di un ente pubblico cancella i compensi nelle fondazioni e nelle associazioni, fra cui ci sono molte delle realtà culturali tagliate dall'elenco poi espunto dal decreto in accordo con il Quirinale. Molte di queste realtà, insomma, hanno scampato per un pelo lo stop ai fondi pubblici, ma se vorranno continuare a riceverli dovranno rinunciare ai compensi per gli organi di vertice.

Gli sguardi preoccupati sulle norme taglia-compensi dominano anche i piani alti dei ministeri. In questo caso l'ansia nasce due commi dopo rispetto all'azzera-stipendi, dove si legge che gli incarichi dei dipendenti pubblici negli enti vigilati, partecipati o finanziati dallo stato si intendono svolti "nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza", a cui vengono girati i compensi prima destinati all'incaricato. Questi soldi finiranno nei fondi per gli stipendi accessori, colpiti però dal congelamento delle buste paga previsto dal 2011.

La tagliola scatta anche sugli incarichi in corso, e colpisce i dirigenti ministeriali che siedono nei cda e nei collegi sindacali e di revisione degli enti non economici (dall'Istat all'Aci dall'Inps alle altre sigle della galassia pubblica) e di università, scuole, casse e ordini professionali. Negli uffici degli interessati si sente già parlare di dimissioni e di fuga, soprattutto per il fatto che la forbice azzera i compensi ma non le responsabilità, anche patrimoniali, di chi firma o verifica bilanci anche da centinaia di milioni di euro.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

Una disposizione che non convince

Cronologia articolo04 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:01.

La manovra, come confermato dal ministero dell'Economia, dunque, si applica anche alle spa. Nel mirino dovrebbe finire un numero enorme di organi collegiali non solo di società pubbliche, ma anche di concessionarie dello Stato o loro controllate. Dei contributi a carico delle finanze pubbliche, in un modo o nell'altro, beneficiano in parecchi. A partire da Trenitalia e Rfi, controllate dalle Ferrovie dello Stato. La società sinora non si è posta il problema, anche perchè l'interpretazione è tutt'altro che chiara: la policy aziendale, si fa notare, già prevede che i compensi per il ruolo in cda di dipendenti del gruppo siano versati alla holding. Il problema si pone, eventualmente, per i consiglieri esterni o per i componenti il collegio sindacale. In verità, se ci si attiene al dettato letterale della norma, neppure presidenti e ad sembrano poter percepire un compenso.

 

In linea teorica potrebbero ricadere nel comma "zero stipendi" anche consiglieri e amministratori di Poste spa (prendono i contributi per il servizio universale) o qualche controllata del gruppo Atlantia-Autostrade per l'Italia. "A mio avviso la norma come è scritta non lascia dubbi – spiega Tommaso Di Tanno, docente di diritto tributario ma anche presidente di molti collegi sindacali, tra cui Altantia –. Si applica solo agli enti. Se così non fosse, violerebbe il principio di corrispettività: l'assunzione di responsabilità non può essere gratuita. E allontanerebbe dall'incarico amministratori qualificati, per avvicinare persone che hanno altre finalità. E poi come si identificano i contributi? In fondo lo sono anche i Tremonti-bond presi dalle banche". (L.Ser.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-03

Magistrati in sciopero contro la manovra. L'allarme dei farmacisti a rischio chiusura

Cronologia articolo3 giugno 2010

o articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 17:49.

Sciopero di tutti i magistrati contro gli effetti della manovra varata dal governo, che contiene misure "ingiustamente punitive". Lo ha deciso la giunta dell'Anm. Tempi e modalità dell'astensione dal lavoro delle toghe saranno decisi sabato dal "parlamentino" del sindacato delle toghe. Il "pacchetto" che i vertici dell'Anm proporranno tra due giorni al comitato direttivo centrale prevede anche giornate di protesta e mobilitazione con "sospensione delle attività di supplenza".

Il Comitato "ribadisce l'assoluta contrarietà alle misure eccessivamente penalizzanti per i magistrati contenute nel decreto legge che, invece, non incide su alcuna delle fonti di spreco delle risorse del settore più volte segnalate". "Partecipare consapevolmente allo sforzo di risanamento richiesto al Paese - si sottolinea nella nota - non significa accettare tagli iniqui alle retribuzioni e un'ulteriore destrutturazione del servizio giustizia".

Se la manovra economica 2011-2012 approvata dal Governo non sarà modificata nel corso dell'iter parlamentare del decreto, "le farmacie private a rischio di immediata chiusura sarebbero circa il 25%, dislocate in tutte le regioni".

In agitazione anche i farmacisti. Se la manovra economica 2011-2012 approvata dal governo non sarà modificata nel corso dell'iter parlamentare del decreto, "le farmacie private a rischio di immediata chiusura sarebbero circa il 25%, dislocate in tutte le regioni".

Con il risultato che "quasi 1 milione di cittadini, sui 4 milioni che ogni giorno si recano in una farmacia, verrebbero privati di un servizio di assistenza primario e fondamentale". È l'allarme lanciato giovedì mattina, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Federfarma Lazio, dai responsabili regionali della federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani (Federfarma), preoccupati che le "penalizzanti" misure contenute nella manovra costringeranno molte farmacie, soprattutto nei piccoli centri, ad abbassare definitivamente la saracinesca.

Con un serio danno per la "collettività" e con ricadute occupazionali: si stima infatti che potrebbero perdere il loro posto circa 18 mila lavoratori, in media uno per ogni farmacia privata. "Se la manovra fosse approvata dal Parlamento così come è uscita da Palazzo Chigi - sottolineato i responsabili regionali - i primi a risentirne sarebbero proprio i cittadini, in particolare gli over 65 - che avrebbero difficoltà non solo a reperire i farmaci, anche quelli più comuni come i cardiovascolari, gli antibiotici, gli analgesici, gli oncologici o quelli per diabetici, ma addirittura a trovare una farmacia aperta nelle vicinanze".

Per questo il presidente di Federfarma Lazio, Franco Caprino, chiede al Governo e al Parlamento che "questo sforzo doveroso sia ripartito in maniera equa tra tutti protagonisti della filiera" e che "non vada a incidere quasi esclusivamente sul bilancio delle già gravate farmacie".

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La sfida di Berlusconi, difendere la manovra al Senato. Intanto tende la mano a Tremonti

di Mariolina SestoCronologia articolo3 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 17:51.

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Silvio Berlusconi andrà veramente a difendere personalmente la manovra in Parlamento? Sarebbe una novità assoluta dai tempi di Giuliano Amato. Una novità che esprime insieme le preoccupazioni per l'impatto del decreto legge sulla sua popolarità e le tensioni con il ministro dell'economia. "Un conto sono i numeri, un conto la politica" avrebbe detto ieri il premier allo stato maggiore del Pdl, presente il titolare di via Venti Settembre.

Oggi, però, Berlusconi corregge il tiro e per frenare le voci sui dissensi interni alla maggioranza affida il suo pensiero ad una nota ufficiale: "Fuori dai giochi e dagli intrighi di palazzo, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lavorato insieme e continueranno a lavorare insieme legati, oltre che dall'impegno di Governo, da una leale ed antica amicizia personale". Nella stessa nota Berlusconi difende la manovra dicendosi "fermamente convinto di avere fatto la cosa giusta, nel tempo giusto, nell'interesse dell'Italia".

È tuttavia confermato che il premier non lascerà a Tremonti la parola per spiegare ai parlamentari e agli italiani il perché dei tagli. Deluso dalla debolezza con cui il suo ministro lo ha difeso dalle accuse di aver istigato all'evasione martedì sera a Ballarò, Berlusconi ora vuole le telecamere puntate dinanzi a sè per spiegare i piani contro chi non paga le tasse ma anche la strategia per rilanciare le imprese al sud e i tagli alle inefficienze.

E sempre in prima persona sta conducendo le trattative sulla riforma delle intercettazioni dopo che anche il capo dello Stato, ieri durante i festeggiamenti per il 2 giugno, gli ha chiesto una legge "accettabile per tutti". Tra qualche ora si riunirà la consulta giustizia del Pdl presieduta da Niccolò Ghedini ma l'ultima parola sulle modifiche ci sarà solo martedì prossimo. Poche ore prima che il testo torni in assemblea, il premier ha convocato un ufficio di presidenza del Pdl che dovrebbe stilare il testo definitivo, capace di ottenere il sì di entrambi i rami del Parlamento. Nei corridoi si parla di un compromesso possibile sull'allungamento della durata degli ascolti oltre i 75 giorni previsti al momento. Ma basterà questo "cedimento" a strappare il sì di Fini e dei suoi?

 

 

 

 

2010-06-02

L'abc della manovra di Tremonti in 62 voci

di Nicoletta Cottone e Claudio TucciCronologia articolo2 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 19:04.

È di 56 articoli la manovra anti-crisi 2011-2013 da 24,9 miliardi di euro. Il provvedimento, entrato in vigore il 31 maggio 2010, sbarcato a Palazzo Madama per la conversione in legge, contiene una stretta sul pubblico impiego, che passa per il congelamento degli stipendi fino al 2013, lo stop ai rinnovi contrattuali, 2010-2012. Prevista anche una rimodulazione di pensioni e la rateizzazione del Tfr, se d'importo superiore ai 90mila euro. Arriva, poi, un'emersione per gli immobili "fantasma". Scende, da 12.500 a 5mila euro, il tetto della tracciabilità del contante.

Varata anche una stretta sulle invalidità e nuove regole per il redditometro, con i controlli che scatteranno quando il reddito dichiarato sarà inferiore del 20% rispetto a quello accertato dal Fisco. Fra le novità proposte dalla manovra arriva il quindicesimo censimento della popolazione e delle abitazioni, il nono dell'industria e dei servizi, il sesto dell'agricoltura e il censimento delle istituzioni non profit.

Colpo d'acceleratore anche per le cause tributarie. Ci sono poi disposizioni tributarie, antifrode e antiriciclaggio, misure per arginare il fenomeno delle imprese "apri e chiudi" o in perdita sistemica, ma anche interventi contro la microevasione diffusa. Arriva poi una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option. Previsti anche una fiscalità di vantaggio per il Sud in caso di nuove iniziative produttive e incentivi per il rientro in Italia dei "cervelli" emigrati all'estero.

Ecco, dalla proroga della sospensione dei versamenti tributari e contributivi in Abruzzo alle zone a burocrazia zero nel Sud, tutte le novità della manovra, illustrate articolo per articolo.

 

Articoli

Abruzzo, ulteriore sospensione versamenti tributari e contributivi (articolo 39)

Prorogate alcune disposizioni in tema di sospensione degli adempimenti tributari e contributivi per i soggetti colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 in Abruzzo, nei comuni più danneggiati identificati con decreto del commissario delegato. ...

Accertamento su soggetti che aderiscono al consolidato nazionale (articolo 35)

Nuove disposizioni nel procedimento di accertamento nei confronti di soggetti che aderiscono al consolidato nazionale. L'accertamento è ricondotto a un atto unico, emesso dall'ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante, al posto dell'attuale doppio livello di accertamento. ...

Alluvionati del Piemonte (articolo 12)

Viene precisato che l'estensione anche agli alluvionati del Piemonte del 1994 dei benefici previsti per i soggetti colpiti nella Sicilia orientale dal sisma del 1990, ha natura esclusivamente fiscale. ...

Apertura o chiusura rapporti con operatori finanziari (articolo 34)

Arriva l'obbligo per i non residenti di indicare il codice fiscale per l'apertura o la chiusura di rapporti continuativi con operatori finanziari. ...

Assegno d'invalidità (articolo 10)

Dal 1° giugno 2010, passa, dall'attuale 74% all'85%, il limite per accedere al beneficio economico dell'assegno mensile di invalidità civile. Per potenziare i controlli contro i "falsi invalidi", viene esteso, poi, l'istituto della rettifica, previsto in ambito Inail, anche alla normativa assistenziale relativa all'invalidità civile. ...

Autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi, le preclusioni (articolo 31)

A decorrere dal 1° gennaio 2011 la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, per i quali è scaduto il termine di pagamento. In caso di inosservanza del divieto sanzione pari ...

Casellario dell'assistenza (articolo 13)

Il Casellario dell'assistenza sarà istituito presso l'Inps, come banca dati unitaria e generale delle prestazioni di natura assistenziale erogate su tutto il territorio nazionale. La norma specifica poi alcuni requisiti reddituali necessari per accedere alle prestazioni previdenziali. Si chiarisce, in primo luogo, che le prestazioni sono ...

Cause in materia tributaria e previdenziale (articolo 38, comma 9)

Per dare un colpo d'acceleratore alla trattazione delle cause in materia tributaria e previdenziale si stabilisce un termine di 150 giorni di efficacia della sospensione eventualmente concessa dal giudice tributario per incentivare la rapida trattazione delle cause, assicurando una riscossione in tempi più brevi delle somme dovute in ...

Censimenti (articolo 50)

È indetto il quindicesimo censimento generale della popolazione e delle abitazioni e il nono censimento generale dell'industria e dei servizi e il censimento delle istituzioni no profit, oltre al sesto censimento dell'agricoltura. ...

Certificati verdi, abolizione obbligo ritiro eccesso di offerta (articolo 45)

La disposizione abolisce l'obbligo per il gestore unico, previsto in via transitoria, di ritirare i certificati verdi in eccesso di offerta. Dalla misura sono stimati benefici sulla bolletta elettrica fra i 500 e i 600 milioni. ...

Commercianti autonomi (articolo 12)

La seconda, è l'obbligo riconosciuto, ope legis, per chi svolge abitualmente l'attività autonoma in ambito commerciale, dell'iscrizione previdenziale presso la gestione commercianti dell'Inps. ...

Comune di Roma, finanziamenti e contributo per i turisti (articolo 14)

La norma interviene sul debito del comune di Roma. Per attenuare il rosso nel bilancio capitolino, arriveranno 300 milioni l'anno, a decorrere dal 2011. I soldi in più, potranno essere reperiti con un'addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri di aerei in partenza dagli aeroporti romani fino a un massimo di un euro per passeggero, ...

Comunicazioni telematiche al Fisco delle operazioni rilevanti Iva (articolo 21)

Introdotto l'obbligo di comunicare, per via telematica, alle Entrate operazioni rilevanti ai fini Iva, di importo pari o superiore ai 3mila euro. ...

Concessioni autostradali (articolo 47)

Differito al 31 luglio 2010 il termine che consente di procedere al tempestivo avvio degli investimenti infrastrutturali autostradali, mediante l'approvazione per legge degli schemi di convenzione già sottoscritti. Differita al 30 settembre 2010la pubblicazione da parte dell'Anas del bando di gara per la costruzione e la gestione ...

Conferenza di servizi (articolo 49)

Modifiche alla legge generale sul procedimento amministrativo in materia di conferenza di servizi con lo scopo di semplificare la disciplina, dando un colpo di acceleratore all'adozione del provvedimento finale. ...

Contenimento spese pubblico impiego e sanità (articolo 9)

Per ridurre i costi del lavoro pubblico la misura principale sarà il congelamento degli scatti d'anzianità fino al 2013. Una misura particolarmente gravosa per il comparto Scuola, che toccherà un docente su 4, con decurtazioni che potranno arrivare anche a 3mila euro lordi al mese. Arriva, poi, lo stop ai rinnovi dei contratti triennali ...

Contrasto alle frodi intracomunitarie (articolo 27)

Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie con lo scopo di contrastare le frodi. ...

Contrasto di interessi (articolo 25)

La norma prevede l'assoggettamento a ritenuta d'acconto del 10%, ai fini dell'imposta sul reddito dei percipienti, dei compensi corrisposti mediante bonifici bancari o postali quali modalità obbligatoria di pagamento per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta (come ad esempio la fruizione della ...

Contratto di produttività (articolo 53)

Per l'anno 2011 la quota di retribuzione erogata in attuazione di contratti collettivi (anche aziendali o territoriali) e correlata a incrementi della produttività, di redditività ed efficienza organizzativa, all'andamento economico e agli utili d'impresa, sia sottoposta a una tassazione sostitutiva dell'Irpef e delle relative ...

Controllo spesa sanitaria (articolo 11)

Si prevede che le regioni sottoposte ai piani di rientro alla data del 31 dicembre 2009 che non abbiano completato, entro il medesimo termine, gli interventi strutturali di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del servizio sanitario previsti, pur avendo garantito l'equilibrio di bilancio, possano portarli a compimento. ...

Zone a burocrazia zero nel Sud (articolo 43)

Sono istituite zone a burocrazia zero nel Meridione per favorire nuove iniziative produttive. I provvedimenti amministrativi – esclusi quelli di natura tributaria – saranno adottati da un Commissario di Governo, che, se necessario, convoca apposite conferenze di servizi. ...

Disposizioni antifrode (articolo 36)

Il ministero dell'Economia dovrà varare una black list dei Paesi dove c'è il maggior rischio di riciclaggio, di finanziamento del terrorismo e si è assenza di scambio di informazioni in materia fiscale. I destinatari delle misure del Dlgs 231/2007, di recepimento della direttiva di prevenzione del riciclaggio, devono astenersi ...

Disposizioni antiriciclaggio (articolo 37)

Gli operatori economici con sede, residenza o domicilio nei paesi nelle black list sono ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Anche in deroga ad accordi bilaterali siglati con l'Italia. ...

Disposizioni finanziarie (articolo 55)

Autorizzata la spesa di 36 milioni di euro per il 2010 per la proroga del piano di impiego delle Forze armate nel controllo del territorio in concorso con le Forze di polizia e per la corresponsione al personale delle Forze di polizia impiegate nel presidio del territorio insieme al personale delle Forze armate di un'indennità pari a ...

Disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 4 a 8 e da 10 a 13)

Razionalizzate le modalità di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'elezione di un domicilio diverso dalla residenza. Disposizioni volte a consentire anche per la notifica delle cartelle e di altri atti di riscossione coattiva l'utilizzo della posta elettronica certificata. Gli agenti della riscossione sono autorizzati alla ...

Dividendi società statali (articolo 16)

Si prevede che utili e dividenti realizzati, negli anni 2011 e 2012, da società partecipate e istituto di diritto pubblico, non compresi nel perimetro istituzionale delle amministrazioni pubbliche, siano riassegnati, fino a un massimo di 500 milioni di euro, in un apposito Fondo, gestito dal Tesoro. Serviranno a pagare gli interessi sul ...

Documentazione dei prezzi di trasferimento (articolo 26)

Vengono introdotte misure per aumentare l'efficacia dell'azione di controllo dell'amministrazione finanziaria sulle operazioni rientranti nella disciplina sui prezzi di trasferimento. ...

Entrata in vigore (articolo 56)

Il decreto di manovra è entrato in vigore il 31 maggio 2010, giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (supplemento ordinario n. 114/L alla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2010 n. 125) ...

Expo Milano 2015 (articolo 54)

Una quota non superiore al 4% delle risorse autorizzate per l'Expo Milano 2015, destinate al finanziamento delle opere, può essere utilizzata per far fronte alle spese di funzionamento della società, ferma restando la partecipazione pro-quota alla copertura delle medesime spese da parte degli azionisti. ...

Fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno (articolo 40)

Possibilità per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote dell'imposta sulle attività produttive, con proprie leggi, fino ad azzerarle o a concedere esenzioni, detrazioni e deduzioni relative alla stessa imposta, in favore delle nuove iniziative produttive. ...

Fondazioni bancarie (articolo 52)

La disposizione risolve problemi interpretativi in materia di vigilanza sulle fondazioni bancarie. ...

Fondi immobiliari chiusi, riorganizzazione disciplina fiscale (articolo 32)

Lo scopo di questa disposizione è quella di arginare il fenomeno dei fondi immobiliari "veicolo", che utilizzano in modo strumentale i fondi comuni immobiliari a ristretta base partecipativa con l'obiettivo di godere dei benefici fiscali previsti. Viene modificata la nozione civilistica dei fondi comuni di investimento immobiliare ...

Immobili "fantasma" (articolo 19)

Parte un aggiornamento a tappeto del catasto, con l'attivazione dell'Anagrafe immobiliare integrata. È prevista, poi, l'apertura ai comuni a una gestione "partecipata", con il Territorio, delle funzioni catastali. Il Territorio, dal canto suo, dovrà concludere entro il 30 settembre 2010 l'individuazione degli immobili "fantasma", quelli ...

Impianti di distribuzione di gas naturale, semplificazioni (articolo 51)

Semplificazione per l'installazione di impianti di rifornimento del gas naturale (metano) con lo scopo di promuovere l'utilizzo di autoveicoli alimentati a metano che si stanno diffondendo nel Nord Italia. Attualmente in Italia ci sono solo 750 distributori. ...

Imprese "apri e chiudi", contrasto al fenomeno (articolo 23)

Arriva una specifica azione di vigilanza fiscale sulle cosiddette imprese "apri e chiudi". La norma prevede che le imprese che cessano l'attività entro un anno dall'inizio siano considerate ai fini delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Gdf e dell'Inps. ...

Imprese in perdita sistemica, contrasto al fenomeno (articolo 24)

La disposizione prevede il potenziamento dell'azione di vigilanza fiscale su quelle imprese che si dichiarano in perdita ai fini delle imposte sui redditi per più di un periodo d'imposta, per le quali è evidente il rischio di evasione. ...

Incentivi per il rientro di ricercatori (articolo 44)

Incentivi per il rientro dei ricercatori residenti all'estero. Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che tornano a svolgere la propria attività in Italia. ...

Indebita percezione di prestazioni sociali agevolate e altre disposizioni tributarie (articolo 38, commi da 1 a 3)

Iniziative per contrastare con maggiore efficacia l'indebita percezione di prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate in relazione al diritto allo studio. Previsti scambi informativi fra Inps, ministero del lavoro, ...

Infrastrutture (articolo 46)

Sono revocati i mutui accesi dalla Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006, il cui onere di ammortamento sia a totale carico dello Stato e che alla data di entrata in vigore del decreto di manovra non siano stati erogati. ...

Interventi salva euro (articolo 17)

Il consiglio Ecofin di maggio scorso ha previsto un meccanismo di sostegno dell'area euro che prevede la costituzione di una speciale "società" (special purpose vehicle, Spv), della quale tutti gli Stati membri saranno azionisti e garantiranno eventuali emissioni di obbligazioni. ...

Lotta all'evasione (articolo 18)

Prevede la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario e contributivo. Tra gli altri compiti, spicca quello che potranno segnalare a Fisco, Guarda di Finanza e Inps eventuali irregolarità contributive e fiscali. ...

Manager e consulenti pubblici, sforbiciata alle spese (articolo 6)

Scatta una riduzione del 10% di indennità, compensi, gettoni e retribuzioni, comunque, denominate, corrisposte da Pubbliche amministrazioni, incluse le Autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali vari e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo. Si ...

Microevasione diffusa (articolo 28)

Per contrastare la microevasione diffusa sul territorio l'Agenzia delle entrate eseguirà controlli su quei soggetti che hanno percepito e non dichiarato redditi da lavoro dipendente e assimilati sui quali risultano versati contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute. ...

Patto di stabilità interno (articolo 14)

La norma prevede che il concorso alla manovra per le autonomie locali è determinato in 6,3 miliardi per il 2011, di cui 4 miliardi a carico delle regioni a statuto ordinario. Più salato il conto 2012-2013, dove il "contributo" sale a 8,5 miliardi l'anno. In concorso di province e comuni avviene attraverso la riduzione degli stanziamenti ...

Pedaggi autostradali (articolo 15)

I pedaggi autostradali saranno applicati su tutte le autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di Anas. Gli importi e le modalità di applicazione dovranno essere decise dal Governo entro 45 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. ...

Pensioni, tutte le modifiche (articolo 12)

Si modifica il regime delle decorrenze per il pensionamento di vecchiaia ordinario, prevedendo un nuovo regime per le decorrenze del pensionamento anticipato. Per i lavoratori dipendenti, si prevede il diritto alla decorrenza del trattamento decorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti previsti, mentre per gli autonomi, la soglia sale ...

Procedure concorsuali (articolo 48)

Norma per favorire e promuovere l'erogazione di nuovi finanziamenti all'impresa in difficoltà sia da parte di intermediari bancari e finanziari, sia da parte di soci. ...

Pubblica amministrazione, nuovi sistemi di pagamento (articolo 4)

Spetterà a via XX Settembre promuovere la realizzazione di un servizio nazionale per pagamenti su carte elettroniche istituzionali, inclusa la tessera sanitaria. L'obiettivo è favorire una maggiore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da parte di enti e pubbliche amministrazioni a cittadini e utenti. ...

Pubblica amministrazione, razionalizzazione spese (articolo 8)

Si riduce dal 3% al 2% il limite delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso ad amministrazioni statali. Sono fatte salve le spese obbligatorie riconducibili al Codice dei beni culturali e quelle relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. ...

Redditometro (articolo 22)

Delega alle Entrate per riscrivere il "redditometro". L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato è inferiore del 20% rispetto a quello accertato in via sintetica dal "redditometro". Attualmente scatta se inferiore del 25 per cento. ...

Regime fiscale di attrazione europea (articolo 41)

Alle imprese residenti in un altro Stato dell'Unione europea che decidono di intraprendere in Italia una nuova attività economica, dipendenti e collaboratori compresi, si può applicare la normativa tributaria vigente in uno degli Stati dell'Unione europea. ...

Reti di imprese (articolo 42)

Per dare impulso alle reti d'impresa un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate fisserà le condizioni per il riscontro della sussistenza dei requisiti idonei al riconoscimento delle imprese come appartenenti a una rete di imprese. ...

Riduzioni di spesa per Presidenza del Consiglio dei ministri e Bankitalia (articolo 3)

Arrivano misure di contenimento delle spese ad hoc. La Presidenza del Consiglio dei ministri, sul bilancio 2010, dovrà raggiungere un risparmio non inferiore a 17 milioni attraverso una riduzione di posti negli organici dirigenziali. Un risparmio di ulteriori 3 milioni dovrà uscir fuori dalla "dieta" alle strutture di missione e non meno ...

Riscossione, accelerazione (articolo 29)

Processo di accelerazione della riscossione delle somme dovute in seguito ad accertamento dell'Agenzia delle entrate in materia di imposte sui redditi e di Iva. Riduzione dei tempi intercorrenti tra la notifica degli avvisi di accertamento e quelli di notifica della cartella di pagamento. ...

Riscossione Inps (articolo 30)

Dal 1° gennaio 2011 il recupero delle somme dovute all'Inps viene effettuata tramite un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. A pena di nullità l'avviso deve contenere il codice fiscale dell'interessato, il periodo di riferimento e la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale e sanzioni, ...

Riutilizzo impegni di spesa non utilizzati (articolo 1)

Si prevede il definanziamento delle autorizzazioni di spesa totalmente inutilizzate negli ultimi 3 anni. L'obiettivo è recuperare risorse da destinare al Fondo ammortamento titoli di Stato. ...

Soppressione enti pubblici inutili (articolo 7)

Chiuderanno i battenti l'Ipsema, l'Ispesl (l'Inail prenderà le relative funzioni) e Ipost (che confluirà in Inps). Si prevede, poi, una riorganizzazione dell'ordinamento degli enti pubblici di previdenza e assistenza, con tagli, anche, al consiglio di indirizzo e vigilanza. Lo Ias, Istituto di affari sociali, confluirà nell'Isfol, e ...

Spese dei ministeri, taglio del 10% (articolo 2)

Arriva, a partire dal 2011, una "sforbiciata" lineare del 10% alle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente, di ciascun ministero. Il ministero dell'Istruzione, per esempio, subirà un taglio, fino al 2013, di circa 310 milioni di euro, che peserà, per quasi la metà, sui fondi destinati all'istruzione scolastica. ...

Spese della politica, cura dimagrante per ministri e sottosegretari e per i rimborsi ai partiti politici (articolo 5)

A partire dal prossimo 1° gennaio, a ministri e sottosegretari, che non siano parlamentari, arriva un taglio del 10% al trattamento economico complessivo. Attualmente, la misura interessa 9 unità: 2 ministri e 7 sottosegretari. Taglio del 10% anche ai compensi dei componenti gli organi di autogoverno della magistratura e del Cnel. Dalla ...

Stock option ed emolumenti variabili (articolo 33)

Prevista una addizionale del 10% sui compensi corrisposti a titolo di stock option ed emolumenti variabili che eccedano il triplo degli emolumenti fissi della retribuzione. L'addizionale è prelevata dal sostituto d'imposta al momento della corresponsione dei compensi. ...

Tfr a rate oltre i 90mila euro (articolo 12)

Novità anche sul fronte del Tfr. Se l'importo è inferiore ai 90mila euro, sarà erogato in un unico importo annuale. In due importi annuali, se la prestazione è compresa tra i 90mila e i 150mila euro, in 3 importi annuali, se si superano i 150mila euro. ...

Tracciabilità dei pagamenti (articolo 20)

Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, il tetto alla tracciabilità del contante, con possibilità di variazione in relazione alla media europea. ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su stipendi dei manager e incarichi nei cda Bruxelles prova a dare una mossa ai governi

di Giuseppe ChiellinoCronologia articolo1 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 19:57.

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La commissione europea prepara un pacchetto di proposte sulla governance delle istituzioni finanziarie per la riunione del G20 del 26 e 27 giugno in a Toronto, in Canada. L'obiettivo della consultazione lanciata oggi dal commissario ai Servizi e al Mercato interno, Michel Barnier, è di "assicurare che gli interessi dei consumatori e degli altri stakeholder siano tenuti in maggiore considerazione, che le condotte imprenditoriali siano sostenibili e, nel lungo termine, i rischi di bancarotta siano ridotti". Le nuove regole Ue per la finanza arrivano troppo tardi per evitare la crisi dei mercati e i suoi effetti sull'economia reale. "Tutta colpa dei governi" ha detto il presidente Barroso nella conferenza stampa.

L'iniziativa di Barnier, che si accompagna alla proposta di supervisione unica europea sulle agenzie di rating, parte nel modo più soft, cioè con una consultazione su un 'libro verde' che dettaglia le ipotesi di accordo sui punti più delicati. Nasce dall'esigenza di superare le "lacune e le debolezze che la crisi dei mercati ha msso in evidenza nella governance delle istituzioni finanziarie": controllo sui manager insufficiente, gestione del rischio debole, inadeguate strutture di remunerazione per dirigenti e trader, spinti ad assumere rischi eccessivi e con una visione di breve termine.

La consultazione si chiude il primo settembre ed eventuali proposte legislative o non legislative saranno adottate nel corso del 2011.

Quattro sono i punti su cui la commissione europea apre alla consultazione: 1) come migliorare il funzionamento e la composizione dei consigli di amministrazione di banche e assicurazioni, allo scopo di rafforzare la supervisione sul top management; 2) come introdurre la cultura del rischio, a tutti i livelli, in modo da assicurare che gli interessi aziendali di lungo termine siano adeguatamente considerati: 3) come rafforzare il coinvolgimento degli azionisti dei supervisori finanziari e dei revisori dei conti nelle questioni di governance; 4) come modificare le politiche retributive delle società per scoraggiare assunzioni di rischio eccessive.

Le proposte dettagliate sono una decina, tra cui il limite alla partecipazione degli amministratori nei cda delle aziende, "massimo tre", l'attribuzione al 'chief risk officer' delle stesse responsabilità del direttore finanziario e, infine, un limite alle stock option e alle liquidazioni d'oro.

Lo sfogo di Barroso: la lentezza è colpa dei governi. Nella conferenza stampa di presentazione delle due iniziative, su agenzie di rating e governance, il presidente della commissione, José Barroso, ha accusato i governi di aver perso tempo, quando la crisi finanziaria cominciava a manifestarsi, sulle nuove regole di supervisione finanziaria e sui settori di mercato che sono sempre sfuggiti alla vigilanza

Quello di Barroso è stato uno sfogo. E' partito dal capitolo agenzie di rating: "Il via libera alle nuove regole che entreranno in vigore in dicembre c'è stato nell'aprile 2009, sulla base di una proposta della commissione del 2008: solo il 25 febbraio 2009 è entrato nell'agenda politica il sistema di supervisione finanziaria a livello europeo con il rapporto De Larosiére. Sapete che cosa mi hanno risposto i capi di stato e di governo nel gennaio 2008 quando li sondai per sapere la loro opinioni su un codice di condotta per le agenzie di rating: mi hanno risposto di no".

 

Poi Barroso è passato alle nuove regole di supervisione finanziaria: "Se ci fosse stato il sistema di vigilanza a livello europeo, il problema delle agenzie di rating sarebbe stato risolto, invece nella prima regolamentazione le funzioni fondamentali di vigilanza sono esercitate dai supervisori nazionali. E quanto alla vigilanza finanziaria complessiva, stiamo ancora aspettando, attualmente la cosa è nelle mani di Parlamento e governi, se non ci sarà un compromesso ci sarà un problema, quello è un passaggio chiave". Di qui l'appello a deputati e governi a raggiungere un'intesa rapidamente. La speranza è che l'intero sistema di vigilanza Ue (quella sistemica, macro-prudenziale e quella di banche, assicurazioni e fondi pensione) possa partire da gennaio 2011.

 

 

 

 

Penalizzate le pensioni di vecchiaia

Cronologia articolo2 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 09:49.

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Le finestre mobili introdotte dall'articolo 12 del Dl n. 78 del 31 maggio 2010 sui trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità colpiscono maggiormente i titolari di pensione di vecchiaia rispetto alla precedente normativa. I lavoratori autonomi, come al solito, devono fare i conti con un allungamento più consistente, può arrivare fino a 12 mesi di attesa in più. Per i dipendente, invece, la maggior attesa si colloca a 9 mesi in più rispetto al "vecchio" sistema delle finestre.

 

È importante ribadire che coloro i quali maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia e di anzianità entro il 31 dicembre 2010 usufruiranno delle vecchie finestre. Altro aspetto consiste nel fatto che nulla cambia sul piano dei requisiti per l'ottenimento delle predette pensioni.È opportuno, quindi, ricordare i requisiti previsti per il 2011 per i trattamenti pensionistici di vecchiaia e di anzianità.

I requisiti per la di vecchiaia sono:

- 65 anni di età per gli uomini e 60 per le donne (61 anni di età per le donne del settore pubblico);

- minimo contributivo di 20 anni;

- cessazione dell'attività lavorativa dipendente anche all'estero.

Per l'anzianità, bisogna invece considerare che dal 2011, la quota - cioè la somma di età anagrafica e anzianità contributiva - aumentarà di un anno. Per cui i requisiti saranno:

- quota di 96, con età di almeno 60 anni per i lavoratori dipendenti; e quota di 97, con età di 61 anni per i lavoratori autonomi;

- minimo contributivo di 40 anni indipendentemente dall'età anagrafica (si ritiene che anche in questo caso si applichino le nuove finestre);

- cessazione dell'attività lavorativa dipendente anche all'estero.

Le vecchie finestre continuano invece ad appplicarsi:

- maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia o di anzianità entro il 31 dicembre 2010;

- personale della scuola (1° settembre di ciascun anno);

- lavoratori dipendenti con periodo di preavviso in corso al 30 giugno 2010 con raggiungimento dei requisiti entro la data di cessazione del rapporto di lavoro;

- lavoratori per i quali viene meno il titolo allo svolgimento dell'attività lavorativa;

  • nel limite di 10mila unità: lavoratori in mobilità breve con accordi entro il 30 aprile 2010 e con requisiti per la pensione entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; lavoratori in mobilità lunga con accordi stipulati entro il 30 aprile 2010; lavoratori che alla data di entrata in vigore del Dl 78/2010 risultano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà (esuberi banche, assicurazioni e così via)

 

 

 

 

 

2010-06-02

Tremonti: sugli enti culturali ho sbagliato. Berlusconi: non ho giustificato gli evasori

Cronologia articolo1 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 23:47.

Puntata movimentata a Ballarò, la trasmissione condotta da Giovanni Floris, con il ministro Giulio Tremonti che ha illustrato la manovra di correzione dei conti pubblici, facendo prima di tutto un mea culpa sul definanziamento degli enti culturali. "Ho fatto un errore, ero convinto che quell'elenco era condiviso. È colpa mia" ha detto il ministro parlando della misura che tagliava 231 enti culturali e che è saltata dalla stesura definitiva della manovra.

Il ministro Tremonti ha spiegato che "il provvedimeno è stato fatto in poco tempo perchè il tempo imposto dall'esterno, dall'Europa, era molto breve. Nel fare una manovra di questo tipo, più di 50 articoli, puoi avere anche il caso di uno, due, tre errori. Mi prendo la responsabilità".

Sempre sulla questione degli enti culturali, Tremonti ha aggiunto: "In quell'elenco di 231 enti c'era di tutto, abbiamo mandato quell'elenco a Palazzo Chigi, c'era poco tempo ed è venuto fuori che quegli enti venivano definanziati. Poi c'è stata la reazione. Al ministro Bondi pagherò lo sgarbo facendo delle lezioni alla scuola del partito".

"A parte qualche dichiarazione di qualche parlamentare, di tenore politico, dentro il governo l'unico fattore di discussione è stato quello".

L'evasione fiscale e la telefonata di Berlusconi. Il ministro ha poi affermato che sull'evasione fiscale nella manovra "ci sono cose mai fatte, in Italia, né dalla destra né dalla sinistra". Sull'argomento evasione, richiamato ieri anche dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nelel condsiderazioni finali, è intervenuto telefonicamente in diretta in trasmissione il premier Silvio Berlusconi, che se l'è presa con il vicedirettore di Repubblica, Massimo Giannini, presente a Balalrò. "Vorrei dire che il giornalista di Repubblica, Massimo Giannini, ha mentito spudoratamente: da parte mia non c'è mai stato un sostegno all'evasione fiscale". Giannini aveva sostenuto che il premier ha sempre 'incentivato', o per lo meno giustificato, l'evasione fiscale. "Sono il primo contribuente d'Italia - ha scandito Berlusconi- Il mio governo ha aumentato gli introiti provenienti dall'evasione fiscale come il ministro Tremonti ha ricordato. Sono cresciuti di più, e questo decreto darà un altro colpo. Quindi - ha concluso il premier senza attendere la risposta e riattaccando il telefono - è menzogna assoluta dire, come è stato fatto, che io avrei in qualche modo giustificato e sostenuto l'evasione fiscale".

 

 

 

 

 

 

2010-06-01

Dalla manovra via i tagli agli enti culturali. Pd: manca sostegno alla crescita

di Dino PesoleCronologia articolo01 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 09:54.

Dopo un'ultima riscrittura e limatura del testo da parte del governo, condotta sotto la regia del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il decreto da 56 articoli con i contenuti portanti della manovra economica da 24,9 miliardi è stato controfirmato ieri mattina dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Via libera al testo definitivo trasmesso nella tarda serata di domenica dal governo, quindi con lo stralcio del taglio agli enti culturali e la correzione di alcune altre norme.

L'operazione di setaccio condotta dal Colle ha consentito di salvare dalla soppressione alcuni enti tra cui la stazione zoologica Anton Dohrn, l'istituto nazionale di ricerca metrologica (inrim), l'istituto nazionale di alta matematica Francesco Severi, l'istituto nazionale di astrofisica (inaf), l'istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, l'istituto di studi giuridici internazionali. Nel totale, i tagli ai ministeri ammontano a 2,4 miliardi nel 2011, che salgono 7,05 miliardi nel triennio, con lo Sviluppo economico che contribuisce con 2,6 miliardi e quello dell'Economia con 2,2 miliardi.

È stato lo stesso Napolitano a sospendere domenica pomeriggio l'esame del decreto. Osservazioni e rilievi su "delimitati aspetti di sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento sottoposto all'esame per l'emanazione nella mattinata di sabato", che al momento non gli consentivano di controfirmare il provvedimento. Si è trattato in realtà di una molteplicità di punti, sui quali Napolitano ha atteso da palazzo Chigi la relativa riformulazione, o lo stralcio, poichè resta fermo il principio dell'"esclusiva responsabilità dell'esecutivo sugli indirizzi e sul merito delle scelte di politica finanziaria, sociale ed economica".

Il testo emendato in seguito alle osservazioni del Colle è finalmente giunto nuovamente al Quirinale nella tarda serata di domenica. A quel punto si è chiusa la partita, con la firma che Napolitano ha apposto al testo ieri mattina spedendo così il decreto alla Gazzetta ufficiale per la pubblicazione. Ora la palla passa al Senato che esaminerà il provvedimento in prima lettura.

È giunta così al suo epilogo

una complessa vicenda in cui alcune approssimazioni e forzature istituzionali hanno fatto da sfondo al faticoso iter di riscrittura del testo. Lavoro che si è protratto di fatto da martedì, quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto con la formula "salvo successive per perfezionare il testo", fino alla serata di domenica. Con accluso il "giallo" della firma da parte del presidente del Consiglio: se nella serata di venerdì Berlusconi ammetteva di non aver ancora firmato il testo, sabato mattina comunicava di averlo spedito al Colle ma senza la sua firma.

Poche ore dopo la precisazione di palazzo Chigi, confermata dal Quirinale: il testo recava la firma del premier, come del resto appariva scontato trattandosi di un atto che rientra nella esclusiva responsabilità dell'esecutivo e dunque di chi lo guida. "Non capiamo come qualcuno possa attribuire al presidente del Consiglio pareri e giudizi sulla manovra, quando il presidente Berlusconi non ne ha parlato con nessuno", ha precisato ieri sera il sottosegretario alla presidenza Paolo Bonaiuti.

I rilievi del Colle si sono appuntati su diversi aspetti del testo originario: i tagli alla cultura, prima di tutto. Sarà il ministro dei Beni culturali a riformulare la lista delle riduzioni di spesa. Quanto al taglio dei compensi dei magistrati, nel corso di un incontro a palazzo Chigi, nonostante "l'attenzione e la preoccupazione" espressa da Letta, il presidente dell'Anm Luca Palamara ha "preso atto" delle riduzioni di spesa annunciate: è in programma per giovedì il nuovo consiglio direttivo per proclamare lo sciopero "ed anche altre forme di protesta".

Il congelamento degli stipendi dei dipendenti pubblici scatterà dal 2011, mentre nel testo approvato dal consiglio dei ministri partiva di fatto già da quest'anno. È stata stralciata anche la norma che prevedeva il taglio di 10 province con popolazione inferiore ai 220 mila abitanti, ma i piccoli comuni dovranno sacrificare l'autonomia delle loro funzioni. Quanto alla gestione del Fas (fondo aree sottoutilizzate), la nuova formulazione è che palazzo Chigi "si avvarrà" del dipartimento per lo sviluppo del ministero dello sviluppo economico, "ad eccezione delle direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali".

Anche la Banca d'Italia, nell'ambito del proprio ordinamento, sarà chiamata infine a uniformarsi ai tagli di bilancio disposte per le altre amministrazioni pubbliche.

 

 

 

 

 

Napolitano: "Confronto e non scontro fra gli schieramenti"

Cronologia articolo1 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 13:55.

Per uscire dalla crisi e assicurare all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più

forte è necessario "il confronto tra le opposte parti politiche". Confronto che non deve "produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sé stesso". È un appello al dialogo quello che arriva dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel videomessaggio preparato per la Festa della Repubblica.

"Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa una crisi difficile: occorre dunque - ha sottolineato il capo dello Stato - un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte. Per crescere di più e meglio, assicurando maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro, l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud".

Attenzione ai giovani, poi,promuovendo una migliore educazione e formazione, facendo avanzare la ricerca scientifica e tecnologica, elevando la produttività del nostro sistema economico. "Solo così - ha detto il capo dello Stato - si potrà creare nuova e buona occupazione". E proprio il "confronto tra le opposte parti politiche deve concorrere al raggiungimento di questi risultati, e non produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sé stesso".

In questo spirito, per il presidente della Repubblica, vanno affrontate le decisioni che sono all'ordine del giorno. "Si scelga in questo spirito - nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società - tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere".

Tutti devono essere accomunati da un forte senso delle responsabilità per fare in modo che l'Italia "consolidi la sua unità, si rinnovi, divenga più moderna e più giusta e si dimostri capace di dare il suo contributo alla causa della pace e della giustizia nel mondo".

Per uscire dalla crisi è necessario "il confronto tra le opposte parti politiche", che non deve "produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sé stesso". Il capo dello Stato chiude il videomessaggio augurando un buon 2 giugno a tutti. (N.Co.)

 

 

 

 

2010-05-31

Napolitano ha firmato la manovra da 24,9 miliardi

Cronologia articolo31 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 12:36.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato il decreto legge che contiene la manovra di correzione dei conti pubblici da 24,9 miliardi Il decreto sarà ora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il provvedimento contiene la manovra economica e finanziaria 2011-2012. Il presidente della Repubblica aveva chiesto alcune modifiche su statali, ricerca e tagli alle fondazioni. Una nota del Quirinale sottolinea che il decreto-legge che contiene "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", ovvero la manovra economica 2011-2012, è stato emanato dal presidente della Repubblica Giorgio

Napolitano "nel testo definitivo trasmesso ieri sera dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri".

Alcune osservazioni al Governo erano giunte ieri dal Quirinale. Il capo dello Stato, in particolare, aveva avanzato e rimesso alla valutazione dell'esecutivo una serie di osservazioni su delimitati aspetti di sostenibilità giuridica ed istituzionale del provvedimento. Tutto ciò fermo restando che l'esecutivo ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale ed economica.

In serata c'erano stati contatti e chiarimenti con l'esecutivo, che hanno coinvolto in particolare il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta. Quindi, il governo aveva rinviato al Colle il testo del provvedimento, rivisto in alcune parti, proprio per consentire al presidente ed ai suoi consiglieri di riesaminarlo prima di procedere alla firma. (N.Co.)

 

 

 

Draghi: "Evasori fiscali responsabili della macelleria sociale"

di Nicoletta CottoneCronologia articolo31 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 11:38.

Il sistema produttivo ha bisogno di aliquote più basse. A dirlo è il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel corso della sue considerazioni generali all'assemblea annuale dei partecipanti. Il numero uno di via Nazionale ha citato alcuni numeri indicativi del carico fiscale. Per esempio il cuneo fiscale sul lavoro è circa 5 punti superiore alla media degli altri paesi dell'area euro, il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese sono più elevati di 6 punti.

Tutta colpa dell'evasione per Draghi. Aggiungendo un passaggio a braccio alla sua relazione, il Governatore ha sottolineato che il nostro rapporto debito/Pil "sarebbe tra i più bassi della Ue" senza l'evasione. "Macelleria sociale è una espressione rozza ma efficace e io credo che gli evasori fiscali siano tra i responsabili".

I fallimenti delle imprese sono stati 9.400 nel 2009, un quarto in più rispetto al 2008. A soffrire sono soprattutto "le imprese più piccole, spesso dipendenti da rapporti di subfornitura". Hanno retto meglio all'urto, ha detto in numero uno di palazzo Koch, soprattutto le imprese che avevano avviato processi di ristrutturazione prima della crisi. "Oggi presentano prospettive migliori". Secondo l'indagine periodica di Bankitalia prevedono per il 2010 un aumento del fatturato superiore di 3 punti a quello di imprese simili non ristrutturate. Tra le imprese industriali con 50 e più addetti che hanno investito in ricerca e sviluppo nel triennio precedente la crisi, l'aumento previsto del fatturato è di oltre il 6 per cento.

Il governatore ha ricordato che il governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione fiscale, con l'obiettivo immediato del contenimento del disavanzo, "ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva di sviluppo, deve consentire quella delle aliquote" e "il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti". Perché l'evasione fiscale "è un freno alla crescita"

"Se l'Iva fosse stata pagata il nostro rapporto tra il debito e il pil sarebbe tra i più bassidell'Unione europea". Draghi ha ricordato anche che secondo stime dell'Istat, "il valore aggiunto sommerso ammonta al 16% del Pil" e che solo tra il 2005 e il 2008 è stato evaso il 30% della base imponibile dell'Iva (ossia oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di pil).

Il Governatore ha detto che la politica economica adottata dal Governo ha limitato i danni della crisi di circa due punti di Pil, attribuibili per un punto alla politica monetaria, per mezzo punto agli stabilizzatori automatici inclusi nel bilancio pubblico, per il resto alle misure di ricomposizione di entrate e spese decise dal Governo. L'estensione degli ammortizzatori sociali ha attenuato i costi immediati della crisi.

 

Draghi ha fotografato l'andamento di domanda e offerta di credito nel 2009 e in questi primi mesi del 2010. L'analisi della Banca d'Italia conferma la presenza di "tensioni dal lato dell'offerta" lo scorso anno oltre alla debolezza della domanda. Le condizioni di offerta sono migliorate nei primi mesi nel Nord Ovest e nel Mezzogiorno. In quest'ultima macro area "i prestiti alle imprese sono tornati a crescere".

 

 

 

 

Come cambiano le pensioni. Domani sul Sole le prime risposte ai quesiti dei lettori

di Salvatore PadulaCronologia articolo31 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 08:04.

Non cambiano i requisiti. Non cambia l'età e nemmeno le quote. Eppure sarebbe un errore liquidare come "interventi marginali" le novità sulle pensioni approvate la scorsa settimana dal governo nell'ambito della manovra correttiva da 24,8 miliardi di euro. Sul fronte previdenziale, senza giri di parole, il decreto legge del governo produce - nei fatti - un aumento secco dell'età di pensionamento, che in alcuni casi cresce di ben 12 mesi rispetto alle regole attuali. È l'effetto delle modifiche al sistema delle finestre, sostituito dal nuovo metodo delle uscite "a scorrimento", il cui funzionamento è illustrato passo per passo nella Guida pratica a come cambiano le pensioni in edicola oggi con il Sole 24 Ore.

La cosa, in molti casi, sarà particolarmente dolorosa. Si pensi al lavoratore autonomo che compie i 65 anni all'inizio di marzo 2011: il periodo di "attesa" - vale a dire quello che intercorre tra il momento di maturazione del requisito per la vecchiaia e la decorrenza della pensione - sarà, come detto, di 18 mesi. Quindi, percepirà la pensione da ottobre 2012, con un aumento di ben 12 mesi rispetto a quanto gli sarebbe accaduto con il sistema attuale delle finestre. Sorprese simili, anche se più contenute, hanno anche i dipendenti, per i quali in alcuni casi l'incremento rispetto al sistema attuale può arrivare a nove mesi in più (in altri casi, certo, l'aumento del periodo di attesa è molto più contenuto: anche un solo mese, a esempio, per il dipendente che maturerà i requisiti per l'anzianità nel gennaio del 2011 e che con il nuovo sistema accederà alla pensione il 1° febbraio dell'anno successivo).

Una scelta - quella della finestra mobile - fatta dal governo nel nome dell'equità, visto che l'uscita "a scorrimento", oltre a consentire risparmi quantificati complessivamente in 2,7 miliardi, ha l'effetto di parificare per tutti i lavoratori la data di decorrenza reale della pensione. Ma non c'è dubbio che per molti si tratterà di una spiacevole novità.

Insomma, chi si aspettava un periodo di relativa tranquillità sul fronte pensionistico è stato smentito. Anche perché, in tempi relativamente brevi, oltre all'aggiornamento triennale dei coefficienti per il calcolo delle pensioni (il primo adeguamento è scattato proprio quest'anno) arriverà anche l'aumento automatico dell'età di pensionamento, introdotto con il Dl 78 del 2009. Dal 2105, ogni cinque anni i requisiti anagrafici per il pensionamento verranno aggiornati sulla base degli incrementi della speranza di vita nel quinquennio precedente.

La pensione ritarderà per tutti, ma per i dipendenti pubblici l'attesa sarà ancor più amara. Per loro, infatti, il decreto legge introduce anche la rateizzazione della liquidazione (indennità di buonuscita, indennità premio di servizio, trattamento di fine rapporto e ogni altra indennità equipollente). E come se non bastasse, i dipendenti pubblici avranno in futuro liquidazioni più leggere visto che un'altra norma modifica i criteri di calcolo dell'indennità (per il personale in servizio alla data del 31 gennaio 2000) parificandoli a quelli previsti nel settore privato.

Poi c'è il capitolo dell'invalidità. In questo caso il governo, con la finalità di razionalizzare e controllare un settore a elevatissimo rischio di abusi, ha scelto di tirare la cinghia dei requisiti e di rendere più efficaci i controlli. La norma più significativa prevede che il diritto all'assegno mensile di invalidità scatta quando al beneficiario è riconosciuta una invalidità dell'85% e non più del 74%, come previsto dalle norme attuali. Tabelle sanitarie alla mano, ciò vuol dire che l'assegno di invalidità non potrà più essere concesso per moltissime patologie. Nulla è cambiato, invece, per l'indennità di accompagnamento. Contrariamente alle prime ipotesi di lavoro, il testo del decreto legge non prevede nessun collegamento al reddito.

Niente di fatto anche per altre due misure inizialmente ipotizzate. Non è quindi previsto alcun prelievo biennale di solidarietà del 10% sulle pensioni d'oro, vale a dire quelle di importo superiore a tredici volte il minimo (si sarebbe trattato degli assegni sopra i 5.850 euro mensili e il taglio avrebbe riguardato la parte della pensione eccedente il limite).

E neppure viene accelerata la crescita dell'età di pensionamento per le donne nel pubblico impiego: al livello finale dei 65 anni - al quale si deve giungere per effetto dell'adeguamento a quanto stabilito da una sentenza della Corte Ue - si arriverà a partire dal 1° gennaio 2018, così come ora previsto. Quindi, fino al 31 dicembre 2011 per la vecchiaia saranno richiesti 61 anni, con aumento di un anno di età ogni 24 mesi. Naturalmente, tutto ciò a meno di (possibili) ripensamenti in sede di conversione in legge del decreto.

Da martedì 1 giugno sul Sole 24 Ore in edicola le prime risposte dei nostri esperti ai quesiti inviati dai lettori.

 

 

2010-05-30

Il Quirinale sdoppia la manovra

di Dino PesoleCronologia articolo30 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:01.

Nel decreto legge le misure portanti della manovra da 24,9 miliardi con effetti immediati di cassa. In uno o più disegni di legge con le norme che contengono disposizioni a carattere "prevalentemente ordinamentale". Ieri mattina, dopo un ulteriore fitto lavoro di limatura e riscrittura ad opera dell'ufficio giuridico di palazzo Chigi e della Ragioneria, sotto la supervisione dei tecnici del Quirinale, il decreto munito della "bollinatura" della Ragioneria è stato trasmesso al Colle.

Una valutazione preventiva, secondo quanto poco prima aveva comunicato Silvio Berlusconi, che già nella serata di venerdì aveva reso noto di non aver ancora visionato e firmato il testo: "La manovra verrà firmata quando il Colle avrà dato la sua valutazione". Affermazione che è parsa subordinare il suo via libera a quello del Colle, quasi a prendere le distanze dalla manovra e a chiamare in causa Napolitano per ottenerne una sorta di "copertura" politica. Successivamente una nota di palazzo Chigi precisava che il testo della manovra economica "già firmato dal presidente del Consiglio" era stato inviato al Colle "in attesa della valutazione del Capo dello Stato". Un nuovo guazzabuglio che secondo indiscrezioni circolate in sede parlamentare avrebbe suscitato l'irritazione di Giulio Tremonti. Voci alle quali il ministro replicava in serata con ironia rivolgendo a "velenisti e velinisti" l'augurio "per un meritato e tranquillo ponte del 2 giugno".

Dalle opposizioni, una bordata di critiche. "Coinvolgere il presidente della Repubblica sulla manovra economica è un non senso giuridico e istituzionale", ha osservato il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, mentre il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, accusava il governo di offrire uno "spettacolo inverecondo. Il Consiglio dei ministri non si sa bene cosa abbia approvato, dopodiché queste carte finiscono in mano a non si sa chi, vengono rimaneggiate prima di essere portate alla presidenza della Repubblica. Mi pare che siamo ai limiti estremi del quadro costituzionale". Bersani – replica il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – "ha perso il lume della ragione. Si è dipietrizzato".

Come prevede la Costituzione, i decreti vengono emanati sotto l'esclusiva responsabilità del governo, e dunque del presidente del Consiglio, mentre al Capo dello Stato spetta in questa fase il compito di autorizzarne l'emanazione, dopo aver effettuato un esame preventivo relativamente al rispetto dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza. L'altro margine possibile di "sindacato" da parte del presidente della Repubblica è qualora si ravvisino nel testo interventi suscettibili di alterare l'ordinamento, ma non è questo il caso. Il confronto nel merito delle misure più controverse (come la contestata soppressione di alcune province) è avvenuto semmai ex ante, in via informale, nei contatti tra gli uffici di palazzo Chigi (con la regia di Gianni Letta) e quelli del Colle. E ha prodotto la suddivisione del testo. Una scelta che peraltro soddisfa le perplessità del premier e i diversi mal di pancia emersi tra i ministri e nella maggioranza. Solo il ministro Bondi in serata ha lamentato i "tagli tarsversali alla cultura", aggiungendo "avrei voluto concordarli con Tremonti".

I tecnici del Quirinale ora sono al lavoro sull'esame di merito – osservavano in serata i collaboratori del presidente – e non è escluso che Napolitano apponga la sua firma già nella giornata di oggi.

Il balletto delle continue riscritture e della firma da parte del premier (il testo – avrebbe sostenuto Berlusconi nel corso del colloquio con Napolitano di due sere fa – è stato per gran parte gestito e pilotato dal ministro Tremonti) non è piaciuto granché al Colle, dove si fa osservare che se pur approvato con la formula "salvo successive intese per perfezionare il testo", il decreto ha ottenuto il via libera dal Consiglio dei ministri martedì sera. Cinque giorni per definire tali "intese" vengono giudicati eccessivi. Napolitano ne ha preso atto non senza una certa perplessità e una qualche irritazione.

Sulla scelta del decreto e perfino sull'entità della correzione, Napolitano è sostanzialmente d'accordo. Non vi sono alternative alla linea del rigore imposta dall'Europa e fatta propria da Tremonti. L'unica "condizione" posta dal Capo dello Stato è che gli interventi siano ispirati a equità e che si ricerchi "il massimo di comprensione e di condivisione almeno negli obiettivi e nelle grandi linee".

LE TAPPE

La stesura

Dopo l'esplosione della crisi greca e il piano di salvataggio europeo, si è passati nei singoli paesi alla stesura di interventi rigorosi per assecondare le esigenze di riduzione del deficit.

Il via libera

Martedì scorso l'approvazione della manovra correttiva per il 2011-2012 da parte del Consiglio dei ministri. La manovra è stata approvata secondo la formula "salvo successive intese per perfezionare il testo". In sostanza il decreto, anche dopo martedì, è stato sottoposto a ulteriori limature prima di essere sottoposto alla firma del presidente della Repubblica. La manovra contiene interventi ad ampio raggio: risparmi da pensioni, pubblica amministrazioni, costi della politica, lotta all'evasione. La correzione dovrebbe consentire di ridurre il deficit dal 5% del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012

Le valutazioni del Colle

Ieri mattina, dopo un ulteriore intervento di limatura ad opera dell'ufficio giuridico di palazzo Chigi e della Ragioneria, sotto la supervisione dei tecnici del Quirinale, il decreto con la "bollinatura" della Ragioneria è stato trasmesso al Quirinale. La nuova ipotesi è quella dello sdoppiamento: decreto legge con le misure portanti della manovra con effetti di cassa, uno o più disegni di legge con le norme che contengono disposizioni a carattere "prevalentemente ordinamentale"

 

 

 

 

Manovra firmata dal premier Ora è al vaglio del Quirinale

Cronologia articolo28 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 10:36.

"Il testo della manovra è stato firmato dal presidente del consiglio. Ora è al vaglio del Quirinale". Lo comunica una nota di Palazzo Chigi. In mattinata il premier Silvio Berlusconi aveva detto: "La manovra è all'attenzione del capo dello stato, viene firmata quando il Colle darà la sua valutazione". Dal leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro era arrivato un duro commento: "Coinvolgere il presidente della Repubblica, così come ha fatto stamani il presidente del consiglio, sulla manovra economica, è un nonsenso giuridico e istituzionale".

venerdì, in un incontro con il Quirinale il capo dello Stato il presidente del Consiglio avrebbe parlato della manovras tessa. E avrebbe fatto trapelare il momento di difficoltà per un provvedimento di "difficile composizione", con le cifre ancora da mettere a posto e tensioni che nella maggioranza.

Ai giornalisti, dopo una passeggiata nel centro di Roma, Berlusconi ha rivelato: "Non l'ho ancora firmata". Mentre agli industriali il premier ha suggerito "di leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo sulla competitività economica e sostenibilità finanziaria".

Così Silvio Berlusconi ha risposto a una domanda sulle critiche avanzate ieri da Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria che, pur promuovendo la manovra, ha sottolineato la mancanza di riforme strutturali. E sulla crisi ha precisato: "sono stato uno dei primi premier in Europa ad intuire la portata e a reagire. L'attacco improvviso all'euro è stato superato nei primi giorni di maggio, ci voleva una risposta immediata e il governo l'ha data". E sulla manovra torna a dirsi soddisfatto: "abbiamo ridotto la spesa pubblica e non abbiamo affatto aumentato le tasse". Si è trattato, sottolinea, di un provvedimento "inevitabile", che "non ha fatto macelleria sociale" con il quale "continueremo a restare tra i Paesi virtuosi in Europa, anche perché negli ultimi due anni siamo stati i più bravi a tenere sotto controllo i conti pubblici".

Il Pd attacca. Per Filippo Penati, capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani "la verità è che il governo non ha il coraggio di dire cosa vuol fare". "Ci chiediamo e chiediamo al presidente del Consiglio se la manovra approvata dal Consiglio dei ministri, e presentata nei dettagli in conferenza stampa, sarà la stessa che sarà sottoposta alla controfirma del presidente della Repubblica". E Marco Causi, deputato democratico e componente della commissione Bilancio della Camera commenta: "il governo non ha ancora un testo definitivo, è una pagliacciata".

Il federalismo fiscale. Il presidente del Consiglio esclude con forza che la manovra appena varata rappresenti la pietra tombale per il federalismo fiscale: "per non lasciare spazio ai retro pensieri abbiamo deciso di varare una commissione all'interno del Pdl che concluderà il suo esame entro l'estate. I vari decreti attuativi" vedranno la luce "entro i tempi richiesti".

A invitare "gli amici ministri della Lega e di tutto il governo a salvare la possibilità del federalismo fiscale, modificando la manovra" era stato Roberto Formigoni. Secondo il governatore della Lombardia i tagli andrebbero ripartiti diversamente. Preoccupazioni non condivise da Roberto Maroni. " Il cambiamento vero - dice il ministro dell'Interno - non è qualche spostamento di bilancio, ma passare da un sistema di gestione delle risorse con i meccanismi contenuti nel federalismo fiscale. Altrimenti guardiamo alla Finanziaria con i metodi del passato".

Intanto la Cgil di Guglielmo Epifani ha confermato lo sciopero generale contro la manovra per venerdì 25 giugno.

 

 

 

Prodi: "La Tobin tax è un'idea giusta. Ma va applicata su scala planetaria"

di Vittorio CarliniCronologia articolo28 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 11:56.

"Da un lato i mercati finanziari sono di fatto globalizzati; dall'altro gli strumenti per regolarli hanno ancora una dimensione locale, nazionale. E' questa la contraddizione che ci ha portato alla crisi". Romano Prodi, raggiunto al telefono nella sua casa di Bologna, non fa troppi sconti. Il Professore non nasconde le sue preoccupazioni: il futuro, perlomeno nell'immediato, non è roseo. "Questa dicotomia – dice - non sarà risolta in tempi brevi. Non vedo uno slancio, uno scatto in avanti in favore di una regolamentazione a livello mondiale".

Il problema della finanza è una conseguenza del più ampio fenomeno della globalizzazione…

La globalizzazione, in generale, sta provocando il cambiamento della sovranità nazionale. I mercati finanziari sono una parte del discorso. Lo stato westfaliano, come noi lo conosciamo, è oggetto di profondi mutamenti: è perforato da continui vasi comunicanti, essenzialmente per una duplice causa.

Vale a dire?

In primis, c'è il forte aumento del peso di istituzioni sovranazionali, quali per esempio l'Unione europea. Poi ci sono strumenti non istituzionali, come appunto le Borse e i mercati finanziari. Questi ultimi, però, sono guidati da forze non regolate in maniera sufficiente. E qui sta il guaio: fino a quando non lo affrontiamo, assisteremo al succedersi di altre crisi, di altri periodi di difficoltà.

Eppure, almeno a livello di dichiarazioni, c'è chi continua a richiamare il tema della riforma sistemica…

Sì, ma manca la politica. Non vedo all'orizzonte un forte accordo per il cambiamento. Fino all'aprile dell'anno scorso, si spingeva per una regolamentazione di tipo globale. Pian piano, le ambizioni sono diminuite; si è preferito ripiegare su argomentazioni di carattere tecnico, sulla soluzione di singoli aspetti del problema. Per carità, proposte pur sempre importanti ma che non affrontano il "peccato originale", non risolvono alla radice la contraddizione. Basta vedere quello che è successo per la Tobin tax.

Cosa intende dire?

In sé è una buona idea. Ma se non viene condivisa da tutti, se non c'è uno scatto in avanti della politica che la impone a livello planetario non ha senso. Può essere aggirata sempre e comunque, passando per qualche isola del Caimano.

Ma le regole sono veramente sufficienti a riportare nei giusti limiti un capitalismo finanziario che ha messo in atto la fuga in avanti?

Le regole sono tutto. Io parlo di accordi tra istituzioni, governi, organi che devono farle rispettare. La speculazione è forte quando la politica è debole. Se nel caso della Grecia avessimo avuto una politica con legami precisi, accordi precisi, strumenti precisi gli speculatori avrebbero preso una bastonata tale da ricordarsela per molto tempo.

Rimanendo sulla scala mondiale, molti auspicano una maggiore collaborazione tra Europa e Stati Uniti…

Su questi temi sarebbe utile arrivare ad una grande alleanza tra le due sponde dell'oceano Atlantico. Tuttavia, non credo che il governo di Washington sia in grado di prendere una simile iniziativa e le capitali europee non mi sembrano unite tra loro.

Perché pensa che il presidente Barack Obama non sia in grado di farsi promotore di un simile disegno?

Il mondo politico americano è diviso. Nel recente passato, soprattutto sul tema della finanza, ci sono state molte grida ma non grandi passaggi concreti. Non vedo un'idea che possa portare, per esempio, a dar vita ad una nuova Bretton Woods: cioè ad un grande accordo a livello mondiale. La conferenza, avviata nel 1944, avvenne in un momento in cui gli Stati Uniti potevano esercitare una forte leadership. Fu preparata da due anni di dicussioni. E poi, allora, il mondo era più piccolo: adesso bisogna coinvolgere molti più stati. Oggi come oggi solo il G20 potrebbe convocare, per il medio termine, un simile consesso. Tuttavia non vedo una spinta reale in tal senso. Non vorrei sembrare troppo pessimista, ma bisogna leggere la realtà con molta serietà.

Insomma, la politica non c'è. Per quale motivo?

Perché siamo in una fase ancora arretrata di cooperazione internazionale. Ci sono troppi players che vogliono giocare le loro carte. Gli stati nazionali hanno le loro prerogative, le loro regole cui non vogliono rinunciare. A ben vedere, non esiste un colpevole preciso. E' la storia che va avanti: già nel passato abbiamo vissuto periodi di grande mutamento, e nel futuro ce ne saranno altri. Di certo, però, la soluzione non è tornare al protezionismo. I mercati dei beni e quelli finanziari devono restare aperti, collegati tra loro e permettere una vita economica dinamica. Chiuderli significherebbe solo peggiorare le cose: il mondo tornerebbe verso la miseria e la guerra.

Passando a un piano più limitato, quello dell'Unione europea, dopo lo scoppio della crisi greca abbiamo assistito ad accenni di maggiore integrazione: nell'ipotesi di riforma del patto di stabilità è ipotizzato, per esempio, che i bilanci statali possano sottostare a una valutazione ex ante del Consiglio europeo. Un passo che condivide?

Sì e mi auguro che, dopo la crisi, i provvedimenti adottati spingano ancora di più in questa direzione. La politica monetaria comune deve essere affiancata da una politica economica coordinata sui grandi temi. Altrimenti, la situazione non può più reggere a lungo.

Quest'impostazione, giocoforza, conduce alla limitazione della sovranità nazionale nella politica fiscale…

Credo che, sui grandi capitoli economici, sia un processo inevitabile. Poi, voglio essere chiaro. Se la domanda è: dev'esserci un sistema sanitario europeo? Bé, rispondo con forza di no. Il principio di sussidiarietà è una cosa seria e i servizi ospedalieri debbono rimanere vicino ai cittadini. Un discorso analogo può farsi, ad esempio, per lo stato sociale: seppure può immaginarsi un coordinamento tra gli stati, la sua organizzazione resta un tema di livello locale. E' compito della politica individuare e definire cosa è nazionale e cosa sovranazionale.

In tal senso è stata fatta la proposta di un'agenzia di rating europea, un progetto sensato?

Si tratta di un problema serio. Già parecchi anni fa non avevo una grande considerazione di queste società: vedevo come davano i voti. E, poi, se il loro giudizio dev'essere considerato oggettivo perché pubblicarlo a mercati aperti? Senza dimenticare, inoltre, il tema del conflitto d'interessi. Ciò detto, non sono favorevole ad un'agenzia europea che non potrebbe limitarsi a valutare non solo il debito sovrano ma anche i bond aziendali.

Una soluzione potrebbe essere quella di rafforzare la Bce, attribuendogli un potere di valutazione sul merito di credito…

E' un discorso serio. La Bce è indipendente e risponde, in definitiva, all'opininione pubblica europea. Il tema del rafforzamento degli organi comunitari è rilevante. Penso, per esempio, ad Eurostat: che senso ha poter verificare solamente la bottom line di un bilancio, quando non puoi analizzare se gli addendi da cui deriva sono falsi oppure no. Torniamo al tema della maggiore integrazione e coordinamento, sempre però su i grandi capitoli economici

Insomma… Lei è un glocal

Certo che sì. Da tutta una vita sono glocal; quando ero presidente della Commissione europea ho tenuto la mia famiglia e le mie radici ben salde a Bologna, la mia terra.

 

 

 

 

Epifani conferma lo sciopero generale

Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 19:39.

La Cgil proclama lo sciopero generale contro la manovra varata dal governo per venerdì 25 giugno. L'annuncio arriva da Guglielmo Epifani, stupito per il fatto che all'iniziativa non aderiscano anche le altre sigle sindacali. "Il nostro obiettivo - ha detto Epifani - è fare pressione sul governo perchè modifichi quanto più è possibile una manovra che è iniqua e sbagliata". Il 12 giugno la Cgil scenderà in piazza con una manifestazione nazionale dei lavoratori del pubblico impiego e scuola. Lo sciopero generale sarà invece articolato su base territoriale e sarà di quattro ore.

 

Cisl e Uil non cambiano le loro posizioni. "Proponiamo che le proteste si facciano di sabato e le proposte negli altri giorni della settimana per non danneggiare le aziende già in crisi e i salari dei lavoratori le cui famiglie sono in difficoltà", dice Raffaele Bonanni. Secondo il segretario generale Cisl, di fronte alla manovra finanziaria del Governo, "è giusto protestare per le proprie opinioni, ma è altrettanto giusto proporle senza ricorrere all'undicesimo sciopero generale, che si commenta da sè". Per Bonanni la manovra contiene "fatti negativi e fatti positivi che come Cisl rivendichiamo, come il ripristino della tracciabilità dei pagamenti che era particolarmente indigesta a questo governo".

Epifani e Bonanni si vedranno probabilmente alla festa della Cisl (dall'11 al 13 giugno a Levico), dove il leader Cgil è stato invitato dal segretario generale Cisl.

Bonanni ha poi lanciato un monito al governo: "non si azzardi a toccare le liquidazioni di povera gente, che arriva a 30mila euro, dopo 40 anni di lavoro".

Sullo sciopero generale deciso per il 25 giugno, il leader Uil Luigi Angeletti non ha ancora fatto commenti. "Mi vengono solo battute, meglio evitare", aveva detto rispondendo ai giornalisti a margine dell'assemblea di Confindustria.

 

 

 

Ferretti e Berlusconi jr: "A Pier Silvio niente yacht"

Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 17:01.

In merito alle indiscrezioni di stampa sull'acquisto, da parte di Pier Silvio Berlusconi di uno yacht Ferretti per 18 milioni di euro, il presidente del gruppo, Norberto Ferretti, ha precisato: "Pier Silvio Berlusconi ha contribuito attivamente al progetto dell'imbarcazione e sulla stessa ha un'opzione d'acquisto nel caso in cui il prototipo superasse le prove di collaudo". Inoltre, "il prezzo dell'imbarcazione riportato dai media è errato e comunque più alto del prezzo reale"

 

 

 

Liquidazioni a rate solo dopo la soglia dei 90mila euro

Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 08:00.

Scatterà solo oltre la soglia dei 90mila euro la rateizzazione del pagamento della liquidazione ai dipendenti statali che andranno in pensione a partire dal 30 novembre. È l'ultima novità circolata ieri sui contenuti della manovra correttiva, al termine di una lunga giornata nel corso della quale i tecnici dell'Economia hanno completato le ultime correzioni al testo che, oggi, dovrebbe essere trasmesso al Quirinale.

Ieri Silvio Berlusconi, al termine di un lungo colloquio con il presidente, Giorgio Napolitano, ha confermato di non aver ancora firmato il decreto. Il Cavaliere ha replicato alla tesi sostenuta dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ("va bene il rigore ma ora occorrono misure strutturali"). Berlusconi suggerisce di leggere "con maggiore attenzione i 54 articoli del decreto, a partire dal primo capitolo su competitività economica e sostenibilità finanziaria", dove ci sono "rilevanti novità strutturali, in chiave di sviluppo".

 

 

2010-05-28

Prodi: "La Tobin tax e un'idea giusta. Ma va applicata su scala planetaria"

di Vittorio CarliniCronologia articolo28 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 11:56.

"Da un lato i mercati finanziari sono di fatto globalizzati; dall'altro gli strumenti per regolarli hanno ancora una dimensione locale, nazionale. E' questa la contraddizione che ci ha portato alla crisi". Romano Prodi, raggiunto al telefono nella sua casa di Bologna, non fa troppi sconti. Il Professore non nasconde le sue preoccupazioni: il futuro, perlomeno nell'immediato, non è roseo. "Questa dicotomia – dice - non sarà risolta in tempi brevi. Non vedo uno slancio, uno scatto in avanti in favore di una regolamentazione a livello mondiale".

Il problema della finanza è una conseguenza del più ampio fenomeno della globalizzazione…

La globalizzazione, in generale, sta provocando il cambiamento della sovranità nazionale. I mercati finanziari sono una parte del discorso. Lo stato westfaliano, come noi lo conosciamo, è oggetto di profondi mutamenti: è perforato da continui vasi comunicanti, essenzialmente per una duplice causa.

Vale a dire?

In primis, c'è il forte aumento del peso di istituzioni sovranazionali, quali per esempio l'Unione europea. Poi ci sono strumenti non istituzionali, come appunto le Borse e i mercati finanziari. Questi ultimi, però, sono guidati da forze non regolate in maniera sufficiente. E qui sta il guaio: fino a quando non lo affrontiamo, assisteremo al succedersi di altre crisi, di altri periodi di difficoltà.

Eppure, almeno a livello di dichiarazioni, c'è chi continua a richiamare il tema della riforma sistemica…

Sì, ma manca la politica. Non vedo all'orizzonte un forte accordo per il cambiamento. Fino all'aprile dell'anno scorso, si spingeva per una regolamentazione di tipo globale. Pian piano, le ambizioni sono diminuite; si è preferito ripiegare su argomentazioni di carattere tecnico, sulla soluzione di singoli aspetti del problema. Per carità, proposte pur sempre importanti ma che non affrontano il "peccato originale", non risolvono alla radice la contraddizione. Basta vedere quello che è successo per la Tobin tax.

Cosa intende dire?

In sé è una buona idea. Ma se non viene condivisa da tutti, se non c'è uno scatto in avanti della politica che la impone a livello planetario non ha senso. Può essere aggirata sempre e comunque, passando per qualche isola del Caimano.

Ma le regole sono veramente sufficienti a riportare nei giusti limiti un capitalismo finanziario che ha messo in atto la fuga in avanti?

Le regole sono tutto. Io parlo di accordi tra istituzioni, governi, organi che devono farle rispettare. La speculazione è forte quando la politica è debole. Se nel caso della Grecia avessimo avuto una politica con legami precisi, accordi precisi, strumenti precisi gli speculatori avrebbero preso una bastonata tale da ricordarsela per molto tempo.

Rimanendo sulla scala mondiale, molti auspicano una maggiore collaborazione tra Europa e Stati Uniti…

Su questi temi sarebbe utile arrivare ad una grande alleanza tra le due sponde dell'oceano Atlantico. Tuttavia, non credo che il governo di Washington sia in grado di prendere una simile iniziativa e le capitali europee non mi sembrano unite tra loro.

Perché pensa che il presidente Barack Obama non sia in grado di farsi promotore di un simile disegno?

Il mondo politico americano è diviso. Nel recente passato, soprattutto sul tema della finanza, ci sono state molte grida ma non grandi passaggi concreti. Non vedo un'idea che possa portare, per esempio, a dar vita ad una nuova Bretton Woods: cioè ad un grande accordo a livello mondiale. La conferenza, avviata nel 1944, avvenne in un momento in cui gli Stati Uniti potevano esercitare una forte leadership. Fu preparata da due anni di dicussioni. E poi, allora, il mondo era più piccolo: adesso bisogna coinvolgere molti più stati. Oggi come oggi solo il G20 potrebbe convocare, per il medio termine, un simile consesso. Tuttavia non vedo una spinta reale in tal senso. Non vorrei sembrare troppo pessimista, ma bisogna leggere la realtà con molta serietà.

Insomma, la politica non c'è. Per quale motivo?

Perché siamo in una fase ancora arretrata di cooperazione internazionale. Ci sono troppi players che vogliono giocare le loro carte. Gli stati nazionali hanno le loro prerogative, le loro regole cui non vogliono rinunciare. A ben vedere, non esiste un colpevole preciso. E' la storia che va avanti: già nel passato abbiamo vissuto periodi di grande mutamento, e nel futuro ce ne saranno altri. Di certo, però, la soluzione non è tornare al protezionismo. I mercati dei beni e quelli finanziari devono restare aperti, collegati tra loro e permettere una vita economica dinamica. Chiuderli significherebbe solo peggiorare le cose: il mondo tornerebbe verso la miseria e la guerra.

Passando a un piano più limitato, quello dell'Unione europea, dopo lo scoppio della crisi greca abbiamo assistito ad accenni di maggiore integrazione: nell'ipotesi di riforma del patto di stabilità è ipotizzato, per esempio, che i bilanci statali possano sottostare a una valutazione ex ante del Consiglio europeo. Un passo che condivide?

Sì e mi auguro che, dopo la crisi, i provvedimenti adottati spingano ancora di più in questa direzione. La politica monetaria comune deve essere affiancata da una politica economica coordinata sui grandi temi. Altrimenti, la situazione non può più reggere a lungo.

Quest'impostazione, giocoforza, conduce alla limitazione della sovranità nazionale nella politica fiscale…

Credo che, sui grandi capitoli economici, sia un processo inevitabile. Poi, voglio essere chiaro. Se la domanda è: dev'esserci un sistema sanitario europeo? Bé, rispondo con forza di no. Il principio di sussidiarietà è una cosa seria e i servizi ospedalieri debbono rimanere vicino ai cittadini. Un discorso analogo può farsi, ad esempio, per lo stato sociale: seppure può immaginarsi un coordinamento tra gli stati, la sua organizzazione resta un tema di livello locale. E' compito della politica individuare e definire cosa è nazionale e cosa sovranazionale.

In tal senso è stata fatta la proposta di un'agenzia di rating europea, un progetto sensato?

Si tratta di un problema serio. Già parecchi anni fa non avevo una grande considerazione di queste società: vedevo come davano i voti. E, poi, se il loro giudizio dev'essere considerato oggettivo perché pubblicarlo a mercati aperti? Senza dimenticare, inoltre, il tema del conflitto d'interessi. Ciò detto, non sono favorevole ad un'agenzia europea che non potrebbe limitarsi a valutare non solo il debito sovrano ma anche i bond aziendali.

Una soluzione potrebbe essere quella di rafforzare la Bce, attribuendogli un potere di valutazione sul merito di credito…

E' un discorso serio. La Bce è indipendente e risponde, in definitiva, all'opininione pubblica europea. Il tema del rafforzamento degli organi comunitari è rilevante. Penso, per esempio, ad Eurostat: che senso ha poter verificare solamente la bottom line di un bilancio, quando non puoi analizzare se gli addendi da cui deriva sono falsi oppure no. Torniamo al tema della maggiore integrazione e coordinamento, sempre però su i grandi capitoli economici

Insomma… Lei è un glocal

Certo che sì. Da tutta una vita sono glocal; quando ero presidente della Commissione europea ho tenuto la mia famiglia e le mie radici ben salde a Bologna, la mia terra.

 

 

 

 

Il cambio di passo necessario allo sviluppo

di Franco LocatelliCronologia articolo28 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 08:59.

L'ultima modifica è del 28 maggio 2010 alle ore 08:37.

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La Confindustria del centenario è la Confindustria del cambio di passo ed è la Confindustria delle riforme per lo sviluppo. La ricorrenza dei primi cent'anni di vita della Confindustria era ed è un traguardo storico ma presentava il rischio dell'autocelebrazione.

Nella sua relazione all'assemblea di mid-term di ieri, la presidente Emma Marcegaglia l'ha evitato, raccogliendo l'eredità dei primi cent'anni dell'organizzazione degli imprenditori e in particolare la sua "capacità di offrire al Paese una visione lunga" e al tempo stesso insofferente di una crescita da troppi anni anemica. Marcegaglia ha fatto appello all'orgoglio di un'organizzazione che rappresenta un motore della modernizzazione del paese ma l'ha usato senza autocompiacimento bensì per incalzare la politica e spronarla ad aggredire i problemi dell'Italia. E per indurre l'Italia delle imprese e del lavoro a fare ancora di più la propria parte a cominciare dalle grandi assise da tenere entro l'estate. La manovra di rigore del governo va bene e merita sostegno, ma "mettere in ordine i conti pubblici non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali".

Quella di ieri è stata tutto tranne che un'assemblea scontata. Con le parole della presidente e con la composta ma illuminante tiepidezza della platea alla seducente proposta del premier di "catturare" Marcegaglia offrendole la poltrona di ministro dello Sviluppo economico, la Confindustria ha lanciato un messaggio chiaro e ha voluto dire che, anche di fronte a un capo del governo imprenditore, il tempo delle aperture di credito è finito. Di fronte alla durezza della crisi non bastano promesse. Per recuperare competitività e tornare a crescere a un ritmo di almeno il 2% all'anno, servono risposte forti e cambiamenti profondi che solo rapide riforme possono garantire. Il paradigma competitivo che Confindustria ha messo in campo e che ha riassunto in un ventaglio di proposte traguardato all'Italia del 2015 non è un libro dei sogni.

Le riforme che gli imprenditore chiedono con forza riguardano le infrastrutture, l'energia, la ricerca, il capitale umano, il fisco e la giustizia ma anche la concorrenza e la legalità. Parole che sono bastate per scatenare un uragano di applausi della platea.

Fa riflettere che i consensi più caldi la numero uno di Confindustria li abbia raccolti quando è andata alla radice delle inefficienze italiche e abbia messo sotto accusa i costi della politica che "dà occupazione a troppa gente in Italia ed è l'unico settore che non conosce né crisi né cassa integrazione". Le venticinquemila poltrone distribuite nelle società pubbliche locali parlano da sole e gridano vendetta. Non è sfuggito a nessuno nemmeno l'avvertimento che Marcegaglia ha voluto mandare sul federalismo quando ha precisato che "l'unico federalismo utile è quello capace di sradicare l'eccesso di spesa pubblica, la sua inefficienza, l'eccesso di occupazione di aree di mercato" e ha concluso sostenendo che "o il federalismo fiscale sarà questo oppure non ci interessa".

Se Silvio Berlusconi riconosce, come ha fatto ieri davanti all'assemblea, che ciò che dice la Confindustria "è sacrosanto" ma che realizzarlo è terribilmente difficile e che proprio per questo si appella agli imprenditori perché diano, anche personalmente, una mano, è evidente che questo è un segno delle difficoltà dei tempi. Le recenti elezioni regionali hanno confermato il quadro di governabilità attuale ma la crisi dell'Europa sta visibilmente e velocemente cambiando gli umori e gli orientamenti delle classe dirigenti accelerando l'urgenza delle riforme per tornare a crescere. La debolezza dell'euro dà temporaneamente respiro alle nostre imprese e al nostro export ma il vento è cambiato e il tempo del credito illimitato alla classe politica è scaduto. Chi cerca il consenso dovrà guadagnarselo ogni giorno: con i fatti e la serietà.

 

 

 

IL PUNTO / Sulle province il rigore si attenua e la debolezza del potere è un alibi

di Stefano FolliCronologia articolo28 maggio 2010

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Storia dell'articolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 08:57.

L'ultima modifica è del 28 maggio 2010 alle ore 08:38.

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C'è qualcosa di poco chiaro, anzi di ambiguo, in una giornata che prima vede il presidente del Consiglio difendere il rigore della manovra di fronte agli industriali e poi, nel pomeriggio, annunciare che la mini-soppressione delle province è stata stralciata. Se è così, il segnale non è positivo. In primo luogo perché il governo trasmette di sé un'immagine contradditoria, ma soprattutto incerta.

Quel che è peggio, dà l'impressione di non essere convinto delle sue azioni. Oppure, il che è lo stesso, di essere talmente diviso al suo interno che le spinte contrapposte alla fine si equivalgono e producono la più classica delle "non decisioni".

È fin troppo ovvio che la manovra ha un significato contabile, certo, ma in particolare ha un risvolto morale. Essa serve per dire al mondo (ai mercati internazionali, all'Europa) che l'Italia è credibile e coesa e sa affrontare una stagione di sacrifici. Purtroppo la coesione a cui fa continuo riferimento il capo dello Stato lascia parecchio a desiderare. Se dobbiamo guardare alle reazioni politiche (ad esempio il Partito Democratico), sindacali (la Cgil) e di categoria (i magistrati, ma non solo loro), il paese è tutto tranne che unito nell'austerità.

Ma naturalmente è giusta l'obiezione che nemmeno la maggioranza riesce a essere coerente con i suoi princìpi per più di ventiquattro ore. La sensazione è che il premier, stretto fra esigenza di rigore e timore d'impopolarità, sia indeciso sul da farsi. In altri tempi il suo intervento all'assemblea degli industriali sarebbe stato più caldo e l'incontro si sarebbe svolto su toni più convincenti. Quest'anno si è avvertita per la prima volta una nota stonata.

È come se Berlusconi non fosse del tutto compreso nella parte che la nuova congiuntura gli ha assegnato. E infatti qualche ora dopo, a Parigi, ha tenuto a sottolineare che i suoi sondaggi gli attribuscono un indice di gradimento di oltre il 60 per cento: e questo "nonostante la manovra". È evidente che un'attenzione spasmodica per gli indici di popolarità non è la premessa più adatta quando si tratta di sfidare le reazioni che inevitabilmente misure di questa portata innescano. L'annuncio che si rinuncia a intervenire sulle province, sia pure in forme poco più che simboliche, è un sintomo di debolezza e non lascia ben sperare per il resto.

il che spiega forse anche la bizzarra citazione mussoliniana che il premier ha regalato ai giornalisti durante la conferenza stampa presso l'Ocse. A parte il fatto che l'autenticità del cosiddetto diario del duce è assai controversa, a dir poco, il paragone proposto da Berlusconi non regge. Tutto si può dire di Mussolini tranne che fosse uomo incapace di prendere decisioni o di farsi obbedire, come purtroppo la storia d'Italia ha dimostrato.

In ogni caso, il reiterato rammarico berlusconiano per la propria personale mancanza di potere prova più che altro la stanchezza e la frustrazione del premier. La sede scelta per manifestare tali sentimenti (un consesso internazionale all'estero) è quantomeno impropria. E l'accostamento non a un leader europeo contemporaneo, come la Merkel o Sarkozy, bensì al dittatore che ha segnato la storia della prima metà del Novecento, lascia perplessi. Anche perché il nodo non riguarda la carenza dei poteri, quanto piuttosto la capacità di dominare le tensioni della maggioranza in termini politici. A cominciare dal peso crescente della Lega.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il premier cita Mussolini per dire che non ha "la sensazione di essere al potere"

Cronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 20:29.

Il Sole 24 Ore Radiocor - "Come primo ministro non ho mai avuto la sensazione di essere al potere, quando ero imprenditore e avevo 56 mila collaboratori avevo la sensazione di avere del potere. In una vera democrazia sono al servizio di tutti, tutti mi possono criticare e magari anche insultare. Chi è in questa posizione non ha veramente potere". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi durante una conferenza stampa all'Ocse, passando poi a citare Mussolini. "Ho letto i diari di Mussolini nei giorni scorsi e c'è un pezzo che dice: 'Dicono che ho potere, ma non è vero, lo hanno i gerarchi, posso solo dire al mio cavallo di andare a destra o a sinistrà", ha detto il premier.

 

 

 

 

Berlusconi: "Nella manovra nessun accenno alle province"

di Nicoletta CottoneCronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 19:45.

"Nel decreto non c'è nessun accenno alle province". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha risposto così, a margine dei lavori dell'Ocse in corso a Parigi, a chi gli ha chiesto della soppressione delle piccole province nel quadro della manovra correttiva.

Ieri la presentazione della manovra, la cronaca

"La migliore ricetta contro la speculazione è la riduzione della spesa pubblica e dell'intervento dello Stato nell'economia". Inizia così la conferenza stampa a palazzo Chigi il premier Silvio Berlusconi, che insieme al ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ha illustrato il contenuto della manovra da 24 miliardi varata ieri dal Consiglio dei ministri con un decreto legge. Si tratta, ha detto il Cavaliere, di "provvedimenti equilibrati e inevitabili: equilibrati perché si chiede di più a chi ha evaso di più; inevitabili perché l'Italia, al pari di altri paesi della vecchia Europa, sta vivendo al di sopra delle proprie risorse".

Berlusconi ha sottolineato che "la crisi è stata provocata dalla speculazione", si tratta di "una situazione senza precedenti" e ha aggiunto che "il costo dello Stato non è più sostenibile". La manovra varata dal Governo contiene "sacrifici indispensabili, ma necessari per difendere la nostra moneta". Solo difendendo l'euro "si difendono i salari e le pensioni degli italiani, le imprese e i risparmi delle famiglie".

Quello della manovra è un testo molto complesso, fatto di 54 articoli divisi su tre capi e, che viene presentato in due parti: una relativa alla competitività economica e una sulla sostenibilità finanziaria. "Non c'erano alternative per i tempi e per i numeri", ha detto il numero uno dell'Economia Giulio Tremonti: si tratta di "un intervento giusto come numeri, tempestivamente come numeri, ed efficace per il bene comune che è contenuto nel bilancio pubblico". La manovra comporta una correzione dei conti pubblici di 12 miliardi per il 2011 e di 24,9 miliardi a regime, ha detto il ministro dell'Economia precisando che é comunque "difficile fare la quadra oggi" sull'effettivo impatto della manovra alla luce della difficoltà di fare previsioni sull'evoluzione dell'economia a così lungo termine.

È stata illustrata la misura di detassazione e di decontribuzione dei salari legati alla produttività."Collegare gli incrementi dei salari alla produttività è di interesse pubblico. Vogliamo dare un premio fiscale e contributivo perchè se c'è un problema del nostro paese è quello della produttività".

Il ministro ha anche confermato che i nuovi insediamenti produttivi nel Mezzogiorno non pagheranno l'Irap e ha annunciato che la fiscalità di vantaggio per il Sud "non é un regime differenziale ma un anticipo di ciò che ci sarà anche al Nord: la cancellazione dell'Irap "per i nuovi insediamenti produttivi". Confermato, poi, il taglio del 10% alle spese ai ministeri e alla pubblica amministrazione, la lotta ai falsi invalidi, visto che le pensioni d'invalidità e le loro assegnazioni "nascondono una realtà che è degenerata perchè si è pasasti da una spesa di 6 miliardi nel 2001-2002 a 16 miliardi attuali. Il costo delle pensioni è così salito di un punto di Pil". Con la manovra sono stati anche cancellati 27 enti pubblici e "altri saranno aggiunti" a questo elenco.

Tremonti ha annunciato la creazione di zone a burocrazia zero: "si tratta di aree identificate nelle regioni, immaginiamo a partire dal Mezzogiorno, dove ci sarà un responsabile del governo responsabile per tutta la burocrazia e dove ci sarà uno sportello unico".

Non è più sostenibile, ha poi spiegato Tremonti, la formula dello stato sociale che ha accompagnato i cittadini europei "dalla culla alla tomba". Occorre un ripensamento di questo modello, visto che l'Europa è un contimente "dove ci sono poche culle e poche tombe". La manovra non tocca la sanità e i ticket, ha detto il ministro.

La modifica introdotta dalla manovra per andare in pensione con una finestra unica a scorrimento sia per le pensioni di anzianità sia di vecchiaia è "strutturale", ha spiegato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. "A regime - ha detto - la finestra unica è strutturale. Sento dire che non è strutturale. Non è strutturale è strutturalissima perchè riguarda tutti". Parlando poi della riforma approvata dal governo che ancora l'età pensionistica alle aspettative di vita, Tremonti ha detto che con questa modifica "il nostro sistema è il più stabile d'Europa. A partire dal 2020 poi si porrà il problema se intervenire verso i giovani o verso gli anziani ma non è il tempo di un decreto. È un problema che si pone nel tempo".

Con la manovra è stato avviato "un forte contrasto all'evasione fiscale", ha detto il premier, ricordando che le risorse sottratte all'Erario ammontano a circa 120 miliardi l'anno. "Nel Sud ci sono percentuali inaccettabili" di evasione, ha detto il Cavaliere citando "ad esempio "l'85% in Calabria e il 63% in Sicilia". Quindi i controlli inseriti dalla manovra sono "il primo rimedio al malcostume". Con il federalismo fiscale il governo conta di porre rimedio alla diserzione fiscale, grazie a un maggiore coinvolgimento dei Comuni nell'accertamento dei redditi evasi. "Il contribuente ci penserà così due volte prima di fare una dichiarazione a un Comune dove tutti conoscono la sua qualità di vita". Tremonti e Berlusocni hanno anche confernato che la manovra abbassa il tetto per la tracciabilità nell'uso del contante da 12.500 a 5mila euro.

Berlusconi ha voluto sottolineare che non c'è stato scontro nel Governo sulla manovra e men che meno con Tremonti, come invece era stato riportato dai media. "Non c'è mai stato un momento in cui la dialettica, che è logico che ci sia, sia salita di tono", ha detto il premier.

 

 

 

Per il mondo dell'industria le riforme sono urgenti

di Nicoletta PicchioCronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 17:30.

Riforme strutturali urgenti. Subito: "Forse è già tardi". Emma Marcegaglia nella sua relazione all'Assemblea di Confindustria, ha incalzato la politica, maggioranza e opposizione. Chiedendo al Governo di agire in fretta: lo chiede la Ue, i mercati. Lo impone la scarsa crescita del Paese.

Bene la manovra, anche se è ancora da verificare se gli interventi incideranno dal profondo sui meccanismi di formazione della spesa pubblica. Un sì condizionato. In un contesto dove la Confindustria chiede al Governo un cambio di marcia. Niente sconti: è dovere dell'Esecutivo, oltre che della maggioranza, "assumere decisioni all'altezza dei problemi".

E si chiuderebbe nell'insuccesso, ha detto la Marcegaglia "la lunga promessa di una politica del fare". Non lo dice esplicitamente, ma il riferimento è alle parole fatte da Silvio Berlusconi, quando si è presentato sulla scena politica, proprio come uomo "del fare".

Le imprese vogliono cambiamenti. E ne sono la prova gli scroscianti applausi durante la relazione quando la Marcegaglia ha incalzato contro i costi e i privilegi della politica, ha sollecitato sacrifici da parte di tutti, ha denunciato l'aumento dei consorzi e società controllate da enti pubblici, +5,2% nel 2009, a quota 7.100, mentre erano 5mila pochi anni fa.

Le imprese sono stanche di mettere in evidenza i problemi per poi trovarsi di fronte, da anni, un eccessivo immobilismo. E forse Berlusconi non si aspettava di essere accolto da una platea fredda, di raccogliere pochi secondi di applausi stentati, di non scaldare il pubblico neanche con la boutade sulla Marcegaglia ministro dello Sviluppo (ha chiesto al pubblico di alzare la mano). Non hanno voglia di scherzare gli imprenditori che stanno facendo i conti con un calo di fatturato e produzione che è arrivato in alcuni casi ad oltre il 50 per cento.

Stanno reagendo alla crisi e hanno voglia di rimboccarsi le maniche. Confindustria è pronta a prendersi il suo carico d'azione e la Marcegaglia ha lanciato le Assise delle imprese e del lavoro, per affrontare il tema della produttività. Chiedendo una "grande riscossa nazionale". La politica non può stare a guardare.

 

 

 

 

 

2010-05-27

Marcegaglia: serve la riforma del fisco. Giù le tasse alle imprese

di Nicoletta CottoneCronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 11:32.

Subito il taglio delle tasse sulle imprese e sul lavoro. La riforma del fisco è per Confindustria "importantissima". Per questo l'associazione degli industriali è pronta a "un'iniziativa condivisa con le altre parti sociali". La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, nel suo intervento all'assemblea annuale di Confindustria, ha sottolineato che la riforma fiscale deve avere "l'obiettivo di ridurre le tasse su imprese e lavoratori, i due pilastri che sostengono questo paese, iniziando a togliere la componente del costo del lavoro dalla base imponibile Irap".

Occorre una semplificazione e una certezza delle norme. Serve "estendere la lotta all'evasione fiscale a tutte le attività economiche. L'evasione è una piaga che va contrastata, non per coprire i buchi del bilancio pubblico, ma per ridurre le aliquote su chi le paga. In questo difficile momento del Paese, sul recupero del gettito evaso si misura la rappresentanza d'impresa. Sarebbe esiziale, invece, bisogna accelelarle". La semplificazione è rimasta una promessa. "Anche nella manovra del Governo, il fine condivisibile di eliminare disparità fiscali rischia di tradursi in norme retroattive e penalizzanti, come nel settore immobiliare. La semplificazione - ha concluso – è rimasta, nel concreto, una promessa".

"La manovra varata dal Governo - per Emma Marcegaglia - contiene misure che Confindustria chiede da tempo". Ma é un sì condizionato quello della leader degli industriali, perché mancano "interventi strutturali per incidere sui meccanismi di formazione della spesa pubblica. Servono riforme per rilanciare lo sviluppo".

Le liberalizzazioni mancate continuano a penalizzare il Paese. "In Italia c'è bisogno di più mercato, ancora poco presente o assente in troppi settori della vita pubblica", ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, secondo la quale "le liberalizzazioni mancate continuano a penalizzare il Paese. Si manifestano segni sempre più preoccupanti di una vera e propria allergia al mercato". In Parlamento c'é "l'allarmante corsa a ripristinare barriere all'ingresso e tariffe minime per i servizi professionali" e "se Governo e maggioranza persistono in questa marcia indietro sulle liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni, noi ci metteremo di traverso e sarà opposizione dura".

"Non ci faremo intimidire dalla mafia", ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Dalla criminilità sono arrivate "minacce gravissime che testimoniano quanto sia vero il nostro impegno contro l'illegalita". Forte l'applauso dell'assemblea quando Marcegaglia ha fatto riferimento alle minacce che hanno ricevuto il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, e Antonello Montante, presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta e delegato in Confindustria sul fronte della sicurezza.

L'Italia vive un momento storico "molto critico". Il fardello del debito pubblico e l'aumento della disoccupazione saranno il "lascito duraturo" della crisi e "peseranno a lungo sulle prospettive di crescita". Uno scenario "poco incoraggiante", che obbliga il Governo a "non sbagliare tattica e strategia", perchè "forse è già tardi". Quindi è urgente prendere in tempi rapidi decisioni giuste per tornare a crescere "stabilmente almeno il 2 per cento". La presidente Marcegaglia si è rivolta a maggioranza e opposizione chiedendo un impegno bipartisan sulla manovra. "Le misure di rigore della manovra economica "non vanno indebolite in Parlamento, vanno rafforzate".

 

Secondo Marcegaglia il taglio alla spesa pubblica deve essere strutturale. "Occorrono tagli agli stipendi pubblici, aumenti dell'età effettiva di pensionamento, revoca delle false invalidità, tagli alla sanità. La manovra varata dal Governo fa propri alcuni di questi principi. Traccia il sentiero di ridimensionamento della spesa pubblica, che però va reso strutturale".

Confindustria condivide la decisione di non ripianare coi fondi Fas i deficit sanitari delle Regioni, ma se questo dovesse comportare un aumento delle tasse, "quelle tasse in più non chiedetele alle imprese, che non votano. Chiedetele ai cittadini che manderanno a casa col voto chi non ha saputo gestire i soldi pubblici".

 

Conti pubblici in ordine e competitività elevata sononecessarie anche per avere un basso costo del denaro. Nell'età dell'euro "abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve poi stupire se l'Italia cresce poco", ha detto il presidente di Confindustria, puntando l'indice sul cattivo andamento della produttività. Ora la produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo, "ma su questo recupero

gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque, non si tratterà - prevede Confindustria - di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo". E' necessario

"spezzare la spirale fatta di scarsità di investimenti, fuga di giovani, imprese che faticano a crescere e la cui dimensione media tende a diminuire. Un ambiente sfavorevole alle iniziative imprenditoriali".

 

 

 

Pressing di Silvio su Emma: "Vieni a fare il ministro". No degli imprenditori

Cronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 12:47.

"Avanti tutta ce la faremo anche questa volta". Così il premier Silvio Berlusconi ha chiuso il suo intervento all'assemblea di Confindustria. "Come vedreste la Marcegaglia di fianco al presidente del Consiglio per dargli una mano? Votate per Emma al ministero delle attività produttive", ha detto il Cavaliere alla platea di Confindustria ricordando di avere già proposto a Emma Marcegaglia di aiutarlo prendendo l'incarico di ministro delle attività produttive. "Ho bisogno di essere aiutato per ridurre il perimetro dello Stato e la spesa è difficile". Ma dalla sala non si alza nessuna mano.

"Allora non potete prendervela più con il governo. Noi siamo dei poveracci e abbiamo ereditato una situazione di decenni precedenti, governi che dall'80 al '92 hanno moltiplicato il debito pubblico".

"Garantisco a Emma e alla giunta di Confindustria il massimo dell'impegno e che le direzioni che Emma ha indicato sono condivise dal nostro governo che opererà di conseguenza. "Nessuna marcia indietro sulle liberalizzazioni, nel commercio e nelle professioni. Anzi, vogliamo continuare in quella direzione".

Una manovra che "non rientra nelle comuni finanziarie", ma che è stata "imposta dall'Europa e dall'attacco all'euro che si è verificato nei giorni intorno al 9 maggio e che per fortuna è stato sventato credo con l'intervento decisivo da parte del nostro Governo.

 

"Senza ottimismo e fiducia non andremmo da nessuna parte. In una situazione di crisi chi ci crede può migliorare le performance e le quote di mercato". Il premier si é complimentato per "la passione e la capacità di rischiare. In voi non ho mai incontrato atteggiamenti di scoramento".(N.Co.)

 

 

 

 

Nella manovra c'è la qualità

di Alberto Alesina e Roberto PerottiCronologia articolo27 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 09:30.

L'ultima modifica è del 27 maggio 2010 alle ore 08:05.

La politica fiscale in Italia, come in tutta Europa, oggi si muove tra Scilla e Cariddi. Da un lato sono necessarie forti riduzioni dei disavanzi per evitare aumenti dei tassi d'interesse e possibili crisi da debito. Dall'altro una stretta fiscale potrebbe mettere in pericolo la modesta ripresa in atto. In questo momento a noi pare che il rischio più grave per l'Italia sia il primo, dato il rapporto debito/Pil del 120%.

 

Ecco perché serve una politica fiscale rigorosa in termini di quantità e soprattutto di qualità, cioè di "come" si riduce il deficit. Che si debba ridurre la spesa e non aumentare le aliquote è per fortuna cosa ormai entrata nel lessico politico. Ma tagli temporanei che solo spostino le spese in avanti, e che non incidano sui parametri di spesa automatica servono a poco. Soprattutto non basterebbero oggi perché mercati sofisticati e attenti non si fanno ingannare con così poco.

Ci rendiamo conto che è facile invocare tagli alla spesa standosene comodamente seduti nei propri uffici all'università, e sappiamo bene quali siano i vincoli politici. Ma il rischio è serio. La probabilità di una perdita di fiducia dei mercati nei confronti dell'Italia per il momento è remota, ma se si verificasse sarebbe un evento dalle conseguenze estremamente severe. Bisogna dunque giocare d'anticipo perché se i mercati dovessero preoccuparsi, anche un surplus primario servirebbe a ben poco data la montagna di debito che l'Italia ha accumulato: i mercati guarderebbero solo al debito, e a quel punto ci sarebbe ben poco da fare. Quindi, insieme a misure che riducano subito il deficit, si deve iniziare a riconoscere che la spesa per pensioni e impiego pubblico deve scendere in proporzione al Pil. L'Italia deve costruire un sistema di welfare basato su sussidi temporanei a disoccupati, non su posti di lavoro pubblici permanenti e pensioni d'invalidità fasulle, e l'età pensionabile deve gradualmente salire dati gli andamenti demografici.

 

Alla luce di tutto questo, come valutare la manovra del governo? Sul fronte della spesa vi sono quattro elementi positivi. Il più importante, sia quantitativamente che come segnale di svolta, è il blocco dei salari pubblici e la riduzione, seppur di poco di quelli più alti.

Un secondo intervento positivo è su regioni, province e comuni: tagli di 4 miliardi nel 2001 e 7 miliardi nel 2012, con un inasprimento delle sanzioni (compresa l'ineleggibilità) per gli amministratori che sforano, e un limite alle assunzioni. Il pubblico impiego regionale è spesso ancora più inefficiente di quello centrale. Mai come in questo caso però il diavolo è nei dettagli: un conto è tagliare i trasferimenti alle regioni, un altro è suggerire dove e come tagliare. E non è chiaro se le misure discriminino in modo adeguato tra regioni virtuose e quelle, come Lazio e Campania, che da anni usano la spesa sanitaria in modo irresponsabile.

 

La terza area d'intervento sono i costi della politica (anche se dal Cdm sono scomparsi i tagli, già minimi, per i parlamentari e i giudici della Corte costituzionale) e l'abolizione di molti enti inutili. Queste sono misure di facciata nel senso che la loro dimensione non ha un significato macroeconomico; ma non c'è motivo per non attuarle, e in ogni caso in politica i simboli hanno la loro importanza.

La quarta area sono i tanti provvedimenti per ridurre le spese della pubblica amministrazione, dagli organi collegiali alla formazione (notoriamente una fonte di grandi sprechi) alle auto blu. Realisticamente, anche queste misure non porteranno a una rilevante riduzione del deficit (e non tutte verranno attuate), ma anch'esse andavano prese. Nel complesso, l'impressione è che per la prima volta si sia cercato di dare un contenuto concreto alla famosa espressione "ridurre gli sprechi".

 

L'area dove persistono ambiguità e debolezze sono le pensioni. Si è fatto qualcosa per le pensioni d'invalidità, si è di fatto accelerato di due anni il processo d'innalzamento dell'età pensionabile per le dipendenti statali, e si è ridotta a una la finestra in uscita. Non molto da un punto di vista strutturale. Ma è importante l'aver segnalato che le pensioni non sono intoccabili, e che l'aumento dell'età pensionabile è un processo inesorabile che non va rallentato, anzi accelerato.

 

Secondo il governo, la manovra dovrebbe ridurre il disavanzo dello 0,8% nel 2011 e nel 2012. Molto dipenderà dall'esito della lotta all'evasione e del minicondono, entrambi i quali sono tipicamente sovrastimati nelle Finanziarie. Gli effetti sulla spesa saranno dunque contenuti, probabilmente meno dello 0,5 per cento. Non vediamo quindi come si possa parlare di "manovra lacrime e sangue"; il pregio della manovra, più che nella quantità, è nella qualità. Era il minimo che si poteva e doveva fare nella situazione attuale, ma va dato atto al governo (o almeno a una parte di esso) che l'ha fatto affrontando alcuni temi spinosi. Il difficile però viene adesso: un conto è annunciare che si vuole bloccare gli stipendi degli statali fino al 2013; un altro è resistere per tre anni alle inevitabili pressioni. Staremo a vedere.

 

 

 

 

L'abc della manovra da 24 miliardi di tagli

di Nicoletta CottoneCronologia articolo25 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 15:54.

Semaforo verde del Consiglio dei ministri al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013, al termine di una riunione durata 85 minuti, che si é chiusa qualche minuto prima delle 21. Arriva una sanatoria per gli immobili fantasma, scende il tetto della tracciabilità del contante, viene varata una stretta sulle invalidità e nuove regole per il redditometro. Si dimezza la spesa per la formazione nella Pubblica amministrazione, si riducono i rimborsi ai partiti, arriva un piccolo taglio agli stipendi dei politici (10% sulla parte eccedente gli 80mila euro).

Zero Irap, poi, per le imprese che operano nel mezzogiorno. Prevista anche una stretta sull'uso delle risorse da parte della protezione civile e un giro di vite sulle auto blu. Fra le misure dell'ultima ora si ipotizza anche l'inserimento dell'erogazione del trattamento di fine rapporto per gli statali. Possibili modifiche potrebbero intervenire anche sul criterio di calcolo della buonuscita.

Nella manovra di Tremonti a base di "tagli e sacrifici" si va dall'accertamento degli immobili fantasma alla tracciabilità dei pagamenti. Ecco un primo dettaglio delle misure. Inoltre, cliccando l'icona dei video in alto troverete due commenti alle mosse del governo: "Manovra, un passaggio cruciale per tutti" (di Stefano Folli) e "Arriva la manovra dei sacrifici" (di Dino Pesole).

Accertamento immobili fantasma. Sulla base dei rilievi aerofotogrammetrici effettuati dall'Agenzia del territorio, e degli accertamenti già notificati, obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale, con riduzione delle sanzioni a un terzo. In mancanza, attribuzione di rendita presunta, retroattività della rendita . Obbligo di indicare negli atti soggetti a trascrizione identificazione catastale e relative planimetrie integrazione tra funzioni catastali residuate all'agenzia del territorio e Comuni.

Accertamento, partecipazione dei Comuni. Potenziamento della partecipazione dei Comuni all'accertamento e al recupero dei tributi evasi, con attribuzione del 33% delle maggiori entrate così reperite.

Affitti e manutenzioni negli apparati amministrativi. Prevista una riduzione della spesa per affitti e manutenzioni.

Apparati amministrativi, organi collegiali e di indirizzo.

Per incarichi di partecipazione ad organi collegiali possibile percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Per la partecipazione a organi collegali di enti pubblici o privati che ricevono contributi pubblici si possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Riduzione del 10% delle indennità e compensi ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

Assegno di invalidità, riduzione della spesa. Elevazione percentuale di invalidità dal 74% all'80% per la concessione dell'assegno di invalidità. Si intensifica il piano controlli invalidità civile: il programma di verifiche Inps prevede 100mila controlli per l'anno 2010 e di 200mila l'anno per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Viene chiesto un concorso delle Regioni alle spese per invalidità civile: a valere sui trasferimenti alle regioni, il 45% degli stessi sono redistribuite tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa effettuata in ciascuna regione per invalidità civile. Arriva una revisione della procedura sull'accertamento della condizione di handicap, con accertamento delle Aziende sanitarie mediante appositi accertamenti collegiali.

Auto blu, tagli. Arrivano limitazioni all'uso delle autovetture di servizio: con esclusione dei Vigile del Fuoco e del comparto sicurezza, riduzione delle spese all'80 % della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi.

Casellario dell'assistenza. Monitoraggio costante e incrociato dei dati rilevanti ai fini dell'erogazione dei trattamenti di pensione con la creazione, presso Inps, del casellario dell'assistenza e il rafforzamento dell'obbligo di comunicazione dei redditi da pensione ai fini dell'accertamento della situazione reddituale.

Censimento immobili enti previdenziali e razionalizzazione. Previsto un censimento degli immobili degli enti previdenziali, con specifica indicazione di quelli a uso istituzionale e di quelli in godimento a privati. -Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti ad uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Concessioni autostradali. Determinazione del termine per l'avvio delle gare di rinnovo convenzioni autostrade: in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni Cipe gli schemi si intendono non approvati e sono sottoposti alle procedure ordinarie.

Controlli di spesa delle amministrazioni centrali attraverso l'eliminazione delle forme di autonomia finanziaria. Prevista la riduzione dei centri di spesa dotati di autonomia finanziaria estranei ai ministeri e alle ordinarie regole di funzionamento controllo finanziario

Costi della politica, tagli per ministri e sottosegretari. Prevista una riduzione del 10% per la parte eccedente gli 80mila euro del trattamento economico di ministri e sottosegretari non parlamentari.

Costi della politica, riduzione della spesa degli Organi costituzionali destinata alla cassa integrazione. Le risorse ottenute dalle riduzioni di spesa dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

Costi della politica, riduzione rimborsi ai partiti. Riduzione dei rimborsi a favore dei partiti politici. Viene dimezzato il contributo di un euro quale moltiplicatore per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati. Soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.

Costi della politica, incarichi svolti da titolari di cariche elettive. I titolari di cariche elettive, per gli incarichi conferiti dalle Pubblica amministrazione possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro.

Costi della politica, incarichi nei governi degli enti locali. Prevista una riduzione del 10% dei compensi dei componenti degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria, militare, dei componenti del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana e dei componenti del Cnel, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Crisi aziendali. Per favorire la composizione delle crisi d'impresa: prededuzione per i finanziamenti erogati in attuazione degli accordi (concordatari o di ristrutturazione dei debiti), e per i finanziamenti-ponte concessi ed erogati dagli intermediari nella fase precedente il deposito delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Accordi di ristrutturazione: sospensione delle azioni esecutive e cautelari in corso anche durante le trattative decisa dal tribunale nel corso di un'udienza alla quale sono chiamati a partecipare tutti i creditori (per preservare il diritto di difesa dei creditori estranei). Esonero dalla responsabilità per bancarotta per istituti introdotti dalla riforma fallimentare e nei quali opera il controllo giudiziario: concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti e piani stragiudiziali attestati.

Definanziamento leggi di spesa non utilizzate negli ultimi tre anni. Definanziamento degli stanziamenti improduttivi, non utilizzati nel corso degli ultimi tre anni. Le risorse saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

Fiscalità di vantaggio per il Sud. Per le regioni del Sud, anticipazione della possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap con riferimento alle imprese avviate dopo il provvedimento, con possibilità di riduzione o azzeramento dell'Irap.

Formazione, taglio alle spese. Riduzione del 50% delle spese per la formazione.

Immobili ad uso governativo. Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti a uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti a ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Mutui della Cassa depositi e prestiti, riprogrammazione. Reperimento risorse per infrastrutture da mutui interamente non attivati, così da consentire la prosecuzione del finanziamento del Mose, e quindi senza intaccare il cosiddetto Fondo infrastrutture.

Organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici. Riduzione dei componenti do organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici (n. 5) nonché del collegio dei revisori (n. 3).

Partecipazione alle missioni all'estero. I proventi dell'attività di liquidazione degli enti disciolti sono destinati al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace.

Patto di stabilità interno e altre disposizioni sugli enti territoriali. Contributo di regioni ed enti locali in proporzione all'incidenza sul bilancio complessivo del settore pubblico. Sanzioni mancato rispetto Patto di Stabilità interno 2010 e successivi: riduzione trasferimenti; perdita dell'eleggibilità degli amministratori pubblici. Possibilità per gli enti locali di utilizzare residui passivi in conto capitale al 31 dicembre 2008 (con abrogazione del meccanismo della premialità per l'anno 2010). Attribuzione ai Comuni di un contributo di 200 milioni di euro da ripartire in base a decreto Ministro interno. Roma Capitale: in funzione di anticipazione del federalismo e della delega su Roma Capitale, creazione di un fondo di 200 milioni per concorso agli oneri del piano di rientro, erogabili solo a condizione di verifica positiva circa il reperimento da parte del Comune delle restanti risorse, nonché di quelle occorrenti per mantenere l'equilibrio della gestione ordinaria; per questa finalità, possibilità per il Comune di ricorrere a una serie di misure fiscale e di riduzione delle spese appositamente autorizzate. Regione Campania: annullamento atti della precedente giunta con cui si deliberava di violare il patto e trasmissione alla Corte dei Conti; revoca incarichi di dirigenti; piano di rientro con commissario ad acta. Esercizio in forma associata delle funzioni da parte dei piccoli comuni. Divieto per piccoli Comuni di costituire società. Norma interpretativa su Iva /Tia per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

Pedaggio rete autostradale Anas. Possibilità di introdurre il pedaggio di tratti di strade di connessione con i tratti autostradali.

Pensioni. Finestra mobile dal 2011 per pensione vecchiaia: 6 mesi dalla maturazione dei requisiti. Conferma 2 finestre per pensionamento anticipato dal 2011 con almeno 40 anni di contributi Pro - rata anzianità contributive maturate dal 2011. Accelerazione età pensionabile donne del pubblico impiego.

Pubblico impiego, contenimento delle spese. Per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, compreso il trattamento accessorio, non può superare il trattamento in godimento nell'anno 2009. Fino al 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, superiori a 90mila euro lordi annui sono ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 130mila euro, nonché del 10% per la parte eccedente 130mila euro. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 e i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. Estensione per ulteriori due anni della limitazione al turn over personale. L'organico degli insegnanti di sostegno per l'anno 2010-2011 deve rimanere invariato rispetto all'a.s. 2009/2010. Possibilità per il personale in soprannumero di essere impiegato presso uffici che presentono vacanze organiche. Limitazione alla possibilità per le amministrazioni dello Stato di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Utilizzo delle risorse stanziate negli anni precedenti per il riordino delle carriere del personale del comparto sicurezza – difesa al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica. Per agevolare la riduzione degli assetti organizzativi i trattenimenti in servizio possono essere disposti esclusivamente nei limiti consentiti dalla proroga delle limitazioni al turn over. Le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni sono ridotte in misura pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Soppressione della posizione di stato di ausiliaria conseguentemente il personale militare in servizio permanente delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, e del Corpo della Guardia di finanza, all'atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa è collocato direttamente nella categoria della riserva. Abrogazione conservazione trattamento economico in caso di mancata riconferma del dirigente: le pubbliche amministrazioni che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, non intendono confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Riduzione delle risorse per la contrattazione integrativa del personale delle agenzie fiscali e del Mef. Soppressione indennità di comando al personale militare che opera a terra. Interpretazione autentica in materia di indennità di comando al fine di ricondurla nei limiti delle risorse stanziate. Indennità di impiego operativo per reparti di campagna.: rideterminazione del contingente di personale al quale viene corrisposta nella misura del 70% di quello determinato per l'anno 2009.

Redditometro. Delega all'Agenzia delle entrate per riscrivere il redditometro. L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato é inferiore del 20% rispetto a quello del redditonetro (attualmente scatta se inferiore del 25%).

Riduzione spese missioni negli apparati amministrativi. Riduzione del 50% delle spese sostenute per missioni, a esclusione delle missioni internazionali di pace nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali o indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari.

Riduzione spese Pubblica amministrazione. Riduzione per le Pubbliche amministrazioni delle spese, che non possono essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009 per studi e consulenze nonché per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità.

Società partecipate. I compensi per incarichi conferiti da società ai quali lo Stato partecipa o contribuisce a pubblici dipendenti confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale.

Società pubbliche. Riduzione delle spese per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni.

Società pubbliche in perdita. Divieto per le amministrazioni pubbliche di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, o rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Società pubbliche non quotate. Riduzione del 10 % dei compensi dei componenti degli organi delle società pubbliche non quotate.

Società statali, dividendi. Dal 2011 proventi da dividendi per 500 milioni a riduzione degli oneri sul debito pubblico; per la parte eccedente, alla riduzione del debito.

Soppressione e incorporazione di enti e organismi pubblici. Prevista la soppressione e il riordino di enti pubblici e organismi. In particolare sono soppressi Ipsema e Ispesl con trasferimento delle funzioni e dotazioni organiche all'Inail. Soppressione dell'Ipost con trasferimento funzioni e dotazioni organiche all'Inps. Prevista anche la soppressione dell'Isae con trasferimento di funzioni e relative risorse al Mef e all'Istat per ricercatori e tecnologi. Sì anche alla soppressione dell'Ente italiano montagna, con trasferimento funzioni al Dipartimento per gli affari regionali della medesima presidenza. Soppressione dell' Ice con trasferimento funzioni a rispettivamente, al ministero degli Affari esteri (rete all'estero) e al ministero per lo Sviluppo (sede centrale). Soppressione e accorpamento di altri enti accorpati ai rispettivi ministeri vigilanti o ad altri grandi enti di ricerca. Per gli enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere come tali soggetti (enti, istituti, fondazioni e altri organismi) abbiano utilizzato i finanziamenti a carico del bilancio dello Stato è prevista la soppressione del finanziamento pubblico; la creazione di un unico fondo, di importo inferiore, solo per sopperire a situazioni di comprovata necessità. Sì anche alla soppressioni delle Commissioni mediche di verifica a eccezione di quelle presenti nei capoluoghi di regione e nelle Province a speciale autonomia, che subentrano nelle competenze delle Commissioni soppresse.

Soppressione comitato Sir. Prevista la soppressione comitato Sir e il riversamento al bilancio dei proventi.

Spesa sanitaria. Prevista l'implementazione del progetto tessera sanitaria, mentre é prevista la prosecuzione dei piani di rientro per le regioni. Sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle regioni commissariate fino al 31 dicembre 2010. Potenziamento del meccanismo di acquisti centralizzati. Proroga dell'esenzione del ticket. Sul fronte del ontrollo della spesa farmaceutica previsto il recupero degli extra sconti praticati dai grossisti ai farmacisti. Riduzione della distribuzione ospedaliera di farmaci (per rientrare nella rete territoriale, immediatamente monitorata nelle implicazioni finanziarie). Gara Aifa per l'individuazione delle specialità erogabili come farmaci equivalenti, in numero non superiore a 4 per specialità. Riduzione del prezzo dei farmaci equivalenti. Raffronto Aifa tra la spesa farmaceutica delle diverse regioni.

Spese di sponsorizzazione. Divieto per gli apparati amministrativi di effettuare spese per sponsorizzazione.

Stanziamenti di bilancio, riduzione e flessibilità. Tenuto conto dei tagli operati su tutti i comparti della spesa dello Stato e in vista della predisposizione del prossimo ddl di bilancio, si ripropone lo strumento della massima flessibilità di bilancio, che ha dato esiti positivi in occasione delle misure di contenimento della spesa pubblica introdotte con il decreto legge 112/2008, al fine di mettere in condizione le pubbliche amministrazioni di far fronte alla riduzione lineare del 10% delle dotazioni finanziarie. Esclusi dal taglio il fondo ordinario delle università e le risorse destinate all'informatica, alla ricerca e al finanziamento del 5 per mille.

Stock option. Aumenta la tassazione su stock option e bonus. In pratica scatterà una aliquota addizionale del 10 per cento. Il giro di vite interessa le remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Tracciabilità dei pagamenti. Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, con possibilità di variazione in relazione alla media europea. il tetto alla tracciabilità del contante. Possibilità di ricorrere a pagamenti effettuati dalle Pubbliche amministrazioni tramite l'utilizzo di carte elettroniche istituzionali (tracciabilità, trasparenza, possibilità di utilizzo per altre finalità connesse).

 

 

 

 

Dal Fmi ok alla manovra. "Ora riforme su pensioni e lavoro"

Cronologia articolo24 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 17:51.

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Sulla manovra di tagli e sacrifici in arrivo ha espresso il suo giudizio il Fondo monetario internazionale. L'Italia - si legge in un documento ufficiale anticipato dall'Ansa - deve "mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e aumentare il tasso di crescita nel lungo periodo". Il Fmi "concorda con l'obiettivo delle autorità di un consolidamento fiscale basato sulla spesa" e suggerisce in particolare una strategia di contenimento dei "salari del settore pubblico". Una strada che, seconde le anticipazioni uscite in questi giorni sulla manovra, il governo è intenzionato a intraprendere partendo dai dirigenti.

Tuttavia non mancano i campanelli d'allarme come quello sulla spesa pensionistica che in Italia "rimarrà tra le più elevate del mondo", mentre il tasso di occupazione resta "tra i più bassi in Europa". Queste sono le ragioni che spingono che il Fmi a chiedere l'aumento ulteriore dell'età pensionabile e l'adozione di riforme del mercato del lavoro che introducano maggiore flessibilità per i contratti a tempo indeterminato e maggior protezione per quelli a termine.

Il Fondo Monetario internazionale ha apprezzato poi "la decisione del governo italiano di non adottare un'ampia politica di stimolo fiscale". Una scelta definita "appropriata, alla luce dell'elevato livello del debito pubblico" (arrivato a quota 118% sul Pil ndr.). Il Fmi tuttavia avverte "anche se i peggiori effetti della crisi sull'economia italiana sono per la maggior parte passati, restano delle vulnerabilità chiave". In particolare, il Fondo spiega che "l'elevato livello del debito pubblico e la deludente performance di crescita potrebbero rendere l'Italia vulnerabile a futuri shock esterni".

 

 

 

 

 

2010-05-26

Via libera del governo alla manovra, ecco l'abc

di Nicoletta CottoneCronologia articolo25 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 15:54.

Semaforo verde del Consiglio dei ministri al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013, al termine di una riunione durata 85 minuti, che si é chiusa qualche minuto prima delle 21. Arriva una sanatoria per gli immobili fantasma, scende il tetto della tracciabilità del contante, viene varata una stretta sulle invalidità e nuove regole per il redditometro. Si dimezza la spesa per la formazione nella Pubblica amministrazione, si riducono i rimborsi ai partiti, arriva un piccolo taglio agli stipendi dei politici (10% sulla parte eccedente gli 80mila euro).

Zero Irap, poi, per le imprese che operano nel mezzogiorno. Prevista anche una stretta sull'uso delle risorse da parte della protezione civile e un giro di vite sulle auto blu. Fra le misure dell'ultima ora si ipotizza anche l'inserimento dell'erogazione del trattamento di fine rapporto per gli statali. Possibili modifiche potrebbero intervenire anche sul criterio di calcolo della buonuscita.

Nella manovra di Tremonti a base di "tagli e sacrifici" si va dall'accertamento degli immobili fantasma alla tracciabilità dei pagamenti. Ecco un primo dettaglio delle misure. Inoltre, cliccando l'icona dei video in alto troverete due commenti alle mosse del governo: "Manovra, un passaggio cruciale per tutti" (di Stefano Folli) e "Arriva la manovra dei sacrifici" (di Dino Pesole).

Accertamento immobili fantasma. Sulla base dei rilievi aerofotogrammetrici effettuati dall'Agenzia del territorio, e degli accertamenti già notificati, obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale, con riduzione delle sanzioni a un terzo. In mancanza, attribuzione di rendita presunta, retroattività della rendita . Obbligo di indicare negli atti soggetti a trascrizione identificazione catastale e relative planimetrie integrazione tra funzioni catastali residuate all'agenzia del territorio e Comuni.

Accertamento, partecipazione dei Comuni. Potenziamento della partecipazione dei Comuni all'accertamento e al recupero dei tributi evasi, con attribuzione del 33% delle maggiori entrate così reperite.

Affitti e manutenzioni negli apparati amministrativi. Prevista una riduzione della spesa per affitti e manutenzioni.

Apparati amministrativi, organi collegiali e di indirizzo.

Per incarichi di partecipazione ad organi collegiali possibile percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Per la partecipazione a organi collegali di enti pubblici o privati che ricevono contributi pubblici si possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro. Riduzione del 10% delle indennità e compensi ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

Assegno di invalidità, riduzione della spesa. Elevazione percentuale di invalidità dal 74% all'80% per la concessione dell'assegno di invalidità. Si intensifica il piano controlli invalidità civile: il programma di verifiche Inps prevede 100mila controlli per l'anno 2010 e di 200mila l'anno per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Viene chiesto un concorso delle Regioni alle spese per invalidità civile: a valere sui trasferimenti alle regioni, il 45% degli stessi sono redistribuite tenendo conto della distribuzione pro-capite della spesa effettuata in ciascuna regione per invalidità civile. Arriva una revisione della procedura sull'accertamento della condizione di handicap, con accertamento delle Aziende sanitarie mediante appositi accertamenti collegiali.

Auto blu, tagli. Arrivano limitazioni all'uso delle autovetture di servizio: con esclusione dei Vigile del Fuoco e del comparto sicurezza, riduzione delle spese all'80 % della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi.

Casellario dell'assistenza. Monitoraggio costante e incrociato dei dati rilevanti ai fini dell'erogazione dei trattamenti di pensione con la creazione, presso Inps, del casellario dell'assistenza e il rafforzamento dell'obbligo di comunicazione dei redditi da pensione ai fini dell'accertamento della situazione reddituale.

Censimento immobili enti previdenziali e razionalizzazione. Previsto un censimento degli immobili degli enti previdenziali, con specifica indicazione di quelli a uso istituzionale e di quelli in godimento a privati. -Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti ad uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Concessioni autostradali. Determinazione del termine per l'avvio delle gare di rinnovo convenzioni autostrade: in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni Cipe gli schemi si intendono non approvati e sono sottoposti alle procedure ordinarie.

Controlli di spesa delle amministrazioni centrali attraverso l'eliminazione delle forme di autonomia finanziaria. Prevista la riduzione dei centri di spesa dotati di autonomia finanziaria estranei ai ministeri e alle ordinarie regole di funzionamento controllo finanziario

Costi della politica, tagli per ministri e sottosegretari. Prevista una riduzione del 10% per la parte eccedente gli 80mila euro del trattamento economico di ministri e sottosegretari non parlamentari.

Costi della politica, riduzione della spesa degli Organi costituzionali destinata alla cassa integrazione. Le risorse ottenute dalle riduzioni di spesa dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte Costituzionale saranno destinate alla cassa integrazione.

Costi della politica, riduzione rimborsi ai partiti. Riduzione dei rimborsi a favore dei partiti politici. Viene dimezzato il contributo di un euro quale moltiplicatore per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati. Soppresse le quote annuali dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.

Costi della politica, incarichi svolti da titolari di cariche elettive. I titolari di cariche elettive, per gli incarichi conferiti dalle Pubblica amministrazione possono percepire solo il rimborso spesa e il gettone di presenza non può superare 30 euro.

Costi della politica, incarichi nei governi degli enti locali. Prevista una riduzione del 10% dei compensi dei componenti degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria, militare, dei componenti del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana e dei componenti del Cnel, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Crisi aziendali. Per favorire la composizione delle crisi d'impresa: prededuzione per i finanziamenti erogati in attuazione degli accordi (concordatari o di ristrutturazione dei debiti), e per i finanziamenti-ponte concessi ed erogati dagli intermediari nella fase precedente il deposito delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Accordi di ristrutturazione: sospensione delle azioni esecutive e cautelari in corso anche durante le trattative decisa dal tribunale nel corso di un'udienza alla quale sono chiamati a partecipare tutti i creditori (per preservare il diritto di difesa dei creditori estranei). Esonero dalla responsabilità per bancarotta per istituti introdotti dalla riforma fallimentare e nei quali opera il controllo giudiziario: concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti e piani stragiudiziali attestati.

Definanziamento leggi di spesa non utilizzate negli ultimi tre anni. Definanziamento degli stanziamenti improduttivi, non utilizzati nel corso degli ultimi tre anni. Le risorse saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

Fiscalità di vantaggio per il Sud. Per le regioni del Sud, anticipazione della possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap con riferimento alle imprese avviate dopo il provvedimento, con possibilità di riduzione o azzeramento dell'Irap.

Formazione, taglio alle spese. Riduzione del 50% delle spese per la formazione.

Immobili ad uso governativo. Razionalizzazione nella gestione degli immobili adibiti a uffici in uso governativo: gli enti previdenziali provvedono all'acquisto di immobili adibiti a ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

Mutui della Cassa depositi e prestiti, riprogrammazione. Reperimento risorse per infrastrutture da mutui interamente non attivati, così da consentire la prosecuzione del finanziamento del Mose, e quindi senza intaccare il cosiddetto Fondo infrastrutture.

Organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici. Riduzione dei componenti do organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici (n. 5) nonché del collegio dei revisori (n. 3).

Partecipazione alle missioni all'estero. I proventi dell'attività di liquidazione degli enti disciolti sono destinati al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace.

Patto di stabilità interno e altre disposizioni sugli enti territoriali. Contributo di regioni ed enti locali in proporzione all'incidenza sul bilancio complessivo del settore pubblico. Sanzioni mancato rispetto Patto di Stabilità interno 2010 e successivi: riduzione trasferimenti; perdita dell'eleggibilità degli amministratori pubblici. Possibilità per gli enti locali di utilizzare residui passivi in conto capitale al 31 dicembre 2008 (con abrogazione del meccanismo della premialità per l'anno 2010). Attribuzione ai Comuni di un contributo di 200 milioni di euro da ripartire in base a decreto Ministro interno. Roma Capitale: in funzione di anticipazione del federalismo e della delega su Roma Capitale, creazione di un fondo di 200 milioni per concorso agli oneri del piano di rientro, erogabili solo a condizione di verifica positiva circa il reperimento da parte del Comune delle restanti risorse, nonché di quelle occorrenti per mantenere l'equilibrio della gestione ordinaria; per questa finalità, possibilità per il Comune di ricorrere a una serie di misure fiscale e di riduzione delle spese appositamente autorizzate. Regione Campania: annullamento atti della precedente giunta con cui si deliberava di violare il patto e trasmissione alla Corte dei Conti; revoca incarichi di dirigenti; piano di rientro con commissario ad acta. Esercizio in forma associata delle funzioni da parte dei piccoli comuni. Divieto per piccoli Comuni di costituire società. Norma interpretativa su Iva /Tia per evitare il rimborso a carico dei Comuni e delle società municipalizzate.

Pedaggio rete autostradale Anas. Possibilità di introdurre il pedaggio di tratti di strade di connessione con i tratti autostradali.

Pensioni. Finestra mobile dal 2011 per pensione vecchiaia: 6 mesi dalla maturazione dei requisiti. Conferma 2 finestre per pensionamento anticipato dal 2011 con almeno 40 anni di contributi Pro - rata anzianità contributive maturate dal 2011. Accelerazione età pensionabile donne del pubblico impiego.

Protezione civile, razionalizzazione. Le ordinanze della presidenza del Consiglio dei ministri sono limitate ai casi da fronteggiare con mezzi e poteri straordinari e tali da determinare situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente (con esclusione dei grandi eventi). La durata degli stati di emergenza è correlata ai tempi di realizzazione dei primi indispensabili interventi. Le ordinanze saranno adottate di concerto con il ministero dell'Economia per garantire una adeguata copertura finanziaria. Viene limitata la possibilità di deroga alla normativa sugli appalti alle sole ipotesi di assoluta eccezionalità dell'emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita umana. Si prevede in ogni caso la trasmissione all'Autorità vigilanza lavori pubblici. Divieto di girofondi, salvo che non siano espressamente autorizzati da norma di legge, allo scopo di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione. Limitazione potere di deroga in materia di pubblico impiego con riguardo a disposizioni contrattuali o provvedimenti amministrativi di autorizzazione ai trattamenti economici accessori del personale, nonché a istituti retributivi oggetto di interventi di contenimento della spesa per il personale del Pubblico impiego. Le ordinanze saranno sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti. Per limitare e meglio disciplinare il ricorso alla secretazione, possibilità per i dirigenti generali di adottare provvedimenti motivati con cui dichiarano le opere, servizi e forniture da considerarsi "segreti", oppure "eseguibili con speciali misure di sicurezza". Sul fronte della liquidazione delle competenze degli avvocati dello Stato, nei casi in cui le Amministrazioni non siano rimaste soccombenti, oggi l'Erario liquida ugualmente all'avvocatura generale la metà delle competenze di avvocato e di procuratore, calcolate applicando le tariffe professionali che si sarebbero liquidate nei confronti del soccombente. Viene disposta a riduzione di tali compensi in misura stabilita annualmente dal Presidente del Consiglio, comunque in misura non inferiore al 10 per cento. Possibilità di utilizzo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle operazioni internazionali di pace. Viene prorogato il divieto di aggiornamento di indennità e compensi.

Pubblico impiego, contenimento delle spese. Per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, compreso il trattamento accessorio, non può superare il trattamento in godimento nell'anno 2009. Fino al 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, superiori a 90mila euro lordi annui sono ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 130mila euro, nonché del 10% per la parte eccedente 130mila euro. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 e i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. Estensione per ulteriori due anni della limitazione al turn over personale. L'organico degli insegnanti di sostegno per l'anno 2010-2011 deve rimanere invariato rispetto all'a.s. 2009/2010. Possibilità per il personale in soprannumero di essere impiegato presso uffici che presentono vacanze organiche. Limitazione alla possibilità per le amministrazioni dello Stato di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Utilizzo delle risorse stanziate negli anni precedenti per il riordino delle carriere del personale del comparto sicurezza – difesa al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica. Per agevolare la riduzione degli assetti organizzativi i trattenimenti in servizio possono essere disposti esclusivamente nei limiti consentiti dalla proroga delle limitazioni al turn over. Le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni sono ridotte in misura pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Soppressione della posizione di stato di ausiliaria conseguentemente il personale militare in servizio permanente delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, e del Corpo della Guardia di finanza, all'atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa è collocato direttamente nella categoria della riserva. Abrogazione conservazione trattamento economico in caso di mancata riconferma del dirigente: le pubbliche amministrazioni che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, non intendono confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Riduzione delle risorse per la contrattazione integrativa del personale delle agenzie fiscali e del Mef. Soppressione indennità di comando al personale militare che opera a terra. Interpretazione autentica in materia di indennità di comando al fine di ricondurla nei limiti delle risorse stanziate. Indennità di impiego operativo per reparti di campagna.: rideterminazione del contingente di personale al quale viene corrisposta nella misura del 70% di quello determinato per l'anno 2009.

Redditometro. Delega all'Agenzia delle entrate per riscrivere il redditometro. L'accertamento scatta quando il reddito dichiarato é inferiore del 20% rispetto a quello del redditonetro (attualmente scatta se inferiore del 25%).

Riduzione spese missioni negli apparati amministrativi. Riduzione del 50% delle spese sostenute per missioni, a esclusione delle missioni internazionali di pace nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali o indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari.

Riduzione spese Pubblica amministrazione. Riduzione per le Pubbliche amministrazioni delle spese, che non possono essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009 per studi e consulenze nonché per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità.

Società partecipate. I compensi per incarichi conferiti da società ai quali lo Stato partecipa o contribuisce a pubblici dipendenti confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale.

Società pubbliche. Riduzione delle spese per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni.

Società pubbliche in perdita. Divieto per le amministrazioni pubbliche di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, o rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Società pubbliche non quotate. Riduzione del 10 % dei compensi dei componenti degli organi delle società pubbliche non quotate.

Società statali, dividendi. Dal 2011 proventi da dividendi per 500 milioni a riduzione degli oneri sul debito pubblico; per la parte eccedente, alla riduzione del debito.

Soppressione e incorporazione di enti e organismi pubblici. Prevista la soppressione e il riordino di enti pubblici e organismi. In particolare sono soppressi Ipsema e Ispesl con trasferimento delle funzioni e dotazioni organiche all'Inail. Soppressione dell'Ipost con trasferimento funzioni e dotazioni organiche all'Inps. Prevista anche la soppressione dell'Isae con trasferimento di funzioni e relative risorse al Mef e all'Istat per ricercatori e tecnologi. Sì anche alla soppressione dell'Ente italiano montagna, con trasferimento funzioni al Dipartimento per gli affari regionali della medesima presidenza. Soppressione dell' Ice con trasferimento funzioni a rispettivamente, al ministero degli Affari esteri (rete all'estero) e al ministero per lo Sviluppo (sede centrale). Soppressione e accorpamento di altri enti accorpati ai rispettivi ministeri vigilanti o ad altri grandi enti di ricerca. Per gli enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere come tali soggetti (enti, istituti, fondazioni e altri organismi) abbiano utilizzato i finanziamenti a carico del bilancio dello Stato è prevista la soppressione del finanziamento pubblico; la creazione di un unico fondo, di importo inferiore, solo per sopperire a situazioni di comprovata necessità. Sì anche alla soppressioni delle Commissioni mediche di verifica a eccezione di quelle presenti nei capoluoghi di regione e nelle Province a speciale autonomia, che subentrano nelle competenze delle Commissioni soppresse.

Soppressione comitato Sir. Prevista la soppressione comitato Sir e il riversamento al bilancio dei proventi.

Spesa sanitaria. Prevista l'implementazione del progetto tessera sanitaria, mentre é prevista la prosecuzione dei piani di rientro per le regioni. Sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle regioni commissariate fino al 31 dicembre 2010. Potenziamento del meccanismo di acquisti centralizzati. Proroga dell'esenzione del ticket. Sul fronte del ontrollo della spesa farmaceutica previsto il recupero degli extra sconti praticati dai grossisti ai farmacisti. Riduzione della distribuzione ospedaliera di farmaci (per rientrare nella rete territoriale, immediatamente monitorata nelle implicazioni finanziarie). Gara Aifa per l'individuazione delle specialità erogabili come farmaci equivalenti, in numero non superiore a 4 per specialità. Riduzione del prezzo dei farmaci equivalenti. Raffronto Aifa tra la spesa farmaceutica delle diverse regioni.

Spese di sponsorizzazione. Divieto per gli apparati amministrativi di effettuare spese per sponsorizzazione.

Stanziamenti di bilancio, riduzione e flessibilità. Tenuto conto dei tagli operati su tutti i comparti della spesa dello Stato e in vista della predisposizione del prossimo ddl di bilancio, si ripropone lo strumento della massima flessibilità di bilancio, che ha dato esiti positivi in occasione delle misure di contenimento della spesa pubblica introdotte con il decreto legge 112/2008, al fine di mettere in condizione le pubbliche amministrazioni di far fronte alla riduzione lineare del 10% delle dotazioni finanziarie. Esclusi dal taglio il fondo ordinario delle università e le risorse destinate all'informatica, alla ricerca e al finanziamento del 5 per mille.

Stock option. Aumenta la tassazione su stock option e bonus. In pratica scatterà una aliquota addizionale del 10 per cento. Il giro di vite interessa le remunerazioni che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Tracciabilità dei pagamenti. Scende a 5mila euro, dagli attuali 12.500 euro, con possibilità di variazione in relazione alla media europea. il tetto alla tracciabilità del contante. Possibilità di ricorrere a pagamenti effettuati dalle Pubbliche amministrazioni tramite l'utilizzo di carte elettroniche istituzionali (tracciabilità, trasparenza, possibilità di utilizzo per altre finalità connesse).

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2010-05-26

Per il Quirinale la manovra può essere occasione di maturità politica

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:00.

La manovra economica può essere l'occasione per realizzare, almeno per un giorno o una settimana, l'unità nazionale? Non si parla di cambiare la formula di governo: maggioranza e opposizione resterebbero ciascuna nel proprio ruolo. Ma se un ampio arco di forze parlamentari decidesse di sostenere la manovra di Tremonti, il significato simbolico della decisione non passerebbe inosservato. Sarebbe un segnale di stabilità e di coesione offerto all'Europa in un'ora piuttosto drammatica. Peraltro l'Unione, come ha fatto capire con chiarezza il presidente della commissione Barroso nella sua visita romana, ha bisogno soprattutto di due cose in questo frangente: rigore nei conti pubblici e, appunto, stabilità politica.

Il rigore è testimoniato dai numeri e dalle ambizioni della manovra; la quale nasce, sì, da un doloroso travaglio all'interno del centrodestra, ma alla fine sarà di discreta qualità. Il che non la metterà al riparo dalle critiche, anche aspre, ma nella sostanza i provvedimenti non saranno tali da rendere impossibile o impensabile il voto delle opposizioni. Per cui la scelta di Pd, Udc e Italia dei valori sarà tutta politica, discenderà da considerazioni tattiche. O dal desiderio di non scontentare il proprio elettorato, scaricando il peso delle misure sulla maggioranza di governo.

È un problema comune a quasi tutti i paesi e a quasi tutti i parlamenti, quando sono all'ordine del giorno scelte dolorose. "Sacrifici duri, speriamo transitori", come ha detto il sottosegretario Letta. La differenza è che stavolta il presidente della Repubblica è intervenuto in prima persona. Napolitano dagli Stati Uniti ha fatto due affermazioni. In primo luogo ha chiesto una manovra nel segno dell'equità sociale. In secondo luogo ha detto di sperare che le decisioni assunte dalla maggioranza "siano condivise dalle forze di opposizione in Parlamento, nel comune interesse".

Il capo dello Stato non poteva essere più esplicito. Centrodestra e centrosinistra non si mescolano, non ribaltano gli attuali assetti. Però votano insieme, ecco l'auspicio, una manovra dolorosa in nome dell'interesse nazionale. E insieme sfidano le proteste che – ancora parole di Napolitano – vanno messe nel conto "perché fanno parte della democrazia". Questo è il senso dell'appello: più che altro un richiamo al senso di responsabilità di tutti, affinché nessuno pensi di trarre un vantaggio politico dal malcontento.

È difficile dire come finirà la partita. Di sicuro il nostro sistema politico uscirebbe consolidato nella sua credibilità se i partiti avessero il coraggio di condividere il fardello della manovra. Quale che sia il loro giudizio sul governo Berlusconi e senza in nulla intaccare la prospettiva dello scontro politico in atto. Allo stato delle cose ci sono scarse possibilità che il Pd di Bersani o l'Idv di Di Pietro accettino questa sfida. Tuttavia nel Pd si sentono da giorni voci dissonanti: segno che la questione esiste, viene percepita nella sua serietà e quindi è tutt'altro che irrilevante.

Chi invece potrebbe raccogliere l'appello del Quirinale, se appena i termini della manovra fossero accettabili, è l'Udc di Casini. Pochi giorni fa, a Todi, è stata lanciata l'ipotesi del "partito della nazione". E quale migliore opportunità per battezzare il nuovo partito ancora nebuloso di quella offerta dalla crisi greca?

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Controlli incrociati sui redditi

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:00.

C'è un restyling del redditometro e degli accertamenti sintetici nel "pacchetto fiscale" della manovra correttiva da 24 miliardi per il 2011-2012 che oggi pomeriggio verrà approvata dal Consiglio dei ministri. Si prevede che gli accertamenti da redditometro scatteranno quando il reddito atteso dal fisco in base alle spese sostenute dal contribuente sarà superiore al 20% di quello dichiarato. I nuovi elementi di calcolo della capacità contributiva verranno determinati con l'analisi di più contribuenti differenziati in base al nucleo familiare a all'area territoriale. La soglia per la tracciabilità dei pagamenti scende da 12.500 euro a 5-7mila euro. Le regioni del Sud avranno la possibilità d'istituire per le start-up un tributo proprio sostitutivo dell'Irap. Ieri il ministro Giulio Tremonti ha illustrato le misure alla consulta economica del Pdl, che ha dato il via libera. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha parlato di sacrifici duri "che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria", mentre il capo dello stato, Giorgio Napolitano, ha sottolineato che ora serve equità.

Servizi u pagine 2-7

 

 

 

 

Più vicino il taglio ai maxi-stipendi

Cronologia articolo23 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:09.

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A meno di ripensamenti dell'ultimo minuto, il taglio agli stipendi dei manager pubblici ci sarà, e farà parte di un più ampio sistema di norme tutte rivolte ad alleggerire la busta paga dei vertici delle amministrazioni. Un taglio del 10% è previsto per lo stipendio accessorio di chi lavora negli uffici di diretta collaborazione dei ministri, e trova conferme anche la riduzione del 5% ai fondi per la retribuzione di posizione variabile, che colpirebbe i dirigenti a prescindere dall'entità dello stipendio; la scure si abbatterà anche sugli organi collegiali e sui commissari straordinari, e i dirigenti potrebbero anche perdere i permessi per l'assistenza ai disabili previsti dalla legge 104 del 1992.

I dubbi di costituzionalità, sollevati dai diretti interessati e rilanciati dai sindacati di categoria, non sembrano per ora fermare il governo nella spinta a quella che è diventata subito una delle norme-simbolo della manovra dell'austerità. È certo, però, che una volta approvata la disposizione alimenterà il contenzioso. L'alternativa potrebbe essere quella di provare la strada del tetto agli stipendi, tentata già in passato.

Il meccanismo è confermato, e prevede una sforbiciata del 10% alla quota di stipendio che supera una certa soglia, fissata a 100mila o 75mila euro; nella prima ipotesi, la stretta potrebbe arrivare a colpire intorno alle 20mila persone, fra dirigenti di I fascia delle amministrazioni centrali, dirigenti locali (soprattutto in regione, nei grandi comuni e ai vertici di strutture sanitarie), magistrati e qualche professore ordinario. Con la soglia più bassa, entrerebbero in gioco anche molti dirigenti di seconda fascia e buona parte delle 80mila persone che nella Pa porta le stellette (esclusi settori come la scuola, dove gli stipendi sono più leggeri) potrebbe essere chiamata a pagare dazio. A quanto si apprende, una clausola di salvaguardia dovrebbe però evitare impatti previdenziali grazia alla contribuzione figurativa.

La richiesta, ovviamente, dipende dall'entità dello stipendio. Nella tabella a fianco si fanno i conti in tasca ad alcuni redditi reali, messi a disposizione dalle amministrazioni nell'ambito dell'"operazione trasparenza" imposta dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Le cifre sono reali ma solo esemplificative, perché ai livelli dirigenziali la retribuzione è costruita ad personam a seconda della posizione e delle responsabilità ricoperte. In cima alla piramide degli stipendi pubblici si incontrano le authority, dove si può arrivare a guadagnare anche 427mila euro se componenti e 513mila se presidenti. A quei livelli il dibattito sulla soglia da fissare a 75mila o 100mila euro può essere guardato con distacco, perché in entrambi i casi la quota eccedente è imponente e il conto finale si attesta sempre sopra i 30mila euro per il componente dell'authority e sopra i 40mila per il presidente. Al vertice di un grande ministero la retribuzione può toccare i 273mila euro (e il taglio oscillare fra 17mila e 19mila a seconda della soglia), mentre tra i dirigenti di seconda fascia i livelli più alti si incontrano negli enti pubblici non economici (Inps, Inpdap, Istat eccetera), dove anche i dirigenti di II fascia saranno colpiti dalla stretta. Anche negli enti territoriali, però, le voci che si rincorrono spingono molti a fare i conti. Il capo dell'ufficio di gabinetto di un'importante regione può veder scendere le proprie entrate da 211mila a 197mila euro, e ai piani alti della gerarchia dei grandi comuni c'è chi dovrà rinunciare a cifre dai 500 ai 4mila euro. (G.Tr.)

 

 

 

 

Finestre di vecchiaia: almeno 800 milioni dallo stop di tre uscite

Davide ColomboCronologia articolo23 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:08.

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ROMA - Il pensionamento di vecchiaia a chi maturerà i requisiti dal prossimo anno, un adeguamento al ribasso del sistema di calcolo delle liquidazioni per le quote maturate dal 2011 per i dipendenti pubblici, un tetto di reddito (25.000 euro per i single; 38.000 se cumulato con quello del coniuge) per ottenere l'indennità di accompagnamento legata a un'invalidità civile. Eccolo il "pacchetto previdenziale" della bozza di decreto che compone la manovra correttiva. La novità, ammesso che il Consiglio dei ministri la confermi, non riguarda dunque le pensioni di anzianità, per le quali continuerebbe a valere l'attuale sistema di due finestre anche l'anno venturo, quando ci si pensionerà con 35 anni di contributi e 59 d'età se dipendenti e 60 se autonomi. In effetti, se così fosse, ne uscirebbe un provvedimento molto ridotto rispetto alle ipotesi circolate nei giorni scorsi e anche un po' squilibrato a danno delle lavoratrici, aspetto quest'ultimo che difficilmente il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, accetterà.

Le pensioni di vecchiaia da liquidare nel 2011 non dovrebbero discostarsi di molto da quelle che l'Inps ha previsto per quest'anno, vale a dire 275mila (contro le 180mila anzianità, le 195mila prestazioni per i superstiti e le 100mila nuove prestazioni assistenziali tra cui gli assegni sociali, gli agricoli e le inabilità). E nella maggior parte dei casi si tratta di donne, che a causa della discontinua carriera lavorativa riescono a maturare con meno facilità dei maschi il requisito di anzianità.

Il meccanismo previsto riduce da 4 a 2 i momenti di pensionamento, che però potrebbero anche salire a 3 lasciando aperta una sola finestra: per chi matura il requisito entro il primo semestre del 2011 (65 anni gli uomini, 60 le donne) la finestra si apre dal 1° gennaio 2012, mentre per chi lo matura nel secondo semestre andrà in pensione dal 1° luglio 2012. Per gli autonomi le finestre sono spostate in avanti di altri sei mesi: al luglio 2012 per chi maturerà il requisito nel primo semestre dell'anno prossimo e al 1° gennaio 2013 per chi arriva all'età di pensionamento nel secondo semestre 2011. In quest'ultimo caso, quello estremo, l'innalzamento dell'età di pensionamento è di oltre un anno. Il personale del comparto scuola seguirà una procedura propria, legata al calendario delle lezioni, come già avviene oggi.

Con un intervento sulle sole finestre di vecchiaia si riducono anche i risparmi potenziali, che nell'ipotesi di allineamento di tutte le pensioni a una sola finestra d'uscita (era circolata in settimana) avrebbero potuto raggiungere gli 1,5 miliardi annui. Che scenderebbero a 800 milioni se venissero chiuse le 3 di vecchiaia. Per il pubblico impiego, già colpito dal blocco del contratto fino al 2013, arriva un peggioramento dei requisiti di calcolo per il trattamento di fine servizio che, per le quote maturate dal 2011 in avanti, si vedrà applicata un'aliquota pro-rata del 6,95 per cento.

L'Inps dovrà effettuare accertamenti straordinari sui titolari di invalidità civile (100.000 l'anno in più rispetto a quelli di routine) non solo nel 2010 ma anche nel 2011 e nel 2012, e lo dovrà fare senza risorse aggiuntive. L'altra novità che non mancherà di far discutere è il tetto fissato per l'assegno di accompagnamento (480 euro al mese contro i 250 dell'invalidità). Le soglie sono, come detto, di 25mila euro lordi per i singoli e di 38mila per i coniugati, molto basse se si guarda ai redditi medi degli attuali titolari e se si tiene conto del fatto che in moltissimi casi l'accompagnamento viene utilizzato per pagare la badante dell'assistito.

Fuori dal decreto restano le misure sugli enti previdenziali. Le norme, che saranno contenute nel ddl ordinamentale, rilanciano il piano di riordino con l'incorporazione degli enti minori nei tre grandi. Da cui deriverà un sistema a tre poli: l'Inps come unico erogatore di pensioni per il settore privato, l'Inpdap per il settore pubblico e l'Inail come unico assicuratore pubblico per gli infortuni sul lavoro.

USCITA POSTICIPATA

6 mesi

Lavoratori dipendenti

Nella bozza di decreto legge che compone la manovra correttiva ci si limita alla chiusura di due finestre su quattro per le pensioni di vecchiaia. Se così fosse, i lavoratori dipendenti che maturano il diritto entro il 30 giugno 2011 andrebbero in pensione a partire dal 1° gennaio 2012. Chi lo matura entro il 31 dicembre 2011 andrebbe in pensione a partire dal 1° luglio 2012. Ma un'altra ipotesi vorrebbe chiudere tre finestre

12 mesi

Lavoratori autonomi

Due le finestre per artigiani, commercianti e coltivatori diretti ma tempi più lunghi per l'uscita. Chi matura il diritto entro il 30 giugno 2011 andrebbe in pensione dal 1° luglio 2012; chi lo matura entro il 31 dicembre 2011 andrebbe in pensione a partire dal 1° gennaio 2013

 

 

 

 

Dalla sanatoria alle liquidazioni ecco i pilastri della manovra

di Saverio FossatiCronologia articolo23 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:07.

Non sarà una strada in discesa. Ma se mai condono edilizio ci sarà, anche limitato ai soli immobili fantasma, dovrà fare i conti con le competenze delle regioni per evitare i problemi del 2004. Le voci più insistenti parlano di un preventivo di 6 miliardi, che si aggiungerebbe alla sanatoria fiscale sulle case fantasma. L'ipotesi ha suscitato subito un vespaio di polemiche, anche se dal 1973 a oggi la politica delle sanatorie ha fruttato 100 miliardi all'erario (di cui 16 da quelle edilizie).

La cifra di 6 miliardi, certo, è forte. Ma, sulla scorta del precedente condono del 2003-2004, è possibile fare qualche ragionamento di fattibilità. Già madre di tutti i condoni edilizi, quello del 1985, ha fruttato quasi 7 miliardi di oggi. E anche l'ultima sanatoria è andata ben oltre le aspettative: l'oblazione destinata allo Stato è arrivata a 5,5 miliardi, anche se ancora non esistono dati precisi su quanto hanno incassato i comuni con gli oneri concessori e le regioni con la possibilità di applicare il 10% in più.

In base ai dati di Cresme e Legambiente, in media si costruiscono 50-60mila unità immobiliari abusive ogni anno. Dato che, approfittando dello scorso condono, è più che probabile che tutti gli abusi realizzati fino al 2004 siano stati sanati, in questi ultimi sei anni le nuove costruzioni abusive non dovrebbero superare le 350mila unità. Se è preventivato un gettito di 6 miliardi, vorrebbe dire circa 17mila euro a unità, più gli oneri concessori ai comuni, altri 4-5mila. Troppi per la situazione economica di tante famiglie.

La strada del condono potrebbe invece essere un'altra: limitarsi ufficialmente (in realtà estendendosi) a sanare la fungaia delle case fantasma (in buona parte coincidenti proprio con quelle abusive). Quei 1,4 milioni di unità immobiliari non risultanti al catasto che rappresentano gli abusi stratificatisi nei decenni, quelli che non sono mai entrati nei condoni per indifferenza o ignoranza dei proprietari, e al cui interno ci sono sicuramente quelle 350mila unità costruite negli ultimi sei anni. Sono immobili la cui regolarizzazione fiscale sta già prendendo corpo (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri) ma per i quali è indispensabile, dal punto di vista del gettito, pensare a una soluzione anche sul piano urbanistico. Se infatti la casa viene messa in regola con le tasse, automaticamente il comune dovrebbe verificarla sotto il profilo della regolarità urbanistica. E a quel punto scegliere se far finta di niente, oppure accettare la concessione in sanatoria (ove possibile) oppure abbatterla. Quale proprietario vorrebbe trovarsi a pagare una sanatoria fiscale con la prospettiva dell'abbattimento dell'immobile?

Ecco che l'idea di un condono edilizio che abbracci tutte le case fantasma appare come una scelta obbligata per salvare quel gettito e aggiungerne un altro. A questo punto, anche considerando che solo i due terzi di quegli edifici in via di riemersione abbia bisogno di una spintarella legislativa per la regolarizzazione, ecco che l'oblazione si ridurrebbe drasticamente: con 5mila euro a unità immobiliare si arriva facilmente a 6 miliardi.

Si costringerebbe a uscire allo scoperto tutti quegli irriducibili che finora si sono sottratti alle sanatorie edilizie del passato. In vista della ripartenza del federalismo catastale (ormai sdoganato dalle sentenze del Consiglio di stato), ai comuni potrebbe non dispiacere vedersi consegnare una situazione finalmente in ordine.

In ogni caso, ha precisato il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino, nell'incontro di ieri con Tremonti non si è parlato di condono edilizio ma di regolarizzazione delle case fantasma.

Rimane comunque aperto il discorso della competenza delle regioni nella definizione degli illeciti sanabili e della tempistica, al centro di formidabili ostacoli al condono del 2003-2004.

Negative, comunque, per ora, le reazioni dell'opposizione e delle associazioni ambientaliste: "Il condono edilizio è indegno di un paese civile", dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. Per Leoluca Orlando dell'Idv Berslusconi "mortifica la cultura della legalità". Secondo Ermete Realacci (Pd): "È una vergogna, che alimenterà gli appetiti". "Il governo ha deciso di premiare i disonesti e i farabutti e di far pagare la crisi ai cittadini onesti", dice il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. Ma anche il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, commenta: "Speriamo di no".

Stando alle ultime voci, anche se l'ipotesi del condono edilizio venisse accantonata, ci sarebbe già un ruotino di scorta: la sanatoria degli immobili costruiti abusivamente su terreno demaniale.

I pilastri della manovra 2011-2012

Possibile il varo del terzo condono dell'era Berlusconi: 6 miliardi la stima del gettito atteso

Nel menù della manovra al quale stanno lavorando i tecnici del governo compare anche un condono edilizio che si dovrebbe raccordare al concordato sugli immobili fantasma. In tutto l'operazione dovrebbe fruttare oltre 6 miliardi: circa 4 miliardi dalla sanatoria vera e propria e 1,5 miliardi dal concordato, che al momento viene considerato l'intervento più probabile e che riguarderebbe 1,4 milioni di unità immobiliari non risultanti al catasto, frutto in prevalenza di abusi stratificatisi per decenni. Tra queste case fantasma ci sarebbero anche 350mila immobili costruiti negli ultimi sei anni. La questione è stata anche al centro dell'incontro di ieri tra il ministro dell'economia, Giulio Tremonti e la delegazione dei sindaci guidata da Sergio Chiamparino nel quale non si è però parlato di condono

Obbligo di tracciabilità per fatture e contanti

Torna la tracciabilità dei pagamenti. Per rilanciare la stretta sulle frodi Iva e le false fatturazioni, il fisco sta pensando di introdurre l'obbligo di comunicazione delle fatture emese per operazioni commerciali superiori a determinati importi. Con la manovra verrà conferita una sorta di delega all'Entrate per riscrivere le regole del nuovo redditometro

Stretta sui giochi illegali: sanzioni anche a chi gioca

Caccia agli evasori anche sui giochi. Saranno rilanciate le sanzioni penali per chi gestisce il gioco illegale e senza risparmiare anche il giocatore. L'imposta sulle scommesse sarà dovuta anche da chi opera senza concessioni e l'imponibile accertato ai fini dell'evasione dell'imposta sui giochi sarà lo stesso ai fini dell'Irap e delle imposte dirette

Statali: liquidazione a rate e stop al rinnovo del contratto

Confermato lo stop al rinnovo del contratto nel pubblico impiego. Viene fatta salva solo l'indennità di vacanza contrattuale. Il rinvio riguarderà anche polizia e forze armate. Oltre una determinata soglia di reddito (ancora da fissare) scatterebbe anche la dilazione fino a tre anni della liquidazione degli statali. Prolungato fino al 2013 il limite del 20% al turn over

In bilico il superticket sulle visite specialistiche

Il fondo sanitario andrà tagliato di 550 milioni: le regioni dovranno reperirli oppure introdurre un ticket da 7,5 euro sulla specialistica o da 3 euro sulla ricetta per gli esenti dal 1° luglio. Previsti inoltre l'alta ai pignoramenti dei creditori di asl e ospedali e lo spostamento della vendita di farmaci innovativi

dai nosocomi alle farmacie

Divieto di costituire società nei comuni più piccoli

Obbligo di gestione associata e divieto di costituire e mantenere società nei comuni fino a 5mila abitanti. È una delle misure allo studio per ridurre i costi dell'amministrazione locale, insieme al taglio del 5% su gettoni e indennità. Il patto, poi, dovrebbe chiedere nel 2011 un miliardo a comuni e province; per chi sfora previsto il taglio ai trasferimenti

Riduzione delle finestre per le pensioni di vecchiaia

Due le ipotesi allo studio dei tecnici sulle finestre per le pensioni di vecchiaia: riduzione delle uscite da quattro a una oppure dimezzamento dei "canali". In quest'ultimo caso i lavoratori dipendenti dovrebbero rinviare di 6 mesi l'uscita dal mondo del lavoro; gli autonomi di un anno. Giro di sull'invalidità civile: più controlli e tetti di reddito più bassi per l'assegno di accompagnamento

 

 

 

 

l nuovo redditometro pesa anche il passato

Cronologia articolo24 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 08:07.

Un redditometro fondato sulle spese effettivamente sostenute dal contribuente. Il nuovo strumento, i cui contorni prenderanno forma con la prossima manovra economica, dovrebbe però anche guardare al passato. Il debutto è previsto per l'inizio del prossimo anno (si veda Il Sole 24 Ore di giovedì scorso) ma non potrà che "riferirsi" anche agli anni precedenti. Questo anche in considerazione delle varie sentenze della giurisprudenza che, negli anni, si sono pronunciate su aggiustamenti e modifiche apportate via via allo strumento e hanno ritenuto che quelle variazioni fossero di natura procedimentale. E che, di conseguenza, si applicassero anche a periodi d'imposta precedenti alla loro introduzione.

Più in generale, il funzionamento del nuovo redditometro dovrebbe fondarsi sulle spese effettivamente sostenute dal contribuente, andando nella logica dell'accertamento sintetico. Quest'ultimo muove dal presupposto che, se tanto si è speso, almeno altrettanto si deve avere guadagnato.

L'attuale redditometro si fonda invece quasi prevalentemente sulla disponibilità dei beni (che vorrebbe individuare la capacità che un soggetto ha di mantenere i beni stessi), che viene rappresentata con dei coefficienti moltiplicatori che portano a dei risultati molte volte irrazionali, oltre che determinati su elementi del tutto obsoleti come, ad esempio, le roulotte.

Gli accertamenti da redditometro tengono però anche conto degli incrementi patrimoniali: la logica è che la spesa relativa all'investimento in un bene, ad esempio, la casa o l'autovettura, si presume sostenuta con redditi conseguiti nell'anno in cui la spesa è stata effettuata e nei quattro anni precedenti. Ne deriva l'irrazionalità che uno stesso bene rilevi due volte, una come incremento patrimoniale e una in base ai coefficienti moltiplicatori che vorrebbero rappresentare la capacità di mantenere il bene stesso. E c'è da augurarsi che il nuovo redditometro, basandosi sulle spese effettivamente sostenute, cancelli tale anomalia.

Nei giorni scorsi è stato rappresentato che molti contribuenti hanno acquistato un'autovettura, pur avendo dichiarato dei redditi più bassi rispetto al costo di acquisto del veicolo. Al di là del l'ovvia considerazione che l'evasione deve essere in tutti i modi contrastata, occorrerebbe però tenere conto che un bene durevole (come la casa, l'auto, eccetera) potrebbe essere stato acquistato – oltre che con dei finanziamenti – con i "risparmi" dei redditi conseguiti in più anni. Per cui sarebbe corretto mantenere in vita il principio dell'incremento patrimoniale, e cioè che certe spese devono intendersi effettuate con redditi conseguiti nell'anno e in quelli precedenti. Tuttavia, poi dovrebbero rilevare soltanto le spese effettivamente sostenute per questi beni e non quelle figurative oggi individuate dal redditometro.

Da quanto è stato anticipato nei giorni scorsi, il nuovo redditometro dovrebbe tenere conto anche delle spese sostenute nell'ambito familiare. In questo contesto potrebbe essere considerata anche l'evoluzione che si è avuta nel tempo nei rapporti interpersonali, avendo riguardo anche a eventuali famiglie "di fatto". Della "famiglia fiscale" (quella "classica", però) si era già parlato nella circolare 49/E/2007. Questo documento molte volte non è stato correttamente interpretato, nel senso che è stato visto come un'applicazione del redditometro in ambito familiare. In realtà, la circolare evidenziò un'altra cosa, e cioè che l'Agenzia aveva in mente di verificare quali erano i soggetti, all'interno del nucleo familiare, che risultavano gli effettivi utilizzatori di determinati beni, al di là dell'intestazione di questi ultimi agli altri componenti della famiglia.

Per la nuova versione del redditometro dovrebbe anche essere elaborato un apposito software, che permetterà al contribuente di verificare – attraverso gli intermediari fiscali (Caf, commercialisti, eccetera) – se il reddito dichiarato risulta "congruo". Si tratta di un'impostazione per certi versi simile a quella degli studi settore, anche se il contribuente non potrà certo adeguarsi ai risultati del software. Questo perché gli elementi su cui si baserà il nuovo redditometro risultano già in gran parte conosciuti al Fisco.

 

 

 

Il blocco ai contratti costa allo statale fino a 1.800 euro

a cura di Gianni TrovatiCronologia articolo24 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 08:07.

I sacrifici chiesti ai manager pubblici sono anche un fatto d'immagine, ma quelli messi in campo per i dipendenti delle amministrazioni sono una concretissima questione di cassa. Una questione, per la precisione, da 5,3 miliardi di euro, la cifra che secondo la Corte dei conti serve per alimentare il primo rinnovo triennale nella storia dei contratti pubblici, e che in quest'epoca di magra per le finanze pubbliche rappresenta una dote decisamente troppo ricca.

Nel caso dei 3,3 milioni dipendenti pubblici l'austerità non si declina come tagli, nel senso che non incide sulle cifre che oggi arrivano in busta paga (al netto di qualche voce che parla di possibili limature dei fondi integrativi, un'idea di non facile attuazione soprattutto per i 550mila impiegati in regioni ed enti locali).

A loro la manovra dovrebbe riservare la rinuncia al finanziamento dei rinnovi contrattuali, che si tradurrà di conseguenza in un mancato aumento rispetto ai livelli previsti con il meccanismo appena riformato.

L'indice di riferimento per i rinnovi triennali, che adegua la disciplina del pubblico impiego alle dinamiche contrattuali appena introdotte nel settore privato, è l'Ipca (indice europeo dei prezzi al consumo armonizzato), che ai livelli calcolati oggi dall'Isae porterebbe per il 2010/2012 un aumento del 6,02% (1,8% per il 2010, 2,2% per il 2011 e 1,9% per il 2012).

I risultati reali in busta paga, ovviamente, dipenderebbero dalle partire che si giocano al tavolo delle trattative, dalle divisioni degli incrementi fra parte fissa e retribuzione variabile e dagli interventi sul sitema degli incentivi che avrebbero dovuto accompagnare il debutto sul campo della riforma del pubblico impiego. Dai livelli retributivi attuali, però, si può avere un'idea abbastanza precisa dell'aiuto anti-crisi chiesto ai dipendenti pubblici.

La richiesta più consistente arriva ai 2.100 dipendenti che lavorano negli uffici di Palazzo Chigi, e che con quasi 40mila euro l'anno (cifra lorda riferita al 2008) vantano il livello retributivo medio più elevato fra gli statali. A loro il congelamento dei contratti imporrebbe un sacrificio medio annuo di poco superiore ai 700 euro in relazione al 2010, e vicino ai 2.400 euro alla fine del triennio.

Cifre simili per i dipendenti di parastato, accademie e conservatori (600 euro sul 2010, poco più di 2000 al 2012), mentre ministeri, autonomie e università (si parla naturalmente del personale tecnico, non dei professori) viaggerebbero su cifre più contenute, inferiori ai 500 euro per il 2010 e intorno ai 1.600 euro a consuntivo dei tre anni.

A mitigare le richieste, però, non dovrebbe mancare il paracadute dell'indennità di vacanza contrattuale, disciplinata dalla finanziaria 2009 (articolo 2, comma 35, della legge 203/2008) e confermata dalla riforma del pubblico impiego. In caso di congelamento prolungato dei contratti, l'indennità si calcola applicando il 50% dell'Ipca 2010 (il 30% in riferimento ai mesi da aprile a giugno 2010) allo stipendio tabellare. Le stime si riferiscono ai tabellari delle posizioni intermedie, e indicano importi medi fra i 150 e di 200 euro l'anno (unica eccezione la scuola, dove la media è alzata dall'incidenza degli insegnanti). Risultato finale, a consuntivo del triennio: 150 euro al mese in meno per i dipendenti della presidenza del consiglio, i più "ricchi", e 80 euro in meno ai lavoratori delle università.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

 

Conto da oltre 10 miliardi per regioni ed enti locali

di Gianni TrovatiCronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:02.

ROMA - Supersanzioni per gli amministratori che rispettano i vincoli del patto di stabilità, che si vedranno tagliare i trasferimenti per una somma pari allo sforamento e potranno addirittura essere bollati con l'ineleggibilità; stretta sulle società partecipate, con un taglio del 10% ai compensi degli amministratori, lo stop alle ricapitalizzazioni e alle garanzie per le aziende in perdita da tre anni e l'addio alle partecipazioni negli enti sotto i 5mila abitanti.

Nelle ultime bozze della manovra spuntano altri dettagli della cura riservata a enti locali e regioni, con un occhio di riguardo sulla Campania per cui è previsto l'annullamento delle delibere con cui la giunta Bassolino aveva deciso di sforare il patto, la revoca degli incarichi ai dirigenti coinvolti e il commissariamento per il rientro. Tra le buone notizie per i sindaci c'è invece lo sblocco dei residui in conto capitale a fine 2008, per far ripartire i pagamenti alle imprese, e un fondo da 200 milioni per coprire una parte delle mancate compensazioni al mancato gettito Ici (altri 200 milioni sono destinati a Roma Capitale, che per trovare l'equilibrio corrente potrà anche rimettere mano alle imposte locali). Nel cantiere della manovra si riaffaccia poi la norma interpretativa per riportare la tariffa d'igiene ambientale in ambito tariffario ed evitare i rimborsi dell'Iva pagata dagli utenti.

Le cifre del contributo alla manovra da parte degli enti territoriali sono in via di definizione, in una girandola d'incontri che si dovrebbe concludere questa mattina a Palazzo Chigi. Le ipotesi circolate ieri parlavano di circa 10 miliardi in tre anni, ma il conto finale potrebbe essere decisamente più pesante. Soprattutto dalle parti delle regioni (comprese quelle a statuto speciale), mentre i numeri dedicati a sindaci e presidenti di provincia sembrano più stabili intorno a 1,1 miliardi per il 2011 (800 per i comuni e 300 per le province) e di 2,2 per 2012 e 2013. Un primo incontro, riservato, tra i governatori e l'esecutivo (presenti Giulio Tremonti e Raffaele Fitto) si è tenuto ieri sera al ministero per i Rapporti con le regioni, mentre questa mattina tutto il governo locale è convocato a Palazzo Chigi.

Il ministero dell'Economia è al lavoro anche su un nuovo sistema di sanzioni, che nasce dall'esigenza di blindare in anticipo i risparmi imposti alle amministrazioni. Nel caso dei governatori il patto agisce solo sul versante della spesa e potrebbe accompagnarsi a un taglio preventivo dei trasferimenti, per un importo pari alle riduzioni imposte dalla manovra: ad esempio se a una regione il patto nel 2011 chiede 200 milioni, la somma verrebbe decurtata all'inizio dall'assegno statale, e sarebbe poi compito dell'amministrazione trovare il modo di far quadrare i conti.

A comuni e province la disciplina offre invece più leve, chiedendo loro un saldo obiettivo che può essere raggiunto agendo sia sulle entrate (non le tributarie, bloccate dal 2008) sia sulle spese. Anche per loro le sanzioni si trasformano in un'assicurazione per il bilancio pubblico: chi non riesce a centrare gli obiettivi del patto, secondo le ipotesi in gioco, si vedrà tagliare i trasferimenti di una somma pari allo sforamento, mentre chi non trasmette le certificazioni al ministero dell'Economia se li potrebbe vedere azzerati del tutto. La "super-sanzione" sostituirebbe il taglio del 5% delle assegnazioni statali previsto dalle regole attuali, ma non cancellerebbe le altre penalità, dal blocco delle assunzioni alla riduzione del 30% per indennità e gettoni.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

Consulenze tagliate dell'80%

di Eugenio BrunoCronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:02.

ROMA - Consulenze, viaggi, convegni, auto blu e formazione. Sono alcune delle voci di spesa che i ministeri italiani dovranno ridurre nel prossimo biennio in una percentuale che oscilla, a seconda dei casi, dal 50 all'80 per cento. Per raggiungere l'obiettivo imposto a tutti i dicasteri dalla manovra correttiva: tagliare del 10% il budget a disposizione per il triennio 2011-2013.

Stando a una delle ultime bozze di decreto legge che sarà oggi pomeriggio sul tavolo di Palazzo Chigi ogni ministero dovrà diminuire del 10% le "dotazioni finanziarie iscritte a legislazione vigente nell'ambito delle spese rimodulabili". E, grazie all'adozione del principio della massima flessibilità di bilancio, toccherà ai singoli ministri decidere dove e quanto economizzare. Fermo restando che alcuni settori sono esentati dallo stesso provvedimento. Cioè il fondo di finanziamento ordinario per le università e le risorse per informatica, ricerca e 5 per mille. A cui bisogna aggiungere le missioni internazionali di pace per finanziare le quali è prevista la possibilità di utilizzare le risorse per i rimborsi all'Onu.

A questa riduzione si arriverà innanzitutto attraverso le sfoltite che il dl impone alle amministrazioni pubbliche. A cominciare dal divieto di sponsorizzazioni e dalla riduzione dell'80% della "spesa annua per studi ed incarichi di consulenza", inclusi quelli conferiti a dipendenti interni rispetto all'esborso sostenuto nel 2009, e di quella per "relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza". Fatta eccezione per i convegni organizzati dagli atenei e dagli enti di ricerca oppure le mostre gestite dagli organismi vigilati dai Beni culturali. Un risparmio analogo andrà realizzato nelle spese per le cosiddette auto blu. Visto che, alla "limitazione delle autovetture di servizio, con esclusione dei Vigili del fuoco e del comparto sicurezza", si aggiungerà un taglio dell'80% "per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi". Laddove sarà del 50% la sforbiciata sulle uscite per "missioni", sia in Italia che all'estero, e quelle per le attività formative. Tutte disposizioni che varranno anche per le società inserite nel conto economico consolidato della Pa in base all'individuazione fatta ogni anno dall'Istat.

pa pubbliche che, se non quotate, dovranno abbassare del 10% le retribuzioni da corrispondere ai membri dei loro organi. Contemporaneamente viene imposto un doppio vincolo agli enti pubblici: riduzione a 5 dei membri del cda e a 3 dei revisori; tetto di 30 euro per il gettone di presenza di chi partecipa a un organo collegiale.

Ulteriori risparmi deriveranno dalla soppressione di alcuni enti. In primis l'Isae, le cui funzione saranno assorbite dal ministero dell'Economia. E poi l'Ice, l'Ente italiano montagna, l'Isfol, l'Istituto per gli Affari sociali, il Comitato microcredito, la Commissione accesso documenti amministrativi e Difesa Servizi spa. Prevista, infine, la soppressione del finanziamento pubblico per tutti quegli organismi che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l'utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello stato. In ogni caso verrà creato un fondo, di importo inferiore, che dovrebbe servire per fare fronte a eventuali situazioni di comprovata necessità.

 

 

 

Alle regioni il bivio fra tagli e ticket

di Roberto TurnoCronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:02.

ROMA - "Niente superticket? Allora tagliate comunque la spesa sanitaria di 550 milioni. Decidete voi come fare e dove trovare le risorse, se ce la farete senza ticket, ben venga, ma spetta a voi". È più o meno questo il ragionamento che il governo ha fatto alle regioni dopo che è scoppiata la grana della più impopolare delle misure finite nel menu della manovra 2011-2012: la rinascita del maxi balzello sulle visite specialistiche. La palla, in sostanza, è stata gettata nella metà campo dei governatori, soprattutto di quelli con i conti in rosso che, data la situazione disgraziata dei bilanci, si trovano nell'impossibilità di utilizzare altre risorse se non quelle derivanti da un altra raffica di ticket, che peraltro con i piani di rientro hanno già in cantiere.

E così il superticket – prima da 10 euro (834 milioni), poi da 7,50 (550 milioni) con tanto di salasso anche per gli esenti – è formalmente nel cassetto delle "misure impossibili". Restano però appunto quei 550 milioni da tagliare dal Fondo sanitario nazionale concordato col "patto per la salute" e ratificato dalla finanziaria 2010. La sanità deve fare la sua parte, insomma. Ma palazzo Chigi dice che non ci sarà "macelleria sociale" e così toglie la misura dal suo carnet. Se poi i governatori la scriveranno nel proprio, è un altro paio di maniche. Salvo che i tagli da qualche parte dovranno arrivare.

Governo e regioni, è chiaro, qualche idea ce l'hanno. Se non si toglie ai poveri (o alla massa degli elettori), è la sostanza, si potrebbe fare un'operazione alla Robin Hood: togliamo ai ricchi. Assai meno impopolari (se non alle categoria interessate) potranno essere ad esempio alcuni tagli allo studio sulla farmaceutica. Ma ci sono anche i tagli agli stipendi della dirigenza (per l'articolazione della misura servizio a pag. 7): che nel Ssn vanno trovati in massima parte alla voce "medici". Va da sé che ancora ieri il principale sindacato degli ospedalieri, l'Anaao, ha fatto la voce grossa. E che i farmacisti di Federfarma si sono fatti sentire temendo un assalto ai loro fatturati. I primi assaggi della protesta che monta delle categorie sanitarie non lasciano presagire un clima sereno.

"Non ci saranno tagli lineari, ma miglioramenti dei processi di spesa", s'è limitato a dire il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che sul tramonto o meno del superticket s'è chiamato fuori: "Bisogna chiederlo al ministro Tremonti". Intanto si conferma lo stop per un anno dei pignoramenti nelle regioni con i piani di rientro, la centralizzazione per gli acquisti di beni e servizi, misure sui farmaci (innovativi dall'ospedale alla farmacia, prezzi degli off patent, margini dei grossisti che scaricherebbero sulle farmacie, tetti di spesa invariati, gare Aifa per individuare i generici). Gran parte delle misure saranno in vigore per decreto dal 1° luglio. Altre arriveranno col superemendamento governativo che affronterà tutte le partite non risolte entro oggi in Consiglio dei ministri. Anche quelle sui Fas tolti alla regioni in super deficit, di cui non a caso i governatori si occuperanno giovedì in seduta riservata.

 

 

 

 

Redditometro con soglia del 20%

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:02.

ROMA

La manovra riscrive gli accertamenti sintetici e il redditometro. La spia rossa dell'evasione sulle persone fisiche sottoposte a controllo con i due strumenti si accenderà quando il reddito accertato risulterà superiore al 20% del reddito dichiarato al fisco (oggi è del 25%). Non solo.

Il restyling del redditometro non si ferma qui. Per legge, e non più per circolare o risoluzione, verrebbe disposto a chiare lettere che gli uffici dell'amministrazione finanziaria che utilizzeranno l'accertamento sintetico o il redditometro saranno "obbligati" a invitare il contribuente a fornire dati, notizie e tutto ciò che possa provare o giustificare le ragioni dello scostamento di un quinto tra il reddito atteso dal fisco, in base alle spese sostenute, e quello denunciato all'amministrazione. In sostanza, il contraddittorio tra contribuente e fisco diventerà obbligatorio e sarà destinato a sfociare nell'accertamento con adesione.

L'intervento messo a punto e su cui oggi si scioglieranno le ultime riserve con il via libera alla manovra biennale, dovrebbe accogliere anche un'altra novità attesa da operatori e contribuenti. Si tratta della possibile cancellazione dei cosiddetti "incrementi patrimoniali": gli uffici oggi fanno riferimento ai redditi conseguiti nell'anno e nei quattro anni precedenti per l'acquisto di determinati beni che aumentano la consistenza patrimoniale del contribuente. In questo modo, ad esempio, oggi un immobile preso a riferimento ai fini del redditometro finisce per "pesare" due volte, una come incremento patrimoniale e una con i coefficienti moltiplicatori che vorrebbero rappresentare la capacità di mantenere il bene stesso.

Con il redditometro di "seconda generazione" resterebbero, dunque, soltanto i nuovi elementi di capacità contributiva che, come prevede la manovra, saranno differenziati per campioni di contribuenti, in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di residenza. Per la messa a punto si dovrà attendere un successivo decreto. Il dato nuovo è che si avrà un redditometro al passo con i tempi e con le tipologie di spese che i contribuenti sostengono: per l'aggiornamento dei nuovi elementi con decreto si sarebbe individuata una cadenza biennale. Quanto alla decorrenza (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), il nuovo redditometro avrà effetto sui redditi redditi per i quali i termini delle dichiarazioni non sono ancora chiusi alla data di entrata in vigore della manovra.

Il pacchetto antievasione veste anche i panni dell'antiriciclaggio con la tracciabilità dei pagamenti. Il limite all'utilizzo del contante, in linea con le direttive comunitarie, vedrebbe il passaggio a 5/7.000 euro della soglia oggi fissata in 12.500 euro ai fini delle segnalazioni agli organi di controllo. Soglia ancora oggi oggetto di ulteriori verifiche.

La tracciabilità si potrebbe estendere alle fatture con l'introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica per operazioni commerciali superiori ai 3.000 euro. Anche questo limite è ancora al centro di verifiche. Destinato a crescere il coinvolgimento dei comuni nella lotta all'evasione. Per spingere gli enti locali a una partecipazioni maggiore nella caccia agli evasori il governo punta ad aumentare dal 30 al 33% delle maggiori entrate recuperate, la precentuale riconosciuta a titolo di compartecipazione ai comuni nel contrasto all'evasione fiscale.

Così come già accaduto con il Dl incentivi, l'amministrazione finanziaria punterebbe ad accorciare i tempi tra il momento dell'accertamento e l'emissione delle cartelle esattoriali. Due momenti che dovrebbero diventare contestuali rendendo più corto il tempo per contestazioni e ricorsi.

Sulla possibile estensione di nuove misure antievasione ai giochi, fino a ieri sera si sarebbe profilata una pausa di riflessione.

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Interventi in cantiere

Il redditometro

Prevista una "stretta" sui controlli quando il reddito accertato risulterà superiore al 20 per cento del reddito dichiarato (oggi è del 25%). Gli uffici dell'amministrazione finanziaria che hanno utilizzato l'accertamento sintetico o il redditometro inviteranno il contribuente a fornire dati, notizie e tutto ciò che possa attestare o giustificare le ragioni dello scostamento di un quinto tra il reddito atteso dal fisco in base alle spese sostenute e quello denunciato all'amministrazione

Crisi e procedure concorsuali

Per agevolare la composizione delle crisi d'impresa, prevista la "prededuzione per i finanziamenti erogati in attuazione degli accordi (concordatari ovvero di ristrutturazione dei debiti) e per i finanziamenti-ponte concessi ed erogati dagli intermediari nella fase precedente il deposito delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo

Immobili fantasma

Potenziamento dell'attività di accertamento in materia di tributi immobiliari. In pratica lotta alle cosiddette "case fantasma": "Obbligo per gli interessati di dichiarazione di aggiornamento catastale, con riduzione delle sanzioni a un terzo; in mancanza, attribuzione di rendita presunta, retroattività della rendita". "Obbligo di indicare negli atti soggetti a trascrizione identificazione catastale e relative planimetrie"

 

 

 

Immobili fantasma da regolarizzare entro il 31 dicembre

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:01.

Ci sarà tempo fino al 31 dicembre per mettere in regola gli immobili fantasma, con sanzioni ridotte a un terzo. Poi scatterà la tenaglia Agenzia del territorio-comuni per scovare gli irriducibili, e la sanzione salirà a un terzo del valore catastale (cioè dal 15% al 25% del valore di mercato).

Questi, stando alle voci che circolano all'Economia, i connotati della "regolarizzazione catastale". Con un'incognita, la regolarizzazione urbanistica del mattone emerso, finora tenuta pudicamente in sospeso: "Il problema – dicono all'Economia – semmai è dei comuni". Ma questo è il vero fantasma che si aggira per la penisola. Solo a parlare di condono edilizio gli scudi si alzano. L'Ance auspica che "non ci siano ripensamenti sull'ipotesi di eliminare dalla manovra una sanatoria edilizia generalizzata". Rassicurazioni sono state date a Carlo Sangalli, presidente di Rete Imprese Italia, al termine dell'incontro di ieri con Giulio Tremonti: "Sento di poter dire che il condono non ci sarà".

Eppure, nonostante il gioco delle parti tra l'Economia, che rivolge la sua attenzione al solo problema fiscale, e i comuni, che dicono di non poter concedere nulla alle costruzioni abusive, il nodo è tutto lì. Come anticipato dal Sole 24 Ore già due anni fa, quando cominciava l'operazione di raccolta dei dati e sovrapposizione di mappe e rilievi aerei. Era evidente che chi non aveva dichiarato le case al catasto, molto spesso, non lo aveva fatto solo per evadere le imposte (Ici, Irpef, tassa rifiuti) ma soprattutto perché lì non avrebbe potuto costruire. In parte, certo, si tratta di edifici o ampliamenti che sarebbero stati leciti e per i quali i proprietari hanno scelto di evitare anche il pagamento degli oneri. Ma, anche a fare una tara abbondante, dato che stiamo parlando di 1,4 milioni di unità immobiliari tra abitazioni, box, capannoni e magazzini, se il governo vuole ottenere sei miliardi e i comuni contano sulla tassazione annuale, non c'è via d'uscita dalla china della sanatoria urbanistica, più o meno mascherata. In caso contrario, una sanatoria solo fiscale sarebbe semplicemente un'autodenuncia. E allora chi la farebbe? Nessuno. Tanto che già si parla di sistemare la faccenda in sede di conversione del decreto legge, facendo passare il condono in Parlamento.

Un aspetto positivo, almeno, c'è. Oggi i comuni e l'Economia, attraverso l'agenzia del Territorio, dispongono di un patrimonio inestimabile: la mappa del territorio vera e aggiornata. Questo potrebbe anzitutto impedire il rush finale delle case abusive, costruite nel periodo dal varo del provvedimento di sanatoria all'ultimo giorno utile per chiedere la regolarizzazione. Se venisse aggiornata, facendo finalmente funzionare il modello unico digitale per l'edilizia (cioè la denuncia simultanea al comune e al catasto di ogni modifica all'immobile), questa mappa consentirebbe di scoprire in tempo reale gli abusi. Con un controllo non troppo complesso, sovrapponendo qualsiasi google map o altra rilevazione satellitare, ogni immobile "nuovo" emergerebbe immediatamente.

Il governo, intanto, ha rilevato anche un'altra forma di evasione immobiliare su cui intervenire: quella sui lavori di recupero edilizio con detrazione del 36 per cento. Molte imprese, nonostante l'obbligo di bonifico, non denunciano i guadagni (evadendo le imposte sui redditi) o non registrano le fatture emesse (evadendo l'Iva). I dati, anticipati al Sole 24 Ore dal nucleo speciale Entrate della Guardia di Finanza, sono allarmanti (e in crescita): con un'indagine mirata su 1.045 casi selezionati, sono emersi, per il 2009, 619 evasori totali, con 36 milioni di Iva evasa e una base imponibile da recuperare di 280 milioni. L'idea del governo è di far effettuare alle banche, presso cui è stato fatto il bonifico, una ritenuta del 20% sull'importo, in modo da mettere subito nell'angolo gli evasori.

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I NUMERI

1.045

Le posizioni esaminate

La GdF ha distillato queste imprese dopo aver studiato i dati informatizzati relativi alle "comunicazioni inizio lavori" del 36% per il 2009. Sono 619 gli "evasori totali" scoperti

36 milioni

Iva evasa

Le fatture emesse ma non registrate

280 milioni

La base imponibile

Le imposte dirette evase assommano almeno a 70 milioni

 

 

 

Addizionale del 10% su bonus e stock option

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:01.

ROMA

Un decreto da 24 miliardi nel prossimo biennio, per contenere la spesa pubblica attraverso una robusta cura dimagrante imposta ai ministeri (con tagli lineari tra il 9 e il 10%), a esclusione della scuola. Con i circa 3 miliardi di rifinanziamenti per l'anno in corso, l'impatto complessivo della manovra tocca quota 27 miliardi. Nel mirino il pubblico impiego, con il congelamento della tornata contrattuale 2010-2012 e la proroga del blocco del turn over, mentre regioni ed enti locali dovranno tagliare le uscite di loro competenza per 2 miliardi nel 2011, 3,8 miliardi sia nel 2012 che nel 2013.

La manovra concede alle regioni del sud la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap, relativamente alle imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto legge (con l'opportunità di ridurre o azzerare il prelievo). In arrivo anche l'aumento del prelievo fiscale sulle stock option del settore finanziario e i bonus. La scelta è per la maggiorazione di aliquota del 10% sulle remunerazioni che eccedano il triplo della parte fissa della retribuzione. Ai comuni sarà riconosciuta una quota pari al 33% delle maggiori somme incassate a titolo definitivo per effetto della lotta all'evasione. Il taglio per le amministrazioni pubbliche si estende alle spese per auto di servizio, consulenze e spese di rappresentanze, che vengono di fatto più che dimezzate. Entra in manovra anche la norma che prevede il controllo preventivo del Tesoro sulle ordinanze della Protezione civile, accompagnata dall'accorpamento degli enti previdenziali e da una robusta sforbiciata degli enti pubblici, che investirà anche Isae e Ice. Possibile l'introduzione di pedaggi per raccordi con tratti autostradali.

Dal 2011 la spesa sostenuta dalle amministrazioni dello Stato per il personale assunto con contratti a termine e collaborazioni a progetto potrà essere realizzata nel limite del 50% rispetto a quelle sostenuta per le stesse finalità nel 2009. Sul fronte della previdenza, la manovra che questa sera affronta l'esame da parte del Consiglio dei ministri prevede una finestra mobile dal 2011 per la pensione di vecchiaia, che scatterà sei mesi dopo la maturazione dei requisiti (invece degli attuali tre). Confermate anche le due finestre per il pensionamento anticipato dal 2011 con almeno 40 anni di contributi e un pro-rata sulle anzianità contributive maturate dal 2011. In arrivo altresì la stretta sulle pensioni di invalidità, attraverso l'elevazione percentuale dal 74 all'80% per la concessione dell'assegno.

 

 

 

 

Il timbro di Palazzo Chigi sulle misure di Tremonti

di Barbara FiammeriCronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:01.

ROMA - Giulio Tremonti si è presentato al vertice del partito – la cosiddetta consulta economica alla quale hanno partecipato alcuni ministri e parlamentari pidiellini – con un testo sul quale i margini di trattativa erano pressoché nulli. Del resto le parole pronunciate da Gianni Letta erano state un prologo esaustivo. "Sacrifici molto duri" per non incorrere "nel rischio Grecia", aveva preannunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio giunto a via dell'Umiltà proprio assieme al ministro dell'Economia. Un modo più che esplicito, quasi plastico, per far capire a tutti che da Palazzo Chigi non c'era alcuna disponibilità ad allungare i tempi del confronto interno.

Silvio Berlusconi ha dato mandato al suo superministro di procedere. Il passaggio "politico" alla consulta di partito, imposto dal premier a Tremonti, è stato solo un modo per alleggerire i colori di un quadro in cui la figura del titolare di via XX settembre è sempre più predominante. Ma il ministro dell'Economia non sembra infastidito dal "peso" che gli grava sulle spalle. Ieri ha avuto un colloquio con Gianfranco Fini che a via dell'Umiltà ha inviato a rappresentarlo il presidente della commissione Finanze del Senato, Mario Baldassarri. Il presidente della Camera resta guardingo. Vuol capire da dove arriveranno quei 16 miliardi di tagli che Tremonti si accinge a presentare oggi in consiglio dei ministri. Nel vertice di ieri infatti il ministro si è limitato soltanto a fornire i grandi numeri: 24 miliardi, di cui due terzi di risparmi e un terzo di lotta all'evasione fiscale. E a chi gli chiedeva di entrare nel dettaglio sui singoli capitoli, il ministro si è limitato a rispondere che le tabelle con le singole quantificazioni verranno rese note nella riunione di stasera a Palazzo Chigi. "C'è stato un sostanziale via libera con qualche ritocco", ha riferito una fonte di governo presente alla consulta pidiellina con riferimento alle carte presentate dal ministro dell'Economia. "Ora – ha aggiunto – ci sarà un ulteriore confronto all'interno del consiglio dei ministri perché il partito è una cosa, il governo è un'altra". "Sarà una manovra equa", ha assicurato uscendo dalla sede del Pdl il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che assieme ai colleghi Ignazio La Russa, Raffaele Fitto e Renato Brunetta ha partecipato alla riunione. La sensazione è che ci sia ancora qualche carta che il ministro dell'Economia non ha voluto del tutto svelare. "Sarà una manovra impegnativa", è stato il commento laconico del capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, presente assieme al suo omologo del Senato Maurizio Gasparri che, prima dell'inizio del vertice, assicurava: "Non sarà assolutamente dolorosa per la gran parte degli italiani, perché non bisogna toccare il potere d'acquisto e il livello delle retribuzioni". Un'affermazione che sarà probabilmente anche il refrain delle dichiarazioni di oggi di Silvio Berlusconi. Il premier ieri è rimasto ad Arcore lasciando a Letta e a Paolo Bonaiuti il compito di far sentire la voce di Palazzo Chigi. "Sarà di 24 miliardi e non ci saranno né tasse né condoni", ha garantito il portavoce del Cavaliere.

Anche l'opposizione attende ora di vedere i numeri di Tremonti. Pierferdinando Casini si mostra possibilista su una convergenza dei centristi. "Se la manovra è seria – ha spiegato il leader dell'Udc, escludendo però qualunque coinvolgimento nel governo – se adotta misure strutturali ed eque, penso che l'opposizione dovrà anche esaminare la possibilità di votarla". Il Pd al momento non sembra però ben disposto. "È una manovra di cortissimo respiro impostata solo su tagli indiscriminati e nuove imposte e quindi priva prospettive di rilancio dell'economia", sostiene l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. "Eravamo coscienti – ha spiegato – che si sarebbe trattato di una manovra dura ma qui siamo di fronte a un vero e proprio macello. Bene la riduzione dei costi della politica ma il resto è un disastro".

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-23

Dalla sanatoria alle liquidazioni ecco i pilastri della manovra

di Saverio FossatiCronologia articolo23 maggio 2010

Non sarà una strada in discesa. Ma se mai condono edilizio ci sarà, anche limitato ai soli immobili fantasma, dovrà fare i conti con le competenze delle regioni per evitare i problemi del 2004. Le voci più insistenti parlano di un preventivo di 6 miliardi, che si aggiungerebbe alla sanatoria fiscale sulle case fantasma. L'ipotesi ha suscitato subito un vespaio di polemiche, anche se dal 1973 a oggi la politica delle sanatorie ha fruttato 100 miliardi all'erario (di cui 16 da quelle edilizie).

La cifra di 6 miliardi, certo, è forte. Ma, sulla scorta del precedente condono del 2003-2004, è possibile fare qualche ragionamento di fattibilità. Già madre di tutti i condoni edilizi, quello del 1985, ha fruttato quasi 7 miliardi di oggi. E anche l'ultima sanatoria è andata ben oltre le aspettative: l'oblazione destinata allo Stato è arrivata a 5,5 miliardi, anche se ancora non esistono dati precisi su quanto hanno incassato i comuni con gli oneri concessori e le regioni con la possibilità di applicare il 10% in più.

In base ai dati di Cresme e Legambiente, in media si costruiscono 50-60mila unità immobiliari abusive ogni anno. Dato che, approfittando dello scorso condono, è più che probabile che tutti gli abusi realizzati fino al 2004 siano stati sanati, in questi ultimi sei anni le nuove costruzioni abusive non dovrebbero superare le 350mila unità. Se è preventivato un gettito di 6 miliardi, vorrebbe dire circa 17mila euro a unità, più gli oneri concessori ai comuni, altri 4-5mila. Troppi per la situazione economica di tante famiglie.

La strada del condono potrebbe invece essere un'altra: limitarsi ufficialmente (in realtà estendendosi) a sanare la fungaia delle case fantasma (in buona parte coincidenti proprio con quelle abusive). Quei 1,4 milioni di unità immobiliari non risultanti al catasto che rappresentano gli abusi stratificatisi nei decenni, quelli che non sono mai entrati nei condoni per indifferenza o ignoranza dei proprietari, e al cui interno ci sono sicuramente quelle 350mila unità costruite negli ultimi sei anni. Sono immobili la cui regolarizzazione fiscale sta già prendendo corpo (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri) ma per i quali è indispensabile, dal punto di vista del gettito, pensare a una soluzione anche sul piano urbanistico. Se infatti la casa viene messa in regola con le tasse, automaticamente il comune dovrebbe verificarla sotto il profilo della regolarità urbanistica. E a quel punto scegliere se far finta di niente, oppure accettare la concessione in sanatoria (ove possibile) oppure abbatterla. Quale proprietario vorrebbe trovarsi a pagare una sanatoria fiscale con la prospettiva dell'abbattimento dell'immobile?

Ecco che l'idea di un condono edilizio che abbracci tutte le case fantasma appare come una scelta obbligata per salvare quel gettito e aggiungerne un altro. A questo punto, anche considerando che solo i due terzi di quegli edifici in via di riemersione abbia bisogno di una spintarella legislativa per la regolarizzazione, ecco che l'oblazione si ridurrebbe drasticamente: con 5mila euro a unità immobiliare si arriva facilmente a 6 miliardi.

Si costringerebbe a uscire allo scoperto tutti quegli irriducibili che finora si sono sottratti alle sanatorie edilizie del passato. In vista della ripartenza del federalismo catastale (ormai sdoganato dalle sentenze del Consiglio di stato), ai comuni potrebbe non dispiacere vedersi consegnare una situazione finalmente in ordine.

In ogni caso, ha precisato il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino, nell'incontro di ieri con Tremonti non si è parlato di condono edilizio ma di regolarizzazione delle case fantasma.

Rimane comunque aperto il discorso della competenza delle regioni nella definizione degli illeciti sanabili e della tempistica, al centro di formidabili ostacoli al condono del 2003-2004.

Negative, comunque, per ora, le reazioni dell'opposizione e delle associazioni ambientaliste: "Il condono edilizio è indegno di un paese civile", dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. Per Leoluca Orlando dell'Idv Berslusconi "mortifica la cultura della legalità". Secondo Ermete Realacci (Pd): "È una vergogna, che alimenterà gli appetiti". "Il governo ha deciso di premiare i disonesti e i farabutti e di far pagare la crisi ai cittadini onesti", dice il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. Ma anche il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, commenta: "Speriamo di no".

Stando alle ultime voci, anche se l'ipotesi del condono edilizio venisse accantonata, ci sarebbe già un ruotino di scorta: la sanatoria degli immobili costruiti abusivamente su terreno demaniale.

I pilastri della manovra 2011-2012

Possibile il varo del terzo condono dell'era Berlusconi: 6 miliardi la stima del gettito atteso

Nel menù della manovra al quale stanno lavorando i tecnici del governo compare anche un condono edilizio che si dovrebbe raccordare al concordato sugli immobili fantasma. In tutto l'operazione dovrebbe fruttare oltre 6 miliardi: circa 4 miliardi dalla sanatoria vera e propria e 1,5 miliardi dal concordato, che al momento viene considerato l'intervento più probabile e che riguarderebbe 1,4 milioni di unità immobiliari non risultanti al catasto, frutto in prevalenza di abusi stratificatisi per decenni. Tra queste case fantasma ci sarebbero anche 350mila immobili costruiti negli ultimi sei anni. La questione è stata anche al centro dell'incontro di ieri tra il ministro dell'economia, Giulio Tremonti e la delegazione dei sindaci guidata da Sergio Chiamparino nel quale non si è però parlato di condono

Obbligo di tracciabilità per fatture e contanti

Torna la tracciabilità dei pagamenti. Per rilanciare la stretta sulle frodi Iva e le false fatturazioni, il fisco sta pensando di introdurre l'obbligo di comunicazione delle fatture emese per operazioni commerciali superiori a determinati importi. Con la manovra verrà conferita una sorta di delega all'Entrate per riscrivere le regole del nuovo redditometro

Stretta sui giochi illegali: sanzioni anche a chi gioca

Caccia agli evasori anche sui giochi. Saranno rilanciate le sanzioni penali per chi gestisce il gioco illegale e senza risparmiare anche il giocatore. L'imposta sulle scommesse sarà dovuta anche da chi opera senza concessioni e l'imponibile accertato ai fini dell'evasione dell'imposta sui giochi sarà lo stesso ai fini dell'Irap e delle imposte dirette

Statali: liquidazione a rate e stop al rinnovo del contratto

Confermato lo stop al rinnovo del contratto nel pubblico impiego. Viene fatta salva solo l'indennità di vacanza contrattuale. Il rinvio riguarderà anche polizia e forze armate. Oltre una determinata soglia di reddito (ancora da fissare) scatterebbe anche la dilazione fino a tre anni della liquidazione degli statali. Prolungato fino al 2013 il limite del 20% al turn over

In bilico il superticket sulle visite specialistiche

Il fondo sanitario andrà tagliato di 550 milioni: le regioni dovranno reperirli oppure introdurre un ticket da 7,5 euro sulla specialistica o da 3 euro sulla ricetta per gli esenti dal 1° luglio. Previsti inoltre l'alta ai pignoramenti dei creditori di asl e ospedali e lo spostamento della vendita di farmaci innovativi

dai nosocomi alle farmacie

Divieto di costituire società nei comuni più piccoli

Obbligo di gestione associata e divieto di costituire e mantenere società nei comuni fino a 5mila abitanti. È una delle misure allo studio per ridurre i costi dell'amministrazione locale, insieme al taglio del 5% su gettoni e indennità. Il patto, poi, dovrebbe chiedere nel 2011 un miliardo a comuni e province; per chi sfora previsto il taglio ai trasferimenti

Riduzione delle finestre per le pensioni di vecchiaia

Due le ipotesi allo studio dei tecnici sulle finestre per le pensioni di vecchiaia: riduzione delle uscite da quattro a una oppure dimezzamento dei "canali". In quest'ultimo caso i lavoratori dipendenti dovrebbero rinviare di 6 mesi l'uscita dal mondo del lavoro; gli autonomi di un anno. Giro di sull'invalidità civile: più controlli e tetti di reddito più bassi per l'assegno di accompagnamento

 

 

 

 

2010-05-22

Berlusconi: non toccheremo pensioni, scuola e sanità

22 maggio 2010

Berlusconi: non toccheremo pensioni, scuola e sanità

"Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali ed è assolutamente falso che sia in vista un aumento delle imposte" ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a proposito della prossima manovra economica in un audiomessaggio inviato ai "Promotori della Libertà".

"Non verranno toccate ne la sanità, nè le pensioni, nè la scuola, nè l'università", afferma il premier. "E' sicuro invece che il nostro Governo continuerà a tenere i conti pubblici in ordine come ha fatto finora con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e con il sostegno allo sviluppo. Voglio ripeterlo: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani! Invece cercheremo con ogni mezzo di combattere le spese eccessive e naturalmente l'evasione fiscale".

Nel pacchetto antievasione torna la lotta ai pagamenti in nero. E fa ancora parte delle misure, su cui i tecnici dell'amministrazione finanziaria lavoreranno per tutto il fine settimana, il concordato fiscale per l'emersione delle case fantasma. Cui potrebbe associarsi un condono delle violazioni urbanistiche da 6 miliardi, esteso agli abusi su tutti i tipi di immobile: quello del 2003-2004 aveva prodotto oltre 5 miliardi a fronte dei 3,1 previsti.

22 maggio 2010

 

 

 

Vincoli ai pagamenti cash

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Sabato 22 Maggio 2010

Vincoli ai pagamenti cash

Nel pacchetto antievasione torna la lotta ai pagamenti in nero. E fa ancora parte delle misure, su cui i tecnici dell'amministrazione finanziaria lavoreranno per tutto il fine settimana, il concordato fiscale per l'emersione delle case fantasma. Cui potrebbe associarsi un condono delle violazioni urbanistiche da 6 miliardi, esteso agli abusi su tutti i tipi di immobile: quello del 2003-2004 aveva prodotto oltre 5 miliardi a fronte dei 3,1 previsti. Ma entrano in gioco anche il nuovo redditometro e il contrasto al gioco illecito. A subire un inasprimento del prelievo potrebbero essere, invece, i fondi immobiliari. Sul versante della pubblica amministrazione si torna a parlare di uno slittamento da 90 a 180 giorni dei tempi per pagare il trattamento di fine servizio agli statali, e prende corpo una riorganizzazione per riportare sotto il controllo dell'Economia la presidenza del consiglio, che direbbe addio all'autonomia contabile introdotta nel 1988. Questo significherebbe, prima di tutto, ricondurre sotto la vigilanza di via XX Settembre la Protezione civile, che da sola vale più del 60% del budget di Palazzo Chigi (si veda Il Sole 24 Ore del 24 gennaio), e cancellare il comparto dei dipendenti della presidenza, che oggi hanno un contratto a sé e livelli retributivi medi più alti degli altri ministeriali.

Tornando al fisco, la richiesta di far la "guerra al contante" formulata al ministro Tremonti nei giorni scorsi dai sindacati non sembra essere rimasta inascoltata. A via XX Settembre si sta studiando come reintrodurre l'obbligo della tracciabilità dei pagamenti nelle transazioni commerciali sopra una soglia predeterminata. In sostanza, professionisti, artigiani e commercianti, per incassare i pagamenti delle prestazioni rese dovranno utilizzare strumenti come assegni, carte di credito, bancomat o altro che lascino una traccia evidente al fisco nel caso sia necessario ricostruire i relativi ricavi e compensi incassati nell'esercizio dell'attività.

Tutte ancora da definire le soglie da cui far scattare l'obbligo della tracciabilità: per i contanti si esclude tassativamente quella minima dei 100 euro fissata dal decreto Visco-Bersani e poi abolita nel 2008. Tra le ipotesi anche quella di introdurre fasce di soglie differenziate accompagnate da meccanismi premiali per chi magari installa e utilizza mezzi di pagamento elettronico.

Sul fronte degli assegni circolari la soglia delle transazioni da cui far scattare l'obbligo di segnalazione agli organi di controllo potrebbe scendere dagli attuali 12.500 euro e riavvicinarsi al precedente limite dei 5.000 euro.

Fuori dal pacchetto antievasione, che resta comunque il pilastro, ci potrebbe essere un inasprimento del prelievo per i fondi immobiliari. Questi oggi beneficiano di una tassazione agevolata del 20 per cento. In caso di attribuzione dei proventi potrebbe allora aumentare il prelievo con la tassazione anche in capo al fondo stesso. Tra le misure fiscali un posto potrebbero assicurarselo anche le semplificazioni degli adempimenti, come l'accelerazione del processo di introduzione della fatturazione elettronica.

Intanto assume contorni più definiti anche il ruolo che enti locali e regioni dovranno giocare nella cura anticrisi. A differenza delle voci circolate nei giorni scorsi, sembrano esclusi tagli diretti ai trasferimenti, e il contributo degli enti territoriali sarà sotto forma di nuovi vincoli alla spesa per le regioni e di una nuova versione del patto di stabilità su comuni e province. Sulle cifre mancano conferme (si parla di 9,2 miliardi nel triennio), ma le richieste dovrebbero concentrarsi soprattutto sulle regioni, chiamate a un contributo doppio rispetto a quello chiesto a sindaci e presidenti di provincia.

Sabato 22 Maggio 2010

 

 

Case fantasma: gettito di 1,5 miliardi

di Saverio Fossati

Sabato 22 Maggio 2010

Un miliardo e mezzo, forse di più. Senza contare il gettito annuale. Tanto si spera di incassare dalla regolarizzazione delle case fantasma. Ma i Comuni rischiano di spendere più di quanto guadagnerebbero, a meno di non pretendere subito dai proprietari gli oneri di urbanizzazione.

L'ipotesi è di regolarizzare dal punto di vista fiscale i circa due milioni di fabbricati che risultano sconosciuti al Catasto (e ai comuni): i risultati di una mega operazione di verifica attuata sovrapponendo le mappe catastali a quelle reali, realizzate con foto aeree. L'operazione era partita nel 2007 e a fine 2009 la mappatura era ormai completata.

Di fatto, se si escludono gli immobili rilevati ma che non hanno interesse catastale (e quindi neppure fiscale), potrebbero restare 1,4 milioni di unità immobiliari. Non tutte sono case: ci sono, stando ai dati forniti dal Catasto, box auto (molti) uffici (pochi) e parecchi immobili industriali e artigianali. Formano una città sterminata, una megalopoli spesso priva dei servizi essenziali, qualcosa di più simile a Lagos che a Londra.

Stando alle rendite catastali medie, emergerà una base imponibile di 680 milioni di nuove rendite catastali. E a questo punto vale la pena di ipotizzare il gettito annuo che questi immobili "emersi" potrebbero fornire, in base alle stime elaborate dal Sole 24 Ore in corso d'opera: potrebbe aggirarsi sui 700-750 milioni tra Ici (100-120 milioni), Tassa rifiuti (300-310 milioni), e Irpef (300-320 milioni).

Per ora si sta lavorando su tre ipotesi: la prima prevede la regolarizzazione immediata, entro due mesi dall'entrata in vigore delle norme, tramite il pagamento delle imposte dovute negli ultimi due anni e senza sanzioni; questa è l'unica strada che consente di fare cassa ma cozza contro il fatto che gli accertamenti non sono finiti e molti proprietari ancora non conoscono la rendita che il Catasto sta attribuendo. La seconda soluzione prevede che ci siano sei mesi per pagare, sempre senza sanzioni ma per le ultime cinque annualità; la terza opzione è semplicemente quella di legge: i proprietari individuati pagheranno gli ultimi cinque anni di imposte e in più le sanzioni maturate. In sostanza, però, se per imposte si intende solo l'Ici, difficilmente si arriverà a grandi importi. Mentre se si considerano anche Irpef (che andrebbe così ai comuni) e tassa rifiuti, allora due annualità corrisponderebbero a circa 1,5 miliardi.

C'è però un ostacolo enorme da superare: se queste case non risultano al catasto è molto probabile che in larga misure siano anche abusive. E quindi i comuni dovrebbero gestire centinaia di migliaia di demolizioni e sanzioni urbanistiche, e soprattutto esigere miliardi in oneri di urbanizzazione mai pagati, da girare subito in impianti, strade fogne, scuole, parchi. "Le spese da affrontare per le case fantasma – dice Flavio Zanonato, sindaco di Padova e a capo della consulta casa dell'Anci – sono quelle per le infrastrutture, i servizi e la gestione dell'acqua. Se questi problemi non sono risolti con i finanziamenti anticipati, i comuni ci perderanno". I proprietari dovranno così pagare ai comuni, oltre alla sanatoria fiscale, il 20% dei costi dell'immobile, spiega Zanonato: "Senza contare il problema delle violazioni urbanistiche serie: quelle restano e non sono sanabili". Fatti salvi i possibili condoni edilizi di cui si comincia a parlare nell'ambito della manovra.

Le misure del governo

Sabato 22 Maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-19

Tremonti gioca in velocità

ma è a rischio il taglio

dei compensi ai manager Pa

di Dino Pesole

21 maggio 2010

Tremonti gioca in velocità >ma è a rischio il taglio dei compensi ai manager Pa

 

L'accelerazione nella messa a punto e nel varo della manovra correttiva è per gran parte imposta dal peggioramento della situazione sui mercati. Ed è un tentativo per ammorbidire l'intransigente posizione della Germania rispetto ai conti dei paesi più indebitati di Eurolandia, offrendo un contributo forte all'allentamento delle tensioni che alimentano le divisioni politiche in Europa e che mettono a rischio il futuro dell'euro. Per questo motivo, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (anche venerdì sera a cena con Berlusconi per un vertice a palazzo Grazioli) ha deciso di giocare la carta della velocità: i tagli si dovranno decidere subito, altrimenti si rischia anche di vanificare l'effetto annuncio di una correzione importante, che oscilla tra i 25 e i 28 miliardi.

Occorre blindare i conti pubblici per il prossimo triennio: questa è considerata l'unica strada per evitare che gli attacchi speculativi si dirigano anche sul nostro paese. La discussione è stata alquanto animata nel Consiglio dei ministri di ieri, e lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha preso atto che la manovra sarà tutt'altro che leggera. Da parte di alcuni ministri di spesa è stata invocata maggiore collegialità. Tremonti si è limitato ad ascoltare. I tempi della correzione, ha osservato, sono imposti dalla crisi. Non vi è tempo da perdere. Se verrà rispettata la scaletta annunciata ieri sera da Palazzo Chigi, la manovra sarà approvata martedì.

Weekend di lavoro, dunque, per Tremonti e i tecnici dell'Economia che stanno scandagliando in queste ore la panoramica delle misure da inserire nel decreto. Tra queste rischia di saltare uno degli interventi-simbolo che, nelle intenzioni di Tremonti, dovrebbe caratterizzare anche in senso "etico" la manovra: il taglio del 10% dei compensi dei manager della pubblica amministrazione. Decurtare la retribuzione potrebbe aprire la strada a una serie di ricorsi presso la Consulta per incostituzionalità della norma. L'alternativa potrebbe consistere in una sorta di prelievo una tantum, che però dovrebbe essere applicato a tutti i redditi che eccedano la soglia indicata: 80-100mila euro annui. In questo caso, si tratterebbe però di altra cosa: un prelievo fiscale, appunto, non un taglio ai costi della politica.

Il menu delle misure allo studio dei tecnici dell'Economia, per il resto, prevede il congelamento della tornata contrattuale 2010-2012, per un risparmio pari a 5,3 miliardi. Per il pubblico impiego si prospetta peraltro anche la proroga del blocco del turn over. Si fa strada inoltre l'ipotesi di razionalizzare gli enti previdenziali: all'Inps il compito di erogare le pensioni e gli altri trattamenti assistenziali del settore privato, all'Inpdap quello di soggetto pagatore delle pensioni e dell'assistenza nel pubblico impiego, mentre l'Inail diverrebbe l'unico ente pubblico di assicurazione sul lavoro. Il riordino riguarderebbe anche diversi enti e istituti, dall'Isae all'Isfol, dall'Ice alla protezione civile.

Sul fronte della previdenza, è confermata l'intenzione del governo di intervenire sulle "finestre" di uscita per le pensioni di anzianità e vecchiaia. Operazione che dovrebbe partire nel 2011, anche se resta tuttora in piedi (sia pur a livello di pura ipotesi di riserva) l'eventualità che si possa intervenire già sulla "finestra" del prossimo 1° luglio. Nel menu della manovra rientra anche una robusta dieta dimagrante per gli enti locali: si ipotizza un taglio biennale di 4 miliardi, 2 a carico di comuni e province, 2 per le regioni.

Quanto alla sanità, oltre al prospettato intervento per ridurre la spesa farmaceutica ospedaliera, si prospetta la chiusura dei piccoli ospedali. In tutto la stretta dovrebbe consentire di risparmiare 2,5 miliardi. Poi c'è il capitolo dei falsi invalidi e quello della lotta all'evasione fiscale. Una delle ipotesi allo studio è che nella manovra confluisca la nuova versione del redditometro, che dovrebbe cominciare a dispiegare i suoi effetti a partire dal prossimo anno. Tra le proposte compare anche il concordato con adesione per regolarizzare i cosiddetti immobili "fantasma". Quanto ai giochi, si pensa di incrociare i dati dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza: chi non versa l'imposta sui giochi sarà comunque chiamato a versare le imposte sui redditi.

Il governo stringe i tempi della manovra correttiva

Marcegaglia: contro la crisi serve l'unità della politica

IL PUNTO / Il centro-sinistra di fronte alla manovra di Tremonti (di Stefano Folli)

Il nuovo redditometro, istruzioni per l'uso (di Nicoletta Cottone)

LE MISURE / 1 Concordato per le case fantasma

LE MISURE / 2 Il redditometro al via dal 1° gennaio

LE MISURE / 3 Regioni in rosso: supertassa più vicina Commenti / Quali risparmi suggerisci per i conti pubblici?

21 maggio 2010

 

 

 

Concordato per le case fantasma

di Davide Colombo e Marco Mobili

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Giovedí 20 Maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Pensioni solo con due uscite

Pensioni solo con due uscite

Rispunta il superticket da 10 euro

Taglio del 10% ai maxi-stipendi

Stretta sulle pensioni, solo due uscite all'anno

La regolarizzazione degli immobili fantasma, il nuovo redditometro, il "pacchetto statali" e l'intervento sulla finestre di pensionamento per anzianità e vecchiaia. Con la postilla, del valore tutto politico, del taglio secco tra il 10 e il 15% degli stipendi di parlamentari e ministri. Sono alcune delle misure della manovra che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha esposto ieri al presidente del Consiglio.

Gli ultimi particolari circolati ieri, mentre Tremonti incontrava le parti sociali (Cgil esclusa) con il collega Maurizio Sacconi, riguardano il fronte delle entrate. Prende sempre più corpo l'arrivo di un concordato con adesione "a tre vie", come riferiva ieri l'agenzia Radiocor, per la regolarizzazione degli immobili "fantasma". Le possibilità su cui si sta ancora lavorando prevederebbero: la regolarizzazione immediata, entro un bimestre, tramite il pagamento delle imposte dovute relativamente alle ultime due annualità e senza l'applicazione di sanzioni; la seconda strada darebbe al contribuente sei mesi di tempo per decidere di arrivare a patti con il fisco, pagando il dovuto, anche qui senza sanzioni, per le ultime cinque annualità; la terza e ultima opzione, dopo i sei mesi, farebbe scattare anche le sanzioni. L'agenzia del Territorio, dal canto suo, continua la mappatura degli immobili fantasma che potrebbero essere fonte di gettito per l'erario. Al momento, le stime indicano entrate per 1-1,5 miliardi.

Nella manovra potrebbero trovare posto anche le modifiche al redditometro che per entrare in vigore già dal prossimo 1° gennaio, dovranno essere supportate da una legge.

La lotta all'evasione si estenderà anche ai giochi. Chi non paga l'imposta sui giochi, grazie all'incrocio dei dati con l'agenzia delle Entrate, sarà chiamato a pagare le imposte sui redditi. E ciò sia se opera in concessione sia se l'attività è esercitata al di fuori di queste. In sostanza il reddito prodotto da giochi non potrà in nessun caso sfuggire al prelievo erariale. A chi verrà stanato saranno applicate le sanzioni secondo le regole previste per le imposte dirette. E dunque con la possibilità di corrisponderle in misura ridotta o anche in forma dilazionata. Il tutto, ovviamente, previa istanza da presentare all'amministrazione finanziaria.

La manovra, anche alla luce della riorganizzazione del personale dell'Economia approvata con il Dl incentivi, sarà anche l'occasione per la definitiva trasformazione di Aams nella nuova "Agenzia dei Monopoli".

Per quanto riguarda le pensioni è confermato che l'intervento sulle finestre di uscita, che dovrebbe garantire una minore spesa strutturale per 1,5 miliardi l'anno, scatterà dal 2011. Si va dall'ipotesi di chiusura di una sola finestra per anzianità (che ne ha 2 l'anno) e vecchiaia (ne ha 4), fino a quella di allineare tutto il sistema su un'unica finestra di uscita per tutti, con conseguente aumento dell'età di pensionamento di fatto che potrebbe crescere dai 6 ai 12 mesi. Ma sul fronte previdenziale viene confermato anche il rafforzamento dei controlli sulle false invalidità, rispetto alle 100mila nuove verifiche disposte con la finanziaria 2010 e che l'Inps sta già effettuando, anche se non ci si devono aspettare grandi risparmi. Infine ci sarebbe un ripescaggio del vecchio progetto prodiano di razionalizzazione degli enti previdenziali, con la fusione di quelli minori in Inps e Inail, mentre è allo studio il taglio dei budget di una serie di enti strumentali dei ministeri. Previsto, poi, il recupero del controllo della Corte dei conti sulla Protezione civile, mentre diventa probabile lo stop all'attuazione della società Difesa Spa.

Il menù per il pubblico impiego resta quello anticipato negli ultimi giorni, arricchitto dal taglio sugli stipendi dei dirigenti oltre un certo reddito (si veda altro articolo). C'è il blocco del rinnovo del contratto triennale e la proroga dello stop al turn-over (sull'80% delle piante organiche). Più complicata la partita per il semi-blocco delle progressioni automatiche (ci sono problemi di costituzionalità), mentre forse scompare il taglio ai magistrati.

Infine, come detto, il taglio secco sugli emolumenti di politici e parlamentari. Tremonti aveva parlato di "semplice aperitivo" leggendo le cifre circolate negli ultimi giorni. Ora arriva la conferma che il contributo sarà significativo, almeno sul piano simbolico, con un taglio (non si sa se strutturale) del 10 o forse del 15%.

Giovedí 20 Maggio 2010

 

 

 

Il redditometro al via dal 1° gennaio

di Antonio Criscione

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Giovedí 20 Maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Concordato per le case fantasma

FISCO E TRASPARENZA / Un redditometro che parla chiaro

Redditometro a due vie

Redditometro con più voci sotto controllo

Per il nuovo redditometro sperimentazione entro l'anno

Per il nuovo redditometro partenza al 1° gennaio 2011. Le correzioni allo strumento attuale potrebbero, infatti, essere inserite nella manovra, così da essere applicate dal prossimo anno.

E l'avvio "in corsa" prenderà di mira principalmente gli scostamenti più rilevanti tra reddito stimato e reddito dichiarato. Il trend si può desumere dall'esempio mostrato martedì dall'agenzia delle Entrate ai rappresentanti di categorie e professionisti (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri) relativo all'acquisto di auto: erano stati, infatti, presi in considerazione i contribuenti che avevano comprato un veicolo che costava più del doppio del reddito annuo dichiarato. E si arrivava a circa 100mila soggetti.

Il nuovo redditometro sarà molto più preciso di quello attualmente in vigore. Questo potrebbe significare anche che i moltiplicatori finora utilizzati saranno abbandonati per ottenere "proiezioni" più fedeli alla realtà di quelli attualmente possibili.

La nuova struttura del redditometro, da quanto spiegato dall'agenzia delle Entrate, non dovrebbe essere costituita più da una sommatoria di beni, ciascuno moltiplicato per un coefficiente fisso (in alcuni casi spropositatamente elevato), ma da una regressione matematica all'interno della quale il valore da assegnare a ognuno varia in funzione di tutti gli altri parametri.

La parola d'ordine del redditometro futuro potrebbe essere "correlazione". Se, per esempio, attualmente l'amministrazione confronta gli scostamenti rispetto a singoli beni (per esempio casa, auto di lusso e barche), in futuro tutto sarà messo in correlazione e le liste partiranno dall'incrocio di tutti i dati.

La ragione di fondo del redditometro sta nel pesare le spese del contribuente non prendendole nel loro "importo" reale, ma moltiplicando questo importo per un coefficiente, nella presunzione che una spesa venga effettuata quando alle sue "spalle" c'è un reddito più alto. Come se ogni spesa fosse solo la punta di un iceberg. È la ricostruzione di questa parte nascosta a rappresentare l'oggetto dello studio in atto da parte dell'amministrazione finanziaria. Ed è per questo che lo studio della nuova funzione viene testata su un campione molto vasto.

L'impatto delle spese viene perciò misurato a seconda della composizione delle famiglie (come illustrato sul Sole 24 Ore nei giorni scorsi) e della loro collocazione territoriale. Anche perché stare in un'area metropolitana o in un altro territorio cambia in misura notevole l'impatto di una spesa sui conti di una famiglia. Lo stesso bene può, poi, pesare in modo differenziato all'interno di due "panieri" di spesa.

La logica dei coefficienti potrebbe essere completamente superata, perché una funzione di tipo statistico metterà in correlazione capacità di spesa, situazione familiare e reddito dei contribuenti. I singoli moltiplicatori però dovrebbero essere più bassi di quelli attribuiti attualmente relativi a beni analoghi. Anche perché l'amministrazione, attraverso le diverse banche dati, a cui può attingere ha a disposizione molti più elementi che in passato.

Vecchio e nuovo redditometro non potranno, dunque, essere comparati. La versione attuale è concepita per "prendere in castagna" pochi contribuenti (per anni lo strumento non è stato neanche usato dal fisco) che quanto all'essere evasori potrebbero essere classificati tali "ictu oculi". Però il fisco finora doveva dimostrare l'esistenza di un reddito alto a partire da pochi dati. In futuro non basterà evitare di acquistare la barca per sfuggire al redditometro, perché i dati a disposizione saranno tali da intercettare ogni comportamento di spesa fuori regola.

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LE NOVITÀ

 

Il conteggio attuale

Il redditometro attualmente in vigore prende in considerazione alcuni beni particolarmente importanti, moltiplicati per coefficienti fissi piuttosto alti. I valori così ottenuti vengono poi sommati per arrivare al reddito presumibile da parte del fisco

L'incrocio futuro dei dati

Il nuovo redditometro mette in correlazione tutti i dati che il fisco recupera rispetto al contribuente, li colloca nel contesto familiare e territoriale e li rapporta al tipo di reddito. Il risultato finale mostrato ai contribuenti deriverà probabilmente da "coefficienti", che però non saranno fissi ma dipenderanno dalla situazione di ciascuno

Giovedí 20 Maggio 2010

 

 

 

 

Regioni in rosso: supertassa più vicina

di Roberto Turno

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Giovedí 20 Maggio 2010

Si avvicina sempre più lo spettro delle super addizionali Irpef e Irap per cittadini e imprese di Lazio, Molise, Calabria e Campania. È stato infatti in larga parte ancora negativo l'esito del primo incontro di ieri al tavolo con i ministeri dell'Economia e della Salute dopo la decisione della settimana scorsa del governo di bloccare l'uso dei Fas per la copertura dei disavanzi sanitari.

Il Lazio prende tempo fino al 30 maggio per presentare il piano ospedaliero e i nuovi contratti con i privati, ma con margini di approvazione da parte del governo che si fanno sempre più stretti. Il Molise (che ha annunciato un ricorso al Tar) ha subito una prima bocciatura e si trova ormai a un passo dall'aumento oltre il tetto massimo delle addizionali, dalle quali potrà recuperare solo 12 milioni dei 69 di rosso di asl e ospedali. Più incerto resta in apparenza il destino della Campania, che però deve dimostrare la tenuta del suo piano di rientro dal debito, con uno scoperto che resterebbe comunque di 300 milioni anche dopo le supertasse che peserebbero per 197 milioni. Per la Calabria il round al tavolo col governo ci sarà solo oggi, ma la situazione dei conti sanitari locali è considerata pressoché irrecuperabile: le super addizionali frutterebbero solo 61 milioni, lasciando in ogni caso scoperti ben 970 milioni. Proprio le quote di Fas che il governo ha stoppato in assenza di piani di rientro credibili.

Le tensioni di bilancio e i piani di rientro dal debito che saranno in ogni caso indispensabili nelle regioni sotto tutela, sono un elemento in più di incertezza a via XX settembre proprio nel momento in cui con la manovra 2011-2012 il governo si prepara a varare anche una stretta alla spesa sanitaria. L'ipotesi della mancata copertura del superticket da 10 euro sulla specialistica che vale 834 milioni l'anno, è in pieno nel menu dei tecnici di Tremonti: saranno poi le regioni a decidere come agire. E anche sui farmaci c'è la conferma degli interventi per ridurre la spesa ospedaliera, delle misure sui prezzi dei prodotti off label e del taglio dei margini dei grossisti con un contemporaneo possibile affidamento in gestione, se le regioni vorranno, dei magazzini farmaceutici degli ospedali.

Intanto sul versante della spesa sanitaria arrivano segnali contrastanti. La spesa farmaceutica in farmacia nel primo trimestre del 2010 ha fatto segnare un calo dell'1,6%, con un contemporaneo aumento (+1,6) di ricette anche se di valore più basso (-2,8%). Mentre l'Economia conferma che il Ssn ha chiuso il 2009 con un rosso di 3,22 miliardi al netto delle manovre regionali con i picchi massimi di Lazio (1,3 miliardi), Campania (725 milioni), Puglia (292 milioni), Sicilia (232 milioni) e Calabria (222 milioni). I maggiori incrementi hanno riguardato specialistica (+5,1%), medicina generale convenzionata (+4,9%) e beni e servizi (+2,9). In calo soltanto la farmaceutica che in farmacia ha fatto segnare una diminuzione del 2% sul 2008.

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SOTTO TIRO

 

Super addizionali

Dopo la decisione della settimana scorsa del governo di bloccare l'uso dei Fas (Fondi aree sottoutilizzate) per la copertura dei disavanzi sanitari, si avvicina per le regioni con i maggiori deficit la necessità di imporre super-addizionali per cittadini e imprese. Oltre il tetto massimo dello 0,30% per l'Irpef e dello 0,15% per l'Irap

Le regioni nel mirino

Sono Lazio, Molise, Calabria e Campania. In larga parte ancora negativo l'esito del primo incontro di ieri al tavolo con i ministeri dell'Economia e della Salute

L'intervento

L'attivazione delle super-addizionali varrebbe in tutto 629 milioni: le quattro regioni dovranno comunque risanare i conti con manovre per complessivi 1,39 miliardi

Giovedí 20 Maggio 2010

 

 

 

Il governo studia il blocco degli aumenti agli statali

di Davide Colombo

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15 maggio 2010

Giulio Tremonti e Renato Brunetta (Foto Ansa)

"Dai nostri archivi"

Il governo studia il blocco delle finestre sulle pensioni da luglio

"Senza il contratto gli statali perdono 90 euro al mese"

Il governo studia il blocco degli aumenti agli statali

Nella manovra biennale spunta l'"opzione statali"

Comparti: si è aperto il tavolo per la composizione

Il primo rinnovo di un contratto triennale nella storia del pubblico impiego rischia di slittare con un impatto non secondario sull'attuazione di una riforma della Pa in buona parte pensata per premiare i dipendenti più meritevoli e incentivare la produttività.

A imporre il rinvio sarebbe la manovra correttiva sui conti pubblici che i tecnici del ministero dell'Economia stanno mettendo a punto e che dovrebbe contenere un pacchetto di misure che parte da una moratoria del rinnovo dei contratti per il periodo 2010-2012 e si conclude con una proroga per un altro biennio del blocco del turn-over, in scadenza a fine 2010.

Di più. Per reperire risorse, stando a diverse fonti ministeriali, si ipotizza anche il prelievo delle risorse destinate ai fondi unici di amministrazione (Fua) utilizzati per pagare lo stipendio integrativo legato alla produttività nelle amministrazioni centrali, gli enti pubblici non economici e le agenzie. La cifra che circola per quest'ultimo intervento è di un miliardo nel biennio, e si tradurrebbe in un taglio medio degli stipendi in essere di circa 20 euro.

Il risparmio complessivo garantito dall'insieme delle misure allo studio sarebbe di 4,8-5 miliardi in due anni: oltre al Fua sono calcolate minori spese per 1,3-1,4 miliardi l'anno per i contratti e 800 milioni (nel biennio) dal blocco delle assunzioni. Il blocco delle dinamiche salariali comprenderebbe anche gli automatismi dei "non contrattualizzati" per categorie particolari come i magistrati, i professori universitari, i prefetti e gli ambasciatori. In serata è circolata anche l'indiscrezione, da fonti parlamentari, di una norma per far slittare il pagamento del trattamento di fine servizio (la liquidazione) agli statali che vanno in pensione. Il tempo di attesa potrebbe raddoppiare, secondo le simulazioni in corso, da tre a sei mesi. Attualmente le buonuscite devono essere liquidate dall'Inpdap entro 90 giorni e trascorso questo tempo lo stato paga un interesse del 5%. L'ipotesi è un allungamento fino a 180 giorni. Si tratta di una misura che era già stata proposta ai tempi del decreto anti-crisi del luglio scorso ma che poi fu bloccata alla Camera. In questo caso non circolano cifre ma è chiaro che il risparmio sarebbe sugli interessi da pagare ai circa 90mila dipendenti (il 2,5% di 3,5 milioni; questo è il flusso di uscita calcolato dall'Aran) che andranno in pensione ogni anno.

Ieri il ministro della Pubblica amministrazione e dell'Innovazione, Renato Brunetta, non ha voluto commentare le anticipazioni delle agenzie di stampa: un incontro con il collega Giulio Tremonti è programmato nei prossimi giorni e, come avvenne con il varo della manovra triennale (decreto legge 112/2008), il confronto sarà su ipotesi di riqualificazione della spesa su più fronti. Gli statali, se le misure verranno confermate, quest'anno dovranno accontentarsi del pagamento della vacanza contrattuale, che la Finanziaria 2010 ha cifrato in 1,7 miliardi. La prima tranche di pagamento è scattata in aprile e garantisce la copertura del 30% dell'inflazione calcolata sull'indice Ipca, a giugno scatterà la seconda tranche, che vale il 50% dell'indice. Risorse che, secondo un calcolo dei sindacati, non andranno oltre gli 8-10 euro medi in busta. In sede Aran continuerà invece la trattativa per la ridefinizione dei comparti di contrattazione, prevista dalla riforma, mentre potrebbero rimanere in stand-by fino al varo della manovra correttiva gli ultimi contratti della dirigenza ancora da rinnovare per il biennio 2008-2009.

Insieme a queste misure, si valuta un taglio "pesante" ai costi della politica, che secondo l'agenzia Radiocor potrebbe garantire fino a un miliardo e nuovi risparmi dalle partecipate del Tesoro. E risparmi dovrebbero essere realizzati anche con una nuovo sfoltimento di enti inutili. Dalla spesa sanitaria, invece, dopo il nuovo giro di vite alle Regioni in deficit, si allontana la prospettiva di tagli significativi.

Pensioni d'anzianità: ipotesi di stretta sulle finestre 2011

Fmi: "Per ridurre il deficit si parta da pensioni e sanità"

Misure a confronto

15 maggio 2010

 

 

 

ensioni d'anzianità: ipotesi di stretta sulle finestre 2011

di Dino Pesole

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15 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Pensioni, via ai nuovi esodi

Ad aprile l'ultima volta delle vecchie regole

Pensioni di anzianità, si parte senza quote

In lista d'attesa anche per l'assegno di vecchiaia

Una vigorosa stretta sulle pensioni di invalidità, accompagnata da un possibile intervento sulle finestre di uscita per le pensioni di anzianità. Anche il capitolo previdenza potrebbe entrare nel menu degli interventi che i tecnici dell'Economia stanno scandagliando in questi giorni, in previsione della manovra correttiva biennale da 25 miliardi (12,8 miliardi sul 2011) che il ministro dell'Economia presenterà in Consiglio dei ministri nei primi giorni di giugno.

Non è una misura strutturale sul sistema, che nelle proiezioni di medio periodo regge per effetto delle diverse riforme introdotte negli ultimi anni, quanto un possibile intervento per dilazionare le uscite per una sola o entrambe le finestre annuali. La disciplina in vigore prevede che quanti maturino la pensione di anzianità con meno di 40 anni di contributi possano contare solo su due uscite l'anno.

I dipendenti possono lasciare il lavoro rispettivamente dal 1° gennaio o dal 1° luglio dell'anno successivo, a seconda che i requisiti contributivi e anagrafici siano raggiunti nel primo o secondo semestre. Dunque la prima finestra del 2010 si apre per coloro che entro il 30 giugno scorso hanno raggiunto 35 anni di contributi e 58 di età.

Le finestre annuali sono quattro per chi può vantare 40 anni di contributi. Per i dipendenti le uscite di gennaio e aprile si aprono se il requisito contributivo è stato raggiunto rispettivamente entro il 30 settembre e 31 dicembre. Per quelle successive di luglio e ottobre viene richiesta anche un'età minima di 57 anni. Fino a tutto il 2010, i dipendenti acquisiscono il diritto con quota "95" (59 anni di età e 36 di contributi o 60 di età e 35 di versamenti). Considerato che la finestra si apre dal secondo semestre successivo a quello in cui si matura il requisito, la prima uscita utile è quella del 1° luglio 2010. Agli autonomi si applica invece quota "96". Le finestre si aprono dal terzo semestre successivo a quello in cui si maturano i requisiti. Chi li ha perfezionati tra luglio e dicembre il 2009 potrà andare in pensione solo dal 1° gennaio 2011.

In attesa delle decisioni del governo, dalla Cisl Raffaele Bonanni precisa: "Non accetteremo tagli a sanità e pensioni". Alla mannaia che sta per abbattersi sul fronte del pubblico impiego (in particolare la riduzione dei fondi per la produttività) si potrebbe accompagnare peraltro, sul versante del lavoro privato, il mancato rifinanziamento degli sgravi del 10% diretti al premio di produttività, in sostanza la parte variabile del salario, per un risparmio di circa 800 milioni.

La manovra si concentrerà per gran parte proprio sul fronte della spesa corrente. La ricognizione è già in corso, come mostra la recente circolare che Tremonti ha inviato alle amministrazioni pubbliche con riferimento agli spazi occupati dai singoli uffici. Mancano all'appello le previsioni triennali per i fabbisogni di spazi e le superfici occupate non più necessarie. "Allo stato solo un numero esiguo di amministrazioni - avverte il ministro - ha trasmesso le previsioni triennali". Il rischio è la segnalazione per inadempienza alla Corte dei Conti. L'operazione consentirà consistenti risparmi: una volta effettuato il censimento, gli affitti pubblici saranno gestiti dall'Agenzia del Demanio. La partita è di un certo rilievo, come emerso nel corso dell'esame parlamentare del cosiddetto "federalismo demaniale".

Nel menu della manovra entra anche una possibile stretta contro i giochi clandestini, soprattutto se praticati on line. Più in generale, si punta a potenziare il gettito 2010 attraverso l'intensificazione dell'attività di contrasto all'evasione, soprattutto internazionale. L'obiettivo per l'anno in corso è di alzare l'asticella degli incassi a quota 16,6 miliardi, rispetto ai 9,1 miliardi del 2009.

15 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-19

Tremonti: le pensioni non saranno stravolte

Tagli alla spesa improduttiva

di Giuseppe Chiellino

18 maggio 2010

Tremonti: "Non aumenteremo le tasse" (Infpphoto)

"Dai nostri archivi"

Tagli alla spesa improduttiva

Tremonti: caccia agli evasori

Tremonti alla Ue: manovra rigorosa

Tremonti alla Ue: manovra rigorosa

Rehn spinge sul nuovo Patto di stabilità

Nessun aumento di tasse soprattuttto a carico dei ceti più deboli, solo tagli alla spesa improduttiva che offre ampi margini di riduzione, per esempio colpendo i falsi invalidi. Quanto alle pensioni, il sistema italiano "è stabile, tra i più stabili in Europa. Funziona bene" e dunque non sarà stravolto. Sono le prime anticipazioni della manovra di correzione dei conti pubblici chiesta dall'Unione europea, certificate dal ministro dell'Economia in persona, Giulio Tremonti, dopo le breve nota diffusa domenica scorsa per dire che "nulla è stato ancora deciso" e le indiscrezioni che circolano "sono solo notizie confuse".

Tremonti ha incontrato i giornalisti italiani al termine della riunione mensile del consiglio Ecofin, a Bruxelles, la prima dopo i vertici straordinari del 7 e del 9 maggio scorsi in cui sono state varate le misure di aiuto alla Grecia e lo schema di intervento per sostenere qualsiasi paese dell'Ue in difficoltà di bilancio, compreso il fondo da 750 miliardi cui partecipa anche il Fondo monetario internazionale. La riunione è servita a fare il punto su quelle decisioni e sui piani di rientro dal debito dei paesi più esposti, ma anche a discutere la comunicazione adottata mercoledì 12 maggio dalla commissione Ue sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche.

"Non aumenteremo le tasse, non ci saranno interventi sui ceti più deboli" ha detto Tremonti al termine della riunione illustrando ai cronisti la posizione italiana sulla richiesta Ue di una generale riduzione della spesa pubblica e di riduzione del debito. "Non metteremo le mani in tasca ai cittadini" e, quanto alla proposta di ridurre gli stipendi ai parlamentari del 5%, "può essere considerato solo un aperitivo".

Tremonti ha affermato che è possibile intervenire "sugli ampi margini" di spesa pubblica improduttiva, riducedola senza provocare effetti distorsivi, per esempio "colpendo i falsi invalidi". Secondo il ministro, nella richiesta europea di ridurre l'indebitamento delle amministrazioni pubbliche, "per il nostro paese non ci sono cambiamenti negativi"; c'è, anzi, "una cifra etica": il ruolo di uno stato che dà a chi ha bisogno e non dà a chi non ha bisogno, che riduce la spesa senza nessuna giustificazione se non la clientela e il potere. Non sarà - ha spiegato - solo un cambiamento economico ma un cambiamento di cifra etica, una correzione di sistema".

L'Ecofin ha esaminato la misure economiche straordinarie di consoldiamento fiscale varate nella scorsa settimana da Spagna e Portogallo. "Vanno nella direzione giusta e rispecchiano il patto di consolidamento fiscale concordato nell'Ecofin la settimana scorsa" ha detto il commissario agli Affari economici, Olli Rehn. "Saranno esaminati in modo più approfondito al consiglio del 7 e 8 giugno in Lussemburgo", quando si farà anche una "attenta revisione" delle situazioni di altri paesi. Rehn ha presentato anche la comunicazione della commissione Ue sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche per evitare e prevenire crisi sistemiche come quella scaturita dalle grosse difficoltà di bilancio Grecia. I ministri finanziari dei 27 hanno approvato anche le nuove regole per gli hedge fund, in vista dell'ok definitivo dall'Europarlamento.

IL PUNTO / Il patto per l'austerità tra Bossi-Tremonti e le sue incognite (di Stefano Folli)

INTERVENTO / Cosa c'è dietro la crescita della spesa per l'invalidità (di Cristiano Gori)

Dall'auto blu alle spese militari. Ecco la manovra bis suggerita dal web(di Andrea Franceschi)

Commenti / Quali risparmi suggerisci per i conti pubblici?

INTERVISTA / Cesare Salvi: "Il nodo sono gli enti para-statali e le partecipate" (di Sara Bianchi)

INTERVISTA/ Raffaele Costa: "Finalmente non mi sento più solo"

Le misure allo studio

La ricetta anti crisi della Corea e il 5% del Pil in ricerca e sviluppo

Misure europee a confronto

INTERVISTA/ Raffaele Costa: "Finalmente non mi sento più solo"

18 maggio 2010

 

 

 

Stefano Folli

Il patto per l'austerità tra Bossi-Tremonti e le sue incognite

19 maggio 2010

I nodi arrivano al pettine e gli interrogativi crescono. Riguardano in primo luogo le incognite intorno al federalismo, ora che sta per essere approvato il decreto attuativo del cosiddetto "federalismo demaniale". In secondo luogo toccano i dettagli della manovra economica-finanziaria cui lavora Tremonti: abbiamo i primi segnali di uno scontro all'interno stesso della maggioranza (ad esempio, il ministro Fazio parla di tagli alla sanità e Formigoni insorge a nome della Lombardia).

L'intreccio tra federalismo e manovra non era certo voluto, ma il caso ha deciso così: la crisi greca ha scompaginato le scadenze politiche. Il che spiega le ansie di Bossi. Il capo della Lega torna a ripetere la parola d'ordine ("il federalismo non costa, anzi fa risparmiare"), ma sembra quasi voler convincere se stesso. In realtà Bossi ha capito che questo è il momento meno adatto per attuare, sia pure in forma graduale, una riforma così radicale e ambiziosa. Una riforma forse necessaria per imporre comportamenti virtuosi alle regioni sprecone, ma i cui effetti saranno visibili solo a lungo, lunghissimo termine; mentre oggi il rischio è un aumento delle tensioni politiche e probabilmente delle spese transitorie.

Di sicuro l'Italia si sta avviando verso un'esperienza che non ha precedenti. Da un lato, si vuole trasformare uno Stato centralista in uno Stato semi-federale, cominciando da una norma controversa sul demanio. Dall'altro, si intende farlo in un momento drammatico, quando c'è da rastrellare, in nome dell'Europa, una somma che si avvicina ai trenta miliardi di euro. È un salto mortale addirittura temerario e non è un caso che Fini, sulle orme di Napolitano, torni a citare la "coesione nazionale" come bene prioritario da difendere a ogni costo.

In ogni caso la Lega non può rinunciare, è ovvio, al suo cavallo di battaglia. La bandiera federalista è la sua ragion d'essere e non può essere ammainata dall'oggi al domani, anche se Bossi nutre parecchi timori e di sicuro la gravità della crisi finanziaria imporrà di modulare al meglio le tappe destinate a scandire l'attuazione del nuovo modello. Questa è una delle ragioni che spiegano lo stretto rapporto tra Bossi e Tremonti. Il ministro dell'Economia è l'unico, agli occhi leghisti, in grado di far quadrare il cerchio. Ossia di rendere compatibile una certa porzione di federalismo con la tutela dei conti pubblici.

E qui s'intuisce lo scambio politico: la Lega offre tutto il suo apporto alla manovra correttiva e alla linea del rigore; a sua volta Tremonti aiuta Bossi e Calderoli in questo passaggio cruciale della prospettiva federalista. A suggellare il patto ci sono gli accenti comuni, del ministro e dei responsabili leghisti, circa i tagli agli stipendi dei parlamentari. Una premessa o un "aperitivo" che dovrebbe servire a creare un clima propizio nell'opinione pubblica.

Basterà? Al momento non lo sa nessuno. Si cammina sul filo del rasoio perché le cifre sono imponenti. Se l'obiettivo è realmente "ridurre la mano pubblica", cioè la grande spesa statale e para-statale, si capisce che Tremonti ha nella Lega il migliore alleato. Anche rispetto alle resistenze che ci saranno senza dubbio nel Pdl, mentre è ancora in ombra la posizione del Pd (a sua volta scavalcato da Di Pietro, assai lesto nel presentare la sua contro-manovra). Il pericolo è il corto circuito. Cioè l'impossibilità di governare le contraddizioni politiche che la crisi dell'euro ha fatto esplodere.

 

 

 

Cosa c'è dietro la crescita della spesa per l'invalidità

di Cristiano Gori

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19 MAGGIO 2010

Cosa c'è dietro la crescita della spesa per l'invalidità (Marka)

"Dai nostri archivi"

Il vero boom nelle "indennità"

Al Sud il 48% delle invalidità

Tremonti: le pensioni non saranno stravolte Tagli alla spesa improduttiva

Tagli alla spesa improduttiva

In cinque anni per le invalidità spesa a +36,4%

Il notevole aumento della spesa per le prestazioni d’invalidità civile è, da giorni, al centro dell’attenzione mediatica. La maggior parte dei commenti ne ha attribuito la responsabilità al proliferare dei falsi invalidi e ha individuato nei controlli straordinari che l’Inps sta realizzando la strategia su cui puntare. Sicuri sia la scelta giusta?

 

Che cosa sono le prestazioni d’invalidità civile

Sono trasferimenti monetari assegnati a persone con invalidità per sostenere i costi dovuti alla loro condizione, trasferimenti non legati a precedenti attività lavorative. Il quadro, piuttosto complicato, è riconducibile a due misure principali:

- la pensione d’invalidità: erogata a disabili con reddito inferiore a una certa soglia e privi di almeno cinque anni di contributi da lavoro. Serve a compensare i redditi che l’impossibilità (totale o parziale) di lavorare impedisce di guadagnare e ammonta a 257 euro mensili. La ricevono persone entro i 65 anni, con disabilità dalla nascita o che hanno avuto un incidente (ad esempio automobilistico) o una malattia in giovane età;

- l’indennità di accompagnamento: fornita alle persone con il livello più elevato d’invalidità, che autonomamente non sono in grado di deambulare o di svolgere gli atti quotidiani della vita. È indipendente dalle loro condizioni economiche e dall’età. E’ pari a 480 Euro mensili e serve a sostenere le spese aggiuntive dovute alla non autosufficienza. Chi ha la pensione e vive la disabilità più grave riceve anche l’indennità di accompagnamento. La grande maggioranza degli utenti (3 su 4) è anziana, prevalentemente oltre i 75 anni, e la utilizza per remunerare la badante.

 

La crescita della spesa

La tabella 1 illustra l’incremento della spesa globale per prestazioni di invalidità civile nel tempo. Tra il 2002 e il 2009 è aumentata del 47%, cioè oltre 5 miliardi di Euro. È arrivata così - nel 2009 - a 16 miliardi, pari a poco più di 1 punto di Pil. Il decennio appena terminato, dunque, ha visto la spesa impennarsi.

 

Dov’è la crescita

Alcune elaborazioni che l’Inps ha gentilmente realizzato per "IlSole-24Ore" permettono di guardare dentro a questo fenomeno. L’incremento complessivo del periodo 2002-2009 si divide tra 484 milioni per le pensioni d’invalidità e 4605 milioni per l’indennità di accompagnamento (tab. 2). Il punto, dunque, è che la crescita dell’indennità di accompagnamento risulta nove volte superiore a quella della spesa per le pensioni d’invalidità (tab. 3).

 

Perché è aumentata la spesa per l’indennità di accompagnamento

Diversi fattori spiegano la sua espansione. Primo, l’indennità è l’unica misura nazionale stabile a sostegno dei costi economici causati agli anziani dalla non autosufficienza. L’invecchiamento della popolazione porta con sé un ampliamento dell’utenza: tra il 2002 e il 2009 le persone con almeno 75 anni in Italia sono aumentate del 23%.

Secondo, in passato la misura era meno conosciuta dalla popolazione e a molti pareva impossibile che la non autosufficienza comportasse il diritto a un sostegno economico indipendente dal reddito (si pensava che i diritti si limitassero alla sanità). Nell’ultimo decennio sono aumentate sia l’informazione in proposito sia la consapevolezza dei propri diritti da parte di anziani e famiglie.

Terzo, l’accertamento dei requisiti per ricevere l’indennità è basato su criteri generici e non standardizzati. Agli operatori che, nei territori, devono decidere se una persona può ottenerla non è fornito alcuno strumento tecnico di valutazione della non autosufficienza da impiegare su scala nazionale né è indicata una soglia precisa di bisogno per accedere alla misura. Se a ciò si aggiungono alcune debolezze procedurali che incentivano l’incremento delle prestazioni concesse si comprende come sia facilmente possibile assegnare l’indennità anche a chi non ne avrebbe necessità. Qui s’innesta il problema dei falsi invalidi e si spiega perché la percentuale di utenti sia maggiore nelle aree meno sviluppate del paese, dove l’indennità viene non di rado impiegata non come intervento a favore delle persone con disabilità bensì come sostegno a famiglie in difficoltà economiche.

 

Qual è il problema?

La crescita della spesa, dunque, è dovuta sia all’evoluzione del contesto sia a criticità dell’accompagnamento. Queste ultime non sono che alcune tra le conseguenze del nodo di fondo decisivo: il persistere di una sua mancata revisione. Nata nel 1980, la misura non è mai stata modificata affinché potesse meglio rispondere ai bisogni della popolazione.

In questo quadro, aumento della spesa e ridotta qualità dell’intervento sono andati di pari passo, mentre uno sguardo a prestazioni simili in uso negli altri paesi indica le aree su cui bisognerebbe intervenire. Una, già discussa, riguarda l’introduzione di criteri standardizzati e precisi che determinino chiaramente chi può ricevere l’indennità e chi no.

Bisognerebbe anche variare l’importo in base al grado di bisogno, cosicché coloro i quali hanno un livello maggiore di non autosufficienza ottengano più risorse rispetto a oggi. Attualmente, infatti, per le situazioni più gravi l’indennità è inadeguata.

Inoltre, si dovrebbe offrire a utenti e famiglie non esclusivamente un trasferimento economico ma anche informazioni, suggerimenti e indicazioni riguardanti cosa fare e a chi rivolgersi. Le ricerche concordano nell’indicare il loro desiderio di non essere lasciati soli con l’indennità nell’affrontare la non autosufficienza. A tal fine si potrebbero coinvolgere gli operatori del welfare di Comuni e Regioni.

Bisognerebbe, infine, introdurre verifiche sull’utilizzo della misura. Il suo obiettivo è sostenere i costi dell’assistenza ma oggi – non essendovi alcuna verifica - le risorse possono essere tranquillamente impiegate per retribuire la badante in modo irregolare così come per finalità lontane da quelle dichiarate.

Il problema vero, pertanto, non è la crescita della spesa bensì la bassa qualità della prestazione. Alle politiche per le persone non autosufficienti (disabili adulti e anziani) in Italia sono dedicati assai meno stanziamenti pubblici rispetto al resto d’Europa. I cambiamenti menzionati dovrebbero collocarsi nella prospettiva di sviluppo del settore, rafforzando l’indennità e incrementando l’esigua offerta di servizi alla persona di Comuni e Regioni. Senza dimenticare che anche se le nuove modalità di accertamento suggerite permetterebbero di ridurre il numero di utenti inappropriati, le risorse così risparmiate costituirebbero solo una piccola parte di quelle addizionali necessarie.

 

Servono i controlli straordinari?

L’Inps ha attivato lo scorso anno un piano straordinario di verifica per tutte le invalidità civili, teso a scovare i falsi invalidi. I 200.000 controlli effettuati sinora hanno portato a una revoca della prestazione nel 15% dei casi. Se accadrà come in passato, però, i numerosi ricorsi delle persone coinvolte faranno ridurre questa percentuale. Nell’accompagnamento la vaghezza dei criteri per assegnarlo rende a sua volta indeterminata la definizione di falso invalido e, quindi, espone facilmente a contestazioni.

I controlli non servono perché puntano ai sintomi di un sistema che non funziona (i falsi invalidi) e non alla sua origine (le caratteristiche stesse dell’indennità). Realizzare una campagna di controlli straordinari significa riconoscere che c’è un problema ma poi intervenire esclusivamente sui suoi effetti, lasciando permanere le cause. Peraltro è un’abitudine consolidata, si pensi al piano straordinario del Governo Prodi nel 96-98.

L’enfasi sui falsi invalidi, nondimeno, trasmette un’immagine distorta all’opinione pubblica poiché sposta l’attenzione dal problema principale, cioè la debolezza degli interventi per i non autosufficienti in Italia.

 

Agire sui sintomi o agire sulle cause

I dati sulla crescita della spesa per le prestazioni d’invalidità civile indicano la necessità di una riforma dell’indennità di accompagnamento finalizzata non a ridurre gli stanziamenti bensì a utilizzarli meglio e collocata in una prospettiva di sviluppo del settore, oggi finanziato in misura inadeguata. Per migliorare la situazione i controlli straordinari non servono, bisogna agire sulle cause. L’Inps ha recentemente avviato un processo di modifica delle procedure, che potrebbe rappresentare un buon punto di partenza. Sarà il Ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, a decidere se rimarrà un’azione isolata o costituirà il primo passo di una riforma.

cristiano_gori@yahoo.it

Spesa complessiva per le prestazioni di invalidità civile:

miliardi Incremento

di Euro % su 2002

2002 10, 911

2005 12,927 (+18%)

2009 16 (+47%)

Spesa in miliardi di Euro

Spesa per pensioni e per indennità, miliardi di Euro

2002 2005 2009 Increm.

Mld Mld Mld 2002-

2009

Spesa %

Pens. 3,3 3,4 3,7 0,48

Indennità

accomp7,5 9,4 12,2 4,60

Totale spesa invalidità

civile 10,9 12,9 16,0 5,08

 

NOTA:

I dati nelle tabelle riguardano il totale della spesa pubblica per le prestazioni d'invalidità civile misurata dall'Inps. I dati sull'indennità di accompagnamento comprendono l'insieme delle diverse tipologie di prestazioni a essa riconducibili, e lo stesso vale per i dati sulle pensioni. Per chiarezza nel testo s'impiegano solo i termini "pensione d'invalidità" e "indennità di accompagnamento", da intendersi come riassuntivi dei due insiemi.

Per maggiori informazioni si veda il Rapporto Annuale Inps 2009.

19 MAGGIO 2010

 

 

 

Dall'auto blu alle spese militari

Ecco la manovra bis dei lettori

di Andrea Franceschi

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17 maggio 2010

Dall'auto blu alle spese militari. Ecco la manovra bis dei lettori

A tre anni dall'uscita de "La casta", il best seller di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, si torna a parlare di costi della politica. Rimettere in sesto i bilanci pubblici è un imperativo per tutti i governi dell'Unione europea. Lo impone la crisi dei debiti sovrani in Europa, che ha costretto le istituzioni europee al varo di un maxi piano di salvataggio dell'euro. L'Italia, anche se durante la crisi è riuscita a contenere il deficit, ha un debito pubblico che supera il 118% del Pil e per questo è tra gli osservati speciali. L'attenzione di tutti è verso la manovra bis, che il Governo dovrebbe varare entro l'estate.

Le notizie uscite sulla stampa parlano di una stretta sul pubblico impiego. Fa discutere poi la proposta del ministro Roberto Calderoli di tagliare del 5% gli stipendi di parlamentari e ministri. Finora, come ha voluto precisare il ministro Tremonti, sono uscite voci confuse e nulla è stato ancora deciso. Il dibattito su dove tagliare per recuperare fondi ha appassionato i lettori del Sole24Ore. In tantissimi hanno risposto all'appello di inviare un suggerimento al governo su come ridurre la spesa pubblica. E la stragrande maggioranza dei commenti riguarda appunto la questione dei costi della politica.

Una buona fetta dei lettori intervenuti, per esempio, chiede al governo di mettere in pratica quanto aveva promesso in campagna elettorale: l'abolizione delle province ed altri enti pubblici considerati inutili. C'è poi la questione della riduzione del numero dei parlamentari e del taglio dei loro stipendi. A questo proposito la proposta del ministro Calderoli viene considerata, in gran parte dei casi, insufficiente. Non si capisce se il taglio debba riguardare l'indennità al netto o al lordo di diarie, rimborsi e prebende. La differenza non è da poco perché da sole queste voci fanno lievitare il compenso dei parlamentare da 5mila a 14mila e 500 euro netti al mese. Retribuzione che in molti casi si moltiplica perché molti politici ricoprono spesso altre cariche, con relativo accumulo di stipendi. Sono in molti a sottolineare il problema dei doppi e tripli incarichi.

Ma forse il privilegio più odiato è sicuramente l'auto blu. Il nostro paese detiene il record mondiale di vetture di servizio per i politici e, al di là di alcune misure isolate decise a livello locale, il loro numero rimane elevato. Tra i lettori c'è che ne chiede l'abolizione totale, chi propone di imporre ai politici la bicicletta, ma anche chi vorrebbe che tutte le auto blu fossero sostituite con modelli a metano (il risparmio è minimo, ma l'ambiente ci guadagna).

Oltre ai privilegi della "casta" una buona fetta dei lettori segnala, tra le spese inutili, anche la voce missioni militari all'estero. Sempre in tema "difesa", una proposta che molti fanno è quella di accorpare polizia, carabinieri e guardia di finanza. Anche la voce "appalti pubblici" e "lotta alla corruzione" è molto sentito alla luce delle inchieste della magistratura sulla gestione dei lavori pubblici per il G8 alla Maddalena. Non mancano poi i sostenitori della reintroduzione dell'Ici (ma solo per le case di lusso). Sentito poi il tema della lotta all'evasione fiscale.

17 maggio 2010

 

 

 

 

Il governo studia il blocco degli aumenti agli statali

di Davide Colombo

15 maggio 2010

Giulio Tremonti e Renato Brunetta (Foto Ansa)

"Dai nostri archivi"

"Senza il contratto gli statali perdono 90 euro al mese"

Il governo studia il blocco delle finestre sulle pensioni da luglio

Il governo studia il blocco degli aumenti agli statali

Nella manovra biennale spunta l'"opzione statali"

Pubblico impiego: pochi soldi per i rinnovi contrattuali

Il primo rinnovo di un contratto triennale nella storia del pubblico impiego rischia di slittare con un impatto non secondario sull'attuazione di una riforma della Pa in buona parte pensata per premiare i dipendenti più meritevoli e incentivare la produttività.

A imporre il rinvio sarebbe la manovra correttiva sui conti pubblici che i tecnici del ministero dell'Economia stanno mettendo a punto e che dovrebbe contenere un pacchetto di misure che parte da una moratoria del rinnovo dei contratti per il periodo 2010-2012 e si conclude con una proroga per un altro biennio del blocco del turn-over, in scadenza a fine 2010.

Di più. Per reperire risorse, stando a diverse fonti ministeriali, si ipotizza anche il prelievo delle risorse destinate ai fondi unici di amministrazione (Fua) utilizzati per pagare lo stipendio integrativo legato alla produttività nelle amministrazioni centrali, gli enti pubblici non economici e le agenzie. La cifra che circola per quest'ultimo intervento è di un miliardo nel biennio, e si tradurrebbe in un taglio medio degli stipendi in essere di circa 20 euro.

Il risparmio complessivo garantito dall'insieme delle misure allo studio sarebbe di 4,8-5 miliardi in due anni: oltre al Fua sono calcolate minori spese per 1,3-1,4 miliardi l'anno per i contratti e 800 milioni (nel biennio) dal blocco delle assunzioni. Il blocco delle dinamiche salariali comprenderebbe anche gli automatismi dei "non contrattualizzati" per categorie particolari come i magistrati, i professori universitari, i prefetti e gli ambasciatori. In serata è circolata anche l'indiscrezione, da fonti parlamentari, di una norma per far slittare il pagamento del trattamento di fine servizio (la liquidazione) agli statali che vanno in pensione. Il tempo di attesa potrebbe raddoppiare, secondo le simulazioni in corso, da tre a sei mesi. Attualmente le buonuscite devono essere liquidate dall'Inpdap entro 90 giorni e trascorso questo tempo lo stato paga un interesse del 5%. L'ipotesi è un allungamento fino a 180 giorni. Si tratta di una misura che era già stata proposta ai tempi del decreto anti-crisi del luglio scorso ma che poi fu bloccata alla Camera. In questo caso non circolano cifre ma è chiaro che il risparmio sarebbe sugli interessi da pagare ai circa 90mila dipendenti (il 2,5% di 3,5 milioni; questo è il flusso di uscita calcolato dall'Aran) che andranno in pensione ogni anno.

Ieri il ministro della Pubblica amministrazione e dell'Innovazione, Renato Brunetta, non ha voluto commentare le anticipazioni delle agenzie di stampa: un incontro con il collega Giulio Tremonti è programmato nei prossimi giorni e, come avvenne con il varo della manovra triennale (decreto legge 112/2008), il confronto sarà su ipotesi di riqualificazione della spesa su più fronti. Gli statali, se le misure verranno confermate, quest'anno dovranno accontentarsi del pagamento della vacanza contrattuale, che la Finanziaria 2010 ha cifrato in 1,7 miliardi. La prima tranche di pagamento è scattata in aprile e garantisce la copertura del 30% dell'inflazione calcolata sull'indice Ipca, a giugno scatterà la seconda tranche, che vale il 50% dell'indice. Risorse che, secondo un calcolo dei sindacati, non andranno oltre gli 8-10 euro medi in busta. In sede Aran continuerà invece la trattativa per la ridefinizione dei comparti di contrattazione, prevista dalla riforma, mentre potrebbero rimanere in stand-by fino al varo della manovra correttiva gli ultimi contratti della dirigenza ancora da rinnovare per il biennio 2008-2009.

Insieme a queste misure, si valuta un taglio "pesante" ai costi della politica, che secondo l'agenzia Radiocor potrebbe garantire fino a un miliardo e nuovi risparmi dalle partecipate del Tesoro. E risparmi dovrebbero essere realizzati anche con una nuovo sfoltimento di enti inutili. Dalla spesa sanitaria, invece, dopo il nuovo giro di vite alle Regioni in deficit, si allontana la prospettiva di tagli significativi.

Pensioni d'anzianità: ipotesi di stretta sulle finestre 2011

Fmi: "Per ridurre il deficit si parta da pensioni e sanità"

Misure a confronto

15 maggio 2010

 

 

 

Cesare Salvi: "Il nodo sono gli enti para-statali e le partecipate"

di Sara Bianchi

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18 maggio 2010

Cesare Salvi: "Il nodo sono gli enti para-statali e le partecipate" (Imagoeconomica)

"Dai nostri archivi"

Regioni, tagli alle sedi estere

Processo breve, Fini: "Le Camere lavorano, giusto il silenzio di Napolitano"

Meno tagli per la politica: solo 419 milioni

Il Pdl insiste: si può aprire all'Udc

Battaglia nel Pdl sui vertici del gruppo a Montecitorio

Cesare Salvi, presidente di Socialismo 2.000, autore con Massimo Villone de "Il costo della democrazia", volume che ha raccontato gli sprechi della politica, ha pochi dubbi: le misure fin qui ipotizzate dal governo su questo fronte produrranno ben pochi risparmi.

"Si tratta di cose che possono avere solo un valore simbolico, perché il nodo vero del problema resta intatto".

Qual è il centro della questione?

È il gran munero di livelli istituzionali che esistono nel nostro paese e il gran numero di persone che vivono di politica, a volte con retribuzioni spropositate. Ciò determina molti sprechi e tagliare in questo campo costituirebbe sicuramente un risparmio significativo, senza contare che la situazione attuale produce anche conseguenze negative sul piano della correttezza e della moralità della vita pubblica, oltre che dell'efficienza del sistema decisionale.

Quanto al nostro sistema istituzionale?

Occorre ridurre i livelli istituzionali, c'è l'annosa questione dell'abolizione delle province. E poi, sempre parlando delle griglie istituzionali, esiste un fittissimo mondo, quello degli enti para- pubblici, delle società partecipate, che sono terreno di parcheggio di personale politico, con costi enormi. Spesso si tratta di figure che non fanno nulla o, se fanno qualcosa, intralciano le capacità decisionali del sistema. Disboscando questi livelli istituzionali si otterrebbe certamente un forte risparmio sui costi della politica, andando a tagliare così in un mondo di persone che vivono sulla base di incarichi politici; in questo modo si otterrebbero nel contempo migliore qualità della politica e maggiore efficienza del sistema. Abolire le province in teoria è un programma di tutti, ma richiede una riforma costituzionale, mentre altri interventi sono possibili con leggi ordinarie. Il problema vero è che la classe politica dovrebbe colpire se medesima, anche nei suoi meccanismo para-clientelari.

Torniamo alla questione posta in precedenza: troppi vivono solo di politica?

Massimo Villone e io, nel nostro libro sui costi della politica, facemmo un conteggio statistico, seppur riduttivo (perché riguardò soltanto un numero di posti limitato che riuscimmo a censire) fortemente indicativo. Arrivammo alla cifra di 427.000 posti considerati: 149.000 tra incarichi elettivi, 278.000 compresi tra incarichi e consulenze. Sono numeri impressionanti e questo dimostra che c'è una possibilità di sfoltimento veramente significativa. Mi domando se anche i partiti non debbano fare alcune riflessioni, credo che anche il sistema del finanziamento dei partiti richiederebbe un'intervento.

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha definito "non normale" il fatto che a Montecitorio accade sempre più frequentemente che ci siano solo due giorni di voto a settimana.

Questo dipende dal meccanismo del voto di fiducia e da questa interpretazione italiana del bipolarismo, vissuto come scontro fra blocchi. Tutto ciò determina un sostanziale sfondamento dei lavori parlamentari, perché sempre più spesso sulle cose importante decide solo il governo, mentre i parlamentari passano il tempo in attesa del maxiemendamento di fiducia. Il parlamento è pletorico, il bicameralismo va rivisto, ma attenzione a non concentrare la polemica sull'istituzione parlamento, non sarebbe la strada giusta.

18 maggio 2010

 

 

 

Raffaele Costa: "Finalmente non mi sento più solo"

di Sara Bianchi

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18 maggio 2010

Raffaele Costa: "Finalmente non mi sento più solo" (Olycom)

"Dai nostri archivi"

Cota sforbicia del 5% gli stipendi della giunta

Cota sforbicia del 5% gli stipendi della giunta

E per gli eletti serve l'anagrafe (patrimoniale)

Bossi: "Tagliare stipendi anche a magistrati". Tremonti: sulla manovra solo notizie confuse

IL PUNTO / Il patto per l'austerità tra Bossi-Tremonti e le sue incognite

Per anni, ricorda l'ex ministro, "sono stato l'unico a parlare di tagli ai costi della politica". Ora il clima è cambiato, "ma una riduzione del 5 per cento non basta"

Raffaele Costa, politico di lungo corso, già sottosegretario e poi ministro, ora consigliere regionale in Piemonte eletto nelle liste del Pdl, per il quale è anche difensore del cittadino nazionale, di costi della politica si è occupato a lungo. Fino a produrre, in tempi non sospetti due libri: "L'Italia degli sprechi" e "L'Italia dei privilegi". "Per anni - ricorda - sono andato avanti da solo, mi sono sentito isolato, tanto da domandarmi se la mia battaglia era giusta. Arrivavo in Parlamento, i colleghi mi mettevano la mano sulla spalla, mi dicevano "bravo" e poi mi salutavano".

Oggi il clima è cambiato.

Sì, c'è stato un riconoscimento universale di questa situazione, una consapevolezza che porta anche a interventi, talvolta settoriali, in altri casi specifici.

Come considera il taglio del 5% sullo stipendi di parlamentari e ministri annunciato dal ministro Calderoli?

È un'indicazione molto discussa, che va nella direzione giusta, però probabilmente il cittadino e l'impresa privata potrebbero considerarla una somma troppo ridotta. Tutto dipende da dove la si attua, in quali settori, perché esistono ambiti nei quali anche il 30% sarebbe insufficiente, mentre ci sono situazioni nelle quali il 5% costituisce già un taglio positivo. Perciò vanno verificate le diverse situazioni.

Che cosa suggerirebbe in più?

Serve una revisione generalizzata, che sarebbe certamente colta con favore dall'opinione pubblica, la quale non accetta di buon grado micro tagli. Rispetto la scelta proposta dal ministro per un taglio del 5%, ma la ritengo una piccola parte rispetto a quello che deve essere un impegno complessivo. Esistono situazioni diverse, in alcuni casi c'è un eccesso di spesa, di personale, di strutture, ma ci sono anche ambiti del pubblico che vivono momenti di difficoltà per la propria sopravvivenza perchè non hanno personale sufficiente. Non è possibile generalizzare, servono intento, volontà, voglia di migliorare le cose e anche la sinistra dovrebbe lavorare con noi su questo

Quindi restano aperte diverse ipotesi di riduzione della spesa per la politica?

Certamente, siamo impegnati su questo e anche in regione stiamo discutendo su come possiamo, a livello locale, inserirci in questa traiettoria. (di Sara Bianchi)

18 maggio 2010

 

 

 

 

 

ECONOMIA&LAVORO

ILSOLE24ORE.COM > Notizie Economia e Lavoro

16 maggio 2010

 

 

         

 

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